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Mi piacerebbe mettere per iscritto alcuni fatti accaduti nel 2021, riguardo il periodo in cui il lasciapassare nazista è stato creato e utilizzato. Sento il bisogno di raccontarlo qui, per me stessa e per chi ha vissuto una situazione simile alla mia, ma anche per permettere ad altri che non hanno vissuto queste esperienze di conoscere un punto di vista diverso.
Ciò che vorrei ricordare non sono solo i fatti ufficiali che ormai sono risaputi, ma soprattutto la realtà quotidiana che è stata vissuta dalle persone che hanno scelto di ribellarsi alle imposizioni che arrivavano dal governo, che hanno vissuto un periodo molto intenso, spesso venendo ignorati dal resto delle persone che non si accorgevano di quanto le loro vite fossero state stravolte da questa scelta. In particolare vorrei parlare delle discriminazioni sui luoghi di lavoro createsi nel momento in cui il governo italiano, a partire dal 15 Ottobre 2021 ha emanato un DPCM che vietava di accedere ai luoghi di lavoro a chiunque non fosse in possesso della Certificazione Verde (in altre parole il lasciapassare “sanitario” Nazista ottenuto tramite vaccinazione o tampone ogni 48 ore). Si trattava di una legge di fatto illegale, poiché inferiore di rango rispetto alla costituzione e in conflitto con essa, che si sarebbe dovuta annullare nel momento stesso in cui è stata emessa, ma è stata propagandata a tal punto da essere seguita dalla stragrande maggioranza delle aziende, grandi o piccole che fossero.
A causa di queste scelte del governo la vita di molti è cambiata, è stata stravolta, soprattutto quella di chi non aveva intenzione di piegarsi a questa legge insensata. Le motivazioni che spingevano queste persone, tra cui me e molti altri, erano tante e diverse. Chiunque dovrebbe poter scegliere i trattamenti sanitari di cui si fida e non essere obbligato da uno sporco ricatto a farsi iniettare un “vaccino” approvato in fretta e furia senza i dovuti test, ancora totalmente sperimentale e che sin dalle prime settimane stava già mietendo vittime. Chiunque in uno Stato democratico dovrebbe avere accesso a più tipi di cure e avere diritto di scelta e di privacy, invece di essere obbligato a dichiarare le sue scelte vaccinali per avere diritto di accedere al luogo di studio o lavoro. Nessuno dovrebbe essere sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio, di cui ci sono già svariate testimonianze dei danni irreversibili che può fare (sarà un caso che questi “vaccini” fossero prodotti proprio dalle case farmaceutiche più marce e già macchiatesi di numerosissimi omicidi negli anni passati?) per avere diritto al lavoro, per portare a casa uno stipendio per sopravvivere e nutrire la propria famiglia. Ma in quel momento anche i diritti umani fondamentali stavano crollando davanti a quella “legge”. C’è chi è riuscito ad aggirarla, chi ha dimostrato coraggio tenendo aperta la propria azienda e accettando ogni lavoratore senza richiedere a nessuno il lasciapassare e prendendosene il rischio; c’è chi si è dovuto piegare alla coercizione del vaccino o dei tamponi per poter lavorare e portare a casa i soldi per far sopravvivere la famiglia, e chi invece ha perso il lavoro – o è stato sospeso senza stipendio per 7 mesi, nonostante all’inizio dovessero essere massimo 2. Ognuno dei diversi casi, soprattutto gli ultimi due, subendo delle conseguenze negative che non meritava, troppo gravi per essere ritenuti accettabili.
Ciò che vorrei raccontare è il mio punto di vista diretto, da persona che ha scelto di non piegarsi al ricatto del lasciapassare Nazista e ha subito diversi tipi di discriminazioni e ingiustizie. Non è giusto tacere, le persone che hanno subito questi trattamenti sono troppe e queste ingiustizie non si possono ignorare e lasciare impunite, o peggio, lasciare che si ripetano. Lo chiamo Lasciapassare Nazista perché la sua funzione, insieme alle discriminazioni perpetrate dalle persone che lo difendevano per molti versi potrebbero ricordare quelle dell’epoca. Perché mentre il lasciapassare toglieva i diritti umani a troppe persone, allo stesso tempo la propaganda istigava tutti gli altri a riversare tutta la loro violenza e odio sugli stessi capri espiatori.
