Pensieri suicidi

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Quando finisce una storia d’amore, si può sicuramente soffrire, per un periodo più o meno prolungato, ma poi si va avanti. Io non riuscivo ad andare avanti, bloccata in un dolore che non sapevo come fermare. Ero stata con un ragazzo per due anni. Ero una studentessa fuorisede e per me lui rappresentava la mia famiglia, era ciò su cui potevo contare e di cui mi potevo fidare. Avevo aperto il mio cuore a lui, dopo diversi anni in cui temevo di innamorarmi di qualcuno. Questo perché a 13 anni un mio compagno di classe, e di cui ero molto presa e sembrava che anche lui stesse cominciando a essere preso da me, morì tragicamente dopo una caduta in bicicletta e dopo qualche giorno di coma. All’epoca mi incolpai, pensavo che qualcuno lo avesse ucciso apposta, perché si stava interessando a me. Da quell’episodio, una buona parte di me temeva di affezionarsi a un ragazzo, per paura che potesse succedere di nuovo il peggio. Decisi di lasciarmi andare con questo ragazzo che, dopo essersi seduto vicino a me in università, il giorno stesso mi contattò e mi chiese di uscire. Fu tutto molto semplice, e da che la cosa era iniziata un po’ così, in pochi giorni ci mettemmo ufficialmente insieme. Aveva un carattere diverso dal mio, era più socievole, si interessava molto dei gossip dell’università e parlava con tante persone. Pensavo quindi che il suo parlare con altre ragazze fosse parte del suo carattere estroverso. Non era del tutto così. A posteriori capii bene che, oltre che per una questione caratteriale, si faceva influenzare dagli altri ragazzi non fidanzati che pensavano a portarsi a letto quante più ragazze possibili, perché per loro questo era indice di mascolinità, ed era questo che a vent’anni andava fatto. Dopo qualche mese io e quello che è ora il mio ex stavamo entrambi alle residenze dello studente. Arrivò una ragazza del primo anno, che io invitai in camera mia e preparai una cena, e c’erano anche il mio ragazzo e un’altra amica. Non passò molto tempo che il mio ex prese ad andare nella camera di questa nuova ragazza, dicendomi che ci andava perché lei si sentiva sola. Non obiettai nulla, perché credevo alle sue parole. Una sera però venne tutto sconvolto in camera mia, e il giorno dopo mi confessò che per questa ragazza stava iniziando a provare qualcosa, ma che tra di loro non era successo nulla, nemmeno un bacio. Lo perdonai. In fondo, era venuto lui a dirmi questa cosa. Premiai la sincerità, e il fatto che lui volesse continuare a stare con me, sebbene ci prendemmo comunque qualche giorno di pausa. Così, passarono altri mesi, e io non sospettavo nulla di nulla. D’estate, con l’università chiusa, andai a casa dei suoi genitori. Studiavo su un suo computer e per caso trovai il suo account fb aperto. Spulciai un po’ tra le sue numerose chat, e mi comparve quella della ragazza delle residenze. Tra le ultime cose dette lui le aveva promesso un pranzo solo loro due, dopo che lei avesse fatto un esame, per poi dirle che non era più il caso che uscissero (questo messaggio glielo scrisse poco dopo quel giorno in cui mi disse di questa ragazza). Iniziai a sospettare che lui non mi dicesse davvero come fossero andati i fatti. Il presentimento c’era, e quando mi contattò su fb una ragazza, un mese dopo, già sapevo cosa potermi aspettare. Era una diciassettenne, con cui il mio ex 22enne aveva iniziato a parlare, dicendole cose anche molto spinte, e organizzandosi per un’uscita insieme.

