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Il tennis è il mio sport preferito e l’unico che pratico ancora costantemente. All’inizio è solo un gioco molto divertente che consiste nel mandare la pallina dall’altra parte della rete, ma quando cominci a considerarlo uno sport vero e proprio ti accorgi che dietro c’è molto, molto di più. Ho praticato tennis fin da piccolo a livello agonistico comprendendo che è un mix di preparazione fisica e pratica costante per affinare la tecnica ma soprattutto è uno sport mentale perché la concentrazione e il self control fanno parte del gioco assumendo un’importanza assoluta. Sulla pratica e l’allenamento è inutile soffermarsi perché in fondo è la base di tutti gli sport, ma riguardo l’aspetto mentale il tennis può insegnarti tanto. A qualsiasi livello si pratichi, dai professionisti ai tornei juniores e dilettantistici, saper gestire e controllare la propria mente diventa fondamentale e decisivo perché è ciò che distingue un buon giocatore da un ottimo giocatore. Non a caso gli addetti ai lavori lo chiamano anche “lo sport di Satana”. Questa definizione, però, non va presa in senso negativo e neanche deve spaventare perché la spiegazione è molto semplice e, aggiungerei, anche affascinante. Il concetto che si vuole trasmettere, definendolo così, è che il tennis ti mette di fronte ai tuoi demoni, ti mette di fronte a te stesso, a cambi repentini di umore, a continui dialoghi interiori che spesso diventano proprio conversazioni a voce alta con un’altra parte di te. Durante un incontro di tennis puoi passare da uno stato di gioia ed euforia ad uno di sconforto e delusione in un batter di ciglia, semplicemente tra un punto e l’altro. Ci sono persone che quando entrano in campo è come se si trasformassero, subiscono vere metamorfosi: da timidi silenziosi a combattenti grintosi, come da gradassi spavaldi a pensatori riflessivi. Involontariamente si fanno dei cambi di personalità veri e propri senza rendersene conto. Non facciamoci trarre in inganno perché queste cose non succedono solo ai principianti ma anche a campioni che dovrebbero saper gestire determinate situazioni invece, spesso e volentieri, si lasciano andare a monologhi, soliloqui e addirittura a raptus che possono sfogare lanciando racchette a terra (addirittura rompendole) per poi trovarsi a chiedere scusa per quel gesto giustificandosi con un “non so cosa mi sia successo”. Purtroppo neanche i professionisti riescono a trattenersi. Non a caso chi ha un buon autocontrollo e un temperamento calmo è sempre favorito nel tennis, ha una marcia in più o, come piace dire a me, un problema in meno.
Sì, perché durante una partita hai già i tuoi bei problemi da risolvere: devi correre verso la palla per arrivarci bene, devi trovare il giusto timing che ti permetterà di avere un buon impatto, devi superare l’ostacolo della rete con la pallina ma non dimenticando di rispettare i limiti del campo; in più aggiungiamo anche la stanchezza fisica per lo sforzo e la bravura del nostro avversario. Nonostante questi fattori il ruolo fondamentale rimane quello mentale? Ebbene sì, perché nel tennis i dettagli fanno la differenza e questo chiacchierio interiore porta a distrarsi facendo diminuire la nostra concentrazione. Quando non siamo concentrati e focalizzati su qualcosa è difficile che il risultato sia ottimale. Ah come trovo valido questo concetto anche nella meditazione che svolgo giornalmente!
Quando facevo tornei mi sono ritrovato spesso in questo vortice di pensieri ma oggi che ho intrapreso un percorso spirituale e di ricerca interiore mi accorgo di capire molto meglio certi comportamenti e certe dinamiche comprendendo anche i motivi di determinate reazioni. Paradossalmente, se mi è permesso il paragone, li vedo come stralci di vita, ovvero la vita è il macro e il tennis è il micro. Alla fine non ci costa nulla provare a considerare la vita come una partita di tennis, in cui il nostro primo avversario siamo proprio noi stessi. Allora proviamo a giocare: ad esempio il dialogo interiore su cosa si sarebbe dovuto fare per ottenere il punto non assomiglia ai rimorsi che molte persone provano nelle loro vite quando ripensano al passato? E qui sarebbe opportuno imparare a distaccare gli eventi passati sia nel tennis ma soprattutto nella vita; come sarebbe opportuno limitare (o addirittura annullare) quel dialogo interiore che non ci permette di godere l’unico istante che viviamo per davvero, quello presente. E ancora, quando ci si esalta per un punto spettacolare e subito dopo ci si deprime sentendosi una schiappa per un errore evitabile non assomiglia ai giudizi altalenanti e a tutte quelle paranoie che la gente si fa riguardo la propria persona e che abbassa la loro autostima in rapporto ad eventi esterni? Un’ottima considerazione di se stessi e la convinzione dei propri mezzi risulterà un’arma in più sia nel tennis che nella vita.
