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I racconti mitologici vengono sempre automaticamente collegati al genere fantasioso, eppure migliaia di storie vengono tramandate per secoli portandosi dietro un alone di mistero che affascina e incuriosisce, lasciando le persone nel dubbio di trovarsi di fronte a finzione oppure realtà. Uno di questi casi è la leggenda del Drago di Atessa, che mi è stata insegnata alle scuole elementari da un’anziana maestra di matematica che amava anche tramandare ai giovanissimi tante leggende e curiosità sulla nostra regione. Questa storia è giunta fino ai nostri giorni dal lontano Alto Medioevo, V secolo d.C., ed è collocata nel borgo Abruzzese Atessa, che all’epoca era formato da due villaggi distinti chiamati Ate e Tixia. Le due cittadine si trovavano rispettivamente ai lati di una valle, in cui all’interno scorrevano due fiumi (gli attuali Osente e Sangro) che formavano una zona molto paludosa e intricata, habitat perfetto per il primo protagonista di questa storia: il drago. Nella palude del Rio Falco ergeva la sua tana: una grotta, formata all’interno da un lungo cunicolo che attraversava tutto l’Abruzzo. Si dice che il drago fosse di colore verde con il ventre giallo e la grande bocca di un rosso molto vivo. Esso costituiva pericolo soltanto per chi si avvicinava alla palude, e questo non permetteva alle persone dei due villaggi di incontrarsi. Mangiava principalmente bestiame che capitava nella zona o animali selvatici, ma quando questi scarseggiarono, iniziò a nutrirsi di esseri umani malcapitati. Allora qui entrò in scena il secondo protagonista della storia: Leucio d’Alessandria d’Egitto, divenuto Vescovo e poi successivamente Santo, venerato sia dalla religione cattolica che ortodossa. Viene ricordato come guaritore e protettore dai demoni, e fu chiamato in aiuto dai due villaggi per essere salvati dal drago, dato che S.Leucio ne aveva già scacciato uno dalla sua città. Una volta arrivato, andò subito nella palude e nutrì il drago di carne per tre giorni di fila, finché una volta che fu sazio, lo incatenò e dopo 7 giorni lo uccise su un’altura sopra il Rio Falco. Dopo averlo sconfitto i due villaggi festeggiarono felici di potersi riunire, formando così un’unica città: Atixia, oggi chiamata Atessa. I cittadini per onorare S.Leucio, oltre che istituirlo patrono del paese, costruirono un duomo a lui dedicato proprio sul luogo dove viveva il drago. Il particolare più affascinante di questa leggenda è che S.Leucio, a sua volta, donò alla popolazione una costola del drago per ricordare per sempre questo evento. I cittadini di Atessa, a distanza di secoli, custodiscono ancora, con vanto, l’enorme costola nella Chiesa, in una teca di vetro chiusa a chiave e transennata, visitabile dal pubblico! Diversi studiosi provano ad attribuire l’osso a possibili animali, come ad esempio ad uno degli elefanti che furono portati da Annibale per le battaglie di Scipione, o Pirro mentre attraversava l’Italia per la battaglia di Benevento, ma la costola di un elefante è troppo piccola rispetto a quella nella teca, che raggiunge i 2 metri di lunghezza con raggio di 1,43 metri! Altri studiosi cercano di dare spiegazione dell’antico fossile, pensando sia proveniente da un cetaceo: il “Misticeto”, dato che, sempre sotto ipotesi, in antichità in quelle zone possono esserci stati oceani. Ma queste sono soltanto supposizioni, non si riesce ancora a dimostrare da cosa esso provenga realmente, lasciando così tutto nel mistero e a noi la scelta di credere se sia vero oppure no.
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