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In questo periodo abbiamo tutti assistito a scene che mai credevamo sarebbero potute accadere. Con una propaganda martellante, e con la paura di essere multati e di perdere il lavoro, sono riusciti a creare un clima d’odio che non si vedeva dai tempi del nazismo. In breve tempo, chiunque abbia deciso di riflettere un minimo su ciò che stavamo vivendo è stato immediatamente etichettato ed emarginato, ed è stata creata una frattura profonda e insanabile: un noi e un loro. C’è stata anche e soprattutto tra gli stessi parenti ed amici, e a volte è stata ben visibile a causa delle discussioni animate, altre volte più sottile, ma reale e percepibile. Abbiamo assistito alla degenerazione della situazione nell’estate del 2021, quando si è iniziato a parlare di obbligo di green pass a lavoro, e ho visto persone sperare fino all’ultimo che non stesse accadendo davvero, persone disperate che non sapevano cosa avrebbero scelto, se avrebbero dato un buon esempio ai loro figli restando fedeli ai loro ideali fino all’ultimo, o se si sarebbero sacrificati perché non avevano più alcun risparmio. E poi ho visto, con grande orrore, persone essere felici dell’obbligo, perché avrebbero potuto approfittare del licenziamento o della sospensione degli sporchi no-vax, o anche solo per pura cattiveria. Ho sentito diverse storie di persone in queste difficoltà, e ho deciso di raccontarne alcune dei miei conoscenti. Parto dall’esperienza di un conoscente, che chiameremo F. Lui aveva iniziato anni fa il tirocinio in un’azienda, e dopo molti anni, aveva finalmente ottenuto l’indeterminato, ma il caso ha voluto che ci sia riuscito solo qualche mese prima dell’obbligo di green pass! Lui da tempo rifletteva sul fatto che qualcosa non quadrasse in ciò che stava accadendo, già dal primo lockdown, e più andavano avanti con provvedimenti illegali più si convinceva che mai e poi mai si sarebbe piegato. A lavoro erano iniziate le prime derisioni fino ad arrivare a insulti più pesanti, in cui veniva additato come untore e gli auguravano la morte: reputavano più che giusta la sospensione, e gli auguravano ogni giorno di ammalarsi e che gli venissero rifiutate le cure. La situazione era psicologicamente molto pesante da reggere, ma il vero colpo è stato quando finalmente era riuscito ad ottenere l’indeterminato: dopo che è stato introdotto l’obbligo di green pass, è stato immediatamente sospeso. In azienda alcuni stavano resistendo ma alla fine hanno ceduto, lui invece è voluto restare fedele ai suoi principi a qualunque costo. Per due anni è stato sospeso, e al momento del ritorno al lavoro la situazione non è affatto migliorata, perché le vessazioni e soprattutto le pressioni da parte dei suoi superiori continuavano. Non riusciva a spiegarsi il motivo di questo accanimento, perché era ormai il solo in tutta l’azienda a non essere vaccinato, e se fosse solo una questione sanitaria non ci sarebbe stato alcun problema… ma sappiamo bene che tutto quello che è accaduto non ha nulla a che vedere con la sanità. A conferma di questo scoprirà che l’azienda ha ricevuto dei finanziamenti, e se risulterà che avranno raggiunto il 100% dei vaccinati riceveranno una cospicua somma di denaro. Finalmente si spiega perché l’azienda teneva così tanto alla salute di quell’unico suo dipendente… quanta premura! Anche se l’obbligo è decaduto l’offerta fatta all’azienda è ancora valida, ed è il motivo per cui cercano di sfiancarlo in tutti i modi, assegnandoli turni di notte e carichi di lavoro più pesanti di quelli dei suoi colleghi. Un’altra situazione di discriminazione che vorrei portare alla luce è quella avvenuta nelle università: anche se non si tratta di lavoratori, si è trattato di giovani ragazzi che da un momento all’altro si sono visti negare opportunità di tirocini e formazione (dopo tasse salatissime e anni di studio e sacrifici).