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Questa ragazza mi mandò gli screen di tutta la chat, per cui non vi erano più dubbi su che razza di persona fosse il mio ex. Lui cercava di arrampicarsi sugli specchi, dicendomi che quella fosse una ragazza pazza e che lei non mi stava raccontando come erano andate realmente le cose. Mi disse poi una cosa strana, cioè che l’aveva contattata perché degli amici gliel’avevano fatta notare. Da fessa e allora ancora tanto innamorata, nell’arco di due mesi lo lasciai ma poi ci tornai insieme, poi lo lasciai di nuovo e tornai insieme, per poi lasciarlo definitivamente ma continuando a parlarci ancora via social per altre due settimane. Non riuscivo a distaccarmici. Fu solo quando un’amica mi svelò altri retroscena con altre ragazze che capii definitivamente il tipo che era. Il mondo mi stava crollando addosso. Tutto quello che avevo vissuto così intensamente si era rivelata solo un’illusione. Ogni giorno mi sembrava di sbattere la testa contro un palo di ferro, non riuscivo a capacitarmi della differenza che c’era tra come percepivo il mio ex e come era realmente. Non capivo come avesse fatto a mentire così spudoratamente, a dirmi più e più volte che ero la fidanzata perfetta, quanto mi amasse, mentre poi magari da dietro, nella stessa giornata parlava con altre ragazze per secondi fini. Era furbo: teneva me come ragazza fissa, per avere la sicurezza di avere qualcuno al suo fianco, e qualcuno che potesse soddisfare le sue voglie fisiche giornaliere, poi nel frattempo cercava altro. Era carismatico, ci sapeva fare con le ragazze, ma il suo aspetto “nella media” non gli faceva concludere nulla, a livello fisico, con altre (per quanto so). Mi feriva in maniera dolorosamente profonda essere stata manipolata nel credere di vivere un grande storia d’amore, quando in realtà mi vedeva probabilmente come un pezzo di carne da usare a suo piacimento. Gli piaceva l’arte della manipolazione e della seduzione. Pochi mesi prima che ci lasciassimo definitivamente mi aveva confidato fiero di essere entrato nella massoneria, e ricordo anche che una volta mi fece dire un numero specifico, che lui stesso mi aveva imposto di scegliere, usando certe tecniche. Quando ero con lui era come se non riuscissi a connettere bene i puntini, o forse non volevo vedere la verità. Mi aveva anche convinta, prima di smettere di parlare definitivamente, che era stato molto toccato nel profondo dal suo comportamento sbagliato, e che non avrebbe guardato un’altra ragazza prima di sei mesi. Intanto presi ad andare nelle aule studio frequentate da altri studenti, perché non riuscivo a stare tanto in una stanza da sola a studiare. Mi prendeva una forte sensazione di vuoto. L’assenza del mio ex scavava ogni giorno un vuoto sempre più profondo dentro di me, che mi lacerava e mi faceva provare dolore fisico a livello del petto. Non era raro che mentre provavo a studiare pensassi a lui, e mi venisse da piangere. Piangevo sempre più spesso, scoppiavo a piangere anche dal nulla. La sera mi coricavo nel letto e le lacrime uscivano spontanee. Non mi aiutava nemmeno il fatto che l’amica con cui mi frequentavo in aula studio mi parlasse degli avvistamenti del mio ex, e mi dicesse che era stato visto con un’altra ragazza, e poi mi diceva che dato che lui conosceva letteralmente metà facoltà ero la persona cornuta più conosciuta nell’ambiente. Dovevo quindi sforzarmi di andare in aula studio sapendo che probabilmente a grandi linee la maggior parte delle persone sapevano che il mio ex mi mettesse le corna. Ci dovevo andare perché l’alternativa era rimanere da sola in camera mia a piangere. Ecco che le voci di corridoio si avverarono. Dopo nemmeno un mese dal giorno in cui smettemmo di parlare, il mio ex si fidanzò ufficialmente con una ragazza, di tre anni più piccola, frequentante ovviamente la nostra facoltà.

