Autore: Staff

L’intelligenza della Natura

Pagina 1 su 3

Leggendo i documenti di Angel che riguardano la natura e gli alberi (documenti inerenti all’aura di quest’ultimi), mi sono ricordata di aver scritto una tesina a 4 mani con una ragazza che mi aveva chiesto aiuto (Martina) per la sua tesina di maturità classica, che mi piacerebbe moltissimo condividere con tutti.

 INTELLIGENZA VEGETALE

Negli ultimi 150 anni un grandissimo numero di ricerche ha permesso di comprendere molto meglio il funzionamento del nostro corpo, del nostro cervello, ma anche il comportamento degli animali. Per le piante invece non c’è stata la stessa attenzione, forse perché le piante non sembrano avere determinate caratteristiche tipiche del mondo animale (per esempio non si muovono, sono mute,…). In realtà il mondo vegetale, che è stato il primo a svilupparsi sulla terra, nasconde una vita segreta che solo oggi si comincia a capire.

 

L’affermazioni che le piante sono esseri non-viventi è una concezione derivante da Aristotele. Uno dei concetti fondanti nella concezione aristotelica dei viventi è, infatti, quello di “anima” il cui significato per il filosofo è essenzialmente“principio motore”. Risulta, così, che i viventi sono distinti dai non-viventi grazie alla loro capacità di muoversi. L’assenza di movimento è quindi percepita come la principale differenza fra piante e animali e viceversa.

 

Aristotele quindi considerò inizialmente le piante come inanimate (prive dell’anima), tuttavia dovette ricredersi per via della facoltà delle piante di riprodursi e così le classificò come dotate di “un’anima vegetativa”.

Ma le piante sono tutt’altro che immobili. Lo sembrano solo perché la nostra scala temporale è troppo breve per vedere i loro movimenti, ma se le si osserva con una tecnica di ripresa a tempo, che comprime in pochi secondi azioni che avvengono in ore o in giorni,  si svelano comportamenti davvero sorprendenti.

A dimostrazione di ciò, un esperimento realizzato nel Laboratorio Internazionae di Neurobiologia Vegetale (LINV) diretto da Stefano Mancuso, scienziato di prestigio modiale e docente della Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze, ha dimostrato che un germoglio di fagiolo che è stato isolato da ogni stimolo esterno dimostra di sapere esattamente dove è situato il sostegno a lui necessario, che ovviamente non è in grado di vedere, prodigandosi in lanci precisi proprio in quella direzione.

Il Professor Mancuso ha eseguito innumerevoli studi per poter dimostrare che le piante sono creature intelligenti, capaci di comunicare tra loro per cercare le sostanze nutritive, riprodursi e difendersi dai predatori.

Il laboratorio del Prof. Mancuso ha dimostrato l’esistenza di un’attività simil-neurale e di sinapsi vegetali. Questo significa che pensare, decidere, ricordare, riposare, sono verbi e concetti che iniziano a comparire anche nello studio della vita delle piante.

 

Esistono molte buone ragioni perché nel corso dell’evoluzione le piante abbiano sviluppato i loro tessuti simil-neurali negli apici radicali, sepolti nella profondità della terra. Innanzi tutto il suolo rappresenta un ambiente più stabile in confronto a quello atmosferico, sia in termini di temperatura che d’umidità; è protetto dalla predazione animale, dall’ozono atmosferico, così come dalla radiazione UV solare. Considerando le radici come la sede di attività simil-neurale, si ha una visione della pianta parecchio differente da quella normalmente considerata. Le radici diventano, quindi, l’organo più importante della pianta, i loro apici formano un fronte in continuo avanzamento con innumerevoli centri di comando e l’intero apparato radicale guida la pianta con una sorta di cervello collettivo.

Ciascuno degli apici produce un segnale che viene integrato dalla pianta per prendere una decisione e i segnali pervadono tutta la pianta. Inserendo un elettrodo nel fusto è possibile osservare sullo schermo di un computer il ritmo vitale della pianta: quando il ricercatore tocca una foglia, il tracciato si altera immediatamente; a dimostrazione che il vegetale reagisce a quello che avviene su di esso.

 Pagina 2 su 3

La calma apparente in cui vivono le piante è dunque ingannevole, sotto il terreno l’attività è incredibilmente complessa.

Le piante sono organismi pionieri: usano pochissima energia, e ne producono più di quanta ne consumano, sono autotrofe, cioè energeticamente autosufficienti, perché la loro sopravvivenza in termini di nutrimento non dipende da altri esseri viventi, e sono organismi moderni ed evoluti. Sono molto differenti da noi su due dimensioni fondamentali: lo spazio e il tempo.

Per quanto riguarda lo spazio: le piante stanno sempre nello stesso posto: sono organismi sessili, cioè con radici. Lo stile di vita sessile spiega la capacità biochimica delle piante, molto maggiore di quella degli animali: non potendo fuggire, le piante usano un complesso vocabolario molecolare per segnalare il loro disagio, scoraggiare o avvelenare i nemici e spingere gli animali a rendere particolari servizi. Uno studio recente ha dimostrato come la caffeina prodotta da molte piante, oltre ad essere uno strumento di difesa, in alcuni casi può funzionare come una droga, che spinge le api a ricordare un particolare tipo di pianta e a tornarci.

Ma se sei radicato e non ti puoi muovere devi essere davvero resistente e avere strategie di sopravvivenza più sofisticate di quelle che può mettere in atto un animale in grado di fuggire o di nascondersi. E non puoi avere organi singoli perché, altrimenti, se un animale mangia un pezzo di te, muori.

Per questo le piante non sono individui (in dividuus significa non divisibile) e non hanno organi singoli. Sono organismi modulari, e le stesse funzioni che gli animali concentrano in singoli organi sono invece diffuse in tutto il corpo.

Proprio perché non possono scappare, le piante sono molto più sensibili rispetto agli animali: il loro unico modo di resistere è capire quel che succede con grande anticipo, in modo da potersi modificare in tempo.

Se definiamo “intelligenza” la capacità di percepire i cambiamenti dell’ambiente esterno e di retroagire nella maniera più adeguata possibile, potremmo dire che le piante percepiscono e retroagiscono, dunque sono “intelligenti”.

 

Il tempo: l’altro punto di differenza tra le piante e noi riguarda il tempo: quello delle piante è più lento,ma se acceleriamo il loro tempo, per esempio grazie a una ripresa in time-lapse, vediamo che si muovono, eccome, e che sanno come arrivare alla luce o all’acqua per esempio.

 VIBRAZIONI POSITIVE

Dagli alberi provengono energie vibrazionali positive, l’albero è un ricevitore-ripetitore di onde elettormagnetiche benefiche con frequenze coerenti e simili a quelle dei nostri organi. Da questo tipo di interazione proviene il benessere che percepiamo nella frequentazione degli spazi verdi: giardini, parchi e boschi. Il fenomeno fisico alla base di questo scambio energetico è la Risonanza. Quando si attiva questo fenomeno il risultato raggiunto è un notevole accumulo di energia all’interno del sistema coinvolto e sollecitato. L’uomo vicino agli alberi registra un senso di piacevole benessere-relax, in genere senza essere consapevole del tipo di interazione intervenuta.

IL FENOMENO DELLA RISONANZA

Il fenomeno della RISONANZA è responsabile della COMUNICAZIONE ENERGETICA con gli alberi.

La risonanza è un fenomeno fisico vibratorio che si può manifestare in qualunque sistema (acustico, meccanico, elettrico, magnetico, ottico etc..) e che permette a due sistemi vicini di oscillare a frequenze simili, ottenendo un sistema vibratorio potenziato in ampiezza. La parola risonanza viene dall’acustica: se una sorgente sonora caratterizzata da una frequenza come un diapason in la è investita da un’onda di frequenza simile come il la di una chitarra, la sorgente entra in oscillazione rinforzando il suono, mentre non accade se le frequenze sono differenti. La risonanza è quindi un fenomeno che permette il trasferimento di energia vibrazionale e implica l’esistenza di una precisa “funzione antenna” sia nell’emissione che nella ricezione. E’ un fenomeno che avviene ovunque in natura, anche nel corpo umano qualora si realizzi un fenomeno di risonanza tra una sorgente emittente e gli organi dell’individuo sollecitato. Indagando sulle manifestazioni e modalità della risonanza negli esseri viventi entriamo nel campo della “biorisonanza”. Un fenomeno di risonanza provoca in genere un aumento significativo dell’ampiezza delle oscillazioni vibrazionali, che corrisponde ad un notevole accumulo di energia all’interno del sistema sollecitato, e questo fenomeno avviene anche nel contatto tra uomo e albero.

 Pagina 3 su 3

LA MEMORIA DELLE PIANTE

 Utilizzando apparecchiature elettroniche, via via più sofisticate, si è cercato di studiare e valutare la reattività delle piante all’ambiente e la loro capacità di apprendimento.

Il principio di base è misurare le variazioni di potenziale elettrico o di resistività della piante quale segnale di risposta a eventuali stimoli ambientali.

Ogni creatura vivente, vegetale o animale che sia, presenta variazioni di questo potenziale elettrico  in base alle reazioni che può provare.

Così avviene per noi umani: abbiamo un incremento di attività elettrica sulla pelle quando siamo emozionati, quando abbiamo paura, quando stiamo mentendo, quando abbiamo un sussulto improvviso.

Si sono similmente studiate le “emozioni” delle piante quando avviene qualcosa che è gradito, come l’arrivo della persona che le cura, o di persone col “pollice verde”, oppure quando vengono bagnate, quando ascoltano musica, o quando si parla loro.

 Le piante provano emozioni: testate con apparecchiature ultrasensibili a pulsori elettrici (spettro galvanometro frequenziale), le piante manifestano preferenze e paure rispetto a persone e animali in funzione di una banca dati precedentemente ordinata e codificata analogicamente che emette segnali di pericolo o gradimento.

Rappresentativo l’utilizzo di queste proprietà fatto dalla Cia e dal Kgb per risolvere episodi criminali senza testimoni umani.

Cleve Backster , uno specialista in interrogatori per la CIA, realizzò un sorprendente esperimento che prevedeva l’uccisione di una pianta Alfa a cui assiste una pianta Beta. Si osservano le seguenti fasi.

1. La pianta Beta viene collegata ad un oscilloscopio

2. Un soggetto viene sorteggiato tra quattro volontari, con il compito di uccidere la pianta Alfa

3. Il soggetto sorteggiato uccide la pianta senza testimoni umani

4. I soggetti vengono fatti sfilare di fronte alla pianta testimone (Beta)

5. Al passaggio del “colpevole” le linee dell’oscilloscopio, piatte al passaggio degli altri soggetti, oscillano convulsamente.

 Conclusione. Se minacciate le piante sanno riconoscere l’uomo.

 Le piante riconoscono le menzogne ? 

Backster, inoltre, dimostrò che le piante riconoscono le menzogne.

Ricevette un giorno la visita di un giornalista e con l’aiuto del suo galvanometro, che aveva collegato ad un Filodendro (pianta rampicante), volle scoprire l’anno di nascita del reporter. Backster elencò una serie di anni ai quali il giornalista doveva, come d’accordo, rispondere ogni volta con un monotono “no”. A test terminato Backster lesse il risultato del diagramma: la pianta aveva percepito esattamente quando il reporter aveva mentito scoprendo così quanti anni egli avesse.

 Spero sia piaciuto anche a voi, come a me, questo punto di vista particolare del mondo vegetale.

Monicsme

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

Come A. C. D. mi ha insegnato a Vivere

Pagina 1 su 1

Tanti anni fa, mi capitava di chiedermi perché fossi così sfortunata nella vita. Avete presente quando sembra tutto andare a rotoli? Non trovavo pace né a casa, né fuori, né con gli amici, né con me stessa. Svolgevo le attività che svolgevano tutti, avevo anche degli hobby, ma non riuscivo a sentirmi compresa da nessuno. Neanche dalle persone che in teoria avrebbero dovuto essermi più vicino. Come se tra te e questa persona ci fosse un muro invisibile che vi separi, un muro immenso che faceva male dentro. C’era sempre qualcosa che andava storto e a lungo andare iniziai a pensare che fossi io il problema. Era l’unica spiegazione! Iniziai a sentirmi vuota, senza uno scopo nella vita. Ogni tanto guardavo il cielo la notte perchè ero affascinata da tutte quelle stelle. Sono davvero tante! Tanti puntini luminosi che compongono un disegno più grande. Forse le guardavo perché desideravo sentirmi come loro. Ero sola nonostante fossi circondata da persone, che non sapevano dare una risposta a tutte le mie domande: “Ehy, ma che succede oggi? Perchè mi hai risposto in questo modo aggressivo? Ti ho fatto qualcosa?” – “Lascia stare, sono fatto così.” Sembrava un dovere accettare la negatività. Se non lo facevi, eri tu quello strano e fuori dal mondo. Le persone trovavano un modo per essere negative sempre, anche quando motivi non ce n’erano! Perchè a quanto pare è così che ci si deve muovere nel mondo. Poi un giorno mi venne in mente un ricordo, di una persona che mi parlò di un sito internet dove parlavano di vari argomenti. Beh, mi dissi, se nessuno poteva darmi pace e risposte, me la sarei cercate da sola. Così trovai Accademia di Coscienza Dimensionale, un sito che in un modo completamente GRATUITO ti offre un sacco di materiale su cui riflettere! Ero un po’ scettica, ma iniziai lo stesso a leggere gli articoli. Energia, entità, sesto senso… e realtà illusoria. Arrivai a praticare la mia prima meditazione in non pensiero, guidata sempre da Accademia. La mia vita da allora è stata r-i-v-o-l-u-z-i-o-n-a-t-a! In modo molto chiaro, questo sito è stato in grado di darmi delle risposte effettive, reali, sulla mia vita e quella degli altri. E non in base a dei pensieri filosofici, ma in base a fatti reali che tutti possono testare sulla propria pelle, cosa che nessuno è stato in grado di fare! Infatti è facile trovare in giro persone che rispondono alle tue domande con frasi che non parano da nessuna parte, dette solo perchè “sembrano zen”. Qua, invece, è tutt’altra cosa: le informazioni sono nate in seguito all’esperienza reale della fondatrice (persona letteralmente fantastica), ed è impossibile non notare gli effetti! A meno che tu non li voglia vedere. Da quel momento, sono letteralmente ri-nata: ho trovato la pace, quella vera, quella sensazione di rilassamento che ti entra dentro nel corpo e ti avvolge dolcemente. Quella sensazione che tutti abbiamo dimenticato e che cerchiamo costantemente ogni giorno! A chi non farebbe piacere alzarsi la mattina e sentirsi bene, pieno di energia e di voglia di vivere? Intorno a me, la Vita ha iniziato a prendere vita: le persone che volevano farmi del male iniziavano ad allontanarsi, ho iniziato a circondarmi di belle situazioni e di fortuna. Wow, oggi nessuno se l’è presa con me! Sono stata bene, serena, in posti dove di solito ero sempre nervosa. E sto riuscendo a realizzare tanti miei desideri! Ma cosa sta succedendo? Dalla mia esperienza personale, posso dire che Accademia di Coscienza Dimensionale non è “solo un sito”: è una comunità, una famiglia che sa quali sono i tuoi problemi perché ogni persona li ha dovuti affrontare! Ma siamo qui per cambiare la nostra vita e quella degli altri. Ci sono persone che sono stufe di sentirsi dire che la vita è soltanto sofferenza e sacrifici. C’è dell’altro in questa vita! Ce lo siamo forse dimenticati? Immagina se un giorno ti alzassi e trovassi tutti i tuoi familiari di buon umore, che ti salutano affettuosamente. Poi ti rechi a lavoro o a scuola, e lì impari un sacco di cose interessanti e stringi delle amicizie molto belle! Ti senti parte di un gruppo con cui senti di poter essere te stesso. Se c’è qualcosa che non va, il tuo amico se ne accorge e il problema si risolve in modo pacifico, senza litigi o fraintendimenti. Poi, prima di tornare a casa, passeggi per il parco: e nonostante tu in questo momento sia solo, ti senti bene. Perché sai che non sei davvero solo, sei in armonia con Tutto. Lo so… tutto questo sembra un sogno utopico. Ma se ti fidi anche solo un pochino della vocina dentro di te che cerca soltanto di farti stare bene, ti potresti accorgere che i sogni non sono poi così distanti dalla realtà. Perciò perché non provi sulla tua pelle?

Hana

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Il percorso che dura da tutta la vita

Pagina 1 su 9

Ci si può definire spirituali soltanto quando si praticano con costanza le meditazioni e le altre tecniche, tuttavia la predisposizione alla spiritualità può iniziare, ed in molti di noi è iniziata, fin da quando eravamo dei bambini, dalla mente notevolmente più aperta, con una connessione maggiore alla nostra Anima. Il nostro percorso spirituale non è iniziato semplicisticamente nel momento in cui abbiamo letto la prima lezione su ACD, l’Accademia di Coscienza Dimensionale, perché ritengo che essa trascenda lo spazio e il tempo, e parte dei suoi insegnamenti li abbiamo recepiti fin da quando eravamo molto piccoli. Fra gli spirituali è una cosa comune non avere una forte memoria della propria infanzia, e quindi di tutti gli avvenimenti definiti “paranormali” che ci sono capitati. Ricordo poco di questi eventi, ma probabilmente uno dei ricordi più forti che mi è rimasto impresso è di quando mi trovai una notte a fluttuare sopra al mio letto, vedendo me stessa sotto che dormivo, per poi essere risucchiata all’interno del mio corpo. Questo ricordo era parecchio instabile nella mia memoria, e l’ho ricordato successivamente grazie alla meditazione. In realtà anche negli anni prima di meditare lo ricordavo, ma quando iniziavo a richiamarlo alla memoria prontamente lo ignoravo. Da piccola, alle elementari, mi piaceva pensare di essere una strega, di avere dei poteri magici, e ogni tanto provavo a fare degli intrugli con le erbe oppure mi mettevo a cavallo di una scopa normale e provavo a volare. La cosa bella è che credevo di poterci riuscire, per poi rimanere delusa qualche secondo dopo quando dovevo ammettere che non stava succedendo nulla. L’altra cosa che provavo a fare era controllare il tempo meteorologico, in particolar modo tentavo di far piovere. Ricordo ancora quell’episodio in cui mi trovavo in giro con i miei genitori, ma ero stanca, non volevo più proseguire e mi stavo arrabbiando. Beh, venne a piovere e questo ci costrinse ad andarcene e mia madre, col suo fare scherzoso, disse che ero stata io così non avremmo più camminato. Le mie serie preferite, fin da piccola, sono sempre state quelle a tema fantasy. Una serie in particolare, Streghe, mi piaceva enormemente. Forse è stato proprio grazie a questa serie che ho appreso l’iniziale concetto di guarigione energetica, perchè vedevo spesso questo angelo bianco, Leo, che imponeva le sue mani, da cui faceva uscire un fascio di luce bianca, e tramite questa guariva ogni tipo di ferita. Anche a me venne la voglia di riuscire a guarire le persone in questo modo. Ricordo ad esempio che mia madre a volte mi chiamava e a me bastava darle la mano e avere l’intento che le passasse l’ansia o le palpitazioni che aveva, per farla stare un po’ meglio. Avevo 13 anni quando avrei voluto con tutta me stessa saper utilizzare la guarigione ad alti livelli. Un mio compagno di classe cadde dalla bicicletta e finì in coma. Lo andai a trovare all’ospedale insieme a mio padre e alle mie amiche, e avrei tanto voluto entrare nella sua camera, toccarlo e guarirlo in qualche modo, ed ero convinta di poterci riuscire, ma i medici non mi fecero entrare perchè ero troppo piccola. Quella stessa notte morì. Avrei potuto guarirlo, mi ripetevo, ci deve essere un modo per tornare indietro. È incredibile come le risposte siano arrivate anni dopo, con l’Accademia. No, non avevo le facoltà di guarirlo. Avevo un intento molto forte, quasi disperato, ma non avevo l’energia sufficiente per fare quel genere di guarigione. Ma l’Accademia ci insegna che il passato può essere modificato e chissà, mediante le connessioni temporali, si potrebbe davvero ottenere l’impossibile, se ci si mette d’impegno.

Pagina 2 su 9

Beh, e l’idea così forte di riuscire a guarire le persone da dove era arrivata? Forse da vite passate, forse anche da connessioni temporali che farò in cui trasmetterò gli insegnamenti dell’accademia alla me fin dalla più tenera età. Qualche volta ho già provato a fare questo genere di connessioni temporali, in cui ho cercato di trasmettere l’idea di cercare l’Accademia ed Angel, tuttavia mi sono concentrata dai sedici anni in su. A volte possono succedere anche le cose più inaspettate, ma sono quelle che ti daranno una svegliata. A sedici anni stavo scrivendo un romanzetto fantasy e mi identificavo molto con la protagonista. A un certo punto lei doveva lussarsi un ginocchio. Mi capitò di pensare a quella scena nel mentre che stavo giocando a pallavolo a scuola, nel mentre che cadevo per prendere la palla e il mio ginocchio si lussò. Rimasi sconvolta dall’accaduto perchè non poteva di certo essere un caso, era come se mi fossi attirata quell’evento! Da lì il mio interesse per la spiritualità aumentò notevolmente, infatti iniziai a leggere varie cose nei siti che trovavo sul web. Appresi dei sogni lucidi, dell’aura, dei viaggi astrali, e lessi anche teorie strampalate che mi fecero dubitare della bontà di quei siti e infatti me ne distaccai. Non riuscii a trovare in quel periodo ACD, anche perchè non era ancora nato, forse si trovava solo su facebook credo, perché Angel stava già iniziando a insegnare. Comunque, grazie alle informazioni che avevo letto, per un po’ mi esercitai nel fare sogni lucidi, nella visione delle aure, nel programmare gli oggetti come le pietre, perfino nel ripulire la mia energia tuttavia queste mie sperimentazioni purtroppo scemarono nel tempo, con i mesi, e ripresi la mia routine low, ma con la consapevolezza che ci fosse qualcosa in più rispetto a quello che vedevamo, solo che da sola non riuscivo ad andare tanto lontano. A volte sentivo vicino a me presenze positive, che mi trasmettevano conoscenze più elevate, e io pensavo fosse una sorta di mio angelo custode, che chiamavo Angelo, ma spesse volte pensavo fosse solo frutto della mia fantasia. A volte la presenza mi sembrava così reale che chiedevo a gran voce di mostrarsi, ma non riuscivo mai a vedere nulla. Poi a un certo punto la mia vita sembrò voler andare a rotoli, passai un periodo molto negativo e forse può risultare assurdo che pur di darci una svegliata e ricominciare a riflettere sulla vita l’unico modo è quello di farci passare brutte esperienze. In genere l’essere umano tende ad essere pigro, per cui non si domanda il perchè delle belle esperienze, ma tende a riflettere, a voler trovare delle soluzioni, anche non convenzionali, quando vive qualcosa di non esattamente piacevole. In quel periodo quindi ricominciai a fare molte ricerche sul web, provai a meditare per due giorni consecutivi e dopo mollai, incominciai a fare un po’ di yoga vedendo dei video su youtube. Iniziai un po’ a scrivere sul pc, cose riguardanti la guarigione energetica, il fatto di avere una missione in questa vita, insomma temi che si trovano anche in ACD. Ero già in modalità Accademia da anni, dovevo solo trovare il sito web a questo punto. Iniziai per qualche giorno a crearmi un mondo di fantasia in cui tramite la meditazione si sviluppavano facoltà psichiche. In queste mie fantasie che ho parzialmente appuntato su carta e riletto anche dopo essere entrata in accademia, questa ragazza, dopo essere braccata dal governo che cercava di catturare questi ragazzi per farli diventare loro armi dopo varie torture e lavaggi del cervello, entra a far parte di questo circolo di ragazzi dotati tutti di facoltà psichiche che stavano sviluppando, e le consigliavano una rigida pratica giornaliera fatta di 10 meditazioni per evolversi prima.

Pagina 3 su 9

Ecco, dopo aver conosciuto ACD ho capito come tutte queste fantasie non fossero semplicemente fantasie, ma mi sono servite per capire che ci fosse qualcosa in più al mondo,e mi hanno spinto nuovamente a cercare. Tra le mie ricerche guardai anche un Ted’s talk particolare, in cui una persona diceva che il governo lo aveva sfruttato insieme ad altri perchè lui era in grado di saper compiere la visione remota. Incontrai poi una ragazza che confidò al gruppo in cui stavo pure io di riuscire a fare sogni premonitori. Troppe coincidenze. Poco tempo prima di questi avvenimenti chiesi al mio angelo custode, che ormai chiamavo Angel, di farmi trovare la strada adatta, promettendogli che avrei sfruttato le mie capacità solo per fare del bene. Piombai in un sito web sulla guarigione energetica (prima ancora arrivai sul sito di Scientology, ma me ne distaccai ben presto in quanto si sentiva chiaramente odore di imbroglio, con tutte le cifre esorbitanti che chiedevano- sapevo infatti che il sito adatto a me era uno completamente gratuito) e tra i commenti sotto si citava proprio ACD, peraltro non ne parlavano bene. Ma io, sempre più incuriosita, andai sul sito web e mi bastò un secondo forse per capire che finalmente ero giunta dove volevo io. Esisteva davvero!! Non erano mie fantasie!! Non sei qui per caso. NO!! Ho pensato quasi urlando dentro di me,è una vita che ti cerco!! Appena vidi il nome della fondatrice mi prese un colpo,in positivo. Angel!!! Certo!!! Sempre più convinta che fosse il sito giusto, lo sentivo dentro di me in modo davvero molto chiaro, con una sicurezza che lasciava poco, anzi nessuno, spazio al dubbio. Iniziai a leggere i primi doc, sull’energia, sul matrix!!! Sul matrix! Qualche giorno prima avevo avuto voglia di rivedere il film Matrix, e sul sito trovavo l’ennesima “coincidenza”. Fin da adolescente avevo elaborato questa ipotesi del videogioco a più livelli da superare in cui ci trovavamo, e ritrovavo la stessa spiegazione ora sul sito. Per chi ha tendenze spirituali credo che sia facile capire tutte le esperienze che ho raccontato, sia semplice comprendere perchè con gli indizi che avevo,che per me stavano ricomponendo un puzzle più grande, decisi di iscrivermi all’Accademia e di seguire attivamente questo percorso. Per i Gaia’s sarebbe un’autentica follia: “e che prove hai di quello che stai dicendo? “Mostrami quello che sai fare!” direbbero. É vero, all’inizio non si hanno prove evidenti, prove che siano evidenti per gli altri, ma sono palesi per te, ed è difficile da spiegare per chi non la prova, ma è una sensazione viscerale, che parte da dentro, una gioia che provi per il fatto che percepisci che finalmente hai trovato quella cosa che ti permetterà di realizzare le tue missioni in futuro. Ricongiungi i pezzi e sai che la tua vita ti ha portato a quell’esatto momento in cui per la prima volta hai visto ACD, con incredulità e con gioia, e poche volte nel corso degli anni ti sei sentito sicuro di ciò che stessi facendo, e ti sei sentito a casa. Quella nostalgia che prima sentivi, che ti portava a guardare le stelle nel cielo e a sospirare, e poi a poggiare lo sguardo sulla terra e a chiederti cosa tu c’entrassi con questo mondo, a poco a poco si affievolisce e tu capisci che c’è una nuova famiglia che ti aspetta, e tante missioni interessanti che sei venuto a compiere su questa Terra. Tutte le tue insicurezze, i blocchi che senti di avere, tutti gli episodi dolorosi che ti sono accaduti iniziano finalmente ad avere un senso, ed è il senso che solo la spiritualità può portare. Angel afferma che si sono reincarnati i più forti adesso, su questo mondo, per portare avanti una missione collettiva. Devo ammetterlo: varie volte mi sono guardata e ho pensato ma non è che sono l’eccezione? Non è che sono capitata in un sito di Anime e io sono l’unica debole coscienza e blablabla. Pensieri manipolati.

Pagina 4 su 9

E devo dire: forse tutti gli iscritti prima o poi, qualche volta, hanno avuto questo genere di pensieri. Ci vogliono rendere insicuri (gli alieni,entità,psichici oscuri) perché in questo modo non riusciremo ad impegnarci seriamente nelle tecniche, non riusciremo a ottenere i risultati che vogliamo, e così penseremo di non essere all’altezza e non porteremo avanti le missioni che abbiamo deciso di dover compiere, anche perchè non sapremo mai quali esse siano. Non che per me sia tanto semplice: parlarne è un conto, prendere coscienza in linea generale di quali e quanti siano i meccanismi che ci tengono bloccati è un conto, agire per eliminare tutti i blocchi e gli attacchi ricevuti è un altro paio di maniche. Ma tutti siamo chiamati a farlo se vogliamo davvero cambiare il mondo, perché prima di farlo dobbiamo cambiare notevolmente noi stessi, nel profondo, e agire con una mentalità più evoluta. Dobbiamo smetterla di vivere nell’apatia. Ho commesso degli errori, nonostante stessi in ACD, tra cui quello di essere troppo apatica e di non fare nulla neppure per cambiare la mia vita low. Come Angel ci insegna, la vita low ha serie ripercussioni sulla spiritualità, perché i fallimenti ottenuti in qualsiasi campo vanno prima di tutto ad intaccare la sicurezza che dovresti avere sulle tua capacità nella vita quotidiana, figuriamoci cosa inizieresti a pensare di te nell’ambito spirituale: non saresti più tanto sicuro che tu, proprio tu, quello che fallisce nella quotidianità là dove altri emergono, sia in grado ad esempio di modificare il matrix di questo mondo, o di connetterlo maggiormente a Dio. Se sei così bravo infatti perchè non riesci a cambiare la tua vita? Beh in primis perchè non ci pratichi sopra, ma questi ovviamente sono pensieri molto influenzati ma che fanno presa proprio perchè si basano su fatti reali. Per non permettere loro di far presa, per acquistare sicurezza, bisogna iniziare a praticare seriamente, ad accumulare successi su successi, e allora si sarà molto più motivati nella pratica, tanto da raggiungere livelli inimmaginabili, tanto da riuscire a compiere poi missioni che saranno cruciali per questo mondo. E questo sarebbe anche un ringraziamento per tutti i sacrifici che la nostra Maestra compie quotidianamente, da anni. Non si può combattere ad armi pari col pensiero: i nostri pensieri sono influenzati dall’esterno, vengono abbassati dal nostro Regolatore, che ci farà dubitare perfino di ciò che fino a un secondo prima reputavi una prova spirituale incontrovertibile. Uno dei primi principi su cui si fonda il percorso è proprio il non pensiero. Non pensare con la mente,segui ciò che il tuo istinto ti dice che sia vero, anche se tutto questo è un’assurdità per quella che si definisce una mente razionale. Il non pensiero servirà per distinguere quelle che sono fantasie da quelli che sono elementi invece veritieri. Pochi giorni dopo il mio ingresso in ACD venni contattata da un ragazzo che mi disse che un ragazzo del suo gruppo aveva avuto una sorta di visione in cui nel gruppo sarebbe entrata una ragazza col mio nome. Mi emozionai per questa cosa: ero in accademia da poco e già la gente aveva visioni su di me ahahaha. Ad oggi non so dire se quella fosse una reale visione, o se l’abbiamo un po’ forzata, comunque in quel gruppo ci entrai mesi dopo, successivamente all’uscita di due elementi. L’esperienza con i gruppi può essere bella, perché puoi parlare con più persone praticanti quando vuoi e inoltre puoi ricevere consigli fondamentali e che possono aiutarti. Tuttavia ci sono dei problemi, come per ogni cosa: che il low tende ad infilarsi molto bene perfino in questi gruppi, tanto che si inizia sempre più spesso a parlare di cose low oppure di esperienze a cui gli altri tendono a rispondere in base a ciò che loro in teoria pensano che sia capitato.

Pagina 5 su 9

Così, in un gruppo creato apposta per praticare, si finisce per praticare molto poco e perdere interesse gradualmente nel praticare insieme, e nell’invogliare gli altri a farlo. L’apatia si insinua dappertutto. E purtroppo può insinuarsi un’altra cosa: il dark. Angel descrive molto bene questi meccanismi nei suoi articoli riguardanti il low e il dark che tentano di dividerci, tanto che le cose si sono svolte pari pari a come lei ne ha parlato. Nel mio primo “gruppo” insieme a due ragazzi è capitato che dopo un mesetto uno dei due impazzisse all’improvviso, andando contro ACD, e affermando che fosse una setta e che queste pratiche portavano a perdere l’anima. Era anche sicuro che respirando prana bianca si stesse richiamando prana nera, non so in base a quale principio. Pari pari a come aveva preannunciato Angel, questo ragazzo ha provato a trascinarci con lui, dicendoci più volte quanto questo sito fosse pericoloso, e che lui si era salvato grazie all’amore di suo padre. Già, perché aveva detto di ACD ai genitori e il padre di questo ragazzo stava a insaputa del figlio da anni nella Massoneria, a cui aveva riportato tutto quello che il figlio gli aveva confidato. E una sorta di prete della massoneria gli aveva dato una preghiera molto strana da recitare per questo ragazzo. Com’è andata a finire? Che il figlio dopo due-tre giorni senza meditare e con questa strana preghiera recitata è finito in ospedale perchè si era sentito molto male. Non è morto, è uscito dall’ospedale ma da questo punto in poi non ho avuto più notizie di lui. Un altro ragazzo invece, che conoscevo unicamente perchè una mia amica stretta di ACD mi ha parlato di quanto l’abbia molestata, verbalmente e anche con alcune sue azioni, facendola peraltro sentire in colpa (colpe che non ha assolutamente mai avuto, ma lui era molto bravo nell’influenzarla) a un certo punto è impazzito e ha scritto un post molto offensivo contro l’Accademia, per questo motivo è stato buttato fuori. Lui se l’è pienamente meritato, per quanto si è comportato male. Non aveva nulla di spirituale, di spirituale inteso in senso buono, perché magari praticava tecniche non insegnate in accademia, e non troppo positive. Un altro ragazzo invece di un mio gruppo ha deciso a un certo punto di togliersi da ACD per seguire delle sue ossessioni, che riguardavano il fatto di non voler deludere di nuovo le aspettative di Angel e dello staff. Insomma,ne ho viste delle belle,cose peraltro tutte previste e scritte nei documenti, tanto che ho potuto appurarne la veridicità per esperienza diretta. Gli spirituali infatti non sono tutti angioletti, ma si può trovare quello più pesante, con ossessioni e anche quelli proprio negativi. Ma una cosa è certa: quelli negativi ben presto vengono sbattuti fuori dall’Accademia, senza possibilità per loro di riaccedervi. Infatti se c’è una cosa che caratterizza nel profondo i siti creati da Angel, in particolar modo ACD e Hathor Network, è la gente che si trova: sono tutti gentili, disponibili, desiderosi di evolversi, e ti aiutano, ti fanno sentire a casa. Questa sensazione è ancora più amplificata quando si va ai tour: è molto semplice fare amicizia con gli altri e sentirsi a proprio agio, perché si sa che quelle persone sono lì per evolversi e tutti seguono gli insegnamenti della nostra Maestra, che si fondano sul rispetto reciproco e sull’essere generosi senza avere secondi fini. L’atmosfera che si respira ai tour è qualcosa di unico: si percepisce la spiritualità, il tonale si alza di un botto, si riesce di più a stare in non pensiero e le tecniche hanno maggiore efficacia. Praticare tutti insieme al tour dà una botta molto forte al regolatore, anche perchè si capisce di non essere gli unici, di non essere soli, ma che ci sono tantissime persone esattamente come te che hanno la tua stessa voglia di evolversi e credono nelle tecniche spirituali.

Pagina 6 su 9

Ascoltare le esperienze degli altri in diretta è davvero stupendo, così come lo è sentire le spiegazioni di Angel, che ci guida sul lato pratico e alla comprensione della teoria. Siamo fortunatissimi ad avere la possibillità di incontrarci tutti dal vivo e di poter incontrare Angel e Alexander, due Soli che brillano nel buio dell’incoscienza generale. Una volta che si sono ottenuti questi privilegi li si danno quasi per scontati ed è una cosa sbagliatissima, perché tante Anime vorrebbero stare al nostro posto, eppure siamo noi quelli privilegiati. Non si dovrebbe dare nulla per scontato di quello che riceviamo grazie ad Angel, perché è tutto frutto dei suoi sacrifici, che fa per amore nostro. Ogni giorno dovremmo svegliarci col sorriso, per l’enorme fortuna che abbiamo, e determinati nel voler praticare sempre di più per evolverci, per dare un ringraziamento pratico alla nostra Maestra. Il dare per scontato tutto questo è anche un meccanismo del dark, che vuole renderci incoscienti perfino quando abbiamo un tesoro davanti, facendocelo svalutare e facendoci decidere a poco a poco a non impegnarci così tanto in questo percorso. Invece bisogna stare sempre ben vigili. I libri sono un’altra benedizione che Angel ha deciso di concederci. Il primo libro pubblicato riguarda Dio, che viene descritto in un modo completamente diverso rispetto a come fanno le religioni, in un modo più evoluto, perché si basa sulle esperienze dirette di un’Anima davvero a contatto con Dio. La mia idea su Dio era corretta: infatti anch’io credevo che fosse l’intero Universo, e che fosse ancora in espansione per quanto riguarda dimensioni e capacità, cosa che mi è stata confermata dal libro. Angel ci mostra con maestria la tecnica del lasciarsi andare e quanto sia importante mantenere un contatto diretto con Dio, a cui possiamo rivolgerci per risolvere i nostri problemi, perché è l’Essere più potente che esista, l’unica cosa esistente, ma anche per portarci nelle dimensioni alte ed evolverci prima in questo modo. La trilogia sugli Alieni dovrebbe diventare un best seller mondiale, pagine e pagine piene di contenuto in cui ci vengono mostrate nel dettaglio tutte le manipolazioni che subiamo, vengono descritti i vari tipi di chip, di larve, di esperimenti che ci fanno oltre ad essere raccontata con tantissimi particolari l’esperienza diretta della nostra Maestra con tanti tipi di alieni diversi,e i metodi che ha utilizzato per sconfiggerli. Il libro sulla Meditazione rappresenta il libro base che tutti dovrebbero leggere, per capire quanto sia importante svolgere una meditazione ben eseguita, e tutti i vantaggi che da essa deriverebbero. Infine i due libri sulle Vite Passate ci aprono la mente e ci fanno capire quanto la nostra memoria sia stata danneggiata per non ricordare, e in essi troviamo tantissime tecniche per far riaffiorare i nostri ricordi passati, per migliorare il nostro karma, la vita futura, la connessione con Dio. La teoria riguardo la reincarnazione è estremamente affascinante, e pensare che è una cosa che abbiamo vissuto tutti noi spirituali! I ricordi di vite passate ci daranno la forza perchè ci faranno ricordare che abbiamo vissuto situazioni ben più toste di questa attuale in passato, e che dobbiamo impegnarci in questa vita perchè le vite passate si sono impegnate per garantirci un futuro migliore,e noi non dobbiamo vanificare i loro sacrifici, ma anzi dobbiamo impegnarci affinchè vite passate e future siano orgogliose e fiere di noi.

Pagina 7 su 9

Leggere questi libri, così come ogni articolo nuovo pubblicato sull’Accademia, mi ha dato tantissima nuova consapevolezza, mi ha fatto capire che la vita può risultare estremamente più interessante praticando e scoprendo nuove informazioni, riuscendo a vedere entità, alieni, iniziando a combatterli e a vanificare tutto ciò che di negativo hanno portato su questo pianeta, espandendo luce, Dio, guarendo le persone, guarendo il mondo, creando una nuova realtà dove vivere, una realtà più bella e notevolmente più evoluta, dove tutti siano connessi a Dio e alle dimensioni più alte e decidano poi a loro volta di aiutare anche altri pianeti nell’Universo, per iniziare a porre fine a tutte le sofferenze che il Dark porta, fino a raggiungere il suo fulcro e annientarlo una volta per tutte. Può sembrare utopistico, in realtà lo sarebbe se si pensasse di riuscire a fare tutto questo in una sola vita, ed ecco perchè abbiamo più vite a disposizione, ma solo se pratichiamo e ci evolviamo di più vita dopo vita. Le antenne di Dio devono risultare funzionanti, e non deboli e apatiche mentre gli oscuri sembrano avere tutta l’energia dell’Universo unicamente per distruggerlo. In questa vita non sono ancora nessuno, e dico ancora perchè voglio impegnarmi il più possibile per riuscire tra qualche anno a guardare la me di ora, del passato e vedere una persona estremamente meno evoluta, quasi con lo sguardo di una madre che vede il proprio figlio neonato, che ha tante potenzialità, ma con la consapevolezza che deve insegnargli ancora tutto della vita. Non so se nelle mie vite passate io sia stata qualcuno che ha fatto qualcosa di concreto per l’evoluzione, per Dio, difatti devo ancora recuperare tutte queste memorie. Comunque che io sia un’Anima da un miliardo di anni che in passato è stata super evoluta, riuscendo a compiere miracoli, o solo un’animella che ha svolto qualche vita, salvandosi a stento, il risultato non cambia: nel primo caso dovrò infatti praticare tantissimo per eguagliare i livelli raggiunti in passato, nel secondo caso dovrò praticare tantissimo per recuperare ciò che non ho fatto in passato e per garantirmi vite future più evolute. Ad ogni modo, l’evoluzione sarà soltanto per diffondere il bene e far vincere a Dio la sua battaglia. Esistono Anime psichicamente evolute ma che sono totalmente sconnesse da Dio, e infatti questi sono oscuri: è possibile che in passato siamo caduti nell’oscurità, l’abbiano sperimentata, ma in questa vita abbiamo l’enorme fortuna di seguire gli insegnamenti di una Maestra che ci spiega gli enormi benefici di evolverci con Dio piuttosto che volerne fare a meno perché, a mio avviso, ci si può definire realmente evoluti soltanto se si segue Dio. In questo mondo è vero, in questo periodo storico il dark tenta e lo fa in modo anche molto semplice e subdolo: facendoci vivere nell’insuccesso,nella frustrazione ci spinge ad aprire la nostra mente alla negatività grazie alla tristezza che accumuliamo, e così iniziamo ad essere cattivi, ad invidiare chi sta meglio di noi, a desiderare che anche agli altri vada male. Da qui al decidere di praticare per far avere insuccessi a qualcuno che ci sta antipatico il passo potrebbe essere molto breve, e così ci si invischierebbe sempre di più nell’oscurità. Ma gli insuccessi degli altri non ci farebbero stare davvero bene,in primis per il karma che ci colpirebbe e in secundis per lo stesso dark, che ci costringerebbe a stare sempre peggio,alimentando ulteriori sentimenti di invidia e odio verso gli altri. Io credo invece che vivere una vita in cui ci si senta in pace, grazie alla connessione con Dio, sia molto più appagante. Poi certo ci saranno sempre gli ostacoli, che devono essere superati grazie alla fiducia e alla pratica delle tecniche psichiche, perchè solo così si avrà una vita di successo, felice, in cui si vorrà espandere la propria felicità verso il mondo intero,in cui si sarà così appagati dal voler far vivere anche agli altri queste sensazioni,e allora si inizieranno a combattere con forza le ingiustizie e il male che affligge questa società.

Pagina 8 su 9

Ha molto più senso volere che tutti stiano bene,seguendo il volere di Dio,piuttosto che stare male e praticare affinchè tutti stiano male come te,seguendo i desideri dell’oscurità. La scelta da che parte stare dipende da come si vuole vivere. Vivere in pace è certamente più impegnativo,ma sarà la scelta più giusta e più appagante ed evolutiva da prendere.
Si,ma quali sono le prove che dà questo percorso?Beh,per prima cosa basterebbe semplicemente leggere gli scritti di Angel,impregnati della sua energia. Per chi ha un minimo di sensorie attive si percepisce,proprio a livello profondo,che tutto quello che scrive è assolutamente veritiero,frutto delle sue esperienze. Già questa è una prima importante prova. Poi bisognerebbe iniziare a meditare,per avere le prove di quanto faccia bene al proprio corpo e alla propria mente. Ad un certo punto ti abituerai talmente tanto a quella sensazione di benessere e di energia che accumuli che ti chiedi come hai fatto a viverne senza prima d’ora.E poi,dopo aver abituato il corpo ad essere nutrito così tanto,con tante meditazioni giornaliere,prova a meditare solo una volta o due anche per soli due o tre giorni:personalmente infatti quando a me capita sento subito un abbassamento di energia notevole,tanto che inizia a farmi male la testa,non riesco più a concentrarmi o a ragionare bene,inizio a sentirmi molto stanca tanto che sono proprio costretta a meditare per far cessare queste brutte sensazioni. Bisogna poi rimanere il più possibile coscienti durante il giorno,per ricordare le cose strane che accadono. Angel dice che gli alieni ci sperimentano e ci pungono anche quando stiamo svegli. Come fare a capire se è vero?Sentendo le punture che ti fanno. Prima di acd non facevo di certo caso alle punture,e non ricordo di averne mai ricevute. Da quando medito ogni tanto queste punture le sento,sui polpastrelli o in altre zone del corpo, e alcune sono anche abbastanza forti. E dopo queste punture “casualmente” arriva maggiore stanchezza e le tecniche escono peggio del previsto. Stessa cosa dicasi dei chip. A volte durante la pratica si sente un dolore localizzato,più grande di una puntura,in varie parti del corpo e da cosa deriva questo dolore improvviso,giusto quando pratichi(che di certo non è normale)?Dai chip che si attivano e vogliono cercare di non farti praticare. A volte mi è capitato di sentirmi ben sveglia ma dopo aver iniziato una pratica specifica inizio ad addormentarmi,segno che quella pratica sarebbe molto importante ed intervengono i chip a farmi perdere coscienza. Per non parlare di tutte le volte in cui,soprattutto all’inizio,è intervenuto il low con l’intento di farmi smettere di meditare o comunque farmi stare in stato di allarme perchè vari parenti iniziavano più volte ad aprirmi la porta di camera. Se non credi nel low prova infatti a meditare e nota quante cose succederanno per farti smettere:è tutta opera del low.Ho notato poi,come mettendo un blocco di energia con la porta al centro di questo blocco,con l’intento di non farli entrare,sono iniziati ad entrare molto meno,bussando,scusandosi, e a volte non entrano proprio più o almeno non entrano quando sto praticando. Grazie alle tecniche insegnate, e assolutamente non sono di certo un’esperta,sono riuscita a modellare alcune situazioni a mio favore,facendo succedere ciò che volevo capitasse. Per non parlare della soddisfazione quando grazie alla prana sono riuscita a disintegrare dei nuvoloni che non permettevano al sole di passare.

Pagina 9 su 9

O di quella volta che ho praticato affinchè nevicasse e la sera dopo sul serio ha nevicato,e le previsioni non portavano assolutamente neve(il giorno prima c’era rischio di neve ma non fece nulla),men che meno sulla mia città,che si affaccia sul mare,a gennaio,evento praticamente raro!La sensazione di benessere poi che si prova quando si fa un’Estensione Luminosa o una Guarigione su qualcun altro è davvero tangibile,e bisogna sperimentarla per poterla capire. Non mi ritengo una forte praticante,credo infatti di essere soltanto agli inizi,e tuttavia praticando la prova dell’efficacia delle tecniche l’ho ricevuta,anche quando mi sembrava impossibile potessero funzionare. Una buona strategia consiste nell’avere fiducia nelle proprie capacità,cercare una sempre maggiore connessione con Dio, e praticare costantemente giorno dopo giorno,esercitando il non pensiero e lo stare coscienti, e inoltre agendo per eliminare tutti quei pesi che ci limitano le pratiche,quali chip,larve,attacchi,e blocchi che ci hanno inserito. Non è di certo un percorso semplice,ho visto gente cadere e se non si sta ben attenti si può iniziare un declino progressivo che a lungo andare porterà a non credere più nell’efficacia delle tecniche. Tuttavia,se si mantiene una volontà forte,si arriverà fin dove si ritiene troppo impossibile in questo momento. E sarà una vera e propria soddisfazione,perchè l’evoluzione si starà facendo avanti. Grazie a questo percorso ho compreso che non c’è nessun’altra cosa low che possa dare lo stesso beneficio dell’evoluzione,che deve restare per noi la cosa più importante,perchè effettivamente lo è,sia per noi stessi che per Dio. Solo evolvendoci infatti possiamo far parte del cambiamento.Io devo ringraziare profondamente Angel,per tutto quello che ha fatto e continua a fare per far emergere un’umanità migliore e questo scritto lo dedico a lei,perchè è solo grazie ai suoi insegnamenti che queste pagine,con parte di ciò che ho appreso finora,hanno preso vita,ed è solo grazie a lei che si innescherà il cambiamento evolutivo in noi,se si segue il suo esempio.ACD è un sito web gratuito in cui si insegna la vera spiritualità:ci sono 9 steps ognuno dei quali ha un centinaio di documenti che si basano sull’esperienza personale per descrivere le tecniche da utilizzare per sviluppare davvero qualsiasi tipo di facoltà psichica,perchè per essere psichici bisogna saper compiere ogni singola tecnica. Angel si è evoluta provando e riprovando le tecniche,migliorandole di anno in anno, e ci fornisce con generosità le sue conoscenze aggiornate per ogni singola tecnica,per farcele apprendere in modo molto più veloce di quanto abbia fatto lei. Questo è il percorso che dura da tutta la vita,perchè dalla nascita fino al momento in cui abbiamo trovato il sito gli eventi si sono modellati per farcelo conoscere e predisporci alla comprensione dei suoi insegnamenti, e rimanendo saldi nelle nostre scelte questo sarà un percorso davvero evolutivo che durerà fino al momento della nostra disincarnazione. Per poi ricominciare nella vita successiva,seguendo le orme delle vite precedenti.

Phoebe

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La strada che l’Accademia di Coscienza Dimensionale mi ha mostrato.

Pagina 1 su 5 

Ognuno di noi nella propria vita ha dei momenti importanti che la stravolgono completamente, per alcuni è decidere di cambiare casa e vivere in una nuova città o stato, per altri è decidere di accettare una proposta di matrimonio e condividere il resto della propria vita con il proprio compagno, per altri ancora è la nascita di un figlio, per me è stato trovare Angel Jeanne e l’Accademia di Coscienza Dimensionale.

 L‘anno in cui questo grande miracolo entrò a far parte della mia vita fu un anno che ricordo benissimo, in cui ero stanca di me stessa e della mia vita, dove non vedevo via d’uscita, erano successe tante cose che mi avevano sempre di più buttato giù, ero diventata una persona che non aveva più la voglia e la forza di andare avanti, così presi una decisione, anzi espressi un desiderio il giorno di capodanno, il desiderio che quell’anno avrei dovuto trovare e avere un forte cambiamento nella mia vita e in me stessa o avrei reagito di conseguenza. Era una sfida tutto per tutto, avevo smesso di avere paura, desideravo solo cambiare in meglio. Ed ecco che la cosa più bella della mia vita è apparsa un giorno cercando su internet, qualcosa che finalmente mi ha dato ciò che cercavo. Da tempo leggevo argomenti spirituali, ma erano sempre e solo parole su parole, belle parole ma mai fatti, per i corsi dovevi avere tanti soldi che una studentessa universitaria che studiava e lavorava mantenendosi da sola non poteva affrontare, si parla di corsi dove anche la sola meditazione può costare 900 Euro!! Io ero incredula, sembrava come se la spiritualità, le tecniche per raggiungere il proprio benessere fossero dati solo ai ricchi, come se veramente alla fine i soldi facessero la differenza e la felicità di questo mondo, e che il resto della popolazione fosse destinato a subire e basta.

Ed ecco che un vero e proprio “Miracolo” è nato, un miracolo che ho avuto la fortuna di avere nella mia vita e di saper prendere al volo, un miracolo dal nome di “Angel Jeanne”, una giovane insegnate spirituale che ha deciso di stravolgere ogni cosa, una donna che ha combattuto contro tutti, contro questa società che tende ad elevare i criminale e ad infangare le persone buone ed oneste che vogliono fare davvero del bene, una donna incredibile che ogni giorno non si è mai fermata fino a stabilire in pochi anni una scuola enorme, seguita oggi da miglia di studenti da tutto il mondo!

L’Accademia di Coscienza Dimensionale (A.C.D.) ha ad oggi un valore inestimabile, se entriamo nel sito e osserviamo anche solo i primi due Step (gli Step sono i livelli su cui gli insegnamenti sono suddivisi), è possibile osservare come in ognuno di essi sono presenti almeno 100 documenti, ognuno dei quali è una vera e propria lezione che Angel ha scritto e svolto con i suoi studenti, dove nella maggior parte sono incluse delle tecniche pratiche. Non so se mi spiego lei sta donando liberamente senza nemmeno iscrizione al sito 200 lezioni gratuite che non sono cadute dal cielo, ma che lei ha svolto, scritto, revisionato e rivisto, quindi ore e ore di lavoro donate liberamente a tutti, indistintamente da quanti soldi abbiamo sul conto corrente, se siamo anziani o giovani, uomini o donne, per seguire la sua decisione di aiutare veramente il prossimo, di dare degli strumenti agli altri per migliorare la propria vita!

Ma andiamo nel dettaglio, la prima tecnica che viene insegnata in A.C.D. è la meditazione creata appositamente e perfezionata nella pratica da Angel stessa, quindi una meditazione diversa da quelle che si trova nel resto del web, unica a mio parere nel suo genere che lei ha curato in ogni minimo dettaglio, spiegando passo dopo passo come eseguirla e migliorarla. Per quanto la prima tecnica che un nuovo studente inizia a praticare è la meditazione, A.C.D. non è semplicemente una scuola di meditazione ma è una vera e propria Accademia delle Arti Psichiche. Andando avanti viene spiegato cos’è il sesto senso, come vedere l’energia, tratta in modo approfondito l’Aura, insegnando non solo a vederne i colori, ma a percepirla, spiegando la sua fondamentale utilità e importanza in un modo che non avevo mai letto da nessuna parte. Ma Angel non si ferma qui, ci insegna tecnica preziose come la guarigione energetica sia tramite contatto fisico che a distanza, ci insegna tecniche per proteggerci energeticamente da qualunque sfortuna, situazione negativa ecc…, ci spiega cosa sono le entità, da dove nascono e come proteggerci; ci insegna i viaggi astrali, sia nella teoria spiegandoci come avvengono e cosa sono, ma anche nella pratica per imparare a svolgerli da se.

Pagina 2 su 5

Angel ci insegna tecniche che pensavamo quasi che non esistessero e che potessero svolgere solo alcuni “eletti” nati con capacità straordinarie, ci insegna quindi a vedere l’energia e se desideriamo le Entità, ci insegna la Telepatia e anche la telecinesi, per la quale se non ci credete vi consiglio di visionare su youtube i video inserite da una studentessa dell’Accademia con il titolo “Telecinesi Tecnica di Accademia di Coscienza Dimensionale 30/05/2018” e i successivi che ha voluto inserire per dimostrare come con la pratica costante si possono raggiungere grandi risultati!

Quando affermo che l’Accademia di Coscienza Dimensionale è un tesoro, non lo dico solo perché desidero esaltarla, ma perché è la verità, quello che ho elencato poco fa è solo una minima parte di ciò che viene insegnato in A.C.D., vi voglio far riflettere di come un corso Reiki di guarigione possa costare anche € 1.000,00, il quale a sua volta è suddiviso in tanti livelli che a sua volta hanno prezzi sempre maggiori, qui Angel ti insegna la guarigione energetica di qualsiasi livello, sempre e solo allo stesso prezzo, cioè a costo ZERO! Ci rendiamo conto del valore anche economico di ogni singola tecnica insegnata da Angel? Già solo il primo Step che possiede approssimativamente  50documenti di cui molti pratici su svariati argomenti, e visto che girando il web lezioni del genere vengono approssimativamente a costare sui 1000 euro, il valore del primo Step è circa € 50.000,00!! Per non parlare degli altri Step dove ci sono anche 100 documenti con tecniche davvero rare e importanti il cui valore e molto più alto.

È giusto comprendere l’oro che Angel Jeanne ci ha dato effettivamente tra le mani, perché ogni sua lezione ha davvero un valore inestimabile!

Ecco che qui sorge la domanda che la maggior parte delle persone si pongono “Dove sta la fregatura”?

Per la prima volta dopo secoli è tornata ad esistere una persona che ha deciso di non fregare il prossimo, ma di andare contro questo programma, stanca di ciò che ha sempre visto e che ha voluto semplicemente donare i suoi insegnamenti gratuitamente per permettere a tutti di poterli ricevere, in una società dove molte persone hanno grossi problemi economici e hanno difficoltà ad andare avanti ogni mese, lei ha deciso di aiutare veramente il prossimo permettendo anche a chi non potrebbe acquistare questi insegnamenti di averli, come è giusto che sia. Continuiamo ad avere dubbi su di lei, chiedendoci quando arriverà la fregatura, ma quanto volte abbiamo desiderato di trovare qualcuno che ci aiutasse anche se non avevamo nulla da offrire in cambio perché materialmente ci mancava tutto, e ora che l’abbiamo trovata, perché fermarci a criticarla e ad avere dubbi? Quando basterebbe semplicemente provare, leggere e vedere con i nostri occhi la veridicità di quanto ho detto!

Non so il perché le persone abbiano quasi paura di iscriversi al sito di A.C.D., la gente dona tranquillamente i propri dati personali, numero di telefono, nome e cognome, data di nascita, indirizzo, carta d’identità a siti come Facebook, Whatsapp, Instragram ecc… ma creare un account anonimo dove l’unica cosa che ti viene richiesta è di scegliere un Nick inventato e di dare una Password, no quello non si può fare, è troppo dare tutte queste informazioni!!! Ma stiamo scherzando? Qual è la paura nel volere conoscere e vedere con i propri occhi la verità? Siamo disposti a pagare soldi su soldi per imparare tecniche da insegnanti che ci abbandonano dopo che hanno finito di tirarci via tutto quello che abbiamo, ma abbiamo il timore di decidere di iniziare un percorso in una scuola, nella quale si ha modo di poter leggere 150 DOCUMENTI LIBERI per “farci un idea” di quello che viene insegnato e della loro validità, ma non solo molti dei quali sono usufruibili in formato audio nel canale youtube dell’accademia https://www.youtube.com/channel/UCzLQGkvz7RLAHrxSse7LLeA .

Sono anni che seguo l’accademia, che ho usufruito gratuitamente di tutti gli insegnamenti, ho avuto modo di partecipare a tantissime lezione e tour dal vivo dove Angel ci guidava in tecniche pratiche straordinarie, ma non c’è mai stato una volta, una sola volta dove lei mi ha chiesto mai qualcosa, nulla, perché lei mantiene sempre le sue parole e non saremo ne io ne nessun altro a rompere la sua decisione di rendere l’Accademia libera a tutti.

Pagina 3 su 5

Angel è una donna straordinaria è tutto quello che ho esposto fin ora è uno dei motivi per cui continuo a seguirla costantemente senza mai aver rimpianto la mia decisione quel giorno di voler contattare il suo Staff per chiedere informazioni, lei segui i valori dei grandi maestri come Gesù, Budda ecc… i quali andavano di città in città per insegnare i propri insegnamenti, senza chiedere mai nulla, sacrificando la loro vita, il loro tempo e tutto.

Angel Jeanne poteva benissimo tenere per se tutti gli insegnamenti, praticare le tecniche per evolversi sempre di più senza perdere tempo ogni giorno a scrivere articoli su articoli, dedicare tempo a rispondere alle domande degli studenti, inventarsi nuovi metodi per migliorare lo studio, migliorare il sito dell’Accademia ecc… al massimo decidere come fanno tutti di mettere a pagamento i suoi insegnamenti e vivere veramente del suo lavoro, invece lei usa i suoi stessi soldi per noi.

Vi svelo un segreto che segreto non è, i Tour di Angel Jeanne sono totalmente “GRATUITI”. Non ho pagato mai un tour, e sapete chi è che finanzia tutti i costi “Angel Jeanne”!

Non sto scherzando è la pura e propria verità, potete chiedere a tutti gli studenti dell’accademia e potete vederlo con i vostri occhi se vi entrate a far parte. In ogni tour Angel, non solo usa tanta della propria energia per spiegarci nuove informazioni, per praticare, proteggere l’evento, elevare le coscienze di noi studenti e tanto altro, ma lei si fa carico delle proprie spese, perché anche lei deve pernottare fuori e pagarsi i pranzi e le cene, ma non solo si fa carico anche dell’enorme costo delle sale conferenze, che se non sapete quanto costano fatevi un giro nel web e cercate il prezzo delle sale conferenze per almeno 100 persone nelle varie città d’Italia.

Negli anni non posso che ammirare sempre di più questa grande donna e farmi sempre più pena quelle persone che vogliono trovare sempre il pelo nell’uovo criticandola nei social network solo perché lei ha avuto il coraggio e la forza di fare qualcosa di così grande  e buono per cambiare questa società.

Leggendo i vari documenti si comprende sempre di più come i suoi insegnamenti sono genuini, fondati sulla sua esperienza pratica e sulla sua profonda curiosità, sul desiderio di scoprire di più e di migliorare costantemente, ogni lezione su ogni argomento penso sempre “Wow straordinario, non immaginavo che esistesse tutto questo!”, e il bello è che lo ripenso anche alla prossima lezione sullo stesso argomento ahahah. Angel è stata in grado di farmi comprendere che non esiste limite alla scoperta, soprattutto nel mondo psichico, che non importa qual è il tuo punto di partenza, dipende solo da quanto ti impegni, giorno dopo giorno per arrivare dove vuoi.

