Pagina 1 su 2
Quando rimasi incinta di Marcello ero davvero felice ed entusiasta ma anche piena di dubbi ed incertezza per tutto quello che mi stava accadendo. Diventare mamma, avere in grembo un bambino, prendermene cura.
Sarò all’altezza? Come cambierà la mia vita?
E visto che tutto era nuovo per me iniziai a documentarmi sullo sviluppo del feto, cosa era meglio mangiare, come mi sarei dovuta preparare al parto. Ed iniziai a prendermi ancora più cura di me. Volevo essere all’altezza di tutto quello che sarebbe stato il mio cambiamento.
Iniziarono tutte le visite mediche di routine, prelievi del sangue, ecografie, sembrava che tutto andasse bene.
Ma quando arriva il giorno dell’esame morfologico il medico mi chiama nel suo studio, mi fa sedere e mi mette davanti un foglio ed una penna affinché io, alla fine della conversazione, firmassi per presa visione delle cose. Già in quel momento mi sento il cuore in gola. Cosa stava succedendo?
Mi dice che il bambino aveva sviluppato delle cisti nei plessi coroidei, anche di dimensioni grandi.
Questo aumentava di molto il fatto che poteva manifestare delle malformazioni fisiche e dovevo prendere una decisione. Portare avanti una gravidanza a rischio o decidere di andare incontro alla sorte e sperare nella possibilità che sarebbe nato senza problemi. Quella sera la mia iniziale disperazione diventa subito certezza.
Io lo sentivo crescere dentro di me. Lo sentivo vivo, Lo amavo. Non gli avrei mai fatto del male a prescindere di come sarebbero andate le cose. Ma ho sempre saputo che lui stava bene.
I giorni seguenti inizio ad affinare la sensibilità verso di lui. Tocco sempre il pancione, cerco un contatto con lui. Poi un giorno inizio a sentire il suo tocco da dentro. Sembrava mi chiamasse, allora io battevo le dita e lui appoggiava la sua manina in corrispondenza della mia.
Spesso per stanchezza mi addormentavo e lui si addormentava, mi accorgevo che quando io mi svegliavo lui si svegliava.
Avevo fatto diventare lise tutte le maglie a forza di massaggiarmi il pancione, ma volevo che mi sentisse e così io sapevo che lui stava bene. A volte appoggiavo le cuffie con della musica classica e l’ascoltavamo insieme. Poi leggevo a voce alta dei libri perché volevo che lui, una volta nato, riconoscesse la mia voce fra mille persone. Nessuno doveva sapere quello che stavo passando. Nessuno oltre me e il mio compagno doveva conoscere il referto del medico. Non volevo dare dispiacere ai parenti. Sapevo che sarebbero diventati ansiosi tutti e mi avrebbero trasmesso il loro stato d’animo così decisi che nessuno doveva sapere delle cisti. Non ho mai dubitato , mai un giorno ho dubitato sulla sua salute. Sapevo che lui sarebbe stato un bambino sanissimo. Ne ero certa.
Ho cercato la benedizione di Dio e in poco tempo io e il suo papà decidiamo di sposarci.
Era una giornata di Gennaio e oltre tutte le aspettative era caldo e c’era un sole bellissimo a tal punto che parte del buffet lo degustammo all’aperto. Lui quel giorno era con me, davanti all’altare, davanti a Dio.
Arriva il giorno del parto.
Eravamo già arrivati a termine con le settimane di gravidanza e la mattina del 15 maggio inizio ad avere le contrazioni. Prendo la valigia con me e con mio marito mi reco in ospedale. Arrivano i primi dolori forti ma c’è poca dilatazione e mi faccio alcune docce per rilassarmi. Al pomeriggio mi fanno entrare in sala travaglio.
Ho il cuore a mille, le contrazioni sono sempre più dolorose, iniziano ad arrivare i miei parenti che si aspettano che da un momento all’altro Marcello esca dalla sala parto.
Le ore passano, Arriva la stanchezza, i dolori aumentano, la schiena sembrava si spaccasse ogni volta che arrivava la contrazione, a volte urlavo dal dolore. Era insopportabile, terribile, nessun anestetico e non trovavo pace, a volte mi facevano stendere sul lettino ed ogni volta che spingevo si vedeva la testina ma ritornava indietro.
