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Da piccolina andavo all’asilo dalle suore. Ero una bambina molto solare e dinamica e se c’era una cosa che non amavo era essere costretta a… dormire! Dopo pranzo ci costringevano sempre a fare quel maledetto riposino che tanto detestavo. Fortunatamente avevo una bella fantasia e, fingendo di dormire, in realtà mi inventavo tanti giochi da fare con la mente. Oppure mi divertivo a strisciare tra le grandine senza farmi vedere, insomma, facevo qualsiasi cosa pur di non stare a perdere il mio tempo prezioso in ozio. Non ho mai capito perchè ci costringessero a dormire.
Le suore ci raccontavano la vita di Gesù, i vangeli, le parabole e, riguardando i disegni che ho fatto in quel periodo, mi sono accorta che la cosa che trasmettevano ai bambini, non era tanto un messaggio positivo, quanto più di sofferenza. Disegnavo quello che mi raccontavano e i miei disegni rappresentavano Gesù in croce, oppure gente malata… quindi a distanza di anni viene da chiedersi quale messaggio volessero portare ai bambini.
C’è infatti un’altra cosa che vale davvero la pena menzionare, che per me è stata una cosa davvero insopportabile per la mia mente di libera di bambina. Le suore spesso ci dicevano: “Un uccellino mi ha detto che non ti sei comportata bene”. Odiavo questa frase e… anche l’uccellino! Mi chiedevo cosa mai avesse visto di tanto strano dato che a me non risultava di aver fatto proprio nulla di male. Però loro continuavano a ripetere questa storia dell’uccellino e alla fine mi sforzavo di trovare qualcosa che non andasse nel mio comportamento, nelle mie azioni. Sottolineavano poi che Dio è misericordioso e perdona i nostri peccati se ci pentiamo. Accadeva però che io non mi pentivo proprio di nulla, perchè non mi sembrava di aver fatto nulla di male, perciò alla fine questa cosa mi creava molta confusione e anche del disagio. Volevano farci sentire peccatori perfino quando eravamo innocenti e sinceramente la trovo una cosa davvero orribile: come può sentirsi un bambino di due, tre anni quando lo fai sentire colpevole di qualcosa che non ha nemmeno fatto? Si innescano in lui delle dinamiche, dei segni che si porterà dietro anche da adulto.
I miei nonni paterni erano super cattolici. Mi facevano ripetere i rosari fino allo sfinimento e non compresi mai a cosa servisse ripetere delle frasi a memoria tantissime volte senza uno scopo. Ricordo che loro non mi facevano nemmeno fare la colazione prima di andare a messa al mattino perchè si doveva essere digiuni e, quando gli facevo notare (ero alle elementari) che se mangiavo o non mangiavo non cambiava niente (a parte il fatto che mangiando mi sentivo meglio) non riuscivano a darmi una risposta plausibile e, ad ogni modo, non mi lasciavano far colazione. Mai sopportata questa cosa.
Alle medie ho avuto un’insegnante di religione che non era un prete, perciò ci ha raccontato anche delle altre religioni, del Buddhismo, dell’islam e dell’induismo, cosa che ha suscitato in me molte domande e riflessioni. Il nodo centrale era che non poteva di sicuro essere che ci fosse un dio diverso per ogni religione ma che il dio doveva essere uno, che ci fossero delle azione buone e altre cattive e che poi ogni civiltà avesse cercato di strutturare la cosa a modo suo, con le proprie regole e i propri rituali. Parlai di questo a mio nonno e la sua reazione mi lasciò di sasso: si arrabbiò moltissimo e mi trattò come se stessi dicendo delle eresie! Non compresi cosa avessi detto di tanto strano.
Fino alle superiori partecipai attivamente alla chiesa: al coro, alle messe, come animatrice, mi piaceva stare con le persone e con i bambini, ma poi mi accorsi che tutto quello che girava attorno alla chiesa non mi portava positività. Era tutto ripetitivo e ottuso, era vuoto.
Son felice di aver sentito questo e di aver abbandonato quella strada, di aver abbandonato la chiesa, sebbene mi sia resa conto negli anni che questo tipo di indottrinamento – sebbene gli opponessi resistenza – è rimasto inconsciamente impresso in me e devo lavorare per liberarmene.
Dharari Tara