Angel Jeanne per me non è solo una maestra spirituale, ma anche di vita, mi ha insegnato, rafforzato tantissimi valori, valori propri dell’umanità ma che nel tempo sono stati persi e sommersi dalla cattiveria che ci ritroviamo ad affrontare ogni giorno, dai tradimenti e tanto altro. Angel mi ha insegnato ad aiutare il prossimo, mi ha fatto comprendere che questa vita non è solo da concentrare su di noi, ma che dobbiamo aiutare anche le persone che ci stanno accanto, senza per forza dover chiedere qualcosa in cambio, ma solo per il piacere di aiutare. In A.C.D.,  Angel stessa insegna tecniche per portare benessere, fortuna, pace in luoghi e persone e lei stessa li pratica costantemente e in qualunque città va, al termine degli stessi tour ci fa praticare una tecnica per migliorare e aiutare la città che ci ha ospitati. Ogni volta che penso a lei vedo tantissima bontà e amore, Angel ha curato malattie come tumori a tantissime persone e studenti, malattie che li avrebbero portati alla morte, senza chiedere in cambio nulla, seguendo sempre quel desiderio di voler aiutare il prossimo, spetta a noi poi diventare delle persone migliori, smettendo di continuare a chiedere soltanto ma di saper anche ringraziare chi ci aiuta con quello che abbiamo a disposizione e non restando in silenzio di fronte alle grandi qualità di una donna che sta dando la vita per tutti noi.

Desidero raccontarvi degli eventi a me molto cari che porto sempre nel cuore, premetto che sono stata aiuta a personalmente da Angel tantissime volte, io così come tanti studenti che ritrovandosi a raccontare le proprie vicende sfortunate, Angel non ha esitato un attimo usando le sue doti psichiche per aiutarci. Lei mi ha aiutato a trovare uno splendido lavoro, anche in un ambito in cui non sono laureata per cui sono stata assunta a tempo indeterminato, confortandomi e spingendomi ad avere fiducia ogni giorno, informandosi sempre come erano andati i colloqui e standomi accanto sia con i fatti che con le parole, praticando per me, usando la sua energia e le sue doti psichiche perché questo lavora si avvicinasse a me, perché i colloqui andassero bene, e nel giro di un mese ho trovato un lavoro fantistaico, circondata da persone che mi vogliono bene e con cui sto bene e questo non è poco, tutto questo lo ha fatto senza chiedere mai nulla in cambio!

Pagina 4 su 5

Questo è solo uno degli eventi,  anni fa ebbi un incidente stradale, la macchina subì molti danni e per me fu molto pesante, non subii danni fisici ma morali ed economici, come molti sono una ragazza che vive da sola in una città più grande, senza famiglia senza nessuno su cui poter contare, qualcuno che ti potesse dare un sostegno, una spalla, un aiuto, ma come molti ci si ritrova da soli ad affrontare ogni situazione dovendosela cavare da soli. Economicamente non ero messa benissimo e non sapevo quando avrei avuto la possibilità di sistemare la macchina che serviva per andare al lavoro, senza avrei dovuto viaggiare per 3 ore la mattina e 3 ore la sera con i mezzi pubblici e non è poco. Ricordo che lo raccontai ad una studentessa e quel fine settimana questa studentessa ed altri decisero di fare una gita invitandomi, ho pensato che era un bellissimo gesto per tirarmi su, ma la cosa che non sapevo e che era stato tutto orchestrato da Angel stessa ahahahah, la quale sapendo che non avrei mai accettato il suo aiuto, mi fece arrivare tramite quei studenti un aiuto economico che lei aveva deciso di creare chiedendo ad alcuni studenti di collaborare. Quando tornai a casa con quella busta in mano, non so per quanto o pianto, nessuno aveva mai fatto qualcosa del genere per me, aveva pensato di aiutarmi senza che io avessi chiesto nulla, di darmi qualcosa no come “Prestito” come si usa sempre fare, in cui dai dei soldi per averli indietro, ma di darli e basta, lei che mi aveva donato tutto, lei che mi aveva donato degli strumenti per migliorare la mia vita, ha compiuto un ulteriore gesto di grande bontà, e così come tante volte ha saputo lenire la mia solitudine, riempiendo il mio cuore di tantissima gioia. Io sono semplicemente una studentessa, non sono una persona speciale ne nulla, ne i miei genitori o i mie fratelli, i miei parenti ed amici, hanno pensato a qualcosa di simile, ad aiutarmi anche economicamente, Angel invece si, ha fatto qualcosa per me che gli altri nemmeno hanno pensato di fare senza volere nulla in cambio, senza che avessi chiesto nulla, aiutando una delle tantissime studentesse. Tocca a me adesso ringraziare Angel come meglio posso, per la sua gentilezza e bontà, perché lei è davvero unica non ho mai conosciuto una persona simile, forte, coraggiosa, inarrestabile, di una bontà unica ma anche dal profondo senso di giustizia, di grande intelligenza e iniziativa!

Credo che dopo aver raccontato questo evento si può comprendere il perché stimo profondamente e continuo a seguire Angel! Lei mi ha insegnato la vera umanità, cosa significa donare, il rispetto per gli altri e se stessi, grazie al suo esempio e ai suoi insegnamenti sto crescendo anche come persona, maturando profondamente.

All’interno dell’Accademia di Coscienza Dimensionale, Angel ci stimola a migliorare in tantissimi ambiti non solo quelli spirituali. Attraverso sfide e giochi migliora le nostre capacità di disegno, di grafica, di scrittura, ci stimola a fare qualcosa di nuovo nella nostra vita, scoprendo di poter imparare qualcosa di più, arricchendoci davvero a 360 gradi. Da quando sono in Accademia la noianon esiste, ogni volta che apro il Social Network creato da Angel Jeanne “Hathor Network”, trovo sempre nuove iniziative e nuovi messaggi scritti dalla fondatrice che mi stupiscono, mi riempiono e mi spronano a fare di più.

Angel inoltre ci ha donato una casa, un luogo dove poter raccontare le nostre esperienze, eliminando il senso di isolamento, di solitudine, che personalmente avevo prima, quel senso come se fossi fuori dal mondo, come se gli altri non vedessero e sentissero quello che sentivo io, facendomi sentire strana e diversa. Qui invece ho scoperto che esistono tante persone che come me non accettano di fermarsi a ciò che gli occhi vedono ogni giorno, ma che sentono che c’è un oltre. Angel ha creato un Social “Hathor Network” appositamente per permettere a noi studenti di raccontare e condividere le nostre esperienze, praticare insieme, seguire le lezioni, condividere le notizie del mondo e tanto altro ancora, un social per gli spirituali, che rispetta la privacy, che non chiede nulla della tua vita personale ma che ti rende libero di essere te stesso, di poter imparare da Angel e dalle esperienze degli altri, che non ti fa sentire solo e unico, ma che come te c’è un mondo lì fuori di persone che desiderano evolversi.

 Pagina 5 su 5

L’Accademia di Coscienza Dimensionale è qualcosa che è stata creata da Angel Jeanne, non potevo parlare di una senza raccontare l’altra, perché sono inseparabili, sono dei gioielli inestimabile che questo mondo ha avuto l’onore di avere, qualcosa per cui non si può lasciare che i dubbi ti freghino e ti fanno decidere di girare pagina quando hai davanti per la prima volta questo nome, perché hanno il potere di cambiare profondamente la vita di una persona per il meglio, come lo hanno fatto per me e per tutti le miglia di studenti che la seguono.

La mia gratitudine per Angel è infinita e non bastano queste parole per ringraziarla, ma spero che esse possono essere utile al prossimo, per lenire i dubbi e comprendere che continuare a seguire la strada che facciamo tutti i giorni ci riporterà sempre allo stesso punto, perché la conosciamo già sappiamo dove porta, ma noi non siamo fatti per la routine, ma per una continua evoluzione, un evoluzione che l’Accademia di Coscienza Dimensionale è pronta a mostrarti se deciderai di seguirla.

 Lucia

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

A.C.D. (Amore – Costanza – Dedizione)

Tutor Pagina 1 su 1

Volevo raccontare l’importanza e i vantaggi di intraprendere un percorso spirituale e cosa ha significato per me. Premetto che non avrei pensato che un giorno potessi interessarmi così alla spiritualità. Ma quando ho provato ne ho solo tratto benefici e cambiamenti in positivo nella mia vita quotidiana.

Quando ho conosciuto A.C.D. ero già in cerca di qualcosa che potesse farmi stare bene e rilassarmi mentalmente soprattutto, avevo bisogno di tranquillità e serenità perchè stavo attraversando un periodo difficile della mia vita, ma non sapevo da dove cominciare, né sapevo bene definire di cosa avessi veramente bisogno. Sentivo come un vuoto, qualsiasi cosa facessi è come se non mi rendesse completamente felice o soddisfatta, come se ciò che facevo fosse quasi inutile e mi mancasse ancora qualcosa, ma non sapessi cosa.

Nel momento in cui ho iniziato con la meditazione in non pensiero e sui chakra già le situazioni attorno a me cominciavano a cambiare in positivo, soprattutto quella familiare in cui c’era un clima un po’ opprimente. Piano piano sono riuscita ad avere quella serenità che cercavo, i rapporti erano più tranquilli e più praticavo più mi rendevo conto di come ormai facesse parte della mia vita e non avevo intenzione di smettere. Svolgevo le mie meditazioni giornaliere dedicandomi a mantenere un ritmo costante e man mano ad aumentarle. Adesso mi sento meglio rispetto a prima, anche dentro.

Ho iniziato con argomenti sui sogni e poi andando avanti ho scoperto la meditazione, che non avrei mai detto un giorno sarebbe diventata una mia pratica così assidua, visto che la snobbavo perchè non mi è mai interessata.

La meditazione che ho trovato qui era completamente diversa da come mi aspettavo, semplice ma molto efficace. Ma la cosa che mi ha sorpreso di più in questo sito è stata la varietà dei suoi argomenti, uno più interessante dell’altro e di cui molti probabilmente non mi sarei mai fatta domanda, e la cosa più importante secondo me è la chiarezza con i quali sono spiegati, senza giri di parole e diretti al punto.

 

A.C.D. sta per “Accademia di Coscienza Dimensionale” ed è un sito fatto davvero bene, con una organizzazione ben curata. Angel Jeanne è una persona sempre disponibile e per quello che fa è da ammirare, non solo per il lavoro che c’è dietro ma anche per il fatto che non chiede nulla in cambio e questo non è da tutti, anzi fa moltissimo per noi.

 

É già qualche anno che seguo questo sito e mi sono trovata sempre bene, ovviamente ho tanto da imparare ma sono contenta di essere approdata qui perchè mi ha davvero cambiato la vita, e può continuare a cambiare solo in meglio con la giusta costanza, dedizione e amore per noi stessi. Non a caso ho voluto dare dei sinonimi aggiuntivi alle sigle A.C.D. Solo noi siamo gli artefici del nostro destino e di come debba andare la nostra vita, nessun altro.

Una cosa che ho notato è l’energia che traspare dagli scritti dei vari argomenti. Solo leggendoli ti fa venir la voglia di metterli in pratica e il tuo umore migliora nettamente se per caso eri un po’ giù per varie ragioni. É davvero incredibile!!

Questo percorso mi ha fatto riflettere molto, mi ha aiutato a capire e a rendermi cosciente di molte cose di me stessa e di ciò che abbiamo intorno, cose che posso cambiare e che non avrei pensato di poter fare se non avessi conosciuto questa realtà che è  A.C.D.

 

Infine posso dire di essere davvero felice e onorata di aver conosciuto Angel Jeanne e sono convinta che ha tantissimo da offrire a chiunque cerchi il miglioramento della propria vita, io non potrei desiderare di meglio. Grazie infinite per tutto quello che fai per noi Angel e spero di poter sempre migliorare grazie ai tuoi consigli!!

Evan

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

 

Il traguardo migliore raggiunto grazie all’esperienza in ACD.

Pagina 1 su 2

Ho scoperto l’Accademia ad ottobre del 2015, stavo cercando su internet alcuni modi per fare meditazione e avevo già provato qualche esercizio di consapevolezza del corpo e del respiro. Quando ho iniziato a leggere i documenti, primo in assoluto il numero uno del primo step, avevo parecchi pensieri negativi a riguardo, pensieri scettici e molto critici su quello che stavo leggendo. Quello che provavo invece era completamente diverso e, nonostante non avessi mai fatto tanto caso a come mi sentissi in generale, me ne sono reso conto. Mi sono reso conto di provare una sensazione simile a quella che provavo quando ero più piccolo, quando credevo fermamente all’esistenza di certe cose, quando pensavo che al mondo tutto fosse possibile.

Poi ho letto l’articolo sulla meditazione, rimasi sorpreso di leggere una meditazione così particolare, che non avevo mai letto prima. Già ero sorpreso delle cose lette nei primi documenti, cose che non avevo trovato da nessuna parte nonostante fosse già un po’ di tempo che leggevo articoli a destra e a manca su argomenti “paranormali”. Di nuovo pensieri scettici, non credevo affatto all’esistenza dei Chackra. Ho provato comunque la tecnica e fin da subito ho avvertito qualcosa nei punti dove appoggiavo le dita. Da quel giorno non ho più smesso di meditare. Almeno una volta al giorno l’ho praticata, prima leggendola, poi provando dei mix con dei timer fino ad arrivare alla sessione da 30 minuti. La sensazione delle prime meditazioni fu molto particolare, era come un senso di incertezza perché stavo entrando in un mondo mai visto mista ad eccitazione per le particolari sensazioni che questa nuova pratica mi faceva provare.

In quel periodo della mia vita avevo abitudini per niente sane. Fumavo sigarette da diversi anni (nonostante ne avessi solo 20), assumevo alcool periodicamente e tutti i giorni fumavo marjiuanada quasi tre anni. Nei mesi seguenti alla scoperta di ACD il mio corpo ha incominciato a mandare segnali più chiari o meglio, li ha sempre mandati ma io ero diventato più consapevole di esso e ho iniziato a captarli. Per prima cosa mi sono reso conto che fumare erba mi faceva sentire bene fisicamente ma non mi sentivo bene a livello psicologico, mi isolava nonostante mi trovassi sempre in compagnia quando lo facevo. Così ho diminuito pesantemente, finchè mi sono anche reso conto di quanto manipolasse il mio modo di pensare e ho smesso definitivamente in poco tempo. Più tempo ci ho impiegato con le sigarette, ho fatto un lungo tira e molla. Smisi di comprare le sigarette a febbraio e smisi di fumare completamente al dicembre successivo. Non compravo le sigarette ma le scroccavo continuamente, certo fumavo molto meno di prima ma comunque fumavo e non smetti di essere un fumatore neanche se fumi una sigaretta all’anno. Gli ultimi mesi fumavo due tiri e poi non fumavo per giorni, finchè non mi tornava la voglia e fumavo di nuovo due tiri. Ho fatto questa scenetta per diverso tempo e mi ha fatto riflettere sul fatto che la voglia di fumare non fosse realmente mia; io volevo smettere di fumare eppure arrivavano dei momenti che non riuscivo a resistere e quando cedevo subito dopo mi pentivo perché tornavo a voler smettere. Un’altra riflessione nata dalla lotta alle sigarette è l’illusione del rimando, tantissime volte mi sono detto “smetterò un’altra volta” pensando che in questa futura altra volta sicuramente non avrei più avuto voglia e invece, giorno dopo giorno, mi ripetevo che quello non era il momento e ricordate bene: io volevo davvero smettere. Alla fine sono riuscito a non fumare per diverso tempo e sono riuscito a non farlo più, non avrei sopportato il pentimento conseguente a quell’azione. Più complicata di tutte è stata la lotta all’alcool; sebbene bere fosse la cosa che mi piaceva di meno, perché spesso stavo veramente male il giorno seguente, ho fatto fatica a eliminare l’alcool. Questo perché è un male veramente, ma veramente radicato nella mente delle persone, soprattutto tra i giovani. Le prime volte che ho rifiutato di bere le reazioni furono quasi violente, per la gente è assurdo che tu non voglia bere, è inaccettabile, e quando reagisci tu perché potrai fare quello che vuoi della tua vita passi anche per il permaloso che si agita per niente. A questo riguardo vi consiglio di tenere duro, gli sbagli che compiamo su di noi alla fine non li paga nessuno per noi, sono solo un nostro problema quindi non si deve MAI farsi del male per accontentare qualcun altro, lasciateli arrabbiare, parlare, sparlare, piano piano ci faranno l’abitudine. Adesso chi mi conosce lo ha accettato, e hanno capito che è la cosa migliore anche se non riescono ancora a farlo per loro stessi.

Pagina 2 su 2

Non mi vergogno a raccontare questo, a raccontare quanto sbagliassi, perché questa è la testimonianza più grande che posso dare della mia esperienza. Ero dentro fino al collo a sostanze che mi distruggevano e adesso sono completamente fuori, senza aver cambiato situazioni e persone con cui uscire. Questa vittoria ha generato in me una forza immensa che si riflette, la gente non capisce come sia possibile ma questo è stato possibile grazie all’Accademia di Coscienza Dimensionale e al suo percorso, è stato possibile grazie alla conoscenza che Angel ha condiviso riguardo l’utilizzo di queste sostanze, è stato possibile grazie ad alcune persone che indirettamente mi hanno dato forza nei periodi più difficili dove la voglia di arrendersi era tanta. Ai miei amici dico spesso che adesso provo la stessa sensazione di benessere che provavo quando fumavo ma in modo molto più concreto, intenso, senza dover assumere nulla, solamente vivendo. Oggi mi sento così quando voglio, lo decido io, non c’è limite al benessere che si può provare e questo è veramente meraviglioso.

Questo percorso, la persona che lo ha creato e tutte le persone che lo sostengono e lo portano avanti sono meravigliose.

Adesso vivo nel mondo delle possibilità, e non smetterò mai di esserne grato.

France

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

ACD, un bagliore di luce nell’oscurità

Pagina 1 su 1

Non riuscivo a capire che senso potesse avere la vita.

” Perché esitiamo? Che senso ha vivere? Da dove veniamo?”

Queste domande mi tormentavano dalla tenera età. Venivano fuori soprattutto quando vedevo intorno a me tanti umani incoscienti, che non si facevano mai domande su nulla, vivendo la loro vita da automi.

“Perché dormono tutti? Perché  tutti accettano le errate regole sociali e convenzioni assegnate senza il minimo dubbio? perché invece io no?”

Mi sono iniziata a sentire strana, e ad un certo punto diversa da tutti, infine, anche totalmente sbagliata e inadeguata.

Non riuscivo a trovare il mio posto nel mondo, a volte mi arrabbiavo con me stessa perché non stavo tranquilla e quieta come gli altri, e trovare il lavoro, la famiglia, fare il figlio e prendermi un cane senza storie come mi avevano insegnato.

“Davvero è solo questo la vita?”

Passare un’esistenza a lavorare, per guadagnare i soldi per beni che subito annoiano o si rompono subito, e se ne comprano altri, all’infinito.

Tutto questo, unito a tante sofferenze a causa della famiglia, amici negativi e tanto altro, mi stavano logorando. Oltre alla sofferenza si è unita anche l’ansia, attacchi di panico. Questo non mi permetteva di mangiare, perché tutta l’ansia si fermava sullo stomaco. Ho perso peso, sempre di più. Con il tempo ho anche dimenticato i motivi del mio dolore, volevo solo sparire da questo mondo e avevo anche dimenticato il perché.

Mancava davvero poco, luogo e data erano stati decisi, era arrivato il momento di finire tutto.

Il giorno stesso una vocina dentro il mio cuore mi supplicò di fermarmi, non capivo cosa fosse.

Adesso so che è stata la mia anima.

Dopo poco tempo ho trovato ACD, il mio spiraglio di luce. Mi sono lasciata andare e iniziato un vero percorso spirituale, che ha fatto abbagliare la mia vita di una luce immensa. Grazie ad Angel, alla meditazione, la connessione con Dio e all’Anima, e tutto l’amore che la comunità di ACD ti da senza chiedere niente in cambio, in poco tempo hanno risolto tutti i miei problemi. Parte della mia sofferenza era un vuoto, stavo cercando il mio vero io, la mia anima, la spiritualità, tutto! L’altra parte del dolore ho capito che erano attacchi esterni, che, grazie alla meditazione e alle altre tecniche ho risolto. Adesso sono in buoni rapporti con la mia famiglia, ho eliminato gli amici negativi per fare spazio a nuove bellissime relazioni. La calma e la pace che ho adesso insieme alla nascita di un’autostima, mi hanno permesso di poter iniziare a pensare a nuove passioni, sia come hobby, sia in futuro, in un ambito lavorativo che può piacermi per davvero, senza dovermi accontentare di lavori che non mi piacciono o che prendono tutte le ore della mia vita.

In sintesi, ACD mi ha salvata e ha reso ogni singola giornata una nuova avventura meravigliosa.

Ora capisco che senso ha la vita!

Tali

 

 Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La mia esperienza su ACD, Accademia di Coscienza Dimensionale

Pagina 1 su 2

Che dire? Da quasi un anno faccio parte di questa meraviglia Accademia, o per meglio dire, Casa.

Mi ricordo che quando ero bambina sentivo dentro di me una forza particolare, una di quelle che mi davano la carica a combattere contro ciò che reputavo negativo, qualcosa di oscuro. Mi ricordo i sogni che facevo. Davanti a me c’era un’entità oscura? Combattevo per abbatterla e dopo ciò vedevo luce. Qualsiasi incubo facessi, combattevo sempre senza alcuna paura, ma tanta soddisfazione. Ora, leggendo, tutto questo vi sembrerà banale, e lo era anche per me, fino a quando non persi questa forza e sicurezza!

Sono cresciuta. Ho conosciuto persone per me molto importanti e altre che reputavo tali e poi ho capito che mi vampirizzavano soltanto. Ci sono stati avvenimenti che mi hanno fatto crescere ma allo stesso tempo lasciato un vuoto dentro. Tutto ciò mi ha portato una tale insicurezza che mi ha fatto diventare un’altra persona. Una sottomessa, che doveva esistere solo per sollevare gli altri.

Sapete che sogni facevo? Incubi. In cui avevo paura di tutto. Nel Mio sogno ero succube di tutto e tutti! C’era qualcosa di negativo che voleva farmi del male? Mi faceva del male oppure semplicemente mi svegliavo di colpo, tremendamente spaventata.

Vi ho citato i sogni perché molte volte è lì che il nostro inconscio parla. Ci fanno capire la nostra relazione con tutto ciò che ci circonda (per ciò che ho potuto constatare).

La mia vita? Sottomessa. Non c’era una parola che la descrivesse meglio! Dovevo dare forza alla mia famiglia perché se no crollavano tutti, non avendo possibilità di dare sfogo ai miei sentimenti. Le mie amiche erano sempre piene di problemi e io ero costretta ad ascoltare SEMPRE! e tornavo a casa mia con i miei sentimenti negativi inglobati dentro me + i loro problemi.

Diciamo non una vita molto tranquilla.

Poi, un giorno, per caso ( e dico “caso” perché l’incontro è stato veramente insolito ) incontro ACD. Non conoscevo niente di questa Accademia, non conoscevo nessuno che ne facesse parte. Io sono una ragazza che non si fida, né di chi conosce da poco tempo né tantomeno di ciò che non conosce e sopratutto di ciò che è virtuale. Ho sempre pensato che dietro di profili di un social network, di una pagina internet etc. potesse esserci chiunque. Quindi per prevenire non mi fidavo e non mi fido tuttora! Ma, nonostante tutto ciò, c’era qualcosa dentro di me che mi spingeva ad informarmi su quell’Accademia. Una sensazione fortissima che superava qualsiasi paura! Prima di iscrivermi, decisi di leggere il primo libro di Angel Jeanne: “Dio esiste, lui sa chi sei ma tu non sai chi è lui”.

Che dirvi?

Pagina 2 su 2

Quel libro mi diede la conferma a tutte le mie sensazioni positive che avevo verso ACD! Un libro che mi fece emozionare profondamente e ridere di gioia! Reazione che non mi aveva provocato mai nessun altro libro!

Mi iscrissi in Accademia. Ancora avevo un po’ di paura perché mi immersi in un mondo a me sconosciuto! Per fortuna Angel pensò di mettere a disposizione ai nuovi arrivati dei tutor che li avrebbero accompagnati per tutto il loro percorso. Quindi io liberai tutte le mie domande al tutor che seppe colmarle pienamente!

Ora che faccio parte di ACD, e solo da un po’, vi posso confermare che la mia vita è letteralmente cambiata! Grazia a tutti i consigli e tecniche che Angel ci insegna, GRATUITAMENTE, in Accademia ho scoperto me stessa, che ignoravo da tutta la vita! Ho riscoperto il mondo, tutte le sue sfaccettature e tutto ciò che la società odierna ci nasconde, o per meglio dire, chi ci comanda!

Ho iniziato a prendere il controllo della mia  vita. E non c’è cosa più bella!

La cosa ancora più bella di tutto è che sto iniziando ad essere consapevole di tutto ciò che mi accade attorno e di conseguenza so come proteggermi e come reagire davanti a delle influenze esterne negative.

Non smetterò mai di ringraziare Angel per questa IMMENSA opportunità!!

Oltre l’opportunità di evolvermi ho l’occasione di cambiare il mondo! Di aiutare Gaia, la nostra terra e l’umanità, che sempre di più, per colpa dell’oscurità, si sta perdendo in un “mondo” di illusioni dimenticando il vero senso della vita, il perché siamo qui, chi siamo, quali sono i nostri obiettivi!

Insomma, io mi reputo la ragazza più fortunata del mondo per aver incontrato ACD! Questa casa così accogliente, VIVA, che ti cambia la vita nel modo migliore possibile, se ascoltiamo e pratichiamo!

Io sono quì per aiutare Angel nel suo intento! Quello di espandere conoscenza e salvare le nostre Anime con la conseguenza di sconfiggere l’oscurità che ultimamente è molto pressante su Gaia.

E sapete una cosa? Il mio percorso è appena iniziato!!🌺

Sabrina9

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

A.C.D. ed Angel Jeanne: l’inizio del cambiamento

Pagina 1 su 4

Il mio viaggio ha inizio anni fa. È stato un periodo particolarmente difficile, eppure c’è stato qualcosa, una scintilla, una forte spinta che mi diceva di non arrendermi, di continuare a cercare perché mancava davvero poco. Non sapevo bene cosa stessi cercando, ma sentivo che era vicina, e che l’aspettavo da tutta la vita. Sono sempre stata affascinata dal paranormale sin da bambina ma le mie ricerche mi avevano portata sempre a risultati molto deludenti, e dopo tanto tempo inizio a sentire questa forte spinta, questo forte intento. Decido di seguirlo, e mi porta a scrivere qualcosa di spirituale su un social. Qualche giorno dopo mi contatta una persona parlandomi di quel post, e ricordo ancora quel momento, una frase che ha cambiato per sempre la mia vita: “hai mai sentito parlare dell’Accademia?”. Per la prima volta dopo anni ho sentito di essere sulla strada giusta, di essere a casa. Nonostante non avessi la minima idea di cosa fosse, qualcosa dentro di me lo sapeva bene, ed era come se la conoscesse da sempre. Senza esitare ho iniziato a praticare la mia prima meditazione, ricordo ancora che non la smettevo più di sorridere, mi aveva dato una pace e una serenità mai provati prima. Nemmeno riuscivo a pensare, da quanto stessi bene!! La mia mente era totalmente sgombra, e non l’avevo mai provato prima. Su questo passaggio ci tengo a fare una piccola precisazione, perché spesso si tende a fare confusione. Ho sentito spesso dire che “non ha senso impegnarsi a non pensare, cosa siamo, sassi?” ed è corretto, perché smettere di riflettere sarebbe altamente controproducente! La capacità di riflettere è la facoltà principale che ci distingue dagli animali, non ha senso privarsene, ma c’èuna differenza sostanziale fra il riflettere e il lasciare che la propria mente sia sopraffatta dai pensieri. Una cosa è ossessionarsi, lasciare che i pensieri ci distruggano dentro perché non siamo in grado di controllarli, e una cosa è poter decidere a cosa pensare, ed evitare i pensieri nocivi che non ci farebbero per nulla bene. C’è questa strana convinzione che quando si ha un problema bisogni pensare e ripensare ad esso, arrivando ad ossessionarcisi su senza trovare una soluzione o trovandola dopo molto tempo! Non sarebbe decisamente meglio poter avere una mente lucida ed in grado di prendere decisioni? Poter decidere di non disperarsi e allo stesso tempo impiegarci meno della metà del tempo a trovare una soluzione? Questo è il non pensiero, decidere a cosa pensare e quando farlo, e di conseguenza smettere di ossessionarsi e lasciarsi sopraffare dai pensieri nocivi.

I primi mesi in Accademia, in quel periodo, sono stati più belli della mia vita. La cosa che più mi ha colpito quando sono entrata è stato il realizzare che tutto quel materiale, lezioni e tour compresi, fossero gratuiti!! Non avevo mai visto una cosa del genere, ero letteralmente sbalordita. Dove ho trovato porte chiuse, perché le mie disponibilità economiche non mi permettevano di partecipare a quei costosissimi corsi e dalla qualità dubbia, qui ho trovato una calorosa accoglienza. Questa è una cosa che non si dimentica e non si dovrebbe dimenticare mai, la gioia di essere accolti quando non hai davvero nulla, senza nessun doppio fine, solo perché esiste una persona meravigliosa che aiuta per il semplice piacere di aiutare.

Pagina 2 su 4

I primi mesi sono stati i più belli ma anche i più duri, perché non era facile all’inizio lavorare sui propri pensieri. Dopo che hai passato tutta la vita ad ossessionarti, a credere di non valere nulla e ad aspettarti sempre il peggio, non poteva essere facile lavorare su se stessi. Fortunatamente però ho avuto accanto delle persone, conosciute da poco ma anche con loro c’era questa sensazione, di conoscerle in realtà da sempre. Era incredibile perché per tutta la vita ero stata abituata a non aspettarmi l’aiuto di nessuno, perché nessuno aiuta se non può ricavare qualcosa dalla situazione ed io non avevo decisamente nulla da offrire, eppure vedevo questi “sconosciuti” che si facevano in quattro per aiutarmi e sostenermi, e a ripensarci mi fa molta tenerezza la mia confusione, perché non riuscivo a trovare una logica in questo. È stato un bellissimo periodo della mia vita di cui custodisco sempre il ricordo, avevo davvero bisogno di quella dolcezza. In un solo mese ero cambiata completamente persona: dall’essere terribilmente ansiosa e scontrosa con tutti ero diventata piuttosto calma ed anche molto socievole, e pian piano ho iniziato a lavorare sulle mie paure che mi ostacolavano.

Come ho avuto bisogno di dolcezza per ritrovare la fiducia e avere la voglia di riprendere in mano la mia vita, ho avuto bisogno anche di imparare ad essere più forte. Infatti è seguito un periodo in cui la mia strada e quella di questi compagni si è divisa, per varie motivazioni, poco alla volta ognuno ha preso la sua strada, ma in questo periodo non sono stata totalmente sola, Angel ha creato una splendida community in cui ognuno può condividere le proprie esperienze, per non parlare dello Staff!! Sono sempre disponibilissimi e molto gentili, mi chiedevo sempre come riuscissero a gestire tutto l’enorme lavoro come accogliere i nuovi studenti, organizzare al meglio i tour, rispondere alle nostre domande… E non parliamo di qualche studente, ma di centinaia e centinaia!! Li ho sempre ammirati moltissimo, e ci tengo a ringraziarli di cuore.

Dunque ho sempre avuto il supporto di cui avevo bisogno, imparando però ad essere più indipendente e avere fiducia nelle mie forze.

Arriviamo quindi alla parte più importante e più difficile, cioè parlare della persona che mi ha salvato la vita. Credimi quando dico che è difficile parlare di lei, perché è una di quelle persone che incontri una sola volta nella vita. A volte è davvero difficile riuscire a descrivere persone così uniche al mondo ma credo vada fatto, credo sia il minimo affinché il loro nome e ciò che di buonoe prodigioso hanno fatto e continuano a fare non vada mai dimenticato.

Angel Jeanne è la fondatrice dell’Accademia di Coscienza Dimensionale, e non è solo un modello dal punto di vista spirituale, lo è in tutto. Ci sprona ad essere persone migliori, a prenderci cura di noi e del nostro corpo, a non fermarci perché non esiste nessun limite, l’unico limite ce lo imponiamo noi, e lei lo dimostra ogni giorno. Ad ogni tour ad esempio diciamo certiche è stato il migliore, ma in fondo sappiamo che non è così, perché anche quando crediamo di aver vissuto un’esperienza meravigliosa e che mai potremmo viverne un’altra così, lei si impegna per organizzare un tour ancor più bello ed emozionante del precedente!!

Pagina 3 su 4

Hai un’estrema fiducia in lei perché col tempo ti dimostra che mantiene SEMPRE la parola data, per questo quando ci dice di restare tranquilli e che andrà tutto bene, noi lo siamo; quando ci dice di praticare e che tutto si sistemerà, lo facciamo ed è la verità; e quando ci parla dei suoi sogni e progetti, dentro di me so che riuscirà a realizzarli tutti, perché lei è così. È l’antenna più forte di Dio su questo pianeta, perché grazie a lei sta cambiando. Ho visto cambiare numerosissime vite in meglio, e so che continuerà ad essere così, per anni e anni. Non ho mai visto nessuno metterci anima e corpo in questo modo per i suoi studenti, e parlo di reali sacrifici, di rischiare di non arrivare a fine mese per poter pagare il sito che ha cambiato le nostre vite, così come i tour e tutto, solo per tenere fede al suo principio: la vera spiritualità è gratuita.

Mi ha insegnato a non buttare via la mia vita e non perdere tempo, perché è più prezioso di quanto pensiamo, e possiamo usarlo per realizzarci davvero. Non dice solo belle parole ma è un vero esempio per noi, solo standole vicino ci si sente travolgere da questa energia che ti dà forza e ti rende più positivo. Mi ha insegnato il valore dell’altruismo, del dare senza pretendere nulla in cambio, tanto che è meraviglioso vedere negli altri il mio stesso sguardo di anni fa, di gioia e gratitudine misto a confusione, perché non riescono a spiegarsi perché uno sconosciuto sia gentile con loro. Si prende cura di centinaia e centinaia di studentiinnanzitutto collettivamente, con tantissimo materiale a nostra disposizione e pratiche guidate; queste ultime sono esperienze davvero forti, perché praticare tecniche psichiche guidati dalla sua energia è qualcosa di ultraterreno! Ti senti travolgere da una forte energia che ti guida tutto il tempo, passaggio dopo passaggio, e poco alla volta inizi a comprendere cosa significhi davvero stare bene. Senti la testa più leggera e talmente “piena” di energia che nessuna ossessione può entrare; provi una pace mai provata prima, è qualcosa di talmente profondo che ti lascia spiazzato, che ti fa comprendere quanto sia realmente connessa a Dio e cosa si provi davvero ad essere così vicini a lui, e per tutto il tempo ti sembra davvero di essere trasportati in un’altra dimensione. È la stessa atmosfera che si prova ai Tour, lei e lo Staff infatti organizzano questi incontri che sono davvero UNICI, e gratuiti come tutto il resto! L’atmosfera a quegli incontri è davvero indescrivibile, si sente una fortissima unione con tutti gli altri studenti, anche se non li hai mai visti prima!! La prima volta ho sentito come se tutte le nostre anime fossero connesse, era un legame davvero forte, ed è stato in quel momento che ho sentito dentro quanto ACD fosse una vera e propria famiglia.

La cosa che più mi ha colpito di Angel e Alexander, il co-fondatore, è come loro sembrino, ad ogni incontro, delle persone totalmente diverse. Quando li rivedi, a primo impatto è come se ti ritrovassi davanti due persone diverse perché tanto è stato il lavoro su se stessi in quel lasso di tempo che sembrano maturati tantissimo, sia come persone che spiritualmente, come se fossero passati degli anni interi! Ho visto spesso “maestri” rimanere sempre gli stessi, non lavorare per davvero su stessi e fare uso di molte sostanze nocive… Nulla a che vedere con questa che è la vera evoluzione.

Pagina 4 su 4

Un percorso spirituale ti cambia in meglio, con ifatti. Tu potresti negli anni studiare tante teorie, imparare nuovi termini, autoconvincerti di essere superiore agli altri, ma la vera evoluzione è tutta un’altra cosa e si sente, non puoi nascondere ciò che sei davvero, puoi solo decidere di accettare ciò che c’è da migliorare e rimboccarti le maniche. Essere consapevoli che siamo noi i responsabili di ciò che ci succede è dura, ma quando lo realizzi e decidi di agire di conseguenza proverai un senso di libertà mai provato prima.

Spesso e volentieri ci aiuta anche nel singolo, e parliamo di centinaia di studenti a cui dona il suo tempo per poterli sostenere concretamente durante questo percorso. Ci spinge fortuna e “miracolosamente” si trova lavoro, dopo anni di ricerca che non ha portato a nulla; pratica su di noi per risollevarci quando siamo giù e ci protegge, spesso ci toglie blocchi molto pesanti che avrebbero rovinato la nostra evoluzione o la nostra vita, ci osserva e ci guida in questo cammino, senza lasciarci mai soli ma allo stesso tempo insegnandoci a non dipendere da nessuno e ad essere forti. Lei è la perfezione fatta Maestra, decisa quando serve e di una bontà divina, e incontrarla è stata la fortuna più grande della mia vita.

A volte nemmeno riusciamo ad immaginare i sacrifici che Angel fa per noi, perché sono davvero tanti, e una qualsiasi altra persona sarebbe già crollata molto tempo fa. Ma lei non è una persona qualunque, è l’Anima più connessa a Dio che io conosca, e nonostante tutto, nonostante l’ingratitudine di chi ha aiutato solo per la gioia di vederli felici, nonostante chi ha provato a screditarla e a fermarla, lei è qui, con migliaia di persone che l’ammirano che la amano.

Ha salvato chi ogni giorno sentiva quel vuoto che lo divorava dall’interno. Ha dato una risposta a chi da sempre ha sentito di non essere solo questo, di non vivere solo per lavorare e soffocare nella routine, ma che siamo molto più di questo e siamo qui per uno scopo molto più importante, e lei ci guiderà sempre in questo cammino.

So per certo che un giorno, fra tanti anni, questi scritti verranno letti e penseranno a quanto siamo stati fortunati ad averla potuta conoscere, ed è davvero così. Lei e Alexander sono due modelli per tutti noi, due anime che hanno deciso di reincarnarsi in questo pianeta per abbattere l’oscurità che sta ci sta inghiottendo. Ci sono persone che non aspettano altro che scoprire che tutto ciò che sentono è reale, che hanno bisogno di una speranza per andare avanti e per non spegnere mai quella luce che hanno dentro, che li spinge a tenere duro per Dio e per la vita. Noi che abbiamo avuto questa immensa fortuna dovremmo parlare più spesso di Angel Jeanne, affinché le sue gesta si diffondano ovunque nel mondo, e non vengano mai dimenticate. Perché A.C.D. non è solo una destinazione ma l’inizio del proprio viaggio, l’inizio del cambiamento nel mondo.

Grazie di esistere, sempre onorata di essere al tuo fianco.

Karen D.

 

 Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Energia negativa ed E.L.

Pagina 1 su 1

Vorrei mettere l’attenzione su questo periodo storico, a mio avviso, particolarmente negativo. Nei momenti storici precedenti ci sono stati intervalli bui, ma penso che questo non sia da meno.
La differenza rispetto al passato, dove era più facile farsi vendetta da soli, è che ora è meno palese. Partiamo da una cosa banale: i fllms. Avevo osservato, dall’adolescenza in poi una tendenza a far vedere meno scene violente e ad “allentare” la visione della vendetta personale a fine film… Controtendenza: ultimamente ho notato un ritorno alla violenza gratuita (solo per fare odiens) ed il ritorno alla vendetta personale con l’abbandono totale della comprensione o del perdono, col protagonista che si lascia intrappolare da questa “sete” che può essere placata solo col sangue. Neanche un pensiero alla propria ANIMA, neanche un pensiero alla possibilità che si diventa TANTO CATTIVI quanto chi aveva commesso prima l’omicidio. La sensazione a volte è che certi films siano “sovvenzionati” da chi vende le armi, come se avere un’arma in casa sia del tutto naturale e sia giusto difendersi con la legge “occhio per occhio dente per dente”.
Al telegiornale si sentono e si vedono solo eventi negativi: stupri, femminicidi, omicidi, ingiustizie, violenze sui minori… Mia figlia adolescente si è riempita di paure, a volte si sveglia di notte con l’idea di essere stuprata, perché in televisione vengono alimentati unicamente pensieri negativi dando solo un piccolissimo spazio agli eventi postivi. Ovviamente le persone piene di paura sono più facilmente controllabili da chi è al potere, infatti ci sono sempre più strumenti nelle loro mani per alimentare paura e rabbia.
Basta fare un’affermazione su un Social che subito la cattiveria viene elevata all’ennesima potenza, come se tutto potesse diventare un canale per dare sfogo alla rabbia repressa che è schiacciata dentro come se la persona diventasse una pentola a pressione… E non ha importanza verso chi o che cosa… si buttano addosso a tutti valanghe di insulti gratuiti. E’ per tutti questi motivi che trovo L’ESTENSIONE LUMINOSA estremamente perfetta. Le persone sono sempre più arrabbiate e a volte non sanno neanche perché o con chi. C’è molta energia bassa nella vita di tutti i giorni: sul treno per andare a lavoro, per strada, in macchina. In ufficio tutti competitivi e pronti a sminuire gli altri per mettersi in bella luce. Il ritrovarsi in famiglia è diventato difficile perché si entra in casa carichi di tutta questa pesantezza accumulata durante il giorno. Il percorso fatto con Angel ci ha fatto comprendere che l’energia che incontriamo può influenzarci se non siamo ben protetti e ben coscienti. Sento tanta pesantezza, percepisco tanto buio…Non colgo purtroppo, la capacità o il desiderio delle persone di prendere coscienza di tutto questo e reagire facendo il percorso che stiamo facendo noi, perché mi rendo conto che non per tutti è semplice iniziarlo. L’E-L è meravigliosa per dare respiro a queste persone, a questo pianeta. E’ una luce di speranza che illumina la via, per me: che mi illumina d’amore; e per chi la riceve che pur non essendo consapevole di riceverla viene alleggerito da pesi che neanche sapeva di avere. Tutte le volte che la pratico il cuore mi si riempie di Gioia e sento il desiderio di aiutare gli altri, la cosa importante è che sento in questo modo di poterlo fare. Quindi provo a fare E-L alla mia famiglia; poi provo nel luogo dove lavoro; provo nel paese in cui abito; provo per tutta l’Italia come ci suggerisce Angel, e poi per tutto il pianeta e mi sento UTILE. Mi sento felice di poter ESPANDERE E DIFFONDERE, anche attraverso di me, la LUCE DIVINA e tutto si riempie di PACE.
GRAZIE ANGEL.

 

Monicsme

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

ANGEL JEANNE

Pagina 1 su 2 

A volte immagino di andare in libreria e trovare un libro tra le nuove uscite su: Angel Jeanne, sulla sua vita e su quanto le persone l’hanno amata, su quanto ha cambiato il mondo e quanti miracoli ha compiuto. Forse dovremo aspettare di vedere quante meraviglie ancora ha da compiere, perché siamo solo agli inizi e Angel farà migliaia di cambiamenti epocali nei prossimi anni.

Volevo scrivere questo articolo, pensando di scriverlo su A.C.D. e quanto questa Accademia mi abbia cambiata, ma volevo prima di tutto scrivere un articolo sulla persona che ha messo su questa scuola. Desidero che si parli molto di Angel, così più persone possibili sentiranno parlare di lei e saranno incuriositi da chi è Angel e su cosa ha fatto, è troppo importante che tutti sappiano cosa ci lascia e cosa compirà questa donna, è davvero troppo importante che se ne parli, tanto e spesso, sempre di più, solo così avverrà un cambiamento. Facciamo sapere chi è Angel, cosa ha messo su e come, perché se ci si pensa è davvero incredibile, una ragazza che a 16 anni inizia ad insegnare le arti psichiche e negli anni migliora così tanto da divenire una vera e propria divinità che decide di continuare i suoi insegnamenti, cercando studenti interessati a ciò che può offrire gratuitamente, fino al punto di creare una vera e propria scuola dove gli studenti si iscrivono ogni giorno sul sito di A.C.D. perché hanno capito, come tutti noi, che qui è casa… la vera casa, quella che sapevamo di cercare e che non lo abbiamo capito fino a che non abbiamo iniziato a leggere il primo documento, chi dal sito, chi da un link postato su youtube, chi da un volantino o chi da un amico o un familiare che ci ha parlato con entusiasmo di questa Meraviglia in terra.

Tutti noi ci siamo chiesti come sia possibile che esista al mondo una persona così, ma è davvero una persona? Può davvero una persona creare tutto questo? No è impossibile, come ha fatto, come fa? No, non posso essere così fortunata, io che incontro davvero la persona che ho sempre voluto incontrare? Qualcuno che mi capisse più di quanto io mi capissi. Ed è così, è lei ed è qui e ti sta dando tutto quello che hai sempre desiderato, cercato, sperato, sognato.  Angel arriva come un fulmine a ciel sereno, arriva e sconvolge tutto, tutto ciò che credevi di essere era un misero nulla in confronto a ciò che Angel ti farà scoprire di te. E tu sapevi che non potevi essere solo questo, solo un cosino in movimento per il mondo, non potevi accettarlo, accettare che il mondo era così piccolo per te, che la vita era così limitata in tutto. Ho avuto per anni la sensazione che potesse esistere una persona come Angel, ma pensavo che fosse stato più un angelo invisibile o un Dio lontano lontano, in pianeti lontani, non qui e non a me, invece l’ho conosciuta e ancora non riesco a crederci dopo tanti anni. Angel farà tantissimo e se ci penso mi batte forte il cuore, per quel che riesce a fare, potrà davvero spostare i pianeti pur di abbattere l’Oscurità.

Ci sono persone al mondo che non sanno, non hanno la minima idea che possa esistere una persona così, perché credono che sarebbe troppo bello per essere vero, che dobbiamo soffrire e punirci, perché un Gesù non potrà tornare, siamo troppo cattivi, non hanno idea di quel che l’oscurità ha fatto a tutti loro e se tutti sapessero che c’è Angel, se sapessero e accettassero quello che fa, la vita qui farebbe un salto di qualità senza precedenti, ma l’oscurità impedisce questo. Se Angel si arrendesse, non ci sarebbe più davvero un futuro degno per questo pianeta, per questo Angel si sacrifica giorno dopo giorno, perché ama talmente tanto Dio, che non potrebbe mai e poi mai arrendersi, troverebbe sempre il modo di aiutare Dio, farebbe qualsiasi cosa per far entrare Luce e sbriciolare l’oscurità, così come ha fatto in miliardi di sue vite, in tutti i modi diversi possibili in cui si può far espandere Dio. Io credo che servirebbero tutti i libri scritti nei secoli per far capire quanto sia bella e infinita Angel, forse non basterebbero, perché c’è tanto da scrivere e ancora nessun libro parla di lei, non è giusto!! Lei se lo meriterebbe per ogni vita svolta, per ogni impresa e miracolo compiuto!!!

Angel mi ha cambiato la vita, mi ha fatto credere nella vita, in Dio, nell’amore, avevo perso tutto anche se non l’avevo capito davvero ed ho ritrovato tutto in Angel, mi ha fatto riprendere a vivere, a gioire, ad essere felice per le piccole cose come per le grandi cose, mi ha dato strumenti per comunicare davvero con Dio!! Mi ha permesso di capire cosa voglio davvero, chi sono e perché sono qui. Grazie ad Angel ho scoperto che amo aiutare Dio, è la cosa più entusiasmante e figa che ci sia!! Ho riscoperto l’arte, cosa che avevo accantonato da anni e anni, Angel mi ha dato i  mezzi per esprimermi al meglio come artista, grazie alle tecniche imparate in A.C.D. sono migliorata tantissimo nel disegno, prima non riuscivo a fare i disegni come li faccio adesso, al Liceo Artistico che frequentavo anni fa infatti, non riuscivo a esprimermi nel disegno, mi avevano molto bloccata, ma negli ultimi anni trascorsi in Accademia  ho capito quanto amassi disegnare e fare musica. Grazie ad Angel ho subito avuto delle esperienze molto forti, soprattutto ai tour, dove la sua guida mi ha permesso di far uscire fuori una forza incredibile, andando in profondità nei luoghi e nelle dimensioni più profonde di me. È unica, nell’universo ed è l’unica che ha avuto le palle di venire qui!!! Di reincarnarsi in questa oscurità pesante e di strappare con forza i rovi dell’oscurità che riempivano ogni angolo dell’intero pianeta!!! Solo i più temerari fanno un’impresa simile, un’impresa così pericolosa per un’anima, ma lo fanno per amore verso l’umanità e verso Dio. Solo un cuore immenso e infinito come quello di Angel può decidere di rischiare così tanto per salvarci tutti.

Pagina 2 su 2

Grazie ad Angel ho scoperto l’esistenza delle vite passate, ma non come lo scrivono nei libri, dove ti mettono un sacco di confusione e basta, Angel mi ha fatto vedere le mie vite passate, mi ha fatto vedere chi ero e mi ha fatto scoprire che non ho una sola vita, ma ne ho molte di più e questo ti riempie il cuore di vita, perché fino a quando eri solo, senza Angel, credevi che la vita iniziasse pochi anni fa e finisse fra altri pochi anni, ed è terribile, è una sensazione troppo brutta e quando pensavo che la vita sarebbe finita, mi veniva un terrore assurdo, come è possibile che siamo solo questo misero lasso di tempo? E poi leggi i primi documenti sull’anima o i libri sulle vite passate e ringrazi Dio di aver mandato Angel a spiegarti come stanno realmente le cose e sai, percepisci nel profondo che Angel dice il vero, lo senti così profondamente dentro di te che non riesci più a far a meno di leggere quei documenti, senti che sono come cibo che non tocchi da una vita intera. Ogni documento ti sazia così tanto che finalmente quel vuoto enorme che sentivi svanisce, perché tu lo sai, perché tu Sei quello che stai leggendo e le tecniche sono tutto quello che ti è sempre servito per uscire dal mare di falsità e oscurità in cui vagavi per tanto tempo, senza rendertene conto. Si aprono nuovi spiragli di luce, scopri nuove dimensioni di luce dentro di te, documento dopo documento, tecnica dopo tecnica, aumenti lo spazio in cui puoi aggiungere Luce e conoscenza e sai che più sei curioso di scoprire e più aumenta quello spazio che verrà riempito di nuovo, grazie a tutto il materiale offerto gratis in poco tempo, ed è un’immensità di materiale, di tecniche psichiche.

Le tecniche di Angel sono spaziali, sono così potenti che dall’oggi al domani ti svegli e senti che sei diverso, non esiste più il vecchio te, adesso sei nuovo e il giorno dopo, di nuovo, sei migliore, hai qualcosa in più e ti senti ancora diverso, ti riscopri ed è una riscoperta magnifica, sei tu che piano piano esci fuori dall’ombra in cui eri finito, sei tu che fai esperienza in nuovi modi, con un nuovo te. Sei così diverso rispetto a un mese fa, a un anno fa che non ti sembra vero, sai di essere più forte, sai di essere più positivo, sai che puoi essere potente se pratichi e che puoi fare di più e vuoi fare di più ed Angel è un esempio costante, è sempre lì davanti a te che ti mostra come fare e perché farlo, sai che puoi contare sulla sua Forza, sulla sua sicurezza e bontà, lei è lì che ti aspetta, aspetta che tu  cresca e diventi ciò che sei venuto a fare e ti aiuta più di quanto immagini nel farlo. Guarda, ti sta vicino, ti sta proteggendo e tu non te ne rendi conto, ha impedito che quella persona ti facesse del male, ma tu non lo vedi, ti ha trovato un lavoro, ma non te lo dice. Ti ha spinto fortuna e hai passato quell’esame difficile, e adesso sei sereno;  ha creduto in te e tu sei diventato più forte, ha attaccato l’ufo sopra la tua testa, e la mattina ti sei svegliato felice senza sapere il perchè; ha tolto quella malattia o quel dolore infernale e adesso mediti meglio; ti ha fortificato l’aura in quel brutto periodo, e non sei caduto; ha tagliato le connessioni con quella persona che ti ha fatto sempre del male, e adesso non ti cerca più ma non sai il perché; si è fidata di te, piccolo essere umano e tu ti sei sentito la persona più felice del mondo.

Io sono fortunata perché posso scrivere questo articolo su Angel Jeanne, mi dispiace per chi non ha questa possibilità e tra cento anni un ragazzo nel futuro penserà: “Certo uffa, ma perché non sono nato prima, così potevo conoscere anche io forse, Angel Jeanne! Non è giusto!!”. Già perché se ci penso, sono davvero fortunata ad avere questa possibilità unica, poter imparare da Angel così da vicino e addirittura posso scrivere che lei ha praticato per me, per aiutarmi e cambiare in meglio la mia vita! Oohh cavoli che fortunata che sono!!! E allora non sprechiamo oggi il tempo dietro alle cose frivole, al Low, ma meritiamo il posto in cui siamo, nell’epoca in cui siamo nati, al fianco di Angel ed Alexander. Due esseri divini, due colonne portanti e due speranze di vittoria. Due Luci sempre calde e accese in una notte fredda e gelida che non passa più da ormai troppo tempo. L’umanità si merita Angel Jeanne e A.C.D. è il futuro, un grande e luminoso futuro, come non lo è mai stato dalla notte dei tempi.

GRAZIE  INFINITE ANGEL!!! A nome di 7- 8 – 9 miliardi di persone.

25-27/07/2019 Scritto con il cuore per Angel,

Silvia M.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

A.C.D. : L’occasione imperdibile

Pagina 1 su 5

Tra pochi giorni compierò il secondo anno in A.C.D., e per me è, e rimarrà, molto difficile fare un discorso generale su ciò che questa Accademia ha davvero portato nella mia vita, perché avrei davvero molto da dire di questa fantastica scuola.

 Noi umani, molto spesso, abbiamo, inconsciamente, la concezione che le nostre vite vadano bene fintanto che non ci siano eventi che scombussolano la nostra routine. Vorrei sfruttare un’analogia per spiegare meglio il discorso che andrò a fare: inconsapevolmente, ogni giorno, prendiamo tutti i nostri ricordi, le nostre attività, le nostre amicizie e le nostre passioni, le mettiamo in una scatola di cartone ben sigillata e rimaniamo in essa, illudendoci che sguazzare in quella scatola possa portare un maggiore controllo sulla nostra vita. Cosa c’è fuori da questo scatolone? Ci sono occasioni e imprevisti che siamo noi a decidere di attrarre, anche se gli imprevisti, spesso, entrano nella scatola facilmente, mentre le occasioni rimangono fuori dalla scatola. Tuttavia, è impossibile catalogare tutti gli eventi come “imprevisti” o “occasioni”, se non dopo un’accurata osservazione. Infatti ci sono certi eventi che, ad esempio, prima, sembrano delle occasioni fantastiche, ma che poi si rivelano un fiasco totale, diventando così un imprevisto, una perdita di tempo. In altri casi, invece, ad esempio, ci sono occasioni che prima sembreranno degli imprevisti, perché faticose e che cambiano tutto dentro di noi, quasi da sembrare negative, ma che poi si rivelano un’occasione imperdibile.

Utilizzerò questa analogia più volte, perché facilita la spiegazione della mia vita e aiuta a capire tutto il cambiamento che A.C.D. ha portato in me.

Il problema fondamentale è che la scatola è ben sigillata in base alla persona. Attribuisco il “grado di sigillazione” a quanto una persona vuole cambiare sé stesso. Perciò, ci sono casi in cui le occasioni arrivano da fuori; noi le ostacoliamo con la nostra apatia continua: “Non ho voglia!” “Ma chissene frega!”, continuamo a ripeterci.

Guardando con occhi di adesso com’ero più di due anni fa, posso affermare con certezza che ero davvero una persona racchiusa in una scatola ben sigillata, con diverse sofferenze causate dal passato e alcuni ricordi positivi di quest’ultimo all’interno (ricordati con nostalgia, a quei tempi), con una routine fortemente influenzata dai videogiochi, ai quali ci giocavo, in casi rari, ben 7 ore in un giorno.

Il problema è che trattiamo l’esterno della scatola in un modo molto strano. Infatti gli imprevisti quasi li accettiamo, nonostante facili lamentele sofferenti che non cambiano nulla, mentre le probabilità, le occasioni, le fortune, spesso e volentieri le allontaniamo, semplicemente perché richiedono un po’ di sforzo, un po’ di “voglia di fare”.
Ebbene, però, ci sono alcuni casi particolari. Io fui uno di quei casi particolari che… semplicemente accadono. Quei casi in cui la sofferenza propria o di altre persone spinge a forti riflessioni, che ti motivano giornalmente a cercare la Verità fino a quando non hai trovato quello spiraglio che ti abbaglia con la sua luce apparentemente flebile: non uno spiraglio che vedendolo dici: “uff, pensavo fosse una luce molto più grande!”, ma che ti spinge nel pensare “Ehi, c’è una luce flebile, voglio seguirla per giungere alla sorgente di questa luce, per vedere il fascio di luce man mano ingrandirsi mentre lo seguo!”. Il fascio di luce apparentemente flebile è quando vidi il sito di A.C.D. per la prima volta, e penso che, con questa analogia, abbia descritto bene quali reazioni ha comportato in me.

Perchè dico che, quando trovai A.C.D., trovai una luce apparentemente flebile? Molto semplicemente, perché quando cercai informazioni inerenti alla spiritualità, vedetti così tanti siti che quasi quasi mi sembravano tutti uguali, ma nessuno di essi sembrava una vera, anche se inizialmente piccola, luce.

Infatti A.C.D. fu davvero questo: una, inizialmente apparente piccola, luce che mi abbagliò, mi fece rendere conto, la sola homepage del sito, di come davvero stessi cercando semplicemente quello; ma ancora non avevo idea di quanto fosse meravigliosa.

 Pagina 2 su 5

La ricerca di temi spirituali che stavo compiendo, però, era comunque dettata da un “caso in cui la sofferenza propria o di altre persone spinge a forti riflessioni”. Questo perché il 2017 fu un anno molto molto strano per me. Già in passato ebbi la triste sfortuna di avere parenti con malattie mortali. Si partì da mia nonna con la SLA, per colpa della quale morì a 74 anni, poi mio padre con la leucemia acuta mentre ero alle elementari (solo Dio sa bene come mia mamma soffrì e quanto stress dovette sopportare per quella situazione), fortunatamente risolta. Però il 2017 era ben oltre tutto questo: una mia parente con un tumore (“capita…”, dicevo tra me e me), uno zio con un linfoma (“Mannaggia, sembra essere un anno sfortunato”, pensavo) e come ultimo: un ictus a mio nonno. A quest’ultimo evento potevo benissimo pazientarmi e dire: “vabbè, ha 90 e passa anni”, invece no, non sapevo, in quel momento, cosa stesse accadendo in me: ora so che è un cambiamento, l’inizio di nuove riflessioni. Infatti, iniziai a pormi diverse domande: la prima fu “Ma scusa, posso fare qualcosa per lui, l’unica cosa che posso fare è fidarmi che i medici possano trovare soluzione al suo problema?”. Il secondo pensiero, più devastante, è quello che cambiò, col tempo, molto il mio “senso delle cose”: “Ma se io fossi nella sua situazione, se io sapessi di poter morire da un giorno all’altro, come considererei la vita che ho vissuto?”. E’ una domanda davvero devastante, che ancora oggi mi fa stringere il cuore, se la penso. La risposta la sapevo: “guarderei la mia vita, e so che mi farebbe davvero schifo, realizzerei di non aver compiuto nulla che davvero avesse uno scopo creativo o uno scopo vero e proprio”. Non avevo alcuna passione, trascorrevo la mia vita tra scuola e videogiochi, pochi amici. Gli altri parenti erano già guariti ben prima che mio nonno avesse l’ictus: nonostante questo, però, le riflessioni e la motivazione non mi permettevano di arrendermi.

Già in periodi passati stavo cercando informazioni relative alla telecinesi e altre cose relative al mistero, al paranormale. Perciò, dopo queste riflessioni, riniziai le mie ricerchè molto più forte di prima. Se la memoria non mi inganna, trovai A.C.D. dopo il mio secondo giorno di ricerche, circa il 26-27 luglio del 2017, in un momento di disperazione perché non trovavo nulla di adatto a me, perciò cercai di imprimere ancora più forza nella ricerca e, così, trovai l’Accademia; poi mi iscrissi circa il 29 luglio, quindi pochissimi giorni dopo. Sentivo che, nonostante la telecinesi e cercare di curare i parenti fossero cose molto distinte, sentivo che qualcosa legava questi argomenti, anche se non esattamente sapevo cosa.