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Per continuare l’autolesionismo andavo a visionare i social del mio ex e quelli della nuova ragazza, potendo vedere ogni giorno post nuovi e nuove loro foto. Non si nascondeva, non aveva un minimo di pudore o vergogna. Pochi giorni dopo dalla notizia lo beccai fuori dalla mensa. Stavo con altri ragazzi delle residenze, che ovviamente lo conoscevano e si fermarono a parlare con lui. Io tenevo il viso basso, in preda ai tremori, cercando di convincermi che lui non fosse lì, che lui non esistesse. Sentivo virtualmente la mia testa sbattere contro il palo metallico, eppure ancora non riuscivo a capacitarmi di tutta quella situazione. Sembrava l’inizio di un incubo, in cui le mie paure più grandi si stavano avverando. La cosa grave è che ero ancora presa da lui, dal ricordo di lui unito alle percezioni false che ho avuto su di lui per i due anni della nostra storia, e se avessi visto che lui davvero non avrebbe guardato un’altra ragazza per mesi, come mi aveva detto, se avessi capito che fosse realmente pentito, gli avrei parlato e avrei provato a sistemare il nostro rapporto. Gli avevo fatto credere che non lo avrei contattato più, e lui subito cercò e trovò il rimpiazzo. Continuavo a piangere ogni giorno e ogni notte, e ogni mattina mi svegliavo sempre più privata di forze, sempre più stanca e con la non voglia di alzarmi. Non volevo svegliarmi, perché svegliarmi significava vivere un altro giorno in cui dovevo scontrarmi con una realtà che mi faceva troppo male. La nuova ragazza prese a venire nella mia stessa aula studio, e anche il mio ex si palesava, molto spesso perché veniva a chiamarla per fare pausa insieme. Mi sentivo sempre peggio, e le amiche vicino a me mi dicevano che si vedeva dal mio volto, ero palesemente in uno stato di forte agitazione emotiva. Un giorno ebbi questo dolore al petto forte, quasi che dovessi avere un infarto. Era il mio cuore che si spezzava sempre più. La parte peggiore era quando stavo da sola e, dato che nessuno mi vedeva, potevo dar sfogo al mio dolore. Piangevo, soffrivo e dicevo a voce. “Basta, basta. Uccidetemi, uccidetemi. Il dolore è troppo forte.” Volevo morire, per placare il dolore. Avevo donato tutta me stessa a qualcuno che mi aveva usata e poi gettata, e non riuscivo a capacitarmene. Per lui provavo ancora qualcosa di forte, qualcosa che mi teneva legata e mi faceva stare male. Non pensavo che in futuro avrei trovato un altro partner, qualcuno che mi potesse capire. Per me, in quei momenti di sofferenza, esisteva solo lui come opportunità, ed era sfumata via. Niente aveva più senso. Presi a postare su fb delle canzoni che ci riguardassero, evidenziando nel commento una porzione di testo, senza fare riferimenti, e il mio ex mi contattò più volte chiedendo di non sputtanarlo così. Beh, certo, chissà lui cosa raccontava agli altri e soprattutto alla sua nuova fiamma. Una volta mi contattò tutto preoccupato, chiedendomi di non rigargli la macchina, semplicemente perché nel videoclip della canzone che avevo postato la protagonista rompeva la macchina dell’ex. E poi c’era quella famosa amica che mi considerava la cornuta più conosciuta che, un giorno, vicino alla macchina dell’ex mi porse le sue chiavi della macchina, incitandomi davvero a rigarla. Non lo feci. Non volevo passare dalla parte del torto e in più pagargli pure i danni. Ma volevo fargli un dispetto in qualche modo, fare qualcosa che lo avrebbe costretto a stare male, perché ai miei occhi stava troppo spensierato, dopo quello che mi aveva fatto e che non ammetteva nemmeno a se stesso. Iniziai a impormi di visualizzare me in rapporti carnali con vari ragazzi, con tutti i ragazzi che vedevo in facoltà e potevano un minimo attrarmi. Era il mio modo per tradire il mio ex.

