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La testimonianza che sto per raccontare, mi riguarda molto da vicino, poiché interessa me personalmente e uno stretto familiare, mio fratello. Circa sette anni fa, mio fratello, allora cinquantenne portati alla grande, sembrava un ragazzino, ebbe un ictus. Purtroppo le sue condizioni sin da subito apparvero drammatiche. Operato d’urgenza per bloccare l’ emorragia che stava espandendosi all’interno del cervello, ne uscii vivo per miracolo. Dopo una lunga degenza in vari ospedali della regione, ed una penosa e dolorosa riabilitazione, ne usci con una diagnosi di paralisi di tutta la parte destra del corpo, difficoltà del linguaggio, perdita di buona parte della memoria e difficoltà a ricordare nel medio e piccolo termine. Raccontare il motivo che fece subire a mio fratello l’ictus, richiederebbe una storia a parte. Come una storia a parte richiederebbe il racconto degli anni vissuti a casa con i miei genitori, prima di venire portato in una struttura per anziani ovvero un RSA, a soli 57 anni , dicevano solo per qualche tempo. Poco dopo e stato affidato ad un tutore, nominato da un giudice, per evitare la mia intromissione sulle future decisioni generali che lo riguardavano, dal momento che per quello che mi era possibile ho sempre cercato di evitargli il peggio, cercando di offrigli opportunità per stare meglio e inoltre gli facevo protezioni psichiche, e Guarigione Energetica, ottenendo anche di risultati apprezzabili. Purtroppo non mi è stato possibile continuare a fare guarigione, a causa di impedimenti che non posso raccontare perché uscirei troppo dal tema principale. Ma voglio solo dire che quando si nasce in una famiglia di genitori, il cui intento è quello di annientare lo scorrere armonioso della vita che esprime tutta la sua bellezza ed unicità, negli intenti del proprio figlio, lo sporcarsi e conseguentemente, se non si è abbastanza forti, lo spegnersi della vita è solo questione di tempo. Così mio fratello venne ricoverato nel 2021 a metà del periodo del Farsavirus . Dopo i prime tre mesi di permanenza nella struttura, ci dissero che potevamo fargli visita. Le visite ai propri cari ricoverati si effettuavano solo su appuntamento per una durata al massimo di 10 minuti. I ricoverati venivano accompagnati da una infermiera in questo enorme atrio e portati davanti ad una barriera divisoria di plexiglass , dove dall’altra parte lo aspettava il parente munito di maschera, guanti, green cazz e distanza di sicurezza. Non potevi toccarli, stringergli la mano, abbracciarli, fargli sentire tutto l’amore di cui avevano bisogno , si vedeva chiaramente il volto smarrito e incredulo di questi poveri anziani, che si vedevano privare dell’affetto dei propri cari. Era una pena assistere a questa scene. In quella prima occasione accompagnai mia madre(la prima delle 2 sole volte in cui andrà a fare visita al proprio figlio) ed in quell’occasione chiesi, pur sapendo delle strette regole che vigevano in quel periodo, di poter entrare benché senza il tampone e senza greencaz, ma attenendomi a tutte le norme di sicurezza del caso. Naturalmente non acconsentirono. Poi, però, osservando bene dove venivano svolti i colloqui, in questo enorme atrio a forma circolare chiuso da vetrate che davano sul giardino , pensai che dalla vetrata avrebbe potuto almeno vedermi e mi ci infilai dentro iniziando a chiamare mio fratello a gran voce, e battere le mani sul vetro. Fu impossibile non notarmi e pure lui mi vide e cosi si fece portare a malavoglia dall’infermiera davanti alla vetrata, ed in quell’occasione riuscii a vederlo e parlargli, sebbene divisi dalla vetrata. Almeno una volta ogni 15 giorni, data anche la notevole distanza che ci divideva, circa un ottantina di chilometri, con la scusa di portargli delle prelibatezze che lui tanto gradiva, speravo di trovarlo nei pressi dell’atrio e almeno poterlo vedere e parlargli anche solo per un attimo, ma guarda caso in qualsiasi orario andavo non lo incontravo mai. Era sempre impegnato o da un’altra parte. Si era sparsa la voce sull’ospite molto indesiderato, ovvero io.
