La libertà prima della tecnologia

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È con immensa gioia che mi dispongo a scrivere le mie “memorie” d’infanzia e di gioventù. Sono felice che ai giovani interessi sapere come si viveva 40 o 50 anni fa. Partirò dicendo che noi ultra50enni, siamo stati meno colpiti dal lokdown perché nella nostra memoria esistono vissuti che ci hanno permesso di affrontare la situazione grazie alle esperienze di gioventù. Per noi ritrovarsi stile carbonaro, facendo il passaparola invece che usando i social, stare in posti senza luce ne riscaldamento, ripartire con coltivazioni di terreni e recuperando vecchie competenze ormai abbandonate, è stato emozionante e stimolante. Intanto, noi che non avevamo YouTube che ha un tutorial per tutto, per imparare dovevamo fare esperienza diretta, sporcarci le mani, sbattere la testa, provare, sbagliare e riprovare. Oppure avere la fortuna di conoscere qualcuno che già sapeva, e che ci poteva insegnare. Noi ragazzine, praticamente tutte, sapevamo lavorare all’uncinetto, io mi facevo i maglioni ai ferri, ricamavo e cucivo vestiti. Si, perchè adesso cucirsi un vestito non conviene più con tutte le cineserie a basso costo che si trovano in giro. Ma negli anni 70 un buon vestito costava, e noi copiavamo i modelli e ce li cucivamo da sole. Quei vestiti avevano la nostra anima, ne andavamo orgogliose, li apprezzavamo. E il risparmio era notevole. Le persone anziane erano fonte di saggezza e informazioni, non come ora che vengono depositate al ricovero. Le famiglie erano molto più unite, ci si aiutava e tutti avevano una mansione in famiglia. Io giovane mamma, ho potuto tenere con me le mie figlie e le nonne mi hanno molto aiutata a crescerle. Comunque, la mancanza dei tutorial, faceva sì che noi avessimo una grande capacità di risolvere i problemi, perché ti dovevi ingegnare per tirarti fuori dai casini o anche solo per realizzare una qualsiasi idea. Eravamo creativi, ci sporcavamo, giocavamo nel fango e nella polvere. D’inverno mi divertivo tantissimo quando nevicava, uscivo fuori e stavo con l’abbigliamento di lana che si bagnava a giocare fino al tramonto, quando rientravo avevo un inizio di assideramento ai piedi e alle mani ma tanta gioia nel cuore. Ci era permesso anche farci male nel senso che non eravamo iperprotetti, ma lasciati un po’ allo sbando, e i rischi che si correvano erano di sbucciarsi un ginocchio cadendo dalla bici, o di farsi un occhio nero con una pallonata! Avevamo sempre qualche crosta sulle gambe e sulle braccia. Ci trovavamo in strada e in piazza e c’erano i gruppetti rionali, perché eravamo territoriali si stava ad una certa distanza da casa e poi ci si trovava tutti a scuola insieme. Con il grembiulini tutti uguali e la maestra che ti cazziava di brutto se non studiavi o se ti comportavi male. E poi i genitori a casa mica tenevano le nostre parti, la maestra aveva sempre ragione, quindi si rigava dritto perché le punizioni arrivavano da tutte le parti. Ma questo non faceva di noi dei repressi, semplicemente avevamo rispetto. Poi eravamo trasgressivi a modo nostro e di marachelle se ne facevano a gogo.

