Cambiamenti nelle menti dopo i tamponi

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Per quanto riguarda i tamponi sono felice di non averne mai fatti, sin dall’inizio di questa enorme Farsa. Ma nel corso di tutto questo tempo ho potuto osservare tante persone che se li sono fatti fare, e dalle loro reazioni, talvolta dai loro racconti, ho confermato l’importanza di rimanere salda nella mia scelta di non sottopormi a quella tortura inutile. Le testimonianze non sono tantissime perché sin da subito ho fatto capire a tutte le persone che ho attorno cosa ne penso e ovviamente, chi di loro ha avuto avversi negativi, non è certo tornato a raccontarlo alla persona che sino a ieri gli spiegava perché fosse importante evitarli! In primo luogo, per non aumentare i numeri fasulli dei “positivi asintomatici” qualsiasi fosse il risultato di quel test farlocco, che già di per sé dovrebbe bastare come motivazione, nonostante sia la più intuitiva. Inoltre gli “ingredienti” di quei cosi non erano specificati da nessuna parte, e neppure era specificato a chi sarebbero andati in mano i campioni di DNA prelevati; l’unica certezza era la procedura dolorosa del prelievo specificamente richiesta dai protocolli, e gli articoli che iniziavano a uscire di gente che ha avuto i problemi di salute più disparati a causa del tampone, testimonianze che si impegnavano a censurare a gran velocità. C’erano valanghe di motivi per non farli e praticamente nessuna per farli, ma purtroppo in tanti si sono tuffati in questo errore, purtroppo non senza conseguenze.

Un primo esempio di conseguenza evidente al tampone lo ha avuto mio padre. Prima di farselo fare, era fermamente convinto che non se lo sarebbe mai fatto in vita sua. Dall’inizio della Farsa parlavamo molto in casa dell’assurdità di ciò che stava accadendo, quindi era molto convinto nella sua scelta. Ma a fine maggio 2021 si è trovato in una situazione in cui è stato colto di sorpresa e ricattato per farlo in brevissimo tempo, è stato colto alla sprovvista e ha ceduto lasciandoselo fare. Tornato a casa, la prima cosa che ha detto è che se ne era pentito e non lo avrebbe mai rifatto, se non fosse stato colto così di sorpresa avrebbe risposto per le rime e trovato un’altra soluzione. Eppure nonostante lo abbia fatto controvoglia, le conseguenze se le è beccate ugualmente. La più evidente è stato il fatto che non riusciva più a respirare da una narice, era completamente tappata, oltre a fargli un gran male. Di solito lui sopporta molto bene il dolore fisico e non si lamenta di nulla, ma dopo due settimane dal tampone non ha retto e ce lo ha raccontato. Per farla breve, per più di 4 mesi gli ha fatto male una narice, dalla quale non riusciva più a respirare perché il flusso dell’aria era tappato. Questo grazie alla “delicatezza” della persona che gli ha infilato il bastoncino del tampone su per il naso, ma credo anche per le sostanze di cui era imbevuto. Mi è venuto spontaneo chiedere: ma la fatica a respirare, non era forse uno dei sintomi del fantomatico virus? E se lui da un solo tampone è stato più di quattro mesi col naso tappato, chissà quante persone avranno avuto lo stesso effetto, e anche se fino al minuto prima del tampone stavano bene, dopo sono state terrorizzate dai medici perché “avevano i sintomi del virus e potevano morire”? Nonostante fosse un sintomo causato proprio dalla mano del farmacista/medico? Il naso dolorante e tappato era un sintomo e per lui era impossibile non accorgersene, ma dopo un paio di mesi ho potuto osservare quello che considero il secondo sintomo più grave, di cui lui non si è accorto; perché si tratta di un sottile cambiamento nella sua mentalità. Nonostante prima fosse completamente contrario ai tamponi, e ancora di più dopo l’esperienza traumatica in cui è quasi arrivato a denunciare, dopo appena tre mesi (all’inizio di agosto e dell’obbligo di mostrare il pass nazista per entrare in svariati luoghi -che si poteva ottenere tramite vaccino o tampone ogni 48 ore) ha iniziato ad accettare i tamponi e farli con leggerezza per qualsiasi occasione si presentasse, importante o meno. Nonostante il dolore al naso del primo tampone non gli fosse ancora passato del tutto, gli era bastato trovarsi un farmacista con “la mano più delicata” per accettare il fatto di farsi il tampone per qualsiasi accidenti di motivo senza neanche fermarsi a riflettere se valesse davvero la pena farlo: anche solo perché un amico lo aveva invitato al ristorante! Prima del tampone capiva perfettamente che la Farsa era una gran stronzata recitata apposta per vedere fin dove potevano spingersi. Eppure appena dopo, nonostante il dolore provato e la consapevolezza che tutti, persino i bambini, erano stati sottoposti a quel trattamento doloroso e disgustoso per colpa della Farsa -questo dovrebbe già di per sé far inorridire e non dovremo dimenticarlo mai-, era come se fosse diventato più “apatico” e disposto a farsi andare bene questa ingiustizia.