Che belle le prime meditazioni, quelle più ostacolate, mamma mia, che ricordi! Una volta mi richiusi nella camera dei miei genitori, sul lettone matrimoniale, presi le cuffie e mi misi in mezzo loto a meditare con la traccia audio, e lei: “Mpppff ma tra tutte le cose che si possono fare ti metti a meditare, levati!” ahahhahahaha, io le dissi “ok”, ma comunque non riusciva a scoraggiarmi, o meglio, il low non riusciva moltissimo a scoraggiarmi, perché comunque continuavo per la mia strada (e infatti, continuando, i miei genitori smisero di opporsì così tanto).

Tuttavia, appena entrato in A.C.D., dovetti far fronte ad un problema pochi mesi dopo, ossia alcune persone in Accademia che cercavano di convincere altri a lasciarla in modi frivoli.

Iniziavo a fare amicizia con alcuni studenti. Tra tutti quelli che conobbi virtualmente quasi subito furono 6 persone. La cosa curiosa è che tra le 6 persone che conobbi praticamente subito dopo 1-2 mesi, ora sono in A.C.D., tra queste persone, solamente 2 che sono anche gemelle.
Gli altri 4 dove sono finiti? Allora: 2 per problemi personali non riuscivano più a seguire e non andavano online per mesi. Poi quando ho trovato una dei due (sono marito e moglie) ho mandato subito un messaggio su A.C.D. per salutarla e ci siamo parlati per poco tempo. Dopo mi sono trovato i loro account eliminati, non avendo però alcun contatto con loro, non ho potuto sapere nulla in merito.

Gli altri 2 dei 4, invece, non sono più in A.C.D. per motivi gravi, che hanno spinto lo staff a richiamarli per quello che hanno fatto. Tra queste due persone, una, con i suoi messaggi manipolava, anche se inconsciamente probabilmente, il mio pensiero, inducendomi ad andare contro A.C.D. in modo molto nascosto, ma io ci cascai in particolare una volta, semplicemente perché non mi rendevo conto di come induceva me a pensare in una certa maniera. Ogni volta, mostrava le sue ragioni  contro l’Accademia, ma concludeva con un: “vabbè, io non dico niente allo staff, chissenefrega”, però ogni volta che poteva riprendere la questione con me, la riprendeva, in aggiunta di un controversissimo “per me non cambia nulla”, anche se non era sicuramente così, perché se non gliene fosse fregato nulla, allora non ne avrebbe parlato ogni volta con me!

Pagina 3 su 5

In pratica, lui sosteneva fermamente che i siti secondari di A.C.D. (come meditazione gratuita, apertura chakra e gli altri) non erano conformi alla legge, citando anche una parte di articolo, ma molto interpretabile.

Quà arriva la parte molto strana dell’accaduto: in pratica, a quanto pare, lui non chiedeva assolutamente nulla allo staff, perciò chiesi io direttamente. Avevo chiesto con gentilezza allo staff di spiegarmi se questi siti sono conformi o no, mi arrivò una risposta lunga e ben spiegata con vari link e documenti di regolamenti di Google. Lo comunicai a lui, che però continuava a mostrare le sue perplessità, dicendomi che “secondo me stanno mentendo, è evidente, ti dicono un’altra cosa per nasconderti in modo buono le cose”, intendendo quasi che stessero facendo i buonisti dicendo il falso (Angel prende posizioni molto forti nei confronti del buonismo, soprattutto contro quello cattolico). L’unica cosa di evidente era che stavo cadendo nella sua trappola. Infatti poi, all’apertura di un altro sito simile a quello, completamente a caso presi il primo staffer che mi capitò davanti e mi lamentai come un bambino di questa cosa, quasi impartendo degli ordini ad un sito che non è di mia proprietà. Ripeto: nonostante fosse stato ben spiegato dallo staff come erano davvero le cose.
Sicuramente i giorni precedenti ero stato vittima di manipolazioni pesanti verso l’Accademia: questa ipotesi mi fu poi confermata, tempo dopo, dallo stesso staffer, che parlava di come altre persone abbiano contestato questa cosa completamente a caso.

Ad ogni modo, poche ore dopo ciò che feci, mi stavo già pentendo dell’accaduto, perché non avevo compreso davvero innanzitutto che l’intento di quei siti è molto positivo, ossia quello di diffondere A.C.D., che ha cambiato la mia vita e di tutti noi studenti, poi che lo staff aveva mandato una risposta molto accurata e ben spiegata riguardo la questione, a differenza dello studente di prima. Mandai un messaggio privato ad Angel chiedendo una seconda opportunità (ora che ci ripenso, ho avuto davvero un bel coraggio ad averglielo chiesto, dopo un accaduto simile). Quando accadde questo ero in classe 3, quando Hathor Network ancora non esisteva. Poi, il social è stato creato quando sono passato ad un varco, dopo poche lezioni.

Sarei dovuto andarmene quel giorno da A.C.D.

Se non fosse che mi fu offerta una seconda opportunità.

Quella seconda opportunità valse per me… tantissimo.

Tantissimo perché mi sentivo davvero molto ma molto debitore verso A.C.D. dopo una tale mancanza di rispetto, perché la mia vita era davvero cambiata grazie agli insegnamenti di Angel. Iniziavo a ricercare passioni, diventavo sempre più sensibile, agivo con le tecniche per proteggere e guarire le persone. Ero sempre più calmo, e la mia vita migliorava a vista d’occhio, perché finalmente lasciavo da parte la solita routine e iniziavo finalmente a rendermi conto che c’è davvero qualcosa di diverso dalla nostra realtà che vediamo tutti i giorni. Che finalmente ho trovato quello che ho sempre desiderato, molto di più di una irrealizzabile telecinesi. A.C.D. mi ridò quella speranza che “qualcosa di paranormale” esiste davvero. Ma non una speranza debole, che dopo qualche ricerca torna via, ma una speranza basata su fatti reali e tangibili: vedere l’energia, muoverla, vedere l’aura, tutte le tecniche e i numerosi risultati che ho dopo averle praticate!

Mi ricordo una cosa: quando parlavo con gli altri studenti di ciò che era successo, mi colpì ciò che disse l’altro tra quelli che cercava di allontanare da A.C.D. le persone (anche se cercò di allontanare le persone non in questo momento, ma molto dopo rispetto a questi eventi). Quando gli spiegai che, tra tutto, lo staffer da me bersagliato, rispose: “Ancora prima di agire da studente, devo agire da staffer”, completamente a caso, lui disse che “Sono frasi manipolate! Come si fa a dire cose del genere!”, per non parlare che lui era un ragazzo che si sentiva migliore in tutto, e modificava a suo piacimento le tecniche di A.C.D. reputandole migliori, pensando di essere chissà chi (migliore di Angel?!?).
Non mi ricordo esattamente cosa io risposi, sta di fatto che, per quanto mi riguardava, l’unica cosa che mi interessava era risolvere tutto, perciò, mandai prana allo staffer.

Pagina 4 su 5

Ad ogni modo, tornando a prima, quel debito volevo assolutamente estinguerlo. Così mi feci forza e misi moltissima intento nel far capire allo staff che, da quel momento in avanti, avrei sfruttato il più possibile i documenti e le opportunità offerte da A.C.D. e dal resto dei siti.
Quindi mi misi a leggere, commentare, ripassare più documenti possibili. Fare poesie per Arte della Scrittura nonostante facessero piuttosto schifo, fare mix, a quanto pare molto apprezzati, nonostante li faccia in base alle sonorità migliori per me, in base alle sensazioni, e non alle emozioni, che i miei chakra provano, per allietare le mie meditazioni.

Quindi mi diedi da fare, e nonostante fossero passati pochi mesi dall’accaduto, nonostante i varchi erano già formati, erano state fatte già due lezioni, all’improvviso fui invitato in un varco. Ero felicissimo di poter assistere ad una lezione guidata dalla mia tutor Silvia, che mi aveva già seguito per gran parte del tempo nelle classi, e che non posso fare a meno di ringraziarla, le sono molto grato ♥️, potendo fare domande sugli argomenti appresi negli step.

Questa è la dimostrazione, una delle tante, che se davvero ci impegnassimo nella lettura e nella pratica degli steps, potremmo accedere a conoscenze sempre più nuove, in quanto lo staff lo ritiene opportuno.

Questo però non significa che dobbiamo cadere in basso ogni volta per tornare in alto.

Mi stavo evolvendo. La mia scatola si stava già più che aprendo, richiamando opportunità e allontanando imprevisti, ormai ero lì, ero già pronto per aprirmi a conoscenze sempre più nuove e ormai avevo già lasciato il passato alle spalle. Avevo trovato davvero quello che stavo cercando e mi stavo aprendo a nuove opportunità. Stavo finalmente cercando con motivazione la fonte di quel bagliore, ossia il risveglio: una meta di cui viene difficile immaginare realmente ciò che davvero si può fare una volta arrivati a quel punto.

Da tutto quello che è successo, ho acquisito grande fiducia in Angel e nello staff, consapevole di avere di fronte delle persone che non possono fare altro che bene a noi studenti e tutto il mondo. Se poi un altro studente o un qualsiasi altro essere vivente con un minimo di psichicità avrebbe provato a distogliermi da A.C.D., da lì in poi, avrebbe avuto ben più difficoltà.

Per cui il tempo passa, Hathor viene sbloccato anche per chi sta nei varchi. Un’altra prova di come Angel tiene moltissimo a offrirci un servizio di alta qualità, per di più gratuitamente, che non è da poco.

Perciò, mentre andavo avanti nel percorso, mi veniva dato accesso a sempre più tecniche incredibili: L’Estensione Luminosa, la telepatia, la visione remota, i suoni dimensionali, il distacco. Anche tanti articoli senza nuove tecniche pratiche ma con importanti insegnamenti: il pensiero, le maschere e tanti altri.

Mi ha sempre stupito come questo percorso sia davvero completo e ricco di collegamenti infiniti tra tutti gli argomenti: ad esempio, non ci sono “articoli teorici” che escludano la pratica, perché tutta la “teoria” è stata scoperta da Angel con la pratica. Le razze aliene sono state scoperte con molte tecniche (percezione frequenze, visione remota, viaggi astrali ecc..), tutte le probabilità che si possono verificare durante le vite passate, sono state scoperte grazie ad Angel tramite la pratica, la connessione alla propria anima, lo scaricamento di memorie; ma anche la “semplice” meditazione è frutto del lavoro di tecniche importanti ancora avanzate per me, e che dovrò ben praticare per averne accesso. Ecco perché, quindi, in molti casi, negli articoli di A.C.D. viene prima fatta una breve introduzione teorica, per poi passare davvero alla pratica, per evitare di indurre aspettative e pensieri nello studente, facendolo praticare per poi dirgli se quello che ha sentito è giusto, nei seguenti articoli. Poi dipende molto dai casi, ma in generale è così: basta vedere l’articolo “che cos’è la meditazione”.

Solo da questi elementi si comprenderebbe che A.C.D. è una vera Scuola Psichica e quello che Angel offre è un Vero Percorso Spirituale. Ma c’è di più. La sua fondatrice in particolare, ma anche il suo staff, sono persone con l’antenna aizzata perennemente verso Dio, tanto da prendersi cura di noi studenti e dell’Accademia, praticando su di noi e trovando sempre nuovi metodi per stimolarci: i giochi a premi sono uno dei tanti esempi di tutto questo. E’ una vera psichica: usa il proprio Sesto Senso per ogni minima cosa.

Andando avanti con il varco, ci fu la parola “fine” per i due studenti di cui parlavo. Quello che mi rompeva le scatole con i siti fece un post di un non-viaggio astrale e gli fu fatto notare, molto gentilmente peraltro, che non lo era. Completamente a caso, l’altro studente (quello particolarmente sicuro di sé), notando il corretto comportamento degli altri utenti, si mise ad insultare direttamente Angel e il suo staff e fu, in poche ore, allontanato.

Tuttavia, dopo l’allontanamento, si mise a contattare ossessivamente alcuni studenti, tra cui io, ma in particolare un’altra studentessa. Con me cercò particolarmente di smentire con cose insensate tante cose che avevo imparato grazie a Angel e i suoi insegnamenti.

Lo studente anti-siti, invece, fu colto su Facebook nello spiegare di fare moltissime tecniche ben diverse da quelle di A.C.D., anche quelle base. Quando gli furono chieste spiegazioni, lui lasciò A.C.D. come nulla.

 Pagina 5 su 5

Non sono entrato troppo nei dettagli, però mi sembrava anche giusto raccontare questa vicenda, per allertare il lettore di come ci siano diverse persone che possono facilmente, consciamente o inconsciamente, allontanarci da A.C.D. per vederci cadere con loro. Un dettaglio importante è che tra i miei amici (loro due erano i miei “amici”, tra molte virgolette) di percorso, questi due erano coloro che “casualmente” facevano più meditazioni di tutti, con esperienze senza precedenti e incredibili.

Però le altre due ragazze gemelle sono persone fantastiche e ancora rimango in contatto con loro.

Eppure la domanda rimane: “Se hanno avuto esperienze davvero così incredibili, perché hanno deciso di lasciare A.C.D., o di farsi cacciare da A.C.D. in maniere così sprezzanti?”

La risposta mi pare piuttosto ovvia: evidentemente quelle esperienze o non le hanno avute, oppure si tratta di un problema di un’altra natura.

Tornando però al varco, poi passai ad un’aula, in cui conoscenze ancora più forti e scoinvolgenti mi misero letteralmente a bocca aperta, anche se preferisco non parlare degli argomenti trattati, perché non voglio suscitare troppe aspettative su chi magari è appena iscritto ed è in una classe.

Però, per quello che posso dire, le lezioni di Angel sono semplicemente fantastiche. Essere guidati, anche a livello di tonale, da lei, che risponde, durante la lezione, ad ogni domanda anche se non proprio inerente al tema ma quasi, la sua pazienza verso noi studenti, la sua Benevolenza davvero oltre ogni immaginazione… sono cose che in nessun’altra persona ho mai visto.

Mentre ero in un’aula ebbi un’esperienza importante: in pratica, in meditazione, mi ritornarono in mente alcuni momenti normalissimi della mia vita, antecedenti di due mesi alla mia entrata in A.C.D.. Tuttavia, mi pareva strano che, proprio in meditazione, mi tornassero in mente dei momenti simili. Cercai di capire con il sesto senso per quale motivo era importante quel momento, e notai che c’era un’influenza molto positiva ed evoluta che era entrata nella mia vita. Anche perché non sempre riesco a capire bene, a percezione, chi mi influenza. Sono molto grato a quell’essere vivente che mi influenzò positivamente in quel periodo.

Per cui penso che A.C.D. ha il pregio di essere una vera e propria scuola con materiale di alta qualitàe persone di qualità altrettanto elevata.

Caratteristiche che non possono non farti innamorare di A.C.D. dopo poco tempo. All’inizio magari è difficile credere che in questa Accademia ci sia così tanta generosità. Infatti ammetto che ci ho messo davvero diverso tempo, circa 9 mesi, per “entrare nell’ottica”, comprendere davvero la generosità e lo sforzo dei fondatori e lo staff. Ma ancora più grande è stato non solo comprendere i loro sforzi, ma sentirsi davvero parte di questa Accademia, tanto da aiutarla nella sua espansione.

Penso di averlo capito appieno iniziando a sviluppare ACDTools – Meditation Timer, al quale ho dedicato e sto dedicando molto tempo ogni giorno, senza mettere nel dimenticatoio la pratica, ma equilibrandola e diverse volte anticipandola rispetto allo sviluppo informatico, per essere maggiormente cosciente mentre sono davanti al PC; d’altronde, altrimenti, senza nuovi update, farei calare di molto, in classifica, l’applicazione sul Play Store. Se lavoro, con sempre più forza, a questo progetto, devo rendere grazie agli studenti di A.C.D. che mi sostengono, che mi mettono forza in quello che faccio, ma in particolare ad Angel e a tutti gli studenti che mi hanno dato una mano, per la traduzione e la grafica, perchè hanno reso questo progetto, insieme a me, un’applicazione di qualità.

Personalmente ritengo che il miglior insegnamento che io ho ricevuto da A.C.D. è, a livello umano e a livello psichico, il seguente: Se tu agisci solo per te stesso per poi vantartene rimani bloccato, perché agisci solo per rimanere bello agli occhi degli altri e solo per te stesso, se tu agisci per gli altri e con umiltà, allora andrai avanti a dismisura (eccetti i casi in cui arrivano pesanti attacchi non ricambiati al mittente) fino a quando vorrai, perché sarà lo stesso intento positivo a stimolarti nel continuare. Questo insegnamento cerco di applicarlo il più possibile, perché è proprio rimanendo umile e generoso che ottengo i traguardi più ambiti. Non solo: infatti questa lezione vale anche in ambito psichico, proprio perché rimanendo generosi e altruisti, senza vantarcene e/o chiedere qualcosa in cambio, riusciamo a connetterci meglio a Dio e alzare il nostro tonale con più facilità.

Infatti, vedo tantissimi miei coetanei (io ho 18 anni) che, purtroppo, rimangono assopiti dall’apatia e non riescono davvero a iniziare qualsiasi cosa creativa che arricchisca la loro vita di nuove attività stimolanti. Ormai purtroppo i miei coetanei sono senza passioni. Anche io ero una di quelle persone, ma grazie alla riflessione che alcuni eventi negativi della mia vita hanno incentivato, e la meditazione di A.C.D., che mi ha dato forza ed energia per cambiare la mia vita, sono riuscito nel mio intento, ma c’è sempre del lavoro da fare in questo senso, e possiamo migliorarci oltre ogni limite.

Infine, ciò che ho detto riguardo la meditazione di A.C.D. dimostra che, oltre a rilassarti e a ricaricarti, dà nuovi stimoli alla tua vita, riempendola di nuove occasioni. Essa, però, è solo il primo passo per assottigliare la scatola e attirare nuove occasioni verso noi, allontanando gli imprevisti e alleggerendo il passato; perché siamo noi, eccetto i casi di attacco psichico, a decidere se far entrare imprevisti o opportunità nella nostra vita. Tuttavia, c’è un caposaldo di A.C.D., ossia la scoperta, ma soprattutto il cambiamento della realtà, tramite più avanzate tecniche, che possono, oltre alla meditazione, dare ulteriori veri e propri shock positivi alla nostra vita.

A.C.D. è speciale. A.C.D. è qualcosa che un documento lungo non potrà mai descrivere con completezza. A.C.D. è il percorso spirituale che mi ha cambiato la vita: non ci sono parole migliori per sintetizzare tutto questo splendore.

Grazie Angel❤️

 

GearMind

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

A.C.D., Accademia di Coscienza Dimensionale: l’Accademia che mi ha e mi sta continuando a cambiare la vita.

Pagina 1 su 3
Mi è capitata sotto gli occhi quasi per caso più di due anni fa: era un periodo molto incerto ed instabile per me, cercavo disperatamente lavoro da tanto tempo e stavo cercando di capire cosa fare della mia vita, se restare in Italia o andare via mollando tutto e tutti. Una sera, durante un invio di massa di CV, ho deciso di fare una piccola pausa e di svagare un po’ la mente cercando informazioni su un argomento che mi affascinava in quel periodo, ovvero il terzo occhio e come “aprirlo”. Ho impostato la ricerca nel browser ed ho aperto in varie finestre tutti i siti che potevano dar sfogo alla mia curiosità: ne avrò aperti più di 20! Inizio la lettura nel primo sito aperto, ma non era niente di che, non spiegava proprio nulla se non quel poco che già sapevo. Il secondo aveva nozioni contrarie al primo, quindi già dopo due link iniziavo ad avere dubbi sull’argomento. Il terzo sito era quello di A.C.D., e il link che avevo aperto mi ha rimandato al documento del primo Step riguardante proprio il terzo occhio. Finita la lettura, ho chiuso tutte le altre finestre e mi sono iscritta al sito dell’accademia. Non so dire perchè fossi stata così sicura, di solito non mi iscrivo mai da nessuna parte se non indago prima su chi sono queste persone/enti o quanto poi avrei dovuto pagare. Non mi era venuto nessun pensiero o nessuna apparizione che mi diceva “iscriviti qui, hai trovato il Maestro giusto” o altre cose, semplicemente sentivo che finalmente i concetti espressi nel documento che avevo appena letto rispondevano alle mie domande (e molto di più) e che ero nel posto giusto. Alla fine è stata solo una leggerissima intuizione, ma sono veramente felice di averla seguita perchè dopo già due sole settimane ho potuto constatare che tutta la mia situazione instabile si stava iniziando a modellare come io desideravo, portandomi eventi positivi che mi servivano e che mi hanno permesso di risolvere l’incertezza che mi attanagliava.

Ma cos’è A.C.D. considerandola dal punto di vista di una studentessa quale sono io? Di questa accademia si può dire molto,

è Anima

è Cuore

è Dedizione

ma più di ogni altra cosa è:

 Pagina 2 su 3
A. Angel.
Angel E’ l’Accademia. Sono la sua Anima, il suo Cuore e la sua Dedizione che hanno portato alla creazione di questo grande progetto. Senza di lei non sarebbe mai nato ed esso non continuerebbe ad espandersi giorno dopo giorno portando tangibili miglioramenti nelle vite di ognuno di noi e soprattutto nella vita di questo pianeta. Di lei si può dire solo che è la Maestra perfetta sotto ogni punto di vista: è super paziente nello spiegarci più e più volte tutte le nozioni, affinchè ogni concetto sia per noi chiaro al 100%. Inoltre è la persona più generosa che io abbia mai conosciuto, ci aiuta in tutti i modi possibili anche se non ce ne rendiamo conto; quasi tutto il suo tempo lo dedica all’insegnamento, alla creazione dei documenti, alla gestione del sito e dei tanti progetti in ballo, ai suoi libri, alla pratica su tutti noi e sul pianeta e chissà quante altre cose! E tutto ciò senza nulla in cambio. Pensando alla dimensione di A.C.D. mi viene in mente il famoso aforisma “Dai un pesce ad un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”. Ecco, Angel ci sta insegnando (metaforicamente) a pescare: ci sta nutrendo di energia e di conoscenze, ma nel frattempo ci sta anche insegnando ad essere autonomi spiritualmente. Ci ha messo a disposizione le chiavi per la nostra evoluzione e per la vita eterna, e noi dovremmo solo sfruttare al massimo questo immenso dono. Quindi approfitto per ringraziarla davvero di cuore per tutto! E’ un grando onore essere tra i suoi studenti e avere l’occasione di apprezzare la sua grande forza, la sconfinata passione che ha per il suo lavoro, l’immenso amore che riesce a dare, la contagiosa gioia e luce che trapela da ogni suo poro.
C. Compagni.
Questa per me è un’altra componente fondamentale dell’accademia: senza compagni il percorso sarebbe meno piacevole e meno intriso di esperienze condivise (sia spirituali che non), risate, consigli, aiuti dati e ricevuti anche a ore assurde nel cuore della notte, incontri dal vivo per poter praticare assieme o semplicemente per fare due chiacchiere. Durante il mio primo anno in A.C.D. non ho avuto la possibilità di avere molti contatti con gli altri iscritti, il sito era organizzato in modo un pochino diverso e io stupidamente non mi ero resa conto dell’esistenza di intere chat di lezione dove venivano raggruppati gli studenti.
Ma dopo il primo incontro… mi si è aperto un mondo! Finalmente ho avuto l’occasione di conoscere tante, tante persone con cui parlare di argomenti di carattere spirituale senza venire derisa; persone che non ti guardano come se fossi una pazza se racconti di aver avuto episodi con entità o con i viaggi astrali fin da piccola; persone su cui si può contare sempre per un aiuto, e che ti spronano sempre ad andare avanti e non mollare mai; persone con cui praticare assieme e con cui compiere la missione che senti da sempre dentro di te. Persone comunque che sono diventate la mia seconda famiglia: non ho mai conosciuto tanti ragazzi e ragazze così stupendi, disponibili, sensibili, super positivi, aperti, cordiali, simpatici, pronti ad aiutare; la lista sarebbe veramente lunga e non posso ora immaginare come sarebbe la mia vita senza di loro. Anche se ci vediamo poco e ci sentiamo quasi sempre solo tramite il sito, è come se fossimo uniti sempre. Quindi, già che ci sono, ringrazio davvero con tutto il cuore anche i miei compagni di A.C.D. per rendere questo percorso molto speciale! Da sola non so ce l’avrei fatta ad arrivare a questo punto, ma tutti insieme siamo una forza!
 Pagina 3 su 3
D. Didattica.
L’insegnamento proposto è sia teorico che pratico, soprattutto pratico: che dire, se non che è un vero e proprio tesoro alla portata di chiunque. Sì, perchè tutto il materiale che si trova in A.C.D. è completamente gratuito e a disposizione di tutti coloro che desiderano evolversi e migliorare la propria vita.
Sul sito di A.C.D. sono presenti centinaia di documenti riguardanti numerosi argomenti spirituali, i quali vengono trattati sempre più approfonditamente man mano che si prosegue nel percorso. Tutti i concetti esposti sono unici, da nessun’altra parte si possono trovare nozioni così complete e stupefacenti perchè sono in tutto e per tutto frutto dell’esperienza diretta di Angel, e non da un copia-incolla da altri testi come ho visto fare in molti altri siti. La principale caratteristica che differenzia A.C.D. da altre scuole è che in moltissimi dei documenti vengono proposte delle sessioni di pratica dove poter testare sulla propria pelle i concetti esposti da Angel. Concetti tra l’altro sempre molto chiari ed esaustivi, soprattutto perchè completi di esempi pratici ed esperienze a riguardo, disegni esplicativi (come quelli sull’aura), lezioni in versione audio (davvero utilissime soprattutto per quanto riguarda la parte pratica), lezioni dal vivo in cui porre delle domande direttamente ad Angel o ai vari tutors. Oltre a tutto ciò (come se già non fosse abbastanza), varie volte durante l’anno vengono anche organizzati degli incontri in varie città italiane, dei Tour in cui tantissimi studenti possono incontrarsi dal vivo ed avere l’occasione di praticare per ben due giorni di fila sotto la guida di Angel. Di questi tour posso solo dire che sono davvero straordinari e inimitabili, si può sentire l’enorme potenza di Angel e l’effetto che un centinaio di studenti assieme riesce a fare. Sono degli eventi imperdibili e consiglio a tutti davvero di partecipare. Senza parlare inoltre dello Staff, che ai Tour organizza tutto in maniera eccellente e che è sempre gentilissimo e disponibile ad ogni richiesta di chiarimento o di supporto per quanto riguarda il sito di A.C.D.
Ecco, alla fin fine è questo che A.C.D. è per me. E’ solo il mio punto di vista ovviamente, non so esprimermi bene ma spero di aver reso almeno un po’ l’idea di che stupendo mondo sia l’Accademia.
Concludo citando una frase che Angel ci ha detto in una sua recente lezione: “non c’è limite alle meraviglie che ti possono accadere nella vita”. E una di queste meraviglie è stata trovare lei.

Ilary.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Il ciclo di krebs e il fascino del genio naturale capitolo III : manipolazione genetica e biotecnologie

Pagina 1 su 4

Per decenni i chimici hanno studiato la chimica organica e inorganica per capire come ottenere i prodotti desiderati nel modo più veloce, conveniente e produttivo, in termini di resa di prodotto e di tempo necessario. Ci si è nel tempo accorti però che esiste un laboratorio naturale che è molto più veloce, pulito, selettivo ed economico: la cellula.

La cellula è assolutamente incredibile, è in grado di creare i prodotti che lei desidera in pochissimo tempo, con rese alte e in condizioni praticamente “normali” (fra poco chiarirò questo fatto) che in laboratorio non si riescono a riprodurre.

Per far avvenire le reazioni chimiche si gioca sulla temperatura, sulla pressione, sull’acidità e sull’uso di opportuni catalizzatori. Per moltissimi processi chimici si lavora a temperature e pressioni elevate, con pH corrosivi (molto acidi o molto basici), in solventi organici e con catalizzatori che generalmente sono a base di metalli pesanti. Si dice in gergo che è una chimica “sporca”. La cellula invece fa tutto dentro se stessa, a pressione atmosferica, a temperatura ambiente o poco più elevata, a pH neutro o leggermente acido, utilizzando come catalizzatori delle proteine e facendo avvenire tutto in acqua.

L’idea di base delle biotecnologie è quella di sfruttare la cellula per produrre ciò che ci interessa. Ciò che ci piace dei microrganismi è che hanno di natura una certa capacità di adattarsi all’ambiente in cui vivono, anche se per noi privo di valore e considerabile scarto.

Mi rendo conto che per chi è nuovo a queste cose è complicato da capire, perciò facciamo un parallelismo con qualcosa di già noto: un allevamento di galline. (Sono serio).

L’allevatore inizialmente acquista un certo numero di pulcini, li nutrirà con appositi mangimi e dovrà attendere un certo periodo di tempo prima che questi inizino a produrre uova che è la sua fonte di guadagno. Fra lui e il guadagno ci sono di mezzo il costo dei mangimi e il tempo di crescita.

Una coltura microbica funziona allo stesso modo, solo che i batteri sono molto più piccoli e hanno bisogno di poco tempo per essere produttivi. Naturalmente anche loro hanno un “mangime” detto medium colturale o terreno colturale.  Dato che i batteri generalmente si adattano bene, possono crescere anche in medium colturali a basso costo.

Per esempio, le melassi di canna e barbabietola, sono molto ricche di zuccheri. Da esse non si riesce ad estrarre altro zucchero, perciò sono considerate uno scarto della lavorazione che va smaltito. Per i batteri invece è un terreno colturale perfetto per viverci. Altri terreni colturali possono essere sieri di latte, oli vegetali, acque della macellazione, scarti della produzione di patate, acque di scarto della lavorazione della cellulosa, dell’estrazione di amido dal mais… tutti quanti prodotti di scarto che diventano risorse a basso costo per far crescere batteri che produrranno ciò che vogliamo ottenere. C’è così una valorizzazione e uno smaltimento di prodotti di scarto. Naturalmente si aggiungono anche altre cose dentro, però il principio è questo.

In alcuni casi i processi biotecnologici sono così convenienti che hanno completamente rivoluzionato il mercato e certi prodotti si ottengono ora solamente attraverso la fermentazione batterica.

Pagina 2 su 4

Naturalmente sono stati fatti molti studi a proposito per cercare di produrre sempre  di più, cercando di variare le caratteristiche del medium colturale. Finché poi si è fatto un passo in avanti. Che ora vorrei ripercorrere con te.

Ci si è chiesto: abbiamo visto che ci sono batteri che producono acido lattico, altri acido acetico, altri etanolo… ma da cosa dipende il prodotto che viene ottenuto?

Dal DNA.

Quindi se voglio ottenere un certo prodotto, devo vedere se esistono dei batteri che di natura hanno la capacità di produrlo.

Ma se non li trovo? Si può fare qualcosa per fare in modo che un batterio produca quello che voglio io?

Be’… sì. Bisogna cambiargli il DNA. Bisogna fare quella che si chiama una mutazione genetica.

Senza addentrarci in questione etiche, quello che si va a fare con l’ingegneria genetica è modificare un piccolo pezzettino del DNA di un batterio per fare in modo che produca qualcosa di nuovo o che lo produca in maniera differente o che non produca altre sostanze. Il discorso qui si farebbe ampio perciò non entriamo in merito.

Perciò, se voglio produrre una sostanza e non ci sono batteri che la producano naturalmente (ma magari producono qualcosa di simile), li si prende, li si fa mutare geneticamente per fargli produrre ciò che voglio io con la resa più alta possibile, in terreni colturali a basso costo. Dopodiché si separa tutto.

Ma che cosa significa mutare geneticamente?

Possiamo vedere il DNA di una cellula come un’enorme biblioteca, in cui sono conservati tantissimi libri. Questi libri contengono le ricette per produrre tutte le sostanze di cui la cellula ha necessità.

Mutare geneticamente significa aggiungere una piccola paginetta ad un libro, ovvero aggiungere una ricetta in più.

Pagina 3 su 4

Esistono anche altri tipi di manipolazione genetica, per esempio si può strappare una pagina ad un libro e togliere così una ricetta; oppure cambiarne una modificando qualche passaggio…

Da dove vengono queste “pagine” aggiunte? Be’ possono essere create oppure prelevate dalla biblioteca di un altro organismo. Per esempio un microrganismo A potrebbe avere la ricetta per produrre la sostanza X. Vorrei che anche il microrganismo B sia in grado di farlo, perciò prendo la ricetta al primo e la aggiungo al secondo. Il discorso non è esattamente così facile però il principio è questo.

Può piacere oppure no ma è una grandissima scoperta, perché in questo modo riusciamo a produrre molte sostanze complesse in maniera molto veloce e poco costosa, che ha aperto le porte ad una nuova era: quella dei biopolimeri e dei biocarburanti.

Facciamo qualche esempio, parliamo ad esempio della produzione di insulina per diabetici. L’insulina viene prodotta dal pancreas umano. In passato, per ottenerla, si prelevava dal pancreas di maiali. Questo tipo di insulina, detta insulina porcina, veniva poi “umanizzata” cioè trasformata in insulina umana.

Oggi invece si prende un ceppo batterico a cui è stata inserita l’informazione genetica per produrre insulina e se ne possono così ottenere grandissime quantità, con processi semplici e molto meno costosi.

Oggi attraverso la fermentazione si producono moltissimi prodotti, dai cibi fermentati, agli alcolici, ad alcuni latticini, fino alle vitamine, gli amminoacidi, i biocarburanti, alle bioplastiche, agli antibiotici… di tutto praticamente, e con processi sostenibili, a basso impatto ambientale e poco costosi. Si utilizzano processi fermentativi anche nello smaltimento dei rifiuti, nella produzione di biogas e nella bonifica di terreni inquinati. Sicuramente questa è stata una rivoluzione per la storia della chimica.

Schema di Produzione di Biogas (processo di Fermentazione Metanica).

 

 

Pagina 4 su 4

 

Produzione di plastica da mais: dall’amido di mais dopo fermentazione lattica si ottiene acido lattico che, a seguito di un processo di polimerizzazione, diventa il polimero polilattide (un tipo di plastica), dal quale si possono ottenere vari altri prodotti.

 

 

 

Vì e Davide D.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/ . Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Il ciclo di krebs e il fascino del genio naturale capitolo II: fermentazioni e alimentazione

Pagina 1 su 4

Nel capitolo precedente, abbiamo parlato della respirazione aerobica. Divisa in più step ovvero la glicolisi a piruvato, il ciclo di Krebs con l’ossalacetato e la fosforilazione ossidativa con l’ossigeno. Processi che sono gli stessi per noi umani, per gli animali, per le muffe e moltissimi batteri.

Ora, per dare un’occhiata rapida e indolore alla chimica, vediamo la reazione globale che avviene:

C6H12O6 + 6O2 = 6CO2 + 6H2O

Senza troppo turbamento, C6H12O6 è il glucosio, O2 è l’ossigeno, la CO2 è l’anidride carbonica prodotta, e H2O è l’acqua. Questa reazione è una reazione di combustione ma noi non siamo stufe a pellet e il nostro corpo ha trovato la maniera per far avvenire questa reazione senza dover diventare come Fiamma dei Fantastici 4. Che saggio!

Naturalmente questa reazione libera molto calore e anche se non vediamo il fuoco dentro di noi, questo calore è quello che ci mantiene alla nostra temperatura corporea.

Oltre alle respirazioni aerobiche, esistono anche la respirazione anaerobica e le fermentazioni, che hanno i microrganismi. Spesso sono indicate come sinonimi ma non sono la stessa cosa!

Avevamo visto che in noi gli elettroni vengono smaltiti appioppandoli all’ossigeno. Nel caso della respirazione anaerobica i primi passaggi sono gli stessi, quello che cambia è l’ultimo passaggio. Non è l’ossigeno a prenderseli ma sarà qualcos’altro. Cambia la vittima finale ma il piano malefico è lo stesso. (In realtà di queste non ci interessa molto ma volevo citarle perché esistono anche loro).

In pratica, come ogni città ha il proprio sistema di smaltimento dei rifiuti, i microrganismi  hanno un modo per assimilare energia da ciò di cui si nutrono ed espellere ciò che non serve. C’è chi lo fa in modo più pulito, come le respirazioni appena viste, e chi lo fa in modo meno pulito: le fermentazioni.

I processi fermentativi non consumano il glucosio fino ai minimi termini ma producono delle sostanze organiche, diverse a seconda del tipo di fermentazione.

Vi immaginate un mondo senza yogurt, senza formaggi, senza pizza, senza salsa di soia (e quindi con un sushi meno gustoso), senza caffè e senza cioccolato?? Sarebbe un mondo molto triste…

Con la fermentazione si ottengono tantissimi prodotti, tra cui anche il vino e la birra (di cui potremmo benissimo fare a meno). Ma come fanno i batteri?

Pagina 2 su 4

Guardiamo questo schema, senza troppa paura. Il metabolismo del glucosio, quello che abbiamo visto noi, è quello che da piruvato va al ciclo di Krebs (freccia rossa). Come puoi vedere, però, batteri diversi possono avere vie metaboliche diverse, quello che cambia è il destino del piruvato.

Vediamone alcuni esempi! Iniziamo con la mia preferita: la fermentazione lattica!

In questo caso il piruvato non segue il ciclo di Krebs ma viene bersagliato lui direttamente dagli elettroni, trasformandosi così in acido lattico (vedi la freccia verde nell’immagine sopra). Questa reazione è la stessa che avviene nei nostri muscoli quando non arriva abbastanza ossigeno. Per noi è un meccanismo che si attiva in casi eccezionali ma per molti batteri è lo stile di vita. Quindi mangiano glucosio e liberano acido lattico. Se crescono sul latte si ottengono vari latticini (con processi e microrganismi opportuni chiaramente).

Si scelgono quindi microrganismi non patogeni per produrre i vari cibi fermentati, è qualcosa che si conosce fin dall’antichità e fa parte della nostra vita quotidiana e della nostra cultura, non è una moda degli ultimi anni.

Pagina 3 su 4

Con la fermentazione lattica però non si ottengono solo latticini, è anzi lo stesso tipo di fermentazione del crauti, dei cetrioli e delle olive in salamoia.

Alcuni prodotti da fermentazione lattica.

Inoltre, oggi l’acido lattico da fermentazione lattica si può utilizzare in vari settori: come acidificante e conservante alimentare, nell’industria farmaceutica e nell’industria tessile. Non solo, quei geni dei chimici sono anche riusciti ad utilizzarlo per produrre un tipo di plastica: il polilattide!

Nel caso della fermentazione alcolica, invece, si produce alcol (etanolo), sempre a partire da piruvato. La fermentazione alcolica è una delle più comuni ed è anche molto interessante, perché da essa si ottengono moltissimi prodotti e non solo gli alcolici!  Da essa si ottengono principalmente tre tipi di prodotti: bioetanolo, alcolici e lievito. Vale la pena spenderci due parole.

Il vino viene prodotto dalla fermentazione (alcolica) del mosto d’uva, ad opera di batteri Saccharomyces, tradotti in italiano come saccaromiceti, già presenti sui chicchi d’uva. Per chi ha visto una vigna, avrà notato che sopra i chicchi d’uva si forma una patina che sembra una polvere, sono i batteri che poi fermenteranno il mosto.

La birra si ottiene invece dalla fermentazione del mosto d’orzo (il luppolo invece dà l’aroma).

I superalcolici si ottengono dalla distillazione, in particolare il bourbon dalla distillazione di “vini” di mais, il whisky dal “vino” d’orzo, il rum dal “vino”di canna da zucchero, il sakè dal “vino” di riso, la tequila dal “vino” di agave, il gin dal “vino” di ginepro, la vodka dal “vino” di patate o grano.

Anche i prodotti lievitati in realtà seguono la fermentazione alcolica. Infatti, il lievito aggiunto all’impasto cresce consumando zuccheri e produce alcol e anidride carbonica. Per questo motivo si consiglia di aggiungere un po’ di zucchero nell’impasto per il pane o per la pizza, perché farà crescere meglio i batteri e quindi favorirà la lievitazione. Ma che fine fanno l’alcol e l’anidride carbonica? Quest’ultima rimane intrappolata in bolle nell’impasto ed è per questo motivo che il tutto si gonfia e che il pane è poroso.

Pagina 4 su 4

In tutti quei pori ci stava infatti l’anidride carbonica prodotta dai lieviti. L’alcol invece evapora durante la cottura ed è per questo motivo che i prodotti da panificazione non sono alcolici, per fortuna!

   

Il lievito di cui abbiamo appena parlato non è il lievito chimico ma il lievito di birra.

Infine, con la fermentazione alcolica, si produce il bioetanolo, che viene utilizzato come carburante. Il bioetanolo assieme al biodiesel, al bioidrogeno e al biometano fa parte della categoria dei biocarburanti. Tutti quanti ottenuti attraverso metodi fermentativi. Hanno l’etichetta “bio” perché sono prodotti in maniera naturale e gli scarti di questi processi sono biodegradabili.

Esistono vari microrganismi con differenti vie metaboliche, che producono uno o più di questi prodotti da fermentazione. Perciò ci saranno batteri che producono acido acetico, altri che producono acetone, butanolo o altro.

Questi batteri sono molto interessanti!

Ma anche utili.

Sì, perché questo è ciò che la natura ci dona ma l’uomo oggi ha fatto passi in avanti e capito come usare le fermentazioni a suo vantaggio. Lo vedremo nel prossimo capitolo sulle biotecnologie.

 

 

Vì e Davide D.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/ . Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Il ciclo di krebs e il fascino del genio naturale: capitolo I

Pagina 1 su 3

Il titolo sembra un po’ fare a pugni con se stesso perché mette insieme due cose che apparentemente verrebbero trattate come due cose diverse: la scienza da un lato, qualcosa di affascinante dall’altro. Chi mai si preoccuperebbe di mostrare il fascino della scienza? La scienza è una materia molto affascinante ma per essere apprezzata bisogna vederla dalla giusta prospettiva, altrimenti non si riesce a cogliere quanto essa sappia rivelare di noi stessi e di ciò che ci circonda.

Questo non è un trattato scientifico, è un articolo semplificato e leggero che ha come obiettivo quello di farti vedere qualcosa di ostico e apparentemente complicato, dalla giusta prospettiva, per apprezzarne il sapore.

Una cosa che ha stupito non pochi addetti ai lavori è che gli esseri umani, gli animali e anche moltissimi microrganismi, hanno lo stesso metabolismo. Questa informazione viene fatta passare come se non fosse nulla di che eppure non dovrebbe essere così scontato. Una volta digeriti, gli alimenti seguono le stesse vie metaboliche per essere trasformati in energia, che tu sia un uomo italiano, una donna giapponese, una giraffa, un coccodrillo o una zanzara. Dentro di noi abbiamo cellule fatte alla stessa maniera che eseguono principalmente le stesse azioni.

Gli alimenti, dopo essere stati ingeriti, vengono digeriti dal nostro apparato digerente (tralasciamo la digestione in sé così non scomodiamo nessuna bilancia e possiamo stare sereni) e quindi vengono immessi nel sangue e distribuiti alle varie cellule. Dei carboidrati, grassi e proteine resteranno zuccheri semplici, amminoacidi e acidi grassi. In particolare, ci soffermeremo sugli zuccheri semplici. Ne esistono vari tipi, tuttavia il corpo umano (o per meglio dire la singola cellula) è in grado di metabolizzarne solo uno: il glucosio. Alcuni, il corpo non è in grado di convertirli in energia e quindi verranno espulsi, altri ancora – come il fruttosio –  semplicemente vengono trasformati in glucosio.

Il glucosio è la nostra principale fonte di energia, questo lo sappiamo bene, ma non solo. Il corpo in realtà si è saputo ingegnare così bene che ha saputo “inventarsi” come ottenere ciò che voleva in base a quello che aveva a disposizione.

Andiamolo a vedere.

Prima di tutto serve una piccola distinzione, due piccole paroline nuove. Quando si parla di metabolismo, si fa riferimento in realtà a due tipi di processi differenti: il catabolismo e l’anabolismo. Spiegati semplicemente:

Il catabolismo è l’insieme dei processi attraverso i quali la cellula “spezzetta” in frammenti sempre più piccoli gli zuccheri (e le altre molecole organiche) per ottenere energia. È come quando prendi una cipolla e la triti in pezzettini sempre più piccoli…

L’anabolismo invece è l’insieme dei processi con cui il corpo s’ingegna per ottenere ciò che gli serve. Come quando non hai nulla di pronto, apri il frigo e inizi a prendere i singoli ingredienti, mescolarli e cucinarli per prepararti la cena.

Facciamo un esempio coi Lego. Li ricevi che sono tutti attaccati a mo’ di torre (il tuo pasto), la dividi nei singoli pezzettini (catabolismo) e quindi ne prendi alcuni e li attacchi assieme per creare una casetta (anabolismo), poi la togli dalla vista del tuo simpatico fratellino prima che la distrugga in mille pezzi.

Pagina 2 su 3

Il metabolismo ha più fasi, complicate nei nomi ma semplici a livello concettuale. Dal momento che parleremo di catabolismo, come ogni buona storia che si rispetti, non mancheranno tradimenti, violenze e sangue.

In pratica, nella prima fase, detta glicolisi (che significa scissione del glucosio) il glucosio viene diviso in due molecole uguali: il piruvato. Questo processo avviene in più passaggi e molti di essi sono controllati. Ovvero il corpo è in grado di fermarli, rallentarli o accelerarli a seconda di quello che gli serve. Tutto quanto è tenuto sotto sorveglianza, la cellula ha il controllo di tutto, tipo “big brother” di Orwell.

Dopodiché il piruvato viene convertito in un’altra molecola e quindi inserito nella cosa che fa più paura agli studenti: il ciclo degli acidi tricarbossilici o anche detto Ciclo di Krebs.

Ciclo di Krebs. I composti nei rettangoli verdi sono gli intermedi del ciclo di Krebs,
in alto c’è il piruvato che proviene dalla glicolisi.

 

La cosa che lascia più perplessi, è che sembra un ciclo chiuso e quindi non si capisce bene da dove arrivano certe molecole e dove finiscono altre. Raccontiamolo con una storia.

Pagina 3 su 3

In pratica, il piruvato che abbiamo appena ottenuto, viene trasformato in un’altra molecola (Acetil Coenzima A) che arrivata da questa via metabolica, si trova davanti una bella giostra. Qui conosce un simpatico ragazzo, l’ossalacetato (il cui nome non dovrebbe ispirare molta fiducia) ma a lei piace e salgono insieme sulla giostra. I due si uniscono con la comunione dei beni e si trasformano in varie sostanze, tutti acidi organici: il citrato, l’isocitrato… fino ad arrivare al fumarato. Come fa un po’ intuire il nome, si sono praticamente fumati tutti il patrimonio che avevano e non è rimasto quasi niente. Così il fumarato si trasforma in malato (si chiama veramente così) e a quel punto è chiaro che non sta più bene. Avviene così il divorzio. Quello che un tempo era l’acetil Coenzima A è andata distrutta, di lei rimangono pochi pezzi, mentre l’ossalacetato è ancora in forma e sicuro di sé, pronto ad unirsi in un nuovo matrimonio con un’altra acetil CoA. I resti della precedente seguono un ulteriore processo detto fosforilazione ossidativa, che in pratica lo possiamo paragonare ad uno smaltimento rifiuti intelligente, dove si ha un alto recupero energetico. Non è la discarica, come invece vedremo per le fermentazioni.

In maniera un pochino più tecnica, il glucosio che entra nella glicolisi è costituito da 6 atomi di carbonio. Al termine della glicolisi abbiamo due molecole di piruvato, da 3 atomi di carbonio ciascuno. Durante il ciclo di Krebs, queste vengono spezzettate, trovandoci alla fine con i loro “resti”. Gli atomi di carbonio ce li ritroviamo come CO2 (che verrà poi espulsa con la respirazione) e inoltre abbiamo ioni idrogeno (H+) e elettroni. La cellula è precisa e pulita e, da brava cittadina del corpo umano, fa la raccolta differenziata, non lascia perciò i rifiuti in giro. Gli elettroni vengono raccolti da opportuni coenzimi (il FAD e il NAD+). A questo punto segue la fosforilazione ossidativa, ovvero la parte di smaltimento rifiuti e recupero energetico. Solo in questa fase entra in gioco l’ossigeno che arriva dalla respirazione (finora non l’avevamo ancora visto).

A questo punto del racconto abbiamo ioni H+, i coenzimi con i loro elettroni (possiamo vederli come pistole di elettroni) e l’ignaro ossigeno che passa di lì, non sapendo che tutti gli stanno tendendo un agguato. L’ossigeno riceve due colpi di pistola (si becca due elettroni) e due ioni H+ lo trascinano via, prendendolo uno per parte. Diventa così H2O: l’acqua. I due rifiuti così ottenuti, CO2 e acqua (vapore) vengono espulsi con la respirazione.

Questo che abbiamo visto è il catabolismo, ovvero come vengono sbriciolate le molecole per produrre energia.

La parte affascinante del ciclo di Krebs riguarda però l’anabolismo. Il corpo infatti è in grado, quando necessario, di prendersi alcuni di questi tanti intermedi del metabolismo, per trasformarli in ciò che gli serve. È in grado di creare davvero molte sostanze che gli servono, dimostrando così di avere la capacità di adattarsi e sapersi inventare dei modi per sopperire alla mancanza di alcuni costituenti. Attraverso questi processi la cellula produce le basi azotate per il DNA, alcuni amminoacidi che le mancano come il glutammato (di cui ho parlato in un altro articolo), acidi grassi…

Piccola nota: la cellula è in grado di produrre solo alcuni amminoacidi, quelli “non essenziali”. Gli amminoacidi essenziali sono quelli che si possono assumere solo attraverso l’alimentazione (e sono 9) mentre quelli non essenziali (sono 11) possono essere prodotti autonomamente.

Con queste brevi spiegazioni ho voluto accennarti come funziona il nostro metabolismo, quali sono le sue capacità, cos’è in grado di fare il corpo umano per reagire ad alcune mancanze, per farti provare un po’ del fascino che si prova nel vedere le scienze da un altro punto di vista.

Questo era solamente un assaggio, perché ora vorrei spiegarti qualcosa di più avanti, di più affascinante. Perché con queste basi possiamo ora parlare di fermentazioni, di cibi fermentati, della nuova frontiera della chimica (cioè la biotecnologia) e di manipolazioni genetiche.
Davide D. e Karen

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/ . Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La cannabis: gli interessi commerciali e la speranza umana

Pagina 1 su 6

Trattare questo argomento è molto complesso, perché in letteratura scientifica ci sono moltissimi articoli sul tema e molti di essi sembrano andare l’uno contro l’altro. Il punto è che misurare la tossicità o gli effetti benefici di qualsiasi cosa sul corpo umano non è semplice, dal momento che il corpo umano è un sistema molto complesso, per cui potresti non vedere effetti nocivi che si mostreranno in futuro o non vedere effetti positivi perché mascherati.

Di fatto però non c’è solo questo, perché in questa diatriba sulla salubrità o sulla tossicità di qualsiasi cosa ci sono nel mezzo anche molti interessi commerciali o di altra natura. Quello che bisogna capire è che oggi la ricerca non è finanziata per la pura bellezza di scoprire qualcosa di nuovo ma è sponsorizzata da qualcuno che vuole ottenere un certo risultato, una certa conferma per promuovere la vendita di un suo prodotto.

Poco importa se ci sono degli effetti negativi riscontrati da centinaia di studi, l’importante è scrivere che si è trovato un singolo effetto positivo! È come voler dire che bere alcolici faccia bene perché ci fa sentire spensierati e più spigliati e decantandoli perciò come miracolosi, tralasciando completamente i danni al fegato, agli altri organi interni, alla concentrazione mentale e il malessere post sbornia.

Ecco perciò che oggi si parla degli effetti miracolosi del sale rosa, del limone, della curcuma o di altre spezie a caso, dell’ananas, di bacche e chi più ne ha più ne metta.

Ciò che si è evidenziato nella storia è la speranza di trovare qualcosa di magico e miracoloso che sia in grado di distruggere ogni male.

La ricerca scientifica si è espansa, negli anni, in tantissime direzioni e ogni volta si nutriva la speranza di trovare qualcosa di magico e soprannaturale che potesse davvero curare ogni malanno. Si cercava e ricercava ancora, nutrendosi di speranza e spesso di illusioni, mentre c’era chi decantava la magia di questo o di quell’altro, finché poi la ricerca non smentiva tutto.

Con questo non vogliamo scoraggiare la ricerca, al contrario vogliamo mettere in luce meccanismi che in passato hanno fregato molti consumatori e tuttora funzionano perfettamente su fin troppe persone.

Per esempio, agli inizi del 1900, con la scoperta della radioattività, iniziarono a diffondersi articoli che parlavano di quanto essa potesse essere miracolosa e, spinti dalla speranza di aver trovato qualcosa di rivoluzionario, molte case produttrici iniziarono a commercializzare acqua radioattiva o altre sostanze naturalmente radioattive (come cioccolata, creme di bellezza o saponette) o con l’aggiunta di componenti radioattivi come il radio o l’uranio, decantandone il potere miracoloso e guaritore.

Pagina 2 su 6

Tralasciando il fatto che ci sono degli usi terapeutici, i prodotti radioattivi sono assolutamente tossici per la nostra salute e col tempo si è capito.

Ma andiamo avanti con la storia, perché questo non è l’unico caso. Anche quando si sono scoperte le mutazioni genetiche si era pensato che gli OGM avrebbero cambiato completamente la nostra storia.

Poi più avanti si sono scoperte le cellule staminali e anche quelle erano state fatte passare come in grado di compiere qualsiasi prodigio, quando ancora la scienza aveva dato solo qualche prematura risposta.

Probabilmente l’uomo sente il bisogno di credere in qualcosa e la speranza della ricerca, unita agli interessi delle aziende, hanno fatto leva su questa caratteristica umana per fare del profitto.

Pagina 3 su 6

Spesso l’uomo ha riposto la sua fiducia in queste cose nuove che volevano rappresentare la novità e il progresso.

Ora ci sono due correnti, una che continua ad inseguire questo progresso e una che invece lo nega. I secondi, decantano invece un ritorno alla natura, parlando dei poteri magici di spezie, agrumi, sali colorati, tè e altro. Si tratta perlopiù di prodotti naturali che sembrano rimedi facili e sicuri ma i cui risultati non sono stati dimostrati scientificamente.

Tra chi insegue ancora quell’onda di “progresso”, c’è chi ora ripone la sua fiducia in alcuni tipi di sostanze stupefacenti che non vuole chiamare droghe anche se di fatto è di quelle che si tratta, inutile cambiargli il nome per farle apparire meno pericolose.

E di nuovo troviamo quello che abbiamo visto sino ad ora nella storia: un intreccio fra speranze e interessi commerciali che promuovono nuovi prodotti che un giorno potrebbero essere considerati come l’acqua radioattiva o come l’amianto che sembrava una super innovazione tecnologica o ancora come i CFC che fungevano da perfetti fluidi per cicli frigoriferi se non fosse che hanno causato l’assottigliamento dello spessore d’ozono nell’atmosfera e la conseguente formazione del “buco dell’ozono”. Tutti quanti questi prodotti sembravano essere la soluzione ai nostri problemi, l’eccellenza della ricerca, e si sono diffusi ancor prima che ci fossero attente valutazioni sulla loro sostenibilità e il loro impatto ambientale.

Gli studi che confermano gli effetti benefici della cannabis mascherano totalmente i centinaia di studi che invece dimostrano quanto la cannabis distrugga irreversibilmente le cellule cerebrali e il loro DNA, quanto comprometta le sinapsi e la conseguente trasmissione degli impulsi elettrici. Per non parlare poi degli effetti di dipendenza.

In questi ultimi anni si osserva un uso crescente di preparati che contengono del 9-tetraidrocannabinolo (THC), il principale psicoattivo della pianta Cannabis sativa, spesso usati come terapie di supporto per varie neoplasie e disturbi neurologici; ma perlopiù si tratta di alcune forme distribuite illegalmente, come gli oli di cannabis e l’olio di hashish butano, i quali potrebbero contenere oltre l’80% di THC, e a causa di essi i consumatori rischiano l’intossicazione o vari effetti nocivi. Indipendentemente dal tipo di assunzione, il THC o il TH-OH , la sua forma ossidata che si crea dopo la digestione, hanno la capacità di superare la barriera emato-encefalica e legarsi ai recettori cannabinoidi presenti nel sistema nervoso. In particolare: il CB1 che predomina sui neuroni nel cervello, sul midollo spinale e sul sistema nervoso periferico e il CB2 che si trova principalmente nei leucociti e nel sistema immunitario (Grotenhermen, F. et al., 2003).

Moltissimi studi scientifici  si sono pertanto concentrati sull’osservare come il consumo di cannabis alteri alcune funzioni cerebrali, in particolare si è visto che  compromette quelle che vengono chiamate “Funzioni Esecutive” che riguardano la coordinazione motoria ma anche funzioni più complesse come ad esempio la capacità di pianificare, organizzare, risolvere problemi, prendere decisioni, la memoria, controllare le proprie emozioni e il comportamento; funzioni fondamentali per affrontare durante la vita di ogni giorno quelle situazioni nuove dove delle decisioni devono essere prese (Luria 2002). Gli effetti sono correlati alla quantità di sostanza usata, alla durata e all’età in cui si è iniziato a farne uso (Brook et al., 2008; Ashton JC, 2019; Blithikioti C et al., 2019).

Pagina 4 su 6

Il tessuto che sembra essere preso maggiormente di mira da questa sostanza è il cervelletto, centro fondamentale della coordinazione motoria ma non solo, avendo anch’esso un ruolo fondamentale nelle capacità cognitive, nella memoria e nell’apprendimento. La presenza elevata di un recettore chiamato CB1, fa pensare che esso sia fortemente influenzato dall’uso della cannabis.  L’uso cronico di cannabis è associato ad alterazioni della struttura e della funzione cerebellare, nonché a deficit nei paradigmi comportamentali che coinvolgono il cervelletto (ad es. Condizionamento del riflesso, memoria e processo decisionale). L’età di esordio e la maggiore esposizione al consumo di cannabis erano frequentemente associate a un aumento delle alterazioni indotte dalla cannabis ( Blithikioti C et al., 2019).

A seguito della legalizzazione della Marijuana nel mondo, uno studio ha cercato di osservare come questo possa aver influito sull’aumento di incidenti stradali. Lo studio è stato fatto nelle Hawaii dove la legalizzazione è avvenuta nel 2000, andando a confrontare i livelli di incidenti avvenuti prima e dopo, fino al 2015. Gli incidenti non erano presi a caso, ma si andava a controllare quale sostanza era presente a livello del sangue. Durante questo studio si andava a controllare la presenza nel sangue di THC ( 9-tetrahydrocannabinol) nelle persone ferite, notando un incremento della sua presenza dal 11% al 20% dopo la legalizzazione. Nei casi di incidenti con presenza di THC, si è visto che si trattava spesso di ragazzi giovani,  con veicoli su due ruote quali scooter, trattandosi in particolare di scontri notturni o dovuti all’alta velocità. Si è notato che da quando è stata legalizzata la Marijuana gli incidenti sono duplicati, si è notato inoltre che sempre più spesso i ragazzi avevano dei comportamenti poco accorti come l’assenza del casco di protezione (Steinemann  et al, 2018).

Visto quanto detto sopra, cioè come la Cannabis porti ad una compromissione delle capacità decisionali di controllo delle proprie emozioni e comportamenti, non ci sarebbe da stupirsi nell’osservare un aumento degli incidenti stradali causati da comportamenti sconsiderati attuati dai consumatori, perlopiù adolescenti.

Tutti noi siamo abituati a pensare alla cannabis come ad una droga per rilassarsi ma in verità gli studi scientifici indicano proprio l’opposto: aumenta molto l’aggressività delle persone. In particolare è stata collegata all’aumento dell’impulsività (Solowij N. et al., 2012) e alla riduzione dell’inibizione comportamentale (Gruber SA . Et al., 2012; Bhattacharyya  S. et al., 2015). La relazione tra uso di cannabis e aggressività è stata ben stabilita in questi ultimi anni da diversi studi scientifici (Schoeler T,  et al., 2016; Renard J, et al., 2014;  Dugre JR, et al., 2017); infatti l’uso di cannabis è associato ad un rischio 7 volte maggiore di successivi comportamenti violenti e aggressivi rispetto ad una persona che non ne fa uso (Schoeler T,  et al., 2016). Un recente studio condotto su 1136 soggetti ha inoltre rilevato che l’uso continuativo di cannabis è associato ad un aumento del rischio di comportamenti violenti futuri (Dugre JR, et al., 2017). La maggiore o minore espressività dei caratteri aggressivi è anche legata a fattori genetici, in particolare alcuni studi si stanno concentrando su particolari geni come ad esempio quello legato al recettore 2B della serotina (HTR2B)  andando quindi a studiare più nello specifico come questa sostanza vada ad agire nel nostro comportamento (Janitza L. et al., 2018).

