Se camminassi in bilico su un filo, avresti paura del vento?

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Il periodo che mi portò all’internamento in un centro psichiatrico a 20 anni è stato di una profondità e di una sofferenza così elevata che da anni non credevo più possibile.

Ero abituato al dolore, non avevo mai avuto quello che possa essere considerato un isolotto felice, ma la mia vita è stata, finita l’infanzia, un alternarsi di periodi di quiete e di violente tempeste, che io passavo danzando tra i cambiamenti e godendo dell’intensità delle emozioni che provavo, dei bei momenti che passavo, delle battute di arresto e della spensieratezza che anche se compromessa, fa parte della natura di un adolescente, tutto ciò però senza una pace vera.

C’è da dire che col tempo, mi ero sempre più abituato all’idea che quella doveva essere l’essenza della vita, e iniziavo a scordare il sapore delle lacrime, anche se la frustrazione rimaneva, non mi sentivo più sconfitto, mi sentivo in piedi su un ring, che finalmente scambiavo pugni al mondo. Un mondo che mi aveva morso l’orecchio, come Tyson, già presto, un mondo bullo, ma che quindi mi permise di non ascoltare le voci che mi urlavano che non ce l’avrei mai fatta, perché finché si è in vita, in qualche modo si fa.

Ci fu un periodo poi in cui tutto sembrava luminoso, avevo iniziato ad assaggiare l’indipendenza data dal lavoro, mi ero trasferito in un’altra regione per un po’, una di quelle che più amo, mi sentivo più forte, mi sentivo migliore, mi sentivo che finalmente tutto sarebbe cambiato in meglio. Finito quel periodo di falsa gloria, a distanza di poche settimane dal mio ritorno a casa, la mia carica si trasformò facilmente in hybris, che insieme alle cattive compagnie e le cattive abitudini, mi portarono a fare passi che mai avrei dovuto compiere, che abbassarono le mie difese naturali con sostanze forti, già basse visto che non praticavo, sempre per colpa di quelle situazioni tossiche di cui ho già parlato in un testo scritto riguardo la mia passata esperienza con la droga e della mia negligenza.

Da lì, tutto crolla.

Iniziano un gioco di dinamiche sociali, vecchi traumi, indebolimento psicofisico dovuto dalla droga, aspettative sociali e quelli che oggi so riconoscere come interventismo da parte di chi non ha voluto il mio bene. Oltre a dinamiche che mi riportavo da così tanto tempo che io non potevo averne memoria e che sto riscoprendo ora grazie all’Accademia di Coscienza Dimensionale.

La trappola perfetta. Infatti caddi rovinosamente.

Il tutto culminò con un ennesimo ritrovamento di forze, una sera al chiaro luna, camminavo da solo e mi sembrava davvero di aver strecciato tutti i nodi e davvero di aver risolto ogni problema, che da lì a qualche giorno tutto sarebbe migliorato. Non nego che potesse essere davvero così, se avessi usato con lucidità il mio tempo, ma quella falsa grazia, quella falsa luce mi riportò a accedere nuovamente. Non dormivo quasi per niente da 3 giorni, bevevo e fumavo, come da routine, e di solito basterebbe questo per farti collassare, ma io non avevo sonno e non perché avessi fatto uso di eccitanti, ero semplicemente carico, e mi sentivo in dovere, anche non volendolo, di mettermi in mostra.. Infatti, invece, ero palesemente fuso e il giorno dopo, o quello dopo ancora, non ricordo, a seguito di quella passeggiata al chiaro di luna i miei decisero di portarmi in ospedale.

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A seguito del colloquio con la dottoressa d’ufficio, venni portato in una stanza, mi chiesero di restare calmo, mi attaccarono delle flebo e da lì, tutto divento fumoso, confuso, come dentro ad un sogno.

Vorrei dirvi di più.. la verità è invece che io non ricordo quasi nulla. Dopo quella sala, in cui ricordo solo di aver avuto delle brutte impressioni, chiamarono un’ambulanza, e mi attaccarono una nuova flebo, non ricordo altro, fino a che non sono arrivato all’ ospedale di una città diversa da la mia, in cui c’era uno spazio per fumatori. Volevo tremendamente una sigaretta. Ma prima di entrare mi diedero da bere un ennesimo bicchierino, solo un bicchierino, poi avrei potuto entrare. La mia lucidità si dissolse del tutto, come una goccia di pioggia in un oceano di acqua frizzante. Il resto erano solo sogni.

