Testimonianza discriminazione a lavoro

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Ciao a tutti, vorrei raccontare la mia esperienza di discriminazione nell’ambiente lavorativo in quanto contro alla vaccinazione e all’obbligo di dover effettuare tamponi. Poco prima dell’entrata in vigore del dpcm totalmente illegale avevo ricevuto diverse pressioni da parte del mio titolare, il quale più volte mi chiedeva quale fosse la mia decisione sul da farsi. Nonostante più volte gli rispondessi che non avevo intenzione di fare assolutamente nulla, lui sembrava non pienamente convinto della mia risposta tant’è che più volte cercava di ripetermi la stessa domanda perché convinto che prima o poi avrei ceduto sulla prima o la seconda scelta. Pochissimi giorni prima del fantomatico 15 ottobre, decise di chiamare il consulente del lavoro per capire come fare con la mia posizione, nonostante fosse ormai già tardi anche per cercare una mia sostituta. Mettendo la chiamata in vivavoce, anche lei, come se fosse ipnotizzata, continuava a chiedermi se fossi stata veramente sicura a non fare nulla, mettendo in chiaro che ormai mancava pochissimo tempo e che se non ci fosse la possibilità di fare smartworking sarei stata sospesa (cosa che successivamente si è rilevata illegale da svolgere senza green pass, e che comunque non avrei potuto fare a causa del tipo di mansione che svolgo). Non sono mancate poi altre situazioni con alcuni clienti di lunga data, sia poco prima della mia assenza, che durante. In quel periodo alcuni clienti ci chiedevano se eravamo tutti vaccinati, e non mancavano situazioni dove il titolare e l’altro dipendente rispondevano di essere tutti vaccinati tranne me. In una di queste situazioni, un cliente, il quale di recente è corso subito a farsi il vaccino contro il fuoco di sant’Antonio dopo una lettera ricevuta da parte dell’ULLSS, se n’è subito uscito con un “io ti avrei già licenziata” e ovviamente nessuno ha detto niente, anzi, si sono pure messi a ridere. In un’altra occasione, invece, dove era presente un altro cliente e infermiere in un centro vaccinale, alla domanda se fossi anch’io vaccinata o meno ha risposto subito il titolare dicendo, in molto molto infastidito e seccato, che oltre a non essere vaccinata non avevo neanche intenzione di farmi tamponi. Il fatidico 15 ottobre 2021 vengo sospesa, anche se non sono mancati i momenti “gentili” in cui mi veniva detto che se le cose fossero cambiate, per evitare di farmi perdere soldi nello stipendio mi avrebbero messo come giorni di ferie il giorno in cui sono stata a casa… sospesa! Certo, perché l’ho scelto io di rimanere a casa!

In uno dei giorni in cui non potevo andare al lavoro, mi ritrovavo in un’altra città per un impegno importante, e poco prima dell’ora prevista, continuo a ricevere insistenti telefonate da parte di un numero che già mi faceva presagire che si trattasse del capo. Stava gestendo il mio lavoro da solo e voleva che andassi lì per spiegargli alcune cose in cui non si trovava, inoltre, dopo avergli detto che non sarei potuta andare perché non mi trovavo a casa, né tantomeno ci sarei andata comunque visto che di certo non sarei andata a lavorare dopo che mi aveva lasciata a casa senza stipendio, ha cominciato a dirmi che dovevamo parlarne e che non si poteva andare avanti così, che lui ha una famiglia (!!) e che ormai non va più a casa a mangiare per tutto il lavoro che doveva fare.

Poco tempo dopo questa chiamata mi ha chiesto di ritornare a lavoro a patto che avessi fatto almeno un tampone al mese pagato dall’azienda per potersi parare in caso di controlli (che non ci sono mai stati). La mia risposta è stata ovviamente negativa, ma nonostante questo mi ha comunque fatto rientrare a lavoro in quanto non riusciva a trovare una mia sostituta, dicendo, in modo “ironico”, che mi aveva pensata tantissimo per tutto il tempo chiedendomi se mi fossero fischiate le orecchie, e dicendo che non avevo idea di quanto avesse maledetto i no-vax. Il primo giorno di rientro da lavoro è stato piuttosto strano in quanto nell’aria si sentivano diverse pressioni nonostante il capo volesse dimostrarsi tutto gentile e disponibile con me, mentre invece, l’altro mio collega, per alcuni giorni, non mi ha rivolto la parola se non per salutarci o per il minimo indispensabile. Un’altra cosa che è successa è stata con il socio del capo, il quale, dopo avergli raccontato della morte di un mio parente dopo il siero, ha sbarrato gli occhi come incredulo, per poi esclamare infastidito: “Beh, è così e basta! Cosa vuoi farci!”.

In tutto ciò, ci sono state segnalate in precedenza situazioni non a norma dove il rischio di multe molto salate in caso di controlli non era indifferente, ma in tutto questo non c’è mai stato un cenno di interesse da parte del capo, cosa che però è venuta a meno quando si è trattato di dpcm illegali e la mia non volontà di effettuare sieri letali e tamponi.

 

Chiara C.

 

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