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Nel capitolo precedente, abbiamo parlato della respirazione aerobica. Divisa in più step ovvero la glicolisi a piruvato, il ciclo di Krebs con l’ossalacetato e la fosforilazione ossidativa con l’ossigeno. Processi che sono gli stessi per noi umani, per gli animali, per le muffe e moltissimi batteri.
Ora, per dare un’occhiata rapida e indolore alla chimica, vediamo la reazione globale che avviene:
C6H12O6 + 6O2 = 6CO2 + 6H2O
Senza troppo turbamento, C6H12O6 è il glucosio, O2 è l’ossigeno, la CO2 è l’anidride carbonica prodotta, e H2O è l’acqua. Questa reazione è una reazione di combustione ma noi non siamo stufe a pellet e il nostro corpo ha trovato la maniera per far avvenire questa reazione senza dover diventare come Fiamma dei Fantastici 4. Che saggio!
Naturalmente questa reazione libera molto calore e anche se non vediamo il fuoco dentro di noi, questo calore è quello che ci mantiene alla nostra temperatura corporea.
Oltre alle respirazioni aerobiche, esistono anche la respirazione anaerobica e le fermentazioni, che hanno i microrganismi. Spesso sono indicate come sinonimi ma non sono la stessa cosa!
Avevamo visto che in noi gli elettroni vengono smaltiti appioppandoli all’ossigeno. Nel caso della respirazione anaerobica i primi passaggi sono gli stessi, quello che cambia è l’ultimo passaggio. Non è l’ossigeno a prenderseli ma sarà qualcos’altro. Cambia la vittima finale ma il piano malefico è lo stesso. (In realtà di queste non ci interessa molto ma volevo citarle perché esistono anche loro).
In pratica, come ogni città ha il proprio sistema di smaltimento dei rifiuti, i microrganismi hanno un modo per assimilare energia da ciò di cui si nutrono ed espellere ciò che non serve. C’è chi lo fa in modo più pulito, come le respirazioni appena viste, e chi lo fa in modo meno pulito: le fermentazioni.
I processi fermentativi non consumano il glucosio fino ai minimi termini ma producono delle sostanze organiche, diverse a seconda del tipo di fermentazione.
Vi immaginate un mondo senza yogurt, senza formaggi, senza pizza, senza salsa di soia (e quindi con un sushi meno gustoso), senza caffè e senza cioccolato?? Sarebbe un mondo molto triste…
Con la fermentazione si ottengono tantissimi prodotti, tra cui anche il vino e la birra (di cui potremmo benissimo fare a meno). Ma come fanno i batteri?
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Guardiamo questo schema, senza troppa paura. Il metabolismo del glucosio, quello che abbiamo visto noi, è quello che da piruvato va al ciclo di Krebs (freccia rossa). Come puoi vedere, però, batteri diversi possono avere vie metaboliche diverse, quello che cambia è il destino del piruvato.
Vediamone alcuni esempi! Iniziamo con la mia preferita: la fermentazione lattica!
In questo caso il piruvato non segue il ciclo di Krebs ma viene bersagliato lui direttamente dagli elettroni, trasformandosi così in acido lattico (vedi la freccia verde nell’immagine sopra). Questa reazione è la stessa che avviene nei nostri muscoli quando non arriva abbastanza ossigeno. Per noi è un meccanismo che si attiva in casi eccezionali ma per molti batteri è lo stile di vita. Quindi mangiano glucosio e liberano acido lattico. Se crescono sul latte si ottengono vari latticini (con processi e microrganismi opportuni chiaramente).
Si scelgono quindi microrganismi non patogeni per produrre i vari cibi fermentati, è qualcosa che si conosce fin dall’antichità e fa parte della nostra vita quotidiana e della nostra cultura, non è una moda degli ultimi anni.
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Con la fermentazione lattica però non si ottengono solo latticini, è anzi lo stesso tipo di fermentazione del crauti, dei cetrioli e delle olive in salamoia.