A 17 anni conobbi il ragazzo che diventò mio marito. E lui partì militare. Il telefono era nel salotto e le telefonate costavano care, un tanto a scatto, quindi dovevano essere brevi se no poi arrivavano bollette salate, inoltre tutta la famiglia sentiva cosa ti dicevi. Allora ci scrivevamo. Mi chiudevo in camera mia e carta e penna mettevo giù i miei sentimenti sul foglio. Con emozione. Poi il giorno dopo andavo in tabaccheria compravo il francobollo e spedivo. E stavo lì nei giorni seguenti ad aspettare la risposta. Passava una settimana, anche due. E nel frattempo si viveva di fantasie e farfalle nello stomaco. Ho ancora nel cassetto quelle lettere, anche ora che ormai sono divorziata da anni. Ma l’innocenza e l’emozione che sono impresse li, non le troverai mai nei messaggini in tempo reale di oggi. La cosa che mi manca di più è la libertà assoluta di quando non c’era il cellulare. Uscivi di casa e nessuno più ti poteva cercare, nessuno ti disturbava o ti controllava, non era possibile. Era libertà, quella libertà a cui abbiamo rinunciato tenendo il telefonino sempre in tasca. E i genitori non andavano in paranoia per 10 minuti di ritardo. Però ti mettevano in punizione.

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E vogliamo parlare della tv? Ce n’era solo una in bianco e nero ed era nella casa dei nonni. Comunque i programmi iniziavano alle 16 con la tv dei ragazzi. Prima non c’era nulla, non c’erano trasmissioni. E un solo

canale che trasmetteva. E il pulsante di accensione e la manopola del volume niente telecomando. Ora non ricordo se i programmi per ragazzi duravano un’ora o due. Ma non di più. Ma ci pensate quanto tempo libero da utilizzare con fantasia e creatività…dovevamo per forza trovarci tra amici per passare il tempo, oppure rimanere in solitudine con un libro da leggere. Niente tv, niente internet, niente telefonino, niente di niente! Secondo me ogni bambino di oggi dovrebbe avere il diritto di fare quella esperienza.