Immagini più fantastiche che reali, e qualcuno che si prendeva cura di me, una figura che mi accompagnerà per quelli che saprò essere dopo, da mie ricostruzioni, 3 giorni di pura incoscienza, dove quella persona probabilmente non era mai stata lì, e di cui io non ricordo molto. Terminati quei giorni di “sogno”, era come se mi fossi svegliato, ma non è che fosse un bel risveglio. Ci misi almeno una settimana poi, a capire la portata di quello che mi stava succedendo.

Rimasi in quel centro psichiatrico per un mese e visto che davo segnali di ripresa mi trasferirono in quello della mia città in attesa del rilascio successivo dopo altrettanto tempo circa.

Col tempo tante considerazioni mi sono sorte su quella che è stata la mia permanenza più nel primo, più grande, che nel secondo centro. Innanzi tutto l’uso che veniva fatto di quei “bicchierini”, un farmaco davvero potente, scoprirò poi, e che solo a prenderlo ti sedava completamente. Veniva somministrato solo in caso di necessità, in teoria.. infatti lo vedevo dato con leggerezza anche in altre situazioni, come ad esempio difficoltà nel dormire. Puoi considerare normale, avere un ciclo del sonno scombussolato dai tanti farmaci, di cui ognuno di noi aveva una tabella giornaliera che doveva seguire, e dallo stile di vita iper-sedentario. Proprio per questo credo che l’uso di potenti psicofarmaci, per recuperare i danni creati dagli stessi o da altri, diventi un circolo vizioso in cui gli unici a vincere sono proprio i farmaci e, in questo caso specifico, non è che svenire sia uguale a dormire, quindi non risolve il problema, non ti senti veramente riposato..

Voglio raccontare però quella che è stata la mia permanenza e quello che ricordo riguardo quel centro ospedaliero più che dell’uso dei farmaci, anche se, ovviamente, i due discorsi si intrecciano in modo dissolubile. E mi spiace, cercherò di apparire meno polemico di quanto effettivamente potrei essere.

Ci sono state delle criticità che voglio portarvi all’attenzione, a finché anche voi possiate sapere. Innanzi tutto che ci fosse un centro, all’interno, in cui si poteva fumare, con tanto di ventola per il ricircolo del fumo. All’epoca mi sembrava una manna santa, e potrebbe sembrare innocuo.. Davvero, però, a delle persone che stanno soffrendo di problemi psichiatrici e che sono sotto cura, diamo il permesso di fumare? Visto che gli stiamo togliendo ogni libertà.. cosa cambierebbe a questo punto?

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Non avevo accesso al mio telefono, non potevo uscire se non accompagnato.. ma potevo fumare. Giusto per la cronaca le sigarette, che sembrano innocue, con la semplice nicotina, interagiscono e alterano i recettori di neurotrasmettitori importanti, come ad esempio quelli della dopamina. I più colpiti dall’uso di sostanze in genere poi.. non considerando tutto le famose “70, e passa, sostanze cancerogene”, ma solo della nicotina.. Se il mio cervello doveva recuperare dai danni di sostanze, tramite i farmaci, sarebbe stato logico, impedirmi, quantomeno, di fumare, sforzando quelle aree del cervello, e se ci arrivo io, è strano che non lo facciano dei medici laureati.. Ma su questo, visto che fumare è il minimo che ci faccia sentire “liberi” e che è “una nostra libertà” o un nostro “diritto”, si sorvola.. peccato che sia l’unica libertà che sta danneggiando il paziente e la cura. Almeno potevano farmi, davvero, il favore, facendomi smettere di fumare, visto che c’erano. (E non si tratta di astinenza fisica, visto che di gente con astinenza fisica, ne avranno viste tante a prescindere).

Un’altra cosa che poi a posteriori non ho capito era che di notte fosse possibile muoversi per tutta la sala. Ovviamente non si poteva inchiavare del tutto la porta visto che all’occorrenza dovevano poter entrare i medici, ma la mia stanza era comunicante con tutte quelle degli altri pazienti. Tutti con problemi psichiatrici, ovviamente. Da un momento all’altro poteva diventare tutto un film horror, anche se non me ne accorgevo allora.. e grazie a Dio che tutte le persone erano quantomeno “buone” e non impazzite “male”.. questo centro però era misto.. e una sera entrò in camera mia una ragazza di una decina di anni in più che aveva interessi dal punto di vista fisico.