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Alla fine non si è vaccinato comunque, ma solo perché c’ero io a minacciarlo di buttarlo fuori di casa. È passato, da un giorno all’altro, dalla convinzione che sia tutta una grande Menzogna ad accettare tamponi e vaccini perché “altrimenti cosa fai, come fai a vivere?”, e a tirare in ballo l’argomento ogni santo giorno per fare a noialtri violenza psicologica su quanto fosse importante piegarsi al ricatto dei tamponi per continuare la vita “normale di prima”. A me sembrava un cambiamento troppo radicale e inspiegabile, perché non ci fosse di mezzo anche l’effetto delle sostanze chimiche contenute in quella sottospecie di cotton fioc chilometrico che gli avevano infilato così vicino al cervello. Non aveva senso iniziare ad accettare tutta quella follia da un giorno all’altro, se sino a un paio di mesi prima era molto più consapevole e non si sarebbe mai lasciato sottomettere da un ricatto così!

Un’altra stranezza l’ho notata sulle mie ex colleghe del lavoro che svolgevo nel 2021. Una volta al mese l’azienda offriva la possibilità di fare il tampone gratuito – che magnanimi! – effettuato dal macella… ehm… dal medico dell’azienda. Tutti lo conoscevano perché avevano fatto con lui almeno la visita obbligatoria e alcuni anche dei corsi per la sicurezza, e tutti lo consideravano una persona praticamente senza cervello né finezza. Però, quando sosteneva che bisognasse “vaccinarsi tutti per salvare il mondo” o fare più tamponi possibili, ecco che diventava subito una brava persona agli occhi di tutti. Nei modi era molto più simile a un macellaio che quello che dovrebbe essere un dottore, e lo dimostrava al meglio durante la giornata dei tamponi. Io ero l’unica della mia filiale (una cinquantina di persone) che non lo faceva. Tutti gli altri aspettavano con ansia quel giorno, il loro turno per il tampone… per poi uscirne ogni volta sempre più doloranti. Nel mio ufficio eravamo in nove e ogni mese come minimo 2-3 persone perdevano sangue dal naso, e praticamente tutti dovevano interrompere il lavoro per parecchio tempo a causa del dolore fortissimo che non passava, rimanendo ferme con un fazzoletto pigiato sul naso nel tentativo di far passare prima le forti sensazioni. E mentre erano lì a chiedersi a vicenda: “A te stavolta fin dove è arrivato?!”, che sensazioni orribili e dolori avessero sentito -come se finalmente avessero qualcosa da raccontare delle loro piatte vite- a me veniva spontaneo chiedergli: ma allora perché lo hai fatto? (Soprattutto alla collega che lo aveva fatto la settimana prima insieme alla squadra di pallavolo per sentirsi “più tranquille”, due giorni prima perché “era stata a contatto con una positiva asintomatica”, come mai lo aveva rifatto anche oggi? A rigor di logica, che senso aveva?) Se glielo chiedevo, mi guardavano come se fossi un’aliena. A loro sembrava ovvio farlo “per la famiglia”, “per la mamma-nonna-zia anziana”, da cui neanche andavano se non con la tripla mascherina. Sembrava che ripetessero le stesse frasi della TV e dei politici sul perché fosse importante farsi i tamponi, a viverla sembrava una situazione surreale! Inoltre, osservandole anche nei giorni successivi dato che lavoravamo tutte insieme nello stesso open space, notavo anche come la maggior parte di loro nei giorni successivi al test avessero anche fino a una settimana di mal di testa, che osservando da esterna questa situazione che si ripeteva ogni volta a intervalli variabili e sempre con le stesse conseguenze, risultava inevitabile collegarlo coi tamponi appena avvenuti.

