LEGGENDE DELLA SARDEGNA: S’ACCABADORA

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La Sardegna. Terra antica e ricca di mistero. Sono decine infatti le leggende che trovano luogo nella mia terra, e che, a onor del vero, nemmeno io conoscevo completamente. La prima che mi viene in mente di raccontare è la leggenda di S’Accabadora (letteralmente “Colei che finisce” dal verbo accabbare, finire, terminare), figura femminile che aiutava i malati terminali a morire. Erano i parenti o addirittura gli stessi moribondi a chiamarla in modo che potesse porre fine alla loro sofferenza. Questa pratica non poteva essere retribuita perché dare la morte andava contro le regole della Chiesa. Nella tradizione S’Accabadora era vestita di nero, col volto coperto e usava diverse tecniche per porre fine alla vita dei sofferenti. Poteva ucciderli soffocandoli con un cuscino, colpendoli sulla fronte o dietro la nuca con un colpo secco utilizzando un bastone d’ulivo chiamato su matzolu, oppure strangolandoli mettendo il collo della vittima tra le sue gambe, anche se pare che lo strumento più utilizzato fosse una specie di martello di legno.

Alcuni autori credono invece che semplicemente ci fossero delle donne che accompagnavano i malati alla morte stando loro vicine fino alla fine e dando conforto alle famiglie e per questo erano stimate in tutto il paese, ma in realtà non uccidevano, come invece pare succedesse in Grecia; mentre nel nuorese, secondo altre fonti, sembra che questo compito fosse svolto da donne vedove e senza mezzi che vivevano accettando le elemosine dagli abitanti del luogo.

Infine posso dire che questa forma di eutanasia non fosse l’unica, qui nella mia terra, infatti si pensa che in alcuni luoghi gli anziani, raggiunti i 75 anni venissero portati presso un dirupo e lanciati di sotto. Non si capisce bene la motivazione di questa pratica, forse era un modo di evitare che vivessero a lungo, vista la nota longevità dei sardi.

In realtà non esiste nessuna prova dell’esistenza dell’Accabadora, ma io sono del parere che le leggende contengano spesso un fondo di verità, quindi chissà magari è esistita davvero. Comunque si tende a pensare che questa leggenda facesse parte della tradizionale abitudine sarda di raccontare storie fantasiose, che avveniva davanti al fuoco del camino, allo scopo di metter paura a chi ascoltava. Nell’epoca odierna chi crede in questa leggenda giustifica l’eutanasia del tempo con le difficoltà che le famiglie incontravano nello spostare i malati negli ospedali per poter ricevere le cure necessarie.

 

Francesca Demontis

 

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