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Anche qui, una grande prova di come tutto sia stato fatto solo e soltanto per la nostra salute: quando è stata adottata la misura del green pass, molte università non hanno più permesso né la didattica a distanza né gli esami, e non per motivi di formazione ma per motivi discriminatori: solo in questo modo chi non aveva il green pass non poteva entrare, e avrebbe perso qualunque opportunità di andare avanti nel percorso. Uno dei casi più noti è stato quello dell’università di Trieste, in cui hanno dichiarato: «Noi non possiamo far finta che non esista l’obbligo per gli studenti universitari di avere il green pass: l’obbligo serve per spingere gli studenti a vaccinarsi, non per garantire ai no vax di stare a casa e fare gli esami a distanza». https://www.corriere.it/scuola/universita/21_agosto_30/universita-trieste-niente-alibi-novax-green-pass-anche-fare-esami-distanza-5455c5e2-0966-11ec-9dd3-3cdc96ff46f7.shtml. Alcuni miei conoscenti hanno deciso di recarsi nelle università anche senza green pass per seguire alcune lezioni, ma hanno rinunciato dopo poco. Innanzitutto perché hanno provato un terrore indescrivibile nell’essere scoperti: cercavano di sedersi il più possibile in disparte e di non essere notati, tremando dalla paura come se fossero dei criminali ricercati che stavano per essere scoperti, quando si trattava di ragazzi che volevano solo seguire le lezioni e avere il diritto di studiare come tutti gli altri. Anche perché le tasse universitarie le pagavano, anche loro come i vaccinati, eppure studiare all’università non gli era concesso?! Oltre questo, all’interno dell’università in generale c’era un clima molto pesante, perché sia da parte dei professori che degli stessi studenti c’erano ogni giorno parole di astio puro contro chi non si era vaccinato, ed era ormai il principale argomento di conversazione. Questo dipendeva però dalla facoltà, perché in alcune erano più flessibili, in altre molto meno. Ho una testimonianza indiretta su un ragazzo che aveva provato ad entrare senza, e oltre al tizio della portineria che ha urlato che non poteva entrare (molto forte, affinché tutti i ragazzi intorno sentissero!) è stato presto circondato da questi stessi ragazzi che gli hanno urlato contro e lo hanno quasi picchiato. La violenza contro i non vaccinati improvvisamente non è più considerata violenza. In altri casi invece, ci sono stati “solo” inseguimenti e sputi addosso, come nel caso di una ragazza che aveva provato a seguire le lezioni ma dichiarando apertamente di non essere in possesso di nazipass. Questo è quello che l’università è riuscita a sfornare, una massa di codardi che si sentono forti quando si tratta di discriminare in gruppo un ragazzo o una ragazza innocenti. Gli stessi che alle manifestazioni contro il green pass (in cui molte persone hanno lottato anche per i loro diritti!) se capitavano da soli realizzando di essere una minoranza, tenevano la testa bassa. Un’ultima testimonianza che vorrei condividere è quella di una ragazza che chiameremo C., che nel periodo dell’obbligo di green pass ha lavorato come cameriera. Era in difficoltà economiche e aveva davvero bisogno di quel lavoro, che aveva trovato non molto tempo prima che venisse introdotto l’obbligo. Arrivava a lavoro con molta ansia ogni volta che vedeva un’auto della polizia o una camionetta dei militari lì vicino, perché c’è stato un periodo in cui erano iniziati numerosi controlli a tappeto. In tutta la sua vita non li aveva mai visti per situazioni davvero gravi, come sfruttamento a lavoro o casi di droga, ma per buttare fuori delle persone che volevano solo lavorare per sopravvivere e mantenere le proprie famiglie, erano prontissimi e fieri di agire. Arrivata a lavoro, per i primi tempi non ha subito discriminazione perché non aveva ancora detto di non avere il green pass, ed ha assistito a scene davvero surreali. Una che mi è rimasta davvero impressa, è stata quella di una coppia sposata con un figlio, che voleva stare all’interno, ma uno di loro aveva il green pass e l’altra no. Il titolare rifiuta con convinzione di farli stare tutti all’interno, perché non lo reputava giusto, e ha proposto che stessero tutti fuori oppure di dividerli, con padre e figlio all’interno e la moglie all’esterno: scene di cui ho sentito parlare solo nel periodo del nazismo, quando dividevano anche le stesse famiglie nel caso ci fossero ebrei all’interno del nucleo familiare.
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Un’altra cosa che l’aveva colpita era la superficialità dei clienti non solo sul tema del green pass in generale, ma sulla loro stessa salute. Parlando con alcuni clienti infatti ha scoperto che moltissimi avevano avuto reazioni avverse gravi, uno in particolare aveva raccontato che da quando lo aveva fatto si svegliava quasi ogni notte con la tachicardia e il cuore a mille, spesso non riesce più a respirare e le prime volte ha dovuto chiamare il 118. Raccontava tutto quello che gli era successo ridendo, come se la sua salute e la sua vita fossero un gioco! Arriva il momento in cui riferisce al titolare di non essere in possesso della tessera verde, e per i primi tempi le dice di non preoccuparsi e che non lo avrebbe chiesto. Dopo qualche giorno però inizia a notare qualcosa di strano, e gli stessi colleghi con cui prima parlava e scherzava tranquillamente avevano iniziato ad allontanarla, salutandola a malapena. Erano iniziati a capitare inoltre degli strani incidenti e dimenticanze, che capitavano sempre quando c’era di mezzo uno dei suoi colleghi, ma nonostante fosse evidente che era dovuto a lui facevano ricadere sempre e comunque la colpa su di lei, le urlavano contro quando qualsiasi cosa non andava dandole colpe che non aveva. Era palese l’intento di spingerla a licenziarsi, le assegnavano anche più mansioni rispetto agli altri camerieri che potevano permettersi di perdere tempo, mentre lei non poteva fermarsi un attimo a respirare che subito le davano contro. Una parte che mi ha davvero schifata è stata quella riguardo alla cena: i primi tempi, com’è normale e giusto che sia, cenavano tutti insieme prima di iniziare il servizio. Dopo questo episodio stranamente quando c’era lei di turno non c’era mai tempo, e si ritrovava a digiuno dall’inizio del servizio (17-18) fino all’una di notte. L’atmosfera era davvero pesante soprattutto psicologicamente, ma aveva davvero bisogno di quel lavoro e cercava di tenere duro. Quando hanno visto che non aveva intenzione di andarsene, le hanno detto esplicitamente che temevano i controlli e che nessuno gli garantiva sicurezza, e quella stessa sera venne mandata a casa perché, a detta loro, stavano lavorando di meno e le avrebbero fatto sapere in futuro se ci sarebbe stato ancora bisogno. Non appena viene introdotto l’obbligo di super green pass, C. viene cacciata ed eliminata dal gruppo, senza un avviso e senza nemmeno essere salutata. In questo periodo sto vedendo sempre più superficialità e voglia di lasciarsi tutto alle spalle, alcune volte addirittura dalle stesse persone che sono state discriminate. Ho voluto condividere queste testimonianze anche per questo motivo, perché non dobbiamo lasciare che la voglia di tornare alla “normalità” finisca per azzerarci la memoria e soprattutto la nostra coscienza: nulla di quello che ci è stato fatto deve essere dimenticato.
Karen