La cannabis: gli interessi commerciali e la speranza umana

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Trattare questo argomento è molto complesso, perché in letteratura scientifica ci sono moltissimi articoli sul tema e molti di essi sembrano andare l’uno contro l’altro. Il punto è che misurare la tossicità o gli effetti benefici di qualsiasi cosa sul corpo umano non è semplice, dal momento che il corpo umano è un sistema molto complesso, per cui potresti non vedere effetti nocivi che si mostreranno in futuro o non vedere effetti positivi perché mascherati.

Di fatto però non c’è solo questo, perché in questa diatriba sulla salubrità o sulla tossicità di qualsiasi cosa ci sono nel mezzo anche molti interessi commerciali o di altra natura. Quello che bisogna capire è che oggi la ricerca non è finanziata per la pura bellezza di scoprire qualcosa di nuovo ma è sponsorizzata da qualcuno che vuole ottenere un certo risultato, una certa conferma per promuovere la vendita di un suo prodotto.

Poco importa se ci sono degli effetti negativi riscontrati da centinaia di studi, l’importante è scrivere che si è trovato un singolo effetto positivo! È come voler dire che bere alcolici faccia bene perché ci fa sentire spensierati e più spigliati e decantandoli perciò come miracolosi, tralasciando completamente i danni al fegato, agli altri organi interni, alla concentrazione mentale e il malessere post sbornia.

Ecco perciò che oggi si parla degli effetti miracolosi del sale rosa, del limone, della curcuma o di altre spezie a caso, dell’ananas, di bacche e chi più ne ha più ne metta.

Ciò che si è evidenziato nella storia è la speranza di trovare qualcosa di magico e miracoloso che sia in grado di distruggere ogni male.

La ricerca scientifica si è espansa, negli anni, in tantissime direzioni e ogni volta si nutriva la speranza di trovare qualcosa di magico e soprannaturale che potesse davvero curare ogni malanno. Si cercava e ricercava ancora, nutrendosi di speranza e spesso di illusioni, mentre c’era chi decantava la magia di questo o di quell’altro, finché poi la ricerca non smentiva tutto.

Con questo non vogliamo scoraggiare la ricerca, al contrario vogliamo mettere in luce meccanismi che in passato hanno fregato molti consumatori e tuttora funzionano perfettamente su fin troppe persone.

Per esempio, agli inizi del 1900, con la scoperta della radioattività, iniziarono a diffondersi articoli che parlavano di quanto essa potesse essere miracolosa e, spinti dalla speranza di aver trovato qualcosa di rivoluzionario, molte case produttrici iniziarono a commercializzare acqua radioattiva o altre sostanze naturalmente radioattive (come cioccolata, creme di bellezza o saponette) o con l’aggiunta di componenti radioattivi come il radio o l’uranio, decantandone il potere miracoloso e guaritore.

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Tralasciando il fatto che ci sono degli usi terapeutici, i prodotti radioattivi sono assolutamente tossici per la nostra salute e col tempo si è capito.

Ma andiamo avanti con la storia, perché questo non è l’unico caso. Anche quando si sono scoperte le mutazioni genetiche si era pensato che gli OGM avrebbero cambiato completamente la nostra storia.

Poi più avanti si sono scoperte le cellule staminali e anche quelle erano state fatte passare come in grado di compiere qualsiasi prodigio, quando ancora la scienza aveva dato solo qualche prematura risposta.

Probabilmente l’uomo sente il bisogno di credere in qualcosa e la speranza della ricerca, unita agli interessi delle aziende, hanno fatto leva su questa caratteristica umana per fare del profitto.

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Spesso l’uomo ha riposto la sua fiducia in queste cose nuove che volevano rappresentare la novità e il progresso.

Ora ci sono due correnti, una che continua ad inseguire questo progresso e una che invece lo nega. I secondi, decantano invece un ritorno alla natura, parlando dei poteri magici di spezie, agrumi, sali colorati, tè e altro. Si tratta perlopiù di prodotti naturali che sembrano rimedi facili e sicuri ma i cui risultati non sono stati dimostrati scientificamente.