Inoltre, oggi l’acido lattico da fermentazione lattica si può utilizzare in vari settori: come acidificante e conservante alimentare, nell’industria farmaceutica e nell’industria tessile. Non solo, quei geni dei chimici sono anche riusciti ad utilizzarlo per produrre un tipo di plastica: il polilattide!
Nel caso della fermentazione alcolica, invece, si produce alcol (etanolo), sempre a partire da piruvato. La fermentazione alcolica è una delle più comuni ed è anche molto interessante, perché da essa si ottengono moltissimi prodotti e non solo gli alcolici! Da essa si ottengono principalmente tre tipi di prodotti: bioetanolo, alcolici e lievito. Vale la pena spenderci due parole.
Il vino viene prodotto dalla fermentazione (alcolica) del mosto d’uva, ad opera di batteri Saccharomyces, tradotti in italiano come saccaromiceti, già presenti sui chicchi d’uva. Per chi ha visto una vigna, avrà notato che sopra i chicchi d’uva si forma una patina che sembra una polvere, sono i batteri che poi fermenteranno il mosto.
La birra si ottiene invece dalla fermentazione del mosto d’orzo (il luppolo invece dà l’aroma).
I superalcolici si ottengono dalla distillazione, in particolare il bourbon dalla distillazione di “vini” di mais, il whisky dal “vino” d’orzo, il rum dal “vino”di canna da zucchero, il sakè dal “vino” di riso, la tequila dal “vino” di agave, il gin dal “vino” di ginepro, la vodka dal “vino” di patate o grano.
Anche i prodotti lievitati in realtà seguono la fermentazione alcolica. Infatti, il lievito aggiunto all’impasto cresce consumando zuccheri e produce alcol e anidride carbonica. Per questo motivo si consiglia di aggiungere un po’ di zucchero nell’impasto per il pane o per la pizza, perché farà crescere meglio i batteri e quindi favorirà la lievitazione. Ma che fine fanno l’alcol e l’anidride carbonica? Quest’ultima rimane intrappolata in bolle nell’impasto ed è per questo motivo che il tutto si gonfia e che il pane è poroso.
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In tutti quei pori ci stava infatti l’anidride carbonica prodotta dai lieviti. L’alcol invece evapora durante la cottura ed è per questo motivo che i prodotti da panificazione non sono alcolici, per fortuna!
Il lievito di cui abbiamo appena parlato non è il lievito chimico ma il lievito di birra.
Infine, con la fermentazione alcolica, si produce il bioetanolo, che viene utilizzato come carburante. Il bioetanolo assieme al biodiesel, al bioidrogeno e al biometano fa parte della categoria dei biocarburanti. Tutti quanti ottenuti attraverso metodi fermentativi. Hanno l’etichetta “bio” perché sono prodotti in maniera naturale e gli scarti di questi processi sono biodegradabili.
Esistono vari microrganismi con differenti vie metaboliche, che producono uno o più di questi prodotti da fermentazione. Perciò ci saranno batteri che producono acido acetico, altri che producono acetone, butanolo o altro.
Questi batteri sono molto interessanti!
Ma anche utili.
Sì, perché questo è ciò che la natura ci dona ma l’uomo oggi ha fatto passi in avanti e capito come usare le fermentazioni a suo vantaggio. Lo vedremo nel prossimo capitolo sulle biotecnologie.
Vì e Davide D.
Grazie a questi articoli che avete scritto mi sono appassionata molto all’argomento. Prima lo ignoravo perché in qualsiasi libro e in qualsiasi sito usavano paroloni incomprensibili per me, quando in realtà come argomento non è nemmeno molto difficile ed è molto interessante, specialmente perché fa parte della nostra vita da sempre e sono processi che avvengono anche nel nostro corpo! Grazie per questi articoli, sono molto interessanti e fanno capire che la scienza non riguarda solo chi la studia in modo approfondito, ma è parte della nostra vita e ogni giorno ce la ritroviamo davanti senza farci caso. Graziee!!