Quando credi che l’unica vera soluzione è la morte.

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All’età di quattro anni feci un sogno, avevo un bel vestito, lo stesso di una foto scattata qualche mese prima del mio quarto compleanno, quella stessa foto che i miei genitori decisero per qualche strana ragione di inviare ad un programma televisivo per adulti, di varietà e gossip, dove per un ancora più grande strano motivo alle 12:00 esatte mostravano le foto di bambini che compivano quel preciso giorno il compleanno, senza nessuna correlazione con il programma stesso, anni dove ancora internet non esisteva, e dove posso solo immaginare che tipo di gente guardasse quelle foto.

Non ricordo esattamente quando, ma poco dopo che quella foto fu mandata in mondovisione, feci questo sogno: ero vestita esattamente come in quella foto, ero sola, c’era penombra, sembrava tardo pomeriggio, da sola salivo le scale del palazzo di casa mia, scalino dopo scalino, vedevo la scena in terza persona, la me del sogno era silenziosa, senza espressioni facciali, sembrava come sonnambula, ma con gli occhi aperti, come se fossa ipnotizzata, avanzavo così fino a raggiungere l’ultimo gradino dell’ultimo piano, mi posizionavo davanti la ringhiera, mi arrampicavo su di essa, e una volta sul corrimano mi buttavo giù.

Il giorno dopo da sveglia, aprii la porta di casa, salii quelle stesse scale, andai fino all’ultimo gradino, mi arrampicai sulla ringhiera, oltrepassai il corrimano, misi i miei piedini tra le barre della ringhiera tenendomi ad essa, mentre guardavo il vuoto sotto di me.

Non avevo pensieri, non avevo paura, forse ero anche troppo piccola a 4 anni per comprendere cosa accade quando si cade da quella altezza, per sapere cosa significa veramente farsi male, cosa sia la paura della morte.

Fatto sta che non mi buttai giù come nel sogno, ma iniziai a mettere un piedino tra lo spazio delle barre della ringhiera, uno alla volta, riscendendo le scale fino al piano terra sospesa nel vuoto, e lo rifeci e rifeci, e poi iniziai a provare altre cose come a scivolare giù dal corrimano per tutte le scale, e divenne un gioco che poi condivisi con altri bambini, che fortunatamente scivolano solo e non si tenevano sospesi dal quarto piano come facevo io.

Quel sogno identico lo rifeci per molti altri anni, anche se ormai ero adolescente.

In questo articolo desidero raccontarvi il mio rapporto con un pensiero con cui ho convissuto per tutta la mia vita, il suicidio.

Per farlo ho bisogno di scrivervi alcuni aspetti che hanno fatto entrare dentro di me delle vere e proprie ossessioni che mi caratterizzano da sempre e fanno parte del mio vissuto, per quanto apparentemente non trattano pienamente i pensieri suicidi, ma più esamino la mia vita e più ne vedo i collegamenti.

Ritornando alla mia storia, a sei anni e poi nuovamente ad otto anni, i miei genitori mi mandarono in un collegio di suore, dove ho vissuto anni abbastanza difficili, dove i bullismo ne faceva da padrone, ho raccontato nello specifico di tutto questo in un altro articolo intitolato “Gli anni del collegio”, in quegli anni cambiai totalmente di carattere e da una bambina vivace con una sua personalità, divenni completamente silenziosa, come una bambola che faceva qualunque cosa gli venisse detto. Ciò che non ho mai raccontato sono alcuni ricordi che ho di quel periodo, che sono stati uno dei motivi che mi hanno cambiata profondamente. In particolare sentivo una voce che era nella mia mente e che gli altri non riuscivano a sentire, ricordo che io non lo identificavo come i miei stessi pensieri, ma come una vera e propria persona con cui parlavo spesso ma che non vedevo, voglio ricopiare quello che ho scritto in un articolo rimasto sospeso:

“Ho dei ricordi di quel periodo in cui io sentivo una voce nella mia testa, come un pensiero, era la voce di un uomo adulto che mi parlava calmo e monotono, come quelle che si vedono nei film di chi sta facendo un’ipnosi, questa voce mi diceva che se volevo smettere di soffrire e provare dolore, dovevo fare quello che mi diceva lui. Ricordo che decisi di ascoltarlo, lui mi diceva che per smettere di soffrire dovevo diventare come il nulla, il vuoto, dovevo smettere di provare ogni cosa, dovevo essere vuota dentro, e proprio come il nulla dovevo smettere di esistere. Se avessi smesso di esistere allora avrei smesso di soffrire.

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Iniziai a sentire questo vuoto al posto del cuore, come una spirale che risucchiava via ogni cosa, come un buco nero, che portasse via ogni sentimento e sensazione. Non ricordo tutte le esatte parole e i passaggi, ma ricordo le sensazioni. Questa voce mi seguiva tutto il giorno e mi diceva cosa dovevo fare, ad ogni mia sensazione fisica ed emotiva che vivevo. Non provare più nulla non è legato solo alle emozioni che crediamo di conoscere è legato anche alle emozioni che le cose che ti circondano ti fanno provare, significa distaccarsi completamente da tutto, significa che quando il sole batte sulla tua pelle tu non provi nulla, non ti da fastidio ne piacere, non c’è emozione dietro ad esso, quando mangi non provi piacere o disgusto, quando tu senti il vento che soffia sulla tua pelle, lo senti come un qualcosa di meccanico, ma non provi nessun sentimento, nessuna sensazione, come un senso di freschezza e piacere, o di freddo e fastidio, inizi a vedere e sentire il mondo come se fossi una macchina o un robot e come tale, anche nelle azioni che fai le compi meccanicamente senza provare nulla, puoi dire delle cose a delle persone e non provare nulla, potresti farle del male senza comprendere che le stai facendo soffrire. Ricordo che per tutta la mia infanzia e adolescenza questo “nulla” era per me quasi un’ossessione, certe volte mi immaginavo questi cerchi nella stanza, come portali neri che risucchiavano ogni cosa che esisteva e li riducevano al nulla totale, un luogo dove non esiste la vita, non esiste dolore, cattiveria, gioia, un luogo dove non esiste nulla. Ricordo ancora le sensazioni e ora anche mentre scrivo mi ritornano con estrema facilità, ma naturalmente ora so quanto è oscuro tutto questo. Questo seguire questa voce mi aveva reso un corpo che si muove, ma che era in grado di fare tutto, di fare del male senza inibizioni, di fare cose disgustose senza indugio o problemi, bastava una parola e io lo facevo. A scuola chi mi bullizzava si divertiva a farmi leccare il pavimento del bagno o cercare di farmi fare anche altre cose, come se lo dicessero ad un robot e vedere come senza nemmeno pensarci io eseguivo l’ordine senza provare nulla. Non so quanto sia durato questo periodo, se un intero anno, qualche settimana, un mese, ho ricordi spezzettati e certe volte poco chiari, ma ricordo perfettamente che a casa, quando i miei mi parlavano, nel mio modo di rispondere avevo totalmente perso quel filtro con cui sai che se dici qualcosa di un certo genere puoi offendere e far del male a qualcun altro. Avevo notato che dopo che rispondevo lo sguardo delle persone si intristiva come se gli avessi detto qualcosa che gli faceva male. Io amavo la mia famiglia e ricordo che vedere il dolore che stavo provocando nei loro occhi, mi svegliò da quello stato ipnotico, e per quanto molto piccola si parla dei primi anni delle elementari, compresi che se io diventavo come il nulla potevo fare del male agli altri senza accorgermene e questo non era quello che volevo, ricordo che allora mi arrabbia contro questa voce, gli dissi che era un bugiardo, che non era vero che avrebbe fatto smettere tutto il mio dolore, perché era impossibile che io diventassi il nulla, che smettessi di esistere, perché ero viva e dovevo vivere le mie giornate e il mio corpo non poteva sparire nel vuoto, ricordo che mi fece arrabbiare tantissimo e decisi che non l’avrei mai più ascoltato, perché a causa sua avevo fatto male alla mia mamma e alla mia famiglia.

So che tutto ciò può sembrare assurdo, ma è questo quello che ricordo di aver vissuto.

Da lì entrò in me il concetto di vuoto, di inesistenza, che se avessi voluto smettere di soffrire avrei dovuto smettere di esistere, quando ero piccola non conoscevo la morte, e quindi non l’associai mai ad essa, ma crescendo l’associazione era chiara e netta.

Nella mia infanzia e adolescenza, vissi una vita di grande solitudine in cui venivo bullizzata non solo dagli altri bambini, ma venivo esclusa da tutti i cittadini del paesino dove vivevo, spesso mi chiedevo perché venivo trattata così, perché tutta la mia famiglia veniva trattata in questo modo. Non eravamo criminali, non avevamo fatto del male a nessuno, ma la profonda ignoranza e i pregiudizi della gente andavano oltre ogni possibile logica. Tanto che negli anni quei pochi amici che avevo venivano messi contro di me se non volevano subire i miei stessi trattamenti, oppure per proteggerli li allontanavo io stessa.

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Il mio mondo era solo il cortile davanti casa, dove potevo giocare e casa mia, e presto continuò a diminuire fino a vivere tutto il mio tempo libero dentro la mia camera escludendomi da tutti. Nel tempo soprattutto nell’adolescenza questa profonda solitudine si tramutò in una forte depressione e apatia, in cui avevo perso la voglia di fare qualunque cosa, dove procrastinavo in tutto, non c’era nulla che mi interessasse veramente, sentivo quel profondo vuoto nel mio petto, e desideravo solo immergermi in fantasie, in letture, in altre cose che non fossero la mia vita. Mi chiedevo perché vivevo, pensavo che forse c’era qualcosa di disgustoso in me, di sbagliato che faceva allontanare gli altri, mi odiavo profondamente, mi vedevo orribile fisicamente e in ogni aspetto, mi sentivo un mostro, credevo che nella mia vita non avrei mai raggiunto nulla, credevo che sarei morta in età molto giovane, anzi un’età precisa, guarda caso la stessa in cui ho scoperto l’Accademia di Coscienza Dimensionale. Ho creduto che se non mi fossi uccisa, sarei comunque morta a quella precisa età e per tantissimi anni lo ribadivo spesso a me stessa, dicendomi che non aveva senso continuare a soffrire così, a provare ad andare avanti perché tanto non avrei avuto futuro.

Guarda caso proprio in quell’anno in cui ero convinta che sarei morta, rischiai la vita diverse volte, ho preso la scossa sotto la doccia facendo partire il salvavita, ad una cena mentre mangiavo la lama del coltello che stavo usando si ruppe e iniziò a roteare verso di me con forza, sfiorandomi di pochi millimetri il viso all’altezza dell’occhio e andandosi a conficcare sul divano dietro, ho rischiato di essere investita non so quante volte, una volta una persona mi ha tirato di botto da dietro dal cappuccio del giubbotto salvandomi la vita mentre attraversavo le strisce pedonali, e tante altre occasioni, tanto che quando ho ricordato leggendolo scritto in un diario la mia ossessione che sarei morta a quella precisa età, non potei fare a meno di notare la forte coincidenza e l’importanza di quell’anno nella mia vita. La mia ossessione che sarei morta a quella precisa età e io che ho trovato in quella precisa età l’Accademia di Coscienza Dimensionale è solo una coincidenza?