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La prima stranezza che ho notato è stata che le discriminazioni sono iniziate molto tempo prima di quando avrebbe avuto senso, cioè ancora prima che il lasciapassare servisse davvero a qualcosa. Durante la primavera 2021 le vaccinazioni erano iniziate da pochissimo, non c’era ancora nell’aria il minimo sospetto che i Sieri sarebbero stati resi obbligatori; ma la violenza psicologica e verbale era già in atto, per fare sentire i “non vaccinati” come se fossero gli unici strani, diversi, isolati, e spingerli a farlo per tornare a essere considerati “normali”, bravi e intelligenti “come tutti”. Anche quando vaccinarsi era una scelta “libera”, la propaganda stava già facendo leva sulla “diversità” per isolare le persone e convincerle a vaccinarsi, ma anche un bullismo insensato iniziato dal nulla. I non vaccinati erano diventati il capro espiatorio di qualsiasi problema ci fosse nella società, in realtà causati dal governo stesso, e tutto l’odio represso dell’intera popolazione veniva riversato su di loro perché “era giusto così”. Le vaccinazioni erano appena iniziate, e già era stato coniato il termine “no-vax” per racchiudere tutti sotto un’etichetta piena di pregiudizi, e già si parlava di come sarebbe stato “sensato e giusto” chiuderli tutti in un campo di concentramento. Usando proprio queste parole, tanto bastavano i mass media a dire che “non era nazismo” e tutti ci credevano! Ho notato tutto questo osservando i comportamenti tra le persone attorno a me, soprattutto i colleghi di lavoro, un gruppo interessante da osservare perché eterogeneo per età, provenienza regionale, stile di vita, interessi e opinioni, ma che in quel momento stavano subendo la stessa precisa manipolazione. Sembravano seguire tutti lo stesso copione. Sin dalla primavera 2021 sui social e in televisione si è sparsa da subito molta violenza contro chi non si era ancora vaccinato, e la gente ne veniva manipolata a tal punto che nei dialoghi quotidiani era diventato normale scherzare su come sarebbero morti i no-vax, e se non fossero morti da soli per il covid – da cui loro erano convinti di essere protetti ma continuavano a indossare le mascherine e ammalarsi anche più degli altri – su come li avrebbero ammazzati violentemente o guardati torturare da medici che sfogavano su di loro tutta la loro innata crudeltà repressa. Su queste battute ridevano anche persone molto diverse tra loro, che non erano mai andate d’accordo, ma su questo argomento la pensavano tutti uguale e andavano d’accordo come mai prima d’ora. E credetemi, era davvero brutto ritrovarsi in quell’ambiente e sentire quelle frasi, quella cattiveria, dover rimanere in allerta e pronti a difendersi in caso avessero scoperto che tu eri “l’intruso”. Solo perché avevi un pensiero differente, perché dimostravi di tenerci alla tua salute!
Mantenere la propria privacy era diventato difficile, perché tutti dovevano sapere che eri vaccinato, e chi non ne voleva parlare destava da subito sospetto. Al posto di “come va” era diventato più normale chiedere in che data avevi fatto la prima dose, la seconda, di che marca e che effetti collaterali avevi avuto. Nessuno di loro stava più vivendo delle vite piene, si erano abituati a chiudersi su se stessi e cercando qualcosa per rendere più interessante la loro routine, si concentravano sulle notizie riguardanti la pandemia auto convincendosi di star vivendo una vita piena e sentendosi importanti se avevano fatto la dose di una marca piuttosto che un’altra. Sembrava essere l’unica cosa che desse un po’ di sprint alle loro vite, dopo un anno che avevano accettato di lasciarsi chiudere in casa e farsi togliere tutto. Dal lato opposto, questa assenza totale di privacy è stata interessante per osservare tutti gli effetti collaterali che i colleghi lamentavano. E dato che chiunque stava male dopo le varie iniezioni, per loro restava comunque “normale”, “necessario” farlo, e chi arrivava a stare davvero malissimo, sosteneva che gli effetti collaterali fossero comunque “meglio del covid”. Ricordo in particolare una collega, che nel 2020 aveva fatto il covid. Essendo fortemente sovrappeso, quando si è presa questa forte influenza è stata male più di una settimana, facendo fatica a respirare per i primi 3 giorni, avendo febbre, mal di ossa, dolori e tantissima paura – forse messa dalla televisione e dal suo medico più che dal dolore in sé? – Lamentava che per più giorni le mancava il fiato quando saliva le scale, cosa alla quale non faccio fatica a credere dato il suo forte sovrappeso e il fatto che in 42 anni di vita non aveva mai svolto un briciolo di attività fisica, cosa di cui si vantava.