A volte, poi, si cerca di leggere nei pensieri dell’avversario per prevedere le sue mosse e le sue tattiche; sfruttando il linguaggio del corpo si prova ad intuire dove indirizzerà i suoi colpi perché sarebbe un gran vantaggio per noi conoscere in anticipo le sue intenzioni. Trovo superfluo spiegare quali vantaggi potremmo avere nella vita di tutti i giorni applicando tecniche che ci permettano di conoscere prima i pensieri e gli intenti delle altre persone. Un comportamento molto comune nel tennis, ma ancor di più nella vita di tutti i giorni, è quello di non assumersi le proprie responsabilità per come sono andate le cose, trovare mille scuse e cercare di attribuire colpe agli altri perché è molto più facile anziché ammettere semplicemente di aver sbagliato.
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Frequentando l’ambiente tennistico da molto tempo ho sentito i tennisti che perdevano le partite provare a giustificarsi nei modi più assurdi e, spesso, anche divertenti e fantasiosi: chi ha perso perché gli spettatori parlavano, chi per la goccia di sudore nell’occhio proprio durante il punto più importante, chi per colpa del sole in viso, chi perché era nervoso dalla mattina, chi perché quel giorno è stato sfortunato, chi perché stava pensando ad altro. Raramente ho sentito dire di aver perso perché l’avversario fosse superiore. Si potrebbe scrivere un libro al riguardo e nella vita quotidiana noto le stesse difficoltà ad ammettere che siamo noi stessi i responsabili di ogni situazione.
Dare la colpa a fattori esterni per tutte le cose negative che accadono è molto facile ma non risolve nulla, rimane comunque una scusa. Bisognerebbe rendere le persone consapevoli che si attrae ciò che si pensa e che la maggior parte degli episodi che succedono nella nostra vita sono frutto del nostro modo di pensare, delle preoccupazioni e del vedere tutto in maniera negativa. Un altro aspetto che contraddistingue il tennis, e che mi piace in particolar modo, è l’ambiente pulito e leale basato sul rispetto reciproco. Ci sono degli insegnamenti mirati che vengono inculcati fin dalle prime lezioni ai bambini in modo che questo effetto sia ben radicato e che, crescendo, diventino veri e propri automatismi. Un concetto che va insegnato è che dall’altra parte del campo non c’è un nemico ma soltanto un avversario di gioco che come te ha voglia di giocare e divertirsi. Per molti sembra ovvio, ma lo si dimentica. Quando il tuo avversario fa un bel punto è prassi dirgli “bravo!” riconoscendo il suo merito. Anche se dentro ti rode aver perso quel punto tu gli dirai che è stato bravo; ma vedrai quanta soddisfazione quando lo diranno a te! Devi sempre essere onesto e sincero nel segnalare se la pallina è andata dentro o fuori perché vincere una partita sapendo di aver barato non ti farà onore. Chi “ruba” un punto in campo chissà cosa è capace di fare fuori!
Al termine di ogni match si deve sempre stringere la mano al proprio avversario ringraziandolo per la partita. Questa consuetudine è un metodo utile per insegnare la riconoscenza verso chi ha passato del tempo con te ed insieme a te, seppur giocando. Al giorno d’oggi è fin troppo facile dare importanza a cose futili dimenticandosi l’importanza della gratitudine e del rispetto altrui, eppure basterebbero solo due semplici parole come “bravo” e “grazie”. Questo è il tennis dal mio punto di vista. Provatelo, in ogni caso il divertimento è assicurato.
Lele
Ho provato a giocare a tennis con gli amici, non ero molto veloce ma mi divertiva molto questo sport. Certo c’è da sudare per raggiungere certi livelli, grazie per aver condiviso la tua passione per questo sport.
Tempo fa giocavo a tennis ed è proprio vero che si tratta di uno sport molto interessante ma estremamente impegnativo anche da un punto di vista psicologico. Mi è piaciuto molto questo articolo!