Era come se volesse restare dentro al pancione. Mi sento impotente, incapace, mi arriva lo sconforto. Arriva la sera. Perdo sangue, non ho più liquidi, sono disidratata perché dalla mattina ad arrivare alla sera non avevo avuto tregua ne per bere, ne per mangiare. Cambiano in sala tre turni di ostetriche.
Una ricordo che ebbe l’idea di mettermi uno specchio fra le gambe e mi diceva di guardare la testina che iniziava a vedersi.
Pagina 2 su 2
E quando guardai nello specchio e vidi tantissimo sangue iniziai a vomitare.
Ero sfinita, non avevo più forza, ormai è mezzanotte.
Mi viene in mente il bambino di mio fratello che circa un anno prima era morto durante il parto. Io non ce la faccio davvero più, mi viene da svenire, mi stendono, mi mettono l’ossigeno. Sono stremata. Non può finire tutto così mi dico, devono fare qualcosa, ma non ho più forza di parlare.
Entra in sala parto il ginecologo, fino ad allora non si era mosso a venirmi a visitare.
Mi si avventa sopra alla pancia, incrocia le braccia su di me e con tutta la sua forza mi spinge giù il bambino.
Adesso posso morire, mi dico dentro di me. Con un dolore così atroce posso solo che morire. Ma lo vedo, c’è il bambino, è riuscito ad uscire, lo sento piangere. Lo portano via d’urgenza in sala rianimazione. Io rimango da sola su una barella. Mi dicono di non muovermi, sono spaventata, ma so che il bambino sta bene. L’avevo sentito piangere.
Dopo un interminabile tempo me lo riportano, e me lo appoggiano al seno. Piango, tutti i miei famigliari che erano entrati a salutarmi piangono.
L’ostetrica mi dice che non riusciva a nascere perché aveva il cordone ombelicale legato nelle sue braccine e ogni volta che scendeva ritornava indietro come una molla.
Adesso Marcello compirà 13 anni il 16 maggio ed è un bellissimo ragazzino, pieno di salute, bravissimo a scuola, interessato alla musica, alla storia, e all’arte. È il mio orgoglio. Sapevo che sarebbe andato tutto bene.
Anche nei momenti peggiori sapevo che Dio non mi avrebbe abbandonata.
E adesso sono qui a raccontarvi che l’amore allontana ogni dubbio e ogni sofferenza.
Daniela G.
Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
Adesso le cose sono cambiate per fortuna perché viene fatta l’anestesia epidurale se la partoriente la richiede.
Poi se ci sono delle difficolta adesso intervengono prima che sorgano delle complicazioni.
E questa è una cosa positiva che non scoraggera’ le future mamme!
Grazie Daniela! 🙂
Mi sono commosso leggendo la tua storia. Non deve essere stato facile ma alla fine tutto si é risolto nel modo migliore. Complimenti per la fiducia in Dio 🙂
Veramente toccante e con un bellissimo lieto fine!
Grazie della tua esperienza Daniela la tua enorme fede è stata per me un insegnamento.
Il tuo racconto mi ha fatto emozionare. Quanto può essere forte l’amore per un figlio e la speranza nella fede. Anche a mia madre, che aveva avuto problemi con la gravidanza quando aspettava mio fratello, è stato consigliato più e più volte di abortire da parte dei medici, poiché le sue condizioni di salute non andavano bene ed entrambi rischiavano la vita. Lei però aveva fiducia e non ha mai mollato la presa. Io ero piccolina e non capivo quello che stava succedendo, ma vedevo una grande forza in mia madre e mio padre, nel mandare avanti la gravidanza, credendo e avendo fiducia in Dio che sarebbe andato tutto bene. Mio fratello è poi nato prematuro e molto piccolo e mia madre ha passato un brutto periodo. Ma in fin dei conti è stato solo un periodo perché entrambi ce l’hanno fatta e ora sia mia madre che mio fratello godono di ottima salute. Mio fratello sta per diventare maggiorenne e anche lui è molto bravo a scuola. Se abbiamo fiducia in Dio tutto può essere possibile 🙂