Pagina 5 su 6

Dato che queste sostanze hanno la capacità di interagire con le cellule cerebrali, sono stati condotti degli studi per osservare se l’assunzione di elevate dosi costanti di Cannabis può portare ad un aumento dei danni a livello del DNA, e quello che si è visto è che rispetto a chi non l’assume si ha un maggior numero di rotture nella catena del DNA e una diminuzione dei livelli di attività degli enzimi preposti alla sua riparazione. Un aumento della rottura del DNA è collegato a possibile variazioni, mutazioni, che sono la causa principale di formazione dei tumori. Questi eventi soprattutto nelle cellule cerebrali che come sappiamo non vengono sostituite nel tempo, può portare quindi ad un indebolirsi della cellula e a futuri problemi che dipenderanno molto anche da quanto siamo o meno predisposti a determinate malattie croniche e a possibili tumori (Nevenka Kopjar et al., 2019).

Il periodo dell’adolescenza è uno dei momenti più delicati del nostro sviluppo: il nostro cervello subisce dei rimodellamenti strutturali  soprattutto in quello che viene chiamato sistema limbico, legato alle emozioni e al comportamento. L’assunzione di sostanze esterne che vanno ad alterare le sue funzioni possono essere la causa di gravi disturbi psichiatrici, che perdureranno poi anche nell’età adulta. La cannabis è la droga più comune usata dagli adolescenti, per questo sempre più studi sono andati a verificare gli effetti  devastanti che questa droga crea nel cervello di un adolescente. Ad oggi vi sono sempre più prove che correlano l’abuso di cannabis nel periodo adolescenziale con i disturbi psichiatrici (United Nations Office on Drugs, 2016; Giedd, J.N. et al., 1999). La nostra rete cerebrale funziona attraverso il lavoro di tantissimi fattori anche di singole proteine che alterano le condizioni, l’espressione genetica e tanto altro ancora all’interno delle singole cellule neurali. Una tra queste sono gli istoni, delle proteine che avvolgono il DNA lasciando libere le zone necessarie per l’espressione genetica. L’assunzione di Cannabinoidi durante l’adolescenza si è visto alterare in modo importante l’attività di queste proteine all’interno di strutture cerebrali del sistema limbico, quali il nucleos accumbes, l’ippocampo e l’amigdala, aree da tempo identificate come fondamentali per il comportamento e a cui sono legate malattie psichiatriche tra cui la schizofrenia; e queste modifiche sono legate anche al sesso dell’individuo (Rubino, T. et al., 2008; Schneider, M. et al., 2003). Nei modelli animali femminili si è riscontrato una maggiore vulnerabilità verso un fenotipo più depressivo e psicotico (Rubino, T. et al., 2015; Higuera-Matas, A. et al., 2015).

L’alterazione causata dall’abuso di cannabis nelle proteine istoniche, si è visto essere legata ad un sottoinsieme di geni di plasticità rilevanti per lo sviluppo di deficit cognitivi presenti nell’adulto. Queste alterazioni erano specifiche per età, presenti principalmente negli adolescenti e non nell’adulto, dimostrando come l’abuso di cannabis nell’adolescenza provoca profondi cambiamenti nell’attività cerebrale dell’adolescente  rendendolo suscettibile a future malattie psichiatriche (Realini, N. et al, 2011; Prini, P. et al., 2017).

Sappiamo bene che ciò che viene assunto durante la gestazione dalla madre ha un effetto anche sul feto, in quanto i due organismi sono estremamente collegati e qualunque sostanza assunta dalla madre andrà anche al figlio. Si è visto infatti che l’assunzione di Cannabis durante la gravidanza porta ad avare soprattutto nei figli di sesso femminile, un aumento della aggressività, oltre a deficit dell’attenzione ( (El Marroun H. et al., 2011). Ma alcuni studi fatti su modelli animali, sono andati a dimostrare come l’uso di Cannibis in modo cronico da parte del padre ha degli effetti sulla funzione neurocomportamentale della prole.  Si è visto che l’esposizione al delta-9-tetroidrocannabinolo (THC) anche per brevi periodi del padre, causa delle modifiche nel DNA dello sperma. Apparentemente non vi sono effetti significati sulla salute, sul peso alla nascita dei figli; tuttavia, si è visto che causa un significativo indebolimento duraturo delle prestazioni e capacità legate all’attenzione nella prole rispetto ai controlli, quando venivano testati in età adulta.

Pagina 6 su 6

Andando quindi a dimostrare che l’esposizione nel padre anche per un breve periodo al THC può causare effetti comportamentali a lungo termine deleteri nella prole, in particolare deficit dell’attenzione (Levin ED et al., 2019).

Il recettore cannabinoide CB1 è presente oltre che nel sistema nervoso centrale anche nel sistema cardiovascolare e nella vascolarizzazione periferica. L’assunzione di THC causa un aumento della dose dipendente dalla pressione sanguigna e dalla frequenza cardiaca (Mittleman MA et al., 2001). Ci sono prove che indicano che l’abuso frequente di marijuana aumenta il rischio di aritmie cardiache e infarti del miocardio (Prakash R, et al., 1075; Benowitz NL, et al., 1979; Fant RV,, et al., 1998).

C’è un numero crescente di prove che dimostra un’associazione tra uso di marijuana e malattie cardiovascolari. La letteratura attuale propone che la marijuana influisce negativamente sul sistema cardiovascolare attraverso tre diversi possibili meccanismi: arterite indotta dalla cannabis, vasospasmi e aggregazione piastrinica (Hodcroft CJ,, et al., 2014; Ducros A, et al., 2007).

Uno dei primi a descrivere la presenza di  vasospasmi coronarici in un adolescente con abuso di marijuana è stato Basnet et al, il quale ha riportato che un adolescente di 17 anni sano, si presentò al pronto soccorso lamentarsi di un dolore toracico che si irradia fino alla mascella che lo aveva svegliato dal sonno. (30. Basnet S, et al., 2009) Il ragazzo ha ammesso di fare uso di marijuana e ha negato l’uso di cocaina. Gli è stata eseguita la risonanza magnetica cardiaca e fu suggerito che i sintomi e i risultati cardiaci oggettivi erano secondari all’ischemia miocardica.

Inoltre il THC può agire direttamente sulle piastrine e può attivare la reazione a cascata che porta alla coagulazione e di conseguenza alla formazione di un trombo. Infatti, ci sono molti casi clinici pubblicati che descrivono giovani adulti con trombi non aterosclerotici dipendenti, la maggior parte probabilmente secondario all’uso cronico di marijuana (Hodcroft CJ,, et al., 2014; Dwivedi S, et al., 2008; Ghannem M,, et Al., 2013). Ad esempio, nel 2012, Dahdouh et al. ha pubblicato un rapporto in cui un ragazzo di 20 anni, che abusava di cannabis, senza storia di malattie cardiocircolatorie ha avuto un infarto del miocardio acuto (Dahdouh Z, et al., 2012; Venkat N.S., et al, 2019).

Questi sono solo alcuni degli esempi di come la Cannabis possa avere effetti nel corpo di una persona, a partire dalle proprie capacità cognitive a quelle fisiologiche e cardiache. Una maggiore responsabilità sull’uso di queste sostanze anche da parte dei genitori è fondamentale in un’epoca dove si guarda più al business che alla salute delle persone.

C’è da ricordare che la Cannabis non presenta solo il THC come sostanza con effetti deleteri, ma molte altre che vengono aggiunte anche durante i processi di lavorazione e crescita delle piante, come insetticidi e altro ancora.

Quello che è necessario capire, è il gioco di potere che c’è sempre dietro al marketing di un prodotto, perciò dobbiamo imparare ad essere svegli e attenti, anziché cadere nei tranelli e pagare oro per bere acqua radioattiva o simili. Impariamo a non farci fregare, a ricercare nei veri siti e riviste scientifiche e non nei blog di gente a caso. Questo articolo è volutamente provocatorio ma anche necessario per far riflettere. Grazie per l’attenzione.

 

BIBLIOGRAFIA

 

Ashton J.C., ( 2019).Is Cannabis Harmless? Focus on Brain Function. Curr Drug Res Rev.; 11(1):33-39.

Basnet S., Mander G., Nicolas R., ( 2009). Coronary vasospasm in an adolescent resulting from marijuana use. Pediatric cardiology; 30:543-545.

Benowitz N.L., Rosenberg J., Rogers W., Bachman J., Jones R.T., (1979). Cardiovascular effects of intravenous delta-9-tetrahydrocannabinol: autonomic nervous mechanisms. Clin Pharmacol Ther.; 25:440-446.

Bhattacharyya S., Atakan Z., Martin-Santos R., Crippa J.A., Kambeitz J., Malhi S., et al., (2015). Impairment of inhibitory control processing related to acute psychotomimetic effects of cannabis. European neuropsychopharmacology : the journal of the European College of Neuropsychopharmacology; 25(1):26–37.

Blithikioti C., Miquel L., Batalla A., Rubio B.,Maffei G., Herreros I., Gual A., Verschure P., Balcells‐OliveróM., (2019). Cerebellar alterations in cannabis users: A systematic review. Addiction Biology; 1–17.

Brook J.S., Stimmel M.A., Zhang C., et al., (2008).The association between earlier marijuana use and subsequent academic achievement and health problems: A longitudinal study. Am J Addict; 17:155–160.

Dahdouh Z., Roule V., Lognone T., Sabatier R., Grollier G., (2012). Cannabis and coronary thrombosis: What is the role of platelets?. Platelets; 23:243-245.

Ducros A., Boukobza M., Porcher R., Sarov M., Valade D., Bousser M-G., (2007). The clinical and radiological spectrum of reversible cerebral vasoconstriction syndrome. A prospective series of 67 patients. Brain; 130:3091-3101.

Dugre J.R., Dellazizzo L., Giguere C.E., Potvin S., Dumais A., (2017). Persistency of Cannabis Use Predicts Violence following Acute Psychiatric Discharge. Frontiers in psychiatry; 8:176.

Dwivedi S., Kumar V., Aggarwal A., (2008). Cannabis smoking and acute coronary syndrome: two illustrative cases. International journal of cardiology; 128:e54-57.

El Marroun H., Hudziak J.J., Tiemeier H., Creemers H., Steegers E.A., Jaddoe V.W., Hofman A., Verhulst F.C., van den Brink W., Huizink A.C., (2011). Intrauterine cannabis exposure leads to more aggressive behavior and attention problems in 18-month-old girls. Drug Alcohol Depend; 118(2-3):470-4.

Fant R.V., Heishman S.J., Bunker E.B., Pickworth W.B., (1988). Acute and residual effects of marijuana in humans. Pharmacol Biochem Behav; 60:777-784.

Ghannem M., Belhadj I., Tritar A., et al., (2013). Cannabis and acute coronary syndrome with ST segment elevation. Ann Cardiol Angeiol (Paris); 62:424-428.

Giedd J.N., Blumenthal J., Jeffries N.O., Castellanos F.X., Liu H., Zijdenbos A., Paus T., Evans A.C., Rapoport J.L., (1999). Brain development during childhood and adolescence: A longitudinal MRI study. Nat. Neurosci; 2, 861–863.

Grotenhermen F., (2003). Clinical pharmacokinetics of cannabinoids. J. Cannabis Ther; 3, 3–51.

Gruber S.A., Dahlgren M.K., Sagar K.A., Gonenc A., Killgore W.D., (2012). Age of onset of marijuana use impacts inhibitory processing. Neurosci Lett; 511(2):89–94.

Higuera-Matas A., Ucha M., Ambrosio E., (2015). Long-term consequences of perinatal and adolescent cannabinoid exposure on neural and psychological processes. Neurosci. Biobehav. Rev;  55, 119–146.

Hodcroft C.J., Rossiter M.C., Buch A.N., (2014). Cannabis-associated myocardial infarction in a young man with normal coronary arteries. J Emerg Med; 47:277-281.

Janitza L., Ortiz M., Zhou H., D’Andrea I., Maroteaux L., Lori A., Smith A., Ressler K.J., Nuñez Y.Z.,   Farrer L.A.,  Zhao H., Kranzler H.R.,  Gelernterand J., (2018). Translational studies support a role for serotonin 2B receptor (HTR2B) gene in aggression-related cannabis response. Mol Psychiatry;  23(12): 2277–2286

Kopjar N., Fuchs N., Žunec S., Mikoli´A., Micek V., Kozina G., Vrdoljak A.L., Brˇci´c Karaˇconji I., (2019). DNA Damaging Eects, Oxidative Stress Responses and Cholinesterase Activity in Blood and Brain of Wistar Rats Exposed to D9-Tetrahydrocannabinol.  Molecules; 24, 1560

Levin E.D., Hawkey A.B., Hall B.J., Cauley M., Slade S., Yazdani E., Kenou B., White H., Wells C., Rezvani A.H., Murphy S.K., (2019). Paternal THC exposure in rats causes long-lasting neurobehavioral effects in the offspring. Neurotoxicol Teratol; pii: S0892-0362(19)30009-1 

Luria L.W., (2002). The future: “Where are you rascally rabbit?” (Elmer Fudd). Plast Reconstr Surg; 110:1797–1798.

Mittleman M.A., Lewis R.A., Maclure M., Sherwood J.B., Muller J.E., (2001). Triggering myocardial infarction by marijuana. Circulation; 103:2805-2809

Prakash R., Aronow W.S., Warren M., Laverty W., Gottschalk L.A., (1975). Effects of marihuana and placebo marihuana smoking on hemodynamics in coronary disease. Clin Pharmacol Ther; 18:90-95.

Prini P., Penna F., Sciuccati E., Alberio T., Rubino T, (2017).. Chronic D9-THC Exposure Differently Affects Histone Modifications in the Adolescent and Adult Rat Brain. Int. J. Mol. Sci; 18, 2094

Prini P., Rusconi F., Zamberletti E., Gabaglio M., Penna F., Fasano M., Battaglioli E., Parolaro D., Rubino T., (2017). Adolescent THC exposure in female rats leads to cognitive deficits through a mechanism involvingchromatin modifications in the prefrontal cortex. J. Psychiatr. Neurosci.

Realini N., Vigano D., Guidali C., Zamberletti E., Rubino T., Parolaro D., (2011). Chronic URB597 treatment at adulthood reverted most depressive-like symptoms induced by adolescent exposure to THC in female rats. Neuropharmacology; 60, 235–243.

Renard J., Krebs M.O., Le Pen G., Jay T.M., (2014). Long-term consequences of adolescent cannabinoid exposure in adult psychopathology. Front Neurosci ; 8:361.

Rubino T., Parolaro D., (2015). Sex-dependent vulnerability to cannabis abuse in adolescence. Front. Psychiatry; 6, 56.

Rubino T., Vigano D., Realini N., Guidali C., Braida D., Capurro V., Castiglioni C., Cherubino F., Romualdi P., Candeletti S., et al., (2008). Chronic 9-tetrahydrocannabinol during adolescence provokes sex-dependent changes in the emotional profile in adult rats: Behavioral and biochemical correlates. Neuropsychopharmacology; 33, 2760–2771.

Schneider M., Koch M., (2003). Chronic pubertal, but not adult chronic cannabinoid treatment impairs sensorimotor gating, recognition memory, and the performance in a progressive ratio task in adult rats. Neuropsychopharmacology; 28, 1760–1769.

Schoeler T., Theobald D., Pingault J.B., Farrington D.P., Jennings W.G., Piquero A.R., et al., (2016). Continuity of cannabis use and violent offending over the life course. Psychol Med; 46(8): 1663–1677.

Solowij N., Jones K.A., Rozman M.E., Davis S.M., Ciarrochi J., Heaven P.C., et al., (2012). Reflection impulsivity in adolescent cannabis users: a comparison with alcohol-using and non-substance-using adolescents. Psychopharmacology (Berl); 219(2):575–586.

Steinemann S., Galanis D., Nguyen T., Biffl W., (2018).Motor vehicle crash fatalaties and undercompensated care associated with legalization of marijuana. J Trauma Acute Care Surg; 85(3):566-571

United Nations Office on Drugs. Word Drug Report. Available online: http://www.unodc.org/doc/wdr2016/WDR_2016_Chapter_1_Cannabis.pdf (accessed on 3 October 2017).

Subramaniam V.N., Menezes A.R., DeSchutter A., Lavie C.J., (2019). The Cardiovascular Effects of Marijuana: Are the Potential Adverse Effects Worth the High?. Missouri Medicine.

 

Lincea A. e Davide D.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/ . Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Generazioni di imposizioni: errori sui figli

Pagina 1 su 5

Avevo quindici anni quando presi in mano per la prima volta il libro de “I promessi sposi” e la mia attenzione venne calamitata dalla storia infelice di Gertrude, la monaca di Monza. Mi sembrava crudele che a causa della legge del maggiorasco, poi caduta in disuso, solo al primogenito fosse consentito avere il patrimonio familiare, mentre al restante dei figli fosse destinata la carriera militare o ecclesiastica. Mi stupivo dell’abilità del Manzoni nel descrivere così accuratamente le manipolazioni psicologiche a cui era stata sottoposta Gertrude fin dalla nascita, già col nome stesso, che doveva servire a richiamare in lei una certa attitudine spirituale. Quando era piccola le venivano regalate bambole vestite da suore, per farle complimenti la chiamavano “madre badessa”, costringendola con sottigliezze psicologiche (soprattutto da parte del padre) ad entrare in convento all’età di sei anni, per poi anni dopo obbligarla a scrivere la supplica per accedere al noviziato, nonostante avesse fatto presente al padre la volontà di maritarsi. A causa della sua condizione di manipolazione psicologica piuttosto accentuata e di debole volontà d’animo Gertrude pronunciò i fatidici voti, e fu monaca per sempre, sebbene abbia sempre avuto e continuerà ad avere comportamenti poco consoni alla vita da monaca. Così ebbe una relazione con Egidio e, tra mille rimorsi, fu complice dell’omicidio di una conversa che scoprì il tutto. Ecco dove può portare una vita in cui si reprimono i propri desideri pur di seguire le imposizioni sociali e familiari, per non avere la forza e il coraggio sufficienti di opporsi. Gertrude poteva opporsi, ma non lo ha fatto. E ha dovuto convivere coi suoi rimpianti, con l’astio provato verso tutte le persone che secondo lei avevano avuto una scelta mentre lei invece no, col rimorso di aver avuto parte a un omicidio per nascondere la sua non conformità alla vita monastica.

Da quel che so mio padre è sempre stato un uomo ligio al dovere e profondamente religioso. Fa dei suoi sacrifici per gli altri, i suoi punti di forza. Ciò che lo contraddistingue, ciò che gli permetterà di andare in Paradiso un giorno, nonostante lui sappia bene che secondo la dottrina cattolica dovrà purificarsi e soffrire un po’ in Purgatorio, non si sa per quanti anni. Quando conobbe mia madre aveva 23 anni e l’ha spostata quando ne aveva 28. Degli anni di fidanzamento lui ricorda di avere a un certo punto capito le stranezze caratteriali della futura moglie, incline alle arrabbiature e agli urli frequenti, tanto da battezzarla nelle storie quando ci raccontava quando io e mia sorella eravamo piccole “la regina urlatrice”, che faceva scappare coi suoi urli i principi pretendenti la mano delle figlie del re. Negli anni di fidanzamento papà iniziò il progetto per sistemare la casa che sarebbe dovuto essere il loro nido d’amore una volta sposati, ma che poi si è rivelato essere il nido degli urli e dei rimproveri costanti. La nostra casa è stata ricavata in parte dalle stanze che costituivano una piccola zona della casa dei miei nonni, che stanno appunto sullo stesso nostro piano. Il restante degli appartamenti del palazzo appartiene agli altri miei parenti, fratelli e sorelle di papà, dato che siamo in un palazzo familiare. Quando a papà vennero dubbi sulla scelta di sposare mamma, ormai il progetto della casa era iniziato e tutti i parenti di entrambe le parti sapevano che sarebbero dovuti convolare a nozze. A discapito delle certezze degli altri mia madre temeva di non trovarlo all’altare, ma nonostante tutto o forse proprio a causa di tutti questi eventi esterni (aggiungendo la pressione di essere considerato dagli altri vecchio a 28 anni, dato che le sue sorelle si erano maritate a 18 anni) si sposarono e mio padre giurò davanti a Dio, come il rito ecclesiastico impone, di amare e onorare per sempre la propria sposa, sebbene avesse dubbi già da tempo se quella fosse per lui la scelta giusta.

Non lo fu, ed è stato lui stesso ad ammetterlo davanti a noi figlie, tanto da augurarsi che mamma trovi un amante, un’altra persona con cui magari potrebbe stare meglio. Perché lui con lei non sta bene, ma non la lascia in parte per conservare l’apparenza di una famiglia unita, in parte perché le attuali leggi lo ridurrebbero in povertà per dare il mantenimento a moglie e figlie a causa del divorzio.

Pagina 2 su 5

Così la sua vita si riduce nello svegliarsi presto la mattina, andare al lavoro, tornare a pomeriggio inoltrato/sera, sentire le varie lamentele e grida di mamma una volta tornato a casa        e mettersi infine sul divano a vedere partite di calcio o programmi politici fin quando non è stanco. Le giornate libere le passa a fare la spesa insieme a mamma, qualche volta al centro commerciale, altre volte davanti la tv o al pc per tenersi aggiornato col lavoro. La domenica va in chiesa, generalmente insieme a mamma, ma non sempre è così. Si affida molto a Dio, gli chiede di dargli la forza, e almeno ci crede, ci crede che questo suo affidarsi lo farà stare bene. E in parte è così, ma non si può definire una persona felice. Per seguire pressioni sociali, familiari si è costruito una famiglia con una donna il cui carattere è completamente opposto al suo, una donna che non ama, seppure abbia con ipocrisia promesso davanti a Dio che l’avrebbe amata per sempre. Ha promesso di rispettarla sempre, eppure qualche volta ha alzato le mani su di lei, forse nell’emulazione della violenza che suo padre riservava a sua madre.

Mio nonno era il classico pater familias e decideva tutto lui per gli altri. Era violento quando voleva, si arrabbiava, ma faceva sacrifici per la famiglia. Andava a pescare e lavorava molte ore al giorno, quindi lo sfogo sulla famiglia per lui andava bene. Insomma, se ti sacrifichi per qualcuno è giusto e perfettamente normale trattarlo male, imporre le tue scelte, farlo crescere con una mentalità chiusa. E mio padre conserva ancora un po’ questa mentalità maschilista, che la famiglia vera sia quella composta da un padre, una madre e dei figli e che la vera religione sia quella cattolica. Qualunque accenno di apertura mentale svanisce in un lampo se nomini famiglie gay o se contesti la religione, facendogli domande a cui lui non sa darti risposta, “ma lo dice la dottrina quindi sarà giusto”. Non si pone domande tanto “quando si muore poi si vede realmente dove si va” e lui, senza nessuna certezza, con la mente chiusa per non rischiare di far entrare nessun dubbio, crede fermamente di andare in Paradiso, perché Gesù è esistito e ha detto che il Paradiso esiste, e questa per lui è una verità da non mettere mai in discussione. Dalla mia descrizione potrebbe sembrare qualcosa che non è, ma in realtà è una persona buona, è semplicemente cresciuto in un determinato contesto e qualsiasi sua azione crede di farla per il bene degli altri, anche quando impone le cose alle proprie figlie. Se sei convinto che le tue decisioni e credenze siano quelle giuste non le vedi come imposizioni quando stai effettivamente imponendo delle cose, li vedi come consigli giusti di un genitore “che sa”, quindi le tue scelte vanno seguite alla lettera. Credo che io quindi rappresenti una bella sfida per lui.

Fin da quando era piccola era una verità ormai risaputa dai genitori di mia madre che lei fosse stupida, e queste credenze, queste idee pensiero hanno attecchito e germogliato dentro di lei, radicandosi in profondità, tanto da ordinare realmente al cervello di abbassare le proprie funzionalità, che tanto non servivano,” perché lei era stupida e alle stupide non piace studiare, e non serve nemmeno, perché bisogna andare a lavorare alla svelta per portare soldi in famiglia, per essere in qualche modo utile, per non sentirsi rimproverare di non avere voglia di studiare e di perdere tempo inutilmente.” E così i genitori di mia madre, che non navigavano certo nell’oro, hanno ricavato soldi in più grazie al lavoro della figlia, che non è riuscita ad impegnarsi con lo studio e quindi non le è stato consentito (mentre ala figlio maschio si) – e lei nemmeno ha voluto – proseguire dopo le medie. Ma era brava nel lavoro di commessa, ha dovuto lottare per avere fiducia in se stessa, soprattutto quando entravano in negozio famiglie facoltose, con ragazzini come lei ma, diversamente da lei, acculturati . E doveva accoglierli, e quindi dal carattere timido che aveva ha estratto con tutte le forze una parlantina e una sicurezza nei confronti degli altri che è andata aumentando nel corso degli anni. Ma solo a livello superficiale, di apparenza. Una maschera di sicurezza apparente per mascherare le sue insicurezze più profonde. La madre di mia madre è sempre stata dotata di un volume di voce piuttosto alto e nell’emulazione di questa sua spiccata peculiarità, i figli hanno assunto lo stesso atteggiamento. Non mi piaceva proprio andare a casa di nonna da piccola, urlava lei e i figli, ma per loro si trattava di un normale eloquio.

Pagina 3 su 5

Per me si trattava di mal di testa assicurato. E quando alzavano di più la voce davvero per urlare apriti cielo! Perché si urlava spesso in quella casa, per questioni riguardanti la sorella di mamma e le sue figlie, che vivevano in condizioni abbastanza disagiate. Vivendo in tale famiglia non stupisce quindi che mia madre, per esprimersi con chi aveva una certa intimità, utilizzasse un linguaggio simile a quello che aveva acquisito nella sua casa natale, e quindi non mancavano urla e arrabbiature da parte sua. Ogni cosa che per lei non andava, e sono davvero molte le cose che a lei non stanno bene, lo amplificava con urla e rimproveri verso la controparte sventurata che secondo lei aveva sbagliato. E non addolciva la sua condotta nemmeno nei confronti del novello promesso sposo. Nella sua ignoranza e insicurezza mia madre ha da sempre avuto una forma di ipocondria che è andata peggiorando con gli anni, e credo che sia questo, la paura delle malattie contagiose, insieme al viscerale terrore dell’Inferno, ad averla condotta casta e pura dinnanzi all’altare del matrimonio che ha trovato, come ormai saprete, non vuoto.

I cambiamenti possono essere eccitanti, o spaventosi. Per mia madre semplicemente è meglio non cambiare. La sua routine è stata stravolta dallo spostamento dalla sua conosciuta, sicura e opprimente città, dall’allontanamento dai parenti (secondo me questo le avrebbe fatto bene se avesse visto la positività in ciò), dal trovare parenti acquisiti che lei non gradiva già ben prima del matrimonio e doverli vedere ogni giorno perché nello stesso palazzo, non ha giovato di certo al suo buonumore. Ha lasciato la sua professione per sposare a tempo pieno il lavoro di casalinga e madre, anche se io avrei preferito saperla a sgobbare in qualche negozio piuttosto che averla trovata preservata in casa, come una mummia, ma non ben mummificata, con una coscienza in decomposizione. A lei stava più che bene smettere di lavorare per occuparsi della casa e dei figli, almeno all’inizio. Ma so per esperienza diretta e comprovata dagli anni che a mia madre non starebbe comunque bene niente. Così ha desiderato ardentemente un figlio, per occupare le sue giornate in casa, per sentirsi accettata socialmente nel suo ruolo di madre e così sono nata io. E poi ha gettato addosso a noi figli la sua decisione di essere casalinga a vita, “perché i figli con una madre sempre presente sono più sani (inteso a livello psicologico),e si vede”. Conclusione: era meglio che fosse stata zitta e che fosse tornata a lavorare.

Ciò che di lei ho sempre detestato, oltre alla superficialità, è l’ipocrisia. La sua vita è fatta di apparenze e poca sostanza e quest’affermazione può essere condensata nell’immagine di lei vestita in modo fashion, con il suo stile impeccabile, che canta nel coro della chiesa, o che semplicemente è in piedi in chiesa a ripetere a pappardella e con voce soavemente alta e udibile da tutti, tutte le frasi di rito della liturgia ecclesiastica, avvicinandosi poi all’altare per prendersi la comunione con fare solenne e superficialmente pentito e contrito, ma soprattutto visibile da tutti gli altri. Perché i gesti della sua devozione sono palpabili, e tutti i presenti in Chiesa potrebbero testimoniare di fronte a Dio che è una brava cattolica. Di apparenza. Rispettando tutte le regole che i suoi genitori le hanno imposto e che lei ha memorizzato nel suo manuale mentale del bravo cristiano cattolico. Ma lei tornerà a casa, col corpo di Cristo divenuto un unico corpo col suo e inizierà a urlare, a lamentarsi e a insultare le persone vicino a lei, generalmente o la madre del marito, o noi figlie per non aver fatto qualcosa che generalmente non richiederebbe insulti pesanti come rimproveri. Ma non rientra nel suo modus operandi e vivendi l’essere gentile quando potrebbe benissimo sfogarsi urlando, nonostante affermi di essere cattolica. E lei è assolutamente convinta di questo, ma risulta essere solo una bigotta. Una religiosa che non capisce nemmeno i dettami della religione che segue, nonostante stia sempre in chiesa: dai suoi atteggiamenti infatti si evincerebbe una sorta di propensione comportamentale verso il satanismo piuttosto che verso il cristianesimo, ecco perché l’ho definita ipocrita. Probabilmente non cambierà mai.

Pagina 4 su 5

E il risultato del suo comportamento sono stati un marito che da buono è divenuto sempre più scontroso, di malumore e una figlia, mia sorella, con la tendenza ad alzare la voce per imporre i suoi voleri, tanto che sembra sempre sul piede di guerra, pronta a contestare tutto.

Si può pensare che i figli di due persone estremamente religiose acquisiscano le tendenze spirituali dei genitori. Per me da piccola fu proprio così. Mi sentivo bene appena uscita da Chiesa, purificata, alleggerita. Avevo svolto il dovere di un bravo cattolico e di una brava figlia che ascolta i voleri della madre e del padre i quali, come afferma la dottrina, vanno sempre onorati e rispettati. Per un periodo di tempo anche abbastanza lungo, fino all’adolescenza, sono stata considerata la figlia perfetta, la figlia modello. E mio padre non aveva nulla da ridire su di me: ottimi voti, ottima capacità di ubbidire alle loro imposizioni negli altri ambiti. Una normale figlia mansueta e addomesticata. Mi concedevano degli svaghi, mi hanno lasciato libera in un certo senso in certe cose, purché ubbidissi al resto. Da piccola credevo fossero i genitori migliori del mondo. Non mi hanno fatto mancare nulla a livello di cibo o vestiti, per quello che potevano permettersi. Mio padre è sempre stato generoso e mia madre ci teneva al vestiario sempre per una questione di apparenza, come se i vestiti potessero nascondere la grettezza interiore. Il bene provato era rivolto a entrambi i miei genitori, ma mio padre l’ho sempre considerato più affine a me, per il carattere decisamente più tranquillo di mia madre. E tentava di proteggermi. Mentre mia madre lanciava offese, come su tutti, anche su di me. Per la ragazzina qual ero sentir arrivare invettive sul mio aspetto, sui miei atteggiamenti che inevitabilmente infastidivano mia madre a un certo punto fu troppo, così mi chiusi gradualmente, barricandomi nella mia fortezza di insensibilità, come la definirebbe mamma. Non ero insensibile, ma cercavo di non provare sentimenti negativi a causa sua. In realtà le sue parole e atteggiamenti verso di me continuavano a farmi male nel profondo, mi ero anestetizzata solo superficialmente per attenuare i colpi, ma così avevo bloccato anche molti sentimenti positivi che avrei potuto provare. Credevo che se nemmeno mia madre riuscisse ad amarmi per come ero, nessun altro potesse farlo. Perché se la donna che ti ha messo al mondo ti disprezza, il problema sei tu, così almeno credevo.

Iniziò a degenerare quando si risvegliò il mio senso critico verso il mondo, colpendo come prima ondata gelida proprio la loro amata religione. Così iniziai a interessarmi di spiritualità e a fare cose che per i miei risultavano molto strane. Mia madre mi disse che a causa del mio rifiuto della Chiesa sarei finita all’inferno. Una madre molto amorevole quando voleva esserlo! Mi portarono a parlare con un prete, pure esorcista (forse speravano che vedesse in me il demonio? E comunque mio padre non è stato da meno nelle ultime recenti settimane: mi ha chiesto esplicitamente se potesse far venire un esorcista per me e io ho risposto che poteva anche venire, perché non avrebbe trovato niente): parlammo per un’ora e non risolse i miei dubbi. Col tempo l’acredine dei miei verso di me è molto cresciuta, proprio per il fatto che non mi adeguo più ai dettami del cattolicesimo e non torno “sulla retta via”, su quella che loro credono sia la via giusta verso la salvezza. Non so quanti discorsi ho iniziato con mio padre riguardo il cattolicesimo, discorsi peraltro iniziati da lui che mi spronava a dire la mia, per poi sentirmi rispondere “ne devi parlare con un prete” quando l’ho esortato a fare delle riflessioni sulle sue credenze e gli ho posto domande approfondite sulla sua religione. E nonostante questo, ancora insiste nel chiedermi ogni tanto se voglio andare in chiesa con loro, ancora si indispettisce per la mia risposta negativa. I miei sono convinti che le cose nella mia vita vadano male a causa del mio allontanamento dalla Chiesa, ma forse non considerano che potrebbero andarmi male a causa della loro vicinanza, del loro impormi le cose, del loro voler controllare nel dettaglio la mia vita. Lo hanno sempre fatto: quando scrivevo cose mie personali sui diari loro prontamente andavano a leggerle di nascosto, perché dovevano sapere cosa stesse succedendo nella mia vita, invece di chiedermelo. Col tempo mi sono sempre di più chiusa a loro, tanto da non riuscire a fare più dei veri discorsi in loro presenza, perché non ci riesco.

Pagina 5 su 5

Lo hanno dimostrato con gli anni, soprattutto mamma, di non avere tatto verso di me, di non riuscire a capirmi, di disprezzarmi quelle volte in cui facevo intravedere la reale me, perché non accettano chi la pensa diversamente da loro.

Mia madre mi ha dato varie volte dell’aliena, del mostro, della strana, dell’asociale, dell’inadeguata e incapace. Avevano programmato una figlia robot che per loro doveva solo pensare a studiare e ad andare in chiesa. Quando mi successe qualcosa di molto piacevole mio padre mi disse, ripetutamente: ”forse non è il momento giusto. Non devi distrarti ma devi rimanere focalizzata sullo studio”. Quando fui devastata dalla fine di quel periodo piacevole, le solite frasi: ”Pensa solo a studiare, perché è la priorità”. A volte ho pensato che loro credessero che io non avessi sentimenti, e che non potesse essermi concessa una pausa da tutte quelle imposizioni e pressioni psicologiche, che giocavano anche sui miei sensi di colpa, dato che i miei genitori facevano sacrifici per mantenermi. E mio padre li fa col lavoro, mamma non fa tutti quelli che decanta perché è casalinga e sta ore e ore stravaccata su un divano; tuttavia non ci ha mai fatto mancare le cose materiali. Ma per lei questo consiste essere in una buona madre: fin quando le cose materiali non mancano, tutto il resto non conta. Non conta che, nonostante i suoi cosiddetti sacrifici, io la consideri una mamma non pessima, ma mediocre, perché avrebbe potuto impegnarsi molto di più per non indebolirci dal punto di vista psicologico. Ha preso le sue frustrazioni, le sue insicurezze, le sue arrabbiature per la sua vita e le ha riversate su noi figlie. Per me, che sono la primogenita, ciò ha significato l’accumularsi di blocchi in determinati ambiti, di insicurezze, di paure, di appiattimento emotivo che ho dovuto combattere ma che mi è servito un tempo per contrastare la vigoria delle sue invettive. E così lei ha pensato che fossi insensibile, ma non ha mai considerato i motivi che mi hanno spinto ad esserlo. O non ha considerato i motivi dietro miei atteggiamenti che permanevano e che usavo, lo devo ammettere, per farle dispetto.

Forse queste esperienze hanno avuto un senso, dopotutto. Forse mi sono servite per capire meglio determinate cose. Ciò che ho compreso è che è una cosa perpetuata nel corso dei secoli e millenni: i genitori cercano di controllare e programmare i propri figli. Alcuni lo fanno perché sono stati a loro volta programmati così, altri lo fanno per colmare le lacune che hanno, sperando e anzi pretendendo che i figli raggiungano ciò che loro non sono riusciti ad avere, come se in questo modo anche loro si riscattassero. Taluni non capiranno mai che i figli non sono di loro proprietà e che possono solo indirizzarli e non obbligarli verso una determinata strada, certuni non comprenderanno mai che le loro scelte non sono sempre le più giuste, soprattutto verso un figlio. Alcuni genitori lasciano i figli troppo liberi fin da subito, e in parte a causa di ciò loro si guasteranno, altri impongono con sottigliezze psicologiche, in nome dei sacrifici che fanno, come se fossero legittimati ad avere potere su un’altra persona semplicemente per averli messi al mondo e per essersi presi cura di loro. Ma non è completamente colpa loro, è anche la società che è andata sempre in questa direzione, e loro si sono adeguati. Dopo le imposizioni subite dai loro genitori, si sentono in diritto di fare lo stesso sui figli, di esercitare quel potere. I miei lo fanno a livello inconscio, perché è un qualcosa abbastanza radicato in loro. Non lo fanno con cattiveria. E so che non mi obbligherebbero concretamente a fare nulla se esprimessi il volere di non fare una determinata cosa. Ci rimarrebbero male, ma a un certo punto sarebbero costretti ad accettare le mie decisioni.

Spesso però le pressioni psicologiche, soprattutto quelle che lavorano su di te da un’intera vita, sono molto subdole e sottili, tanto da farti credere di non poterti ribellare, di non poter cambiare strada, di non poter esercitare una volontà indipendente e in contrasto con l’autorità genitoriale.
Questo non è vero. La vita è la nostra, e dobbiamo imparare ad avere responsabilità di noi stessi. L’affidarsi agli altri, e in particolar modo ai genitori, può solo all’inizio sembrare liberatorio, in quanto si scaricherebbe il peso delle proprie scelte su qualcun altro, ma solo dopo ci si accorge, e anche a fatica in determinati casi, di essere stato imbrigliati da catene a cui si ha dato il consenso, e che stringono sempre di più. Quello che non si sa è che si possono spezzare, perché la volontà degli altri è come cartapesta a confronto della propria, che potrebbe essere d’acciaio.

E così vivi. Vivi davvero. Non lasciare che gli altri decidano per te, perché solo tu puoi sapere come realizzare le tue aspirazioni più grandi. E se sbaglierai almeno avrai seguito la tua testa, il tuo cuore. E se sbaglierai ti prenderai responsabilità delle tue azioni e avrai la forza, ce l’avrai, di provarci e riprovarci ancora, perché starai rincorrendo qualcosa che vuoi davvero, e la tua volontà può fare miracoli.

Non fare come Gertrude, la cui vita impostale dal padre l’ha portata al rendersi complice di un omicidio. Non uccidere la tua coscienza, la tua vitalità, per seguire le imposizioni di persone la cui individualità è state frammentata e abbattuta dalla società.

 

Phoebe e Artemisia H.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/ . Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

I videogiochi: rischi, lati negativi e possibili utilizzi positivi

Pagina 1 su 6

Stiamo vivendo un’era di notevoli cambiamenti tecnologici, dove non sono tanto i prodotti tecnologici (commerciali) ad avanzare, ma è la semplicità nell’utilizzo e nella creazione della tecnologia che sta avanzando e, con tale processo, si rende ciò che decenni fa era fantascienza realtà sperimentabile da chiunque. Ci sono vari esempi: nuovi linguaggi di programmazione visuali, ossia che non si basano su codici che il programmatore scrive per far interagire gli oggetti nella scena di un videogioco, ma con dei diagrammi che hanno la semplice funzione di sostituire i codici, rendendo quindi più “user-friendly” la creazione di un programma o di un videogioco. Questo progresso è visibile anche nel mondo dell’elettronica: il microcontrollore Arduino sta semplificando di molto la creazione di circuiti complessi, permettendo, con discreta facilità, anche la creazione di sistemi domotici per la propria casa e molto altro.
Queste recenti trasformazioni, perlomeno dal punto di vista della programmazione sempre più semplificata (per fortuna), ma anche più ricca di funzioni, rendono la creazione di un videogioco più semplice rispetto a ciò che era anni prima. Infatti, il mercato dei videogiochi, ora come ora, è saturo di ogni prodotto video-ludico possibile ed immaginabile: sia quelli prodotti dalla piccola casa produttrice di uno sviluppatore soltanto, che quelli sviluppati da vere e proprie “Software House” con esperienze decennali, budget e successo.

Erroneamente, però, molte persone pensano che giocare ai videogiochi sia un’attività assolutamente sicura, perché “ehi, ci giocano tutti”. Mi piace ricordare che se una psicosi è collettiva, rimane una psicosi, non è qualcosa di normale e non dannoso: come quando dico alle altre persone che sono astemio e ti dicono “ma sì… per un bicchiere… ”, proprio perché l’alcool ha sottomesso molte persone, e loro non se ne accorgono. Tutto questo si dice perché non ci si rende conto dei danni che i videogiochi, come tante altre droghe (tra cui c’è anche l’alcool), causano alla nostra mente. La gran parte di questo lo abbiamo capito grazie al percorso che stiamo intraprendendo in accademiadicoscienzadimensionale.com che ci sta rivoluzionando la vita: ci ha permesso di avere un’ altra prospettiva rispetto a tutte le forme di dipendenza, permettendoci quindi di parlarne sentendo vivamente e senza sottomissione mentale i danni che essi possono provocare.

Premetto però che per me il vero problema sta nel come vengono creati e concepiti i videogiochi, ma anche come vengono utilizzati dai giocatori. Partiamo da presupposto che casualmente molti di essi fanno proprio perdere tempo in maniera estenuante. La prima cosa che viene in mente a molti è: “beh, ma alla fine hai scelto tu di giocare a quel videogioco, allora che ti lamenti?”. Alle stesse persone, piuttosto, chiederei invece il motivo per il quale c’è gente che pensa seriamente di passare tre ore ai videogiochi, prendendolo come una sfida, nonostante la vita di quella persona sia tutt’altro che una competizione, ma fatta di tanta apatia, e poco altro.

Dobbiamo aprire la nostra mente: è probabile che tu sia la zia, lo zio, la mamma, la nonna o un qualsiasi parente di un ragazzo di questa generazione di “Millennials”. Ebbene, rifletti su questo ragazzo, rifletti su ciò che fa durante in giorno (se lo sai): le attività che esegue durante il giorno, a parte la scuola e i compiti, possono realizzarlo per il futuro? Ha delle passioni?
Bisogna toccare un tasto dolente infatti: molti ragazzi di questa nuova generazione non hanno passioni, ed è molto grave, perché l’assenza di passioni crea un “buco” nella creatività dei ragazzi: in questa età abbiamo un alto potenziale creativo e abbiamo una mente attiva che vorrebbe realizzare progetti ambiziosi. Senza passioni non possiamo sfruttare la nostra mente per crearci innanzitutto un presente un po’ più positivo, poi un futuro brillante, facendo un lavoro che desideriamo e che ci soddisfa, non il primo che capita.

In materia video-ludica c’è tanta confusione: chi dice che i videogiochi fanno bene, chi dice che i videogiochi fanno male, chi dice che i videogiochi fanno male ma anche bene, chi vieta i videogiochi ai propri figli ma continua inesorabilmente a passare ore ed ore davanti alla tv…

Pagina 2 su 6

Si sta creando un casino enorme: perché da un lato c’è chi quasi lotta per giocare ai videogiochi, manco fosse la cosa più importante della propria vita, perché i genitori glielo impediscono. Dall’altro lato, c’è chi con tutte le forze vieta ai propri figli di giocarci, innanzitutto perché queste persone con il loro approccio fortemente improntato all’imposizione, che motivano con un ridicolo “eh nella mia epoca si stava meglio con questo approccio!”, cercano di imporre un divieto che, di fatto, farà suscitare tante domande, le quali risposte faranno notare l’ipocrisia dei propri genitori (“Ma scusa, perché io non dovrei giocare ai videogiochi, se loro passano ore davanti alla TV? Non è la stessa cosa?!”) e la loro incapacità di creare un modello di educazione che loro stessi seguono assiduamente, insegnando quindi al figlio cos’è la falsità, facendogli pensare che, successivamente, lui debba essere una persona falsa solo per “sopravvivere” in questa società (ovviamente non sempre questo, perché non tutti i genitori sono ipocriti!).

In tutto a questo marciume, facciamo chiarezza: se i videogiochi facessero bene, mi chiedo perché tantissimi ragazzi adolescenti siano così apatici e svogliati, proprio nell’età in cui bisognerebbe essere vivaci e con tanta voglia di fare. Il modo in cui ho superato la dipendenza da videogiochi è proprio tramite il percorso in Accademia di Coscienza Dimensionale e grazie alle passioni, perché grazie ad esse, ma anche e soprattutto al mio percorso spirituale!, sono riuscito a costruirmi un presente, una vera vita ed un ottimo futuro. Chiaramente però non tutti desiderano intraprendere un percorso spirituale. Tuttavia ti consiglio di visitare il sito che ti ho linkato prima e provare a intraprenderlo.

Se tu sei un genitore di un adolescente che gioca tanto ai videogiochi e non riesci a fargli capire che sarebbe meglio smetterla di sprecare ore in un mondo artificiale, innanzitutto devi capire che il figlio deve avere fiducia dei tuoi insegnamenti, e per acquisirla, dovrai prima lavorare su di te, e poi sul figlio. Dovrai essere tu la persona che ha passioni ed è felice di averne,  altrimenti perché dovresti suggerire a tuo figlio di averne, se tu stesso non le hai? Tuo figlio ti guarda come modello, e il solo fatto di vedere suo padre o sua madre con delle passioni e che la smette di essere attaccato al televisore, lo farebbe riflettere; ancora meglio se sei, oltre a questo, proprio tu a sollecitarlo per trovare delle passioni che gli possano piacere. Addirittura poi potresti presentargli il percorso spirituale che hai intrapreso, presentandogli gli effetti positivi che hai riscontrato; ovviamente però non devi giudicarlo se non desidera, ma tu provaci.

Fallo per lui e fallo per un mondo migliore, perché la minaccia non sono solo i videogiochi, ma lo sono anche le costanti perdite di tempo e voglia che essi comportano, insieme, però, ad alcune serie TV, anime, film e tutti quei contenuti che ti fanno venire la voglia di rimanere attaccato tutto il tempo davanti al televisore o al monitor.

Sicuramente ti stai chiedendo: “ma com’è possibile che un contenuto, fatto per passione, possa comportare questi danni?”.

Infatti io ho detto “alcuni” di questi contenuti apposta: perché chi fa questi contenuti per passione, fa bene a farli! Non ha intenti negativi e crea questi contenuti per realizzarsi: non ha fatto nulla di male! Diversamente, però, bisogna giudicare chi crea questi contenuti, con determinate storie e dettagli, apposta per legare le persone troppo a quel contenuto e per fare soldi, rendendo tale contenuto di vitale importanza per la propria vita: dimenticandosi che, in quest’ultima, ci sono cose di tutt’altra importanza. Ma oltre a chi crea giochi per passione, bisogna anche ricordarsi di chi crea contenuti video-ludici educativi, creativi del tutto o in parte: sono forme di videogiochi che possono  donare un momento di relax, ma in cui ci si tiene attivi e con il cervello presente.

Tuttavia, prima di parlare dei lati positivi dei videogiochi è corretto parlare dei lati negativi di essi.

Abbiamo già parlato delle perdite di tempo, ma essendo il lato peggiore dei videogiochi, è doveroso approfondire questo aspetto, evidenziandone le tecniche utilizzate per rendere reale questo effetto negativo.


Pagina 3 su 6

Andiamo per gradi: il primo importantissimo ingrediente per rendere il videogioco una vera e propria perdita di tempo, è proprio il coinvolgimento, il rendere attraente un videogioco, il renderlo un valido sostituto della realtà stessa. Non a caso, se per curiosità andassimo a vedere i nomi degli sviluppatori di un videogioco molto famoso, noteremmo come ci siano tantissimi titoli che identificano la mansione svolta. Per esempio: “UI Designer” (Ideatore dell’interfaccia dell’utente) “Landscape Architect” (Architetto del paesaggio) e via dicendo. Pensandoci pochi secondi, possiamo quindi immaginare come tutti questi impiegati così differenziati possano dare il meglio ad ogni minimo dettaglio, rendendo quindi il videogioco molto bello graficamente, a livello di storia ed eccetera, senza però ricordarci che questo comporta anche ad una eccessiva immersione nel videogioco, che distorce la concezione della realtà dell’utente. Se quest’ultimo si lascia influenzare da tale aspetto, potrebbe passare ore davanti ad un prodotto che, del resto, non rende la sua vita migliore, anzi. Dobbiamo fare i conti con la realtà, perché gli sviluppatori delle grandi aziende, in tutti gli ambiti, cercano non tanto di avere tanta qualità nel gioco, ma vogliono che tu rimanga attaccato allo schermo, affinché poi il gioco ti piaccia e il tuo feedback positivo, soprattutto se sei un “critico video-ludico”, possa incrementare le vendite, quindi a loro interessa fare i soldi.

Un altro meccanismo davvero utilizzato nel mondo video-ludico per far sprecare tempo alle persone sfrutta il sistema di ranking e di posizionamento. In pratica, in alcuni videogiochi, si viene messi in una categoria, in base alle proprie vincite e in base a come sono andate le nostre partite, ad esempio: Bronze, Silver, Gold, Diamond, Platinum, Epic sono esempi di rank nei quali i giocatori possono rientrare; inoltre esistono dei sotto-rank solitamente numerati: chi è “Bronze 5” è “messo peggio” rispetto a chi è “Bronze 1”. Se non abbiamo rank, dobbiamo affrontare delle partite di posizionamento di un certo numero, ad esempio 10. Una volta fatte 10 partite, il gioco deciderà in quale rank iniziale metterci. Una volta inseriti in un rank, ovviamente possiamo continuare a giocare e migliorare la nostra posizione: per passare ad esempio da “Bronze” a “Silver” semplicemente quando saremo in Bronze 1 e vinceremo sufficienti partite e/o giocheremo sufficientemente bene in alcune di esse, passeremo al rank successivo e al sotto-rank di esso più basso, ad esempio Silver 5; ovviamente a causa delle eccessive sconfitte possiamo essere anche retrocessi, quindi passando ad esempio da Silver 5 a Bronze 1.

Questo sistema diventa un problema quando il tempo che occorre per giocare alla partita del videogioco al quale stiamo giocando dura troppo. Un esempio molto azzeccato di ciò è presente nel famosissimo videogioco “League of Legends”. In questo videogioco una partita media dura 30 minuti, e le partite di posizionamento, quindi quelle utili a stabilire il rank del giocatore, sono addirittura 10. Ciò significa che per avere un “nome che identifica la tua bravura a giocare” bisogna giocare per ben 5 ore, questo solo per permettere al videogioco di calcolare il tuo rank. E non è finita: infatti bisogna considerare che la maggior parte dei match viene eseguita dai giocatori non tanto per “posizionarsi”, ma per migliorare il proprio ranking. E non solo! Infatti dopo un mese (o in alcuni giochi un po’ di più), ognuno perde il proprio posto e tutti devono ripartire dalla fase di posizionamento. Non vi sembra assurdo tutto questo spreco di tempo? Eppure c’è chi davvero vuole allenarsi in videogiochi come questi perché “in futuro potrei guadagnare soldi partecipando a tornei”.

Quello che vorrei ricordare è che l’adolescenza è un periodo molto determinante per il proprio futuro: in essa si prendono decisioni che possono cambiare molto la propria vita. Se tu passi la tua vita senza avere passioni, allora sarai tu stesso colui che va al MC Donalds perché non ha altri posti in cui lavorare, dato che non ha mai sviluppato alcuna passione che ti avrebbe portato ad un lavoro migliore e ad ottime soddisfazioni. E questo lo dico per il tuo bene: perché tempo fa ero anche io così: ero il classico adolescente che si lamentava della scuola, ma che poi arrivava a casa e non sfruttava il suo tempo in maniera produttiva, non aveva passioni.

 

Pagina 4 su 6

Poi però, ho iniziato il percorso in accademiadicoscienzadimensionale.com e ho compreso, tra tutti gli effetti benefici che questo percorso comporta, come la mia vita stesse venendo sprecata, ho quindi sviluppato delle passioni atte a migliorare la mia vita e a sviluppare la mia logica e la mia creatività, ossia Informatica, Elettronica e giardinaggio.

Un altro fattore davvero fondamentale per far perdere tempo alle persone è la portabilità dei videogiochi, fattore al quale sono davvero contrario. Ormai, infatti, i contenuti video-ludici si possono fruire sia su PC, sia su console fisse, che su console portatili e persino sui cellulari, e per te, caro lettore, non è certo una novità. Sta di fatto che una portabilità eccessiva, causa per forza una fruibilità fuori misura di tali prodotti, che possono sostituire la nostra vita sociale: ormai possiamo giocare mentre facciamo finta di ascoltare un nostro conoscente, o mentre facciamo finta di ascoltare nostra madre, poi però quando vedi quelle ricerche che parlano di come a causa dei videogiochi alcune persone perdono la propria vita sociale, sentimentale, creativa, facciamo una smorfia, con un suono simile ad un “pff”, pensando poi che “quante balle, i videogiochi non distruggono la mia vita, queste cose non mi colpiscono!”. Come detto ad inizio articolo, infatti, è molto importante che i giocatori prendano coscienza di come e a quali giochi giocano, perciò, che ci siano meccanismi nei videogiochi a far perdere tempo è vero, ma d’altra parte, il giocatore per sé stesso deve cercare con le sue forze di smettere o ridurre molto il gioco semplicemente per sé stesso, la sua vita presente e la sua vita futura.

Questi sono quindi i principali fattori dei videogiochi che causano perdite di tempo al giocatore. Tuttavia ho notato che ci sono anche altri problemi e anche più gravi delle perdite di tempo nei contenuti video-ludici. Voglio quindi illustrarti tre videogiochi come esempio:

-Stellaris: strategico 4X di gestione di imperi spaziali, di meccanica semplice dopo un po’ che si gioca (a pagamento)
-Battlerite: MOBA (gratuito)
-Magic the Gathering Arena: gioco di carte (gratuito)

Il gioco al quale ci ho giocato di più è Stellaris, con 300 e passa ore di gioco, di cui gran parte di esse fatte prima della mia entrata in Accademia.

Riguardo tale gioco:
-Dopo un po’ che si gioca, diventa meccanico ma nonostante questo, il gioco può piacere.
-Richiede più che altro una conoscenza base del gioco, niente logica particolare o cose così
-Ti tenta nel farti giocare: gli sviluppatori tendono a rimodernare il gioco qualche volta, e per scoprire le feature aggiunte, dovrai iniziare una nuova partita, la quale dura tante ore, ma ovviamente si può salvare, essendo uno strategico.

Giocare a questo videogioco, data la sua meccanicità, mi ha causato vari problemi:

-Non ne ho idea del perché, chiamatemi pure pazzo (a me non importa!), ma le volte in cui giocavo un’ora o più a questo videogioco sentivo un fastidio alla gola e sembravo una macchina completamente immersa in questo videogioco
-Abbassamento delle funzioni cognitive cerebrali (in poche parole: ero meno intelligente e sveglio)
-Mal di testa
-Stanchezza

-Legarsi con determinati eventi del gioco per perdere tempo utile per le faccende o i progetti della vita reale (esempio: “ehi aspetta finisco la guerra con l’impero e vado!”)
-(di conseguenza) Apatia per ogni fattore della propria vita
-Abbassamenti di umore
-E probabilmente altre cose che non ho notato

Pagina 5 su 6

In questo caso, possiamo vedere quindi come la meccanicità di questo videogioco e anche l’immersione, mi causavano effetti mica da poco, ostacolando progetti e passioni che avrebbero potuto dare una spinta in più alla mia vita.

Per quanto riguarda Magic the Gathering Arena:

-Richiede conoscenza del gioco di carte e una sapiente costruzione del mazzo, studiando combinazioni di effetti interessanti
-Include missioni e ricompense giornaliere, per scoraggiare lunghi utilizzi del videogioco

-Tuttavia ora include il sistema di ranking, che è davvero troppo esigente

Risultati possibili, sperimentati su di me:

-Eccessivamente legato alle monete con il quale poter comprare pacchetti (quindi può causare dipendenza soprattutto fino a quando non si avrà raggiunto un tot di monete per comprare un pacchetto)
-La costruzione del mazzo può richiedere un sacco di tempo anche a causa della relativa sperimentazione
-In alcuni casi le partite possono durare più di 10 minuti. In rarissimi casi oltre.

Questo videogioco è quindi meno distruttivo e meno macchinoso, infatti creare mazzi dalle combinazioni interessanti richiede logica e uso del cervello, come anche durante le partite.

Passando a Battlerite:

-È un gioco al quale ci ho giocato un po’ di tempo

-Richiede intuito, attenzione e padronanza delle mosse del proprio personaggio

-Match non lunghi, durano di solito 5 minuti

Risultati possibili, sperimentati su di me:

-Il sistema delle missioni è qualcosa che però fa perdere tempo (ad esempio, gioca 3 match con personaggi di supporto), incitandoti magari nel giocare troppo. Tutto questo per sbloccare oggetti o personaggi aggiuntivi

-Certe volte diventa troppo coinvolgente, causando eventuali incazzature in caso di uccisione del personaggio, ti accelera il battito cardiaco, è adrenalinico nei match, ma non causa molta immersione (per immersione, intendo quel tipo di voglia di non staccarti più dal gioco)

Da questi due giochi possiamo capire quindi come, se dobbiamo giocare ad un videogioco che non ci causi danni e estraniazione dalla realtà, è importante evitare i giochi molto meccanici e che ci possono rendere una sorta di macchina completamente immersa nel videogioco.

Da questa esperienza con i giochi appena elencati, possiamo quindi:

-Eliminare o accorciare il più possibile il tempo dedicato all’utilizzo di videogiochi

-Giocare per poco tempo a più giochi diversi, possibilmente che costano molto poco o gratuiti, per diminuirne la ripetitività e non ridursi a macchine durante il loro utilizzo

-Non legarsi troppo ad un videogioco

-Se sentite effetti simili a quelli di Stellaris: disinstallate subito

-Collaborare per creare un videogioco spirituale che spinga ad evolversi

Pagina 6 su 6

Abbiamo quindi analizzato i principali effetti negativi dei videogiochi. È ora di passare a quelli positivi, anche se generalmente maggiormente secondari rispetto a quelli negativi.

Un effetto positivo molto comune a quasi-tutti i videogiochi è la mancanza di supporto alla nostra lingua, ciò obbliga il giocatore a imparare termini lessicali inglesi che altrimenti, senza il videogioco, non avrebbe imparato. Un esempio di questo è proprio Minecraft ma soprattutto le sue mod, che contengono una miriade di oggetti diversi che sono scritti per forza in inglese (il gioco è tradotto in italiano, ma le mod no).

Un altro effetto positivo dei videogiochi è quello di poter esercitare diversi lati di noi: e di questo ci sono vari esempi:

-Esercitare la memoria, ad esempio con il gioco in cui devi scoprire le figure e trovare il doppione, semplificando così attività come lo studio, in cui essa è richiesta

-Sviluppare la propria creatività: anche se meno di un foglio di carta bianco o un progetto da realizzare, i videogiochi possono sviluppare la creatività nelle maniere più svariate: ad esempio in Minecraft è possibile costruire qualsiasi cosa con dei semplici blocchi, anche se da altri punti di vista, tale gioco può essere una perdita di tempo.

-”Digitalizzare” giochi cartacei: sudoku, quiz, cruciverba e via dicendo. Penso sia uno degli effetti più positivi di alcuni videogiochi. Infatti penso che da quando esiste la versione virtuale di queste forme di intrattenimento, essi hanno potuto raggiungere un pubblico sempre più alto che li apprezza per il modo in cui tengono attivo il cervello ed insegnano qualcosa.

In conclusione, meglio evitare molti videogiochi, ma se siamo molto selettivi e siamo coscienti di non doverci perdere tanto tempo, allora alcuni di essi possono rivelarsi ottimi mezzi di relax, ma in cui si tiene attivi e non immersi ed incoscienti.

 

Francesco C. e Artemisia H.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/ . Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

L’amicizia

Pagina 1 su 4

Cos’è l’amicizia.

Per il dizionario la definizione esatta dell’amicizia è: un tipo di relazione interpersonale accompagnata da un sentimento di fedeltà reciproca tra due o più persone, caratterizzata da una carica emotiva.

