L’invadenza degli appartenenti alla Setta

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Questi due accadimenti sono ben indicativi della sfacciata arroganza e invadenza di quegli appartenenti alla Chiesa cattolica che sono convinti di dover forzatamente guidare il prossimo verso i loro dogmi, e decidere come debbano obbligatoriamente comportarsi. Non tratterò di violenze o abusi, che per fortuna né io né l’altra persona, che chiameremo S., abbiamo mai subito, ma appunto di condizionamenti psicologici, tentati o meno. Chi vuole convincere o persino giudicare il prossimo attraverso certi metodi non può che qualificarsi da solo.

S., quando aveva 16 anni, negli anni ‘70, volle entrare nella Gioventù Studentesca, un’organizzazione giovanile facente parte dell’Azione Cattolica. Come accadeva spesso, all’epoca, l’educazione familiare era di stampo cattolico, e di quell’organizzazione già faceva parte sua cugina, a cui lei era molto affezionata. Inoltre all’epoca quello era per S. l’unico modo conosciuto per evadere dalla famiglia. Così, come detto, si presentò al raduno. L’organizzazione funzionava come una comunità, o come gli odierni boy scout: ci si trovava ogni settimana per fare assemblee, ritrovi, e qualche volta si partiva per qualche giorno per i cosiddetti ‘raduni spirituali’. Per i nuovi membri era previsto una sorta di colloquio preliminare, per conoscersi. Questo era il presunto scopo. Insomma, sembrava uno dei classici incontri in cui venivano chiesti nome, cognome, e altro. S. si presentò dunque, e il prete addetto al suddetto colloquio cominciò con le domande, fino a quando, con sorpresa da parte sua, il prete le chiese se era vergine. Non capiva perché lo aveva chiesto (e ricordiamo che S. aveva, all’epoca, 16 anni). Dal tono con la quale lo aveva chiesto, ad S. sembrò che volesse intendere che qualora non lo fosse stata non avrebbe potuto partecipare alla Gioventù Studentesca, poiché si trattava di un gruppo misto. Lei dunque rispose dicendo la verità, ossia che non lo era, ma il prete incalzò, chiedendole se stava dicendo realmente la verità con certezza. Lei confermò e così entrò, in quel periodo, nella Gioventù Studentesca. S. sostiene che, come detto, il prete gli fece quella domanda molto intima come discriminante per farla entrare o meno, ma vale la pena domandarsi se gli intenti di quella richiesta non fossero anche altri…

La seconda parte di questa testimonianza riguarda una parente mia e di S., che chiameremo C. Quest’ultima non è quella che ha subito i comportamenti della Setta, bensì colei che ne è stata rappresentante. C. è da quando la conosco una fervente cattolica, che non perde occasione per dare sfoggio, per così dire, della sua fede e dei suoi legami con preti e rappresentanti di vari ordini religiosi. Pur non essendo più S. cattolica, C. non riesce a fare a meno di mandarle sul cellulare, per fortuna ormai un po’ meno rispetto al passato, video su Medjugorje, omelie e messe di preti ma soprattutto del Papa, e immagini varie di Madonne e così detti santi. Per un periodo mandò anche a me questi contenuti, poi capendo che non era il caso ha smesso. Ma il gesto più arrogante, a mio avviso, fu durante una Pasqua, anni fa, in cui regalò a me un libro di un prete che scriveva su Famiglia Cristiana, e ad un amico di famiglia il libro del papa dell’epoca (Ratzinger). Non c’era nessun motivo per fare simili ‘regali’, dato che nessuno di noi due aveva mai dato segno di interesse verso la religione cattolica. Quel gesto fu davvero sinonimo di cieca imposizione di un proprio credo, senza alcun riguardo, e ciò mi lasciò molto indispettito. Non si dovrebbe mai imporre le proprie idee, perché imporre significa impedire la libertà di scelta, e ciò va contro ogni significato di  comportamento spirituale positivo, ma anche solo di buona educazione e buon senso. Due aspetti che, spesso, gli adepti della Chiesa cattolica non conoscono realmente, mascherandoli sotto finti sorrisi.

 

Riccardob

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