Nella mia adolescenza ho vissuto e visto con i miei occhi mio fratello venire portato via per un TSO, e mentre lui piano piano iniziava ad impazzire, anch’io vivevo delle esperienze di forte crisi emotiva, che iniziavano con pensieri negativi sulla mia vita e su di me, come ad esempio mi chiedevo perché non avevo amici, perché mi succedeva tutto questo e la mia mente mi iniziava a rispondere che forse c’era qualcosa che non andava in me, forse ero io il problema, forse ero talmente disgustosa da far vomitare, che io ero un mostro, da lì questi pensieri si intensificavano e soprattutto le emozioni, iniziavo a sentirmi come bombardata, come se la testa mi esplodesse, perdevo il controllo totale delle mie emozioni, venivo inondata da sentimenti profondamente negativi verso di me, non riuscivo a controllare i miei pensieri e poi sentivo come milioni di voci che mi parlano in contemporanea con toni dispregiativi, non capivo più nulla, iniziavo quindi a prendermi la testa tra le mani, la sentivo come se stesse per esplodere, mi sentivo come se avessi un pugnale nel cuore, e questo forte dolore al petto, questa profonda sofferenza mentre sentivo quelle voci che con la mia stessa voce nella mia teta mi ripetevano a raffica frasi come “sei un mostro, devi morire, non dovevi nascere, devi smettere di esistere, sei un peso per tutti, rimarrai per sempre da sola, nessuno ti vuole bene, devi scomparire, non raggiungerai mai nulla nella tua vita, ti meriti di soffrire ecc…” non le ricordo bene tutte, e mentre ero in quello stato mi raggomitolavo proprio come  fanno i pazzi in un angolo della stanza, iniziavo a  piangere, circondavo le mie gambe con le braccia, spesso iniziavo a ciondolare e certe volte pur di farli smettere iniziavo a sbattere la testa al muro, più e più volte, eppure il dolore fisico non era abbastanza per coprire quello emotivo, mi faceva male, ma non riuscivo a resistergli, accettavo ogni parola, e come delle coltellate mi entravano dentro, io ero nella confusione totale e l’unico modo che mi faceva riprendere istantaneamente era  quando la mia famiglia mi chiamava, perché la paura che loro mi vedessero in quello stato era tanta, soprattutto dopo quello che avevo visto di mio fratello, la mia paura di essere vista come pazza e trattata come tale era profonda, quindi mi asciugavo gli occhi ed uscivo dalla stanza sorridendo come se nulla fosse successo. Queste crisi iniziarono rade per poi aumentare esponenzialmente soprattutto dopo che mio fratello iniziò ad impazzire e diventare schizofrenico, avendoli se non tutti i giorni, quasi.

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Nel tempo questo disgusto nei miei confronti, questo odio che provavo verso di me, mi faceva venire voglia di vomitare, di vomitare tutto quello che avevo dentro, e iniziai a farlo veramente, andavo in bagno e mi ficcavo le dita in bocca cercando di indurre il vomito, sperando che mi potesse aiutare anche perder peso, che era una mia ossessione come moltissime adolescenti della mia età, ma anche perché mi sentivo come se fossi sporca dentro, come se avessi della melma apposto del cuore e volevo buttarla via.

Ricordo che ogni tentativo di vomito era complicato, perché nonostante, so che è un po’ disgustoso scriverlo, ma nonostante mi infilassi quasi tutta la mano in bocca non riuscivo a vomitare, tanto che ho pensato che forse avrei avuto un’ottima carriera in qualche circo. Questo mi aiutò a smettere il mio comportamento bulimico.

Nonostante il mio stato depressivo, che passava di picchi bassi a picchi in cui stavo bene e volevo crescere, volevo migliorare, avevo speranza per il futuro, ancora nella mia mente non era entrato il pensiero vero e proprio del suicidio. I pensieri negativi nella mia testa, per quanto erano detti con la mia voce, da un alto era come se parlassi con qualcun altro, era sempre un “devi” scomparire, “devi” morire, ma non un “voglio” scomparire. Non ero io volerlo veramente, era come se qualcuno me lo stava imponendo nella mia mente.

Le cose cambiarono dopo due eventi capitati quasi contemporaneamente, il mio primo pc posizionato proprio nella mia cameretta e la cura ormonale per degli squilibri che avevo che il medico mi diede di fare a 15 anni, in pratica iniziò a farmi prendere la pillola anticoncezionale ad alto dosaggio come scusa per stabilizzare i miei problemi ormonali.

Nella mia adolescenza ho avuto grossi problemi di acne, non erano solo sul volto, ma anche dietro la schiena, le braccia e il petto, oltre ad altri sintomi legati sempre allo squilibrio ormonale, che naturalmente venivano usati contro di me dai bulli, per avere un motivo in più per insultarmi ed isolarmi, e per me per provare maggiore disgusto nei miei confronti, vedendomi come un mostro disgustoso. Passavo le vacanze estive evitando di andare al mare, evitando di uscire, odiavo dovermi mettere le magliette a maniche corte che esponevano il mio corpo, ogni volta che camminavo per strada mi sentivo come se avessi gli occhi addosso della gente che mi giudicava e si prendeva gioco di me, anche quando non ne era nemmeno vero.

Con la cura ormonale l’aspetto fisico migliorò da un lato, ma quello che peggiorò fu il mio umore, sempre più instabile, sempre più lunatico e che mi portarono sempre più ad avvicinare nella mia mente il pensiero che forse la soluzione a tutto, il modo migliore per smettere di esistere, come quel pensiero che avevo da bambina, era quello di morire.

Diventando adolescente ero in un certo senso riuscita a risolvere il problema del bullismo, ma io stessa adesso era molto indifferente, non volevo più nulla se non essere lasciata in pace. Quindi anche quando iniziai ad andare alle superiori in una scuola dove non mi conosceva quasi nessuno, e dove non mi portavo dietro la “nomea” del paese, io mi ero creata un muro attorno a me in cui rispondevo male ed ero aggressiva nei modi con chiunque si avvicinasse, come per dire “stai lontano da me”.

Ero molto abituata a stare da sola, quindi stavo da sola e non parlavo con nessuno mentre aspettavo il bus, stavo da sola prima di entrare in classe, stavo da sola durante la ricreazione tendenzialmente a leggere libri ecc…, almeno questo all’inizio, proprio per creare in me quella contrapposizione con la vita che invece mi stavo creando su internet, dove iniziando a giocare online negli allora giochi di ruolo, inizia a fare amicizie con diverse persone usando i programmi di comunicazione come Messenger dei tempi, e queste persone, ragazzi poco più grandi o più piccoli di me, erano diventate le mie vere prime amicizie. Loro non avevano pregiudizi nei miei confronti, non sapevano nemmeno che faccia avessi, stavo pomeriggi e nottate intere a parlare, partendo dai giochi e poi dalle cose di ogni giorno.

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Da un lato questo mi aiutava a non sentirmi sola, anche perché le amicizie e relazioni a scuola visto il mio carattere ormai reso solitario erano difficili a partire, e ci sono state, ho avuto degli amici negli anni delle superiori, ma la vita online era più importante per me, anche perché spesso per quelle amiche ero solo quella da chiamare quando venivano lasciate dai loro ragazzi, o erano da sole e non sapevano che fare, quindi ero l’amica di convenienza, inoltre a loro non potevo confidare nulla di tutto quello che avevo dentro perché ormai sapevo che qualsiasi cosa dicevo poteva essere usate contro di me, invece con le amicizie online potevo parlare di tutto.

In particolare, una di essa viveva una situazione che mi ricordava la mia, aveva subito bullismo a scuola, viveva nella solitudine come me, e poi nel tempo ho scoperto anche che aveva una famiglia tossica dietro che gli ha creato questo per cui il suicidio era anche uno dei suoi pensieri. Spesso passavo la notte online per parlare con lei e starle dietro, darle forza a non mollare, che le cose sarebbero andate meglio, cercavo di farla ridere con battute con tutto quello che potevo, cercavo di tirarla su di morale, giocando online, distraendola dalla realtà che le faceva male, desideravo davvero darle tanta forza, avevo veramente paura che il giorno dopo non si sarebbe più connessa. Con lei negli anni ci siamo anche conosciute dal vivo scoprendo la situazione malata in cui lei viveva a causa dei suoi genitori, ma che lei non vedeva perché era la sua “normalità”, voglio raccontarla perché spero possa essere utile in quanto era diversa dalla mia, e so che molti vivono situazioni simili, e magari leggerlo potrebbe aprirgli gli occhi.

Lei aveva una madre possessiva che l’allontanava da tutti, facendole terra bruciata. Doveva conoscere tutto della figlia facendosi raccontare tutta la sua giornata di abitudine, e poi parlava male di ogni sua amica e conoscente, in modo da convincere la figlia che lei aveva ragione e doveva stare alla larga da queste ragazze. La sua tattica era molto particolare, la figlia se usciva, doveva girare al massimo nella zona vicino casa e solo di giorno, non esisteva uscire dopo cena. Quando ci siamo conosciute dal vivo lei era appena diciottenne. Quindi si faceva uscire la figlia, non ti diceva no, naturalmente ti diceva che doveva stare attenta perché se esci di casa può succedere questo e quest’altro, spaventandola a morte, poi quando la figlia tornava lei gli doveva raccontare per filo e per segno tutto, stava a chiederle che ti ha scritto quella che ti ha scritto l’altra e metteva zizzania, manipolava il pensiero della figlia dicendole “visto che ti ha detto, visto che hanno fatto è perché la pensano così, è per questo, è perché ti prendono giro, non sono sincere ecc…” allontanandola dagli altri perché erano tutti cattivi, in pratica gli creava speranze di avere amicizie e una vita normale per poi distruggergliele, con un continuo crea e rompi di rapporti di amicizia che creavano ferite dentro di lei facendole perdere fiducia nel prossimo. La controllava talmente tanto che quelle volte in cui io andavo a trovarla o dovevamo stare nella sua cameretta a porta aperta davanti al pc a vedere video o a giocare, così che la madre potesse vederci, o stare in sala con lei ad ascoltarla lamentarsi e parlare male della gente, o se riuscivo a farla uscire di casa dovevamo girare solo per precise vie, tanto che quando un giorno accompagnai questa mia amica di nascosto ad una stazione della città, per vedere un ragazzo che lei aveva conosciuto online e voleva conoscere da tantissimo tempo, nonostante questa mia amica fosse maggiorenne, ed era pieno giorno e siamo andati in una zona affollata che io da sola giravo tranquillamente, al ritorno la madre sapeva già tutto facendoci neri.