Tra chi insegue ancora quell’onda di “progresso”, c’è chi ora ripone la sua fiducia in alcuni tipi di sostanze stupefacenti che non vuole chiamare droghe anche se di fatto è di quelle che si tratta, inutile cambiargli il nome per farle apparire meno pericolose.

E di nuovo troviamo quello che abbiamo visto sino ad ora nella storia: un intreccio fra speranze e interessi commerciali che promuovono nuovi prodotti che un giorno potrebbero essere considerati come l’acqua radioattiva o come l’amianto che sembrava una super innovazione tecnologica o ancora come i CFC che fungevano da perfetti fluidi per cicli frigoriferi se non fosse che hanno causato l’assottigliamento dello spessore d’ozono nell’atmosfera e la conseguente formazione del “buco dell’ozono”. Tutti quanti questi prodotti sembravano essere la soluzione ai nostri problemi, l’eccellenza della ricerca, e si sono diffusi ancor prima che ci fossero attente valutazioni sulla loro sostenibilità e il loro impatto ambientale.

Gli studi che confermano gli effetti benefici della cannabis mascherano totalmente i centinaia di studi che invece dimostrano quanto la cannabis distrugga irreversibilmente le cellule cerebrali e il loro DNA, quanto comprometta le sinapsi e la conseguente trasmissione degli impulsi elettrici. Per non parlare poi degli effetti di dipendenza.

In questi ultimi anni si osserva un uso crescente di preparati che contengono del 9-tetraidrocannabinolo (THC), il principale psicoattivo della pianta Cannabis sativa, spesso usati come terapie di supporto per varie neoplasie e disturbi neurologici; ma perlopiù si tratta di alcune forme distribuite illegalmente, come gli oli di cannabis e l’olio di hashish butano, i quali potrebbero contenere oltre l’80% di THC, e a causa di essi i consumatori rischiano l’intossicazione o vari effetti nocivi. Indipendentemente dal tipo di assunzione, il THC o il TH-OH , la sua forma ossidata che si crea dopo la digestione, hanno la capacità di superare la barriera emato-encefalica e legarsi ai recettori cannabinoidi presenti nel sistema nervoso. In particolare: il CB1 che predomina sui neuroni nel cervello, sul midollo spinale e sul sistema nervoso periferico e il CB2 che si trova principalmente nei leucociti e nel sistema immunitario (Grotenhermen, F. et al., 2003).

Moltissimi studi scientifici  si sono pertanto concentrati sull’osservare come il consumo di cannabis alteri alcune funzioni cerebrali, in particolare si è visto che  compromette quelle che vengono chiamate “Funzioni Esecutive” che riguardano la coordinazione motoria ma anche funzioni più complesse come ad esempio la capacità di pianificare, organizzare, risolvere problemi, prendere decisioni, la memoria, controllare le proprie emozioni e il comportamento; funzioni fondamentali per affrontare durante la vita di ogni giorno quelle situazioni nuove dove delle decisioni devono essere prese (Luria 2002). Gli effetti sono correlati alla quantità di sostanza usata, alla durata e all’età in cui si è iniziato a farne uso (Brook et al., 2008; Ashton JC, 2019; Blithikioti C et al., 2019).

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Il tessuto che sembra essere preso maggiormente di mira da questa sostanza è il cervelletto, centro fondamentale della coordinazione motoria ma non solo, avendo anch’esso un ruolo fondamentale nelle capacità cognitive, nella memoria e nell’apprendimento. La presenza elevata di un recettore chiamato CB1, fa pensare che esso sia fortemente influenzato dall’uso della cannabis.  L’uso cronico di cannabis è associato ad alterazioni della struttura e della funzione cerebellare, nonché a deficit nei paradigmi comportamentali che coinvolgono il cervelletto (ad es. Condizionamento del riflesso, memoria e processo decisionale). L’età di esordio e la maggiore esposizione al consumo di cannabis erano frequentemente associate a un aumento delle alterazioni indotte dalla cannabis ( Blithikioti C et al., 2019).