Ed è così, effettivamente, durante la mia vita ho avuto rapporti di vari tipi di amicizia. Ritengo che alcune tipologie di amicizie sono molto benefiche, perché ti spingono a fare il tuo meglio, ti riempiono il cuore di affetto e ti fanno sentire la persona più speciale del mondo, e cerchi di ricambiare in ogni modo, affinchè anche loro si sentano a loro agio con te e offrirgli la tua spalla per poter piangere, gli regali un bel sorrisone nella speranza di rendergli più allegra la sua giornata. Gli doni la tua mano quando sai che stanno passando un brutto momento, ma soprattutto le incoraggi a seguire i loro sogni. Ma dall’altra parte mi è capitato invece di conoscere purtroppo amicizie che erano tutto tranne che amiche. Dove tradire la fiducia e abbassare la tua autostima era il loro intento. Solo con il passare degl’anni e delle esperienze positive e negative ho imparato a chi dare la mia amicizia e a chi no. Infine ma non meno importante ci sono quelle amicizie che purtroppo si trasformano in solo conoscenze, solo perché cambi e non ti interessa più uscire tutte le sere come facevi prima, non ti interessa più uscire così tanto perché magari hai incontrato un percorso spirituale, o magari vuoi conoscere e approfondire un determinato argomento, o semplicemente ti sei sposata e hai figli che reclamano gran parte del tempo. E alcune amicizie ti dicono che sei cambiata, prima uscivamo, stavamo ore intere al telefono, e ora non ci sei mai. E diventa quasi un obbligo stare con loro, ma poi se esci con loro ti dicono: è ma non stai con me, ti parlo e dai da mangiare a tua figlia, come se loro stessero al centro del mondo e non capiscono che le tue priorità ora sono altre. Ciò non significa che io voglia metterle da parte ma semplicemente significa che ognuno di noi deve o dovrebbe avere un’evoluzione in ogni ambito della vita, e le amicizie vere dovrebbero essere contente se il/la proprio/a amico/a ha ottenuto ciò che desiderava tanto, magari non ti vedrai più tutti i giorni, solo raramente ma questo non significa che l’amicizia vada persa, anzi al contrario l’amicizia dovrebbe essere vissuta in modo libero, senza gelosie, invidie o oppressioni, ma bisognerebbe essere come il vento, viene ti accarezza, ti abbraccia ma poi ti lascia libero di muoverti e seguire anche altre correnti. L’amicizia non dovrebbe mai ridere di te ma dovrebbe ridere con te.

 

Come nasce un’amicizia.

Ci sono vari modi in cui l’amicizia può nascere. Magari può nascere quando sei poco più di una ragazzina e c’è quella ragazzina come te ma che proprio non sopporti, ma poi un giorno cambia tutto, ci parli per la prima volta e lì, come per incantesimo succede ciò che tu non avresti mai pensato, quella ragazza è proprio forte, noti che non è come te solo per via dell’età ma anche nel carattere e improvvisamente non è più antipatica ma diventa la tua migliore amica per la vita, superando i km di distanza, litigi, le delusioni d’amore, tutto con lei, che ti adora e tu adori. Poi conosci una timida ragazza sull’autobus molto timida, la prima persona che conosci in un posto straniero, dove non sai neanche la lingua, ma che grazie a lei impari e ti porti questa amicizia nel cuore. Puoi conoscere un’altra bellissima amicizia tramite un altro amico in comune e con la quale leghi in un attimo. Aiutandoti in tutto, diventando più di una sorella.

Pagina 2 su 4

Poi conosci una persona speciale cercando un percorso spirituale e incominci ad aggiungere persone a caso con un profilo che accenna alla spiritualità, e all’improvviso chiedi l’amicizia alla persona giusta, che ti apre le porte ad un’Accademia fantastica, e da lì cambia totalmente la tua vita, dalla persona depressa che ti hanno fatto diventare improvvisamente cominci a tornare la persona ottimista che eri un tempo. E questa ragazza ti sta accanto nella tua nuova vita standoti vicina nei momenti meno belli ma anche nei momenti stupendi ampliando ancora di più la tua felicità. Un’amicizia può nascere su un posto di lavoro, siete così diverse da completarvi. Si perché in amicizia non c’è bisogno di essere uguali.

E poi ci sono quelle amicizie che nascono nel momento più bello di una donna (la gravidanza) non so come, durante il corso preparto le donne creano un senso di unità, senza invidia senza gelosie, e le coltivi perché speri che anche i nostri piccoli cuccioli continuano, la loro amicizia inizia fin dalla pancia!

Poi c’è l’amicizia più bella di tutte quella fra madre e figlia, questa forse è l’unica amicizia che sai che durerà per sempre, perché tua figlia la vedrai sempre perfetta anche con i suoi difetti, è l’unica amicizia in cui dovrai dare le regole ma vorrei anche che si confidasse come un’amica, voglio che lei conti sempre su di me su ogni cosa, non sarà facile ma ci proverò.

 

La presenza nel momento del bisogno, ma anche nei momenti più belli condividere le esperienze.

Ci sono esperienze di vita che ci buttano giù, sono dei momenti molto delicati che ti fanno soffrire, ma se hai un amico accanto a te tutto cambia, ti tira su, asciuga le tue lacrime, e tu fai la stessa cosa quando qualcosa di brutto succede a loro. Con gli amici veri non hai bisogno di fingere che tutto vada bene, perché loro ti leggono dentro come se fossi un libro che hanno letto mille volte.  Per questo è importante essere un’amica sincera e che farebbe di tutto per i loro amici, dovremmo essere tutti gli amici che vorremmo avere al nostro fianco. Ma essere grandi amici non significa solo passare i momenti difficili insieme, ma significa anche che trascorrerai del tempo divertendosi, facendo ad esempio picnic insieme, viaggi, giornate al mare ridendo e mangiando, cene pranzi e altre cose molto divertenti. Poi ci sono le più belle esperienze come sposarsi, avere figli, laurearsi ecc. e quanto è bello sapere che un’altra persona sia contenta per te. In poche parole l’amicizia ti riempie la vita. Avere amici accanto ci fa sentire più sicuri, ci fa dormire tranquilli.

 

Cosa vede veramente un amico in te.

Molte volte diamo per scontato che un amico/a sappia già cosa tu pensi di lui/lei, ma è bello ricevere un messaggio con scritto quanto gli manchi e che ti vuole bene. È bello sapere ciò che pensano di te, di come ti stimano. Perché a volte ci sentiamo le persone più deboli del mondo, ma poi riceviamo quella chiamata dove ti ricordano tutte le volte che sei stata forte, di tutte le battaglie che hai vinto, e anche se non hai vinto hai combattuto con dignità. È fantastico e ti riempie di gioia sapere che a volte hai una visione distorta di ciò che sei e il più delle volte invece sei molto di più. Fortunatamente ci sono sempre gli amici che ci fanno sentire le persone più forti del mondo. Dovremmo ringraziare più spesso i nostri amici.

Pagina 3 su 4

Il tempo.

Un’amicizia è come un legame tra qualcosa che è dentro di noi, per quanto la nostra vita è piena di routine è bello sapersi organizzare e dedicare del tempo alle persone a cui vogliamo bene, perché il lavoro non ci lascerà nulla quando andremo via da qui, un’amicizia invece, se vera e profonda potrai portartela anche nella prossima vita, ma perché essa cresca, perché il legami si riempi e si formi c’è bisogno di vivere delle esperienze insieme. L’amico è come un compagno, una persona che vuoi accanto per vivere dei momenti belli della tua vita, la persona che chiami quando qualcosa non va, ma anche la persona per cui ti fiondi anche alle tre di notte se sai che ha bisogno di te! Eppure allo stesso tempo un amico deve anche comprendere quando si è troppo oppressivi verso l’altro, quando l’altra persona ha bisogno del tempo per se, ha bisogno di giusto tempo dedicarsi alle proprie passioni, alle cose che comunque gli riempiono l’anima. Oggi a causa dei social, delle applicazioni sul cellulare, siamo sempre connessi 24h su 24, tanto che vogliamo sapere tutto quello che fa l’altro, dove si trova, cosa sta mangiando, ogni minima cosa, senza capire che essere amici non vuol dire sapere tutto, non vuol dire stalkerare. Un amico non si possiede: è un tesoro, si custodisce e si apprezza, lasciandolo libero di fare ciò che desidera. Molte persone quando trovano il compagno/a o fidanzato/a, si dimenticano degli amici, come se loro fossero un giocatolo per riempire il tempo quando si è single. Questa è una cosa brutta da fare, un amico investe in te, ti dà le sue energie, il suo tempo, ogni cosa, non è bello abbandonarlo, ma sapersi organizzare per trovare il tempo per loro e apprezzarli, ricordandosi inoltre che certe volte fa anche bene avere qualcuno anche solo con cui parlare che non sia il proprio partner.

 

La distanza.

Spesso la vita ci porta a grossi cambiamenti, cambiamo città allontanandoci da tutte le persone che amiamo, famiglia e amici, ritrovandoci a non vederli più tutti i giorni o la sera come prima. Che succede allora? L’amicizia creatasi negli anni muore?

Dai miei occhi ho notato qualcosa, noi possiamo cambiare nell’aspetto fisico, qualcosa nel carattere, ma c’è qualcosa dentro di noi che non cambia e resta sempre uguale, ovunque andremo, qualunque scelta di vita faremo, è quello che un vero amico vede quando ti guarda, è quella parte lì, anche se per un anno o anni interi non vi vedrete e parlerete, il momento in cui vi incontrerete sarà come se non vi foste mai lasciati, ti sentirai a casa, sereno, come se potresti addormentarti lì al suo fianco sicuro che non ti farà mai del male. Penso che quando provi quella sensazione, in cui ti senti sinceramente e profondamente a tuo agio, senza dover tenere la guarda alta anche dopo tanti anni, puoi esser sicuro che quella persona che hai al tuo fianco è un vero amico.

Ho amici con cui mi sento poche volte l’anno, eppure nel momento più brutto della mia vita, mi ha prestato dei soldi, una delle cose che spesso rovina le amicizie, senza mia richiederli in cambio. Sono stata io poi ad avere il buon senso di restituirli con il tempo, perché le buoni azioni non devono essere prese alla leggera, ma rispettate anche se viene da una persona che ormai consideri un amico e pensi che non devi più conquistare, quando invece è proprio il contrario, un tesoro va custodito con cura.

Pagina 4 su 4

Ti sostiene nelle decisioni ma ti sa andare contro se vedi che sbagli.

Un amico tiene a te ed è giusto che se sa che stai sbagliando, ad esempio perché stai iniziando a frequentare persone che ti porteranno ad una brutta strada, fatta di droghe ad esempio, deve provare con tutte le sue forze a farti comprendere che stai sbagliando, perché alla fine se non ci aiutiamo tra amici, chi dovrebbe aiutarci, un estraneo? Se vedi che il tuo amico soffre per delle sue scelte, fermalo se puoi e poi sostienilo, anche con uno schiaffo perché certe volte può servire per svegliarsi dalla situazione in cui si ci trova. Allo stesso tempo, se qualcosa a te non piace, ma non è negativa e vedi che all’altra persona sta facendo bene, perché fermarlo? Perchè essere gelosi della felicità della persona che consideriamo amica, perché essere gelosi del suo successo? Se il nostro amico ha talento, si impegni in ciò in cui crede, ha delle passioni di qualche tipo, perché bloccarlo, perché dirgli di non seguirle, facendo battutine, mettendosi tra la sua passione e lui, dicendo magari “o me o la tua passione”, chi siamo noi per rovinare la vita ad un’altra persona? Un amico vero ti sostiene in ciò che ami, ti incoraggia e ti da forza, non si metterebbe mai in mezzo e ti butterebbe giù quello che stai costruendo.

Il tuo bene va prima di ogni cosa.

Quando pensi alla persona a cui vuoi bene, al tuo migliore amico, è bello pensare alla sua felicità, a come renderlo felice, che cosa potrebbe renderlo felice? Anche se ti racconta i suoi problemi, non pensarlo con ansia buttandogli addosso anche quando lo vedi tutti i suoi pesi, ma sappi dargli leggerezza, riempilo di gioia, di sicurezza, dagli forza e fai si che quelle ore con te non si ricordi dei problemi della vita, ma che li passi con gioia sorridendo. La vita è spesso piena di amarezza e problemi, penso che un vero amico vorrebbe regalare la felicità a quello che è un tesoro. Pensiamo che avere degli amici sia scontato, magari perché li abbiamo trovati fin dall’infanzia, ma i veri amici non sono facili da trovare, spesso si possono contare sulle dita, quelle persone che non ti giudicano e ti sanno apprezzare per quello che sei. Queste persone sono davvero rare ed è per questo che bisogna amarle veramente, trattarle come si deve e volergli bene. Può sembrare scontato, ma certe volte è bello dire “ti voglio bene” alle persone a cui se ne vuole, perché per quanto lo sappiamo che loro lo sanno, quando lo dici è come se dai un’ulteriore conferma, come se per un attimo gli dici, non sei solo, io sono qui con te e per me il tuo bene viene prima di ogni altra cosa.

Si dice che un amico è come un tesoro e questo è uno dei detti più veri, un vero amico ha piena fiducia in te, ti darebbe la sua vita nelle tue mani, per questo bisogna proteggere questo tesoro e non darlo mai per scontato, perché un’amicizia può andare oltre a ciò che crediamo.

 

 

Lady Nelea e Lucia

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/ . Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Se questa è giustizia

Pagina 1 su 5

Questo avvenimento è accaduto a Roma, città in cui vivo da sempre. Il mio ragazzo aveva appena terminato di ristrutturare casa. Dopo più di un mese di lavori, lontano da casa, e dopo aver vissuto in ben due case diverse, affittate per quel periodo, eravamo finalmente potuti tornare a casa. Era stato un lavoraccio, e un grande investimento economico, ma ne era valsa la pena ed eravamo entrambi molto soddisfatti del risultato. Mancava giusto qualche dettaglio, qualche decorazione, ma quello che solo un anno prima sembrava un progetto lontano e irrealizzabile, era inaspettatamente concluso e non potevamo essere più felici di tornare in quella casa, adesso così diversa e accogliente, per potercela godere e apprezzare fino in fondo. Finalmente a casa!

Erano passate forse poco più di due settimane, erano le due di notte e ci stavamo per mettere a dormire. Eravamo entrambi in camera da letto, e io stavo con le cuffie nelle orecchie, ascoltando della musica, come al solito, quando vidi il mio ragazzo tirarsi sù all’improvviso e correre fuori dalla stanza. Rimasi perplessa per qualche istante. Mi tolsi le cuffie dalle orecchie e cercai di capire cosa stesse succedendo. Mi alzai dal letto e mi avviai verso il salone. Il mio ragazzo era dietro la porta di casa, intento a guardare dallo spioncino e appena mi vide mi fece cenno di fare piano. Mi avvicinai a lui con sguardo interrogativo, chiedendogli spiegazioni a gesti. Sussurrando mi disse che poco prima, mentre eravamo a letto, aveva sentito chiaramente il rumore delle mandate della porta, come se si stesse aprendo e stesse entrando qualcuno. Io non avevo sentito nulla, ma d’altronde stavo ascoltando la musica. Avevo sonno e volevo tornare a letto ed ero sicura si fosse suggestionato con tutte quelle serie violente che continuava a vedersi ogni sera, quindi gli dissi che probabilmente si era sbagliato e che avremmo fatto meglio a tornare a dormire, dato che era già molto tardi. Mi avvicinai alla porta, pronta a girare la manopola, per mostrargli che la porta era ancora ben chiusa ma mi si gelò il sangue quando si bloccò subito dopo il primo giro. Non c’erano più le mandate di chiave che ero sicura di aver dato poco prima alla porta!

Restammo in ascolto, senza fare rumore, guardando di tanto in tanto dallo spioncino. Dopo forse una mezz’ora decidemmo di tornare a letto, non dopo aver spostato il grande mobile dell’ingresso davanti alla porta di casa, per precauzione, semmai avessero deciso di tentare nuovamente di entrare.

Pensammo si fosse trattato di qualche ladruncolo che pensava non ci fosse nessuno in casa, o che sperava di entrare in punta di piedi e rubare qualcosa. In quei giorni erano già avvenuti altri furti nella zona, ed erano state rubate un paio di auto. Non chiamammo neanche la polizia, convinti che fosse finita là.

Un paio di giorni dopo, mi ero appena svegliata, dopo aver dormito a casa mia, quando ricevetti una chiamata dal mio ragazzo che, allarmato, mi disse che quella notte avevano provato nuovamente ad entrare in casa sua. Fortunatamente, mi disse, quella sera si era addormentato sul divano, vedendo la televisione, ed era stato svegliato da dei forti rumori provenire dalla porta di ingresso. Dallo spioncino aveva visto due uomini di mezza età o di qualche anno in meno, anche se probabilmente, mi disse, ce n’era anche un terzo che non era riuscito a vedere, intenti ad armeggiare con la sua porta.

Pagina 2 su 5

Lui aveva battuto delle manate sulla porta, facendo capire che era in casa. Quelli erano rimasti ancora qualche minuto a forzare la porta prima di decidere di andarsene. A quel punto il mio ragazzo si era deciso a chiamare i carabinieri che, una volta sul posto, dissero chiaramente di non poter fare molto, in quanto questi erano già andati via. Il mio ragazzo li ha chiamati perché qualcuno stava cercando di entrargli in casa e i carabinieri hanno detto “Non possiamo farci niente”. Il giorno successivo decidemmo di cambiare la serratura della porta, mettendone una un po’ più resistente, mentre attendevamo di poter ordinare una porta blindata e di farla montare.

La situazione mi sembrava assurda. Cosa volevano queste persone? E perché erano tornate proprio alla porta di casa del mio ragazzo, dopo così pochi giorni? Già in quel momento la situazione sembrava essere anomala, figuriamoci il giorno successivo, quando avvenne nuovamente lo stesso. Era appena rientrato da un’uscita con gli amici e, mentre si stava preparando per mettersi a letto, ecco nuovamente quei rumori sulla porta. Questa volta erano stati più insistenti, ed era dovuto uscire per farli smettere, rincorrendoli giù per le scale del palazzo. Quelle persone tornavano ogni sera a forzare la porta e non sapevamo cosa fare se non chiamare i carabinieri, che purtroppo non facevano nulla di concreto per aiutarci. Eravamo entrambi spaventati ma soprattutto sconcertati da questa insistenza e accanimento nei confronti del nostro appartamento. Perché proprio la nostra casa? Perché questi continuavano a tornare, nonostante sapessero che fossimo in casa? Che volevano da noi?

Non potevamo sapere di essere solo all’inizio. Il giorno seguente, in serata, subito dopo aver cenato, il mio ragazzo si stava preparando per uscire con un amico. Si trovava accanto alla porta di ingresso, prendendo il cappotto dalla cabina armadio, quando sentì un rumore fortissimo, come di legno che si spaccava, e girandosi vide il montante della porta piegato che stava cedendo. Erano tornati, ma questa volta non si erano fatti problemi ad aspettare la notte. Erano le dieci e mezza e questi tre individui erano dietro la porta cercando di forzarla, incuranti del fatto che fosse ora di cena e che ci fosse gente in casa.

Quel giorno mi precipitai subito a casa sua, insieme ai miei genitori, e il mio ragazzo era visibilmente preoccupato, come tutti noi del resto. Chiamammo di corsa i carabinieri, raccontando ciò che era accaduto e sperando in un loro intervento, ma ci risposero che a quell’ora erano “chiusi” e di passare il giorno dopo da loro a sporgere denuncia, in quanto a quell’ora si occupavano solamente delle emergenze. Quegli individui stavano forzando la porta e i carabinieri ci hanno risposto al telefono di non poter venire a fermarli e di non poter fare nulla, invitandoci a presentarci la mattina seguente nel loro ufficio. A questo punto resta da capire cosa intendano i carabinieri con il termine emergenza, dal momento che tre individui che da giorni continuano a tornare allo stesso appartamento, cercando di forzare la porta di ingresso, anche all’ora di cena, non credo abbiano intenzione di prendere un tè e conversare amabilmente. Ma nessuno interviene per aiutarci.

Quella notte il mio ragazzo decise di dormire fuori, dal momento che erano giorni che non chiudeva occhio e non sarebbe riuscito ad addormentarsi sapendo che sarebbero potuti tornare da un momento all’altro. La paura di rischiare la vita è tanta, specialmente se non puoi contare sull’aiuto delle forze dell’ordine.

Pagina 3 su 5

La mattina seguente ci recammo dai carabinieri e finalmente sporgemmo denuncia, raccontando l’accaduto. Fino a quel momento credevamo di essere in una situazione assurda, ma non sapevamo che di assurdità, in tutta questa storia, ancora dovevamo vederne molte.

All’inizio della storia ho omesso un particolare, ovvero che il mio ragazzo vive in una casa popolare che, per chi non lo sapesse, si tratta di una casa che lo Stato, il Comune in particolare, assegna a persone o nuclei familiari sulla base di un punteggio che viene calcolato tenendo conto di diversi fattori (ad esempio a portatori di disabilità, genitori single con figli a carico, giovani coppie, cittadini senza fissa dimora ecc..) ed è possibile mettersi in lista d’attesa (una lunghissima lista d’attesa) aspettando che si liberi qualche alloggio. Per una serie di fattori, che non sto adesso a raccontare, questa casa venne assegnata a lui meno di una decina di anni fa e da allora lui risulta esserne il proprietario, continuando a pagare un affitto mensile al Comune fino a quando non potrà essere riscattata e acquistata definitivamente da lui.

Credevo fosse un dettaglio irrilevante e di poco conto in tutta questa storia ma si rivelò essere un particolare fondamentale, secondo la spiegazione che ci diedero quella mattina i carabinieri.

Ci dissero infatti che non era la prima volta che accadeva una cosa del genere, con queste modalità, e che erano quasi certi del fatto che queste persone volessero occupare la nostra casa. In che senso? Non riuscivo a capire cosa intendessero. Ci spiegarono quindi che, secondo loro, queste persone stavano cercando di rompere sempre più la porta, spaccando il montante e la serratura, in modo da rendere la struttura debole e facilmente cedibile. In questo modo, un giorno che ci fossimo assentati da casa per qualche ora, avrebbero avuto modo di smontare facilmente la porta e montarne una nuova, per occupare il nostro appartamento e renderlo loro.

Va bene, questo spiegava il loro comportamento, infatti ogni volta non sembravano intenzionati ad entrare, ma solo a forzare la porta, e non si curavano nemmeno se ci fosse gente in casa. Ma mi sfuggiva comunque qualcosa nella loro spiegazione e non esitammo a chiedere.

In che senso occupare la casa? Che senso aveva introdursi in un appartamento mentre i proprietari non erano in casa e barricarsi dentro cambiando la porta d’ingresso? Una volta tornati a casa e scoperto quanto accaduto avremmo chiamato la polizia e sarebbero stati arrestati. Giusto?

Ed è qui che tutta la storia diventa ancora più assurda e incredibile di quanto non lo fosse stata fino ad ora.

Questo era il mio ragionamento, pensavo infatti che se fosse stato veramente questo il loro scopo, e un giorno fossero riusciti ad introdursi in casa nostra e a cambiare la porta mentre eravamo via, una volta tornati avremmo potuto chiamare la polizia o i carabinieri per farli intervenire e cacciare quei malviventi dal nostro appartamento.

Pagina 4 su 5

Nella mia ingenuità ed ignoranza credevo fosse una cosa del tutto scontata. Scoprimmo invece che non era affatto così. I carabinieri ci dissero, con l’aria di saperla lunga a riguardo, che nonostante il mio ragazzo risultasse il padrone e proprietario di casa, in realtà quell’appartamento, sulla carta, risultava essere di proprietà del Comune. Per questo motivo, nel caso si fosse verificata una cosa del genere, e delle persone avessero deciso di occupare la nostra casa, loro non sarebbero potuti intervenire ma avrebbero dovuto aspettare l’autorizzazione dello Stato che, ci dissero chiaramente, ci sarebbe voluto un tempo lunghissimo, addirittura mesi, per averla.

“Se poi tra le persone che occupano la casa ci sono anche dei bambini” ci dissero “State certi che non la riprendete più!”.

Noi siamo rimasti sconcertati dalle loro parole e ancor più allibiti dalla loro risposta alla nostra domanda su quale fosse la prossima mossa da fare. Ovvero, in pratica, su quale fosse l’aiuto che potevano darci.

“Noi non possiamo fare nulla. Il nostro consiglio è di stare il più possibile in casa e di montare una porta più resistente, sperando che questi decidano di andare altrove”. In pratica, la legge non fa nulla per tutelare i cittadini, che da un giorno all’altro si possono ritrovare buttati fuori da casa propria perché dei malviventi hanno deciso di occuparla illegalmente? Come potremmo stare tranquilli, sapendo che questi individui potrebbero entrare in casa del mio ragazzo e rubargliela, senza che la polizia faccia nulla per impedirglielo?

A questo punto, raccontando a voi questa storia, ho preso la decisione di non commentare ulteriormente quanto assurdo sia tutto questo e i miei pensieri a riguardo. Credo infatti che questa storia si commenti da sola e che chiunque possa essere d’accordo sull’assurdità di una totale mancanza di tutela nei confronti di un cittadino che, vivendo in una casa, possa essere messo alla porta, da un giorno all’altro, da dei delinquenti vedendosi confiscare la casa, i propri beni e tutto ciò che è all’interno, da questi ultimi senza che la polizia o i carabinieri possano intervenire e lo tutelino. Questi delinquenti potrebbero cambiare la porta, tenersi la casa e tutti i beni materiali che si trovano all’interno, ed il mio ragazzo si ritroverebbe senza più nulla in mano: senza casa, senza soldi, senza mobili, senza vestiti.. e tutto questo accade quasi nella normalità. Come dovremmo reagire in questi casi, se le forze dell’ordine rispondono di non poter fare nulla per fermarli? Dovremmo rinchiuderci in casa per la paura? Dovremmo smettere di andare al lavoro, per restare più tempo possibile in casa e assicurarci che nessuno la prenda? Dovremmo aspettare il giorno in cui tarderemo la sera e ci accorgeremo che la casa non apparterrà più a noi?

Concludo quindi il mio racconto dicendo che sono giorni, da quando siamo stati dai carabinieri, che queste persone continuano a venire ogni notte e ad ogni orario del giorno, cercando di forzare la nostra porta e di spaccarla sempre di più.

Il mio ragazzo dorme in salone, con il mobile davanti alla porta di casa, ma il termine dormire non è appropriato dal momento che, se anche riesce ad addormentarsi, viene svegliato nel cuore della notte da questi individui che continuano a tornare ogni giorno. Quando chiamiamo la polizia o i carabinieri, tutte le volte arrivano con grande ritardo, quando questi sono già scappati lontani.

Pagina 5 su 5

Per far montare una nuova porta i tempi da attendere sono lunghi e sono ormai quasi due settimane che siamo in questa situazione. Spero solo che con l’arrivo della nuova porta queste persone decidano di lasciarci in pace e di andarsene anche se, probabilmente, questo significa che saranno liberi di andare altrove e questa situazione che sinora è accaduta a me, potrebbe capitare a qualcun altro. A quanto pare, infatti, nel nostro paese non esiste qualcuno in grado di intervenire e fermare delinquenti come questi ed arrestarli, come dovrebbe invece avvenire per tutelare e proteggere degli onesti e indifesi cittadini.

Di recente grazie al nuovo governo è passata la legge che permette ai cittadini di proteggersi in casa propria, qualora ladri e malintenzionati irrompano in casa nostra e ci facciano sentire in pericolo. Sino a poco tempo fa questo non era possibile, infatti se decidevi di difenderti dal ladro rischiavi denunce dallo stesso, perciò il ladro che irrompeva in casa tua per derubarti poteva denunciarti di avergli fatto del male. Le forze dell’ordine non ci proteggono e sino a poco tempo fa non potevamo proteggerci neanche da soli. Dove sta la giustizia? Se le forze dell’ordine non possono fare nulla per aiutarci, è giusto che ci facciamo giustizia da soli? I carabinieri ci hanno detto che questi individui vogliono “soltanto” rubarci la casa. Ma questo non ci fa sentire tranquilli: se queste persone diventassero violente e si scagliassero contro il mio ragazzo o contro di me, come dovremmo reagire? Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate e che cosa fareste se voi foste nei miei panni. Vi ringrazio.

 

Valentina

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/ . Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Saharawi

Pagina 1 di 13

 

Nel 2008, grazie alle scuole superiori che frequentavo e al comune della mia città, riuscii a partecipare a un viaggio educativo in Africa; era una specie di viaggio/missione di pace, nell’Africa Nord occidentale.

Non so molto di politica, ma vi voglio accennare qualcosa per farvi capire i motivi per cui vengono organizzati questi viaggi dall’Italia.

Chi sono i Saharawi? Il nome significa “sahariano” (proveniente dal Sahara) e sono un popolo nomade senza nazione, o meglio in esilio, che si è insediato in un territorio tra l’Algeria, la Mauritania e il Marocco. In pratica, a causa di guerre per accaparrarsi il territorio di questi saharawi, che sarebbe il Shahara occidentale, vennero esiliati lontani dalla loro terra,  in tendopoli da loro costruite. Il Marocco è il principale cattivone che li lascia vivere lontani dalle coste, dalle città, dal mare, dai familiari. In principio ci fu un genocidio, ed è questa la principale causa per cui i saharawi dovettero scappare e imparare a vivere nel caldo e immenso deserto del Sahara.

L’italia e in particolare alcune città toscane, mandano cibo e altri viveri di prima necessità ogni anno, in questi territori, oltre a sensibilizzare il mondo al problema dell’esilio saharawi. Questo è quello che poi andammo principalmente a fare, ma per noi c’era qualcos’altro di immensamente entusiasmante da scoprire, che è la loro cultura.

Sono passati tanti anni e non ricordo tutto, inoltre parlerò dal punto di vista di una ragazza di 18 anni. Ricordo che un giorno a scuola ci dissero che sarebbero stati scelti due studenti  fra la mia scuola superiore e un’altra. Io non so, ma era come se sentissi che ci sarei andata io, nonostante fosse quasi impossibile, infatti scelsero un’altra ragazza, ma io ancora avevo questa sensazione che dovevo andarci a tutti i costi. Ricordo l’entusiasmo che provai quando la professoressa di storia dell’arte mi disse una cosa tipo: la ragazza che avevano pescato per l’altra scuola non può andarci, quindi andrai tu perché sei l’unica con un passaporto valido. Non potevo crederci!

Ci avevano parlato poco di questa storia dei viaggi in Africa che organizzava il comune, non avevo capito bene cosa andavamo a fare, ma sapevo che sarei andata in Africa, in un altro continente, ero entusiasta! (Essendo piccola, per me era come andare a fare una vacanza diversa dal solito, ma adesso so quanto siano importanti i nostri aiuti, soprattutto per quanto riguarda la sensibilizzazione al problema dell’indipendenza saharawi).

Pagina 2 di 13

Mi ricordo che dopo che mi scelsero però, ci fu un ragazzo il quale aveva la madre che lavorava nel comune e disse che sarebbe andato lui, che lo avevano già deciso, dato che la mamma aveva parlato mi sembra con i professori per dirgli che voleva mandare il figlio. La mia professoressa di storia dell’arte, che era una tipa determinata e un po’ rabbiosa, si infuriò col ragazzo, ricordo ancora la scena quando durante la ricreazione gli disse: “Voi raccomandati avete rotto!!! Non mi interessa se tua madre lavora in comune!! È stata scelta Silvia e ci va lei!!”. Mi sembra che la prof parlò pure con la madre di questo ragazzo al telefono, ma non ricordo bene. In ogni caso ero felicissima che la prof mi aveva difesa e non vedevo l’ora di partire!

Dopo qualche mese di preparativi, partimmo dall’aeroporto con destinazione Algeria. All’aeroporto conobbi gli altri studenti provenienti da altre provincie. Ero molto titubante al tempo perché non conoscevo nessuno, ma fin da subito invece mi piacquero tutti gli altri compagni, eravamo circa una dozzina, più altre persone tra cui il nostro assessore alla cultura, tutti entusiasti di partire per questa affascinante avventura. Il viaggio in aereo andò bene, arrivati in Algeria si iniziava a vedere il deserto, era qualcosa di affascinante e misterioso! Poi dovemmo prendere un altro piccolo aereo che ci avrebbe portati in un piccolo aeroporto al confine del sud Algeria, ricordo che una mia compagna stette male, forse l’aereo sballottava un po’ e comunque il viaggio fu molto lungo quindi eravamo parecchio stanchi. Non mi sembrava vero di toccare con i piedi il deserto, mi sembrava di essere in un posto così diverso dall’Europa, il clima, le persone, l’atmosfera, era tutto diverso. Atterrati con l’aereo ci attendeva un lunghissimo viaggio di due ore con una jeep, guidata da un uomo del posto; il viaggio sembrava molto più lungo forse perché eravamo nel nulla più assoluto, intorno alla jeep infatti c’era il deserto, in ogni lato, l’orizzonte finiva col deserto e ti sembrava di non muoverti di un kilometro perché non avevi punti di riferimento visivi. Il deserto in quei punti non è quello che vediamo di solito in tv o nelle immagini con le dune alte e dorate, ma è un deserto piatto, completamente piatto e immenso. A un certo punto fece buio e ci addormentammo nella jeep, perché era notte inoltrata e non riuscivamo più a star svegli nonostante la curiosità di arrivare svegli.

Dopo un po’ aprii gli occhi e vidi che erano le prime luci dell’alba, la jeep era ferma e sentivo delle persone parlare in spagnolo, altre in arabo. Le jeep se ne andarono e intorno al nostro gruppo c’erano delle casette e delle tende di varie dimensioni, mi sorprese che faceva freschino (freddo nel deserto?? chi se lo aspettava), la notte infatti faceva più freddo rispetto al giorno, anche se il caldo del giorno non è umido ma secco, quindi non hai tutto il sudore che rimane sulla pelle, così la percezione del caldo è molto sopportabile. Aspettammo un po’ di tempo che gli organizzatori parlavano con alcune persone del posto e iniziarono a dividerci in gruppi di 5/7 persone. A me capitò un gruppo di 4 ragazze e due adulti, ci incamminammo per le viette insabbiate e ci fermammo appena fuori una casetta.

Pagina 3 di 13

                                          

Le casette dei saharawi erano delle costruzioni fatte con un miscuglio di sabbia, acqua e altri componenti, ed erano tutte più o meno della stessa misura di circa 7/8 metri quadrati, inoltre ne avevano più grandi nei luoghi più pubblici come la scuola, il piccolo ospedale o dove facevano canti e preghiere. Ad attenderci c’erano tre donne saharawi, che ci fecero entrare nella loro casa. Entrammo in questa casetta e per terra non c’era il pavimento ma tappeti molto grandi, di quelli persiani. Le pareti avevano piccole finestrine quadrate, forse erano due e per terra avevano dei materassi singoli lungo tre pareti, dove avremmo dormito noi. Ovviamente non ci aspettavamo l’hotel a cinque stelle, sapevamo che avremmo dormito in posti diversi dalle nostre case e non era un problema eccessivo, bisogna sapersi adattare in questi casi. Ci eravamo attrezzati con i sacchi a pelo che avevamo messo sopra i materassi e ci mettemmo a dormire qualche oretta giusto per riposare un po’.

Pagina 4 di 13

La famiglia che ci ospitava era composta dalla capa famiglia: la madre, due figlie di circa 14 e 18 anni (ricordo solo il nome della grande, Fatima), uno o due fratelli più grandi. Il padre non c’era perché molti anni addietro andò in Marocco per cercare lavoro ma non lo fecero più tornare dalla sua famiglia. Ecco uno dei problemi maggiori che devono affrontare queste famiglie, molti uomini andavano a cercare lavoro in Marocco ma una volta trovato lavoro non potevano tornare nel loro popolo nomade, fu costruito addirittura un grande muro lungo kilometri e kilometri controllato da militari, proprio per dividere pesto popolo esiliato dalla civiltà, sotterrando addirittura mine anti uomo lungo tutto il muro.

La madre e le figlie ci accolsero nella loro casetta, le figlie erano adorabili, gentili e solari, instaurammo una bella amicizia con loro due, la piccola parlava solo arabo e la più grande parlava anche spagnolo perché fu ospitata in Spagna da una famiglia anni addietro e poté imparare una lingua occidentale, adesso credo che viene anche insegnato nelle loro scuole. Ci disse che per il futuro il suo sogno sarebbe stato quello di vivere in Spagna, chissà se si è avverato, spero tanto di sì. Con lei quindi riuscivamo a comunicare perchè lo spagnolo un po’ lo capivamo e un adulto che stava con noi lo parlava bene quindi ci faceva da traduttore e la ragazza traduceva alla sorella e alla madre. La madre delle due ragazze parlava arabo, era una tipa molto riservata, silenziosa e con quell’aria di una persona che ne ha viste tante nella sua vita.

Quando ci svegliammo dopo il riposo ci rendemmo conto di alcune usanze del posto a cui non eravamo abituati. Al mattino arrivarono tutti i famigliari, la madre, le sorelle e arrivarono anche i fratelli. Fui sorpresa dalla colazione, ci prepararono il caffè con tanto di pane e marmellata, erano davvero molto ospitali. Ovviamente tutto italiano, credo che fossero i viveri che arrivano dall’italia per loro, infatti un po’ ci dispiaceva usare il loro cibo. Ero però felice della colazione, ce la servirono in un tavolino di legno. Una cosa che però per noi fu strana era il fatto che non avevamo privacy. Cioè non potevamo cambiarci la mattina perché loro arrivavano e stavano tutta la mattina nella casetta a guardarci e chiacchierare quindi se ad esempio ti dovevi cambiare gli indumenti intimi o lavarti con le salviette dovevi farlo dentro il saccappelo, noi ragazze ci eravamo ingegnante e ci tenevamo a turno una coperta che faceva da separé. Il bagno invece era fuori la casetta, anch’esso fatto con la sabbia e grande circa un metro quadrato, per bagno intendo che è dove fanno i bisogni, ma senza lavandini o altro, quindi dentro c’era un buco scavato nella sabbia con sopra un asse di legno che spostavi e ci facevi i bisogni. Io sarò andata una volta a notte fonda con una compagna, non riuscivo a fare i bisogni lì di giorno perché non c’era la porta e i passanti potevano vederti da fuori.

Pagina 5 di 13

Dopo la colazione arrivò l’ora del rito più importante, quello del thè, il famoso thè del deserto. Era molto importante questo rito, andava fatto mi sembra tre volte al giorno, di mattina, pomeriggio e sera, tutti insieme con la famiglia. È un’ usanza che rappresenta molto per loro, quindi bevemmo sempre insieme, rispettando i loro rituali. Il thè veniva servito in piccoli bicchierini di vetro ed erano due o forse tre, dovevamo tutti bere dallo stesso bicchierino. Chi doveva preparare il thè era la più anziana della famiglia quindi la madre. Avevano una teiera che mettevano sopra al fuoco e la madre preparava il primo thè, che era quello più amaro. Quando tutti l’avevano bevuto passandosi il bicchierino e riempiendolo ad ognuno,  preparava il secondo thè quello di media dolcezza e poi il terzo thè quello molto dolce. Ci passammo il bicchierino che veniva riempito ogni volta che qualcuno beveva, è un rito che ripetemmo anche nelle gite fuori casa, in mezzo al deserto. Finito il primo giro, la madre sciacquava i bicchierini in un catino pieno d’acqua e ricominciava da capo servendo il secondo e terzo thè. Questo per tre volte al giorno. Chiedemmo a Fatima di spiegarci il rito e ci disse che i tre thè avevano un significato preciso, c’era una poesia che diceva: “Amaro come la vita, dolce come l’amore, soave come la morte” (spero di averla detta giusta, è passato diverso tempo ma più o meno diceva così). Quindi il thè amaro rappresentava la vita di ognuno, quello dolce l’amore e quello né dolce né amaro la morte. Il thè era davvero buono, quello amaro era più difficile da mandarlo giù e non sempre riuscivo a berlo.

 

(foto scattate nella famiglia di un compagno di viaggio)

Una mattina partimmo per il deserto, penso che fu il giorno più entusiasmante che abbi mai passato. Uscimmo presto ed arrivammo nel piazzale dove erano parcheggiate diverse Jeep. Nel cammino per arrivare al piazzale potevamo incontrare altre persone e spesso c’erano bambini che venivano a chiederci di dargli qualcosa, a volte gli davamo delle caramelle, altre volte le nostre penne, erano sempre felici di ricevere piccoli doni. Una volta alcuni bambini mi ricordo che si presero la briga di accompagnarci nella casetta, dato che ci eravamo perse io e le altre ragazze andando a passeggio ed erano piccoli, avranno avuto 6/7 anni ma fecero tutta la strada per accompagnarci. Lì non ci sono i nomi delle vie o le strade, sono tutte casette per noi messe a caso, ma loro hanno imparato a riconoscere ogni vietta, passandoci sempre a piedi.

Arrivammo al piazzale ed entrammo in una Jeep, mi misi a sedere davanti vicino al guidatore. Il guidatore era qualcosa di fantastico, divertente, era un vecchietto e l’unica parola che diceva era Yallah!! Yallah! Una parola che usano per più significati e voleva dire tipo: “forza andiamo”! O tipo “dai”, “go!” E quindi lui diceva yallah e noi: yallaaaah! Yallah! Lui avava nella sua jeep alcune cassette musicali di shakira e mi ricordo di aver visto qualcosa di italiano forse Eros Ramazzotti hahaha. Mise la musica e facemmo il tragitto cantando e facendo foto.

Pagina 6 di 13

Il deserto piatto era immenso, ma quando arrivammo alle dune, rimasi “ommioddio”, erano enormi, altissime come delle case di due piani, scendemmo dalla jeep e iniziammo a salire, erano durissime, io mi aspettavo la sabbia tipo sabbiamobile, invece era piuttosto dura così ti potevi arrampicare fino in cima senza sprofondare, erano molto ripide e ci volle un po’ per arrivare in alto. Che spettacolo di panorama, arrivati in alto vedevi da una parte il deserto piatto e dall’altra il deserto con le dune… era così immenso e affascinante, stemmo molto tempo a goderci quel panorama fino a che il sole era quasi all’orizzonte. La pace che c’era è indescrivibile, senti solo il rumore del vento, ma senti anche una sensazione di purezza, vedi questa vastità dorata davanti a te che sembra non finire, peccato che non conoscevo ancora la meditazione di Angel Jeanne, che ho imparato in Accademia di Coscienza Dimensionale, altrimenti ne avrei fatta una in quel posto bellissimo! Mi sentivo come se fossi molto connessa a quella terra. Stare lì ti faceva stare in pace con te stesso, senza pensare ai problemi o alle cose frivole, era un incanto. Durante il tragitto in jeep del ritorno fu fantastico, chiesi al guidatore se poteva farmi guidare la jeep! ci parlai a gesti e dicendo qualche Yallah ogni tanto e lui senza pensarci mi disse Yallah yallah! Come dire: vai vai. Fu bellissimo! Il vecchietto era tranquillo e rideva di continuo e io mi divertii un sacco a guidare nel deserto! È stato molto bello, ci siamo anche fermati per fare il thè! Quello non può mica mai mancare.

 

Pagina 7 di 13

  

 

Un pomeriggio arrivammo al muro di cui parlavo prima, è una specie di “muro di Berlino”, solo che è molto più lungo e pericoloso, dato che dovevi stare ad almeno 1 o 2 chilometri di distanza, altrimenti se ti avvicinavi rischiavi di saltare in aria calpestando una mina anti uomo, in alcuni punti c’erano anche dei soldati che sostavano lungo il muro. Avevamo i cannocchiali e potevamo vedere da lontano questo muro, non era molto alto, fatto principalmente di sabbia, come se fosse una dunetta ma molto lunga, è lungo 2.720 km e costruito dal Marocco.

Pagina 8 di 13

Il campo minato che corre lungo la sua totale estensione è, per lunghezza, il più grande al mondo, e si stima sia formato da circa 6.000 mine anti-uomo (fonte wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Muro_marocchino ).

 

  (Il muro)                

 

Arrivammo in Jeep a questo muro e alcuni del nostro gruppo portarono le bandiere della pace da far sventolare. È davvero triste pensare che un popolo che vorrebbe semplicemente la sua indipendenza come è giusto che sia, tornare nella sua terra di appartenenza, non possa andare altrimenti viene ucciso! Come dicevo prima, il marito della famiglia in cui stavo è ancora in Marocco proprio perché non gli è permesso tornare al suo popolo, così come la moglie e i figli non possono andare a trovarlo, essendoci questo muro.

 

 

Tornati al villaggio, ci hanno preparato la cena. Sia a pranzo che a cena ci preparavano cibi per metà italiani, per metà del posto. Infatti a volte ci preparavano gli spaghetti con una specie di ragù, ma fatto con la carne di cammello, dato che loro non hanno maiali o mucche, ma allevano cammelli e capre. Le donne della famiglia ci preparavano le pietanze, la carne di cammello è molto buona, assomiglia al maiale ma ha più parti grasse. La sera durante l’ora del thè, io e una ragazza provavamo a comunicare con uno dei figli della famiglia, che aveva penso una trentina di anni. Anche lui parlava spagnolo ma io comunque non riuscivo a capire cosa dicesse, invece l’altra ragazza sembrava capirlo più di me infatti ci parlava. A un certo punto il ragazzo mi chiede una cosa, ma io gli faccio capire che non capisco ciò che dice, dato che mi parlava in spagnolo. Allora lui fa un discorso con dei gesti, mettendo la mano sul cuore e lì invece capisco ciò che mi stava dicendo: non importa se parliamo lingue diverse, tu devi usare il cuore per capire, così potrai sentire ciò che ti dico. A quei tempi non capivo cosa volesse dire, ma ora l’ho capito. Queste persone hanno davvero molta più saggezza dentro, di molti altri popoli.

Pagina 9 di 13

La notte di solito dormivamo da soli nella casetta, la famiglia andava a dormire nel proprio tendone, ma una notte le due figlie decisero di rimanere a dormire con noi. La cosa che mi stupì è che quando decidemmo di metterci a dormire, noi ragazze ci mettemmo come sempre un po’ di tempo ad addormentarci, come d’abitudine penso per molti occidentali, infatti ci addormentiamo dopo anche 5/10/15 minuti o se abbiamo la testa piena di pensieri anche di più. Invece le due figlie, dopo nemmeno 30 secondi le sentivamo ronfare! Per me era impossibile, quasi disumano riuscire ad addormentarmi in così poco tempo, questa cosa mi fece riflettere su come siamo diversi, nonostante loro vivano comunque in situazioni meno agevolate delle nostre, sembra come se sapessero vivere meglio di noi. È stata una lezione che mi ha fatto capire, anche nel futuro, quanto la nostra società ci avesse ridotto a dei robot sempre in corsa, pieni di preoccupazioni, che non si godono appieno la vita, invece loro nonostante i grandi problemi che hanno come popolo hanno imparato a vivere. Quando esci fuori dalla casa di sabbia di notte, vedi un cielo stracolmo di stelle, vedi una meraviglia di luci, vedi la via lattea strapiena di stelle e pianeti e ti commuovi davanti all’universo, a Dio! Quasi riesci a vedere dentro gli occhi di Dio da quanto il cielo è nitido e senza interferenze luminose. Da noi esci di casa la notte e l’unica cosa luminosa che si riesce a vedere è l’insegna luminosa del Mc Donald… abbiamo perso il contatto con la natura.

Il penultimo giorno, il popolo saharawi preparò una specie di cerimonia per salutarci. In una grande tenda ci eravamo riuniti tutti e c’erano tutte le famiglie che ci ospitarono  e altre persone che si erano riunite per fare dei canti e suonare alcuni strumenti. Una fila di ragazze giovani, tra cui una delle figlie della famiglia che ci ha ospitato, si misero a cantare alcune canzoni in arabo. C’era una canzone troppo bella che ancora ne ricordo la melodia, ma che chiaramente non si può trovare su internet, era così melodiosa e carica di energia che non potrò più scordarmela. Facevano anche un grido forte e acuto muovendo la lingua velocemente in orizzontale, cosa per noi difficile da ripetere. Quando tornammo alla casetta, io e le altre ragazze ci mettemmo a cantare quella bella canzone alla madre e le due figlie, senza sapere ovviamente le parole e ne rimasero contente, oltre che divertite.

 

 

 

In quei giorni abbiamo poi visitato una specie di museo con le armi da guerra che hanno utilizzato per alcune battaglie passate, con i carrarmati e varie foto vecchissime dei soldati, il loro passato di guerre e maltrattamenti li ha profondamente segnati, ma nonostante tutto, non hanno perso la voglia di lottare per liberare il loro popolo, ancora dopo 43 anni. Hanno anche un ospedale, sempre fatto con gli stessi materiali delle casette. Inoltre abbiamo visitato una piccola scuola per i bambini e ragazzi del posto e molti oggetti, cibo, acqua e bombole del gas arrivano grazie agli aiuti della regione Toscana e forse altre poche regioni credo. È stata un’esperienza bellissima e indimenticabile, un giorno so che ci ritornerò e vorrò andare a trovare quella famiglia che mi ha ospitato, se riuscirò a ritrovarla, vorrei sapere come stanno e se sono riusciti a rivedere il loro padre. Tutte le persone che abbiamo incontrato sono state gentili, disponibili, ospitalissimi che ci hanno arricchito come persone. Spero che questo articolo sia servito per farvi conoscere un pezzetto di quel mondo che a me è rimasto nel cuore e ci rimarrà per sempre.

 

                                                                                                                                                                                                                 

Pagina 10 di 13

La mattina che ce ne andammo, erano tutti presenti i membri della famiglia a salutarci e ringraziarci, tutti tranne la figlia più piccola di 14 anni. Era uscita di casa prima che ce ne andammo e non venne a salutarci. Sappiamo che lo fece perché non sopportava l’idea che fosse un addio, aveva pianto il giorno prima insieme a noi e la mattina non riuscì a darci l’addio. Noi, per tutto il tragitto in jeep verso l’aeroporto piangemmo senza dire una parola, ci eravamo affezionati tantissimo, con le figlie poi si era creato un legame molto solido, ci regalarono ad ognuna un vestito tipico del posto e ci portavano in giro per i loro negozi, che non sono come i nostri, ma era comunque tutto meraviglioso per me. Eravamo come delle amiche che andavano in giro a fare shopping, solo che eravamo nel deserto. Noi pensavamo di andare in un popolo che non poteva darci nulla e invece ci ha dato più di quel che pensavamo, cibo, vestiti, tanta generosità e ospitalità, oltre che l’amore verso se stessi.

Sono sicura che un giorno riusciranno a tornare nelle loro terre, hanno tutti nei loro occhi la determinazione e il coraggio di un popolo che non dimentica da dove viene. Loro non si sentono algerini, marocchini o della Mauritania, loro sono Saharawi e la loro terra è il Sahara Occidentale e come tutti i popoli hanno una loro nazione, anche loro hanno il diritto di appartenere alla loro.

Alcune poesie del popolo Saharawi

Madre

Madre so che soffri,
so che il tuo dolore ti fa piangere e
che le tue lacrime sono di cera e di calore.

Pagina 11 di 13

Madre so che ti hanno accecato gli occhi
e ti hanno soffocato la voce
per non cantare al mondo la tua libertà.

Madre so che dalle tue braccia
ti hanno strappato i figli
che i tuoi seni desideravano
alimentare con amore e
so che ancor più dei i tuoi seni
desideravi insegnare loro la tua storia e la tua cultura.

Madre so che il tuo pianto,
il tuo pianto muto c’è ancora
e tutti lo possono sentire.

Madre saprò anche che canterai
canterai con una voce che arriverà all’aldilà
e quando l’alba spunterà, le tue braccia si apriranno per i tuoi figli che sono qui e là.

Madre saprò che la tua alba illuminerà
i punti cardinali e ancora oltre
la frontiera e il mare.

E le tue lacrime Madre?
Oh le tue lacrime questa volta saranno
di gioia e di felicità
e quando tutto avverrà
quando la corona tornerà nel suo regno
tu, tu, Madre Patria, sicuro,
sicuro che dimenticherai
Perché il tuo cuore è tutto

PANE E AMORE..

Pagina 12 di 13

Vieni

Vieni con la tua umanità
per sentirti più uomo
a sentire l’assenza della patria
nella distanza dell’oblio,
a sentire l’erosione del tempo
che arrugginì le nostre ossa
senza nome.

Vieni a vivere la mia pazienza incerta
che riposa sugli strascichi
della guerra,
a evitare la morte che trascina
la mia sorte,
ad asciugare le silenziose lacrime che
soffocano le nostre anime.

Vieni a salvare l’innocenza che si perde
tra la polvere del deserto e la polvere nera,
e sperare nelle mie ore d’esilio
il compimento delle mie preghiere.

Vieni, e quando sarai tornato non smettere
di essere l’eco della mia umana voce
che reclama senza fiato la LIBERTA’

 

Alla libertà

Arriva un altro giorno
e non so più cosa fare
si avvolge nel tuo ricordo adorato Sahara
Il mio dolore con i postumi dei colpi del passato
e mi tornano in mente
i più terribili anni della guerra.
Quelli in cui mi strapparono dalle tue braccia
a forza di fosforo e napalm e
grazie al tuo amore riusciì a sopravvivere
quando tutto era contro di me
e la sorte era già segnata
Se non era il freddo, era il caldo
Se non era la fame era la sete
Se non era la febbre era il colera
Se non erano le mine erano le bombe radioattive
Se non erano le torture
erano gli scomparsi
se non era male era peggio.
Infine: lo sterminio
e tutto per colpa di un maledetto sogno espansionista
del più malvagio re
e del suo ingannevole modo di vedere il mondo
intorno a sè.
E il tuo amore,
solo il tuo amore era il rimedio
Il miracolo, che curava tutto
Che cresce sempre di più.
Oggi lo sentii più forte che mai
Mi hanno parlato le acque dei tuoi fiumi e dei tuoi mari,
grazie a loro lo sentii.
Mi hanno parlato i tuoi alberi e le tue palme
e grazie a loro lo sentii.
Allora mi dicesti adorato Sahara:
Presto!
presto ci sarà una nuova alba
e quella luce crescerà o schiarirà tutto
dopo tanti secoli di oscurità
E solo allora canteremo i canti più felici
Canteremo l’amore e l’amicizia
Canteremo gli amici e la fratellanza.
E canteremo tutti insieme:
VIVA IL SAHARA LIBERO…VIVA!

Pagina 13 di 13

 

 

Autore: Silvia M.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Vuoi smettere di fumare? Allora impara ad ascoltarti dentro

Pagina 1 di 2

Salve a voi lettori del fantastico sito Significato.Online, voglio condividere con voi una profonda esperienza vissuta negli anni dell’adolescenza. Io in passato ero molto timido, non amavo giocare con altre persone o parlarci, a meno che non fossero amici dei quali fidarsi, poiché spesso mi ritrovavo pugnalato da persone che consideravo amiche; ringrazio il fatto di non essere mai caduto per questo.

Voglio raccontarvi una potenziale esperienza che solo chi ha vissuto o sta vivendo può capire, ma questo non toglie il fatto che tutti possiate leggerla, capirla e studiarla. 

Partiamo dagli anni del liceo; il triennio, famigerato percorso scolastico durante il quale gli studenti si preparano ad affrontare la prova della vita: l’esame di maturità. Penso però che esista una bestia più potente di questa, che ti può buttare giù da un momento all’altro e ti consiglia di seguire strade senza luminosità; la dipendenza dal fumo. 

Premetto che sono stato colpito anche io da questo programma altamente manipolatore e buio, ma ho saputo affrontarlo e per questo vorrei parlarne con tutti voi per farvi capire cosa e chi ci spinge a fare queste idiozie. Ero alla fine del terzo anno di liceo, periodo primaverile, verso aprile/maggio, ormai non c’era più quella pressione assidua che gli insegnanti pongono sui ragazzi riguardo lo studio, ma c’era una cosa peggiore, le uscite coi vari gruppi di amici, il passare del tempo con i compagni di classe ed altro. 

Vi domanderete: perché dovrebbe essere così brutto uscire con gli amici? Bene ve lo dico subito; basta non averne! Ricordo che in classe avevo pochissimi amici, ma qualcosa nella testa mi diceva che sarei potuto andare oltre questa cerchia ristretta provando a partecipare di più alle conversazioni tra ragazzi, provando a fare qualcosa che non è mai bello da fare ma che tutti fanno; ecco come sono caduto nella trappola del fumo. Un giorno, uscii dalla classe per andare al bagno e trovai due compagni di classe mentre stavano consumando la loro “merenda per il cervello” e mi invitarono a provare, a fare il classico tiro che poi avrebbe portato all’ingresso del tunnel oscuro; la voglia era alta, mi sentivo potente nell’andare contro le regole e provai. Il giorno dopo decisi di andare dritto al punto, così presi un accendino ed un pacchetto da 10 sigarette. Continuai per mesi, ma si sentiva che la situazione non era adatta a me, anche perché non appena qualcuno mi chiedeva di prestargliene una, non mi facevo problemi come gli altri, e questo mi fece fare una cosa del tutto “fuori dal normale”. Alternai il periodo di fumo con il periodo di salute e feci 6 mesi di fumo ed altri 6 mesi durante i quali eliminavo tutto il catrame e la nicotina dal corpo; ma avevo ormai perso una bella fetta di salute irrecuperabile, secondo il me di quel momento. Decisi allora di provare a fare delle pause, ma mi sentivo accettato nella cerchia. Iniziarono i problemi respiratori, il cuore era percorso da improponibili fitte ogni giorno che quasi mi facevano piegare a terra, ma con testardaggine andai avanti e proseguii fino ad un certo punto, quando sentii la stanchezza fisica, la resistenza agli sforzi diminuire, problemi infiammatori alla gola, alle corde vocali ed infine alla testa! 

La mente in quel momento di relax sembrava a suo agio, ma Io no. Dentro di me sentivo voci contrastanti che dicevano “smettila ti stai facendo male! No continua perché così sarai accettato da tutti!” Non sapevo più cosa decidere fin quando una sera, intenzionato ad uscire per andare  a fare una passeggiata e giocare a Pokemon go (in quei mesi era il gioco più usato del mondo), trovai nella tasca del giubbino estivo il pacchetto di sigarette abbandonato, c’erano ancora due sigarette dentro, non avevo l’accendino né la voglia di fumare, così presi il pacchetto, lo guardai con aria di vendetta, lo accartocciai buttandogli addosso tutta la rabbia che avevo in corpo e lo lasciai cadere per terra; di colpo mi sentii privare di un macigno in testa, ero finalmente riuscito a prendere la decisione più forte della mia vita! 

Pagina 2 di 2

Da quel giorno capii che con la forza di volontà e l’intenzione chiara e fluida possiamo superare TUTTO, anche le dipendenze, come in questo caso. Ammetto che la fase adolescenziale ha moltissimi programmi manipolati al suo interno, ma nulla è impossibile e potrebbe capitare anche a voi di ritrovarvi il pacchetto di sigarette, la bottiglia di vodka o la bustina di erba in casa o nei vostri giubbini e tasche, ma solo alcuni saranno così forti da andare oltre il programma e buttare a terra ciò che stava per buttargli a terra l’intera vita; siamo Anime che stanno compiendo esperienze è vero, ma ciò non significa che autodistruggersi sia una bella cosa da fare, soprattutto se provocata con le proprie mani. 

Sono consapevole che oggi esistono metodi per evitare di sentire l’astinenza da fumo, da medicinali (perché anche questa è droga), da erba, le sigarette elettroniche e gli spray per ridurre la voglia di fumare, ma non daranno mai i benefici promessi, perché se non si agisce per conto proprio, con la propria forza, neanche il medicinale più potente del mondo potrà liberarvi da questi massi così pesanti. Dovete decidere voi cosa fare, io sono riuscito a superare la dipendenza, il famoso “tunnel senza uscita” eppure non sono chissà quale mago, sono solo un’anima che ha compreso che oltre queste dipendenze materiali, esiste qualcosa di più profondo da rispettare; la propria Vita! Vi invito a riflettere su queste parole, ma anche a decidere finalmente di buttare queste armi mortali per il corpo ed iniziare a lavorare su voi stessi nel profondo, dove risiede quell’istinto, quella voce che vi ha guidati fino a qui. Spero che la lettura sia stata fluida e semplice, mi farà piacere ascoltare le vostre opinioni a riguardo. Buon Percorso!

Kristian

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Donare vita

Pagina 1 di 2

Una delle prime cose che ho fatto una volta compiuti i diciotto anni è stato iscrivermi all’AVIS per donare il sangue. Molte persone hanno una paura assurda di fare una cosa del genere ma è solo perché non sanno come funziona e perciò hanno paura che sia doloroso o, peggio ancora, rischioso per la salute. Non è assolutamente così, ti racconto come funziona. 

L’AVIS italiana è un’associazione che raccoglie il sangue di volontari, cioè persone comuni che donano per amore di farlo, per filantropia oppure perché se fai del bene qualcuno prima o poi lo farà a te. Quando conosci altri donatori nasce immediatamente un senso di simpatia, negli occhi dell’altro riconosci il tuo stesso desiderio di fare del bene, di aiutare qualcuno che non conoscerai mai e che non ti dirà mai grazie per il tuo tempo e per il tuo sangue. Questo sentimento di riconoscenza e di appartenenza fa brillare gli occhi e gli infermieri hanno moltissimo rispetto e stima per i donatori e li trattano coi guanti. Alle donazioni c’è sempre un clima molto sereno, si scherza tantissimo e il tempo passa veloce, mentre le sacche si riempiono, pronte per dare speranza a qualcuno che ne ha bisogno. 

Per legge tra una donazione e l’altra devono passare almeno tre mesi, quindi in generale in un anno si fanno tre o quattro donazioni, non c’è un obbligo di frequenza, una persona dona quando lo desidera fare e quando è in salute, nessuno ti costringerà a fare nulla se non lo vuoi. Come ho detto prima, non si riceve un compenso economico ma si sente una grande gratitudine dentro, quella che si prova quando fai del bene a qualcuno. Ci sono però delle agevolazioni: ci sono molti controlli approfonditi sulla tua salute e le analisi del sangue vengono effettuate periodicamente e sono gratuite. 

