La mia esperienza… e il modo in cui l’ho affrontata

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7 aprile 2025

Non riesco nemmeno a scriverlo nel titolo, e mi sudano le mani per quello che sto per scrivere. E’ stata una sofferenza devastante e ancora motivo di vergogna per me, ma purtroppo, per un periodo della mia vita, sono finita nel circolo vizioso dei pensieri suicidi.

Ho spesso sentito dire da esperti del settore della psicologia, che il suicidio non è un pensiero, ma è un agito. Quasi come se chi alla fine non lo fa o chi tenta di farlo ma in modo da richiamare l’attenzione su di sé, è per vigliaccheria.

Allora non mi interessa se alla fine sono stata vigliacca – anche se questo mi sembra più un modo perverso di interpretare questa azione – sono felice di aver messo da parte quella sofferenza che mi torturava la mente ed essere andata avanti. Andare avanti non significa che il giorno dopo ero di nuovo felice e raggiante, senza un problema in testa, o che i mesi successivi siano stati una passeggiata perché ho preso in modo razionale la decisione di non togliermi la vita. Anzi. I mesi, gli anni successivi, sono stati la fatica più intensa che abbia dovuto sopportare, perché ho dovuto imparare a convivere con il peso di quella sofferenza, e rifiutare la “dolce” idea di togliermi quell’abisso di dosso in cambio di pochi istanti di dolore fisico.

Tutto è cominciato quando avevo 22 anni, sopportavo da quando sono nata delle dinamiche familiari malsane, che mi hanno portato a sviluppare alcuni tratti della mia personalità, come l’eccessivo senso di colpa, che non riuscivo a gestire, quindi, non riuscivo a gestire determinati contesti.

Ma quel periodo è stato particolarmente turbolento perché si sono sommate delle situazioni che hanno portato ad un evento traumatico, è un periodo che ricordo di aver vissuto con molta confusione, sia prima che dopo l’evento scatenante, e dopo di ché, è piombata in modo soffocante la depressione.

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Da quel momento sono apparsi i primi pensieri autolesionisti su come potevo farla finita. Purtroppo per me, mi sono informata su ogni possibile modo, ho cercato anche i dettagli su come avviene, e più cercavo e più stavo male, più mi sentivo opprimere. Ma per alcuni mesi è stata l’unica soluzione a cui riuscivo a pensare per uscire da quel tunnel senza fine.

Se da un lato c’era questa “forza bruta” che mi tirava per quella strada, dall’altra ce n’era una molto più delicata, più silenziosa ma anche più potente; credo che mi abbia impedito di fare il passo cruciale che mi avrebbe portato alla morte. Era una forte sensazione che mi diceva che se avessi continuato avrei fatto un grosso sbaglio nei confronti della mia anima, una imperdonabile slealtà, perché l’avrei distrutta. Ho avuto seriamente paura di questa sensazione, e mi ha portato a riflettere in cosa credessi realmente, non con il pensiero, ma con l’istinto, e io credevo nell’esistenza della mia anima. Ci ho sempre creduto, anche quando ho smesso di credere nella religione. E mi ha salvata, perché come dicevo, ho messo da parte la disperazione e ho tirato fuori un po’ di razionalità e ho deciso che non avrei seguito la strada del suicidio.

Così ho cercato altre vie per trovare una soluzione alla mia sofferenza, ho pensato che doveva esserci per forza un altro modo per uscirne, sono ritornata sui miei passi e ho ricominciato ad ascoltare la mia parte spirituale, e così ho trovato l’Accademia di Coscienza Dimensionale.

Piano piano ho iniziato a seguire il percorso di ACD, ho iniziato a meditare e questo mi ha aiutato a stare meglio e ad allontanare del tutto quei pensieri. All’inizio è stato come trovarsi nell’occhio del ciclone, nel bel mezzo di una tempesta, in mare aperto, spesso ci ricadevo dentro, e poi mi allontanavo, poi venivo di nuovo trascinata nel vortice, e così per parecchio tempo. Andando avanti la tempesta ha iniziato a calmarsi, alcune situazioni si sono sciolte, alcune persone si sono allontanate. Adesso, a distanza di alcuni anni sto meglio, non mi sento guarita del tutto, ma ho superato la fase acuta di questa terribile malattia. Quello che voglio fare adesso è continuare a seguire il percorso di ACD, che da allora è sempre stata la mia guida, e anche se non mi sento all’altezza di tutte le tecniche, ho di nuovo la speranza che tutto si possa sistemare, che questa sofferenza e quella passata si possano trasformare, che anche da questa esperienza terribile possa nascere qualcosa di buono e portarmela dietro nelle vite successive non più come peso, ma come consapevolezza.

Non sapevo come iniziare a scrivere la mia esperienza, non sapevo come tirarla fuori perché rivivere tutto, anche solo per poco, è stato doloroso. Ma se penso che essa possa essere d’aiuto anche solo a una persona, allora sento davvero di condividerla con il cuore. Quindi se tu che stai leggendo ti trovi a pensare di toglierti la vita, non so cosa tu stia passando, ma quello che mi sento di dirti è prima di tutto che il tuo corpo non merita di finire così, perché lui non ha fatto nulla di male, non merita di soffrire in alcun modo una pena auto-inflitta. Allo stesso modo, la tua mente non merita di essere torturata con quei pensieri, tu non sei quei pensieri, e possono essere allontanati, si può ritrovare un motivo per andare avanti, non sai mai cosa la vita ti può proporre. Magari un giorno ritroverai quello che hai perso in un luogo o in delle persone che non avresti mai pensato, magari ritroverai la speranza di lottare per te stesso o per qualcuno, o magari troverai un modo per redimerti. È ciò che auguro a tutti, un po’ di pace nel proprio cuore.

 

  • Anonimo

 

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