A seguito della legalizzazione della Marijuana nel mondo, uno studio ha cercato di osservare come questo possa aver influito sull’aumento di incidenti stradali. Lo studio è stato fatto nelle Hawaii dove la legalizzazione è avvenuta nel 2000, andando a confrontare i livelli di incidenti avvenuti prima e dopo, fino al 2015. Gli incidenti non erano presi a caso, ma si andava a controllare quale sostanza era presente a livello del sangue. Durante questo studio si andava a controllare la presenza nel sangue di THC ( 9-tetrahydrocannabinol) nelle persone ferite, notando un incremento della sua presenza dal 11% al 20% dopo la legalizzazione. Nei casi di incidenti con presenza di THC, si è visto che si trattava spesso di ragazzi giovani,  con veicoli su due ruote quali scooter, trattandosi in particolare di scontri notturni o dovuti all’alta velocità. Si è notato che da quando è stata legalizzata la Marijuana gli incidenti sono duplicati, si è notato inoltre che sempre più spesso i ragazzi avevano dei comportamenti poco accorti come l’assenza del casco di protezione (Steinemann  et al, 2018).

Visto quanto detto sopra, cioè come la Cannabis porti ad una compromissione delle capacità decisionali di controllo delle proprie emozioni e comportamenti, non ci sarebbe da stupirsi nell’osservare un aumento degli incidenti stradali causati da comportamenti sconsiderati attuati dai consumatori, perlopiù adolescenti.

Tutti noi siamo abituati a pensare alla cannabis come ad una droga per rilassarsi ma in verità gli studi scientifici indicano proprio l’opposto: aumenta molto l’aggressività delle persone. In particolare è stata collegata all’aumento dell’impulsività (Solowij N. et al., 2012) e alla riduzione dell’inibizione comportamentale (Gruber SA . Et al., 2012; Bhattacharyya  S. et al., 2015). La relazione tra uso di cannabis e aggressività è stata ben stabilita in questi ultimi anni da diversi studi scientifici (Schoeler T,  et al., 2016; Renard J, et al., 2014;  Dugre JR, et al., 2017); infatti l’uso di cannabis è associato ad un rischio 7 volte maggiore di successivi comportamenti violenti e aggressivi rispetto ad una persona che non ne fa uso (Schoeler T,  et al., 2016). Un recente studio condotto su 1136 soggetti ha inoltre rilevato che l’uso continuativo di cannabis è associato ad un aumento del rischio di comportamenti violenti futuri (Dugre JR, et al., 2017). La maggiore o minore espressività dei caratteri aggressivi è anche legata a fattori genetici, in particolare alcuni studi si stanno concentrando su particolari geni come ad esempio quello legato al recettore 2B della serotina (HTR2B)  andando quindi a studiare più nello specifico come questa sostanza vada ad agire nel nostro comportamento (Janitza L. et al., 2018).

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Dato che queste sostanze hanno la capacità di interagire con le cellule cerebrali, sono stati condotti degli studi per osservare se l’assunzione di elevate dosi costanti di Cannabis può portare ad un aumento dei danni a livello del DNA, e quello che si è visto è che rispetto a chi non l’assume si ha un maggior numero di rotture nella catena del DNA e una diminuzione dei livelli di attività degli enzimi preposti alla sua riparazione. Un aumento della rottura del DNA è collegato a possibile variazioni, mutazioni, che sono la causa principale di formazione dei tumori. Questi eventi soprattutto nelle cellule cerebrali che come sappiamo non vengono sostituite nel tempo, può portare quindi ad un indebolirsi della cellula e a futuri problemi che dipenderanno molto anche da quanto siamo o meno predisposti a determinate malattie croniche e a possibili tumori (Nevenka Kopjar et al., 2019).

