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Nel territorio del Sud Pontino sono moltissime le leggende che si sono tramandate nel corso degli anni. Una delle più interessanti e curiose che prende vita dal territorio di Itri, abbracciando tutti i paesi limitrofi, è quella relativa alla figura del serpente e alla sua stretta connessione con queste zone. La leggenda prende avvio dallo stemma di Itri in cui è raffigurato un serpente con la lingua trifide in smalto rosso e la testa di un cane che mostra i denti canini.
Partendo da questo stemma, il simbolo di Itri è diventato il Serpente e la tradizione popolare dice che nelle vene degli abitanti scorra il sangue di questo rettile; in zona, infatti, è famosa la fase: “Seng’ d’ sierp” che in dialetto itrano sta a significare letteralmente “sangue di serpe”.
Ma quali sono le leggende che hanno dato origine a questo legame tra i serpenti e il territorio del Sud Pontino?
Seng’ d’ sierp
Sono sempre stata molto curiosa di capire come mai a Itri si trovassero un po’ ovunque disegni e rilievi raffiguranti i serpenti, dalla pavimentazione del Santuario della Madonna della Civita ai rilievi nel centro storico, il Serpente è un simbolo predominante in paese e questo lo si capisce sin dalla prima visita.
Per sfamare questa mia curiosità sono andata da mio nonno, grande appassionato di libri di storia, che mi ha raccontato questa prima vicenda
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La prima leggenda da cui si evince la stretta connessione con i rettili nasce dalla credenza secondo cui anticamente Itri avrebbe subito una grande invasione di serpenti. Secondo il racconto, gli abitanti, molto coraggiosi e per nulla impauriti, si unirono con impeto per domare e uccidere tutte le belve. In seguito, festeggiarono la vittoria cibandosi dei corpi morti. Proprio da questo banchetto deriverebbe il detto “itrano sangue di serpe” in quanto gli abitanti avevano mangiato i serpenti e ingerito il loro sangue, quindi, da quel momento in tutti gli abitanti del borgo, presenti e futuri, scorreva il sangue dei serpenti.
L’Idra di Lerna
La seconda ipotesi prende origine dalla leggenda secondo la quale il nome di Itri deriverebbe dall’Idra di Lerna, una figura mitologica dalla mente diabolica, raffigurata come un enorme serpente marino dotato di molteplici teste che, se tagliate, ricrescono. Secondo il mito questo mostro velenoso e pericolosissimo, che poteva uccidere con il solo respiro, sangue o il semplice contatto delle sue orme, viveva nelle paludi del territorio ed è stato ucciso con delle frecce infuocate da Ercole nella sua “seconda fatica”.
Il culto di Ercole è particolarmente diffuso in questa zona e il collegamento è rafforzato dai recenti scavi, iniziati nel 2010 e proseguiti fino al 2018, condotti poco lontano dal centro abitato di Itri nelle vicinanze dell’antica Chiesa di San Cristoforo (Santo che da molti si ritiene associato ad Ercole). Le ricerche hanno riportato alla luce diversi elementi architettonici e scultorei che hanno fatto presagire la presenza di un santuario dedicato, secondo l’ipotesi ad oggi più probabile, proprio alla divinità Ercole.
La leggendaria Amyclae
Sulla base di un’altra credenza, il paese è stato fondato dagli abitanti di Amyclae, fuggiti dalla loro città costiera verso l’entroterra a causa di una invasione di serpenti. La storia della città di Amyclae è contornata da un alone di mistero: di questa mitica città, di cui molti autori latini hanno scritto in età romana descrivendola già all’epoca come antichissima, possiamo ipotizzare ad oggi che si trovava nell’attuale sud del Lazio, in quanto negli scritti romani è stata collocata in un ipotetico triangolo tra le città pontine di Sperlonga, Fondi e Terracina.
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Curiosa è, inoltre, l’associazione di questa città sia al silenzio (“et tacitis Regnavit Amyclae”, Plinio, Naturalis Historia) che ai serpenti (“Amyclae a serpentibus deletae“, ibid.).
La misteriosa scomparsa di questa città sarebbe avvenuta, secondo alcuni racconti, circa tremila anni fa, a causa dalle dottrine pitagoriche seguite dai suoi abitanti, i quali dovevano rispettare il silenzio e, pertanto, non sarebbero stati in grado di lanciare l’allarme relativo all’imminente pericolo derivante dai serpenti che stavano devastando le loro terre e che ben presto portarono alla distruzione della città stessa. Altra caratteristica molto affascinante relativa ad Amyclae è la sua somiglianza, sia per nome che per storia, con una città spartana avente appunto lo stesso nome e la stessa leggenda. Anche l’Amyclae greca, infatti, era stata distrutta, nel silenzio dei suoi abitanti, proprio a causa di un’invasione di serpenti. Questa leggenda davvero molto simile e comune a due città così distanti tra loro non fa che accrescerne il mistero e la curiosità.