So che i ragazzi di certo, qua, si fomenteranno pensando che io sia stato fortunato, o cose simili, lo pensavo anche io all’epoca, ma vi prego quindi di riprendervi e di rendervi conto che ero in un centro psichiatrico, riempito di farmaci dove a quanto pare uomini e donne potevano, volendo, anche incontrarsi in quanto i medici non erano lì presenti.

Per rafforzare il concetto vi parlerò di un ragazzo che conoscevo tanti anni fa, ebbe la sua prima psicosi a 15 anni e da allora entrò nel giro delle comunità e dei comunità senza mai riprendersi del tutto, usciva, si drogava nuovamente e tornava dentro in stato confusionale, per poi ripetere con intervalli sempre più brevi, fino a che non avemmo più notizie riguardo lui.

Quando era fuori ci raccontò una volta, poi, di come finiva in comunità miste, di come riusciva a rubare gli psicofarmaci e consumarne e aveva rapporti con le ragazze ospiti insieme a lui. Vi rendete conto che se questo fosse vero.. e spero non lo sia.. sarebbe grave?

Che un ragazzo, nonostante sia rallentato riesce a farla in barba a tutti e praticamente fare la bella vita anche dentro il centro in cui, in teoria, dovrebbero riabilitarlo, impedendogli certe azioni?

Ma tornando a me, non passavo le notti a spassarmela, ma neanche a dormire.. come dicevo era facile avere disturbi del sonno, capitava infatti che passavo le notti con un ragazzo che era ospitato nel centro a sua volta, facendo palestra come potevamo, almeno un po’ mi aiutava a stare meglio e a equilibrare un po’ di più il mio corpo che era decisamente provato.

Questo ragazzo però era particolare.. infatti lui non era entrato lì grazie a un TSO, o almeno a me non lo ammetteva, secondo lui, era in rapporti più che confidenziali con una figura di comando nel reparto psichiatrico, che era di sesso femminile.

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Io semplicemente non gli credevo, anche perché riconoscevo che potesse avere qualche disturbo.. Ciononostante lui poteva uscire molto più liberamente e un giorno semplicemente venne allontanato, senza un vero e proprio trasferimento, dopo una scenata. Non mi esprimerò molto, anche perché non ho prove di nulla, ma di certo è stata un ulteriore situazione fumosa, riguardandola indietro.

Quei giorni erano lontani da casa, e io ero davvero fragile, l’unico calore che avevo erano i miei che venivano a trovarmi e mi portavano di solito, dei pasti buoni, in mezzo a quel cibo grigio e che da parte loro è un gran gesto di amore. Ognuno esprime il suo affetto in modo diverso, e per i miei, il cibo, è sempre stato un modo di esprimere affetto.. Questo per me è un ricordo prezioso, dopo tanti anni, in cui pensavo che non avrei mai potuto fidarmi davvero di loro, da lì in poi, ho deciso inconsciamente di farmi forte io, per recuperare quel rapporto e spianare le divergenze, perché se non lo avessi fatto, imparando a valorizzare, negli anni, quelle piccole petite che si poteva vedere nel fango del fiume, non sarebbe mai successo. A volte i genitori non sono al livello dei figli, ma non se ne può fargli una colpa, se quanto meno si impegnano davvero per te e ti dimostrano supporto, a modo loro. In quelle circostanze ho iniziato a capire, che forse, qualcosa si poteva recuperare.

Il secondo periodo nel secondo centro è stato sicuramente diverso, più caldo se vogliamo dire, io mi stavo riprendendo sempre più, ero più vicino alla mia città e i dipendenti erano davvero presenti sia fisicamente, anche di notte, che emotivamente, ad alcune dottoresse mi affezionati, altre situazioni affezionarono a me, e diciamo che mi hanno un po’ coccolato in  un certo senso, vedendo un ragazzo che aveva perso la sua strada e che stava cercando di riprendersi. Infatti non è che tutti i posti siano uguali o tutti i medici lo siano..

La psichiatra che era responsabile di me, si era affezionata molto, anche se davvero credeva che quello del darmi dei farmaci fosse il mio bene.. nonostante io, come esperienza, non la auguro a nessuno una terapia con i farmaci, e sono sicuro che esistono alternative naturali più che valide. (La prima, non drogarsi e fare uno stile di vita sano.)