Le prime volte potresti sentirti stanco dopo la donazione, è normale perché non sei abituato, ma nulla di più. Nelle sale delle donazioni c’è un clima allegro e cordiale, non il classico clima ospedaliero, non è una sala delle torture. A donare ci sono persone di tutte le età e molte donne e ragazze, forse perché essendo abituate col ciclo sono meno impressionate. 

Pagina 2 di 2

Ma non temere, non è una sala delle torture e nessuno si sente male o sviene né durante né dopo la donazione, infatti prima di una donazione si misura la pressione, il battito cardiaco e si controlla l’emocromo ed in base a questi parametri ed all’altezza ed al peso della persona si determina quanto sangue è possibile donare; questa operazione è fatta proprio per tutelare la salute dei donatori. Per le donne fertili ci sono dei vincoli in più, legati al ciclo mestruale.

La prima volta che mi presentai per iscrivermi tremavo come una foglia, io desideravo davvero donare perché lo considero un gesto d’amore, pensavo a chissà quante persone il mio sangue avrebbe salvato la vita, l’unica cosa che mi preoccupava era che avevo paura degli aghi. Ad essere sinceri ho ancora il terrore degli aghi! Ma non è un problema, guardo dall’altra parte. Di solito non mi accorgo di nulla perché il dolore è minimo, mi stendo sul lettino e mi rilasso, scherzo con gli infermieri ed i donatori. Io lo vedo come una pausa piacevole, in cui mi rilasso, disteso sul lettino. 

Purtroppo gli ospedali hanno bisogno di tantissimo sangue e noi italiani non ricopriamo il fabbisogno del nostro paese e perciò viene importato sangue dall’estero, in molti paesi ci sono tanti donatori perché vengono pagati, ma questo significa anche che molte persone pur di far soldi fanno carte false per donare sangue che potrebbe non rispettare tutti i parametri. 

Il sangue è un liquido prezioso, è vita! Il nostro corpo rigenera il sangue in pochissimo tempo e per noi uomini è anche salutare perché a differenza delle donne non abbiamo un ricambio continuo di sangue.  Non c’è nulla di cui temere e molte persone avranno speranza grazie a noi. 

Davide D. 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Guardare lontano significa vedere il passato

Pagina 1 di 3

Il cielo è qualcosa che da sempre, col suo fascino, attrae l’uomo di ogni epoca. Un numero infinito di persone nel corso dei secoli si è sdraiato a terra a guardare sopra di sé, facendosi mille domande. Il cielo ci appare distante, irraggiungibile, con uno scrigno di segreti impossibili da svelare. Sarà per questo motivo che in molte religioni si pensa che quando si muore si raggiunge il cielo? 

Su di esso ci sarebbe tantissimo da dire, innanzi tutto non è così silenzioso e immobile come pensavano i nostri antenati. Anche le stelle nascono, crescono, invecchiano ed infine muoiono, seppure con un ritmo diverso rispetto al nostro. Noi non possiamo percepirlo, perché la loro vita è immensamente più lunga della nostra. Una stella come il Sole ad esempio vive circa 9 miliardi di anni ed in questo momento è alla metà della sua vita. 

Le stelle sono costituite principalmente da idrogeno, l’elemento della tavola periodica più leggero e semplice, che viene utilizzato come combustibile per produrre energia, luce ed altri elementi chimici. 

Le stelle si trovano molto lontano da noi, per questo motivo non si utilizza il chilometro come unità di misura della lunghezza. Per fare un esempio, la Luna che è il corpo celeste più vicino a noi, dista ben 384’400 chilometri, mentre il Sole dista da noi 149’600’000 km. Nell’universo abbiamo spesso a che fare con numeri immensamente grandi o piccoli, al punto che è molto difficile comprenderli. 

Ci sono molte curiosità sul nostro cielo, sulle stelle e sui buchi neri, ma c’è qualcosa che stupisce chiunque: se guardiamo lontano vediamo il passato. 

Ebbene sì. Sai perché? Perché la luce non è istantanea, ma ha una sua velocità, che è molto elevata, certo, ma non più di tanto se rapportata su scala cosmica. 

Cercherò di spiegarmi nel modo più semplice possibile. 

La luce viaggia ad una velocità di circa 300mila chilometri al secondo, ovvero in un secondo lei compie 300mila chilometri, che per noi può sembrare tantissimo, tuttavia, per arrivare alla terra, dal Sole la luce ci mette 8 minuti. Perciò, noi vediamo nel cielo il sole com’era otto minuti prima. Se per assurdo il sole sparasse luce viola, noi la vedremmo arrivare dopo otto minuti.  Tutto questo perché la luce non è istantanea, ma ha una sua velocità. 

Pagina 2 di 3

Forse non ti sembrerà una gran cosa, dopotutto cosa sono 8 minuti?

La stella a noi più vicina, dopo il Sole, è Proxima Centauri che dista da noi circa 4 anni luce, cioè la luce viaggiando a 300mila chilometri al secondo ci impiegherebbe 4 anni per arrivare fino a noi… ed è la più vicina.

Quando noi vediamo quella stella nel cielo, non la vediamo com’è oggi, nel nostro anno, ma vediamo com’era 4 anni fa, perché la luce che ci arriva ora è partita 4 anni prima ed ha viaggiato per così tanto tempo nello spazio fino ad arrivare a noi.  Se oggi dovesse spegnersi, continueremo a vederla per altri quattro anni brillare nel cielo. 

La galassia più vicina a noi è la Galassia di Andromeda, che dista ben 2 milioni di anni luce da noi, perciò quella luce che oggi arriva da quelle stelle è partita 2 milioni di anni fa e nel frattempo chissà quante cose saranno cambiate!

Quando alziamo gli occhi sul cielo vediamo le stelle com’erano tanti anni fa e questo ci permette di conoscere informazioni sul passato del nostro universo, e più guardiamo in lontananza, più ci spingiamo verso il passato. 

Ti sembra strano, vero? Ti faccio qualche esempio più alla nostra portata. Supponiamo che una tua amica che è in vacanza in Francia ti mandi una cartolina con una sua foto di lei abbronzata al mare. La posta non è istantanea e potrebbe arrivarti la lettera dopo una settimana. Quando tu aprirai la busta, vedrai la foto di com’era la tua amica sette giorni prima, non com’è ora in questo momento. Lei nel frattempo potrebbe aver perso un po’ di abbronzatura, potrebbe essersi tagliata i capelli, essersi ferita accidentalmente un dito, essere ingrassata… e pertanto non sarebbe uguale a quella della foto. Per la luce è lo stesso, ci impiega del tempo per arrivare, e quando arriva nel nostro cielo ci mostra com’era quella stella quando la luce è partita. Supponiamo che ci sia una stella a due anni luce da noi, se nascesse un’altra stella accanto ad essa la sua luce ci arriverà fra 2 anni e prima di allora noi non la vedremmo, mentre quella vecchia potrebbe essersi spenta, o essersi trasformata in una stella diversa. Perciò noi guardando il cielo vediamo una stella che brilla, ma in realtà ce ne sono due. 

Pagina 3 di 3

È come guardare la foto della nostra amica dell’esempio di prima, guardandola noi ci aspettiamo che ora lei sia abbronzata come nella foto e coi capelli lunghi, mentre in realtà lei non è più così da una settimana ormai. 

Facendo un altro esempio, un tuo parente che vive in America potrebbe averti mandato una lettera che, per eventi che non dipendono da te, potrebbe esserti arrivata due anni dopo. Nella lettera lui racconta che si è innamorato di una ragazza e che vorrebbe tanto avere una famiglia. Nella realtà, lui si è già sposato e sua moglie è incinta. Se oggi ti dovesse scrivere una lettera che ti arriverà tra due anni, tu saprai solo allora che sua moglie è incinta, ma lei fra due anni avrà già partorito da un pezzo… per la luce è esattamente uguale.

Sirio dista 8600 anni luce da noi, Betelgeuse 642 anni luce… quando guardiamo il cielo abbiamo l’onore di vedere una luce vecchia di secoli, in alcuni casi antichissima, come le stelle della Galassia di Andromeda.

Questo naturalmente vale anche per loro, se ci fosse qualcuno Andromeda  che guarda verso la Terra, vedrebbe ancora i primi ominidi nelle caverne. Da Sirio vedrebbero i primi inizi di agricoltura sul Nilo, da Betelgeuse vedrebbero il medioevo mentre da una stella a 2000 anni luce da noi vedrebbero Gesù che predica alle folle.

Per questo motivo, gli scienziati si spingono a guardare sempre più lontano, per vedere l’universo com’era agli albori della sua nascita, dopo il big bang, per capire come si è evoluto il nostro universo e com’è fatto, tutto questo per capire come si evolverà nel futuro. 

Quando guardiamo nel cielo ammiriamo la luce di stelle antichissime e diamo uno sguardo al nostro passato. 

Se poi la reincarnazione esiste davvero, chissà, magari tu hai vissuto 200 anni fa in un pianeta che dista 200 anni luce da noi, e mentre tu guardi il cielo, lontanissimo da te, potrebbero esserci gli occhi della tua vita passata che guardano verso di te, specchiandosi al di là del tempo e dello spazio. 

Davide D.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Amicizie e amore, due concetti legati: l’amicizia

Pagina 1 di 3

Si vede, la concezione di amicizia e di amore è del tutto cambiata nel corso del tempo. In questo documento andrò a descriverle, mediante le mie esperienze con le amicizie nei giorni nostri.

Amore ed Amicizia sono due concetti profondamente legati, pochi si rendono effettivamente conto che in un’amicizia è inclusa una parte di amore, e prima che un amore nasca, la coppia, anche se non sempre, deve essere composta da due persone tra loro amiche. Ma perché amore e amicizia?
Semplicemente perché nell’amicizia ci vuole quella parte di amore (chiamata anche affetto) che oggi viene spesso, purtroppo, dimenticata. La definizione di amicizia secondo il vocabolario è:
Reciproco affetto, costante e operoso, tra persona e persona, nato da una scelta che tiene conto della conformità dei voleri o dei caratteri e da una prolungata consuetudine“ 

Ecco qua, le tre parole chiave dell’amicizia: “affetto”, “costante” ed “operoso” (possiamo tralasciare il resto della definizione). E cos’è l’affetto? Amore, in piccole parti ma, amore fraterno, costante ed operoso, quindi continuo e che richiede un minimo di impegno. Gli amici SONO vostri mini-fratelli, ma molti, anzi, troppi, confondono amicizia e simpatia.

Poi certo, gli amici faranno tutto ciò che ritengono opportuno fare insieme: fidarsi l’un l’altro, aiutarsi, andare in giro, trovarsi, giocare ed altro, ma se non c’è affetto, l’amicizia non è altro che simpatia.
Probabilmente risulterò monotono, ma ecco il significato della simpatia secondo il vocabolario:
Inclinazione istintiva di gradimento verso qualcuno o qualcosa.”

Ok, pensateci. Saranno pure definizioni prese dal vocabolario, ma… se penserete un attimo, le definizioni sono corrette, guardatevi dentro, ragionateci.
Voi provate continuo affetto per una persona? Bene, questa è un’amicizia, sennò è una simpatia. Molto semplice.

Questa è la prima problematica odierna: ci sono troppe, ma troppe simpatie ritenute amicizie. Spesso le persone dicono: “io sono amico di x”, pensando che ci sia il limite: “siamo amici” alla loro amicizia.

Pagina 2 di 3

Mi spiego meglio: le persone si rifugiano nella parola “amici” per dire: “bene, ora lo siamo, non c’è altro da fare, posso anche non migliorare la nostra relazione”. Se all’ “amicizia” viene posto il limite di non oltrepassare un certo limite… che amicizia è? La gente, ed io proprio non la capisco, preferisce tante simpatie a poche ma vere amicizie, costruite sempre meglio nel tempo.

L’amico è quello che ti aiuta, quello che ti incoraggia, quello che ha un qualsiasi carattere, ma dal quale prendi spunto non per semplice fratellanza, ma semplicemente per migliorarti.

Di rado nascono amicizie profonde, perché le persone, faccio un banale esempio, riempiono i loro rapporti con fantasie infantili stupide quanto infondate. Basta pensare a quante persone dicono che se appoggi la mano sulla spalla di un tuo amico, allora tu e il tuo amico siete probabilmente od automaticamente gay (?), senza però sapere che in realtà, la mano sulla spalla, è un gesto molto utilizzato per mostrare fiducia ed affetto, oppure, nel caso dei politici, sottomissione.

Io sarei del tutto onorato se una persona mi mettesse una mano sulla spalla! Altre fobie sono derivate da gesti di poco più affettuosi: abbracci amichevoli, mettere la mano sulla gamba, sulla parte posteriore del collo (chiamata anche “coppino”) ed altri (con durata massima di 7 secondi, brevi, insomma). Eppure con determinati miei amici con i quali sono più in confidenza, eseguo questi gesti tranquillamente. Sono esposto a pregiudizi (che ne so, vengo giudicato omosessuale?)? Benissimo, a me non importa, mi faccio conoscere da quelle persone, poi loro capiranno la mia eterosessualità. O meglio, dipende, perché alla fine in certi ambienti (una classe di scuola, al lavoro) si è in un certo senso favoriti alla socializzazione, perciò, ti conosceranno loro senza doverti necessariamente esporti, nel caso tu esegua “gesti compromettenti” con una persona che è con te nei luoghi precedentemente citati.

Che poi, parliamoci chiaro… quanto contano veramente questi pregiudizi detti a caso? Meno del nulla!

Il “bello” è che si viene giudicati omosessuali a casaccio, come se essere di tale sessualità fosse un crimine, invece, è solo un gusto diverso da rispettare!

Però invece, quello che nelle sue relazioni sociali è un completo attore e quindi scherza su tutto e non si riesce minimamente a capire che carattere abbia (e ne ho trovate tante di persone così), invece lui no, può anche far finta di fare l’amore con te, con risate generali, ma talvolta senza essere giudicato. Ebbene, perché, chi come me, esegue “gesti compromettenti”, pieni di affetto (non li faccio così spesso da quanto possa sembrare) e VERI, deve essere giudicato, mentre chi fa finta di fare l’amore scherzando, anche e soprattutto con persone dello stesso sesso, non viene giudicato?

E’ una domanda alla quale non trovo risposta.

Pagina 3 di 3

In ogni caso, non vi dovete sentire inferiori quando vi dicono: “ah, che sfi**to! Hai 2 amici in croce!” perché loro non comprendono il vero valore dell’amicizia, anzi, non hanno proprio capito cosa è una vera amicizia.

Benissimo, ora qualcuno, dopo aver letto questo mio articolo, si chiederà: “e tu, quanti amici hai, seguendo le definizioni che tu hai dato?”. Diciamo che non è così facile rispondere, talvolta provare affetto per numerose persone è facile, ma è ben più difficile sapere se il tuo affetto viene ricambiato. Occhio che l’affetto è solo l’ingrediente fondamentale delle amicizie, altre possono andare ben oltre l’affetto stesso, e questo è ben da tenere conto. In ogni caso, seguendo le definizioni precedentemente date, ho praticamente 3 amici ed un’altra persona che potrebbe diventarlo.

D’altronde non è così facile avere amici secondo questa definizione, ci sono troppe simpatie in questo mondo, ma non è sbagliato, è solamente una decisione collettiva, che però, dimostra come poche persone abbiano veramente la voglia di avere belle, profonde e durature relazioni, ma preferiscano quelle volatili e con pochi sentimenti, ma con tante risate.

Meno risate, più sentimenti, questo è quello che penso.

Francesco C.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Saper ricominciare

Pagina 1 di 1

Nella vita capita spesso che le cose non vadano come dovrebbero, o meglio, non vadano come si credeva dovessero andare, e ci si ritrova completamente disorientati in una nuova situazione che non si sa come affrontare. Bisogna quindi ricominciare.
Ma quante cose portano a dover ricominciare?
Analizzando questo concetto, si capisce che la vita è un continuo “ricominciare”, poiché anche i più piccoli cambiamenti, forzati o voluti, costringono le persone ad adattarsi a nuove circostanze, ed è lì che si arriva al confronto reale con se stessi. Quando arriva il momento del cambiamento si hanno due possibilità: mettersi in gioco o farsi travolgere dagli eventi. Logicamente questo dipende anche da come si arriva al cambiamento; se ad esempio il cambiamento è dato da una scelta voluta, sicuramente mettersi in gioco sarà molto più semplice, mentre se il cambiamento è dato da una scelta forzata è molto probabile che ci si farà travolgere dagli eventi. L’esperienza porta poi a capire che lasciarsi travolgere dagli eventi, senza reagire, porta lentamente all’autodistruzione.
Da qualunque punto si debba ripartire, ci si troverà a riscoprire nuove dinamiche e nuovi equilibri per arrivare al proprio benessere. Ciclicamente si iniziano sempre nuovi percorsi: si cresce, si impara, si studia, si trova lavoro, si va a vivere da soli, si lascia la propria città per fare esperienza, si incontra il proprio compagno, si mette su famiglia, si crescono i figli, si invecchia… Un susseguirsi di eventi che sembrano imprescindibili. Eppure, spesso le cose non vanno come di consueto. Per colpa della crisi economica si può perdere il lavoro, un problema personale può portare a dover tornare a casa dei genitori nonostante si viva da soli, una malattia può cambiare radicalmente il proprio stile di vita. Improvvisamente ci si ritrova in una situazione che non si era preventivata. Si potrebbe cadere in preda alla disperazione, ma questo non porterebbe ad alcun miglioramento. Da ogni batosta bisognerà cogliere l’insegnamento che la nuova situazione ha da offrire. Se dopo aver perso il lavoro non si ritenta nella ricerca di una nuova occupazione, probabilmente si cadrà in depressione perdendo la possibilità di trovare un impiego, che potrebbe portare al proprio benessere e alla propria realizzazione; se un motivo importante porta a dover tornare a vivere a casa dei propri genitori nonostante si viva da soli o in un’altra città, una volta rientrati si rimpiangerà solo la propria indipendenza, e senza fare nulla per ritrovarla, probabilmente si vivrà scontenti in un conflitto continuo con i propri familiari e con se stessi, senza cogliere tante occasioni positive perché troppo incentrati a piangersi addosso; se una malattia arriva a stravolgere la propria vita, ci si può rassegnare attendendo la morte, oppure si può imparare a vivere una nuova normalità con una nuova consapevolezza. Saper ricominciare ogni giorno la propria vita, lasciando andare ciò che è passato, ricordando però le lezioni che solo certi cambiamenti possono portare, è il primo passo da fare verso la felicità. Bisogna sempre saper ricominciare!

Chiara S.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Cosa tiene viva la tua speranza?

Pagina 1 di 1

Mi è capitata in mano una vecchia immagine, una vecchia immagine che avevo visto grazie ad un’amica.
Questa diceva: “Ciao, mi chiamo Speranza. Pensi di avermi persa? No, non farlo! Guarda l’amore che hai
dato, le cose che hai creato, gli amici che ti sono accanto.. Poi guarda un po’ più giù, nel tuo cuore.. Abbi
solo fiducia in te stessa e mi ritroverai”. Ed è proprio di questo che vorrei parlarvi oggi, di Speranza. Spesso
alcuni avvenimenti ci faranno perdere la fiducia, alcune situazioni ci vorranno buttare a terra. Ogni tanto
lungo la nostra strada troveremo alcuni ostacoli, incontreremo persone a cui doneremo la nostra completa
fiducia e resteremo scottati. Resteremo delusi, dalla vita, dall’essere umano. E allora, cosa farà rinascere in
noi quel bellissimo senso di Speranza? Nel mio caso ho sempre ritrovato la serenità nelle cose più semplici.
Mi bastava guardare il cielo, osservare la natura. Sentire il vento che si portava via ogni problema. La mia
Speranza rinasceva ogni qual volta andassi nel profondo di me stessa. Se mi fermavo, se mi allontanavo da
tutto e da tutti, rimanevo sola. E cercavo di capire chi fossi io, perché fossi qui, quale fosse il mio compito in
questa vita. E in quei momenti mi sentivo viva come non mai. Tutto il resto si annullava, le delusioni
svanivano lontane. Le sofferenze diventavano invisibili. Mi sentivo legata a qualcosa di superiore, come se
fossi stata in contatto con Dio. Tutt’ora è così. Adesso è ancora più facile ritrovare la serenità e per questo
devo ringraziare una persona in particolare, Angel, la fondatrice di Accademia di Coscienza Dimensionale.
Una persona davvero buona e sicuramente unica, che dedica il suo tempo e la sua vita ad aiutare chi lo
desidera, a ritrovare se stesso. Proprio in questo momento, in questo periodo, ci sono stati alcuni eventi
esterni che avrebbero potuto minacciare la mia stabilità e quella della mia famiglia. Ma le cose sono andate
diversamente, grazie alla meditazione e alle tecniche che la stessa Angel ci ha insegnato. Oltre al sostegno
di alcune persone speciali. E voi invece? Come fate a tenere viva la vostra Speranza? Rispondete a questa
domanda e tenetevi nel cuore la risposta. Che sia grazie alla vostra famiglia, al vostro compagno, alle vostre
passioni, alla bellezza della natura, al vostro percorso spirituale, alla vostra religione o qualsiasi altra cosa,
ricordatevene! Ricordatevi di ciò che vi fa alzare al mattino con il sorriso. Guardatevi attorno e amate,
amate l’uomo. Percepite quanta vita c’è ovunque, anche in un piccolo movimento. Osservate e continuate
a nutrire la Speranza dentro voi stessi. Fregatevene se ci sarà qualcuno che vi farà soffrire, fregatevene di
chi o cosa vorrà farvi del male. Continuate ad amare, a portare Speranza ovunque. Perché ne avete
bisogno, perché ognuno di noi ne ha bisogno.

Sonia C.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Network marketing: il lavoro del futuro

Pagina 1 di 2

Quello di cui vi voglio parlare oggi è un argomento molto sottovalutato, ma riguarda il futuro.

Siamo stati abituati per anni ad una visione della vita piatta e monotona: viviamo per lavorare.

La nostra vita sta diminuendo per dare sempre più spazio ad ore occupate da un impiego. Con questo non voglio disprezzare l’utilità concreta e morale di un lavoro, ma se questo deve toglierci il tempo e la possibilità di vivere, allora c’è qualcosa da rivedere.

Quello di cui voglio parlarvi oggi è il lavoro del nuovo millennio e delle future generazioni, che sta già prendendo posto in questi anni in tutto il mondo e permette finalmente la totale gestione del nostro tempo.

Si tratta nel network marketing.

Ora possono sorgere dubbi o perplessità, magari ne avete già sentito parlare e avete associato ad esso l’immagine tipica sbagliata che sta andando di moda.

Network marketing significa “lavoro di rete”: non é altro che una rete di distribuzione fra persone e prodotti, che permette di abbattere numerosi costi che gravano su un prodotto una volta uscito dalla fabbrica.

Facciamo un esempio, pensate a capi d’abbigliamento firmati: cosa incide maggiormente sul prezzo? Il marchio! Se non ci fosse quello, il maglioncino (per esempio) costerebbe molto meno.

C’è da considerare che una volta uscito dalla fabbrica il maglioncino subisce costi di trasporto, passa per un grossista, un rappresentante, un negoziante ecc. e tutti loro non prestano il loro lavoro gratis! È per questo che nascono diverse professioni che mettono in contatto direttamente il prodotto col cliente, andando ad eliminare fattori come il marchio ed offrendo prodotti di alta qualità a basso prezzo.

Ora magari qualcuno potrà pensare:

“Ho capito di cosa si tratta! È quella cosa piramidale!”

Bene, iniziamo a sfatare alcune dicerie.

Esistono diversissimi tipi di network, alcuni prendono anche altri nomi per via del loro sistema. Ne esistono di belli, funzionanti e ahimè ammetto che ce ne sono altri che funzionano meno. Ma d’altronde si parla di questo anche nei soliti lavori, no?

Questo nuovo mercato lavorativo permette a tante persone di cambiare la propria vita, perché dà la possibilità di conoscere nuove persone, avere la totale gestione del proprio tempo, e con l’impegno, avere grosse retribuzioni.

Ripeto, ci sono network e network, io vi parlo della mia esperienza.

“Ma va’… trovati un lavoro serio!”

Vi posso garantire che è in tutto per tutto una professione, c’è chi vive soltanto di questo. Ovviamente i risultati si ottengono solo impegnandosi (come in qualsiasi cosa mi pare!) e chi non ha raggiunto questi ultimi si permette di spargere la voce che sono “cose che non funzionano”. Inoltre è un sistema tutelato dalla legge italiana n. 173 del 2005 quindi parliamo di cose legali!

Pagina 2 di 2

Soprattutto si basa su un sistema meritocratico: chi lavora, ha risultati. Chi non lavora, purtroppo non può conoscere tutti i vantaggi che porta questo lavoro.

Su cosa si basa questo lavoro? Consigli!

Ci capita di consigliare tutti i giorni qualcosa a qualcuno: dove andare a mangiare la sera, un cellulare, una macchina… peró in questo caso nessuno vi retribuisce per questo, nonostante siate stati VOI a vendere il prodotto! Siete stati consigliatori passivi.

Con lo stesso principio potreste essere consigliatori attivi, percependo un guadagno!

Inoltre parecchi network offrono (chi più chi meno) diversi piani di guadagno, cosa che un classico lavoro non permette, concedendoti un solo stipendio.

Come già ribadito, serve impegno per vedere i risultati e soprattutto tanta forza di volontà, perché molte persone potrebbero non avere fiducia in ciò che fate.

Purtroppo la realtà è che siamo stati abituati ad un concetto sbagliato di lavoro, ma i tempi cambiano e in tutto questo non verrete mai lasciati soli poiché il “lavoro di rete” comprende anche noi stessi distributori: ci si aiuta come fossimo in una famiglia e credo che questo sia un aspetto davvero importante. Il gruppo fa la forza.

Magari non sará il lavoro della vostra vita, ma vi assicuro che é un ottimo metodo per realizzare i vostri sogni.

Quindi cosa vi costa provare?

Tiziana M.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Voci nella testa, concediti il silenzio

Pagina 1 di 2

Era notte. Stavo leggendo, come fai tu che leggi e rileggi queste parole. Non mi importa granché della grammatica; Voglio solo chiarire alcuni eventi. Dicevo.. una notte stavo leggendo e ho avuto una piccola, banale intuizione. Mentre leggevo, è capitato per caso di ascoltare la voce del mio pensiero. Qualcuno riderà di questo. È normale. Fatto sta che anche mentre scrivo, ora, sento quella vocina nella testa. Non penso di essere il solo. Per intenderci, (premetto che ho la bocca chiusa e quando parlo di voce non intendo quella con la quale chiamate il cane) provate a urlare il vostro nome nella testa o una parolaccia, o semplicemente ascoltate il narratore che legge queste parole. Fatelo adesso! Sentite la vostra voce. La mia si assomiglia a quella “reale” o esterna, a quella che sentireste se vi parlo; con meno accento però. Può fare i versi di qualsiasi animale (pensate all’abbaio di un cane per esempio), può recitare con la voce di qualsiasi cosa, animale o persona io abbia mai visto. Mi può narrare, anche con aiuto di immagini, quello che è successo ieri a cena. Possiamo sentire il rumore del mare, di una moto, il nitrito di un cavallo, la voce di un cantante, la voce di un bambino. Sentite? Riuscite a sentire? Urlate dentro la vostra testa parole significative “Ciao! Ciaooo! CIAOOOOO! Sono il più furbo del mondooo! Amo gli animali!”. Ciò che più vi fa sentire bene, insomma. Ora arriva il bello. Dicevo dunque che ero ben preso dall’ascoltare questa vocina quando ad un certo punto mi sono detto “ma se lui parla, o lei o neutro che sia, chi diamine è che ascolta? Come faccio a sentire questa voce nella mia testa? È la coscienza dicono alcuni. La coscienza direbbe mai volgarità? Leggerebbe per me? Ero molto confuso, ma mi decisi. Presi coraggio, c’erano due elementi dentro la mia testa: uno esuberante, chiacchierone, insistente, faccio tutto io, guido tutto io e potete sentirlo anche adesso che leggete prepotente. L’altro silenzioso, osservatore, quieto, quasi lasciasse sfogare il fratello giocherellone. La cosa mi lasciò spiazzato. Uno era “me” l’altro era “me stesso”. Volevo approfondire la cosa, così iniziai ad ascoltare prima quello che parlava, poi provai a farlo tacere. Era un’impresa. Difficilissimo! Riprendeva a parlare senza il mio comando, mi faceva divagare, con la sua voce mi portava lontano. Spesso nel passato. Molte volte nel futuro. Lo feci tacere. Silenzio.. mi resi conto che ero sul mio letto con un libro in mano, era notte, la mia stanza aveva una luce soffusa, un odore, vari suoni salivano dal piano di sotto. Ero a casa eppure non sapevo dove fossi fino ad un attimo prima. E la voce riprese: “non sapevo dove fossi.. cavolo..”. Chissà che fate voi ora mentre leggete queste parole. Qualcuno sarà a casa su un letto o su un divano, qualcuno su un pullman o su un treno, qualcun’altro a scuola o a lavoro. A causa di questa voce assordante non vediamo. Attraversiamo la strada e pensiamo alla lezione o all’appuntamento futuro. Mangiamo e pensiamo a litigi di classi politiche, a mille cose. Analizzate questo testo. Rileggetelo se vi dà piacere. Per un attimo però.. io vi invito.. come un brindisi, tra due vecchi amici. Regalate al vostro io, quello silenzioso, un piccolo momento di silenzio. In modo che anche lui possa leggere queste parole. Nel modo più segreto e vivo che esiste. Senza giudizi, senza confusione.

Pagina 2 di 2

Vi saluto ora! In questo lucido istante eterno.. Ovunque voi siate! Vi saluto e vi dono un’altra splendida, banale, notizia.. siamo vivi! Siamo vivi.. io e tu che leggi! Tutto ciò che ci pervade e ci circonda. Se non mi credi, senti da te! Serve solo un attimo di silenzio, per poter ascoltare.

Rob Greenleaf

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Viaggiare spendendo meno? – Qualche accortezza!

Pagina 1 di 2

Oggi vorrei parlarvi di ciò che faccio io e delle accortezze che prendo quando ho in programma dei viaggi da compiere. Viaggiare non è sempre facile poiché, come tutti sappiamo, uno spostamento richiede sempre una cifra di denaro da impegnare più o meno alta. L’importante per potersi muovere in modo non eccessivamente dispendioso secondo me, è assolutamente l’organizzazione ed anche la flessibilità. Parlando di “organizzazione e flessibilità” intendo trattare diversi punti al riguardo:

1) Una cosa che faccio spesso quando so di avere la possibilità di spostarmi per qualche giorno, è fare un giro nei siti che solitamente uso per le prenotazioni, facendomi così un’idea dei prezzi che essi offrono. Dare un’occhiata generale sui siti è utile sia per vedere le differenze di prezzo tra i diversi mezzi e compagnie ed inoltre, mi è davvero utilissimo anche quando desidero semplicemente staccare dalla routine e fare un viaggio senza avere in mente una meta precisa. Se anche voi avete intenzione di spostarvi ma non avete un’idea precisa su dove andare, vi consiglio di fare un giro nei siti di compagnie low-cost, molto spesso è possibile infatti trovare voli a 10/15€ a tratta anche per andare all’estero (Londra, Sofia ecc.). Esistono poi dei siti appositi dove ti mostrano le diverse opzioni e prezzi (come ad esempio GoEuro).

2) Quando si ha intenzione di compiere un viaggio, che sia di piacere o di lavoro, secondo me l’importante è non rimandare per troppo tempo la possibilità di prenotazione dei mezzi e alloggio. Avendo avuto il modo di spostarmi abbastanza di frequente, ho potuto notare che più si aspetta nella prenotazione di un mezzo, e più c’è il rischio di trovare il prezzo molto più alto rispetto al solito, specialmente se si tratta di prenotare un volo aereo. Si può notare infatti, che i prezzi dei voli cambiano abbastanza velocemente, per questo è meglio non far passare troppo tempo. Ho notato poi che ci sono giorni della settimana dove tendono solitamente ad alzare il costo, come ad esempio nel fine settimana e ad orari dove solitamente le persone (potete leggere ulteriori informazioni al riguardo secondo alcune statistiche presenti sul web) tendono a stare di più sui siti di prenotazioni.

3) Una cosa che mi torna sempre molto utile nel tempo, è il creare un account su vari siti di prenotazione; questo mi permette di accedere in modo più semplice alle offerte e sconti che vengono fatti, poiché si riceve in anteprima una mail con codici sconto, parlando in particolare del sito ITALO. Consiglio di tenerlo d’occhio, in quanto fa molto spesso offerte del 40/50%, in particolare nel fine settimana. In genere il sito Italo rende disponibile il venerdì sulla home un codice sconto da poter inserire nella propria prenotazione, tenendo la sua validità sino al lunedì mattina. In poche parole, dateci un’occhiata di venerdì o sabato, sicuramente troverete qualche promozione. Consiglio inoltre di iscriversi al sito Booking e prenotare tramite esso, io personalmente mi ci trovo particolarmente bene e non ho mai avuto problemi. Booking inoltre, se ti iscrivi e raggiungi un certo numero di prenotazioni, ti considera come “Cliente Genius” e ti concede uno sconto del 10% su alcune strutture selezionate da loro, nelle varie città. Direi che può far sempre comodo uno sconticino!

Pagina 2 di 2

4) Se vi spostate in più persone, vi consiglio di prendere in considerazione un appartamento o comunque un monolocale, in quanto solitamente rispetto alle normali stanze degli Hotel e B&B, presentano dei prezzi nettamente inferiori, andando infatti a dividere il totale per tutti, si può spesso ottenere un prezzo sicuramente più vantaggioso! Qui entra in gioco un altro sito che potreste utilizzare per trovare una stanza, ovvero AirBnb. Qui potrete trovare persone che mettono a disposizione stanze o direttamente appartamenti per un soggiorno; vi consiglio di prenderlo in considerazione sopratutto se su Booking non avete trovato niente che vi soddisfi, poiché su AirBnb in generale è possibile trovare prezzi un pò più bassi. Consiglio comunque di leggere sempre le recensioni e controllare bene le foto delle stanze che vi interessano per evitare brutte sorprese!

5) Prendete in considerazione anche gli spostamenti con i pullman; ci sono molti siti che offrono viaggi in pullman a prezzi abbordabili anche se un pò più lunghi rispetto ad un treno. Potrebbe essere un buon compromesso se non si è riusciti a prenotare con altri mezzi. Flixbus è sicuramente tra quelli meno costosi, inoltre cercando su Internet, è possibile trovare qualche coupon di sconto!

6) Recentemente ho avuto modo di trovare delle app per il cellulare le quali offrono dei pacchetti “viaggio+hotel” particolarmente vantaggiosi. Vi consiglio di fare qualche ricerca!

Queste sono le accortezze che solitamente prendo io quando ho modo di spostarmi, spero di avervi dato qualche spunto e qualche idea! 🙂

Arya

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Non permettere a nessuno di cambiarti, sii te stesso!

Pagina 1 di 1

A chi non è mai capitato di sentirsi sbagliato? Sentirsi schiacciato dall’ambiente
circostante, che sia scolastico o lavorativo, sentire di avere migliaia di difetti e non poter
vivere in una società basata su stereotipi in cui si viene giudicati senza motivo. Beh, a me
è capitato, e parecchie volte. Purtroppo le situazioni più spiacevoli hanno inizio a partire
dalla scuola, un ambiente che dovrebbe apparire tranquillo e sereno, che dovrebbe essere
una seconda casa e che invece rappresenta (per determinate persone) tutt’altro.
Fortunatamente gli anni passati all’asilo e alle elementari sono stati relativamente
tranquilli; i problemi si sono manifestati a partire dalle scuole medie. Sono sempre stata
molto timida e introversa, ho sempre faticato a fare amicizia, perché alle persone piace
etichettare. Se sei timido allora sei sfigato e nessuno vuole farsi vedere con una persona
sfigata in questo mondo, la loro popolarità potrebbe risentirne (perché tutti sanno che a 12
anni essere popolari è una questione di vitale importanza); e il fatto che all’inizio fossi
esclusa da tutti mi faceva sentire impotente, vuota dentro, e così ho iniziato a cambiare
me stessa, ad omologarmi per rendermi più “adeguata”; agli stereotipi, agli standard
imposti dalla società in modo tale da ricercare la felicità al di fuori di me. Ho iniziato ad
uscire con i gruppi delle persone “fighe”, ho iniziato a vestirmi meglio, e da brava e ipocrita
vigliacca ho iniziato ad escludere, ad allontanarmi dalle persone come me, dalle persone
timide e introverse, stringendo amicizie che credevo fossero vere e che ho portato avanti
fino a qualche mese fa. Penso sia inutile dire che gran parte delle amicizie finirono ancor
prima di raggiungere le superiori, come è inutile dire che all’inizio fu difficilissimo per me
abituarmi a quell’ambiente nuovo, ancora più carico di stereotipi e giudizi negativi. Così,
seguendo l’istinto di sopravvivenza, mi sono adattata anche a quell'ambiente, provando ad
avvicinarmi il più possibile alle persone che ormai mi avevano etichettata come la timida
studiosa un po’ sfigata. Nel corso dei cinque anni del liceo non sono mancati gli insulti che
(contro ogni aspettativa) sono arrivati nel corso degli ultimi due anni, quando le persone
dovrebbero essere ormai mature e quindi non ci si aspetterebbero critiche riguardanti
l’aspetto fisico o il carattere; tuttavia mentirei, se dicessi che nel corso dei cinque anni io
non abbia incontrato persone positive, che mi hanno aiutata e sostenuta e con le quali ho
stretto un legame molto forte, persone che mi accettano per come sono e che io accetto
per come sono. La batosta più forte però l’ho ricevuta solo qualche mese fa, ed è quella
che mi ha colpita più profondamente di tutte le cretinate successe in precedenza. Nel
corso delle medie avevo stretto una sola amicizia che ritenevo importante, a cui ho
dedicato “corpo e anima” sottomettendomi e comportandomi anche come una serva pur
di mantenerla, credendo ingenuamente e innocentemente che fosse un rapporto del tutto
sincero, vero. Fortunatamente negli ultimi mesi, grazie anche alle amicizie che mi
supportano, sono riuscita a troncare quel rapporto che portava solo negatività nella mia
vita, un rapporto basato, non su uno scambio reciproco, ma sullo sfruttamento,
liberandomi finalmente di un grandissimo peso, sentendomi più leggera, iniziando
finalmente ad accettarmi per come sono, arrivando all’università con mille ansie, ma con
un’unica certezza: non cambierò ciò che sono per rientrare negli standard altrui.
Quello che vorrei arrivare a dire con queste parole e con questi tanti “piccoli” esempi è che
chiunque voi siate, qualunque sia il vostro carattere, qualunque sia il vostro sogno o il
vostro obbiettivo, non nascondetelo, e soprattutto non cambiatelo per sottostare alle
regole e agli stereotipi altrui, non sentitevi incompleti solo perché vi manca qualcosa
all’esterno, perché vi assicuro che non ne avete bisogno, voi non avete bisogno di nulla,
voi siete tutto e siete perfetti così come siete. Penso che il modo migliore per concludere
questo “articolo” sia quello di citare George R. R. Martin, che, in una frase, riassume tutto
ciò che, con tante parole, magari non sono riuscita a dire. “Mai dimenticare chi sei, perché
di certo il mondo non lo dimenticherà. Trasforma chi sei nella tua forza, così non potrà mai
essere la tua debolezza. Fanne un’armatura, e non potrà mai essere usata contro di te”.

Nissa

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

Società Moderna: Internet e la produttività

Pagina 1 di 4

Si sospetta che l’inabilità di alcune persone a concentrarsi o la mancanza di volontà sia causata da internet e dal flusso continuo di informazioni a cui hanno accesso. Nel TEDx Talk di Gary Wilson[1], lui spiega che diversi studi sulla dipendenza da Internet e i suoi svantaggi continuano a saltare fuori dal 2009. Gary dice: “Finora, tutte le ricerche sul cervello puntano in una sola direzione: novità costante ad un click può causare dipendenza”.Un giorno stavo cercando la pillola magica o il trucco che potesse migliorare la mia produttività, non sapendo che il numero di volte che aprivo Internet influenzasse la mia produttività in modo più rilevante del tempo che ci perdevo sopra. E non mi sorprese che questa capacità di indurre dipendenza è disegnata in molte app. Nir Eyal spiega nel suo libro “Hooked”[2] come siti, app, social network ecc. devono essere disegnati in modo da creare dipendenza nell’utente sennò l’azienda non potrebbe avere un vantaggio competitivo. Questa tecnica per attirare gli utenti si chiama “The hook”. In questo video sommario del libro[3] narrato da Nir Eyal, è spiegato che il “hook” è “Un’esperienza disegnata per connettere il problema dell’utente alla soluzione dell’azienda, con abbastanza frequenza da creare un’abitudine. Il “hook” si divide in 4 parti – un trigger (innesco), un’azione, una ricompensa e un investimento. Tutti gli “hook” iniziano con un trigger esterno, come “Clicca qui” o “Scorri a destra”, oppure un trigger interno. Il trigger interno è fondamentale per l’utente nel creare un’abitudine nell’usare il prodotto dell’azienda. I trigger interni sono quelli che ci dicono cosa fare dopo, non essendo l’informazione contenuta nel trigger, ma formata tramite un’associazione o una memoria nel cervello dell’utente. Quindi, sono le cose che facciamo quando siamo in un preciso posto, situazione, intorno a persone particolari, in una routine e molto frequentemente quando proviamo certe emozioni, a dettare cosa faremo dopo. Le azioni che facciamo con poco o senza un pensiero conscio. A quanto pare i più frequenti trigger interni sono queste emozioni, però, non qualunque tipo di emozione, ma specificamente emozioni negative. La cosa che facciamo quando siamo annoiati, soli, persi, spaventati, incerti o confusi impone la tecnologia che useremo dopo con poco, o senza un pensiero conscio”.

Pagina 2 di 4

Come ho scritto prima ho vissuto questa cosa perché qualsiasi cosa stessi per fare, appena mi sentivo un po’ annoiato o altro, accendevo lo smartphone e scrivevo “facebook.com”. Le azioni sono influenzate dai trigger, ma cosa costituisce un’azione? Lo scienziato comportamentale BJ Fogg[4] descrive un’azione come “il più semplice comportamento in vista di una ricompensa” che nel mio caso era un click su Facebook, ma poteva essere anche uno scorrimento su Twitter o qualsiasi altro social network. In pratica è un processo piuttosto semplice: un trigger [sono annoiato] insorge, quindi eseguo una semplice azione [apro facebook] in anticipazione di una ricompensa [un’immagine o video divertente]. Quando parliamo di comportamento umano, molti di noi sospettano che la dopamina neurochimica influenzi le nostre azioni. Questo per la maggior parte è corretto. Tuttavia, la dopamina, è spesso fraintesa come il neurochimico che ci fa sentire bene perché abbiamo fatto qualcosa. In realtà, come spiega Robert Sapolsky[5] in questo estratto[6], “la dopamina viene rilasciata dal cervello in anticipazione di una ricompensa anziché in risposta alla ricompensa stessa”. Non solo il suo livello si alza in anticipazione di una ricompensa, ma raggiunge il picco quando siamo incerti se avremo o no la ricompensa. Dr. Sapolsky parla di un esperimento in cui c’erano delle scimmie che tiravano una leva in anticipazione di una ricompensa. Quando la situazione cambiò da ‘avrai una ricompensa dopo tre tiri’ a ‘magari avrai una ricompensa dopo un po’ di tiri’ potevano vedere un picco altissimo nel livello di dopamina. Come dice lui, “è uno dei più grandi aumenti di dopamina nel cervello, a parte la cocaina”. Questo è molto importante, perché significa che il contenuto che ci offre l’azienda non deve essere neanche buono per far in modo che tu continui a tornare. Deve essere disegnato in una maniera che continui ad anticiparci e a farci cercare ricompense. Per esempio, diamo un’occhiata al feed di Facebook. E’ interessante la foto di quella ragazza carina che conoscevi, che posa da qualche parte? E che ne dici della foto del pranzo di qualcuno che verrà dopo? Nessuna di queste cose ti interessano probabilmente, però il nuovo articolo che ha scritto il tuo amico potrebbe interessarti. Il feed si prende vantaggio di quel picco di dopamina che sperimentiamo grazie all’anticipazione di una possibile ricompensa, quindi continuiamo a scorrere e scorrere, entusiasti della possibilità che vedremo qualcosa di interessante sotto i nostri occhi.

Pagina 3 di 4

La parola dipendenza è spesso buttata lì a casaccio in contesti come “Mamma mia, questa cosa crea dipendenza!” tutte le volte. Tuttavia, sentire qualcuno dire “devo fare una terapia per la mia dipendenza” ha una sfumatura del tutto diversa. Usando la parola dipendenza in quel modo ci suggerisce che la dipendenza sta colpendo la loro vita e questo deve essere sistemato. Perché le persone usano le droghe anche se sanno le ripercussioni sociali e legali che avrà il loro utilizzo, lo riassumiamo spesso nel fatto che non sono soddisfatti delle loro vite. Può darsi anche che non siano soddisfatti del loro anno corrente, del mese o del momento che vivono. Le persone seguono il successo nel lavoro, nella salute o nelle relazioni per la maggior parte perché anticipano una ricompensa – spesso una bella emozione che viene con una realizzazione. “Ma perché lavorare per questi tipi di realizzazioni per tanto tempo, quando puoi investire due secondi del tuo tempo a sniffare cocaina o prendere una pillola? Oppure scorrere alcuni profili su tinder.com per sentirti eccitato quando vedi una bella donna, invece che investire il tuo tempo in una vera relazione. Quando vedi tutto da questo punto di vista, l’idea non solo di sostanze, ma anche di comportamenti che creano dipendenza, diventa più plausibile. Come facciamo a notare che internet ci sta influenzando? David Foster Wallace dice una battuta all’inizio del suo discorso per una classe del Kenyon College nel 2005: << “Ci sono due pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: “Salve, ragazzi. Com’è l’acqua?” I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa “Che cavolo è l’acqua?” >>. Gary Wilson menziona la stessa situazione dei pesci nel suo talk show[vedi 1] per dire quanto è difficile per consumatori pesanti di internet realizzare come internet li influenza. Lui spiega come l’unico sintomo che fa comprendere a maschi amanti di porno online, che la cosa ha un effetto su di loro, è la disfunzione erettile. Giovani ragazzi vengono diagnosticati e curati per ADHD, disturbo di ansia sociale e depressione, a causa di sintomi come poco interesse in attività giornaliere, abilità ridotta a concentrarsi e forza di volontà indebolita. Loro vanno da psicologi e psichiatri per trattare questi sintomi, però non capiscono che possono essere alleviati semplicemente cambiando il loro comportamento. Uno studio in Cina[7] mostra come persone dipendenti da Internet, hanno l’abilità di controllo sulla loro funzione esecutiva alterata. Le funzioni esecutive sono “una serie di processi cognitivi – che includono il controllo dell’attenzione, controllo inibitorio, memoria di lavoro e flessibilità cognitiva, così come ragionare, risolvere problemi e pianificazione – che sono necessari per il controllo cognitivo del comportamento: selezionare e monitorare con successo comportamenti che facilitano il conseguimento degli obiettivi scelti.” Se hai abbastanza forza di volontà da smettere subito di scorrere e cliccare su internet allora sei a posto. Ma per molte persone, non è semplice uscire da un’abitudine. L’idea non è quella di smettere completamente di usare queste piattaforme di internet, ma di tirarti fuori da questo ‘hook’ inerente al loro disegno. Non c’è niente di male nel prendere una pausa di dieci minuti dal lavoro che devi fare e qualcosa che ti piace fare. Quando stai inconsciamente spendendo più tempo di quanto intendi, allora lì c’è un problema.

Pagina 4 di 4

Come uscire dal hook

La buona notizia è che, capire come il tuo cervello viene manipolato da questo ‘hook’ è stato il primo passo nell’evitarlo. Nel suo TEDMED talk[8], Judson Brewer descrive una tecnica di due fasi che diversi fumatori hanno usato per eliminare con successo la loro abitudine di fumare. L’idea per i partecipanti è solo essere consapevoli di fumare. Che sarebbe – essere consapevoli e veramente pensare come è l’esperienza di fumare – sentire il calore della sigaretta quando ti fai il tiro, di annusare il fumo e sentire il gusto del tabacco.   Un soggetto usò il metodo e velocemente si rese conto che fumare puzza e ha un gusto schifoso. Iniziò ad essere deluso del suo comportamento. L’altra fase della tecnica consisteva nell’essere consapevoli di come si sentivano quando il desiderio di fumare emergeva. Quando desideravano una sigaretta si accorgevano che il loro corpo era sotto tensione, qualche volta il loro cuore cominciava a battere un po’ più velocemente, e si accorgevano che si stavano agitando sulla sedia. Solamente essendo consapevoli di questi aspetti, i soggetti furono in grado di uscire dal loro desiderio ardente e realizzare che cosa fosse veramente facendolo scivolare via. La prossima volta, quando senti l’impulso di vedere Facebook o altri social network, prenditi un momento e pensa perché lo stai facendo. Magari avevi fame e la tua concentrazione è calata. Poi, pensa all’esperienza di Facebook fine a se stessa. Scorrere su quel feed per più di cinque minuti, ti sta veramente coinvolgendo in modo soddisfacente? Sei veramente felice che sei lì da dieci minuti e stai ancora spendendo il tuo tempo su quel feed sperando di vedere un bel post? Ci vorrà un po’ di tempo e pratica, ma imparerai presto ad accorgertene e a ravvederti.

Jaskaran Singh

 

Link

[1]https://singjupost.com/gary-wilson-discusses-great-porn-experiment-transcript/

[2]http://www.nirandfar.com/hooked

[3]https://www.youtube.com/watch?v=hVDN2mjJpb8

[4]http://www.bjfogg.com/

[5]https://en.wikipedia.org/wiki/Robert_Sapolsky

[6]https://www.youtube.com/watch?v=ZIRZu1dRp8Q

[7]http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0304394011006616

[8]https://amara.org/en/videos/OODWKsx0U4Qk/en/1222186/

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

L’elettricità, questa sconosciuta

Pagina 1 di 3

Questo articolo vuole essere una piccola esemplificazione di concetti complessi riguardanti la
corrente elettrica.
Spesso le persone sono molto confuse sull’argomento, e non sanno confrontarsi con i termini tecnici
che sentiamo nominare tutti i giorni: corrente, tensione, potenza.
Quello che le persone spesso ignorano completamente, è che il moto microscopico della corrente
elettrica (o meglio, delle cariche elettriche che la compongono) assume contorni più comprensibili
ai più se la si paragona a un fenomeno visibile a occhio nudo: lo scorrere dell’acqua.
I due moti, quello dell’acqua e quello della corrente, hanno moltissimo in comune. Ma andiamo con
ordine e incominciamo con un paio di definizioni utili, e paragoneremo queste definizioni all’acqua
affinché la cosa sia più comprensiva per tutti, omettendo per ragioni di fluidità del documento le
relative formule matematiche e la loro dimostrazione:
Iniziamo con una curiosità: la parola elettricità deriva dal greco elektron, che significa ambra. Già
in antica Grecia sapevano che strofinando dell’ambra con un panno di lana l’ambra aveva la
capacità di attrarre a se corpuscoli più leggeri come la polvere. Questo accadeva per l’accumulo di
cariche elettriche positive dovuto allo sfregamento sull’ambra, ma ci vollero secoli affinché
qualcuno interpretasse correttamente questo fenomeno fisico e gettasse le basi della moderna
Elettrotecnica.
Si definisce “corrente elettrica” la quantità di cariche elettriche (elettroni) che attraversano una
determinata superficie nell’unità di tempo (il secondo). In pratica la corrente non è altro che la
quantità di acqua che attraversa un tubo in un tempo definito: 20 litri d’acqua al secondo in un tubo
di 20 centimetri di diametro potrebbero essere idealmente paragonati a 10 Ampere (l’unità di misura
della corrente) che passano in un conduttore di rame di 2,5 millimetri quadri. Quando si mette in
relazione la corrente con il tempo per il quale quella corrente è stata consumata per svolgere un
lavoro, come ad esempio accendere una lampadina, si parla di Ampere/ora.
A questo punto, può sorgere spontanea una domanda: cosa fa muovere esattamente la corrente? La
risposta è la differenza di potenziale elettrico, anche definita tensione elettrica. Immaginiamo un
fiume: esso nasce da un ghiacciaio posto a un’altezza considerevole in alta montagna, e l’acqua che
lo compone scorre verso le pianure per semplice forza di gravità, seguendo le vie di minore
resistenza. La differenza di potenziale si può paragonare alla differenza di altezza tra la montagna
dove c’è il ghiacciaio e il mare. Solo che con la corrente, anziché esprimere questa ideale differenza
di altezza in metri, la definiremo in Volt, che è l’unità di misura della tensione. La corrente
idealmente si muove dal punto con il potenziale maggiore al punto con il potenziale minore
esattamente come il fiume si muove dall’alto verso il basso, anche se in realtà, a livello di elettroni,
accade il contrario: le cariche elettriche negative (elettroni) vengono attratte verso il punto di
maggiore potenziale, e questo avviene perché, in un conduttore come ad esempio il rame o
l’argento, non sono i protoni che compongono il nucleo di questi elementi a muoversi, ma gli
elettroni che gli ruotano attorno e sono quindi liberi di spostarsi.
Una piccola curiosità che forse vi lascerà scioccati: noi diciamo sempre che i fulmini cadono dal
cielo, ma tecnicamente non è corretto: il fulmine origina sempre da terra, spesso da oggetti con la
forma appuntita (le punte accumulano carica, e in un certo qual modo la disperdono) e sale verso
l’alto. Questo avviene perché il terreno è un punto di potenziale elettrico pari a 0, mentre in cielo,
durante un temporale, i movimenti di aria ad alta velocità creano un attrito che accumula sempre
maggiore potenziale elettrico. Raggiunto il potenziale sufficiente a rompere la resistenza dell’aria
umida, ecco che avviene la scarica, e gli elettroni da terra si sposteranno in cielo, anche se in
piccolissima quantità: in un fulmine vi è una tensione altissima, ma una corrente estremamente
piccola. È come dire che c’è una montagna più alta dell’Everest da cui potrebbe scendere velocemente un sacco di acqua ma invece scende una sola goccia, e una volta caduta quella goccia, ecco che la montagna diventa improvvisamene una collinetta. Questo è il fulmine.

Pagina 2 di 3

Ma perché da una montagna così alta cade una sola goccia d’acqua? Introduciamo quindi il concetto
di resistenza elettrica! La resistenza elettrica è la larghezza del tubo dell’acqua. Immaginiamo di
avere un fiume enorme che però, a un certo punto del suo percorso, incontra un piccolo tubo.
Dentro questo tubo non può passare tutta l’acqua del fiume, quindi ne avremo una quantità
decisamente minore. Se noi avessimo avuto un tubo molto più grande, sarebbe potuta passare
facilmente molta più acqua. A parità di tensione quindi, con una resistenza più o meno grande,
avremo meno o più corrente. Un piccolo filo di rame può trasportare prima di bruciarsi pochissima
corrente, ma se noi aumentiamo la dimensione del filo, ecco che la quantità di corrente che passa è
maggiore.
Ma perché il filo si brucia? Esattamente per il motivo per il quale se un fiume si ingrossa per la
pioggia, rompe gli argini. Se pretendiamo di far passare forzatamente migliaia di litri d’acqua in un
tubicino, il tubicino scoppierà. Quando parliamo di corrente, il filo elettrico si brucerà perché la
corrente che vi scorre attraverso sfrega contro le pareti del filo, proporzionalmente alla sezione del
filo in questione e alla quantità di carica, crea quindi del calore, ed ecco che il metallo fonde,
interrompendo il circuito. Il ghiacciaio, ovvero la tensione, il potenziale elettrico, è sempre lì, ma
non scorre più acqua, cioè corrente, perché non esiste più un percorso da seguire, cioè il filo.
Cominciate a capire meglio come funziona la corrente ora? Ma proseguiamo.
Dopo queste definizioni, possiamo quindi spiegare ad esempio il funzionamento della lampadina di
casa vostra, o di qualsiasi altro apparecchio che richiede l’uso dell’energia elettrica per funzionare:
l’acqua del fiume non la vorremo mica far scorrere inutilmente no? E allora perché non costruire un
bel mulino? Col mulino possiamo macinare il grano e farci il pane e un sacco di altre cose buone.
La forza del fiume, opportunamente deviata in un canale più piccolo, muoverà le pale del mulino.
Allo stesso modo, la corrente che scorre nella lampadina grazie alla forza della differenza di
potenziale ai suoi capi compie un lavoro, una conversione di energia, da elettrica a luminosa, lavoro
che si esprime con la potenza elettrica, misurata in Watt. I Watt delle lampadine non sono altro che
la dimensione del mulino che inserite nel fiume. Più il mulino è grande, più acqua servirà per
muoverlo. L’altezza del ghiacciaio resta uguale. In altre parole: la tensione di casa vostra è sempre
quella, ovvero 220 Volt, ma a seconda della lampadina che richiede 10 o 50 Watt per funzionare,
voi muoverete 0,04 Ampere di corrente o 0,20. In funzione della grandezza del mulino da muovere
circolerà più o meno acqua nel canale, controllata da una saracinesca automatica: l’interruttore.
Muovendo l’interruttore, non fate altro che aprire la saracinesca, e la quantità di acqua che serve la
deciderete non voi, ma il mulino. Ecco perché se avete un sacco di elettrodomestici
contemporaneamente collegati e funzionanti in casa, come forno, tv, lavatrice, frigo e pc, scatta il
salvavita: la quantità di acqua richiesta da questi mulini per funzionare è maggiore di quella che il
vostro fiume personale, il contatore, vi può fornire.
È per questo che, per risparmiare sui costi della bolletta, e per essere anche più ecocompatibili,
conviene sostituire in casa propria le vecchie lampade a incandescenza con le più moderne lampade
Led: le lampade Led sono come mulini più piccoli che richiedono meno acqua per muoversi, ma
fanno lo stesso lavoro dei mulini grandi. E durano anche di più!
Un altro piccolo appunto sui consumi: in casa, tutto ciò che è connesso alla rete elettrica tramite le
prese della corrente consuma acqua. Questo perché le prese sono come piccole montagne a cui
appena attaccate qualcosa create il letto del fiume e inizia a scorrere l’acqua. La tv, quando è spenta,
è comunque alimentata. Per questo sarebbe meglio spegnerla dal suo interruttore generale dove
presente, per essere sicuri di scollegarla dalla rete.

Pagina 3 di 3

Una spina infilata nella presa non significa necessariamente che scorra corrente. Infatti nelle prese multiple non c’è corrente, semplicemente dividete (attenzione: dividete, non moltiplicate!) la montagna presente nella presa a muro in tante piccole montagnette, ognuna delle quali può fornire una quantità limitata di corrente in funzione di
quanti apparecchi sono connessi alla presa multipla. Se voi avete una presa multipla e collegate
contemporaneamente un sacco di apparecchi tutti accesi, rischiate di rompere gli argini del fiume e
creare un corto circuito o peggio. Questo avviene perché è il mulino a chiedere la quantità di acqua
per funzionare, quindi se voi mettete tanti mulini e create tanti canali che richiedono tanta acqua per
funzionare, il fiume vi fornirà tutta quella che vi serve, ma poi strariperà.
Anche il computer quando è spento consuma corrente, o persino i caricatori dei vostri cellulari,
anche se il cellulare è scollegato. Questo avviene a causa dei trasformatori. Per questo dovete
sempre staccare le spine una volta finito di utilizzare un dato apparecchio elettronico, o comprare
una di quelle utili ciabatte sezionabili con l’interruttore per connettere almeno pc, monitor,
stampante e quant’alto. E’ stato calcolato che se tutti prendessimo questi piccoli accorgimenti, si
ridurrebbe enormemente l’impatto del consumo dell’energia elettrica sull’ambiente, e la quantità di
co2 emessa. Diventare “elettricamente responsabili” nel nostro piccolo, aiuterà tantissimo Gaia (La
Terra), e ricordatevi che il cambiamento parte sempre da noi.
Il cosiddetto e temutissimo cortocircuito avviene quando, per usura dovuta al collegamento di un
apparecchio che richiede più acqua di quanta il condotto possa sopportare, o per cause esterne,
colleghiamo insieme la cima della montagna (la fase, o il punto di potenziale positivo) con la valle
(il neutro, punto di potenziale zero): il fiume scorre tutto in una volta dall’alto verso il basso
istantaneamente e distrugge tutto ciò che incontra, come se si rompesse una diga. Se tutto va bene, il
filo che trasporta la corrente si interrompe subito e non succede nulla, se non un guasto
all’impianto. Altrimenti, il calore generato dal passaggio di tutta quell’energia così veloce, rischia di
dar fuoco a ciò che c’è di infiammabile nei dintorni, anche se coi moderni fili fuoco ritardanti
questo avviene meno di rado che in passato.
Spero di avere avviato un piccolo e interessante articolo sull’elettricità, e che queste conoscenze
possano esservi utili. Ci sarebbe ancora tantissimo da dire, vista la vastità dell’argomento, ma per il
momento queste nozioni base potrebbero essere sufficienti a soddisfare le vostre curiosità in merito.
Se avete domande inerenti l’argomento non esitate a chiedere, saranno utili anche per chi un giorno
le leggerà assieme alle risposte.