La Torre del Coccodrillo
Altra traccia del legame con i rettili va ricercata nel Castello di Itri, posto sulla parte più elevata della collina di Sant’Angelo, e, nello specifico, nel terzo torrione noto come “Torre del Coccodrillo”: una torre cilindrica collegata al Castello da un possente camminamento di ronda merlato. Secondo la leggenda questa torre conteneva una fossa molto profonda in cui dimorava un coccodrillo al quale venivano gettati in pasto i prigionieri. Questa torre ha fatto sorgere molte storie e, secondo la più diffusa in paese, nel castello sono presenti numerosi fantasmi e la tradizione popolare tramanda che nelle notti temporalesche si possono ascoltare i sommessi lamenti di queste anime in pena, vedere dei mantelli che svolazzano e udire note musicali provenienti dagli antri del Castello. Sono moltissime inoltre le persone che affermano che le luci interne del castello si accendono da sole, così come gli impianti di riscaldamento che, sebbene spenti da mesi, nel periodo estivo vengono puntualmente trovati accesi.
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Esculapio e Medusa
Ancora un’altra sottile traccia del legame con i serpenti deriva dalla chiesa di San Michele Arcangelo, situata nel borgo storico a pochi passi dal castello medioevale. L’edificio, realizzato in stile arabo-normanno, è il luogo sacro più antico del paese ed è stato eretto su un antichissimo tempio dedicato ad Esculapio, dio della medicina. Secondo il mito Esculapio avrebbe ricevuto dalla dea Atena il dono di cambiare il suo sangue con quello di Medusa, la Gorgone dalla testa di serpenti. Grazie a tale scambio, il sangue che sgorgava dal suo fianco destro aveva un incredibile potere curativo ed era in grado di guarire qualsiasi malattia.
Uva Serpe
Altra caratteristica molto curiosa e singolare è la presenza sul territorio itrano di uno dei più antichi vitigni del Lazio denominato “uva serpe” e da cui veniva prodotto il vino Cecubo, molto famoso e apprezzato in età Romana. L’origine dell’uva serpe non è ancora totalmente chiara: di questo antichissimo vitigno si sa solo che era già conosciuto nel I secolo d.C., in quanto è stato menzionato dall’autore latino Columella che ne parla con il nome Dracontion (serpente in greco). Questa menzione si collega anche alla leggenda precedentemente esposta relativa ad Amyclae, infatti, Columella, pur scrivendo in latino, per indicare questa vite ha utilizzato un termine greco, lingua originaria degli abitanti di Amyclae. Questo mito sembrerebbe quindi collegarsi al precedente, in quanto pare proprio che furono questi abitanti a piantare sui colli di Itri la vite dell’uva serpe, dopo aver fondato la città.
Il Serpente Millenario
In un’altra località pontina, precisamente a Gaeta in zona Sant’Agostino, la tradizione popolare tramanda di generazione in generazione la leggende del gigantesco serpente, conosciuto con il nome di “Serpente millenario”, che infestava la spiaggia. Attualmente è ancora presente e visibile in quel territorio una grotta che si chiama “Grotta del Serpente” e si narra che il mostruoso rettile abitasse lì e devastasse i luoghi circostanti per sfamarsi, terrorizzando tutta la popolazione. Un giorno un gaetano più coraggioso, che si ricorda con il nome di Giovanni Macchetiello, decise di affrontare il serpente; si munì di uno specchio che gli permettesse di guardare i movimenti dell’animale da un punto strategico e attirò il serpente con del cibo. Appena vide, tramite lo specchio, due grandi occhi gialli che si accostavano alla caciotta posta a pochi metri dall’entrata della Grotta, cominciò a sparare all’impazzata e poi subito a correre veloce, timoroso di non aver centrato l’obiettivo. Arrivato in paese morì poi per lo spavento, dopo aver raccontato balbettando la vicenda ad un altro abitante che ascoltava incredulo e stupito e che riportò poi il racconto a tutti gli abitanti.
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Il Serpente con la corona
Sempre in un altro paese del Sud Pontino, a Fondi, i nonni erano soliti raccontare ai nipotini che in primavera si svegliava un “Serpente Re” che viveva tra i resti della Chiesa di San Raffaele e pertanto era severamente vietato a tutti i bambini avvicinarsi in quel luogo. Inoltre, molti abitanti dicono che anche oggi, ogni volta che si passa vicino alla chiesa, si può scorgere sempre un ramarro.
Le leggende legate ai serpenti sono molto diffuse in queste zone, così come i numerosi avvistamenti che molte persone ancora oggi raccontano con timore. Il più recente risale al 2017, quando un turista romano che visitava le colline degli Aurunci ha avuto un incontro ravvicinato con un rettile lungo oltre 2,5 metri e spesso circa 10 cm di colore nocciola, cosparso di striature gialle dalla testa alla coda che, a suo dire, strisciava impavido e calmo.
Ho cercato di racchiudere in questo breve scritto tutte le informazioni raccolte sulla presenza dei serpenti in queste zone. Non so se ci sia un fondamento di verità oppure se queste storie si fermano alla leggenda, quello che è certo è che il frequente ricorrere di questa figura, sia nei racconti che nelle immagini sparse per il paese a ridosso di muri e case, infittisce il mistero e mi fa venire voglia di indagare per scoprirne di più.
Spero di essere riuscita ad incuriosire un pochino anche voi!
Isa