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Quindi secondo il suo racconto “il covid era stato terribile” quindi non vedeva l’ora di vaccinarsi. Dopo la seconda dose è stata a casa 3 settimane in cui veramente non riusciva più a respirare neppure stando immobile sul divano, aveva giramenti di testa e dolori fortissimi in tutto il corpo. È tornata al lavoro sconvolta perché non si era ancora
ripresa. Ma dopo poco tempo, dopo essersi dimenticata tutti quei dolori perché “è normale” averne dopo il vaccino, si definiva felicissima di averlo fatto. E soprattutto, “se lei aveva dovuto subire tutto questo, i no-vax erano dei bastardi e non era giusto che loro se ne sottraessero”, non era giusto che loro si dimostrassero più intelligenti di lei e attaccati alla vita. Un ragionamento perverso, ma che troppe persone stavano iniziando a fare e che aizzava ancora di più questa violenza nei confronti di chi aveva intrapreso una scelta diversa dalla loro (cioè non vaccinarsi).
Sul luogo di lavoro, prima di questa faccenda mi rispettavano tutti sia sul livello lavorativo che personale. Mi ponevo in modo sincero e positivo, quindi non avevo pedone che provassero antipatia per me. Anche dal punto di vista professionale andava benone: non sono mai stata una persona particolarmente forte o intelligente, ma ho notato che iniziando a praticare Meditazione ogni giorno la mia mente è molto più libera, sono più veloce a comprendere i ragionamenti rispetto a prima, ho più memoria e sicurezza in me stessa quando devo affrontare sfide nuove; questo ovviamente si riflette anche in ambito lavorativo, quindi nonostante fossi l’ultima arrivata per ciò che facevo e le mie responsabilità sembrava che fossi lì da anni, le colleghe mi rispettavano e la capo si fidava di me. Per colpa dell’assenza di privacy totale hanno scoperto abbastanza in fretta la mia scelta di non vaccinarmi (a loro avevo detto solo di volerlo rimandare perché per la mia situazione non ne vedevo il bisogno e essendo ancora sperimentale non mi fidavo, quindi ragioni comprensibili da tutti). Dato che il mio ragionamento aveva perfettamente senso, le mie colleghe che fino al giorno prima non sapevano che non ero vaccinata e anche davanti a me auguravano le peggiori cose ai “no-vax”, in mia presenza hanno iniziato ad andare in tilt. Prendevano in giro i no-vax per quanto fossero “stupidi a credere che il vaccino non sia fatto esclusivamente per il nostro bene”, poi dopo aver riso augurandogli la morte peggiore si giravano verso di me e si azzittivano. Però io ero lì da mesi a sentire questo odio tutti i giorni, cosa che non augurerei a nessuno, indecisa se dire qualcosa per difendere me stessa e queste persone, ma la maggior parte delle volte stando zitta per non tirarmi addosso questo tipo di attenzioni.
Rapidamente, quando il governo ha visto che l’affluenza agli hub vaccinali era abbastanza alta ma voleva aumentarla ancora, che l’odio verso i capri espiatori si stava fomentando sempre di più, ha constatato che la propaganda stava funzionando abbastanza e ha deciso di proseguire e spingersi ancora oltre. Hanno creato quindi il Pass Nazista, creato da un giorno all’altro, un lasciapassare da dare a chi era andato a farsi inoculare il “vaccino”. Prima serviva solo per farli sentire importanti, ma nel giro di pochissimi mesi lo hanno subito usato per vietare a chiunque non lo possedesse l’ingresso a tantissimi tipi di locali, negozi, servizi. Nella burocrazia italiana non si era mai visto qualcosa funzionare così velocemente. A inizio agosto il Green Pass era già richiesto per entrare in qualsiasi ristorante, bar, eventi, e tantissimi altri luoghi. Ma ancora non si parlava di impedire l’accesso ai luoghi di lavoro. Nella filiale in cui lavoravo non c’era una sala mensa, perché l’azienda non aveva voglia di pagare per metterla in regola. Quindi i colleghi che non avevano voglia di uscire a mangiare o di fare il viaggio fino a casa solo per la pausa pranzo, mangiavano nella saletta riunioni. Io ero tra questi, e si approfittava del pranzo per stare tutti insieme e staccare un po’ dal lavoro. Poco dopo che il Pass Nazista è diventato obbligatorio per entrare in bar e ristoranti, da un giorno all’altro è comparso il cartello sulla porta della sala riunioni: “Vietato l’accesso senza Green Pass”. Quando sono entrata a lavoro ho fatto finta di non vederlo, ma qualche minuto prima della pausa pranzo la capa esordisce chiedendomi se l’avevo visto.