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Poi dopo qualche tempo a questa parte quando ormai le restrizioni si erano allentate decisi di ritornare all’attacco per vedere di ottenere un incontro. Non era possibile continuare con questo tira e molla. Devo fare una premessa, giusto per far comprendere quanto stessi ‘’simpatica’’ a tutto il personale, ma soprattutto al primario della casa di riposo, per non parlare poi di mia sorella strega. Mio fratello è un sostenitore della medicina omeopatica, e quindi delle sue leggi, di cui ancora adesso per certi aspetti ne conserva il ricordo, in particolare quando si menzionava la pericolosità dei vaccini. E quando tentarono in tutti modi di obbligarlo a fare il vaccino mortifero,al suo ennesimo rifiuto iniziarono i soprusi del tipo, allora non puoi uscire devi rimanere nella tua stanza, oppure sei obbligato a fare tutte le settimane due tamponi, con il benestare e spinte di mia sorella accesa sostenitrice del vaccino, arrivata alla quarta dose, ma ahimè per il momento ancora viva. Ogni volta che ci sentivamo al telefono gli davo il mio manforte, ricordandogli sempre gli effetti negativi che il vaccino produce e di tenere duro, e che in un qualche modo l’avrei aiutato. Quando seppi, poi che mia sorella aveva chiesto al tutore, ovvero alla sua amica di trovare il modo di obbligarlo a fare il vaccino iniziai ad incazzarmi parecchio. Volevano farlo credere totalmente incapace di intendere e volere. Ma non avevano fatto i conti con me, o meglio con tutte le informazioni che avevo acquisito riguardo all’illegalità dell’obbligo vaccinale e all’impossibilità di costringere alcuno a farlo. Avrebbero rischiato molto grosso, temendo anche che io parlassi rivelando il loro intento a qualcuno del settore, un avvocato per esempio, che si sarebbe preso cura del caso. Non conoscevo nessuno personalmente, ma ho dato ad intendere che fossi in contatto con un’ associazione di avvocati che gratuitamente si occupavano di difendere gli assistiti da ogni abuso legato all’obbligo vaccinale. Giusto per intimidirle ulteriormente, e farle desistere dal loro malevolo obbiettivo. Per fortuna, mi andò bene, e si tirarono tutti indietro. Ad ogni modo, almeno sino ad oggi nessuno ha più tirato in ballo il discorso del vaccino. Però, ancora non mi ero arresa, volevo vederlo, le restrizioni si erano ulteriormente allentate eravamo a Giugno. Così telefonai per l’ennesima volta dicendo loro che avrei portato dei pasticcini per mio fratello e che se era nei paraggi magari gli avrei fatto almeno un saluto, ribadendo che tutte queste regole erano eccessive e prive di senso, sarei rimasta in giardino e lui all’interno della struttura, ma che problema c’era? che problemi hai? L’infermiera sembrava essersi ammorbidita. Così mi presentai all’appuntamento con il mio vassoio di pasticcini. Come mi avvicinai alla struttura intravidi dal vetro un uomo che si aggirava per l’atrio con fare ansiogeno, che guardava proprio verso la mia direzione, stava aspettando proprio me. Era il primario della struttura, e notai subito che non aveva il camice indossato. Appena mi vide si avvicinò alla porta vetro automatizzata con fotocellula, restando in mezzo per non farla richiudere. Mi chiese chi fossi, come se non lo sapesse altre volte ci siamo incontrati e salutati. Per l’occasione ero anche senza mascherina, figuriamoci, eravamo all’aperto, al massimo la indossavo quando entravo nella struttura, e poi comunque a dire il vero, l’avevo lasciata in auto, me ne ero proprio dimenticata. Mi guardò tra il disgustato, e l’impaurito, come se avesse davanti un essere’’non ben identificato’’. Allungò le braccia e tendendosi anche con il corpo per non staccare i piedi dalla sua zona protetta, prese il contenitore dei dolci, fece un balzo indietro cosi che la porta si chiuse immediatamente dietro di lui e se ne scappo via, senza darmi il tempo di aggiungere altro. Il vigliacco è scappato. Non è stato in grado, o forse nemmeno ha voluto confrontarsi con me, non lo riteneva necessario, in quanto niente lo avrebbe smosso dalle sue ragioni. E’ così e basta, questa frase era impressa e vissuta in ogni millimetro del suo essere. Ma io non ho ancora finito, e con o senza appuntamento ci ritorno ancora.
Antonella
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