Lì, abbiamo scoperto che quando uscivamo c’erano delle persone che lavoravano in zona, soprattutto parenti che come delle spie gli dicevano tutto della figlia, dove andava e cosa faceva, in pratica anche fuori la controllava di continuo, qualcosa da malati mentali. In quegli anni dove ci siamo conosciute dal vivo, io l’ho incoraggiata ad incontrare persone fisiche e non solo online, a cercare un lavoro che la tenesse fuori da quella casa, lontana dalla madre, per avere i suoi soldi, e poter essere in un certo senso indipendente. La madre era il suo vero problema, ma lei non lo voleva ammettere, tanto che alla fine dava sempre ragione a lei perché le faceva pena, la madre era sola, il marito l’aveva lasciata, stava sempre male e lei figlia doveva aiutarla ed essere al suo servizio, perché gli altri erano tutti cattivi ed approfittatori invece la madre era l’unica che voleva il suo bene.

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La madre faceva terra bruciata attorno alle figlie, anche alla maggiorenne che la fece lasciare con ogni ragazzo con cui stava, inviava maledizioni a destra e a manca, e non solo a parole ma lei stessa mi diceva che pagava regolarmente una persona che le leggeva i tarocchi, e mi disse pure che questa persona faceva anche altro, questo altro lo posso immaginare benissimo. Le ha mandate anche me, perché iniziò a non sopportarmi perché ero quella che portava la figlia fuori strada. La figlia poco dopo ebbe anche un tumore e da lì si chiuse completamente anche con me. Questo per spiegare un altro dei motivi che può portare una persona a pensare al suicidio, lei dipendeva totalmente dalla madre, che per lei era tutto, l’unica persona che le voleva bene in questo mondo, passava quindi dall’odiare il mondo ad odiare se stessa e a soffrire tremendamente in quella prigione, e su molti aspetti mi sentivo legata a lei perché mi sentivo capita, sentendomi anch’io dentro una realtà che mi imprigionava e soffocava.

Ironicamente, durante il periodo in cui ci conoscevamo solo online, mentre cercavo di aiutarla, anche semplicemente chattando e cercando cose che la facessero ridere, per me stessa non avevo nessuna pietà e nel tempo avevo iniziato a seguire delle routine che mi aiutasse ad accettare il suicidio. Questo perché non è qualcosa di semplice, non è qualcosa che avviene in un giorno, ma soprattutto da giovani si è pieni di vita, perché il nostro corpo è pieno di energia, è in pieno sviluppo e crescita, abbiamo appena iniziato a vivere, abbiamo tanti anni davanti a noi e siamo pieni di speranze, di aspettative, pensiamo che le cose possono cambiare. Quindi l’unico modo è creare da un lato una routine malsana, e dall’altro una prigione, dalla quale non potrai più uscire, come un uccellino in gabbia, a cui vengono tappati e distrutti continuamente ogni tentativo di essere felice, di cambiare, più e più volte, tante speranze frantumante continuamente, fino a che con tutti quei frammenti di vetro muovendoti nella tua gabbia iniziano a ferire il tuo corpo e le tue ali lacerandoli in modo doloroso, e provare a muoverle e sbatterle diventa sempre più difficile, fa più male che restare fermi, perché se ti muovi i frammenti iniziano ad entrare di più nella carne, come i pensieri di tutte le volte che ti hanno fatto male che è andato tutto male che tornano a tormentarti e a farti credere che è inutile, tu non tornerai mai a volare.

La mia gabbia era stata creata e modellata fin dall’infanzia, il bullismo che avevo subito, la sofferenza degli anni in collegio, tutte le volte che avevo raccontato la verità su quello che succedeva agli adulti ma non mi avevano mai dato ragione, dicendomi che ero una bugiarda e andandomi contro, tutte le volte che giravo da sola per le strade del paese e sentivo gli scherni degli altri attorno a me, tanto che avevo iniziato a girare a testa basse con i capelli davanti gli occhi, per vedere il meno possibile, tanto da desiderare profondamente di essere invisibile, non volevo essere vista, tutte le volte che venivo giudicata perché ero una ragazza povera, che vestiva con abiti usati, che non era alla moda, e che quindi ero come disgustosa per gli altri, che mi usavano per sentirsi superiori, tutte le volte che ero l’unica della classe a non essere invitata ai compleanni e alle feste, quando provavano a picchiarmi per strada, quando mi seguivano mentre camminavo per mandarmi insulti, quando mi rubavano le mie cose, mi bucavano le ruote della mia bici, quando per un padre era talmente disgustosa l’idea che il proprio figlio potesse avere una relazione con me, da diffamarmi per tutto il paese e picchiare il figlio a bastonate, quando ero l’oggetto dell’azione quotidiana di qualche buon samaritano che provava pietà verso di me, che mi cercavano non perché stessero bene con me, ma solo perché gli facevo pena, quando gli aiuti degli altri anche economiche come le maestre che facevano la colletta per pagarmi la gita di fine anno, diventava automaticamente l’invida degli altri compagni di classe che mi odiavano pensando che io fingessi la mia situazione economica, tanto che credevo che non ad ogni cosa buona dovevo aspettarmi poi qualcosa di negativo che appariva subito dopo;  tutte le “amiche” che poi mi hanno tradito, tutti coloro che mi cercavano e usavano quando non avevano nessuno con cui stare, ma se avevano altri si dimenticavano di me, chi mi usava solo per avere un aiuto a scuola chiamandomi tutti i giorni a studiare a casa sua quando dovevano alzare i voti, per poi per il resto non esistevo più, le persone che hanno preferito allontanarsi da me perché poi sarebbero state prese di mira anche loro, ecc….

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Tutto questo aveva creato già fin da piccolissima tanti frammenti affilati di speranze frantumante, che ormai erano ben conficcate nella mia carne, nella mia mente, questo isolamento forzato dalla società, tanto che chiedevo a papà se secondo lui se smettevo di uscire di casa e non farmi più vedere la gente la smetteva di parlare male di me, e lui diceva sempre che dovevo imparare a non dare  peso alle parole degli altri, “perché qualunque cosa farai avranno sempre qualcosa da dire”, tanto da farmi desiderare di voler essere invisibile, che la mia esistenza era inutile, che forse non sarei dovuta nascere, che c’era qualcosa che non andava in me, che era meglio che stavo da sola, chiusa nella mia camera, desideravo addormentarmi e non svegliarmi più, odiavo me stessa e la mia vita e quindi che senso ha continuare a vivere? Ovunque vado è sempre così, io non cambio, non miglioro, se il mondo non mi accetta perché devo esser qui, sono solo un peso per gli altri, per la mia famiglia che già in difficoltà economica deve pure spendere soldi per me che ancora non posso lavorare, se io non fossi nata loro starebbero meglio, sarebbero più felici, io non dovevo esistere.

I frammenti di vetro delle esperienze negative entravano creando pensieri sempre più negativi dentro di me, e il dolore diventava sempre più grande tanto avevo perso il desiderio di volare, non volevo più vedere il mondo fuori, andava bene rimanere lì nella mia gabbia, ferma in attesa della mia fine.

Iniziai ad odiare molte cose, tra cui la luce del sole, volevo stare sempre e solo al buio, iniziai ad ascoltare musica sempre più depressiva, che fosse in sintonia con i miei sentimenti, iniziavo a pensare a come poter portare fine alla mia vita, tra tutte le forme di suicidio credevo che quello di buttarmi giù sarebbe stato più semplice, e quindi ad ogni occasione in cui ero in posti alti, mi sporgevo con tutto il busto, mi sedevo sul ciglio con i piedi a penzoloni, sui davanzali di case, non era per me difficile, non avevo paura delle altezze, a dire il vero da quando ero molto piccola lo facevo, che salivo sui muretti e mi mettevo a filo nel bordo, in particolare nella case in costruzioni mi arrampicavo e stavo lì, non avevo paura delle altezze, era perfetto per me, non avevo paura di sporgermi, di stare ad un passo dal vuoto, l’avevo anche sognato così tante volte di buttarmi giù. Avendo internet iniziai a seguire delle “passioni” tra cui gli anime, iniziai a vedermi quelli più psichedelici possibili, non so il perché ero profondamente attratta dallo splatter, forse anche dal fatto che fin da piccola vedevo cartoni con i miei fratelli come Ghost in the Shell, e giocavo con loro a giochi horror, più le serie e i cartoni erano splatter e psichedelici, dove c’erano ad esempio studenti pazzi che uccidevano a destra e manca e vedevi sangue ovunque e più io li guardavo, passavo nottate intere, dormivo pochissimo di notte e tanto di pomeriggio, andavo a scuola dopo aver passato le notti in bianco che sia a giocare o a guardare qualcosa, non c’era più giorno o notte, ero diventata super disordinata, non mi prendevo più cura di me stessa della mia stanza, certe volte riempivo talmente tanto il letto di cose tra libri e vestiti che poi dormivo raggomitolata male in un angolo. Ero diventata profondamente apatica, vivevo solo nelle storie che immaginavo o nei libri che leggevo, e poi quando tornavo nella realtà dopo aver letto quelle bellissime avventure, era ancora più duro vedere le mura della mia camera

Iniziai a volermi far male fisicamente, ma per mia fortuna ho un profondo blocco, non riesco a fare male fisico come tagli, punture ecc… né agli altri né a me stessa, perciò per quanto prendevo in mano le lamette di mio padre, alla fine non riuscivo a conficcarle nella mia carne, allora iniziavo con qualcosa di semplice, provavo a bucarmi le dita con un ago, e per me era la cosa più difficile avevo un blocco talmente forte che riuscirci era davvero raro. Sono sempre stata presa in giro da mia madre per questa cosa, che non ho problemi se gli altri fanno cose a me, non ho paura degli aghi, ho donato anche il sangue tranquillamente e non è un ago piccolo, ma se io dovessi pungere il dito a qualcuno, come mia zia che mi chiedeva di farglielo per aiutarla con le analisi del diabete, per me era una tortura, non ci riuscivo, totalmente bloccata. Allo stesso tempo avevo anche un forte blocco non so da chi mi è stato inserito sulle droghe e tutto ciò che crea dipendenza, in particolare azzardo e fumo.

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Fin da piccola parlo delle elementari avevo la convinzione che io per come ero fatta proprio fisicamente, direi geneticamente, ero una persona facile a cadere nelle dipendenze e che assolutamente non dovevo nemmeno iniziare qualunque cosa che ne creasse, pertanto non riuscivo mai a giocare nemmeno a tombola se c’erano dei soldi in mezzo, ero totalmente bloccata dicevo no assoluto, ugualmente per le sigarette e le canne e ogni forma di droga, per cui non mi sono mai avvicinata grazie a questa convinzione/blocco, per cui non avevo nemmeno le risorse economiche per approcciarmi alle droghe, anche se i miei compagni di classe ne facevano abuso, un mio compagno di classe che c’è morto con le droghe pesanti in terza superiore, fatto di stupefacenti ha preso una via al buio con il motorino contro mano ed è stato investito, poi ai tempi si parlava molto delle droghe, erano usciti molti film che trattavano l’argomento e a scuola era un tema molto sensibile, quindi tutti ne eravamo consapevoli, anche se la cannabis veniva vista come una cosa leggera, fuori dal quel mondo, quando invece è pericolosa quanto le altre e presto voglio raccontarvi anche il perché.