Avevo un vicino di casa, un signore che viveva con la sorella, che adorava i bambini. E io andavo sempre da lui a farmi gonfiare la bicicletta. E lui era sempre molto gentile con noi bimbi e ci invitava ad andarlo a trovare. Avevo forse 8 o 9 anni, all’epoca di questo ricordo. Un giorno mi disse di scendere con lui in cantina, e io lo seguii. E mi ritrovai schiacciata contro la parete con lui che si strusciava su di me. Ero piccola non capivo, ebbi molto fastidio e la voglia di scappare via. Mi sentivo intrappolata. Non andò oltre, non so se io mi misi a urlare o se qualcuno da fuori lo chiamò, comunque, con lui in cantina non scesi mai più anche se con quel suo atteggiamento viscido e gentile me lo continuava a chiedere. Solo anni dopo capii il significato di quell’atteggiamento. Ritorno sul concetto di libertà perché noi eravamo molto più liberi dei ragazzini di oggi. Non c’era modo di controllarci, e i grandi erano molto meno apprensivi. Dovevamo obbedire alle regole, e lo facevamo nei limiti in cui non potevamo farne a meno, ma come giravi l’angolo era libertà allo stato puro. E voglio raccontare anche questo, che se lo fai oggi ti arrestano. A 17 anni, mio cugino mi insegnava a guidare la sua macchina che non era per neo patentati ma era un macchinone. E si andava per le provinciali in totale incoscienza. Eravamo pazzi. Dei mei amici una sera rubarono la macchina del padre per andare in discoteca, e al rientro si trovarono davanti una pattuglia dei carabinieri. Non si fermarono perché erano senza patente e scapparono via. I carabinieri gli spararono contro. Erano i tempi delle brigate rosse, gli anni di piombo, dell’uccisione di Aldo Moro, dei Ragazzi dello Zoo di Berlino. La cosa non ebbe conseguenze, le famiglie erano facoltose e tutto finì con una ramanzina. L’eroina era molto diffusa, come il CRAK e l’LSD. Avevo più di un amico dipendente, alcuni sono morti, altri ne sono usciti, altri si sono bruciati il cervello e sono tutt’ora in centri protetti. Ah e il fumo delle sigarette? Nei locali si poteva fumare e c’era una cortina di nebbia densa di fumo. Al cinema stesso discorso, c’era il proiettore e davanti al fascio di luce vedevi passare queste nubi di fumo quasi fossero delle aurore boreali. Si respirava fumo ovunque. I professori in aula fumavano, i genitori in casa, i ragazzini di 10 anni di nascosto. Anche viaggiare era un’avventura. Costava caro, mica cr’erano i voli low cost..solo il treno. Ricordo una vacanza avevo 18 anni, con un’amica ci facemmo una settimana di vacanza in autostop. Attraversammo tutto il nord Italia. Ai caselli dell’autostrada, guardavamo i conducenti e poi chiedevamo un passaggio a chi ci ispirava fiducia. L’auto-stop era molto diffuso all’epoca. Eravamo ingenui e un po’ imbranati perché non potevamo confrontarci con gli influencer o con gli attori della tv. Ma eravamo molto più veri, con le nostre paure, le nostre inesperienze, la nostra goffaggine. Ogni cosa la imparavi attraverso un rapporto diretto con altre persone, attraverso i racconti e le esperienze dei più grandi oppure sbattendoci il naso. Ma sempre e comunque attraverso un contatto umano, nel bene e nel male. Voglio però anche scrivere questo: io ero molto affascinata dal paranormale, ma non c’era alcun modo per me di trovare informazioni o contatti o guide . Tutto quello che sentivo, arrivava dal mio cuore, dalla mia anima, avevo un contatto diretto con lei. Purtroppo, la abbandonai, perché non fui in grado di capire, mi spaventai e non ebbi modo di trovare alcuna guida o insegnamento valido. Solo le bugie della chiesa. E concludo con un immenso ringraziamento ad Angel Jeanne e ACD perché Lei invece è stata molto brava a seguire le sue intuizioni, fino ad insegnarle a noi. E se anagraficamente io sono più vecchia, devo rendere atto che Angel è molto più matura e saggia di me. E se la vita per noi era più libera con meno controlli, era anche molto limitata riguardo ad idee e informazioni che era impossibile reperire. Per cui ci indottrinavano e noi credevamo, perché non potevamo provare il contrario anche se quello che ci insegnavano non ci piaceva. Al massimo diventavamo ribelli e facevamo il contrario per partito preso. Ho vissuto nel tormento per questo, perché in me sentivo la falsità degli insegnamenti tradizionali della chiesa e dei miei genitori, ma siccome tutti dicevano le stesse cose, finii per sentirmi stupida e disadattata. E solo anni dopo ho cominciato ad allargare i miei orizzonti seguendo le mie vere aspirazioni. Rimpiango quegli anni perché erano veri nel bene e nel male non c’era tutta questa maledetta artificialità, anche se a partire dal dopoguerra già il progetto era in atto. Hanno fatto si che la gente guadagnasse soldi e pensasse al denaro e al benessere così che fosse molto distratta e non vedesse i loro piani.

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Ma c’era un ospedale in ogni paese, con pronto soccorso e sala operatoria. Non erano così specializzati, ma l’assistenza medica era capillare e i medici di famiglia c’erano sempre. Li chiamavi e venivano a casa. Non facevi mesi di coda per un esame specialistico. Ma ci vaccinavano a scuola, tutti in fila in aula. E ricordo anche le visite per valutare la buona salute, veniva a scuola il medico e ci controllava la schiena e la postura l’altezza e il peso. Negli ospedali c’erano le suore che dirigevano le infermiere. E l’anno dell’Austerity, quando il governo disse che eravamo senza benzina e quindi si viaggiava a targhe alterne e le domeniche erano assolutamente vietate a qualsiasi mezzo a motore. A noi ragazzini piaceva un sacco perché si andava in strada in bici e pattini a rotelle in piena libertà. Comunque il numero di macchine in circolazione era un decimo di quelle di oggi. Ci sarebbe da scrivere un’enciclopedia, ma per ora mi fermo qui. Ho bellissimi ricordi di quegli anni.

 

Stella d’Oriente

 

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