Il periodo dell’adolescenza è uno dei momenti più delicati del nostro sviluppo: il nostro cervello subisce dei rimodellamenti strutturali  soprattutto in quello che viene chiamato sistema limbico, legato alle emozioni e al comportamento. L’assunzione di sostanze esterne che vanno ad alterare le sue funzioni possono essere la causa di gravi disturbi psichiatrici, che perdureranno poi anche nell’età adulta. La cannabis è la droga più comune usata dagli adolescenti, per questo sempre più studi sono andati a verificare gli effetti  devastanti che questa droga crea nel cervello di un adolescente. Ad oggi vi sono sempre più prove che correlano l’abuso di cannabis nel periodo adolescenziale con i disturbi psichiatrici (United Nations Office on Drugs, 2016; Giedd, J.N. et al., 1999). La nostra rete cerebrale funziona attraverso il lavoro di tantissimi fattori anche di singole proteine che alterano le condizioni, l’espressione genetica e tanto altro ancora all’interno delle singole cellule neurali. Una tra queste sono gli istoni, delle proteine che avvolgono il DNA lasciando libere le zone necessarie per l’espressione genetica. L’assunzione di Cannabinoidi durante l’adolescenza si è visto alterare in modo importante l’attività di queste proteine all’interno di strutture cerebrali del sistema limbico, quali il nucleos accumbes, l’ippocampo e l’amigdala, aree da tempo identificate come fondamentali per il comportamento e a cui sono legate malattie psichiatriche tra cui la schizofrenia; e queste modifiche sono legate anche al sesso dell’individuo (Rubino, T. et al., 2008; Schneider, M. et al., 2003). Nei modelli animali femminili si è riscontrato una maggiore vulnerabilità verso un fenotipo più depressivo e psicotico (Rubino, T. et al., 2015; Higuera-Matas, A. et al., 2015).

L’alterazione causata dall’abuso di cannabis nelle proteine istoniche, si è visto essere legata ad un sottoinsieme di geni di plasticità rilevanti per lo sviluppo di deficit cognitivi presenti nell’adulto. Queste alterazioni erano specifiche per età, presenti principalmente negli adolescenti e non nell’adulto, dimostrando come l’abuso di cannabis nell’adolescenza provoca profondi cambiamenti nell’attività cerebrale dell’adolescente  rendendolo suscettibile a future malattie psichiatriche (Realini, N. et al, 2011; Prini, P. et al., 2017).

Sappiamo bene che ciò che viene assunto durante la gestazione dalla madre ha un effetto anche sul feto, in quanto i due organismi sono estremamente collegati e qualunque sostanza assunta dalla madre andrà anche al figlio. Si è visto infatti che l’assunzione di Cannabis durante la gravidanza porta ad avare soprattutto nei figli di sesso femminile, un aumento della aggressività, oltre a deficit dell’attenzione ( (El Marroun H. et al., 2011). Ma alcuni studi fatti su modelli animali, sono andati a dimostrare come l’uso di Cannibis in modo cronico da parte del padre ha degli effetti sulla funzione neurocomportamentale della prole.  Si è visto che l’esposizione al delta-9-tetroidrocannabinolo (THC) anche per brevi periodi del padre, causa delle modifiche nel DNA dello sperma. Apparentemente non vi sono effetti significati sulla salute, sul peso alla nascita dei figli; tuttavia, si è visto che causa un significativo indebolimento duraturo delle prestazioni e capacità legate all’attenzione nella prole rispetto ai controlli, quando venivano testati in età adulta.

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Andando quindi a dimostrare che l’esposizione nel padre anche per un breve periodo al THC può causare effetti comportamentali a lungo termine deleteri nella prole, in particolare deficit dell’attenzione (Levin ED et al., 2019).

Il recettore cannabinoide CB1 è presente oltre che nel sistema nervoso centrale anche nel sistema cardiovascolare e nella vascolarizzazione periferica. L’assunzione di THC causa un aumento della dose dipendente dalla pressione sanguigna e dalla frequenza cardiaca (Mittleman MA et al., 2001). Ci sono prove che indicano che l’abuso frequente di marijuana aumenta il rischio di aritmie cardiache e infarti del miocardio (Prakash R, et al., 1075; Benowitz NL, et al., 1979; Fant RV,, et al., 1998).