Allora visto che non riuscivo a farmi del male fisico, non era mia intenzione drogarmi da cui ne stavo totalmente fuori, l’unica soluzione che trovai era visualizzare ed immaginare in modo vivido cosa accade se mi taglio il braccio, oppure come sarebbe il mondo senza di me, se io non fossi mai esistita. Ci passavo le ore e poi i giorni a fare queste visualizzazioni per abituarmi all’idea del sangue, del dolore, della mia assenza, della mia morte. Le visualizzazioni erano talmente vivide che pensavo che davvero stessi morendo. Mi sdraiavo sul letto, chiudevo gli occhi, stendevo il mio braccio e immaginavo che facevo un taglio orizzontale, profondo, vedevo come inizialmente partisse il taglio e poi sbucasse il sangue e con lui il dolore, il forte bruciore, ma quel dolore non mi dava fastidio, solo inizialmente, alla fine era poco rispetto a quello che avevo dentro, il sangue iniziava scorrere con quel suo colore rosso scuro, continuava, il letto si riempiva di rosso, e io iniziavo a sentirmi debole, come se non avessi più le forze, mi sentivo sempre più debole e come assonnata non riuscivo più a tenere gli occhi aperti, li chiudevo e iniziavo a vedere nero, sempre più profondo e profondo finché la mia coscienza svaniva del tutto e poi aprivo gli occhi di botto, ritrovandomi ancora viva in stanza. Pensavo che mi facesse bene perché tutte le volte che lo facevo mi toglieva la voglia del suicidio dopo, mi chiedo quali effetti abbiano veramente avuto nella mia vita e nella mia mente, ma io pensavo che facesse bene farlo e lo consigliavo anche nel web, per soddisfare la voglia di suicidio di tutti quelle persone con cui mi scrivevo che ne avessero le intenzioni.

Tutto questo accadeva contornato da crisi emotivi e pianti serali, e questo profondo vuoto che cresceva nel mio petto, mi sentivo questa pugnalata al cuore perenne che non mi lasciava mai.

Quando anni dopo lessi del gioco che porta al suicidio della Balena Blu, rimasi scioccata di come quella routine che seguivo, che mi ero creata “da sola” era molto simile alla lista di cose che bisognava seguire per accettare e raggiungere il suicidio.

Per mia fortuna io scelsi nella disperazione del momento, di darmi un’ultima possibilità, decisi di andare via di casa.

Mi cercai un lavoro mentre studiavo per mettermi dei soldi da parte, e iniziai a capire come poter fare e dove andare; con la possibilità dell’università volli provare ad andare via di casa e a vivere in un ambiente nuovo, in cui me la sarei dovuta cavare da sola, senza il sostegno dei miei genitori, sia perché loro non avevano modo di aiutarmi, e sia perché volevo diventare indipendente.

Ero talmente disperata che se ci penso, partire così senza avere nulla, andando a casa di persone sconosciute, io che non avevo mai lasciato il paesino dove vivevo, in un’epoca dove non esisteva lo smartphone ma si girava ancora con la cartina cartacea in mano, fu davvero assurdo. Avevo forti speranze che ce l’avrei fatta, ne ero certa che me la sarei cavata. Questa fu la scelta migliore che potessi fare nella mia vita, ora chi mi conosce sa che quando dico che se a 18 anni non me ne andavo di casa io ci sarei morta lì, è perché mi sarei portata alla morte da sola.

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Nonostante ho già scritto così tanto, ci sono ancora diversi episodi che desidero raccontare, cercherò di essere più essenziale, ma penso che tutto quello che ho scritto sopra sia stato doveroso e necessario per comprendere da dove partivo.

Dopo che sono andata via di casa, per diversi anni l’ambiente nuovo, le nuove conoscenze ed esperienze, insieme la costante ricerca di sopravvivere con quel poco che avevo, sono state le mie priorità, ero tornata ad essere positiva, mi sentivo libera, avevo creato delle amicizie solide, e soprattutto piano piano mi sono accorta che iniziavo a camminare a testa alta e non china come facevo prima e che quel vuoto nel cuore era scomparso.

Eppure questo momento complesso ma felice e ricco della mia vita non durò a lungo.

Per una serie di motivi dovetti improvvisamente cambiare casa, le persone che erano mie amiche ai tempi alcune si trasferirono, altre andarono ad abitare lontano potendoci vedere di rado, quindi mi ritrovai in una nuova casa, con nuovi coinquilini lontano da chi mi conosceva già. In questa casa alcune persone fumavano le canne peggio delle sigarette, era una togli e una metti naturalmente dentro casa, quindi quei fumi li respiravo pure io.

Non mi trovavo male con i miei coinquilini, anzi per quel periodo li ho considerati miei amici, l’ambiente era molto giovanile ma anche un luogo dove alcool e fumo di sigarette e canne era ovunque, iniziai ad avere delle problematiche che prima non c’erano, come prima la capacità di memorizzare concetti e parole, la mia memoria in generale iniziò a diminuire drasticamente creandomi difficoltà a memorizzare i concetti che studiavo, iniziai ad avere ancora più distrazioni del solito, non era solo l’uscire con gli amici, perché studiavamo tutti tantissimo anche tutta la notte insieme, il mio umore iniziò ad essere ancora più instabile di quanto fosse, passavo dal studiare come una matta a perdere tempo a guardare serie tv, anime qualsiasi cosa, pur di perdere tempo, iniziando a rivedere la me apatica di quanto era adolescente. La situazione con gli esami iniziò a peggiorare, iniziai a sentire quel forte vuote dentro di me che si creava, ripresero i forti pensieri negativi, quelle crisi emotive in cui avevo tante voci che mi parlavano contemporaneamente e mi creano queste forti emozioni che quasi mi possedevano di cui non avevo minimamente il controllo.

In quel periodo tornai ad avere di nuovo quelle esperienze paranormali che negli ultimi anni si erano acquietate, per quanto ero da sola in camera sentivo sempre come se ci fosse qualcosa, ripresi a soffrire di paralisi notturne (non l’ho raccontato qui perché desidero raccontarlo in un altro articolo), di sogni dove una forza invisibile mi portava via, iniziai ad avere paura del buio come quando ero bambina, stavo quasi per iniziare ad esagerare con gli alcolici, ma il mio corpo non reggeva più tutto questo, e iniziai a soffrire di una forte gastrite che mi impediva di assumere qualunque forma di alcolico se no avevo forti bruciori allo stomaco. Le date in cui dovevo fare gli esami passavano, mi iscrivevo, andavo lì e poi me ne andavo, e ancora e ancora, la fiducia in me stessa era arrivata a terra, vedevo come anche se ero andata via di casa non stavo raggiungendo nulla, era inutile, io ero inutile, iniziai a passare sempre più tempo da sola in camera con la scusa di studiare, ma invece stavo solo male, ripresi ad avere i miei attacchi di pianti, ripresi ad odiare me stessa, avevo perso tutte le agevolazioni economiche che con fatica negli anni prima mi ero meritata grazie allo studio, avevano ragione quelle voci nella mia testa, io non sarei mai cambiata, non sarei mai migliorata, non avrei mai raggiunto nulla nella mia vita, perché allora continuare a vivere? Ricaddi di nuovo a pensare al suicidio come unica soluzione, perché continuare a soffrire, perché scegliere di faticare quando tanto è inutile, non cambierai mai, non migliorerai mai, il problema è tuo, tu sei il tuo stesso problema che non potrà mai essere risolto. Ricordo che ero un continuo pensare negativo di me stessa, iniziai a non aver più cura di me, ad avvicinarmi nuovamente alle altezze, a camminare per strada senza guardare se il semaforo fosse verde o rosso o se c’erano macchine che passavano, nella speranza che qualcuno mi prendesse in pieno e mi facesse smettere tutto quello che stavo provando, che non riuscivo a controllare, che mi stava divorando da dentro.

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Però ci fu una presenza che in quel periodo per diversi giorni mi stette dietro, fin ora non avevo inserito o quasi il paranormale, ma qui per forza devo metterlo anche per ringraziare quella presenza che mi ha protetto e guidato in quel momento in cui non avevo più il controllo di me stessa e avevo ancora una volta perso le speranze. Quando attraversavo la strada, il semaforo diventava immediatamente verde per i pedoni o persino nelle strade più trafficate della città, non c’era una macchina che passava, in più questa presenza che io chiamavo il mio angelo custode mi bloccava i pensieri negativi sul nascere, non so come spiegarlo ma è qualcosa che ho vissuto alcune volte, quando ho ricevuto aiuto. In quel periodo non ero per niente in controllo di me stessa, ero pienamente sotto droghe senza volerlo a causa dei coinquilini che fumavano canne in casa e che io respiravo, in più bevevo molti super alcolici, agli occhi degli altri era tutto normale anzi nemmeno esagerato, ma ormai ne ho quasi le certezze per come sono fatta io anche poco mi fa molto male, mi destabilizza.

In quel periodo in cui senza saperlo mi stavo distruggendo, questa presenza positiva sentivo a sensazione che lei desiderava che io smettessi di pensare negativo di me, che smettessi di volermi fare del male, ma non lo faceva avvolgendomi in una luce gialla e luminosa facendomi sentire in una finta pace, ma con i fatti.

Quello che percepivo osservandomi era come se i miei pensieri prima di esser ciò che conosciamo, parole dette nella nostra mente, erano prima un comando un intento, che da qualche parte dentro di noi stimolava il cervello a dire determinate parole, cioè pensieri.

Io sentivo come se questa presenza riuscisse a distruggere quel l’imput per pensare negativo che si muoveva nella mia testa, distruggendo il pensiero negativo prima che nascesse. Non so se sono riuscita a descriverlo bene, ma per diversi giorni e notti, lei mi bloccava solo i pensieri negativi, gli altri li riuscivo ad avere, soprattutto i pensieri negativi verso di me.

Ricordo che quasi mi arrabbiai verso di lei, volevo che mi lasciasse andare via, non ce la facevo più a vivere così.

Il culmine arrivò un pomeriggio nella mia stanza, dove i miei pensieri mi incitavano a prendere il grosso coltello da cucina che tenevo in camera, in un cassetto, essendo che in cucina non c’era spazio per tutto.

Ricordo che piangevo, andavo avanti indietro per la stanza, mentre i miei pensieri erano pieni di negatività verso di me e le mie emozioni erano come un onda enorme che ti travolge e ti impedisce di comprendere veramente cosa stava accadendo, quel giorno stavo cedendo del tutto, avevo in mano quel coltello, nella mia mente avevo immaginato mille volte la scena in cui accoltellavo, per prendere coraggio nel farlo, ne avevo appoggiato la punta sull’addome diverse volte, ma quella volta era come se avessi smesso di averne paura, me l’ero puntata allo stomaco quando squillò il telefono, mi giro di botto e lo guardo vedendo che era mia madre, forse l’unica volta in cui ha azzeccato il momento in cui chiamarmi. Ricordo che fu come se mi fossi svegliata da uno stato di ipnosi, mi resi conto di quello che stavo per fare, misi via il coltello scoppiando a piangere, come in passato l’affetto per la mia famiglia e il pensiero di quanto li avrei fatti soffrire era una di quelle cose che mi faceva ritrovare la riva.