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Ovviamente dicendomelo “per il mio interesse”, “perché quando lo aveva messo non c’ero e voleva assicurarsi che lo avessi visto”, con quella falsa gentilezza buonista, come se non fosse stata sua la colpa di averlo attaccato. Alla direzione, che era in un’altra sede e neanche sapeva che usavamo quella saletta per il pranzo, non sarebbe mai venuto in mente di attaccare quel cartello a caso sulla porta della sala riunioni. Al che io le ho risposto: “Bene, non abbiamo neanche diritto a un microonde perché non vogliono mettere in regola la sala mensa, ma l’obbligo al green cazz ce l’abbiamo?”. Ha abbassato lo sguardo e non ha avuto neppure le palle di rispondermi. Dietro di me sparlava alla grande, ma davanti a me non osava aprire bocca, perché avevo dimostrato più volte di essere più informata di loro e di poterle tranquillamente tenere testa e azzittirla coi fatti; piuttosto che ammettere a sé stessa di aver fatto un errore, preferiva dare ragione al suo orgoglio, rimanere volutamente nell’ignoranza e buttare quell’odio contro di me, nonostante non le avessi mai fatto nulla di male, nonostante all’infuori del rapporto lavorativo non avevamo nessun legame.
Pochissime settimane dopo, troppo velocemente per essere vero, viene fissata la data: dal 15 ottobre il Pass Nazista sarà obbligatorio per accedere a tutti i posti di lavoro. Quindi, o il Siero potenzialmente mortale, o i tamponi ogni 48 ore, che significavano non solo le sostanze di quei bizzarri cotton fioc inserite stranamente così vicine al cervello, ma anche il tempo perso in coda alla farmacia – e a giudicare dalla lunghezza delle code, la vedo difficile che fosse davvero vaccinato l’85% della popolazione – e il costo. L’importante era che entro il 15 ottobre si mostrasse sottomissione alla regola per poter lavorare. In quel momento un’altra collega che ancora non si era fatta il “vaccino” perché stava lottando con problemi di salute più gravi, si è sentita obbligata dalla pressione e dalla necessità economica. Il Siero ha peggiorato i sintomi delle altre patologie che aveva e l’ha costretta a rimanere a casa in malattia 3 mesi. Posso solo immaginare la sua sofferenza fisica e paura in quel momento, mentre nel frattempo le altre colleghe in ufficio la deridevano per quel comportamento “esagerato”. Si erano dimenticate che gli esseri umani ogni tanto provano anche empatia, rispetto degli altri e delle loro vite? Mi spiace molto per questa donna e per ciò che le è successo, e sarebbe orribile se anche altri dovessero continuare a subire questo trattamento.
Pochi giorni prima che il famigerato obbligo entrasse in vigore, la capo è venuta a sapere che le mie intenzioni non erano variate. Che io non avrei ceduto, non mi sarei piegata né al “vaccino”, né ai tamponi, unica alternativa. Da che a detta sua e di tutti ero una delle più brave, sveglie e intelligenti, sono diventata una “cretina irresponsabile che non si rende conto di dove sta vivendo”. Ma se la più intelligente dell’ufficio (non perché io fossi un gran genio, ma paragonata alle altre era facile vincere questa sfida) è anche l’unica a non cedere al ricatto, questo non gli ha fatto venire nessun dubbio su se stessa e sulle sue scelte? E una persona che era una delle migliori – a detta di tutti – fino a ieri, solo perché oggi mostra di avere un’opinione diversa da quella degli altri diventa automaticamente la persona peggiore che sia mai entrata nell’azienda? Si è pure permessa di prendermi da parte per “farmi un discorsetto”, come se si di me avesse dei diritti anche fuori dall’ambito lavorativo. Più che la capo dell’ufficio sembrava una matta che voleva farsi passare per mia madre o per qualcuno che avesse anche solo un minimo potere sulla mia vita personale. Mi ha rinfacciato di come fossi irresponsabile, di come non mi rendessi conto in che guaio stessi cacciando me stessa e tutte le persone che avrei contagiato. (Spoiler della me stessa del futuro: due mesi dopo che la “no-vax” se ne è andata via, l’intera filiale si è ammalata. Di 50 colleghi finché io ero lì non era mai successo nulla, ma quando io sono andata via ed è cominciata l’inoculazione della terza dose, si sono ammalati tutti uno dopo l’altro, stando uno peggio dell’altro, mentre io ho continuato a farmi la mia vita tenendomi ben stretta la mia salute e serenità!). Ha cominciato a farmi discorsi insensati buttandomi addosso le sue paranoie, come se fosse colpa mia se l’anno prima era convinta di avere il covid (a prescindere, per mesi di fila) e in casa sua allattava suo figlio con la mascherina.