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Non era un vero e proprio tradimento, dato che ci eravamo lasciati, e non era effettivamente nulla se non proiezioni della mia mente, che servivano a me per darmi l’idea di distaccarmi dal mio ex in qualche modo. Lui per fortuna non stava più alle residenze, sennò lo avrei incontrato sempre, ma non mancavano volte in cui venisse a trovare i suoi amici, in particolare proprio il ragazzo che stava di fianco a me, per cui quando veniva sentivo la sua voce dato che i muri tra le due camere erano sottili. Mi sentivo costantemente spiata da lui, gran parte delle persone attorno a me potevano benissimo informarlo delle mie mosse, dato che a tutti piaceva fare gossip. Iniziai a pensare che poteva tornarmi utile. C’era un ragazzo lì che proprio non sopportava, e non potevano vedersi a vicenda. Iniziai a pensare che se avessi intrapreso una relazione fisica con quel tizio il mio ex lo avrebbe saputo e avrebbe provato molto fastidio. Si sarebbe sentito punto nell’orgoglio. Ma non feci nulla. Il tizio non era meglio del mio ex, anzi forse peggio. Si vociferava che alcune volte fosse andato a prostitute e una sera, insieme a un altro suo amico, avesse avuto un rapporto con una ragazza molto bella e autolesionista (che avevo conosciuto) dopo averla fatta ubriacare. Non sarei scesa a un livello così basso solo per fare un dispetto al mio ex. Eppure la mia mente si stava spaccando sempre di più. Come farlo soffrire? Iniziai a pensare a me che mi suicidavo. Sì, mi ripetevo, se mi fossi suicidata lui avrebbe capito quanto mi aveva fatto soffrire. Tutti quanti avrebbero saputo davvero che tizio fosse. Se mi fossi suicidata per colpa sua avrebbe dovuto piangere un po’, ammettere i suoi errori, sentirsi finalmente in colpa. Non poteva più nascondersi dietro una falsa facciata con tutti. Dovevo solo prendere coraggio e farlo. Il dolore già c’era, morire significava farlo smettere. Pensavo al parcheggio multipiano della facoltà, famoso perché già alcuni studenti negli anni si erano suicidati lì, buttandosi di sotto. I miei pensieri però rimasero solo pensieri. Erano immagini di ciò che poteva succedere, ma non facevo davvero piani concreti su come fare per suicidarmi. C’era una parte più profonda di me che non voleva dargliela vinta così al mio ex. Poi mi veniva in mente un episodio di quando avevo qualche anno. Insieme a mia madre vidi alla tv “Romeo e Giulietta” e a fine film mia madre chiese: “Ti uccideresti mai per amore?” Domanda strana da fare a una bambina delle elementari. Io, probabilmente ispirata dal film, risposi “Sì”. E lei subito: “Ma sei scema? Mai ucciderti per amore, mai!” Quelle parole di tanti anni fa erano così azzeccate al contesto che stavo vivendo. Parallelamente ai pensieri di suicidio (e forse provocati anche buona parte da essa) uscì una famosissima serie che parlava del perché una ragazza si fosse suicidata. Non potevo non vederla, sembrava chiamasse proprio me. Non mi fece sentire meglio, e mi disturbò molto vedere come si apriva le vene nella vasca da bagno per farla finita. Quella scena mi provocò dolore fisico, e fu proprio quella serie che mi fece cercare al pc vari metodi di tortura e quale morte fosse meno dolorosa. Mi veniva da sorridere al pensiero di qualcuno che leggeva la mia cronologia di ricerca. Sembrava a tutti gli effetti quella di qualcuno che stava cercando i metodi migliori per suicidarsi. Ad ogni modo, nei periodi di sconforto, iniziai a sentire di non essere sola. Sentivo di essere vegliata da qualcosa di superiore. Quella che stavo vivendo era una prova, e dovevo superarla. Uscivo con le amiche, conoscevo nuove persone, mi tenevo impegnata, sennò la mente avrebbe vagato troppo.