Quindi da quel momento smisi di fare queste azioni, e sopportai e sopportai tutto quello che accadde dopo, dovetti lasciare la casa dove stavo, andare in una nuova abitazione, ero senza soldi, avevo perso ogni agevolazione, la tesi andava male, sembrava impossibile che ne potessi uscire, pensavo di lasciare l’università, forse quello che stavo seguendo non era ciò che volevo, avevo litigato con un professore con cui no avevo ancora svolto l’esame, e la cosa ancora più curiosa erano le persone attorno a me amici e non che mi dicevano proprio a parole che ero una fallita che lo sapevano che io non ce l’avrei mai fatta, soprattutto quando condividevo il pensiero di voler lasciare l’università, tutti erano contro di me, ma non si approcciavano a me con tranquillità cercando di capire insieme il problema, mi sputavano a dosso veleno gratuitamente, tanto che non le riconoscevo più. Quell’anno a Capodanno ricordo che cercai Dio, e gli promisi che se non fosse accaduto qualcosa di positivo nella mia vita, questa volta mi sarei davvero uccisa.

In quel nuovo anno trovai l’Accademia di Coscienza Dimensionale.

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A.C.D. era tutto quello che veramente stavo cercando, ricordo che quando inizia a leggere i documenti ero senza parole, perché mi stava donando gratuitamente non solo le informazioni, ma proprio le tecniche di Pratica Psichica. Vorrei spiegare meglio la straordinarietà dell’Accademia per far comprendere cosa significa trovare una vera scuola di Arte Psichiche, che ti dà vere tecniche pratiche in modo del tutto Gratuito!

Per anni, soprattutto dopo che ero andava via di casa avevo cercato qualcosa che desse una risposta alle esperienze che avevo vissuto, che mi aiutasse a migliorare me stessa. Quello che trovavo in giro erano solo belle parole che morivano lì, ad esempio dicevano devi pensare positivo, oppure tu non sei nata con il dono, solo coloro che nascono con dei doni possono vedere le entità e allontanarle, avere sogni premonitori, vedere le auree ecc… devi trovare qualcuno che ti aiuti e naturalmente pagare. La tua soluzione è la meditazione, ma se la vuoi apprendere devi sborsare minimo 1.000 euro, che naturalmente non avevo, o in caso trovavo qualcuno che magari ti poteva insegnare qualcosa a 100 euro, quello era il prezzo del solo primo livello eh, perché il resto dei livelli bisogna sudarseli in banconote.

Se trovavo qualcuno, quella persona guarda caso scompariva nel nulla, cambiava immediatamente città, per mia fortuna perché immagino fosse una profonda fregatura. E così leggevo, cercavo, ma non trovavo mai nessuno, solo esaltati, vecchi che si consideravano “maestri” che cercavano di adescare ragazze giovani, persone che mi iniziavano a mischiare la spiritualità con la sessualità, parlando di coppie super aperte, in cui se vuoi essere spirituale devi essere una persona che cambia sempre partener, devi essere per forza lesbica se sei donna o gay se sei uomo, perché il “vero amore” o la spiritualità si prova solo con il proprio sesso… minchiate di questo tipo in pratica, sapevo che la spiritualità era la strada, ma quale spiritualità, esisteva qualcosa di vero? Se non erano maniaci sessuali era gente che ti voleva spennare vivo, usando parole e discorsi complicati per sembrare che dicessero cose importanti, ma poi era tutto fumo e niente arrosto.

L’Accademia di Coscienza Dimensionale è un vero miracolo è un grande dono che la sua fondatrice Angel Jeanne ci ha dato, perché ha permesso a tante persone, qualunque sia la propria origine ed età di poter apprendere qualcosa che non è solo parole, ma vera Pratica Psichica, qualcosa che davvero fin dalle prime pagine sa cambiarti e migliorarti la vita.

È così è stato, quando ho iniziato a leggere i documenti sentivo profondamente dentro di me che era tutto reale, è fu meraviglioso trovare qualcosa che insegnasse gratuitamente la meditazione, con persone che rispondevano alle tue domande lungo il tuo percorso, come attraverso i Tutor e poi la stessa Angel Jeanne nelle lezioni, un vero e proprio percorso che ti accompagna.

Inoltre finalmente leggevo qualcosa scritto in modo semplice, che riuscisse con parole davvero alla portata di tutti a spiegare in modo chiaro ogni tipo di concetto e discorso, rendendomi la persona più felice del mondo. Angel non era “devi per forza credermi, è così perché te lo dico io che sono il Santone di Turno!”, no lei è “fai esperienza e vedi con tutti i tuoi sensi se quello che stai leggendo è vero o no”, e praticando ho avuto solo conferme di tutto.

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Ricordo che quando ho iniziato a meditare dopo ogni meditazione mi sentivo benissimo, ero felicissima e piena di energia, tanto che mi chiedevo perché la gente si drogasse, quando esiste la meditazione di Angel Jeanne che ti fa sentire bene senza danneggiare il tuo corpo, anzi guarendolo, perché fin dall’inizio ho iniziato a stare meglio anche fisicamente, la gastrite era passata, i mal di testa diminuiti, la debolezza fisica quasi da svenimento finita, persino la congiuntivite allergica scomparsa nel nulla, solo con la meditazione. E quindi era la mia ricarica giornaliera, avevo ripreso a studiare, e quando sentivo che arrivava l’ansia meditavo riprendendo la calma e la forza di andare avanti, e così ho finito tutti gli esami.

Al momento della consegna della tesi, nonostante il professore era un continuo rimandare indietro la mia tesi e dire che non andava bene, facendomi sedute su sedute e costringendomi ad andare ancora più fuori corso, un giorno ricordo bene, prima di Natale, all’ennesimo rifiuto senza indicarmi minimamente cosa dovevo correggere, lasciai tutto da parte, e segui la pratica di gruppo chiamata E.L. che Angel Jeanne insegna in Accademia.

Questa è una tecnica davvero incredibile e molto importante, che serve in poche parole per portare energia positiva sul pianeta, decisi che basta, avrei usato il mio tempo per fare del bene, per allontanare la negatività da questo pianeta, e proprio lì dove alla fine avevo deciso di usare le mie energie e tempo per praticare per il bene di tutti, quando finii la pratica, mi venne in mente un idea, scrissi un email al presidente di facoltà spiegando la situazione in cui mi ritrovavo con il mio professore che era un continuo rimandare senza indicarmi dove migliorare la mia tesi ecc.. senza che vado nel dettaglio, da quel gesto tutto cambiò, il mio professore divenne più accomodante insieme al ricercatore che doveva seguirmi e in poche settimane riuscii a presentare la mia tesi e quindi successivamente a laurearmi, sbloccandomi da quel loop che mi stava portando alla depressione totale, solo grazie agli insegnamenti di Angel Jeanne, alla pratica appresa con l’Accademia di Coscienza Dimensionale!

Quando hai gli strumenti per modificare la tua realtà, tutto diventa davvero possibile!

Nonostante sarei felicissima di concludere questo articolo qui, desidero scrivere qualcosa che avrei preferito tenermi per me ancor di più di quello che ho già raccontato, ma penso che al di là dei miei pensieri sia giusto condividerlo con gli altri, nella speranza che possa essere di utilità al prossimo.

Nel tempo ci sono stati tanti eventi, tanti alti e bassi, e la prana è stata sempre la compagna più leale che abbia mai conosciuto, tutte le volte che cadevo giù la pratica era la mia ancora che mi salvava, e in moltissime occasioni lo era la stessa Maestra Psichica Angel Jeanne, che era l’unica, anche senza che io dicessi nulla a nessuno, a scrivermi, a starmi accanto e a praticare direttamente per aiutarmi, mi ha salvato letteralmente la vita talmente tante volte, anche in casi che nemmeno ho mai saputo, proteggendo me, come ogni altro suo studente giorno dopo giorno, da oscurità che possiamo iniziare a comprendere solo se leggiamo i suoi libri che consiglio vivamente anche per comprendere in modo più profondo perché ci accadono determinate cose.

Nonostante tutto, il mio percorso andava avanti, avevo le mie esperienze e apprendevo nuove tecniche, ma lentamente si creava sempre di più una sorta direi di trappola attorno a me, la cui morsa si è conclusa quando all’improvviso per svariati motivazioni dovetti cambiare nuovamente casa di corsa, prendendo una stanza in affitto in un appartamento condiviso con altri.

Quando andai a vedere l’appartamento le mie nuove coinquiline non erano presenti, c’erano tante cose che non andavano in quel posto, ma la sorpresa maggiore fu quando una sera tornata da lavoro entrai in casa e trovai l’appartamento pieno di fumo, scioccata mi avvicinai in cucina vedendo le mie coinquiline che stavano fumando felicemente delle canne, nel pieno del loro delirio.

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In quel momento compresi pienamente in che trappola ero andata a finire, perché sapevo grazie agli insegnamenti di Angel Jeanne gli effetti negativi della Cannabis, inizia a discutere con loro chiedendo di non fumare in casa visto che anche l’odore per me è disgustoso, ma naturalmente non avevano un minimo di rispetto nei miei confronti, la notte mi svegliavo con quella puzza in casa, ricordo le litigate che feci con loro. Ancora una volta mi avevano portata ad assumere la cannabis contro voglia attraverso i coinquilini, per farmi del male, non potevo cambiare nuovamente casa perché non avevo più soldi, ma questa volta non ero totalmente da sola avevo la pratica che usai contro di loro.

Una coinquilina riuscii ad allontanarla, per mesi e mesi non si fece più vedere, l’altra invece era una cosa assurda, era un continuo succedergli cose che la tenevano lontano per un paio di settimane, e poi tornare e diventare sempre più pesante. Calcolate che ebbe anche la scabbia oltre a tante altre cose che non vi racconterò, ma tornava sempre in quella casa. Era una situazione abbastanza pesante per me, mi ritrovavo che loro uscivano e facevano poi dormire sconosciuti in casa che avevano incontrato ubriache, tanto che dovevo dormire con la porta della camera chiusa a chiave e chiuderla a chiave quando uscivo per paura che mi derubassero, ma il problema non era tanto la vita che vivevo lì, ma l’effetto che quella roba disgustosa stava facendo su di. Per prima cosa mi ha riportato ad una forte instabilità emotiva e depressione, inizia ad averti profondi pensieri negativi, stavo male non era semplice tristezza, era proprio quando non riesci a smettere di piangere per qualcosa che ti fa male, come se con le lacrime vorresti buttar fuori tutta quella negatività che hai dentro, come quando perdi una persona cara e ti fa male, ma non ci riesci, non va via. Oltre alle mie coinquiline e al fatto che indirettamente assumevo pure io quello schifo della cannabis, si era creata una strana situazione di totale isolamento. Da un lato a causa di miei azioni manipolate, dall’altro lato a causa di cose che altri hanno detto di me, forviando le mie parole e dicendole a modo loro in modo negativo, e dall’altra lato altre persone che si era totalmente dimenticate di me, non scherzo, ma dopo quel periodo più di una mia amica mi ha proprio detto, sai che ad un certo punto dal nulla mi sei venuta in mente e ho pensato, io ho la mia famiglia qui accanto a me, ma tu non hai nessuno, e nemmeno io che sono tua amica ti ho più cercato, non ti ho più chiesto nemmeno come stai, come se mi fossi dimenticata di te.