Un altro dettaglio che mi è sembrato strano è stata la facilità con cui l’hanno fatta fare allo stagista delle scuole, un ragazzo di 15 anni che è rimasto in ufficio per qualche settimana. Un paio di giorni prima della data prevista per i tamponi in azienda hanno proposto anche a lui di farlo, facendo leva sulla sua curiosità per convincerlo, dicendogli: “Dai, ma come non lo hai mai provato?? Lo facciamo tutti, se vuoi puoi farlo anche tu, è gratis!”. Così, senza neanche pensare di chiamare a casa i suoi genitori per chiederglielo, far firmare un’autorizzazione o qualsiasi cosa, gli hanno fatto fare il tampone a cuor leggero, solo perché il minorenne gli ha risposto: “boh, vabbè, dai, ci sto”. A me si è gelato il sangue nelle vene. Anni fa ho fatto volontariato per una di quelle associazioni che ospitano i bambini bielorussi in Italia per qualche mese fornirgli cure che nella povertà delle loro famiglie e del loro Paese non potrebbero ricevere. Quell’anno era capitata nel mio gruppo una bambina a cui stavano diagnosticando un tumore alla tiroide, pertanto, era urgente farle degli esami del sangue per poter proseguire con la diagnosi e, in caso di bisogno, iniziare immediatamente le cure.

 

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È così che ho scoperto che gli esami del sangue vengono considerati un “esame invasivo”, e nonostante l’urgenza di quella diagnosi, abbiamo dovuto fermare tutto per chiedere dei permessi speciali per poterglieli fare. Tornando al 2021, mi sono chiesta: se per un banalissimo esame del sangue, così urgente perché si trattava di diagnosticare una malattia pericolosissima a una bambina che avrebbe dovuto ricevere le cure senza rimandi, abbiamo dovuto bloccare tutto e richiedere dei permessi speciali, come è possibile che quel giorno, a un ragazzo di 15 anni che non aveva mai fatto un tampone in vita sua, non hanno neanche pensato di dover perlomeno chiedere il consenso ai genitori prima di fargli un test che considererei decisamente invasivo?? La normalità con cui sono stati presi questi tamponi, e il fatto di farli ripetutamente nonostante si sapesse che i risultati erano farlocchi -se neppure il fantomatico virus è mai stato isolato, come sarebbe possibile avere un test affidabile, persino sulle varianti? Non si riesce a dargli un senso neanche seguendo la logica ufficiale, tantomeno per la realtà dei fatti, è folle e assurdo!- e soprattutto, il dettaglio secondo me più grave: nonostante gli adulti provassero simili dolori, come potevano accettare che quel test fosse ripetuto continuamente sui giovani, persino sui bambini piccoli? A me viene la pelle d’oca solo a pensarci. Ma avendo visto quanto la gente più faceva i tamponi più ne voleva fare, più faceva tamponi più li accettava nella sua quotidianità come qualcosa di normale e addirittura a impegnarsi così tanto per pubblicizzarlo persino con le altre persone, mi è venuto spontaneo pensare che le possibilità logiche sono solo due: o sono diventati tutti improvvisamente dei gran masochisti a seguire ciecamente i dettami della TV sempre più insistente e manipolante, oppure ci sono delle sostanze nei tamponi che manipolano le menti a tal punto da renderle più malleabili, facendogli accettare o addirittura desiderare inconsciamente di tornare a farsi tamponare per ricevere ancora di quella sostanza. Queste sono le uniche due spiegazioni logiche che mi possono venire in mente, per quanto ho visto quelle persone cambiare, i loro pensieri e comportamenti cambiare, dopo un “semplicissimo test che stanno facendo tutti”!

 

Bluerose

 

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