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Ma c’era sempre il mio ex a ricordarmi fisicamente che non potessi essere felice, e che lui mi osservava. A lezione lui c’era, e sentivo sempre i suoi occhi addosso, infatti quando poteva guardava sempre nella mia direzione. A una festa della facoltà io presi a ballare con un ragazzo. Stavo male perché c’era il mio ex in dolce compagnia, e avevo anche bevuto più del solito per non doverci pensare. Questo ragazzo poi mi portò lontano dalla pista da ballo ed ecco comparire il mio ex con la sua nuova fiamma, a mettersi di fronte a noi, a pochi metri di distanza, a osservare cosa stessi facendo. Non capivo il suo comportamento, ma pensavo sempre di più al fatto che non volesse che io stessi con qualcun altro. E anche quando uscii, dopo più di sei mesi dal momento in cui mi ero lasciata, con un ragazzo di tutt’altra facoltà, che poi diventò personal trainer, scoprii che dopo poco tempo il mio ex lo avesse aggiunto tra gli amici e si era addirittura iscritto alla stessa palestra dove questo ragazzo andava, e se lo era fatto amico. Con questo ragazzo non c’era stato chissà che, era stata solo una frequentazione di nemmeno un mese, eppure il mio ex lo seppe (eh beh, le sue spie videro questo ragazzo che mi accompagnava alle residenze) e volle frequentarlo. Forse si fece dire cosa era successo tra me e lui, giusto per essere sicuri che io non mi rifacessi una vita. Mi sentivo perennemente controllata, come se avessi gli occhi del mio ex sempre puntati addosso. Per varie motivazioni, arrivata l’estate non tornai più alle residenze, ma tornai a casa dei miei. Sapevo che lì non potesse spiarmi e non potesse sapere cosa stessi facendo, quindi era un bene. Ma il sentirmi lontano dalle persone della mia facoltà acuì il senso di vuoto, e la sofferenza tornò. Agosto fu un mese nero. Nonostante avessi tutti gli elementi per disprezzare il mio ex, ripensavo ai due anni di relazione come a quelli più felici della mia vita, e che erano ormai finiti e non sarebbero tornati mai più. Non avevo più qualcuno da amare, e questo mi mancava e mi lacerava dentro. Vedevo le foto del mio ex in vacanza con la nuova ragazza, e mi assaliva un senso terribile di nostalgia. Ripensavo all’agosto precedente, che avevo passato io insieme a lui, e a quanto facesse schifo la mia vita senza di lui. Mi sentivo inutile, incapace di fare qualcos’altro di buono, e non riuscivo a studiare bene. Sentivo di aver ormai vissuto tutto quello che avevo da vivere, come se avessi già scoperto tutto e non ci fosse niente di nuovo da sperimentare. E sentivo come se, se mi fossi tolta la vita, il mondo non avrebbe sofferto la mia perdita. Ricominciarono le idee suicide. Diverse volte pensai alla possibilità di buttarmi dal balcone o di squarciarmi il braccio con un coltello. Erano solo immagini, ero ben lontana dal fare davvero un gesto del genere, ma la mia mente era aperta a quelle possibilità. Parallelamente, però, sentivo come se fossi protetta da una figura angelica, che chiamavo semplicemente angelo, ma che poi sempre più spesso ho preso a chiamare: Angel. A poco a poco ripresi il controllo su me stessa, e iniziavo a pensare alle varie possibilità positive che c’erano. Non era affatto vero che la vita era tutta lì, e che non c’era nulla di nuovo che io potessi fare e che mi facesse sentire bene. Iniziai a prendermi un po’ cura di me, seguendo delle lezioni di yoga online e provando a replicarle a casa, sul tappetino. Per due volte meditai anche. Prendevo il sole sul terrazzo e mi venne in mente l’idea di un romanzo, in cui i protagonisti dovevano meditare 10 volte al giorno per sviluppare facoltà psichiche. Dopo tutta la sofferenza provata, capii che era giunto il momento di fare quello che piacesse a me, e di informarmi su argomenti che mi interessassero. Ci volle del tempo.