Non è stata una cosa forzata, ma è stata come se prima a causa degli impegni e della distanza non riuscivamo più a vederci, poi a sentirci ed in fine silenzio.

In quel periodo i miei pensieri erano diventati molto pesanti, sentivo questa solitudine profonda, mi sentivo sola, come se davvero nella mia vita non importassi a nessuno, pensavo “chi sa se mi accade qualcosa, in quanti se ne accorgerebbero”, prendevo in mano il e mi accorgevo di non avere nessuno a cui scrivere. Era un continuo di problemi in famiglia, o economici, dovevo cavarmela come sempre tutto da sola, facevo anche due lavori per mantenermi, mentre i soldi andavano via a causa anche delle tasse assurdi di quella casa. Inoltre avevo la sensazione che tutti mi vedessero in modo negativo, che spesso parlassero male di me alle mie spalle, ero molto nervosa e facilmente irritabile, avevo la sensazione di aver commesso qualcosa di negativo verso alcune persone di cui non sapevo nemmeno cosa, ma che aveva portato quelle stesse persone a decidere di allontanarsi da me, tanto da non cercarmi più, mi entravano pensieri negativi sugli altri che scacciavo pensando “io non sono questa, io non voglio avere questi pensieri su tizio o su caio”, avevo ossessioni su ossessioni, che odiavo avere, e che poi aumentavano i miei sensi di colpa, tanto che alla fine ero io stessa poi a decidere di allontanarmi dagli altri e di tagliare ogni possibile rapporto, perché ero troppo instabile, non volevo fare del male a nessuno, non volevo portare nessuna negatività agli altri, non volevo essere un peso per gli altri, questa cosa mi faceva male e pensavo che alla fine era sempre e solo colpa mia, che ero semplicemente una persona debole, che alla fine mi meritavo di stare da sola. Mi chiedevo che senso ha vivere così, perché continuare ad esistere?

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Iniziai spesso a stare anche male fisicamente, avevo una profonda debolezza fisica che mi impediva certe volte di alzarmi dal letto, pensavo fosse legato al ciclo, passavo il mio tempo libero dal lavoro da sola in camera, quella stanza come quando ero adolescente era di nuovo la mia prigione, quel senso di essere una prigione che ho provato spesso per le case o le mie camere, ricordo che in quel periodo il senso di solitudine era davvero attanagliante, ed era tornato assiduo il pensiero di farla finita, perché non vedevo più un futuro, io non ero in grado di cambiare. Praticavo contro le miei coinquiline, praticavo sulle singole situazioni, ma facevo un grosso errore, non praticavo su chi c’era dietro e mi aveva creato tutto questo. Sta di fatto che ad un certo punto, mentre ero da sola nel mio secondo lavoro, tutti erano andati via, ci sarebbe stato il weekend e quindi nessuno sarebbe tornato il giorno dopo. In quella situazione perfetta, mentre feci un passo avanti cadde un istante dopo dietro di me un oggetto che stava sullo scaffale al mio fianco, un oggetto talmente grosso e pesante che ruppe pure la mattonella, e cadde proprio nel punto io cui io ero presente l’attimo prima. Rabbrividii perché poteva benissimo colpirmi e farmi molto male, e soprattutto era da sola, come ha fatto a cadere, ho pensavo fosse stata l’aria condizionata, ma perché proprio ora? Ed era l’aria condizionata in grado di spostare un oggetto così pesante tanto da rompere da un’altezza di poco più di due metri, un intera mattonella? Se quell’oggetto mi fosse caduto in testa, mi sarei fatta molto male, se fossi sopravvissuta al colpo mi avrebbero trovata dopo molti giorni, era un incidente fatale, avevo davvero rischiato la vita.

So solo che quando tornai a casa stordita dopo quell’evento, aprendo la porta della stanza, sentivo che c’era qualcosa di strano, camminando al buio in stanza, il mio piede calpestò qualcosa di duro, mi chinai a prenderlo e tra le mani stupita avevo la piccola statua della Grande Dea Sekhmet, la cui base però all’altezza dei piedi non c’era più, era spezzata.

All’inizio non capii, la porta era chiusa a chiave, la finestra chiusa con le serrande chiuse, come era potuta cadere e finire così lontano fino a spezzarsi alla base? La prima reazione fu di paura, non capii subito cosa era successo, ho pensato che fosse successo qualcosa, che qualcuno forse era entrato ma non mancava nulla in stanza, la base poi non riuscivo a trovarla nonostante la cercassi ovunque, ho pensato anche che forse la Dea Sekhmet era arrabbiata con me per qualche motivo. E solo dopo aver parlato con Angel, lei stessa mi confermò che invece mi aveva protetta e quella era un segno per farmi capire che era stata lei. Rimasi stupita, perché una divinità di millenni e millenni prima aveva praticato per proteggere me, una sconosciuta di millenni dopo, sentii una grande gratitudine verso di lei, ricordo che presi quella statuetta e piansi a lungo, sentivo che la mia vita non era più solo mia, ma apparteneva anche a lei e a tutti coloro che mi avevano aiutata e salvato, che avevano usato le loro energie e il loro tempo per me. Se una Divinità così importante mi aveva salvato la vita, chi ero io per solo pensare di togliermela, mi promisi a me stessa che da quel momento avrei cacciato quel pensiero da me.

Iniziai a muovermi attivamente per cambiare casa, e solo quando l’ultimo giorno finii di pulire la camera, proprio quando stavo passando l’ultima passata di scopa prima di lasciarla, trovai finalmente la base della statuetta della Dea Sekhmet, in un punto che avevo pulito milioni di volte, in quel momento compresi che mi aveva aiutata anche a trovare una nuova casa e ad uscire dalla trappola dove mi trovavo. Avevo deciso di andare a vivere da sola e cambiai casa, guarda caso la trovai pochi mesi prima di quel famoso marzo, dove ci imprigionarono in casa a causa del famigerato Covid. Ancora una volta la Dea Sekhmet mi aveva salvata!

Passa il tempo e mi stupivo con me stessa come quei pensieri negativi che arrivano poi come sempre a pensare al suicidio, a farla finita, non li avevo più, non mi sfioravano più. Nel mentre accadeva tutto quello che Angel Jeanne racconta in modo approfondito, sotto ogni aspetto nel volume 6 del suo libro “Apatià – Prendiamo Coscienza degli ALIENI, imparando a riconoscerli – Vol. 6”.

Andiamo un po’ avanti nel tempo, dopo che finalmente ero tornata a lavoro, non c’era più il passaporto verde, inizia piano piano a formarsi “qualcosa” nella mia vita e soprattutto nella mia mente, e so non solo a me ma anche ad altre persone, così come Angel Jeanne lo descrivo nel volume 7 del libro “Apatià, Amnesia, Schizofrenia – Prendiamo Coscienza degli ALIENI, imparando a riconoscerli – Vol.7”.

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Da un po’ di tempo iniziavo a notare come prima cosa come la mia capacità di provare emozioni era diminuita drasticamente; prima, se c’era qualcuno che stava male partivo subito a praticare perché provavo quel sentimento di voler aiutare il prossimo, invece adesso so che è la cosa giusta da fare allora la faccio, ma dietro non ho nessuna sensazione, era come quando avevo sei anni, vivevo la giornata ma era tutto piatto a livello emotivo, sapevo per esperienza cosa era giusto e cosa no, ma a livello emotivo era tutto come se fossero state abbassate le emozione, come se con una manopola avessero portato a minimo le emozioni soprattutto quelle che mi facevano bene, quelle positive, che sono anche quelle che servono a farci smuovere il culo quando serve, come quando percepisci che c’è pericolo o che devi agire subito ora.  Di questa cosa me ne accorsi in particolare quando feci la tecnica guidata dell’E.L. dove Angel Jeanne ci spinge ad usare anche le nostre emozioni e sentimenti, e notavo come non riuscivo a provarle, erano come appiattite, molto basse, rispetto a cosa invece provavo in passato facendo quella stessa identica tecnica guidata. I primi tempi pensavo che fosse a causa di quello che avevo vissuto e visto durante le manifestazioni, le forze del disordine e la loro cattiveria, la crudeltà delle persone verso chi non si voleva piegare, pensavo che tutto questo mi avesse come anestetizzata a livello emotivo.

Ma non era per niente quella la risposta esatta, ma solo un modo per accantonare il tutto, per non farmi vere domande e cercare risposte. A quel punto iniziarono ad entrare dei pensieri emotivamente tranquilli, ma effettivamente assurdi. Come se qualcuno ti sussurrasse di addormentarti con pacatezza, nella mia testa dal nulla entrò un pensiero di prendere un coltello, un bel coltello da cucina che uso per tagliare la carne quando è a pezzi troppo grossi. Era tanto assurdo quanto assillante, ricordo che rimasi stupita, non avevo un pensiero simile da tempo, da dopo che mi salvò la vita la Dea Sekhmet, tanto che arrabbiata presi quel coltello e me lo misi davanti quasi a sfidarmi e a dirmi, cosa vogliamo fare? A quel punto riscoppiò quella crisi emotiva, non so se riesco a descriverlo, ma era come se eravamo in due dentro di me, una parte di me seria e ferma che non aveva nessuna intenzione di cedere ad un pensiero arrivato dal nulla, e dopo questa onda di emozioni arrivata proprio dal nulla come per giustificare quel pensiero pacato e pacifico e strano iniziale e farmi credere che se l’ho pensato era perché stavo male. Come se qualcuno vuole giustificar quello che aveva fatto e dire, vedi stai male, hai questi pensieri perché hai dei problemi. Per fortuna c’erano i libri di Angel che mi aiutarono a capire cosa stesse accadendo.

Dalla pandemia in poi stavo vivendo diverse esperienze, che non andrò a descrivere nel dettaglio, sicuramente tutte andavano a colpirmi su tanti fronti, instabilità fisica, mentale e soprattutto mi portarono a diminuire profondamente la pratica e ad aumentare l’apatia e in particolare questa paralisi dell’azioni che ormai mi caratterizzava. Non posso dire che non ho mai praticato da allora, ma certamente ero instabile, per cui alcuni giorni praticavo e mi dedicavo a consegne o a precisi obbiettivi e poi ricadevo nella totale apatia da cui poi riuscivo ad uscire se non con fatica. Quello che notavo è che mi ero dimenticava di tutto, sembrava come se non avessi mai fatto nulla nella mia vita, ricordavo solo gli eventi negativi, che tornavano ossessivi nella mia mente, come se li volessi scrivere ma invece non li scrivevo mai, li pensavo e basta, inoltre ormai qualcuno aveva preso pieno potere delle mie emozioni. Un esempio furono gli attacchi di panico di cui iniziai a soffrire quando ci furono quelle strane piogge di terra metallica, ricordo che quando il cielo era pieno di quello schifo, per strada dal nulla mi venivano degli attacchi di panico come se non riuscissi a respirare, dal nulla, mi faceva strano perché ero l’unica per strada che si stava sentendo male, in un autobus pieno ero l’unica, so solo che da lì partirono ed iniziai ad averli prima di leggere i capitoli dei volumi dei libri di Angel Jeanne che stavo leggendo in quel periodo, credo fosse il volume 7 da poco pubblicato, non ero solita soffrire di attacchi di panico, quindi non sapevo bene come agire, dovevo lavorare per riprendere il respiro e calmarmi.

