La storia di Monica

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Monica è un’imprenditrice che gestisce un bar in Trentino, in un paese non lontano da casa mia e mi piacerebbe condividere la sua storia, perché credo sia una donna che meriti di essere ricordata in questo periodo della farsa in quanto si è sempre opposta con tenacia a tutte le restrizioni che le venivano imposte dal Governo, denunciando sia a livello legale che pubblicamente attraverso i video sui social tutte le ingiustizie subite nel suo locale. Per questo motivo le forze dell’ordine l’hanno più volte vessata per paura che il suo esempio di ribellione potesse essere seguito da altri imprenditori che offrivano un servizio al pubblico.

Durante il primo lockdown, non appena fu possibile l’asporto nei locali, lei riaprì subito il suo bar, ingegnandosi per offrire questo servizio ai clienti. Era l’unico bar aperto in tutta la zona e probabilmente doveva stare scomoda a qualcuno, perché fin da subito venne tempestata di controlli da parte delle forze dell’ordine. Le arrivavo anche 4-5 pattuglie al giorno tra vigili, finanzia, carabinieri, e questo continuò per circa tutto il primo anno. Quando dal 6 agosto 2021 venne introdotto l’obbligo di Green Pass per consumare all’interno di bar e ristoranti, lei si oppose categoricamente. Nel suo bar, infatti, si poteva entrare senza mascherina e senza marchio verde, e lei stessa, si rifiutò sempre di mostrarlo quando le veniva chiesto dalle forze dell’ordine perché lo riteneva una violazione della privacy. Dal 7 gennaio 2022, stufa dei numerosi controlli subiti da parte dei carabinieri, che nel frattempo avevano iniziato pure a multarla perché non rispettava i decreti, iniziò a filmarli e a pubblicare i video sui social mentre li cacciava dal suo locale elencando i suoi diritti fondamentali (come ad esempio il diritto al lavoro riconosciuto nel primo articolo della Costituzione) e facendosi rispettare. Questo innescò una sorta lotta privata tra lei e le forze dell’ordine, che infastidite di essere sempre cacciate via in malo modo e umiliate pubblicamente sui social, iniziarono a mettere i sigilli al locale di modo che lei non ci potesse più entrare per lavorare. Lei ogni volta rispondeva loro: “Mi dispiace io ho bisogno di lavorare! Non posso chiudere. Il lavoro è un mio diritto e voi state violando il mio diritto di lavorare.”, toglieva i sigilli e riapriva il bar normalmente. Inizialmente i carabinieri si limitarono a scrivere un verbale e andavano via. In quel periodo intervenne pure il sindaco del paese per invitarla a rispettare le regole, ma lei rispondeva sempre che non stava violando alcuna legge e che i decreti del Governo erano illegittimi. La minacciarono, dicendole che se avesse tolto nuovamente i sigilli le avrebbero fatto un TSO, l’avrebbero arrestata per resistenza a pubblico ufficiale e le avrebbero murato il bar. Per quattro volte si ritrovò i sigilli alle porte del suo locale e per quattro volte li tolse e riaprì il bar, finché una mattina si ritrovò l’ingresso completamente murato. Tuttora, nonostante ormai non ci siano più restrizioni per l’accesso ai locali pubblici, il bar si trova ancora in questo stato. In questa sua battaglia Monica ha sempre avuto il sostegno del gruppo di resistenza regionale che spesso organizzava degli aperitivi nel suo bar per sostenerla e anche dopo la muratura del locale, gli aperitivi sono continuati dal giovedì alla domenica nella zona esterna.

Monica ora sta continuando la sua battaglia legale in tribunale. La sua unica colpa fu quella di aver alzato i toni con le forze dell’ordine per far rispettare i suoi diritti e di averli umiliati pubblicamente per le ingiustizie che subiva ogni giorno!

 

Sara

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