Saluti da

Giacomo S.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Il valore delle parole e la sincerità

Pagina 1 di 3

Le parole sono, per uno scrittore, come le note per un musicista; ce ne sono tantissime e alcune si somigliano, ma i loro significati hanno sfumature diverse. Se usate in modo adeguato, le parole possono far sognare, ridere, commuovere o riflettere. Tuttavia, ho notato che spesso le parole sono usate in modo sbagliato o ambiguo. Se private di sincerità, diventano strumento di inganno.

Oggi non si dà più valore alle parole, le promesse non contano più nulla poiché ognuno può rimangiarsi ciò che ha detto da un momento all’altro. Probabilmente è questo uno dei motivi per cui oggi si stipulano contratti firmati e si esigono garanzie. E se non contano più nulla le parole di una persona, allora che significato hanno la fedeltà e la fiducia? Se la tua parola non conta nulla, allora posso fidarmi di te? Come saprò se mi sarai fedele?

I rapporti umani come l’amicizia, l’affetto familiare e l’amore romantico, hanno come fondamenta un rapporto di fiducia e fedeltà. Senza di esse non esiste niente, non si può costruire nessuna relazione.

La sincerità è il valore che diamo alle parole.

Oggi siamo tutti convinti che si debba rispondere usando le parole che l’altro ci si aspetta da noi, anche se non è ciò che pensiamo o crediamo. Siamo convinti che si debba dire “ti amo” ad una persona che ci vuole bene, solo perché lei se lo aspetta da noi e non perché lo pensiamo davvero. Che significato ha, oggi, dire “ti amo” a qualcuno?

“Ti amo” va detto a San Valentino, alla festa della donna, prima di un rapporto sessuale, ai compleanni… perché bisogna dirlo. Così, quella frase non ha più valore, e, spogliata di sincerità, diventa un pretesto per ottenere altro. Ha un valore così profondo e sublime che non andrebbe nemmeno pronunciata; pochissime persone amano davvero qualcuno.

Ho notato che è molto popolare tra le ragazze mandare cuoricini e scrivere frasi tipo “ti amo di bene” o “sei la mia vita” e poi litigare per una sciocchezza e odiarsi, cancellando quelle parole in un batter d’occhio. Io quelle frasi non le ho mai scritte a qualcuno, e molte persone me l’hanno rimproverato. Non è mancanza di bontà, al contrario, io adoro la dolcezza e mi piace essere affettuoso. Ma amare è una cosa diversa, è più profonda. Dire “non posso vivere senza di te” in un momento di dolcezza può far sorridere, ma si rivelerà essere una pugnalata al cuore quando si scoprirà che invece tutto quell’amore non c’era.

Pagina 2 di 3

Trovo che la cosa più bella del mondo sia guardare le pupille di una persona cara e, con gli occhi che brillano, dirle: “sono felice di vederti, ti voglio bene”. E poi abbracciarla e sorridere perché quelle parole nascono dal cuore e sono piene di significato e di energia.

Parole semplici, troppo spesso svalutate, che rivelano un mondo di sentimenti e meraviglie inesplorate. Ognuno di noi ha dentro sé un universo da scoprire, pieno di sorprese, e ci sono tante persone da conoscere tutte attorno a noi. Perché limitarsi?

Ci sono tante persone spregevoli a questo mondo, così come ci sono tante persone speciali. Costruire un rapporto affettivo vero (che sia amore o amicizia) richiede tempo, fedeltà e fiducia. E tantissima sincerità.

Siamo abituati a credere che si debba essere accondiscendenti per essere garbati. Sono stato allontanato da una mia amica perché troppo sincero. Lei mi chiedeva quale fosse il problema nella sua relazione, e chiaramente voleva sentirsi dire che il problema fosse lui; io invece le ho detto la verità, le ho detto che non era abbastanza gentile con lui e che avrebbe dovuto dargli maggiori attenzioni. Lei mi ha allontanato per farsi compiangere dalle sue amiche che in coro le dicevano: “è colpa sua”.

A volte è più facile circondarsi di persone che ci dicono che il nostro nuovo taglio di capelli è perfetto, che la nostra relazione non va perché è colpa dell’altro, che gli altri si approfittano di noi e noi siamo sempre povere vittime indifese. Ma è sempre meglio una dolce menzogna invece di un’amara verità? Se tutti ci mentiamo a vicenda, ci neghiamo la possibilità di crescere e migliorarci.

È bellissimo voler bene ad una persona in modo vero.

Autentico.

Sincero.

Pagina 3 di 3

“Ti voglio bene” diventa l’abbreviazione di “ti voglio bene e tu lo sai, non ho bisogno di ripeterlo perché tu conosci il mio cuore come io conosco il tuo. Abbiamo mostrato le nostre parti più vulnerabili, i segreti più tristi, i nostri lati peggiori e insieme abbiamo deciso di essere migliori e costruire qualcosa che prima non c’era. Qualcosa che valesse il prezzo della sofferenza. Muti, ci copriamo le spalle a vicenda, perfettamente consapevoli delle esigenze dell’altro, siamo presenti quando necessario e veri nelle nostre parole e nei nostri fatti. Non vorrei vederti mai triste, non vorrei ferirti mai. Il nostro affetto scioglie i nodi dello stomaco, asciuga lacrime non versate e ci fa sembrare le prove della vita un po’ meno dure. E, in effetti,  il cielo sopra di noi è un po’ più luminoso”.

 

Davide D.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Arrampicata sportiva: libera la tua mente

Pagina 1 di 3

Appena provato è stato subito amore: il free climbing, o arrampicata libera, è uno sport che pratico ormai da due anni abbondanti ma che sembra faccia parte di me da molto più tempo.

Amo gli sport in generale, soprattutto quelli all’aria aperta, e l’arrampicata coniuga molti dei valori e degli stimoli che ricerco in un’attività sportiva: impegno, concentrazione, coraggio, determinazione e sicuramente molta adrenalina!

 

La cosa che invece ho scoperto praticandolo, e che mi ha fatto abbandonare ogni altro sport per dedicarmi solo a questo, è che ad ogni incontro con la roccia, puoi superare i tuoi limiti fisici e mentali, letteralmente.

 

Prima di proseguire però, occorre fare un po’ di ordine e chiarezza per quanto riguarda la classificazione degli sport in montagna che comprendano l’arrampicarsi su una parete, grande o piccola che sia. L’arrampicata libera, infatti, fa parte della grande famiglia dell’arrampicata, che è differente dall’alpinismo.
(In queste poche righe cercherò di spiegare a grandi linee le differenze tra i vari stili, anche se ogni voce meriterebbe un approfondimento degno. Mi perdonino i più esperti se tralascio termini tecnici o ometto alcuni aspetti, ma l’intento non è scrivere un articolo su tecniche e materiali).

L’alpinismo infatti, è quell’attività che riguarda la salita di una cima con diversi strumenti e in diverse condizioni climatiche. Si può conquistare la vetta arrampicando legati in cordata se si affronta una parete verticale, utilizzando ramponi e picozze se in ambiente invernale con ghiaccio e neve, o proseguendo in “conserva” semplicemente a piedi, se per esempio si affrontano creste o pendii che non richiedono l’utilizzo di particolari attrezzature.

Nel corso della storia, ovviamente, l’alpinismo ha avuto una forte evoluzione, e se prima si cercava di vincere la montagna dalla via più facile, nel corso del tempo si è cercato di arrivare in vetta per versanti e vie più difficili, in condizioni avverse (si pensi alle ripetizioni invernali di vie) o magari cercando di battere un record di tempo.

 

L’arrampicata libera, chiamata anche arrampicata sportiva, è quello sport (da cui appunto il nome) che prevede la salita di un tiro di corda o una via di roccia, utilizzando per la progressione solamente mani e piedi (calzando ovviamente delle scarpette adatte). La corda serve solo per la protezione dello scalatore, quindi per arrestare eventuali cadute.

L’obiettivo quindi non è più la conquista della vetta, ma lo stile della progressione: bisogna riuscire a salire senza appendersi alla corda o aiutarsi con altri mezzi.

L’arrampicata libera, a sua volta, si divide in diverse attività che sono: arrampicata in falesia, arrampicata su vie sportive e il bouldering.

Quest’ultimo è uno stile di arrampicata che prevede di salire grossi massi alti anche 5-6 metri senza corda e proteggendosi solo con dei materassoni (crash-pad) posti alla base del masso.

L’arrampicata in falesia e quella su vie sportive invece, prevede la salita di una lunghezza di corda (falesia) o più lunghezze concatenate (vie sportive) in cui la via è riconoscibile grazie a degli ancoraggi fissi piantati nella roccia (fix, spit o fittoni resinati) che permettono di agganciare un rinvio (due moschettoni accoppiati da una fettuccia che li unisce) e far scorrere la corda per proseguire la progressione.

Alla fine di ogni tiro è presente una sosta (generalmente costituita da due punti di ancoraggio uniti da una catena o un cordino) dalla quale il climber si può calare per tornare a terra oppure per assicurarsi, recuperare il compagno da sotto e proseguire poi per il tiro successivo.

Come citato sopra, un climber ha sempre un compagno che lo assicura dalle cadute grazie ad un dispositivo che frena la corda e che è generalmente attaccato all’imbragatura dell’assicurante.

 

Con l’aumentare della difficoltà aumentano anche i requisiti fisici e mentali per poter completare le ascensioni: se da una parte i muscoli e i tendini delle spalle, avambracci e dita sono molto sollecitati, dall’altra il cervello deve rispondere ad una miriade di stimoli sotto stress.

Credo infatti che la condizione mentale influisca alla pari (se non di più in alcuni casi) a quella fisica.

 

Pagina 2 di 3

 

Il problema è che se abbiamo una giornata in cui siamo distratti, tristi, o demotivati non solo arrampicheremo male e con più fatica, molto probabilmente non passeremo nemmeno da quel dato tiro senza riuscire a concluderlo.

 

Trovo l’arrampicata sportiva un po’ come una metafora della vita. Se vogliamo proseguire verso l’alto dobbiamo lottare e la riuscita dell’impresa dipende solo da noi. Nonostante si possa condividere l’esperienza con diverse persone ognuno di noi si troverà faccia a faccia con le difficoltà singolarmente.

 

Affrontare la roccia è affrontare noi stessi. Non veniamo infatti sconfitti dalla montagna ma solo dalle nostre paure, la conquista non è quella della parete ma è dentro di noi perché siamo riusciti a superare i nostri limiti, seppur di poco.

E l’effetto è subito percepibile: appena iniziato questo sport guardavo alcune pareti pensando che mai nella vita avrei potuto salire; troppo lisce, troppo verticali, troppo esposte. Eppure dopo poco tempo sono riuscito con fatica a superarle, e oggi le ritengo addirittura facili! Questo la dice lunga sulla percezione che abbiamo delle cose e di quello che la semplice determinazione può farci fare.

 

E’ incredibile l’effetto che fa la mente quando dobbiamo affrontare un passaggio difficile. La paura se non viene adeguatamente dominata, inizia a far trapelare una miriade di pensieri negativi: non sono abbastanza forte per superare la difficoltà, oggi potevo starmene a casa a fare qualcosa di bello, oddio rischio di ammazzarmi, se cado mi farò malissimo… eccetera eccetera.

In genere queste situazioni accadono quando si è in punti precari, su prese aleatorie, che magari fatichiamo a stringere e che magari ci permettono di resistere solo per pochi secondi se non ci decidiamo a fare il passo e salire.
E’ proprio in quei momenti, con le braccia stanche e con il cuore che rimbomba nei timpani che bisogna uscire dalla propria zona di comfort, spingere sull’asticella del coraggio e compiere una specie di “atto di fede” e proseguire alla presa successiva.

Molte volte superato il passo duro ci si trova in una buona posizione per “riposare” e poter proseguire, altre volte invece troviamo un passo ancora più duro e nonostante questo, proviamo ad andare avanti, ma la stanchezza ci fa cadere.

Attimi di panico, il tempo sembra cristallizzarsi nell’istante in cui realizziamo che finiremo giù.

Ma non c’è tempo da perdere, istintivamente si cerca di cadere nella posizione corretta, attutendo l’impatto sulla roccia con i piedi e ammortizzando con le gambe, mentre la corda si tende e ammorbidisce la caduta fino a fermarla con un deciso strattone.

 

Capita di cadere in arrampicata sportiva, fa parte del gioco.

Quando cadi e guardi il punto da dove sei caduto capisci che non ti succederà nulla per aver provato, anzi, capirai che la caduta ti serve per risalire e ritentare il passaggio in un modo ancora migliore. Ci si rende anche conto che le conseguenze di aver provato a fare qualcosa al di sopra delle nostre capacità non sono affatto mortali o rischiose per noi.

 

Ovviamente gli incidenti e gli infortuni capitano anche in questo sport, ma nella maggior parte dei casi cadere o scivolare è alla stregua di altri gesti atletici falliti come inciampare durante una corsa o perdere l’equilibrio sul surf: paghi la conseguenza di un errore o una distrazione.

 

L’aspetto mentale dell’arrampicata è sottolineato dal fatto che quando si arrampica si è praticamente soli. Avrai sempre un compagno a farti sicura dal basso, ma quando sei sulla roccia nessuno potrà arrampicare per te o darti una mano per fare un passaggio. Potrai ricevere consigli su come affrontare un tiro o una sequenza di movimenti, ma alla fine dovrai ascoltare la tua testa e ragionare a mente lucida per riuscire a passare senza affaticarti troppo e con movimenti sciolti ed eleganti.

Addirittura capita spesso, che su vie di roccia, cioè quando si affronta una parete intera, il compagno si perda di vista già dai primi metri del tiro. In questo caso si è davvero soli, lasciati in compagnia del vento che soffia tra i capelli e del tintinnio dell’attrezzatura attaccata all’imbrago che scandisce con un leggero scampanellio ogni movimento del climber. L’unica connessione che abbiamo con il nostro compagno è la corda, che segue i nostri movimenti e striscia con noi verso la sosta successiva.

Pagina 3 di 3

 

Il grado di soddisfazione che si prova ad arrampicare è enorme, oltre al puro gesto atletico che ogni sportivo ricerca nel suo sport. Il contatto con la roccia ti avvicina alla natura, e godersi il panorama alla fine di una parete è molto più rilassante dopo lo sforzo fisico.

Inoltre, le ore passate ad arrampicare, ti fanno dimenticare lo stress della vita di tutti i giorni, i problemi lavorativi e personali diventano piccoli e insignificanti e ti rendi conto che se liberi la mente da tutti i tuoi pensieri riesci ad arrampicare molto meglio.

 

In conclusione, se ti piace stare in mezzo alla natura e ti piace la montagna, questo sport potrebbe avere dei risvolti interessanti per te.

Tutti possono arrampicare. Non c’è un limite di età, sesso o corporatura. La scala delle difficoltà è estremamente varia e ognuno può trovare gradi adatti al suo livello. L’unica condizione è aver voglia di mettersi in gioco e non aver paura di “sporcarsi le mani”.

 

C’è un solo lato negativo in tutto ciò: arrampicare crea dipendenza!

 

Matteo G.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Non permettere a nessuno di calpestare i tuoi sogni!

Pagina 1 di 1

“Nessuno mi tolga questa gioia.”

Questa frase mi venne in mente a causa di una seduta con la psicologa. Provengo dal Perù. Compiuti 5 anni, mia mamma mi portò a vivere con lei nel luogo dove lavorava, e da questo momento iniziò una serie di cose che pian piano iniziarono a togliermi quella più importante: la libertà! Lei aveva fatto un patto con la sua datrice di lavoro, potevo uscire di camera solo per andare a scuola. Per non parlare degli sfoghi di mamma verso me. Mio padre? Per lui non esistevo. Ero vittima di bullismo, senza padre, con una madre serva, cosa potevo aspettarmi? C’era perfino una maestra che all’epoca mi maltrattava. Credo cercasse di bucare la mia testa con la punta della penna.

A 9 anni volevo suicidarmi, ero molto infelice. Finite le scuole medie sono stata obbligata a cambiare paese, con la promessa che mi sarei iscritta all’università per poter diventare qualcuno in questa vita. Non vedevo l’ora di diventare grande e andare via per riprendermi la tanto desiderata libertà, su tutto.

Ma no, troppo bello per essere vero. Io volevo diventare un’ostetrica, così avevo deciso alle medie. Lo desideravo tanto, ma tutto svanì. La datrice di lavoro di mamma, infatti lei continuava a lavorare per quella persona, aveva in mente ben altro. La figlia della domestica, (mia mamma), doveva diventare la sua domestica! Quanta rabbia provai, tanta verso mia madre, colei che mi aveva promesso appoggio nella mia scelta istruttiva, ora mi dava le spalle! Quello che diceva la sua datrice di lavoro, per lei era sacrosanto.

Così trovai un amico su cui sfogare le mie pene: l’alcool. Tutti i giorni bevevo fino a stare male. Mi sono diplomata e laureata in qualcosa che non m’interessava affatto. A casa si continuava a litigare tanto. Lì non ci volevo più stare, e così un giorno, vedendo che se fossi tornata in Perù, mia madre avrebbe scatenato l’inferno a chi mi avesse accolta in casa sua, chiamai mia sorella singhiozzando e le chiesi di portarmi via. Dopo quindici giorni mi trovai in un altro paese. Di cose ne sono successe tante, ma sempre per colpa mia. Dopo tre anni mi trovai ad aspettare una figlia, terrorizzata al pensiero di diventare madre e non avere nulla da darle. Abortire no! Dio mi avrebbe bruciata per l’eternità nell’inferno. L’adozione era l’opzione migliore. Avrebbe trovato chi avrebbe potuto offrirle ciò che io non avrei mai potuto.

Una psicologa però, mi fece riflettere, dopo che mi avevano portato via tutto, questa era l’opportunità di scegliere me stessa e tenere questa figlia! Con tutte le mie paure e insicurezze, non potevo permettere al passato di scegliere per me. Non dovevo privarmi della gioia di diventare ed essere mamma.

Mia figlia ora ha 16 anni. Ha scelto il suo indirizzo ed io la sostengo. Di brutte ne abbiamo passate, ma i suoi occhi si illuminano quando mi racconta le sue giornate a scuola. Ce la sto mettendo tutta, anche se la strada è lunga. Rivedo la mia libertà nei suoi occhi e nelle sue pazzie da studente. Mia figlia volerà più alto di me.

P.S. Non permettere mai a nessuno di calpestare i tuoi sogni come è successo a me. Apri le ali e sii libero.

 

Andrea S.

 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La meditazione e la ricerca scientifica

Pagina 1 di 6

Da millenni, inizialmente in oriente, per poi diffondersi anche in occidente, la meditazione è stata la pratica spirituale per chi era alla ricerca di qualcosa sia che fosse il benessere e la forza fisica per gli artisti marziali, come anche la ricerca di risposte per monaci e guru che si isolavano in monasteri sperduti tra le montagne o nelle foreste per avere la tranquillità di ascoltare qualcosa di più profondo, ma anche ad oggi per chi desidera semplicemente rilassarsi e stare bene, cercando la pace interiore.

La meditazione è una pratica che viene svolta da millenni e che oggi spesso viene criticata a causa dell’ignoranza, definendo chi pratica questa tecnica una persona con la testa tra le nuvole, che invece di stare lì a pensare ore e ore ai problemi agendo d’ impulso seguendo il tornado di sentimenti accecanti, decide invece di fermarsi e accedere ad una parte più profonda di sé.

Ciò che ha portato tanto successo alla meditazione nei secoli, sono gli effetti che i praticanti hanno potuto sentire su loro stessi, portandoli a migliorare e ricercare tecniche meditative sempre migliori.

Per quanto nell’immaginario il benessere mentale è distaccato da quello fisico, come se la mente, il cervello, i pensieri fossero parte di un corpo estraneo diverso da quello che guardiamo allo specchio e che quindi non crea effetti su di esso. In realtà tutto quello che ci caratterizza, dall’aspetto fisico, benessere fisico, benessere e stato mentale, sono un tutt’uno e l’uno influenza l’altro.

Se io ho un dolore cronico che mi disturba il sonno e mi impedisce di fare determinati movimenti, per quanto quel dolore sia legato ad una mia parte del corpo, esso influenzerà il mio umore, rendendomi una persona facilmente irritabile, con problemi anche di inferiorità non potendo svolgere quello che tutti gli altri svolgono, per non parlare di casi più gravi di depressione dati anche dalla deprivazione del sonno.

E ugualmente, se io ho un malessere emotivo, il caso tipico del malessere amoroso, magari perché si è lasciata/o con il proprio partner, vediamo che la persona inizia ad avere carenze di appetito, portandolo a un dimagrimento repentino, con conseguente indebolimento di tutta la struttura fisica.

Vediamo come lo stato emotivo e il corpo sono molto connessi, pertanto lavorare in modo positivo su uno di essi crea di conseguenza un apporto positivo anche all’altro.

La meditazione può sembrare che lavori soprattutto e solo su un ambito più mentale, ma in realtà ha un grande effetto anche sul fisico, apportando dei cambiamenti ben evidenti. Diversi studi hanno dimostrato che la pratica della meditazione porta ad una riduzione del comportamento e della risposta fisiologica allo stress e all’ansia (ad esempio, Hölzel et al., 2010; Pace et al., 2009, 2013; Serpa, Taylor, & Tillisch, 2014). Alcune strutture cerebrali sono legati alla risposta di paura in situazioni di pericolo, aumentando lo stato di allerta non solo a livello conscio, ma preparando proprio tutto il corpo ad un eventuale fuga, aumentando pertanto la pressione sanguigna, il livello di zuccheri in circolazione nel sangue ecc… Il problema sorge quando lo stato di stress e di ansia diventa persistente, portando ad una maggiore attività di queste strutture cerebrali, che a loro volta andranno a lavorare sul resto del corpo, creando a lungo andare delle disfunzioni a livello fisiologico più o meno gravi. Quello che si è osservato durante la meditazione è una vera e propria modifica  dell’attività di strutturale di queste zone cerebrali, in particolari dell’Amigdala.

Questo effetto si vede essere legato alla quantità di pratica e durata nel tempo (da quanto la persona pratica e dalla sua qualità) e la cosa sorprendente è che gli studi sono stati fatti in uno stato non meditativo, quindi in uno stato in cui si affrontano le azioni di ogni giorno, dimostrando che gli effetti della meditazione non sono legati solo al momento della pratica, ma si propagano durante la vita quotidiana (Leung et al., 2017).

Pagina 2 di 6

Le esperienze stressanti e traumatiche creano oltre a vari disturbi fisiologici anche cambiamenti neuroanatomici, ad esempio influenzano il volume di alcune strutture celebrarli (Bob, 2011; Bremner, 2006; Putnam, 1995 , 1997; Riklan, Cullinan, & Cooper, 1977; Teicher et al., 2003, 2006). Di contro, diversi studi evidenziano che la psicoterapia e la meditazione possono influenzare la fisiologia del cervello, in particolare alcuni tipi di meditazione possono influenzare la capacità rigenerativa del sistema nervoso, portando ad un incremento della materia grigia e/o del volume della materia bianca in varie strutture cerebrali (Hölzel et al., 2008; Lazar et al., 2005; Luders et al., 2009; Vestergaard-Poulsen et al., 2009; Ott et al.,  2011).

Queste profonde variazioni fisiche della struttura cerebrale, possono essere alla base di quei cambiamenti che vengono tradizionalmente legati alla “spiritualità”, quali la scoperta di sé, l’empatia, la comprensione profonda e l’apprezzamento dei valori fondamentali della vita e dell’esistenza (Bob & Laker, 2016). Non solo, la meditazione si è dimostrata essere uno strumento che ha degli effetti positivi contro l’invecchiamento della mente e del cervello (Marciniak et al., 2014; Gard et al., 2014). Si è visto infatti che le persone che meditano, di un’età avanzata, non subiscono una riduzione del volume della materia grigia della stessa misura rispetto alle persone non praticanti della stessa età (Pagnoni & Cekic, 2007; Lazar et al., 2005) come anche una riduzione del deterioramento legato all’età dell’anisotropia di tratti di fibre di materia bianca (Luders et al., 2011).  La meditazione oltre a rallentare l’invecchiamento della mente è in grado di continuare a migliorare la connettività di varie aree cerebrali ( Cotier et al., 2017), migliorando le capacità cognitive di una persona anziana.

Nonostante durante la meditazione sembra che la persona si isoli, in realtà recenti studi dimostrano che questa pratica aumenti efficacemente le emozioni positive, le interazioni interpersonali e la comprensione complessa degli altri (He et al., 2015). Nonostante il sentimento positivo si realizzi soprattutto durante la pratica meditativa, esso si propaga anche nella vita quotidiana, creando i presupposti per un interazione sociale, una scelta di comportamenti in situazioni particolari (cercare di giungere ad una negoziazione durante un disguido più che diventare violenti), ma anche un integrazione sociale (ad esempio il gruppo scuola) migliore e più solida.

Gli effetti sulla mente o sul comportamento di una persona, non sono gli unici che si possono vedere attraverso una costante pratica meditativa. La popolazione odierna a causa di poca attività fisica e alimentazione malsana è spesso soggetta a patologie metaboliche che portano ad ipertensione, obesità, resistenza all’insulina, problemi cardiovascolari e malattia coronarica (CHD) (Hutcherson et al., 2008; Galante et al., 2014). Molti studi hanno osservato come la meditazione ha un effetto di abbassamento della pressione sanguigna, simile all’effetto che provoca un farmaco antidepressivo per il trattamento di prima linea. (Frijda & Mesquita, 1994; Fredrickson et al., 2003). Inoltre su  pazienti affetti da coronaropatia, essa ha portato ad un miglioramento non solo a livello della pressione sanguigna, ma anche sulla resistenza all’insulina e sulla regolazione da parte del sistema nervoso autonomo (Labrador et al, 2006), diminuendo gli effetti della patologia.

In particolare, uno studio ha dimostrato come la meditazione risulta essere un importante strumento di prevenzione anche per patologie molto gravi quali l’insufficienza cardiaca congestizia (CHF), una malattia cronica e debilitante. Essa ha portato ad un vero e proprio miglioramento della qualità della vita collegandosi anche ad una diminuzione dell’uso delle risorse sanitarie (meno ospedalizzazioni rispetto ai controlli) e della mortalità (Jayadevappa et al., 2007).

Pagina 3 di 6

Ogni singola fase e parte della meditazione non è inserita a caso, la stessa respirazione più controllata, cosciente e unita ad un intento positivo porta grandi giovamenti alla persona nel lungo termine. Grazie alla continua pratica, la respirazione lenta e continua migliorano l’efficacia dello scambio dei gas durante l’atto di ispirazione ed espirazione, un incremento dell’efficacia della ventilazione e un aumento dell’ossigenazione basale che attraverso la pratica continua diventano parte integrante della persona (Bernardi et al., 2017).

Negli ultimi anni la meditazione è diventata un importante strumento per la cura alternativa di disturbi dell’attenzione sia in adulti che nei più piccoli. La sindrome da deficit di attenzione e iperattività ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) è uno dei più comuni disturbi dello sviluppo nei bambini e può protrarsi anche negli adulti. Esso è caratterizzato da inattenzione, impulsività e iperattività motoria che nel tempo può compromettere l’andamento scolastico/lavorativo, l’integrazione e l’adattamento socio-emotivo (Barkley et al., 2008).

Molti degli elementi della pratica meditativa vanno a lavorare sugli stessi punti in cui questa patologia è deficitaria, come ad esempio l’attenzione (Keng et al.,, 2011). Durante la meditazione è necessario stare concentrati in un punto specifico, questo sforzo lavora e coinvolge zone celebrali legate all’attenzione quale la corteccia cingolata anteriore (Hölzel et al., 2011), portando ad un aumento della connettività di zone cerebrali legati all’auto-controllo e al controllo cognitivo, in particolare la corteccia cingolata anteriore, posteriore e la corteccia prefrontale dorso-laterale (Brewer et al., et al., 2011).

Attraverso la capacità di osservare le proprie emozioni e ricercare e mantenere uno stato rilassato, positivo, in modo voluto, aiuta ad apprendere come regolarle (Chambers et al., 2009; Gratz & Tull, 2010), riducendo fortemente l’impulsività e l’essere schiavi e sottomessi da esse. Anche la pratica di pochi giorni ha grandi effetti in tal senso, è stato visto che con solo 5 giorni di meditazione si riscontrava nei pazienti un miglioramento dei livelli di ansia, depressione, rabbia e dei livelli di cortisolo legato allo stress rispetto ad un gruppo che eseguiva il semplice trattamento con farmaco attivo (Tang et al., 2007).

La pratica meditativa ha avuto ottimi risultati anche su bambini di 8 anni affetti da ADHD, dove si è riscontrato una diminuzione dell’iperattività, migliorando la loro disciplina e controllo (Carboni et al., 2013). Essa può essere un sostegno anche per i genitori di bambini affetti da ADHD, in quanto li aiuta ad avere un approccio migliori, più controllato e a non subire depressione o altre forme di disfunzione al seguito dello stress nel seguire dei bambini con problematiche non semplici da affrontare (Van der Oord et al., 2012). Non solo, essa migliora proprio l’interazione genitore figli diminuendo l’effetto del disturbo oppositivo con la figura genitoriale che spesso si lega a questa patologia (Lo et al., 2016).

Questi sono solo alcuni degli effetti osservati da ricercatori di tutto il mondo e di cui la letteratura scientifica va a mano a mano arricchendosi, attraverso sempre più nuovi studi.

La meditazione quindi non è solo una semplice moda che negli ultimi anni si sta diffondendo tra le persone, ma è una vera e propria pratica, una palestra per la propria mente, dove poter allenare le proprie capacità di controllo delle emozioni, di attenzione, di concentrazione, andando ad avere in fine dei risvolti positivi sia sul proprio fisico e salute, ma anche nel resto della propria vita.

Pagina 4 di 6

BIBLIOGRAFIA

 

Barkley, R. A., Murphy, K. R., & Fischer, M. (2008). ADHD in adults: What the science says. New York, NY: The Guilford Press.

Brewer, J. A., Worhunsky, P. D., Gray, J. R., Tang, Y. Y., Weber, J., Kober, H. (2011). Meditation experience is associated with differences in default mode network activity and connectivity. Proceedings of the National Academy of Sciences of the U.S.A., 108(50), 20254–20259.

Bernardi N.F., Bordino M., Bianchi L., Bernardi L., (2017). Acute fall and long-term rise in oxygen saturation in response to meditation. Psychophysiology, 10.1111.

Bob, P. (2011). Brain, mind and consciousness: Advances in neuroscience research. New York: Springer.

Bob, P., Laker M., (2016). Traumatic stress, neural self and the spiritual mind. Consciousness and Cognition, 7–14.

Bremner, J. D. (2006). Stress and brain atrophy. CNS and Neurological Disorders. Drug Targets, 5, 503–512.

Carboni, J. A., Roach, A. T., & Fredrick, L. D. (2013). Impact of mindfulness training on the behavior of elementary students with attention-deficit/hyperactive disorder. Research in Human Development, 10(3), 234–251.

Chambers, R., Gullone, E., & Allen, N. B. (2009). Mindful emotion regulation: An integrative review. Clinical Psychology Review, 29(6), 560–572.

Cotier, F. A, Zhang, R., Lee, T. M. C., (2017). A longitudinal study of the effect of short-term meditation training on functional network organization of the aging brain. Scientific RepoRts, 7: 598.

Fredrickson BL, Tugade MM, Waugh CE, Larkin GR., (2003).  What good are positive emotions in crisis? A prospective study of resilience and emo-tions following the terrorist attacks on the United States on September 11th, 2001. J Pers Soc Psychol, 365–376.

Frijda NH, Mesquita B., (1994). The social roles and functions of emotions. In: Kitayama S, Markus HR, editors. Emotion and culture: Empirical studies of mutual influence. American Psychological Association, 51–87.

Galante J, Galante I, Bekkers MJ, Gallacher J., (2014). Effect of kindness-based meditation on health and well-being: a systematic review and meta-analysis. J Consult Clin Psychol, 1101–1114.

Gard, T., Holzel, B. K. & Lazar, S. W., (2014). The potential effects of meditation on age related cognitive decline: a systematic review. Annals of the New York Academy of Sciences, 1307, 89–103.

Gratz, K. L., & Tull, M. T. (2010). Emotion regulation as a mechanism of change in acceptance- and mindfulness-based treatments. In Ruth A. Baer (Ed.), Assessing mindfulness and acceptance processes in clients: Illuminating the theory and practice of change. (pp. 107–133). Oakland, CA: Context Press/New Harbinger Publications.

He, X., Shi W., Han X., Wang N., Zhang N., Wang X., (2015). The interventional effects of loving-kindness meditation on positive emotions and interpersonal interactions. Neuropsychiatric Disease and Treatment, 11 1273–1277.

Pagina 5 di 6

Hölzel, B. K., Carmody, J., Evans, K. C., Hoge, E. A., Dusek, J. A.,Morgan, L.,  Lazar, S. W. (2010). Stress reduction correlates with structural changes in the amygdala. Social Cognitive and Affective Neuroscience, 5, 11 – 17.

Hölzel, B. K., Lazar, S. W., Gard, T., Schuman-Olivier, Z., Vago, D. R., & Ott, U. (2011). How does mindfulness meditation work? Proposing mechanisms of action from a conceptual and neural perspective. Perspectives on Psychological Science, 6(6), 537–559.

Hölzel, B. K., Ott, U., Gard, T., Hempel, H., Weygandt, M., Morgen, K., & Vaitl, D. (2008). Investigation of mindfulness meditation practitioners with voxel-based morphometry. Social Cognitive and Affective Neuroscience, 3, 55–61.

Hutcherson CA, Seppala EM, Gross JJ., (2008). Loving-kindness meditation increases social connectedness. Emotion, 8(5):720–724.

Jayadevappa, R., Johnson J.C., , Bloom B.S., Nidich S., Desai S., Chhatre S., Raziano D. B., Schneider R. H., (2007). Effectiveness of Transcendental Meditation on Functional Capacity and Quality of Life of African Americans with Congestive Heart Failure: A Randomized Control Study. NIH Public Access, 17(1): 72–77.

Keng, S. L., Smoski, M. J., & Robins, C. J. (2011). Effects of mindfulness on psychological health: A review of empirical studies. Clinical Psychology Review, 31(6), 1041–1056.

Lazar, S. W., Kerr, C. E., Wasserman, R. H., Gray, J. R., Greve, D. N., Treadway, M. T., … Fischl, B. (2005). Meditation experience is associated with increased cortical thickness. NeuroReport, 16, 1893–1897.

Leung, M.K, Lau, W. K.W., Chan, C.C.H., Wong, S. S.Y., Fung, A. L.C., Lee, T.M.C. (2017). Meditation-induced neuroplastic changes in amygdala activity during negative affective processing. Social Neuroscience 1747-0919.

Lo, H. H. M., Wong S.Y. S., Wong J. Y. H., Wong S. W. L., Yeung J. W. K., (2016). The effect of a family-based mindfulness intervention on children with attention deficit and hyperactivity symptoms and their parents: design and rationale for a randomized, controlled clinical trial (Study protocol). BMC Psychiatry, 16:65.

Luders, E., Clark, K., Narr, K. L. & Toga, A. W., (2011). Enhanced brain connectivity in long-term meditation practitioners. Neuroimage 57, 1308–1316.

Luders, E., Toga, A. W., Lepore, N., & Gaser, C. (2009). The underlying anatomical correlates of long-term meditation: Larger hippocampal and frontal volumes of gray matter. NeuroImage, 45, 672–678.

Marciniak, R. et al., (2014).  Effect of meditation on cognitive functions in context of aging and neurodegenerative diseases. Frontiers in behavioral neuroscience, 8, 17.

Ott, U., Holzel, B., & Vaitl, D. (2011). Brain structure and meditation: How spiritual practice shapes the brain. Neuroscience, Consciousness and Spirituality Studies in Neuroscience, Consciousness and Spirituality, 1, 119–128.

Pace, T. W., Negi, L. T., Adame, D. D., Cole, S. P., Sivilli, T. I., Brown, T. D. Raison, C. L. (2009). Effect of compassion meditation on neuroendocrine, innate immune and behavioral responses to psychosocial stress. Psychoneuroendocrinology, 34, 87 – 98.

Pagina 6 di 6

Pace, T. W., Negi, L. T., Dodson-Lavelle, B., Ozawa-De Silva, B., Reddy, S. D., Cole, S. P. Raison, C. L. (2013). Engagement with cognitively-based compassion training is associated with reduced salivary C-reactive protein from before to after training in foster care program adolescents. Psychoneuroendocrinology, 38, 294 – 299.

Pagnoni, G. & Cekic, M., (2007). Age effects on gray matter volume and attentional performance in Zen meditation. Neurobiol Aging 28, 1623–1627.

Paul-Labrador, M., Polk D., Dwyer J. H., Velasquez I., Nidich S., Rainforth M., Schneider R., Merz N. B., (2006). Effects of a Randomized Controlled Trial of Transcendental Meditation on Components of the Metabolic Syndrome in Subjects With Coronary Heart Disease. American Medical Association, 166:1218-1224.

Putnam, F. W. (1995). Traumatic stress and pathological dissociation. Annals of the New York Academy of Sciences, 771, 708–715.

Putnam, F. W. (1997). Dissociation in children and adolescents. A developmental perspective. London, New York: The Guilford Press.

Riklan, M., Cullinan, T., & Cooper, I. S. (1977). Tension reduction and alerting in man following chronic cerebellar stimulation for the relief of spasticity or intractable seizures. Journal of Nervous and Mental Disease, 164, 176–181.

Serpa, J. G., Taylor, S. L., & Tillisch, K. (2014). Mindfulness-based stress reduction (MBSR) reduces anxiety, depression, and suicidal ideation in veterans. Medical Care, 52, S19 – 24.

Tang, Y. Y., Ma, Y., Wang, J., Fan, Y., Feng, S., Lu, Q., .Posner, M. I., (2007). Short-term meditation training improves attention and self-regulation. [Randomized Controlled Trial Research Support, Non-U.S. Gov’t]. Proc Natl Acad Sci U S A, 104(43), 17152–17156.

Teicher, M., Andersen, S. L., Polcari, A., Anderson, C. M., Navalta, C. P., Dennis, M., & Kim, D. M. (2003). The neurobiological consequences of early stress and childhood maltreatment. Neuroscience and Biobehavioral Reviews, 27, 3–44.

Teicher, M. H., Tomoda, A., & Andersen, S. E. (2006). Neurobiological consequences of early stress and childhood maltreatment: Are results from human and animal studies comparable? Annals of the New York Academy of Sciences, 1071, 313–323.

Van der Oord, S., Bögels S.M., Peijnenburg D., (2012). The effectiveness of mindfulness training for children with ADHD and mindful parenting for their parents. J. Child Fam Stud, 21:139 – 47.

Vestergaard-Poulsen, P., van Beek, M., Skewes, J., Bjarkam, C. R., Stubberup, M., Bertelsen, J., & Roepstorff, A. (2009). Long-term meditation is associated with increased gray matter density in the brain stem. NeuroReport, 20, 170–174.

 

Lincea A.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Bullismo al contrario

Pagina 1 su 1

 

Sono nonno di una bambina di 7 anni che pochi giorni fa ha festeggiato il suo compleanno.

I genitori hanno organizzato una festicciola a cui hanno partecipato una decina di bambine compagne di scuola.

Tra queste ce ne è una che non è simpatica a mia nipote. Questo fatto i genitori e noi nonni lo conoscevamo e più volte abbiamo tentato di capire il motivo di tale antipatia, ottenendo sempre una netta chiusura da parte di mia nipote.

Durante la festa ho assistito a delle scene che mi hanno turbato, pur avendo io 68 anni ed avendone viste abbastanza nella mia vita.

Questa bambina veniva sistematicamente esclusa dai giochi in comune e nessuna delle altre compagne le rivolgeva mai la parola; ogni volta che tentava di inserirsi in qualche iniziativa veniva respinta in malo modo: da mia nipote in primis e di conseguenza anche dalle altre.

Non credo di esagerare avendo avuto l’impressione che mia nipote si comportasse da “capo branco” e che le altre bambine trattassero male la loro compagna per compiacerla.

Ad un certo punto del pomeriggio la bambina è scoppiata in lacrime e la mamma, che era presente, non ha pensato di meglio che sgridarla… mah..

Ora, al di là del  problema di questa bambina che comunque può essere gestito, sempre che i genitori si comportino con intelligenza, quello che mi preoccupa è l’atteggiamento di mia nipote: il suo comportarsi da capo banda, con le sue piccole accolite che maltrattano una loro compagna.

Mia nipote è già un bullo al contrario? Esagero nel vedere in lei il rischio di diventarlo? Se le vittime del bullismo possono contare su un dibattito che è aperto nella società e che tenta di individuare soluzioni, cosa fare per un bullo? Ritengo che la nostra famiglia, nella quale non esistono esempi del genere, sia del tutto impreparata ad affrontare il problema  e su chi consultare per avere indicazioni e suggerimenti educativi utili a risolverlo.

Massimo P.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La difesa personale: analizziamola a 360 gradi!

Pagina 1 su 2

Spesso quando si parla di difesa personale si pensa subito ad acrobazie, arti marziali, calci rotanti e leve stratosferiche, ignorando tutto ciò che viene prima di questa fase, a mio parere le più importanti fasi che precedono il contatto fisico con un aggressore.
In realtà la difesa personale è molto di più, racchiudendo oltre alle proprie capacità fisiche di sapersi difendere, anche un lato psicologico, il sapersi comportare in un certo modo con le persone, avere un occhio attento di ciò che ci circonda e di chi ci sta attorno, quindi una preparazione a 360 gradi che racchiude una serie di steps dal prevenire all’agire.
Quando riesci a comprendere realmente cosa significhi difesa personale, fai di essa il tuo stile di vita, ovvero applichi questo stato mentale, perché prima di tutto è questo, ad ogni situazione della tua vita, da quando metti il piede fuori casa fino a quando rientri.
Ciò che mi piacerebbe far capire alle persone è che molte volte non ci sarebbe nemmeno bisogno di difendersi usando tecniche di combattimento, se si riuscisse realmente a comprendere come applicare questo stato mentale dal momento che realmente è richiesto.
Quindi quando inizia realmente questa difesa personale?
Dal momento in cui metti piede fuori casa entri in un mondo in cui sei a pieno contatto con le persone, con tutti i tipi di persone, perché per strada, nei locali, nei parchi, nelle discoteche, puoi incontrare qualsiasi soggetto, non puoi selezionare il tipo di persone da trovare in un certo luogo, anche se ovviamente dipende dai luoghi e dagli orari, è ovvio che puoi trovare individui di un certo tipo, come in un parco di notte o in discoteca, ed è qui che si è entrati nella prima fase della difesa personale.
Ovviamente non dico che non bisogna frequentare una discoteca o fare una passeggiata notturna in mezzo alla natura, ma se proprio lo si vuole fare almeno fatelo con la mente lucida e vigile, con un occhio sveglio, in modo da sondare per bene il luogo che si sta frequentando, le persone che si hanno attorno, il modo in cui certi individui si rivolgono a noi o il modo in cui siamo noi a rivolgerci a loro.
Avere una mente vigile e attenta è già un buon passo per evitare certe situazioni spiacevoli: se io sono attento, lucido, riesco a comprendere bene cosa accade attorno a me, riesco ad essere cosciente se un determinato pericolo si sta avvicinando, vuoi per le persone che frequento, vuoi per come mi rivolgo a qualcuno usando un certo tipo di tono che non sia provocatorio, vuoi che sia abbastanza intelligente da saper evitare una possibile lite nel caso in cui sia qualcun altro a provocarmi.
Perché arrivare a certe situazioni spiacevoli se ho la facoltà di decidere e passare una bella serata con la mia fidanzata, con i miei amici, invece di passarla in una sala del pronto soccorso?
Il problema è che le persone sono addormentate e danno per scontato troppe cose, come il guidare senza cintura, tanto vuoi che proprio io faccia un incidente? Ma no dai, vedrai che andrà bene, sono solo cinque minuti di strada! Ma vuoi che proprio stasera devo incontrare quel tizio che si irrita facilmente? Vuoi che proprio io pesto il piede a qualcuno in discoteca mentre ballo? Non ci credo che molte liti sono inevitabili, perché tante volte, anche se sbagliamo, dobbiamo avere l’onestà di chiedere scusa e ammettere di aver sbagliato invece di avere la presunzione di non ammettere i propri errori e scaricare la colpa su qualcun altro. Sbagliare è umano ricordiamocelo!
Quindi prima di tutto, ciò che posso consigliare è, quando si esce di casa sii lucido, quando guidi sii vigile, quando ti rapporti con le persone sii educato, quando frequenti un determinato posto sondalo, non è qualcosa di paranormale, si tratta solo di essere cosciente nel luogo in cui ti trovi, delle persone che hai accanto e di ciò che hai attorno, in questo modo sarai capace di capire se sta per accadere qualcosa di brutto e quindi prevenire un incidente, un litigio, qualcosa che possa portare danni alla tua serenità.

Cosa succede nel caso in cui essere vigile non basti?

Può succedere che assumere un certo comportamento non ci salvi da certe situazioni, così siamo costretti a dover affrontare il nostro avversario. Non mi piace parlare subito di mosse di difesa perché prima del contatto fisico si ha comunque uno scontro verbale e fino all’ultimo noi dobbiamo giocarci tutte le nostre carte per evitare uno scontro fisico.
Quando inizia questa interazione verbale è bene cercare di rimanere lucidi, con una mente ferma e calma, per questo mi sento anche di consigliare un corso di meditazione che ci aiuti a gestire la paura e l’adrenalina. Poi in caso la situazione lo richieda è molto importante non rimanere fermi ma muoversi un pochino, muovere il proprio corpo evitando scatti improvvisi, in questo modo non diventiamo di pietra ovvero non ci blocchiamo per la paura congelando la mente e il fisico.
In questo momento accade una cosa particolare, si instaura una profonda connessione tra te e il tuo avversario, in questo modo tutto attorno a voi scompare, si crea il solito effetto tunnel in cui davanti a te vedi solo lo sguardo dell’aggressore e tutto attorno si sfoca sparendo.
Rimanendo lucidi si evita già questa situazione, il cervello rimane più attivo quindi davanti a noi si presentano molte più scelte, più possibilità per evitare un possibile scontro, perché se ci chiudiamo ecco che anche il cervello si blocca eliminando tutte le possibili vie di fuga.
Una cosa che ritengo molto importante, soprattutto quando ci sono telecamere e gente attorno a noi, è di assumere una posizione prevalentemente di difesa e non aggressiva e minacciosa come la solita guardia con braccia alzate e pugni stretti, ma una posizione più delicata visivamente ma che funga comunque da difesa come l’alzare comunque le braccia in modo che stiano tra te e l’avversario proteggendoti e con mani aperte e palmi rivolti verso l’avversario, come per incitarlo a calmarsi.
In questo modo se dovesse succedere qualcosa e si è ripresi da telecamere o la gente che ha assistito alla discussione si dovesse trovare a testimoniare, voi che avete assunto una posizione di guardia che non sia stata minacciosa ma che incitava a calmare l’avversario ecco che passerete per coloro che hanno cercato di evitare la rissa, invece di coloro che hanno assunto una posizione minacciosa con strette di pugni, passeranno subito per quelli che avevano brutte intenzioni. Ovviamente questa posizione serve anche a calmare realmente l’aggressore, perché se vi mostrerete comunque come una persona calma e che visivamente non sia minacciosa, il mal intenzionato potrebbe cambiare idea e lasciarvi in pace.

Pagina 2 su 2

Se la situazione dovesse degenerare, quindi anche questa fase di difesa non dovesse funzionare, cercate di non rimanere distanti dal vostro avversario. Perché dico questo? Potrebbe sembrare in un primo momento sfavorevole per noi, ma stando vicini all’avversario in realtà si evitano moltissimi attacchi che invece tenendo una certa distanza potremmo ricevere, come alcuni calci e pugni che richiedono una minima distanza ovviamente per caricare il colpo, di solito è tipico di alcuni marzialisti esperti, oppure evitare che il soggetto mal intenzionato prenda oggetti pericolosi dalle tasche, cosa che non potrà invece fare se voi starete vicini a lui perché avrete il tempo di bloccarlo o semplicemente evitando che ci lanci qualcosa addosso, anche oggetti che trova accanto a lui come bicchieri, bottiglie, sedie etc. Ovviamente dobbiamo tenere sempre la guardia di difesa consigliata prima, con una gamba avanti per proteggere i genitali, cercando di tenerci un po’ esterni dalla linea centrale del nostro avversario giusto per tenere più protezione e controllo.
Se anche dopo questa fase il nostro avversario non è intenzionato a mollarci, ecco che entriamo nell’ultima fase, l’agire fisicamente! Ovviamente lo faremo solo in caso lui decida di aggredirci, quindi non saremo mai i primi a perdere il controllo perché dalla parte della ragione passeremmo subito alla parte del torto, quindi saremmo noi per primi a passare dei guai.
Ciò che è veramente importante e ripeto veramente importante in questa fase è che non bisogna mai perdere il controllo, quindi applicare la difesa che sia proporzionale all’attacco senza mai esagerare portandoci così in una situazione di eccesso di difesa: in questo caso il nostro non sarà più un tentativo di difesa anche se ci ritroviamo a sferrare qualche colpo ma ci ritroveremo noi ad essere aggressori perché abbiamo appena abusato della difesa personale diventando noi i soggetti violenti, arrivando così a passare dei guai sul penale in caso di denuncia. Quindi è importante ritrovarci ad evitare in qualsiasi modo il contatto fisico: noi dobbiamo essere lupi travestiti da pecore, quindi dobbiamo sempre apparire come persone calme e buone, che vogliono assolutamente evitare una discussione che sia verbale o fisica, ma essere pronti in caso in cui si richiede di applicare qualche tecnica di difesa senza abusare del nostro diritto di difenderci quindi tenendo sempre il controllo delle nostre azioni.
Non è mai facile comportarsi in maniera adeguata in queste situazioni, perché lo stress che ci ritroviamo a vivere in questi momenti ci toglie lucidità mentale, ciò che ci fa tenere il controllo della situazione, ovvero la cosa più importante.
Il consiglio più importante che posso dare è appunto come detto all’inizio, applicare questa difesa personale sempre, dal momento in cui si esce, magari non ce ne sarà bisogno ma come facciamo a capirlo? Forse non sarà necessario proprio perché siamo riusciti a tenere questo controllo e questa attenzione mentale, evitandoci dei possibili scontri che lì per lì magari non avremmo notato, ma riflettendo in un secondo momento potremmo notare.
Tutto ciò che mi sono ritrovato a dire in questo articolo è frutto degli insegnamenti che ho avuto in questo ambito e ovviamente prima di tutto grazie all’esperienza fatta che, vivendola sulla mia pelle, sono riuscito a comprenderla molto meglio, quindi non si parla di aver letto un libro e basta ma come per ogni cosa ci vuole un adeguato insegnamento teorico e una giusta parte pratica che ci porti a comprendere bene un argomento a 360 gradi.

 

Emanuele L.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Brivido di velocità: la mia passione per le corse

Pagina 1 su 3

Questo è il mio primo articolo in cui condivido una delle mie passioni, anzi, quella più vecchia e diciamo anche “innata”.

Sin da piccolo mi è sempre piaciuto correre, non intendo a piedi anche se mi piace molto come attività fisica ma intendo correre con le auto. Con questo voglio dire che mi piace correre sia nel senso di guidare una vettura ma anche vedere le auto correre, la competizione tra piloti.

Sin da piccolo ho avuto questa passione, molto probabilmente trasmessa da mio padre in quanto lui era molto addentrato in questo mondo e pertanto stavo sempre dietro a lui ovunque andava. Quando c’erano le gare mi piaceva spesso andarci perché avevano qualcosa di magico non so.

In questo articolo vorrei trasmetterti questa mia passione, per come la vivo io, sia dal punto di vista di “pilota” che di pilota non ho niente ahahah ma mi piace molto guidare un mezzo da competizione, e sia dal punto di vita di colui che va a vedere le “Corse”. Per “Corse” non intendo quelle di formula uno, che comunque un po’ tutti, anche chi non è appassionato può conoscerne il brivido, vediamo come sono strutturate e cosa trasmettono ad ognuno di noi. Quello di cui ti parlerò saranno le “Corse” del CIVM (campionato italiano velocità montagna), le cosi dette Cronoscalate, ossia la scalata di un determinato tracciato di montagna con il tempo cronometrato.

Per prima vorrei parlarti proprio di quest’ultima.

Come dicevo sin da piccolo stavo sempre dietro a mio padre che nei periodi delle gare era molto impegnato per mettere a punto, ossia nelle condizioni ideali delle caratteristiche di ogni tracciato, le varie autovetture che seguiva, in cui prestava il servizio come “preparatore”. Da piccolo mi piaceva andare sempre con mio padre perché mi divertivo tantissimo a stare dietro a lui, vedere tante macchine, sentire i tanti rombi di motori diversi, avvertire nell’aria quella competizione e adrenalina, sia da parte dei piloti ma anche da parte dei tifosi tra di loro. Sono dei giorni, dei fine settimana che si tingono di queste sensazioni ed emozioni avvertibili da chilometri di distanza sia di tempo e spazio. In quei giorni vedere alle 7.00 di mattina la gente che da casa parte e arriva con gli zaini sulle spalle, cappellino, sedie che salgono e percorrono a piedi il tracciato per andare nelle loro postazioni, sentire lo speaker che annuncia i vari tempi cronometrati dei piloti e tutti i vari team lì davanti che non aspettano altro se esultare per la grande prestazione oppure no. Sono tantissime sfaccettature che non si riescono a cogliere da subito ma con il tempo e con gli anni di esperienza maturano e si evolvono, si comprendono meglio e queste sono emozioni davvero forti che non scompariranno mai perché sono così forti che hanno lasciato delle impronte fortissime che ogni volta che rivedo una scena o rivivo un ricordo, un solo momento, riaffiorano facendo trasalire quel brivido che crescendo è diventato sempre più forte.

Il tutto non finisce qui. Solitamente i week end delle gare iniziano il venerdì con le verifiche tecniche, ossia si lascia a disposizione la vettura ai commissari tecnici di gara per esaminarla e controllare che esistano tutte le condizioni di sicurezza e affidabilità. Il giorno successivo, ossia il sabato, ci sono le Prove che solitamente si dividono in due manche, due sessioni di tempi cronometrati. È  un po’ come il discorso delle prove libere in formula uno che sono atte a testare e mettere a punto la propria vettura nelle migliori condizioni. La differenza tra formula uno e la cronoscalata è che in formula uno si hanno due giornate piene in cui tutti i team hanno tantissimo tempo a disposizione e tantissimi dati per capire e ragionare su dove sistemare e migliorare le performance della vettura. Nella cronoscalata è più difficile, uno direbbe: come mai? Perché come ho detto nella cronoscalata si hanno solo due sessioni di prove, ossia due tempi cronometrati, è come avere a disposizione due giri di pista in un circuito e in questi due giri devi capire tutto e subito per mettere la macchina nella condizione migliore, il tutto fornito dalle sensazioni del pilota. Quindi la difficoltà è ben elevata. Infine poi la domenica ci sono le due manche di gara, ossia dove i due tempi cronometrati vengono poi sommati alla fine e il tempo più corto vince la cronoscalata. Ovviamente ci sono varie categorie di gara perché ci sono sia macchine d’epoca, ma anche varie categorie a livello di macchine moderne, è un po’ più complicato il discorso ma comunque a livello assoluto il vincitore è uno solo, poi a livello di categorie, nelle varie divisioni ci sono i vincitori per categoria.

Pagina 2 su 3

Durante questo periodo, la cosa che lega tutte quelle sensazioni e passioni che accomunano tutti sono le cene e i pranzi di gruppo, in cui i vari team, piloti e meccanici, si godono e condividono assieme momenti in cui consumano un pasto che può essere in un ristorante o anche a casa di uno di essi. Ovviamente in queste circostanze quello che si fa è continuare a discutere sul da farsi, si decide dove apportare miglioramenti alla vettura, il cambio da configurare (la cosa più importante) ossia che marce mettere e infine anche su delle probabili previsioni degli altri piloti. Quindi la competizione in questi momenti si sente anche a tavola. È  un’atmosfera che non distrugge per niente perché non è dannosa come magari possiamo trovare anche in altri sport, come quella degli Ultras delle squadre di calcio che rendono quello sport una schifezza che passa anche la voglia di andare allo stadio, ma in questi momenti che appunto soltanto meccanici e piloti sanno (perché si riuniscono solo loro) si crea un’atmosfera magica per davvero. Ovviamente ci sono anche i tifosi che fanno allo stesso modo tra di loro, lo so perché è vero che ho partecipato spesso alle serate di piloti e meccanici ma altre volte ho voluto provare l’altro lato della serie, quello dei tifosi. Quindi so che c’è questa dualità che per tutto il week end è molto accesa.

Crescendo poi sono riuscito ad addentrarmi di più in questi momenti. Da bambino avevo una determinata visione, il sogno di ogni bambino a cui piace tantissimo giocare con le macchinine poi si ritrova in condizioni reali che gli sembra un sogno, da grande invece potevo prendere più parte a tutti quei discorsi che si facevano e quindi vedere le cose in un’ottica diversa.

Devo dire però che tra le due preferisco la versione da bambino perché è molto più pura e meno influenzata rispetto a quella che avevo quando ero più cresciuto.

Sembrano cose che magari a prima vista possono non essere comprese, non capite, che alzarsi la mattina alle 6.00, controllare che la macchina e tutti gli attrezzi ci sono, andare al bar per fare colazione per poi partire e andare nella propria postazione prima di iniziare la giornata non possa valere nulla. Quasi tutti sono abituati alle gare in tv, a quelle poche sensazioni ed emozioni che vediamo da un teleschermo, ma non sono così profonde come quelle che io stesso ho provato e provo tutt’ora. Ed è per questo che ti invito magari a seguire qualche gara, ovviamente in quella che puoi perché sono in ogni parte d’Italia, in questo modo potrai renderti conto di un pizzico di quella immensa passione che alberga dentro in ogni persona che le segue da una vita.

Sono uno che come tanti provano questa grande passione, queste emozioni ci fanno vivere intensamente quei momenti della vita, e sono proprio qui per trasmetterti questo fuoco al fine di farti provare qualcosa anche a te, per comprendere che in realtà ci sono altri sport che danno emozioni che solo se le vivi dal vivo è possibile. È vero che la passione è innata, ma delle volte può anche nascere!

Adesso vorrei parlarti della stessa passione però dal lato del pilota. L’ambito non è più lo stesso, ossia delle cronoscalate, anche perché ci vogliono tanti soldi per essere nelle condizioni per competere e soprattutto avere una vettura da corsa. Quello di cui ti parlerò adesso è una cosa un po’ più piccola, in cui ci si può divertire senza per forza competere con gli altri ma competere con se stessi.

Pagina 3 su 3

Quello di cui ti sto parlando è la passione per il Go-kart. Il Go-kart è un quattro ruote, con un motore, atto per correre e girare in pista, piccoli circuiti adibiti per questa classe di vetture. Sono piccoli a confronto di una normale auto da corsa, anche di una formula uno, ma il divertimento che danno è qualcosa che va oltre. Poiché mio padre era un meccanico, da piccolo mi piaceva molto vedere questi quattro ruote sfrecciare nei circuiti, vedevo soprattutto molti bambini che si divertivano cosi, erano entusiasti, felicissimi al solo pensiero di salire su quei go-kart ed entrare in pista. Non aspettavano altro che i loro papà accendessero quel motore (un motore a scoppio) e loro salissero sopra per andare a divertirsi. Così anche mio padre mi prese un go-kart, ovviamente con una cilindrata bassa poiché ero comunque piccolino, quindi un 60 cc era già molto buono. Una delle più grandi diciamo delusioni che ho avuto da bambino è stata quella di non riuscire a correre spesso con il go-kart, potevo andare soltanto qualche week end, perché spesso per lavoro o per altro tipo di problema non potevo andare in pista e divertirmi. Questo la dice tutta a riguardo, non vedevo l’ora di sentire quel “si” da mio padre che mi portasse in pista. Il mio obiettivo era solo quello entrare in pista e continuare a fare giri sfidando di continuo me stesso, di migliorare sempre di più, ad ogni giro capire dove potevo correre più forte, fare le curve in un certo modo, migliorare gli ingressi e le uscite in curva, arrivare al limite e poi staccare sempre più in ritardo prima di rallentare e compiere quel pezzo di circuito che magari era il più complicato, stavo sfidando me stesso. Era come se ad ogni giro ci fossero due me, il me che correva quel giro e quello del giro precedente, un po’ come nei videogiochi di macchine che al giro successivo spunta il fantasma, quello del giro precedente, che se lo battevi significava che avevi migliorato il tempo, ecco!!! La situazione era questa, soltanto che non ero alle prese con un joystick ma alle prese di un volante reale, un acceleratore e un freno reale e quindi con emozioni e adrenaline reali del tutto differenti da quelle di un videogame che mutavano la mia personalità in pista, tirando fuori quel senso di “pilota” che ognuno di noi ha dentro di sé.