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Da lì iniziai ad avere emozioni negative dal nulla senza un vero motivo, come la tristezza, e mai però che ne provassi di positivi, di pace o felicità, ma al massimo ero solamente tranquilla, una tranquillità piatta, che ti fa sembrare tutto tranquillo, che ti dice va tutto bene.

Ma invece quando dovevo praticare ecco che partiva questo panico assurdo dal nulla, da lì poi la mia mente si riempii di pensieri incontrollati, iniziai ad avere problemi nel meditare, erano pieni di pensieri, problemi di concentrazione, la notte mi svegliavo di continuo, non dormivo più bene e a questo si unì l’iniziare a stare male fisicamente molto più spesso per quanto prima mi ammalavo raramente, per tutto il periodo della “pandemia” ero stata benissimo ora mi ammalavo in continuazione.

Meno praticavo e più mi svegliavo stanca e apatica, spesso mi sentivo come ubriaca senza aver bevuto, non ero presente con la mia mente, piano piano iniziai a sentire la forte difficoltà ad essere presente durante la giornata, sentivo come se con la testa fossi altrove, avevo sempre più problemi di memoria e di distrazione che rendevano complicato anche il mio lavoro.

Mi stavo perdendo, e non stavo facendo nulla di concreto per riprendermi, piccoli tentativi, mi davo coraggio e poi ricrollavo giù, come ero sempre stata, nella mia mente iniziava ad entrare un pensiero, che diceva pressappoco “non tutti ce la fanno, molti cadono, e tu sei una di questi, è inutile, sei debole non riesci a fare più di così”, questi pensieri non erano solo parole nella mia mente, ma legati da sensazioni quasi fisiche, come se qualcuno comandasse prima il mio corpo e dopo la mia mente ad accettare quel programma/pensiero per arrivare meglio alla mia coscienza, come un ipnosi.

Allo stesso tempo inizio un lungo periodo di isolamento, tutte le mie amiche che vedevo più spesso, con cui magari facevo sport, si trasferirono proprio in altre regioni, tutti coloro che avevo conosciuto nelle manifestazioni con cui avevo stretto un legame ripresero la loro vita, tranne alcune che invece si infilarono per bene, guarda caso solo loro, a lavoro si era introdotto lo smart working, da un lato positivo da un lato fu il primo oggetto del mio isolamento. Il mio capo faceva sempre in modo che io fossi l’unica ad avere il turno da sola in ufficio, stando i giorni a casa da sola davanti al pc, e quando andavo in ufficio stavo in una stanza da sola. Per giorni certe volte non parlavo dal vivo con nessuno, perché tutti poi mi contattavano via messaggi, via chat di messaggistica, facevano lunghe telefonate al telefono, dandomi la sensazione che non fossi isolata ma invece lo ero, perché non vedevo più nessuno fisicamente, ma invece stavo attaccata a quel cellulare che stava diventando il mio unico modo per comunicare con gli altri. Quando uscivo certe volte i suoni e la luce mi davano fastidio, guardare l’orizzonte mi disorientava dopo tutti quei giorni chiusa in una piccola stanza. Iniziavo a perdere la voglia di fare qualunque cosa, diminuendo drasticamente la pratica, ma quell’apatia non colpiva solo la pratica ma qualunque aspetto della mia vita. Tutte le possibilità di fare sport di frantumavano, se era con altre persone succedeva qualcosa per cui queste persone o io stessa avevamo impegni, in modo da non poterci vedere per fare sport insieme, se volevo fare io qualcosa da sola, era un continuo farmi male al piede, cadere e farmi male ad un dito del piede, avere un dolore persistente che però non era troppo grave da non farmi camminare se iniziavo a saltare o a muovermi ecco che si faceva sentire e non riuscivo a capire come farlo passare, o che l’istruttore che seguivo decideva di cambiare città. Quindi divenne una vita sedentaria ed isolata, dove l’unico mezzo di comunicazione con altri erano il cellulare, dove mi riempivano di video e di cose da vedere che poi mi facevano stare lì come incantata, mi fa molta impressione quanto mi ipnotizzi totalmente. Sapevo da dove arrivava quella strana tranquillità pacata e falsa del va tutto bene, che mi faceva perdere la voglia di fare qualunque cosa, sapevo anche che determinate cose mi facevano bene, per quanto sapevo su cosa dovevo praticare, o almeno iniziare a praticare, per quanto avevo le tecniche, interi libri su cui Angel Jeanne aveva scritto su questi argomenti, io mi sentivo totalmente paralizzata, come le mie gambe quando mi svegliavo in paralisi notturna, che non sentivo più e non si muovevano, mentre riuscivo a muovere il mio busto, come se non avessi davvero più le gambe e non riuscissi più ad alzarmi; era come se non avessi più la capacità di reagire, di provare un sentimento di reazione.

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L’apatia aveva preso piede totale nella mia vita, iniziavo a non prendermi cura più di me stessa, della mia casa, a non avere più interessi, ci furono periodi dove pure il cibo non aveva quasi sapore, il lavoro facevo il minimo indispensabile e si accumula, e vedendomi come stavo decadendo decisi io per per prima di allontanarmi da tutto e tutti, per paura di essere usata per fare del male agli atri, se dovevo cadere, dovevo farlo da sola. Quando mi guardavo attorno mi faceva schifo tutto quanto, avevo lo schifo di me stessa, mi chiedevo quanto ancora avrei resistito? Quanto potevo andare avanti così? È questa la vita che vuoi fare? Piano piano stavo perdendo la voglia stessa di vivere, sapevo che non c’era nessuno che poteva aiutarmi, perché alla fine ricadevo giù sempre, anche quando ricevo degli sprint o aiuti, alla fine andavo sempre giù a picco, oramai avevo perso totalmente le speranze su di me, mi sentivo stanca e non credevo che ce l’avrei potuta fare, sapevo che avrei potuto alzarmi un giorno, forse due o una settimana, ma poi tornavo indietro, nessuno poteva vivere la mia vita, dovevo essere io a reagire, dovevo imparare a camminare con le mie gambe, ma più andavo avanti e più ero delusa di me stessa, non mi importava più quello che succedeva la notte, non mi importava più cosa mangiavo, non mi importava più di nulla, non mi importava più di vivere.

Tornò di nuovo il pensiero fisso, questa volta io non lo allontanavo più come prima, voglio solo dire che ormai non ero più un praticante, non seguivo più i percorsi, e mi ero allontanata da tutti per mia scelta già da tempo, vedendo quanto ero manipolabile ero la perfetta antenna per poter far del male agli altri senza volerlo, mi era già capitato e quindi preferivo tenermi lontana. Iniziai a pensare che l’unica vera soluzione era la morte, ho iniziato a riflettere su quale scegliere, perché non volevo continuare così, una vita così vuota non aveva senso, sapevo che sarebbe andato tutto peggio, i problemi sarebbero aumentati, avevo anche profonda paura che potevo fare del male a qualcuno, c’erano stati degli episodi che attraverso le mie azioni con buoni intenti invece avevo sbagliato e creato problemi ad altri, ormai credevo di essere totalmente sbagliata, non sarei dovuta mai nascere, certe volte avevo una profonda confusione, non sapevo cosa dovevo fare mi sentivo impazzire, le giornate passavano e mi facevo sempre più schifo, ingabbiata sempre sullo stesso posto, se uscivo sentivo tutto vuoto e questa debolezza fisica e mentale era perenne data anche dal fatto che non prendevo più energia con la meditazione.

Il pensiero era sempre più costante, uno dei più eclatanti è stato quando davvero mi sentivo impazzire, avevo due voci in testa che non erano proprio voci ma come sensazioni, una era quella calma e tranquilla di riprendere quel coltello e l’altra più violenza di farmi male fisico, mi sentivo tornare adolescente, più passava il tempo e più tornavo a quella persona che ero prima dell’Accademia.

Quel giorno presi il coltello e me lo puntai in gola, era sempre quel bel coltellaccio, lo misi sull’arteria carotidea, sentivo nettamente la lama sulla mia pelle, sapevo benissimo che in quel punto bastava così poco, premere un pochino e poi tirare via e il gioco era fatto, rimasi così a lungo, ma rispetto ad altre volte che era in preda al pianto, questa volta era il silenzio totale, mi sembrava come se in tanti mi stessero ascoltando e si fossero zittiti ad osservare la scena, come se avessi appena fatto qualcosa che non si aspettavano.

Mi fece impressione, perché non provai paura, non provavo nulla, ma solo un profondo freddo fisico, tanto che dopo dovetti coprirmi. Alla fine, poggiai il coltello e lo lasciai lì vicino a me per tutto il tempo e ripresi a lavorare al pc, si perché certe volte questi momenti li avevo anche mentre lavoravo, non c’era orario o momento.

Rispetto al passato non pensavo più alla mia famiglia non pensavo più a chi avrei lasciato e cosa avrei creato nella sua vita. Stavo iniziando a pensare che forse avrei dovuto chiedere aiuto, ma in realtà non volevo coinvolgere nessuno, perché non volevo essere un altro peso nella vita degli altri, ognuno sta combattendo le sue sfide, e se dicessi a qualcuno “sai l’altro ieri mi sono puntata un coltello alla gola pensando di suicidarmi”, ero certa che gli avrei fatto venire un colpo e il panico, e non era mia intenzione dare i miei pesi agli altri. In A.C.D. nemmeno per sogno avrei chiesto aiuto a qualcuno, forse e sicuramente sbagliando, né ad Angel e soprattutto agli altri studenti, tutti avevano le loro sfide personali e c’erano pratiche più importanti, non avevo nessuna intenzione di far sprecare il loro tempo con me, se dovevo cadere dovevo farlo da sola e il più silenziosamente possibile.

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Feci anche l’errore di fare delle ricerche su internet, che naturalmente invece di aiutarmi mi diedero idee, iniziai a pensare che avrei dovuto distruggere tutto quello che avevo scritto finora, diari, appunti, sia cartacei che digitali, non lasciando traccia di me, affinché non ci fossero strani legami a cose che avevo scritto in passato. Piano piano stavo rendendo autonomi la mia famiglia che non aveva più veramente bisogno di me, stavo pensando di iniziare a mettere da parte qualcosa per le eventuali spese che potevano servire, pensavo di iniziare a vendere le mie cose, i miei mobili e svuotare casa, così che avrei semplificato tutto una volta che avrei lasciato questo mondo. Tutto questo lo pensavo in modo tranquillo e razionale, come si pensa alla spesa da fare.