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A ottobre ripresi a fare un allenamento che facevo a 16 anni, ovvero scrivermi i sogni su un quaderno, per ricordarli sempre meglio e per acquisire lucidità durante i sogni. Il mio obiettivo era fare sogni lucidi. A un incontro di un’associazione di cui facevo parte, e che durò tre giorni, conobbi questa ragazza che affermava di riuscire a fare sogni premonitori. Il mio interesse per l’ambito spirituale, che già si era riacceso nell’ultimo periodo, divampò. Tornata a casa mi misi a cercare in maniera serrata quella che io, senza averla vista altrove, sapevo con certezza esistesse: una scuola di arti psichiche. Sapevo che sarebbe stata gratuita, e sapevo che l’avrei riconosciuta subito una volta trovata. E così grazie a un commento su una pagina, trovai l’Accademia di Coscienza Dimensionale. Istantaneamente capii di essere nel posto giusto, capii di essere a casa. Con mia grande gioia vidi che la Fondatrice dell’Accademia si chiamasse proprio Angel. Non avevo più dubbi. Avevo passato un anno davvero tosto emotivamente per me, ma finalmente avevo trovato quello che cercavo. Capii, grazie all’Accademia, quanto la sofferenza mi avesse chiuso mentalmente e non mi facesse vedere le infinite opportunità positive che c’erano e che potevo concretizzare nella mia vita. Capii quanto l’idea del suicidio fosse sbagliata e che estremo errore avrei commesso se avessi dato seriamente retta a quei pensieri. Capii l’importanza del non pensiero, delle tecniche quali la protezione e il taglio fili, per evitare di essere influenzati negativamente. Ritrovai la meditazione, e con essa iniziai a ritrovare me stessa. Compresi quanto fosse vero che ci fossero influenze negative di vario tipo, che creano punti deboli in noi, e che fanno leva proprio sui punti deboli per spingerci a far entrare malessere emotivo e mentale. Questa sofferenza non fa altro che spaccare le difese della nostra mente, che farà entrare così altra negatività, in una spirale negativa crescente, che ci farà alimentare altri pensieri negativi. I pensieri, poi, possono sfociare in azioni, che possono essere nocive verso noi stessi o verso gli altri. Quando entra il male, esso si espanderà nella propria vita, e peggiorerà le cose. Non serve molto, serve colpire nel punto debole per iniziare ad abbattere le nostre difese. Io ho raccontato la mia storia, e c’è chi potrà aver pensato che la mia reazione di fronte a quegli eventi fosse esagerata, che loro al mio posto sarebbero andati tranquillamente avanti, evitando di fare una tragedia per qualcosa che a tutti gli effetti non è eccezionale. Iniziare relazioni e poi lasciarsi è una cosa comune, non sono eventi da fine del mondo. Eppure, con la mia storia, io sono la dimostrazione che, se si viene colpiti nei propri punti deboli e in quel momento sono occultati nella mente tutti i mezzi per uscirne, non servono eventi eccezionali per poter finire in un vortice negativo in cui non si sa come fare per venirne a capo. C’è chi magari si toglie la vita per situazioni di lieve entità. Ma il punto è questo: agli occhi esterni possono sembrare cose di lieve entità, ma per la persona che si suicida sono macigni pesanti e opprimenti, che pensa di potersi togliere solo autoeliminandosi. Quindi mai pensare che gli altri facciano tragedie dal nulla, e che soffrano per il piacere di farlo. Una motivazione c’è, e l’Accademia di Coscienza Dimensionale ci insegna benissimo ad andare alla radice dei problemi e a estirparla.

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A tutti quelli che hanno o hanno avuto pensieri di suicidio voglio dire: voi valete, valete sicuramente cento volte di più di chi vi ha inflitto quelle sofferenze, valete perché siete forti, riuscendo a tollerare sofferenze che altri non riuscirebbero a sopportare, e a maggior ragione non dovete darla vinta a nessuno. Permettetevi di dimostrare a voi stessi quanto realmente valete. So che è difficile da fare quando si vede tutto nero, ma non siete soli, non lo siete mai stati e mai lo sarete. Ci sono tante persone che, se vi permettete di vederle, vi sosterranno e faranno il tifo per voi. E c’è Dio, che non vuole perdere un elemento così importante come voi, e farà di tutto per entrare nelle vostre vite, se voi glielo consentirete, e quella sofferenza così pesante che ora state sentendo si dissolverà e farà spazio a emozioni positive, alla gioia, alla voglia di vivere e di portare benessere su questo pianeta. Voi, che avete provato quel dolore e sapete che cosa significa, potete essere ancora più empatici verso chi soffre, e far capire loro come uscirne, proprio grazie al vostro esempio. E sarà per voi una gioia immensa portare la luce nelle vite buie degli altri, sarà come curare di nuovo voi stessi. Quindi brillate, e accecate tutti coloro che vogliono il vostro male, con la vera luce che emana da dentro di voi. Non c’è nulla di peggio per chi vi vuole male che vedere la vostra fioritura. E ACD è l’unico posto che vi insegnerà davvero a farlo. L’Accademia mi ha salvato, salverà anche voi, è una promessa.

 

  • Anonimo

 

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