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Sì, so cosa stai pensando: non solo ha fatto la cavolata, ma non se ne è neanche resa conto e lo racconta pure orgogliosa! Spero per il bambino che la madre attraverso il latte materno non gli abbia trasmesso la malattia mentale e che quando sarà abbastanza grande riesca a salvarsi scappando da quella casa. Ma soprattutto, più vedeva che io rimanevo calma e le rispondevo coi FATTI, con testimonianze mie, o di medici e infermieri che conosco di persona, che hanno dimostrato più volte che ciò che viene detto ai telegiornali sono solo fandonie, lei si indispettiva e inacidiva sempre di più. Ho raccontato questo solo per far comprendere quali menti geniali non solo mi stavano togliendo il lavoro, ma anche buttandomi addosso tutte le loro frustrazioni, perché erano
seriamente convinti di star buttando fuori dall’azienda “l’untore”. Il giorno stesso ha persino contattato i miei clienti principali per comunicargli che non avrei più lavorato lì perché non mi volevo vaccinare. La mia privacy è stata svergognata anche con perfetti sconosciuti. Mi ha fatto piacere che i clienti, che si erano affezionati nel corso del tempo, mi abbiano chiamata per salutarmi, mi ha fatto piacere perché senza le loro telefonate non avrei mai scoperto di questa mossa infida della capa. Una mossa che avrebbe meritato delle belle denunce, una mancanza di rispetto, e di rispetto della legge di protezione dei dati personali sensibili, che ricorderò. Inoltre, l’azienda ha bloccato ogni tipo di smart working a partire dal 15 ottobre, è stata una scelta della direzione per assicurarsi che nessuno usasse questa “scusa” per lavorare anche senza green pass, per far capire quanto fossero bastardi.
Così il rapporto di lavoro è stato troncato di netto e giovedì 14 è stato il mio ultimo giorno in quel postaccio. Senza alcun rimorso, tranne per lo stipendio che sono andata a riprendermi in un posto decisamente migliore. Le mie colleghe si sono mostrate spiaciute. Forse perché ora dovevano dividersi tutto il lavoro che prima facevo da sola? Forse un po’ anche con sincerità, dato che spero che il mio esempio, il coraggio dimostrato da una persona di cui tutti lì dentro fiducia, le abbia fatte riflettere almeno un po’. Resto comunque convinta che il loro comportamento non sia stato perdonabile. Hanno scelto di tuffarsi nell’incoscienza, di nascondere la testa come gli struzzi per non prendersi responsabilità per la propria vita, di contribuire a spargere il terrore per il virus e la violenza contro chi non si piegava al ricatto e questo non è perdonabile.
Mi sembrava doveroso testimoniare questa follia, per non dimenticare, ma anche per farci forza in questa lotta, per non permettere mai più che si avverino simili situazioni e discriminazioni. Sempre più persone stanno aprendo gli occhi, spegnendo la televisione e accorgendosi che la realtà sta andando molto diversamente da quel che credevano. Hanno creduto alla favola che i Sieri ci avrebbero riportati alla “normalità” e che il lasciapassare sarebbe stato “utile all’economia”, ma ora anche chi era cieco e sordo non può più fingere di non vedere la verità. Noi che abbiamo resistito dobbiamo esserne fieri, e usare questa forza nella nostra vita quotidiana per continuare a lottare per i nostri diritti, in questo periodo così delicato in cui ogni pretesto è buono per toglierceli. E spero che sempre più persone si aggiungano dalla parte di chi vuole vivere e di chi vuole la libertà, aprendo gli occhi su cosa hanno permesso che succedesse!
Bluerose