Seguivo la mia routine, andavo avanti ma in realtà pensavo ai passi che dovevo fare, le persone mi parlavano delle cose che l’anno prossimo avrebbero fatto; invece, io pensavo che l’anno prossimo probabilmente non ci sarei stata più. Ormai mi ero convinta, mi ero arresa totalmente.

Ma poi ecco che iniziai a stare male fisicamente, iniziarono dei continui giramenti di testa, bastava che girassi la testa da un lato e partivano i giramenti verso quel lato, poi la giravo dall’altro e partivano da quell’altro lato, erano soprattutto la mattina, partivano già da quando ero coricata, camminare anche solo a piedi lungo la strada era complicatissimo per via dei giramenti non avevo minimamente stabilità. Credevo che fosse la labirintite, naturalmente non potevo guidare né nulla e chiesi un passaggio per andare a lavoro per quei giorni ad una collega che abitava vicino la mia zona. Certe volte dovevo staccare dal pc perché partivano questi giramenti di testa, mi facevano male gli occhi, perché iniziavano a muoversi veloci da soli. Per il resto non avevo mal di testa o dolori particolari, mi sentivo solo questa forte pressione in testa.

Da pochi giorni Angel Jeanne stessa mi aveva scritto dicendomi che mi aveva sognata, ebbi i brividi a leggere il suo messaggio, non avevo raccontato a nessuno cosa stavo passando, in poche parole nel suo sogno un’antenna umana mi stava non solo allontanando dall’Accademia ma anche creando una brutta malattia fisica, i giramenti di testa passarono proprio il giorno in cui Angel aveva praticato su di me, scomparirono ad un tratto come se non avessi avuto nulla, in pratica mi stava salvando la vita.

Mi disse letteralmente cosa avrei dovuto fare, mi aiutò indicandomi le persone da allontanare, quelle antenne che venivano usate contro di me, mi ha aiutato in tutto e per tutto come solo lei sa fare. Il suo sesto senso è incredibile e lei nonostante i suoi mille impegni riesce a trovare il tempo ad aiutare gli altri anche una dei suoi tanti studenti come me, la cui presenza o assenza non farebbe di certo la differenza, ma comunque ai suoi occhi siamo tutti importanti, più di quanto ci valutiamo noi stessi.

Io non le scrissi, non le chiesi nulla ma venne lei da sola ad aiutarmi e chi sa quante volte l’ha fatto senza che ho mai saputo nulla, perché lei è così, va diretta alla pratica, nonostante i suoi numerosi libri, quello che noi leggiamo è solo l’apice di quanto fa realmente per tutti quanti.

Non so bene come finire questo articolo, sicuramente come prima con l’immensa gratitudine che ho verso Angel Jeanne, che mi ha salvato tantissime volte e continua a farlo.

Questo articolo è nato da una sua iniziativa, spingendoci a parlare di vari argomenti tra cui il suicidio. So di non essere l’unica ad aver vissuto momenti simili, molto spesso quando mi riprendo da un momento negativo la prima cosa che faccio è prendere cosa mi è successo e praticare a livello mondiale su quella cosa, e sul suicidio ho praticato diverse volte, sentendo quanto viene spinto nell’essere umano, soprattutto nei giovani e quanta negatività e sentimenti negativi è in grado di generare.

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Nelle mie pratiche ho sentito soprattutto che colpisce gli adolescenti, come fosse legato alla tecnologia e al cellulare, io stessa ho notato su di me che più sto davanti il cellulare e il pc e più sono apatica e più entrano pensieri negativi di qualunque genere. I social, i film, i cartoni e i video, sono tutti strumenti che ci ipnotizzano e ci fanno entrare ed accettare certi gesti nell’inconscio, come lo è stato con me.

Io credo che l’attaccamento alla vita sia nella natura di ogni essere vivente, ho visto animali magrissimi, con tantissime ferite, eppure tentano di vivere il più possibile, non pensano di voler terminare le loro sofferenze uccidendosi, buttandosi da un dirupo o altro, per questo penso che questo pensiero e comportamento nell’uomo non sia suo, non sia qualcosa che gli appartenga, ma che gli è stato imposto e inserito dentro.

Devo ammettere che mi sento molto più libera dopo aver scritto tutto questo, spero che sia comprensibile e che possa aiutare qualcun altro, consiglio davvero di scriversi tutto quello che ci accade, anche le cose più piccole, sia perché così le memorizziamo meglio, che sia perché molte cose si dimenticano o si ricordano in modo sbagliato, leggere dei diari di quando ero piccola mi ha aiutato a ricordare diverse cose di cui mi ero totalmente dimenticata.

Ma soprattutto consiglio di scrivere quello che si sta vivendo come ho fatto io ora, come se lo dovessi spiegare e raccontare a qualcuno, perché solo così puoi unire davvero pezzi, e notare lo schema che c’è dietro certi eventi.

Siamo spesso abituati a dare le colpe sempre e solo a noi a stessi, almeno questo è nel mio caso, e questo non ci fa vedere come spesso siano fattori esterni che ci spingono certi malesseri, che siano mentali che fisici. Faccio l’esempio della cannabis, che io reputo una droga non solo negativa per chi la fuma ma anche per chi è accanto a loro, può portare davvero tanti danni ai propri figli, ai propri compagni, coinquilini, facendoli cadere in forti depressioni, se non anche al suicidio stesso. Su di me ho notato come mi rende instabile e soprattutto emotivamente ed energeticamente negativa facendo entrare nella mia vita e dentro di me tanta schifezza che mi fa solo che male.

Ma anche le persone manipolatrici, quelle che ti fanno terra bruciata attorno, che sia un genitore o una persona che tu credi amica, l’antenna di cui mi ha avvisato Angel ad esempio era l’unica presente quando stavo male, credevo pertanto che fosse una mia amica, forse lei aveva buone intenzioni, ma in realtà era a causa sua che stavo male, per questo consiglio di leggere il libro scritto da Angel Jeanne volume 9 dal titolo “Apatià, Amnsia, Schizofrenia – Prendiamo Coscienza degli ALIENI imparando a riconoscerli – Vol. 9” perché spiega bene questo processo.

Ma anche la madre della ragazza che avevo conosciuto da adolescente è un esempio palese e chiaro di come era lei che le stava distruggendo la vita.

Importanti anche il movimento fisico e l’alimentazione. Fin quanto facevo sport, non avevo questi pensieri così negativi, anzi proprio quanto praticavo di più sport, ero pieno di energie e praticavo le tecniche apprese in A.C.D. con più grinta, non credo che tutti gli sport siano uguali, alcuni come le arti marziali quando ad esempio le ho provate ho notato che mi aiutavano ad essere più cosciente nel presente, perché dovevo sentire il mio corpo, il peso dei miei piedi, la mia stabilità, da dove partiva la forza che stavo dando e dovevo stare coscienti anche di chi avevo davanti, dei suoi intenti ecc… per cui per breve tempo ricordo che mi aveva colpito quanto mi aiutasse a stare meglio.

Personalmente quando pratico sport non è solo liberare lo stress che è molto importante, ma se davvero mi piace mi è più facile essere costante, mi dà soddisfazione quando si raggiungono risultati, mi aiuta a creare dei a programmarmi positivi nella mia vita che riporto anche in aspetti esterni allo sport stesso, come quando cerco di andare oltre i miei limiti, a non arrendersi, quando ad esempio con la corsa, ti senti stanco e hai il cuore che ti sembra esplodere ma vuoi arrivare in quel punto preciso della strada, e ti impegni ad arrivarci e ci arrivi, ecco quel sentimento che hai quando ce l’hai fatta a fare quella piccola cosa, che volevi raggiungere anche se sei stanco e credi che non ce la farai, è una delle cose che aiuta a stare bene a programmarsi positivamente a credere che tu ce la puoi fare, come hai fatto lì ce la puoi fare anche altrove.

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Per l’alimentazione ho avuto il bellissimo esempio di quando seguivo Mangiare Sano, uno dei progetti più belli di Angel Jeanne, che ti insegna passo dopo passo, ricetta e insegnamento dopo insegnamento quali sono gli alimenti che ci fanno bene e quali male, come legarli tra di loro in modo che possiamo prendere più sostanze benefiche possibili invece che avere disturbi vari, e come l’alimentazione davvero influenza le nostre giornate e il nostro umore, aumentano l’apatia, le voci in testa, tutto. Quando ho seguito mangiare sano con regolarità è stato anche lì un periodo di maggiore pratica e di benessere ed equilibrio nella mia vita, come se una cosa rinforzasse l’altra.

Con Mangiare Sano ho appreso ad esempio che non è importante solo quello che si mangia, ma proprio tutto quello che ci sta anche dietro la sua preparazione che ci fa star bene, mangiare felici di quello che si è cucinato, contenti di aver fatto una ricetta che non avevi mai provato a cucinare perché pensavi essere difficile, ti siedi soddisfatto perché stai mangiano qualcosa di gusto che sai essere sano, per cui sei andato di qua e di là per cercare gli ingredienti sani, che hai cucinato con aspettative positive e pieno di gioia, ti fa bene, ci fa bene, rendere il pranzo o la cena o la colazione o la merenda un momento felice, diventa una ricarica per noi, per cui la felicità di aver fatto qualcosa di buono, si unisce al buon gusto, che nella nostra mente fa bene, la attiva e la rende più recettiva a muovere il nostro corpo perché possa funzionare bene e questo benessere aumenta se mangiamo soprattutto cibi sani, con sostanze che aiutano il nostro umore, e il nostro cervello e no che lo appesantiscono, lo feriscono, perché certi sentimenti negativi che abbiamo sono in risposta alle ferite fisiche, alle carenze alle debolezze che il cibo e la nostra alimentazione ci sta portando.

Inoltre avere rapporti sociali sani è importante e cercare di recidere quelli negativi, posso però capire che per un bambino e adolescente sia difficile avere delle scelte in capitolo come lo è stato per me, per questo spero che questo articolo possa raggiungere gli altri perché credo che l’Accademia di Coscienza Dimensionale, è l’unico luogo dove trovare gli strumenti che davvero sanno salvare la vita di chiunque.

E credo che ciò che ho scritto lo dimostri appieno, non sarei qui senza Angel Jeanne e i suoi insegnamenti, tutte le volte che sono ricaduta giù a picco è stato quando ho smesso di praticare e quando sono stata bene è quando ho deciso di praticare, come con la laurea.

Non so se sono riuscita ad esprimermi bene e a trasmettere qualcosa di positivo in tutto questo marasma, questo è semplicemente il mio personale vissuto, non so cosa ci sia da prendere, ma auguro a chiunque lo leggerà, in qualunque punto o situazione della vostra vita siete, di trovare la forza di supere quel pensiero, quell’ostacolo che vuole farvi vedere la vostra vita come piccola e insignificante e che vi nasconde la profondità della propria esistenza.

Non siamo mai soli, anche nella stanza più buia la prana è sempre lì, la nostra più grande alleata.

 

Lucia

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