C’è un secondo aspetto da considerare.. lei abbassò gradualmente nel tempo le dosi che mi assegnavano perché la convincevo della bontà del mio cambiamento.. ma procrastinò per lungo la sospensione definitiva di questo trattamento, finché LE MIE pressioni, non la fecero capitolare.. al che lei mi spiegò che lei era vincolata legalmente alla mia salute in una certa misura. Io non credo mi mentisse.. se io fossi stato ricoverato nuovamente, dopo che lei aveva sospeso i trattamenti, avrebbe passato dei guai.

Se lei mi avesse mentito, il comportamento sarebbe sospetto di suo.. perché avrebbe dovuto? L’unico motivo che troverei valido è quello del ricatto emotivo, per farmi rigare dritto. Io non credo lo abbia fatto, almeno spero, ma non mi sono mai informato al riguardo, perché semplicemente non mi interessava più, ero libero.

Se pertanto, invece, le sue affermazioni fossero vere, motivate dal fatto che sospendere i farmaci possano ripermettere l’insorgere della fragilità psicologica, vorrebbe dire che le cure psicofarmaceutiche, dovrebbero essere definite trattamenti più che cure, dal momento che in assenza di assunzione ripetuta di farmaco la malattia si ripresenta.

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Questo vuol dire che il corpo non è in salute e non lo sarà mai per tutta la durata del trattamento.

Ho passato momenti davvero spiacevoli tornando indietro con la mente per riscrivere questi testi e queste informazioni, mi sono sentito umiliato e riprendermi non è stato semplice, ma un processo che ha richiesto anni, per togliere i danni, l’incertezza, il blocco mentale ed emotivo che i farmaci e l’esperienza in se mi hanno causato.

Avevo bisogno di aiuto..

Ma è questo il modo di aiutare chi ha più bisogno?

Io credo che tutto poteva essere svolto diversamente, poteva venirmi insegnato qualcosa di più su di me e sulla vita, cosa che nessuno è mai riuscito a fare.. Mi si poteva mostrare più amore, invece di un freddo piatto con bicchierini pieni di “benessere”.. per non parlare che alcuni ragazzi, giovani quanto me, ma meno forti caratterialmente e in forza vitale, avevano bisogno dei trattamenti in supposte di questi farmaci da quanto venivano imbottiti e assuefatti dalle sostanze stesse.. di amore non c’è niente qua. E se avessi indugiato ancora un po’ di più nell’autocommiserazione, forse, sarei finito allo stesso modo. Anche se devo apprezzare il secondo periodo, che mi ha dimostrato che di persone ben intenzionate ce ne sono, anche se sbagliano i mezzi, e che non dovremmo mai giudicare un libro dalla sua copertina per quanto la situazione lo vorrebbe, e provate a cambiare le cose perché di volenterosi ce ne sono, ma a loro mancano i mezzi.

Potevo aver bisogno di quelle persone, che invece mi stavano insultando sulla chat WhatsApp del gruppo in cui ero anche io, ma che non potevo visualizzare subito..

Ero in bilico, sopra di un filo, e senza senso, il vento soffiava.. mi sentivo così.

Ringrazio chi davvero c’era, anche se erano in pochi, non ero solo del tutto.. ma quelle persone non avrebbero mai affrontato il mondo al posto mio, e ora riguardando la mia vecchia debolezza, ho molta compassione di quel bambino con gli occhiali tondi che nascondevano occhi grandi e sogni enormi, e con molto stupore a distanza di anni, nel guardarmi allo specchio e vedere quegli stessi occhi, con una luce nuova, dopo tanto scuro, mi stupisco di me e della mia storia.

Mi auguro che un giorno le persone deboli non siano più costrette a morire nel nome di una spietata selezione sociale, e che chi caschi in basso, non venga affossato di più, ma venga quanto meno risollevato moralmente. So di essere idealista a volere che tutto il dolore sparisca per sempre dal mondo, e che lo faccia in fretta.. ma sono anche convinto che senza qualcuno che senta il bisogno del cambiamento, nulla si metterà mai in moto.

Se non si può cambiare il mondo in un giorno, si può aiutare una persona che si sente debole in quel momento, essere sincera con lei e spronarla a essere poi forte e così il mondo stesso fiorirà prima o poi.

Grazie di aver ascoltato parte della mia storia.

 

Nicol

 

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