C’è un numero crescente di prove che dimostra un’associazione tra uso di marijuana e malattie cardiovascolari. La letteratura attuale propone che la marijuana influisce negativamente sul sistema cardiovascolare attraverso tre diversi possibili meccanismi: arterite indotta dalla cannabis, vasospasmi e aggregazione piastrinica (Hodcroft CJ,, et al., 2014; Ducros A, et al., 2007).

Uno dei primi a descrivere la presenza di  vasospasmi coronarici in un adolescente con abuso di marijuana è stato Basnet et al, il quale ha riportato che un adolescente di 17 anni sano, si presentò al pronto soccorso lamentarsi di un dolore toracico che si irradia fino alla mascella che lo aveva svegliato dal sonno. (30. Basnet S, et al., 2009) Il ragazzo ha ammesso di fare uso di marijuana e ha negato l’uso di cocaina. Gli è stata eseguita la risonanza magnetica cardiaca e fu suggerito che i sintomi e i risultati cardiaci oggettivi erano secondari all’ischemia miocardica.

Inoltre il THC può agire direttamente sulle piastrine e può attivare la reazione a cascata che porta alla coagulazione e di conseguenza alla formazione di un trombo. Infatti, ci sono molti casi clinici pubblicati che descrivono giovani adulti con trombi non aterosclerotici dipendenti, la maggior parte probabilmente secondario all’uso cronico di marijuana (Hodcroft CJ,, et al., 2014; Dwivedi S, et al., 2008; Ghannem M,, et Al., 2013). Ad esempio, nel 2012, Dahdouh et al. ha pubblicato un rapporto in cui un ragazzo di 20 anni, che abusava di cannabis, senza storia di malattie cardiocircolatorie ha avuto un infarto del miocardio acuto (Dahdouh Z, et al., 2012; Venkat N.S., et al, 2019).

Questi sono solo alcuni degli esempi di come la Cannabis possa avere effetti nel corpo di una persona, a partire dalle proprie capacità cognitive a quelle fisiologiche e cardiache. Una maggiore responsabilità sull’uso di queste sostanze anche da parte dei genitori è fondamentale in un’epoca dove si guarda più al business che alla salute delle persone.

C’è da ricordare che la Cannabis non presenta solo il THC come sostanza con effetti deleteri, ma molte altre che vengono aggiunte anche durante i processi di lavorazione e crescita delle piante, come insetticidi e altro ancora.

Quello che è necessario capire, è il gioco di potere che c’è sempre dietro al marketing di un prodotto, perciò dobbiamo imparare ad essere svegli e attenti, anziché cadere nei tranelli e pagare oro per bere acqua radioattiva o simili. Impariamo a non farci fregare, a ricercare nei veri siti e riviste scientifiche e non nei blog di gente a caso. Questo articolo è volutamente provocatorio ma anche necessario per far riflettere. Grazie per l’attenzione.

 

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Lincea A. e Davide D.

 

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5 Commenti

  1. Fantastico, finalmente qualcuno che scrive la verità! Sulla cannabis nessuno scrive quanto faccia male e finalmente leggo un articolo sui danni che provoca! Questo sito ha degli articoli di alta professionalità.

  2. Grazie per aver scritto su un argomento così importante preso con troppa leggerezza da tutti, se parli contro le droghe leggere e alcolici sei preso per bigotto e diventa difficile spiegare, specie ai giovani quali siano i reali pericoli per loro.

  3. Finalmente un articolo serio sugli effetti della cannabis! Chi nega che la marijuana abbia effetti negativi sul cervello nega l’evidenza.

  4. Finalmente un articolo serio sugli effetti della cannabis! Chi nega gli effetti della marijuana sul cervello nega l’evidenza.

  5. Mi piace molto questo articolo, mi ha aiutato a mettere parecchi puntini sulle i. Non è semplice parlare dei lati positivi e negativi di questo argomento, ma siete riusciti a fare il punto della situazione in modo comprensibile e allo stesso tempo comprendendo le motivazioni dei vari punti di vista.

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