La cosa anche bella che sentivo e percepivo era anche il piacere che mio padre provava nel vedermi così felice in pista. Ero molto euforico, provavo una sensazione bellissima indimenticabile data sia da quella mentre guidavo e sia da quella che sentiva mio padre nel vedermi così felice e in pista. Per lui ero come se fossi un piccolo Schumacher, si divertiva molto e gli piaceva molto. Infatti quando non potevamo andare nel circuito anche lui ci rimaneva male, non soltanto io, quindi il dispiacere era enorme da entrambe le parti, ma quando si andava tutto si dimenticava e contavano soltanto quei momenti in pista, tornare ai box, fare regolazioni e scendere in pista nuovamente, cambiare le gomme e di nuovo in pista!

A distanza di tanti anni che non salgo più su un go-kart ricordo ancora quelle emozioni che sentivo mentre ero a bordo. Qualche volta, ancora oggi, nel tempo libero scendo in pista però sui kart da noleggio, ovviamente non sono la stessa cosa poiché sono del tutto differenti, però come passatempo non sono male per farsi qualche giretto e riprendere quell’adrenalina, soprattutto se ci si va con degli amici anch’essi appassionati o addirittura, come spesso mi è capitato, che non hanno mai provato questo genere di esperienza e se ne sono innamorati (e adesso ci vanno più di me a correre). Delle volte si organizzano dei gran prix nei week end in alcuni circuiti, piccoli gran premi di divertimento con altre persone dove si fanno nuove amicizie e ci si diverte tutti insieme. Certamente la manutenzione di un kart non è una cosa da trascurare poiché bisogna mantenerlo sempre efficiente, sono un po’ delicati di motore e quindi è necessario tenerlo sempre curato.

Chissà se un giorno ne prenderò un altro e scenderò di nuovo in pista con un mio nuovo kart, sta di fatto che quelle emozioni non moriranno mai!

 

Rob

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

Flow – Io creo: cosa ci rende felici?

Pagina 1 su 4

Io creo cose, perchè quello che creo ha per me un valore intrinseco.

Non è concetto semplice eppure è qualcosa che attribuiamo alle cose che amiamo fare, è perchè amiamo farle, perchè quell’attività è preziosa per noi in quanto tale.

Ad esempio leggere libri è qualcosa che io faccio che è intrinsicamente prezioso per me, combina la mia sete di informazione alla mia passione della lettura. Quando leggo un libro mi trovo spesso in uno stato di superconcentrazione dove sembra che la mia consapevolezza si fonde con le parole che leggo. E la prossima cosa di cui mi accorgo è che mi sento stordito perchè sono passate ore e mi sono completamente scordato di pranzare.

C’è un termine psicologico per questa sensazione e si chiama Flow.

È  un concetto introdotto da Mihaly Csikszentmihalyi, un professore di psicologia ungherese, quando lui si affascinò a come artisti si perdevano nel loro lavoro.

Pagina 2 su 4

Questo, mostra che circa il 30% delle persone intervistate negli Stati Uniti a partire dal 1956 dice che la propria vita è molto felice. Questo risultato non è variato molto, mentre il reddito personale, in una scala che è stata aggiustata per tenere conto dell’inflazione, è più che raddoppiato, quasi triplicato, in quello stesso periodo. Ma si possono trovare essenzialmente gli stessi risultati, cioé che una volta superato un livello di base che corrisponde più o meno a poco più di 1000 dollari oltre il livello minimo di povertà, gli incrementi nel benessere materiale non sembrano influenzare la felicità degli individui. E difatti si può constatare che l’assenza di risorse di base, di risorse materiali, contribuisce all’infelicità, mentre un incremento di tali risorse materiali non la fa aumentare. Dopo aver realizzato che queste realtà effettivamente corrispondevano alla sua esperienza, Mihaly Csikszentmihalyi ha cercato di capire dove, nella vita quotidiana, nelle nostre esperienze normali, ci sentiamo veramente felici.

Mihaly Csikszentmihalyi iniziò ad osservare persone creative, in principio artisti e scienziati e così via, per sapere cosa gli facesse credere che valesse la pena passare la loro vita facendo cose per le quali molti di loro non si aspettavano né fama né fortuna, ma che rendevano le loro vite significative e degne di essere vissute.

 

Quando Mihaly Csikszentmihalyi parlò con pittori, atleti o scienziati tutti loro gli descrissero sensazioni simili di elevato focus, uno dei maggiori compositori di musica americana degli anni 70 lo descrisse così:

 

“Sei in uno stato estatico fino al punto che ti senti come non esistessi. La mia mano sembra priva di me, e io non ho niente a che fare con quello che succede. Io mi siedo soltanto lì in uno stato di soggezione e meraviglia. E [la musica] semplicemente fluisce fuori di me.”

 

Estasi in greco significava semplicemente “stare a lato di qualcosa.” Successivamente divenne essenzialmente un’analogia per uno stato mentale nel quale l’individuo sente che non si trova nella sua ordinaria routine quotidiana. Pertanto, si può considerare l’estasi come un salto in una realtà alternativa. E, se ci si pensa, è interessante notare come, quando si pensa alle civiltà considerate il punto più alto dello sviluppo dell’umanità, sia essa la civiltà cinese, greca, indù, i Maya o gli Egizi, quello che noi conosciamo di queste civiltà sono le loro “estasi”, non la loro vita quotidiana. Conosciamo i templi che hanno costruito dove la gente poteva andare per sperimentare una realtà diversa. Conosciamo i circhi, le arene, i teatri e questi sono i resti delle civiltà antiche, sono i luoghi dove le persone andavano per sperimentare la vita in una forma più concentrata e più ordinata.

Ma il compositore non ha bisogno di andare in un preciso luogo, gli basta un pezzo di carta dove può buttare giù dei piccoli segni ed immaginare nuovi suoni mai sentiti prima in quel preciso ordine. Quando il compositore raggiunge quel punto dove inizia a creare una nuova realtà, quello è un momento di estasi. Entra in una realtà differente.

Pagina 3 su 4

Allora, quando un individuo è totalmente assorto in questo processo, estremamente coinvolgente, non rimane abbastanza attenzione per pensare a come si senta il proprio corpo, o ai propri problemi a casa. Non ci si può nemmeno render conto di aver fame, o essere stanchi. La nostra identità sparisce dalla sua coscienza, perché non abbiamo a disposizione abbastanza attenzione, nessuno di noi, per fare veramente bene qualcosa che richiede molta concentrazione ed allo stesso tempo sentire di esistere. L’esistenza è temporaneamente sospesa. Gli psicologi hanno scoperto che la mente di una persona può processare solo una certa quantità di informazione alla volta. Per Mihaly Csikszentmihalyi quel numero è di “110 bit di informazioni al secondo” [lo dice nel suo talk show del 2004]. Può sembrare un sacco di informazione, ma non è così perchè secondo Csikszentmihalyi per sentire e capire un discorso ci vogliono circa 60 bit di informazioni al secondo.

 

Uno studente di Csikszentmihalyi ha intervistato alcuni dei maggiori scrittori e poeti negli Stati Uniti. E un poeta descrive gli stessi sentimenti spontanei e senza sforzo che si provano entrando in questo stato di estasi.

Il poeta dice che è come aprire una porta che galleggia in cielo, descrizione molto simile a quella che Albert Einstein fece riguardo a come lui immaginava le forze della relatività, quando lottava per provare a capire come funzionassero.

 

Era questo riferimento continuo a quest’immagine di essere in un fiume o all’acqua che scorre che diede a Csikszentmihalyi il nome per il fenomeno. E sembra che sia vecchio quanto l’umanità. Fonti storiche suggeriscono che Michelangelo potrebbe essere stato in uno stato di Flow quando pitturava la Cappella Sistina, è riportato che Michelangelo dipingeva per giorni alla volta rinunciando a cibo e riposo. Bruce Lee nel suo libro Tao of Jeet Kune Do dice

 

“Svuota la tua mente. Sii senza limiti, senza forma, come l’acqua.”

 

Tutti possono provare questa sensazione, ma per farlo servono delle condizioni preliminari:

 

1 Devi essere coinvolto in un’attività con degli obiettivi chiari e progresso.

 

2 Il compito in questione deve avere un chiaro ed immediato riscontro.

 

3 Devi esserci un buon equilibrio tra le sfide considerate del compito e le

competenze della persona.

 

Pagina 4 su 4

Csikszentmihalyi ha sviluppato un modello per la sua idea e ha un aspetto così.


Sull’asse delle ordinate(y) c’è il livello della sfida e sulle ascisse(x) c’è il livello delle competenze, come si può vedere quando la sfida è molto difficile e le competenze sono molto scarse questo causerà ansia, perchè sai quello che devi fare ma non puoi nemmeno avvicinarti nel raggiungere la cosa.

Solo quando il livello della sfida è molto alto e la persona ha le competenze necessarie si può ottenere uno stato di Flow.

Come il compositore di cui abbiamo parlato prima, il processo per comporre musica per lui è la sua seconda natura perchè lo faceva da anni.

Io leggo libri da 7 anni(è solo un esempio) e ci sono abituato ma come un compositore, un meccanico, un atleta sono costretto a spingermi in nuovi territori, perchè la sfida diventa facile e  ricado in uno stato di controllo(leggere un’altro libro, uno con un linguaggio difficile).

Mentre quando provo a scrivere un racconto mi muovo tra uno stato di apatia e preoccupazione, ci vorrebbero molti più anni a quanto pare, quando le mie competenze saranno in grado di svolgere l’azione titanica di scrivere.

La cosa che voglio dire è che lo stato di Flow è possibile in tante aree dell’esistenza come l’arte, scienza, sport, al lavoro, nella medicina però è importante avere un’estesa devozione per l’azione di creare.

Lo stato di Flow per me è essre in una dimensione tutta nuova fatta di una sostanza bella per quello che è.

Io non so perchè all’essere umano piace fare cose per il loro valore intrinseco ma sono felice di poter provare il piacere di creare.

 

Jaskaran S.

 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

Consigli utili prima di prendere un cane

Pagina 1 su 2

Prima di adottare un cane, è necessario come prima cosa riflettere su alcuni punti importanti per evitare di incappare in errori che possono portare a non essere più in grado di gestirlo. Decidere di prendere un cane non è da considerare uno sfizio per far contenti i propri figli se non si è davvero interessati a crescerlo e ad accudirlo.

– Assicurarsi di essere pronti ad accudire un animale

Prima di tutto occorre essere pronti. Dopo essersi accertati che nessuno in casa soffra di reazioni allergiche ai cani, è importante considerare che avere un animale da compagnia nella propria vita comporta molte attenzioni e costi, quindi prima di tutto, se si vuole garantire una vita sana e dignitosa per il proprio cane, è bene considerare il proprio aspetto economico, valutando se si è in grado di coprire tutti i costi riguardanti i suoi viveri, le cure e gli accessori vari (guinzaglio, cucce, spazzole ecc.). I cani, inoltre, possono sviluppare ansia da separazione e avere comportamenti anomali quando si sentono abbandonati. Se i propri orari lavorativi dovessero prevedere lunghi periodi di assenza da casa, forse non è il momento adatto per prendere un cane. Attenzione, questo non vuol dire che i cani non possono stare a casa da soli, anzi, a chiunque può capitare di assentarsi da casa per alcune ore, perciò bisognerà educarlo alle proprie assenze, purché, come precedentemente detto, non siano eccessivamente lunghe.

– Avere pazienza

Un altro aspetto da non sottovalutare è avere pazienza, specialmente se si decide di prendere un cucciolo piuttosto che un cane già adulto. Un cane appena arrivato nella sua nuova casa ha bisogno prima di tutto di ambientarsi e di capire quali sono i suoi spazi (ad esempio dove fare i suoi bisogni), quindi non bisogna pretendere che in pochi giorni sappia già cosa fare o non deve fare, occorre prima di tutto abituarlo, evitando sculacciate con il classico giornale che possono, a mio parere, spaventare il cane, specie se è ancora piccolo. Consiglierei, piuttosto, una volta che il cane si è ambientato  nella nuova casa, di dirgli un secco “NO” quando ha comportamenti sbagliati, e di premiarlo con il suo cibo preferito o fargli delle coccole quando invece si comporta bene e/o impara ciò che gli è stato insegnato. Se lo becchiamo fare i suoi bisogni nel posto sbagliato, consiglio di prenderlo e portarlo in quello che noi abbiamo deciso sarà il suo spazio dei bisogni. Volta dopo volta, imparerà ad associare questo luogo ai suoi bisogni evitando di evacuare altrove. Per i cuccioli, occorre considerare che nei primi mesi (all’incirca fino ai 4/6), esattamente come un neonato, non sarà in grado di trattenersi, quindi per i primi tempi, bisognerà avere pazienza e non dimostrarsi aggressivi.

– Riflettere bene sulla razza che si vuole prendere

Ogni cane ha delle precise esigenze, che sia di razza o non. È molto importante informarsi sulla tipologia di cane che si desidera, valutando se sono adatti a vivere nel proprio ambiente casalingo. Se si vive in appartamento è importante come primissima cosa valutare se nel proprio condominio è possibile tenere animali domestici, e quale tipologia di cane permette di ospitare. In generale negli appartamenti si adattano meglio i cani di piccola taglia, mentre quelli di media e grande taglia si adegueranno meglio nelle case con un bel giardino o un terrazzo dove poter condurre attività fisica.

Pagina 2 su 2

Valuta la possibilità di prendere un cane in canile piuttosto che in allevamento

Se non si ha particolari preferenze sul tipo di razza, consiglio di non sottovalutare l’idea di prendere un cane in canile. Prima dell’adozione, è importante fare molte domande al personale del canile per conoscere la storia di quel preciso cane che si è scelto, in modo da poter valutare se è adatto a vivere secondo i propri ritmi di vita, e soprattutto se deve seguire delle cure mediche in particolare.

Se hai dei dubbi, sappi che il veterinario può dare dei consigli anche in fase di scelta del proprio cane, perché il futuro con lui possa essere stimolante e piacevole.

 

Chiara C.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Società Moderna: Mezzi d’informazione

Pagina 1 su 4

Giornalismo 

Quanto di tutto quello che leggi è reale?

Le notizie false sono molto più vecchie di quanto si pensi. Risalgono alla metà dell’ottocento, quando cominciarono a circolare i primi strilloni, cioè bambini che urlavano i titoli dei giornali per venderli. Gli strilloni dovevano strillare i titoli per fare in modo che le persone comprassero i giornali, ma dovevano per forza urlare dei titoli che catturassero l’attenzione della gente per vendere più giornali, e questo è l’inizio della storia delle notizie false.

Quando le persone realizzarono che i titoli interessanti vendevano di più, iniziò l’era della stampa scandalistica. La stampa scandalistica è un tipo di giornalismo che rinuncia ad un’impostazione obiettiva in favore di titoli sensazionalistici, allo scopo di vendere un numero maggiore di copie. È principalmente un giornalismo che utilizza titoli fuorvianti e grandi notizie, che di vero non hanno niente. Alcuni dei giornali più famosi di quest’era erano il New York Tribune e il Sun inglese. I tipi di notizie di questi giornali erano su omicidi esagerati, storie su scandali politici e sulla corruzione. Certo non è una bella cosa, ma vendono giornali, e una volta comprato il giornale non importava il contenuto o se la storia fosse vera o falsa. Infatti per la stampa scandalistica era meglio se una notizia fosse falsa, perchè così il giornale poteva introdurre una rivelazione, un argomento, una confutazione, o una sorta di titolo accattivante per vendere più giornali su quel titolo.

Allora ci si chiede, perchè c’è questo problema? Sono i giornalisti ad essere cattivi? Oppure i giornali non scelgono con cura i loro articoli di copertina? Perchè le stampe giornalistiche e i telegiornali vanno avanti con il loro lavoro se in realtà non lo sanno fare?

La verità è che riportare notizie non è il loro lavoro. Non sono nel settore dell’informazione: loro sono nel settore della pubblicità. Molte nuove compagnie non fanno soldi dalle notizie che riportano, fanno soldi con le pubblicità che fanno vedere insieme alla notizia. Le stampe giornalistiche non fanno soldi dall’articolo, ma fanno soldi da cosa è sopra l’articolo, a cosa c’è accanto all’articolo. I giornali di oggi per attirare l’attenzione dei lettori utilizzano il metodo Mieli (giornalista e saggista italiano) delle 5 “S”: in prima pagina devono comparire articoli che trattino argomenti riguardanti Sangue, Sesso, Soldi, Spettacolo e Sport, in modo da continuare gli articoli nelle prossime pagine del giornale.

Questo succede anche sulla tv. Oggi non interessa più che la notizia sia completa, l’importante è che faccia orrore e crei polemica, e se per caso l’avvenimento non comporta discussioni, allora bisogna creare scontro o controversia.

Pagina 2 su 4

TV

Le notizie false sono diventate la norma con l’invenzione della televisione. La televisione ha reso semplice fornire le notizie alle persone, costantemente. Questo ha aumentato l’abilità di fornire contenuti alle persone, allo stesso tempo supportandosi.

Riportare notizie su eventi correnti serve solo a riempire il tempo, è il contenuto ciò che gli serve, affinchè tu guardi e leggi fino a quando non inizia la prossima pubblicità, e tu sei lì.

Nel suo libro Amusing Ourselves to Death, Neil Postman sostiene che la maggior parte di quello che c’è sulla televisione in realtà attacca l’alfabetizzazione e il pensiero critico invece di promuoverli. Raramente i programmi che guardiamo sono informativi o stimolano il pensiero, ci si concentra a divertire. Guardando la tv, l’occhio umano non riesce a riposarsi perchè la sequenza di fotogrammi è troppo veloce insieme alla musica di sottofondo molto suggestiva. Non ha niente a che fare col condividere informazione, è il mondo dello spettacolo.

Si noti quando le persone parlano alla TV, spesso per loro non c’è il tempo di fermarsi e pensare, sarebbe noioso e strano. Però questo è parte naturale di come comunichiamo tra di noi! Se guardassimo persone sulla tv avere discussioni reali, saremmo annoiati per la maggior parte del tempo. Nessuno vuole guardare qualcuno pensare ciò che vuole dire. Un esempio sono i moderni dibattiti politici: ad ogni persona è richiesto fare una lista di idee prima del programma, fare le prove, e dopo c’è un tempo limitato per presentare le idee, c’è un limite. Come fa un politico a presentare le proprie idee in tre minuti? Sarebbe meglio che un altro controbattesse in due minuti? Abraham Lincoln faceva discorsi che duravano sette ore, che venivano ascoltati da elettori interessati.

Il problema non è che la tv ci intrattiene, il problema è che presenta le proprie materie in questione, in modo divertente. Come Wilson Bryan Key suggerisce: “Anche gli omicidi sono divertenti.”

Questa non è cospirazione, è solo capire che una buona tv vuol dire immagini, musica, persone e storie che attirano l’attenzione. Non ha nulla a che vedere con le preoccupazioni mondiali di oggi, al contrario le notizie sono distorte e servite in modo da stimolare, e certo, fare soldi. In tv il ruolo di politici e pensatori diventa più quello di attori, che di stimolatori del pensiero. E sfortunatamente il mezzo con cui l’informazione è condivisa, spesso riflette il livello intellettuale di un’intera cultura. Bisogna tenere a mente che il libro di Neil Postman è stato scritto molto prima che Internet fosse accessibile a miliardi di persone!

Pagina 3 su 4

Internet

Come è possibile che ci siano notizie false su Internet nell’era dell’informazione?

Su Internet c’è molto “clickbait”, cioè si presentano notizie con titoli accattivanti che alla fine sono false, solo per avere più visualizzazione. Di solito si dice che ci sia clickbait solo su Youtube, ma in realtà il clickbait esiste anche su blog, social media e in tutte le parti di Internet. I blog che parlano di notizie, in realtà sono spazi pubblicitari. Youtube non è una piattaforma video ma una piattaforma pubblicitaria, Facebook non è un social network ma un sito di pubblicità, che ha le foto del bambino del tuo amico ad esempio, con lo scopo di attirarti a visitarlo. E Google? Non fa un sacco di soldi con il suo motore di ricerca, o con le tecnologie che produce: si tratta tutto di pubblicità. Secondo Bloomberg Businessweek intorno al 90% del reddito di Google, cioè $ 76.1 miliardi di dollari viene dalla sua attività pubblicitaria. Un suo ex dirigente dice che: “nessuno vuole affrontare la realtà che questa è un’azienda pubblicitaria con un mucchio di hobbies”. Creare prodotti, dove può mettere pubblicità.

Ma cosa ha così di brutto il clickbait oltre ad essere un po’ noioso? Solo una piccola perdita di tempo, vero? NO. Si capisce che i media non fanno solo in modo di farci cliccare sulla notizia, ma anche condividere la notizia falsa!

Si capisce che dopo centocinquanta condivisioni le agenzie di stampa abbiano capito quale emozione ci fa condividere una notizia falsa, e questa emozione è la rabbia. In uno studio condotto dal MIT su 200,000 utenti di Twitter in Cina, dimostra che post in cui c’era l’emozione della rabbia erano molto più probabili ad essere diffusi tramite condivisioni rispetto ad altre emozioni.

E questo si può vedere dappertutto su Internet, dove i titoli più dominanti sono di tensione razziale, violenza senza senso, di diritti calpestati, e questi sono i post che vengono condivisi di più. Non sono post con argomenti e analisi ragionevoli che vengono condivisi, ma quelli che danno una risposta emozionale. In un momento di rabbia devo controllare se la storia è vera; il titolo è lì davanti e proviene da una fonte autorevole, trasmette così tanta rabbia che bisogna condividere la notizia, subito. Induce una reazione immediata. Non c’è tempo di controllare i fatti, perchè il responso immediato è di condividere e comunicare la notizia a tutti. E questa cosa può diventare una cosa pericolosa, molto velocemente, siamo in un’era di intrattenimento dove un piccolo post, o una piccola storia può diventare gigantesca fino a diventare pericolosa.

Una persona posta una storia falsa su un social network, la storia riceve dei like, viene condivisa, piccoli blog la riportano, dopo siti più grandi cominciano a parlarne, finchè raggiunge i media mainstream. A quel punto nessuno va più a controllare da dove la notizia ha avuto origine perchè spesso è impossibile trovare la fonte originale.

Pagina 4 su 4

Un esempio concreto è la storia dell’iPhone 4, quando un blog riportò che la data di rilascio dell’iPhone 4 era stata spinta da Giugno a Ottobre. In meno di 15 minuti dopo che l’articolo era stato pubblicato, il valore di Apple come compagnia scese di 4 miliardi di dollari. 4 MILIARDI DI DOLLARI in 15 minuti e la notizia era FALSA. Apple fu in grado di chiarire la situazione e alla fine della giornata recuperò la maggior parte dei soldi.

Le notizie false possono essere molto pericolose quando arrivano ad influenzare i candidati per cui votiamo. Il modo in cui spendiamo i nostri soldi, le sensazioni che proviamo per le altre persone e altre culture.

E questo è un problema.

 

Jaskaran S.

 

Link

1 https://it.wikipedia.org/wiki/Stampa_scandalistica

2 http://www.abitarearoma.it/redazione/sesso-sangue-soldi/

3 http://www.odg.mi.it/node/31342 leggere punto 5.5

4 http://www.ferraraitalia.it/la-storia-dalle-cinque-w-alle-cinque-s-come-e-cambiato-il-giornalismo-36922.html

5 https://www.youtube.com/watch?v=FRabb6_Gr2Y

6 https://it.wikipedia.org/wiki/Clickbait

7 https://www.bloomberg.com/news/features/2016-12-08/google-makes-so-much-money-it-never-had-to-worry-about-financial-discipline

8 https://www.technologyreview.com/s/519306/most-influential-emotions-on-social-networks-revealed/

9 https://www.engadget.com/2007/05/16/iphone-delayed-until-october-leopard-delayed-again-until-januar/ leggere le parti cancellate

10 http://www.techdigest.tv/2007/05/fake_iphone_del.html

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Società Moderna: Tecnologia

Pagina 1 su 3

Nel corso dei secoli la tecnologia ha completamente cambiato il modo in cui comunichiamo: la stampa, il telegrafo, il telefono, il giornale, la radio, la televisione.

In questo momento come quando fu inventata la televisione siamo vivendo in una rivoluzione iniziata nel 1962 con l’idea di collegare alcuni computer insieme(il progetto ARPANET), oggi sono connesse quasi tre miliardi di persone.

Internet è veloce, infatti nei suoi primi venticinque anni, il telefono connetteva il 10% dell’intera America. Quando con Internet nel 1995 meno dell’1% della popolazione mondiale era connesso, il primo miliardo si raggiunge nel 2005, due miliardi nel 2010 e tre miliardi alla fine del 2014.

I vantaggi di Internet sono tanti, e sono tutt’intorno a noi, infatti in un sondaggio britannico le persone mettono Internet in cima al loro elenco di elementi quotidiani essenziali prima del WC, l’auto e il televisore. Ma i rischi sono meno evidenti. Ce ne sono almeno quattro.

 

Dipendenza

In un’indagine effetuata da SOS Il Telefono Azzurro Onlus un ragazzo su cinque dichiarava di essere sempre online e il 17% ammetteva di non essere in grado di smettere. In un sondaggio di Cisco il 90% di giovani tra i 18 e i 30 anni in 18 nazioni controllano Internet come prima cosa al mattino, anteponendo l’abitudine alla comunicazione interpersonale. In un’altro sondaggio il 67% delle donne affermava che Internet interferiva con il tempo speso con i loro partner. Tra 1500 persone in Inghilterra il 56% tra i 18 e i 30 anni preferiscono Internet e i social media a leggere un libro.

 

Sappiamo troppo e capiamo poco

La quantità di informazioni su Internet è inimmaginabile, in un minuto gli utenti di Facebook pubblicano 3,3 milioni di post, su Twitter vengono pubblicati circa 500 mila tweet. Su Youtube si caricano 500 ore di video e si cercano 3,8 milioni di cose su Google.

Ci sono così tanti dati che dobbiamo inventare nuove parole per descriverli. La quantità di dati è incredibile. Creiamo circa 2,5 trilioni(exabite) di dati in un giorno che riempirebbero 10 milioni di dischi blu-ray, che messi uno sopra l’altro sarebbero 4 torri Eiffel messe una sopra l’altra. E il 90% dei dati del mondo è stato creato negli ultimi due anni. Un sacco di informazioni su Internet non hanno neanche senso, Internet non è sempre spesso fonte affidabile di informazioni e di quelle che troviamo ne esageriamo l’accuratezza e l’importanza. E in tutto questo la seconda domanda più cercata su Google con il termine “how to(come)” è: how to love(come amare)? Google questo non lo sa ma ti ruba il tempo di conversare con la persona che lo sa, te stesso.

Pagina 2 su 3

Pericolo della privacy

Centinaia di cookies tracciano costantemente i posti che frequentiamo. I nostri telefoni loggano informazioni su di noi anche se sono spenti, basta avere il wi-fi acceso. Le app che utilizziamo vendono le nostre informazioni personali a terze parti. In uno studio si dice che il 47% delle app di Apple condividono la nostra posizione e il 73% delle app di Android condividono le nostre mail e questo in uno studio del 2015. In continuazione lasciamo briciole digitali su internet con il nome di “cookies” che tracciano la nostra navigazione su internet per farci vedere annunci che ci interessano ma uno studio del Princeton University comunica che diversi siti ora utilizzano metodi più invasivi per esempio sapere il livello di batteria del tuo iPhone aiuta i siti a riconoscerti, non serve cancellare i cookie. Viene creato un tuo profilo consumatore di cui non sei a conoscenza e non hai controllo, in questo modo i siti riescono a capire cosa ti piace o cosa no. E i dati vengono anche venduti a società di marketing e questi dati forniscono una conoscenza dettagliata della vostra vita. Internet saprà se sei gay prima che lo sappia tua madre.

 

Criminalità online

Internet è pieno di criminalità. Nell’agosto del 2010 l’investigazione internazionale Operation Delego chiuse un cerchio pedofilo chiamato Dreamboard che aveva 600 membri, e che poteva aver distribuito 123 terabyte di pornografia infantile(quasi 16,000 DVD). In italia nel 2016 il Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia online ha coordinato 576 indagini all’esito delle quali sono stati eseguiti 51 arresti e 449 denunce. In Italia il fenomeno dei reati informatici è cresciuto del 51% in 5 anni. Nel 2016 gli spazi web riconducibili a xenofobia e razzismo sono stati 96. Gli spazi web monitorati 1120. E in Italia 2 ragazzi su 3 sono stati vittima di cyberbullismo, quando i ragazzi sono oggetto d’insulti, offese, e altro, per i ragazzi è difficile denunciare: una delle prime cose che succede è che si sentano in colpa, sbagliati, che abbiano difficoltà a confidarsi per paura di ulteriori conseguenze spiega Nunzia Ciardi, Direttore del servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni.

Il cybercrime costa all’Italia 9 miliardi all’anno.

 

In conclusione

Le nuove tecnologie si fanno strada nelle nostre vite e nella nostra cultura che non possiamo fare altro che parteciparvi con altre persone. Le nuove tecnologie creano bisogni che prima non avevamo e che non possiamo astenerci di soddisfare e non utilizzarle ci mette in svantaggio di comunicazione rispetto alle persone, e tu sei costretto a conformarti. Ad esempio oggi tutti hanno un telefono ma se tu non ce l’hai saresti frustrato per non poterti mettere in contatto con le persone. Ma facciamo finta che vuoi tenerti in contatto con le persone che rispettano le tue decisioni ma non esiste un lavoro in cui non hai bisogno di un telefono. E così le nuove tecnologie si fanno strada nella cultura.

Dobbiamo prendere misure attive per educare i giovani riguardo ai pericoli di Internet. Internet presenta sfide per mantenere vitali le nostre capacità critiche e rimanere connessi alle persone nella vita reale.

Dobbiamo ristabilire il contatto con il mondo naturale, parlare faccia a faccia, smettere di utilizzare Internet ogni volta che siamo annoiati. Dobbiamo controllarci non perchè Internet è una cosa malvagia ma perchè è una cosa molto molto bella, ma in modi che sono dannosi per le nostre capacità mentali, perchè ne siamo dipendenti.

Internet ha il potere di mettersi in mezzo in qualunque cosa importante, a partire dalla tua vita.

 

Jaskaran S.

Pagina 3 su 3

Link

 

1 http://www.internetlivestats.com/

2 https://www.technologyreview.com/s/427787/are-smart-phones-spreading-faster-than-any-technology-in-human-history/

3 http://www.pewinternet.org/fact-sheet/internet-broadband/

4 http://www.standard.co.uk/news/uk/half-of-brits-think-surfing-the-internet-is-more-essential-than-spending-time-with-family-9837709.html

5 http://www.psicologiaperugia.it/approfondimenti/dipendenza-da-internet/

6 http://www.megliosapere.info/2016/02/dipendenza-internet-crescita-ragazzi/

7 http://m.ragan.com/Main/Articles/90_percent_of_young_people_wake_up_with_their_smar_45989.aspx

8 https://newsroom.cisco.com/press-release-content?type=webcontent&articleId=1114955

9 https://www.emarketer.com/Article/Checking-Messages-Part-of-Almost-Everyones-Morning-Routine/1013779

10 http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-2862432/Are-love-SMARTPHONE-75-women-admit-devices-ruining-relationships.html

11 https://www.booktrust.org.uk/usr/library/documents/main/1576-booktrust-reading-habits-report-final.pdf

12 http://www.smartinsights.com/internet-marketing-statistics/happens-online-60-seconds/

13 https://www.quora.com/How-much-data-is-created-each-day

14 https://trends.google.com/trends/explore?date=all&q=how%20to

15 http://www.bbc.com/news/technology-34732514

16

https://www.engadget.com/2016/12/16/2016s-biggest-privacy-threat-your-phone/

17 https://www.nbcnews.com/mach/technology/princeton-study-exposes-weird-new-ways-sites-are-spying-you-n622391

18 https://en.wikipedia.org/wiki/Cybercrime

19 http://www.repubblica.it/tecnologia/sicurezza/2017/01/03/news/resoconto_attivita_polizia_postale_e_delle_comunicazioni_per_l_anno_2016-155298916/

20 https://www.franzrusso.it/security-privacy/cybercrime-italia-fenomeno-reati-informatici-cresciuto-51-percento-5-anni/

21 https://www.franzrusso.it/security-privacy/cybercrime-italia-fenomeno-reati-informatici-cresciuto-51-percento-5-anni/

22 http://www.lastampa.it/2017/02/07/tecnologia/news/in-italia-ragazzi-su-in-italia-sono-stati-vittima-di-cyberbullismo-vy3ecfE185Pr5XNfyl18YJ/pagina.html

23 http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2016-05-12/il-cybercrime-costa-italia-9-miliardi-anno-122729.shtml?uuid=ADZrMQG&refresh_ce=1

 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

I primi passi per iniziare a correre: it’s time to Running!

Pagina 1 su 5

Ciao a tutti, da qualche anno ho iniziato ad andare a correre, la corsa oltre ad essere uno sport completo per mantenersi in forma è anche uno sport economico dato che non occorre spendere soldi per andare a correre, basta avere la voglia di uscire di casa ed andare in una zona della vostra città dove potete correre, perfetto sarebbe un grande parco o nelle piste pedonali abbastanza larghe, oppure sul lungomare, in spiaggia o per i più sportivi in montagna nei sentieri.

Scrivo questo articolo principalmente per chi non ha mai corso o pensa di non saper correre, per chi ha già provato a correre e pensa che questo sport non fa per sé. Ho sentito molte persone che pensano di non riuscire a correre o che la corsa sia semplicemente correre e correre abbastanza veloce fino a che non si muore per mancanza di fiato. Così dopo 10 minuti ecco che si fermano con dolori ovunque pensando: “che fatica, la corsa non fa proprio per me!”. Anche io la pensavo così, fino a che non ho capito che sbagliavo il metodo che usavo per correre. Uno degli sbagli che si possono fare è quello di non fare un allenamento graduale, ma andare dritti sparati come schegge, così da finire stanchi morti subito dopo due minuti.

Quello che vorrei fare quindi è scrivervi un metodo di corsa insegnatomi, che per me è stato efficace per imparare a correre bene e tanto. Quindi se sei una persona che vorrebbe iniziare questo sport o vorrebbe semplicemente migliorarlo, ti lascio questi consigli che potrebbero aiutarti.

Partiamo dal principio, chi può correre?

Tutti. Non è vero che c’è qualcuno che non è portato, a meno che c’è un problema fisico che ti impedisce di farlo e il dottore ti ha detto che non puoi fare questo sport allora certo la corsa non è forse il tuo sport, ma se non hai gravi problemi fisici, l’unica cosa che ti impedisce di correre è il metodo sbagliato di corsa e la poca voglia. Sono sicura quindi che puoi farcela anche tu! Basta avere la giusta motivazione, che sia perché vuoi dimagrire, che sia perché vuoi avere una buona salute fisica, la corsa farà al caso tuo.

Pagina 2 su 5

Diversi tipi di corsa

Prima di illustrarti lo schema da seguire, dobbiamo distinguere i diversi tipi di corsa che vi farò fare. Nella corsa infatti per avere risultati dobbiamo variare sia il tempo sia la velocità, altrimenti si rimarrebbe sempre allo stesso livello di partenza, che siano 10 minuti, 20 o 30. Se vuoi salire di livello per riuscire a correre di più dovrai fare diversi tipi di allenamenti. Non useremo gli allenamenti troppo intensivi dei maratoneti, ma utilizzeremo i vari ritmi che si usano più spesso in un allenamento per principianti. Io non sono un’esperta di running ma con il tempo e i consigli di altri esperti ho perfezionato il mio allenamento e penso che possa andare bene anche a te se sei un principiante.

Jogging e running

Tanto per spiegare la differenza e non confondersi, il jogging altro non è che la corsetta normale, quella che fanno la maggior parte delle persone che vedete andare a correre. La corsa jogging quindi si basa su un tipo di corsa che è sempre uguale, lineare, non cambia e rimane di solito alla stessa velocità, inoltre è un allenamento saltuario e non costante. Invece quando si inizia a fare un allenamento diverso, costante, con variazioni di velocità, tempo e potenza, per aumentare il nostro livello allora parliamo di running.

I tipi di corsa che faremo li chiameremo: corsetta lenta (jogging), la corsa facile, le ripetute, la corsa progressiva, gli scatti. Ok non farti spaventare dai nomi hahaha ora ti spiego.

La corsetta lenta o Jogging è una corsa che è diversa per ognuno di noi, la mia quindi potrebbe essere più veloce o più lenta della tua. Si tratta di andare ad un ritmo normale, cioè non devi essere troppo affaticato mentre corri, se il tuo fiato non regge significa che devi rallentare, prova a parlare mentre corri, se non riesci a pronunciare una frase di dieci parole senza dover fare troppi respiri affannati allora stai andando troppo forte rispetto al tuo ritmo. Devi riuscire a parlare abbastanza bene, quindi senza dover smettere di parlare per prendere fiato, ma respirando quasi normalmente. Una volta quindi che hai trovato il tuo ritmo dovrai mantenere la stessa andatura per tutto il tempo che ti dirò. Questa corsa di solito si usa per riscaldarci, è una preparazione, ma agli inizi, se non sei allenato la useremo principalmente nel tuo allenamento.

La corsa facile è una corsa un poco più veloce di quella lenta, si tratta di aumentare leggermente il ritmo di velocità, ma senza aumentare troppo. In questo caso potresti riuscire a dire una frase e poi avresti bisogno di aumentare il respiro perché non riuscirai più a parlare, in questo caso quindi va bene non riuscire a parlare, ma comunque riuscirai a dire qualche frase ogni tanto, se non riesci stai andando troppo veloce e devi rallentare. In ogni caso dovrai ricordare soltanto che la velocità dovrà aumentare di poco del tuo ritmo abitudinale (corsetta lenta). Questa corsa la useremo nelle ripetute nella fase di rilassamento o riposo.

La ripetuta è una corsa più veloce rispetto alla corsa facile e viene fatta per un determinato lasso di tempo o distanza, alternata a una fase di corsa più rallentata. Quindi ad esempio potrai fare un minuto in cui aumenti la velocità un po’ di più rispetto alla corsa facile, mantenendola costante tutto il minuto e il minuto dopo tornerai a fare la corsa facile, se non ce la fai puoi fare anche la corsetta lenta o se proprio senti di non farcela nemmeno quella cammini a passo svelto, l’importante è che non ti fermi mai. I tempi tra ripetuta e riposo devono essere uguali, quindi se la ripetuta la vuoi fare di 2 minuti invece che 1, il riposo dovrà essere di 2 minuti, né di più né di meno. Puoi anche utilizzare la distanza invece che il tempo quindi fare ad esempio 100 metri di ripetuta e 100 metri di corsa facile ecc…

La corsa progressiva è la corsa che aumenta di velocità per un lasso di tempo in modo progressivo, quindi da piano a veloce, non una velocità costante come nella ripetuta, ma aumenti piano piano. Essa può essere usata in modo alternato con la corsa facile, ad esempio si possono fare un minuto di corsa facile e un minuto e mezzo di corsa progressiva, poi di nuovo un minuto di corsa facile e un minuto e mezzo di progressiva, continuando per tutta la durata dell’allenamento.

Lo scatto è una corsa che tende a superare il tuo limite di velocità, iniziano a correre in modo velocissimo fin dall’inizio dello scatto. Esso di solito agli inizi lo si fa durare molto poco ad esempio puoi fare uno scatto di 20 metri. Prima dello scatto e dopo lo scatto si può correre facendo o corsa lenta o corsa facile, ma durante lo scatto è importante che la velocità sia al massimo delle tue potenzialità.

Pagina 3 su 5

Lo stretching

Negli allenamenti si consiglia di svolgere lo stretching a fine allenamento e non prima, questo perché se si fa lo stretching subito prima di iniziare, con i muscoli ancora a freddo si rischia solo di farsi del male. Per cui consiglio di svolgerlo dopo l’allenamento.

Quindi adesso che conosci i diversi tipi di corsa possiamo andare avanti, spiegandoti come iniziare il tuo allenamento. Innanzitutto dobbiamo capire qual è attualmente il tuo ritmo e la tua resistenza, questo lo capirai andando a fare una corsa lenta, il jogging. Dovrai quindi andare a correre per vedere la tua resistenza, quindi quanti minuti resisti nel fare la corsetta lenta? Da qui possiamo poi cominciare a fare un programmino personalizzato. Io scriverò due programmi standard, sia per chi non riesce a correre più di 10 minuti, sia per chi resiste tranquillamente per 30 minuti, sempre facendo la corsetta lenta. Potrai poi modificarlo a seconda della tua resistenza.

Questo allenamento avrà la durata di un mese tenendo conto di una persona che va a correre per un minimo di tre volte a settimana, lo scriverò comunque con quattro allenamenti a settimana, il quarto allenamento settimanale è solo per i più temerari 😉 scherzo ovviamente, va bene anche andare tre volte, l’importante è che siano sempre tre e che non si salti mai, perché la costanza ti permetterà di passare di livello ogni settimana, dato che aumenterò le difficoltà man mano che andrai avanti, ma se salti i giorni, non riuscirai a svolgere un allenamento di difficoltà maggiore. Facendo questo allenamento riuscirai a dimagrire già dopo una settimana, chiaramente se poi smetti per un’altra settimana riprenderai quello che hai perso e dovrai ricominciare tutto da capo. Sta a te scegliere.

Allenamento mensile per chi riesce a correre per 10 minuti (livello 1)

settimana Lunedì Mercoledì Venerdì bonus
15’ min corsa lenta 10’ min ripetute 10’min lenta, 1’camminata, 10’ lenta 20’ min lenta
20’ min lenta 10’min ripetute 25’ min lenta 20’ min lenta
25’ min lenta o facile 15’ rip. 25’ min lenta o facile 20’ min lenta
25’ min lenta o facile 20’ rip. 30’ lenta o facile 20’ min lenta

 

Come vedi ho scritto i vari giorni della settimana, ma puoi decidere tu quando andare, se lunedi o martedì, l’importante è che siano sempre tre allenamenti o quattro settimanali. Un’altra cosa importante è non saltare da un allenamento di una settimana a uno di un’altra settimana, ma seguire la tabella così com’è. Non ho inserito la corsa progressiva o gli scatti perché saranno inserite nel secondo mese di allenamenti. Come vedi ci sono diversi tempi ogni volta, perché l’allenamento nella corsa non deve essere né tutto uguale né troppo progressivo, ma necessita di fare dei passi avanti ma anche passi indietro per abituare il corpo e non dargli subito un eccessivo sovraccarico. Ricordati che prima di iniziare a correre e dopo che hai corso dovrai fare 5 minuti di camminata per riscaldarti, quindi sarà 5 min di camminata  +  tot.minuti di corsa + 5 minuti di camminata + stretching

Le ripetute dovrai svolgerle in questo modo, farai 1 minuto di corsa facile e il minuto dopo aumenti la velocità mantenendola costante (come ti ho spiegato sopra nella ripetuta non dovrai arrivare al limite massimo di velocità, che non ce la fai a correre, altrimenti diventerebbe uno scatto), poi di nuovo 1 minuto di corsa facile e 1 minuto di ripetuta, così via fino alla fine dell’allenamento. Puoi anche contare i metri invece del tempo, ad esempio fai 200 metri di corsa facile e 200 di ripetuta, sta a te vedere come ti torna meglio. Durante il minuto di riposo dopo la ripetuta (corsa facile) puoi anche decidere di fare la corsa lenta se vedi che non ce la fai o al limite cammini a passo svelto. Nella ripetuta invece dovrai sempre andare più veloce. Il venerdì ho scritto che farai un tot di minuti di corsa, poi un minuto di camminata e dopo riprendi a fare un altro tot di minuti di corsa, così fai un piccolo riposo a metà allenamento se sei troppo affaticato.

Pagina 4 su 5

Allenamento mensile per chi riesce a correre fino a 30 minuti (livello 2)

settimana Lunedì Mercoledì Venerdì bonus
35’ min corsa lenta 30’ min ripetute 20’min lenta, 1’camminata, 20’ lenta 40’ min corsa lenta
40’ min corsa lenta 30’ min ripetute 45’ min corsa lenta 40’ min corsa lenta
45’ min corsa lenta o facile 35’ rip. 45’ min corsa lenta o facile 40’ min corsa lenta
45’ min corsa lenta o facile 40’ rip. 50’ min corsa lenta o facile 40’ min corsa lenta

 

Anche qui per le ripetute dovrai seguire le indicazione scritte sopra per l’allenamento di livello 1.

Consigli aggiuntivi

Ti consiglio di procurarti un orologio elettronico da polso per contare i minuti, o un timer pre impostato che suoni quando ad esempio finisci l’allenamento o devi cambiare ritmo, io ad esempio utilizzo l’app Zazen, la stessa che uso per meditare, dato che puoi impostare dei timer ogni tot minuti suonando quando finiscono i minuti. Puoi comprarti una fascetta per telefoni da tenere al braccio o a marsupio come queste: https://www.decathlon.it/C-898327-porta-smartphone-portaoggetti così potrai anche ascoltarti la musica oltre a sentire i going del timer.

Per l’abbigliamento io ti consiglio di procurarti maglie e pantaloni in materiale tecnico, isolano dal freddo, non usare le maglie di cotone soprattutto in inverno dato che il sudore si appiccica alla maglia e c’è il rischio che ti ghiacci troppo. Ti lascio i link per l’abbigliamento tecnico:

uomo https://www.decathlon.it/t-shirt-running-uomo-run-warm-id_8394840.html https://www.decathlon.it/collant-running-uomo-run-dry-id_8381942.html

donna https://www.decathlon.it/maglia-running-donna-run-warm-id_8394792.html  https://www.decathlon.it/tight-running-donna-ekiden-warm-neri-id_8312342.html

Cosa mangiare prima della corsa

Ti consiglio di mangiare molto tempo prima della corsa, quindi ad esempio se vai a correre alle 18, puoi fare una merenda alle 16:00 mangiando soprattutto frutta. Inoltre non arrivare disidratato all’allenamento ma bevi molta acqua, ma non nella mezz’ora prima dell’allenamento se non vuoi avere poi successivi dolori alla milza durante l’allenamento.

Pagina 5 su 5

Ti svelo un segreto!

Il nostro corpo è davvero intelligente e tu pensa che quando finisci di allenarti lui non smette subito quando tu decidi di smettere ma continua a bruciare grassi per un’altra oretta abbondante dopo l’allenamento anche se ti sei fermato, quindi è consigliato non consumare pasti un ora o due dopo l’allenamento se si vuole bruciare di più perché se si inizia un pasto, il cervello passa in modalità digestione e smette di essere in modalità brucia grassi, iniziando a assimilare anche di più del normale.

È inverno e fa freddo!!

Bando al pigrismo, esistono degli abiti sempre tecnici in pile che tengono al caldo (inoltre il tessuto tecnico già di per se non disperde fuori il calore corporeo ma lo mantiene), potete comprarli al Deca che ne ha di economici, io ad esempio d’inverno mi vesto così: maglia a maniche lunghe tecnica, maglia in pile, giacca in pile con rivestimento impermeabile, pantaloni in pile tecnici, guanti in pile (che puntualmente mi devo togliere per il caldo che ti viene dopo), sciarpa sportiva in pile, berretto di lana sportivo (pizzicaaa ma tiene calda la testolina). Insomma se ti imbacucchi per benino non lo senti il freddino! All’inizio può sembrare un ostacolo insormontabile, ma credimi che è solo pigrizia, quando inizi a correre dopo neanche 5 minuti ti scaldi e il freddo non lo senti più. Anche la pioggia non deve fermarti, basta che poi corri a casa a farti la doccia una volta finito l’allenamento. Per la pioggia procurati una giacca con cappuccio impermeabile, d’autunno senza pile, d’inverno col pile.

Le scarpe attenzione, sempre quelle da running, non da passeggio anche se sono da ginnastica devono essere state prese nel reparto running perché può essere rischioso per i piedi e le caviglie fare questo allenamento con scarpe da tennis e da ginnastica che non sono da running.

Gli esercizi fisici

Oltre a fare la corsa ti consiglio di fare degli esercizi fisici per aumentare il tuo livello così da velocizzare i tuoi miglioramenti, potenziando i muscoli infatti si corre molto più velocemente; puoi fare gli esercizi fisici nei giorni in cui non corri. L’importante è allenare gli addominali e le gambe e se vuoi anche le braccia. Ti consiglio quindi fare tre serie da 15 di addominali normali che si fanno a terra, sia per la parte davanti, che per gli addominali laterali, inoltre farai gli squat per le gambe facendo sempre 3 serie da 15, aggiungi gli affondi e le flessioni. Per gli esercizi ti consiglio di vedere come si fanno su youtube, che è meglio vederli con i propri occhi che leggerli a parole così da non sbagliare le posizioni. Puoi anche farne di diverso tipo, questo sta a te scegliere poi quali vorrai fare.

 

Mens sana in corpore sano…e viceversa!

Ti consiglio di dare attenzione anche alla parte più spirituale oltre che fisica, grazie alla meditazione infatti si eliminano stress accumulato, ansia, depressione. Questo è molto importante perché andrà a migliorare anche le nostre prestazioni fisiche. Io medito quotidianamente una meditazione che ho imparato in Accademia di Coscienza Dimensionale, la meditazione sui chakra infatti equilibria il tuo corpo energetico dandoti più forza ed energia durante le giornate!

Siamo arrivati quindi alla fine di questo articolo, spero che i miei consigli vi siano utili, ora non vi resta che uscire e correre! Nel prossimo articolo scriverò il programma di livello 3 e 4. Buon allenamento!

 

Silvia M.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La conoscenza ci rende liberi

Pagina 1 su 3

 

“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza” diceva Dante nell’Inferno. Non siamo stati fatti per vivere come bruti (animali) ma per praticare la virtù e apprendere la conoscenza.

Amavo la scienza già da quando ero bambino, volevo conoscere tutto ciò che mi circondava: perché le barche non affondano? Perché alcuni palloncini volano? Come comunicano gli animali? Come nascono i bambini? Perché la nonna non riesce a smettere di fumare?

Così tante domande da non poterle saziare, perché spesso ogni risposta ti apre a più domande e io volevo sapere. Ciò che non capivo, era perché soprattutto alle medie e alle superiori non ci fosse un margine di ore da dedicare alle curiosità degli studenti, tutti gli insegnanti correvano per finire il programma, cercando di trascinare dietro di loro quanti più studenti possibili, studenti che al termine di un modulo d’apprendimento finivano per dimenticare ciò che avevano studiato spesso a memoria, senza nemmeno aver capito cosa stavano studiando, come se il programma scolastico fosse qualcosa da divorare anziché assaporare e comprendere fino in fondo.

Eppure mi chiedo: conoscere cose nuove come può non piacere? I bambini sono molto curiosi ma la scuola anziché coltivare la loro curiosità la spegne, la insabbia con ansia, competizione e una terribile noia. Ho visto pochissimi studenti amare la letteratura, forse perché a scuola te la fanno detestare, tanti altri non voler sapere nemmeno come sono fatti il corpo umano e il pianeta Terra.

Io adoro leggere, la lettura ti porta in un universo nuovo, ti fa vedere le cose con occhi diversi, ti fa riflettere, ti può insegnare. Conosci meglio te stesso quando impari a conoscere gli altri.

Non saprei dire cosa sia a mettere in moto questa curiosità, forse è per un bisogno di sicurezza. Se sai cos’è e come si comporta qualcosa in un certo senso puoi controllarlo. Finché non sai se un insetto può pungerti o meno ne hai paura ma se scopri che non può farti nulla puoi stare tranquillo, quell’insetto non è più una minaccia e tu sei più sicuro. Se sai che una barca non affonda non avrai paura a salirci sopra, se sai che un certo fungo non è velenoso non avrai problemi a mangiarlo. Forse è questo desiderio di vivere serenamente a stimolarci la curiosità? O c’è anche dell’altro?

 

Pagina 2 su 3

A volte siamo troppo superficiali nel dire che qualcosa è possibile o impossibile, a volte lo diciamo per esperienza. Potresti ad esempio aver riempito un palloncino con tantissimi materiali: acqua, aria, sassi, biossido di carbonio… e aver osservato che il palloncino non vola e allora magari potresti aver pensato che è impossibile far volare un palloncino. Poi un giorno arriva qualcuno che prova a riempirlo con l’elio ed ecco che si scopre che il palloncino può volare. Una cosa è impossibile solo quando si dimostra che lo è.

Non dobbiamo arrenderci e dire che una certa cosa è impossibile senza nemmeno chiederci se lo è davvero. Anche le cose più scontate che tu pensi siano impossibili possono diventare possibili. Se lanci un sasso quello cade per terra, e questo lo sanno anche i bambini, ma se lo lanci nello spazio? Il sasso rimane sospeso.

A volte bisogna cambiare prospettiva per vedere le cose in modo diverso e farsi tante domande. Hai mai pensato che si può prevedere il futuro e cambiarlo? Hai mai pensato di poter creare delle protezioni energetiche attorno alle persone che ami? Hai mai pensato di guarire una persona semplicemente volendolo?

Pensi che sia impossibile? Perché? Chi ha mai dimostrato che non si può fare? è stato dimostrato che se lanci un cubetto di ghiaccio in acqua bollente allora quello si scioglie, è impossibile che non si sciolga. Ma nessuno ha mai dimostrato che sia impossibile conoscere e cambiare il futuro. Possiamo dire che è un fatto che non è stato ancora osservato e quindi si può pensare che sarà impossibile finché qualcuno non dimostrerà che è possibile farlo.

Le prove potrebbero già esserci, sei tu a decidere se volerlo scoprire o meno.

Non siamo soli, siamo circondati da altri esseri viventi, dalla natura, dall’energia. Tutto quanto attorno a noi può essere studiato per essere compreso, le discipline sono quasi infinite e tu hai ogni giorno la possibilità di imparare cose nuove: arte, letteratura, biologia, chimica, fisica, matematica, spiritualità, benessere, alimentazione, sport… il mondo delle cose da imparare è molto vasto e il mondo delle cose da scoprire lo è ancora di più.

 

Pagina 3 su 3

Tutto può essere affascinante e interessante:  come si organizzano le api nell’alveare, com’è fatto il petrolio, perché i bambini piccoli credono che le persone scompaiano quando non le vedono più, perché il latte materno ha tantissime proprietà, come si raggiunge il benessere attraverso la meditazione, come si sviluppa il sesto senso, cosa sono i chakra e perché è interessante conoscerli, com’è fatto il sangue, perché le stelle brillano, perché il cielo è nero di notte nonostante l’universo sia pieno di stelle…

Ricordo il grande stupore la prima volta che ho infornato un impasto grumoso e ne ho ottenuto un’ora dopo una ciambella buonissima, la prima volta che ho risolto un’equazione differenziale (ok non a tutti potrebbe piacere ahahah), la prima volta che mi sono lanciato con gli sci lungo le discese innevate, la prima volta che ho visto un vitellino appena nato, la prima volta che ho visto germogliare il seme che avevo piantato in un vaso, le prime parole di mio fratello, la prima volta che mi sono connesso così forte a Dio durante una meditazione da sciogliermi in un pianto di felicità liberatorio e risanante che nient’altro in quel momento poteva esistere… in tutte queste occasioni mi sono chiesto: quanto altro ancora esiste che io non conosco?

Lo stupore ci fa sentire piccoli, ci mostra che c’è ancora qualcosa che non sappiamo, che il mondo è ancora pieno di sorprese e noi ci illudiamo di sapere già tutto.

Nella vita di tutti i giorni ci sono stress, routine, sofferenza e tante cose spiacevoli, sono così tante purtroppo che ci fanno pensare che non ci siano cose belle a questo mondo. Anche io l’ho pensato tante volte, poi ho conosciuto Accademia di Coscienza Dimensionale e ho imparato a lavorare su di me, mi sono affacciato su un mondo nuovo che mi dava la possibilità di essere fiero di me, perché mi insegnava come diventare la persone che desidero essere.

Imparare come si bilancia una reazione chimica è interessante, saper risolvere le derivate può essere utile, scrivere un libro può darti soddisfazione, ma nulla è al pari di un percorso personale che possa renderti fiero di te stesso, che possa far affiorare da te stesso la felicità e che possa dare pienezza alla tua vita.

Imparare è bello e la conoscenza ti rende libero, molto di più di quanto si possa credere.

 

Davide D.

 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Realizzare un proprio sogno

Pagina 1 su 5

 

Consiglio n.1

 

Fai qualsiasi cosa che ti avvicina alla realizzazione del tuo sogno. Fallo! Se hai un sogno, cosa stai facendo in questo momento per realizzarlo? Se il tuo sogno è diventare un milionario, ok, ma cosa stai facendo adesso per diventarlo?

Ci stai lavorando? Ti stai investendo? Stai imparando cosa sono le azioni? Stai lavorando a un piano nel settore? Devi pensare a cosa stai facendo adesso non a cosa farai magari in un punto nel tuo futuro. Se non stai facendo niente, comincia a fare qualcosa. Se vuoi diventare un boxer professionale ma non hai nessuna pratica, non perdere tempo, unisciti a un club, comincia a guardare video tutorial su Internet, comincia a parlare con persone che ne sanno qualcosa, comincia a fare esercizio fisico per metterti in forma. Fai qualsiasi cosa. Non pensare “ho solo 15 minuti, quindi non serve a niente, lo farò dopo.” Anche se fai poco ti stai muovendo in avanti. Non sprecare il tuo tempo.

Smetti di perdere tempo.

“Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità

è che ne perdiamo molto.”

Seneca

 

 

Consiglio n.2

 

Dedicaci tutto te stesso. Concentrati su un obbiettivo alla volta. Cos’è la cosa più importante per te in questo momento? Fai quella cosa. Dedicati al tuo obbiettivo e alle cose che ti aiuteranno a realizzarlo. Se non sei sicuro su cosa fare dopo, scegli qualsiasi cosa relativa al tuo obbiettivo, l’importante è muoverti in avanti. Dedica la tua anima al tuo sogno. Quando migliorerai in questa abilità, la tua voglia di prendere pause random e non fare niente diminuirà, migliorerai la tua concentrazione, migliorerai te stesso. Pensa solo al tuo obbiettivo.

 

 

Consiglio n.3

 

Fai qualcosa che veramente vuoi fare. Se hai un obbiettivo e veramente è importante per te allora ovviamente metterai più impegno a realizzarlo.

Il tuo obiettivo deve essere qualcosa che veramente vuoi. Non farti degli obiettivi perchè “è quello che fanno le altre persone”. Fai le cose che vuoi fare.

“Soprattutto, prova qualcosa”

Franklin Delano Roosevelt

 

Pagina 2 su 5

Consiglio n.4

 

Muoviti sempre avanti. In ogni singola azione che fai ci sono 3 possibilità: avanti: ti muovi avvicinandoti al tuo obiettivo, neutrale: rimani nello stesso posto, e dietro: ti muovi allontanandoti dal tuo obiettivo.

Fai in modo che ogni azione che fai ti faccia andare avanti, verso il tuo obiettivo. Se fai un errore, non pentirtene e non pensare che ti sei mosso indietro. Al contrario, facendo errori, ti muovi in avanti, perchè fai nuove esperienze e impari da queste.

Impara sempre dai tuoi errori. Se fai un errore, siediti e analizzalo. Cosa esattamente hai fatto di sbagliato? Come puoi evitare di farlo la prossima volta? E cosa hai imparato? Prendi la tua lezione e muoviti avanti.

 

“Il più grande errore che si può fare

nella vita è quello di avere

sempre paura di farne uno”
Elbert Hubbard

 

 

Consiglio n.5

 

Finisci sempre quello che inizi. La perfezione è il nemico del buono, quello che vuol dire è che non devi mai fare in modo che il tuo desiderio di perfezione ti impedisca di finire qualcosa che è buono. Perchè finire qualcosa anche se imperfetto vuol dire imparare qualcosa da questo e ti muovi in avanti, più vicino alla perfezione.

 

 

Consiglio n.6

 

Devi avere un’agenda.

 

Questo non vuol dire che devi fare in modo che ogni giorno sia lo stesso, ma sicuramente è una bella idea fare un’agenda che funziona per te, così puoi usare il tuo tempo più efficientemente, e non perderai tempo.

 

 

Consiglio n.7

 

Impara da qualsiasi cosa che fai. Facciamo finta che hai un obiettivo e ti stai impegnando ogni giorno per realizzarlo, ma ci sono volte in cui non stai facendo niente riguardo l’obiettivo prefissato, esempio andare al cinema, uscire con gli amici, andare al lavoro, non devi vedere questo tempo come tempo morto. Devi vedere l’obiettivo dovunque tu vada. Se il tuo obiettivo è diventare un pittore prendi ispirazione per il tuo prossimo quadro guardando le cose intorno a te, se stai passeggiando con i tuoi amici prendi spunto dal paesaggio che vi circonda. Non separare il tuo tempo produttivo dal tuo tempo sprecato.

Fai in modo che tutto il tuo tempo sia tempo produttivo. Lavorare verso il tuo obiettivo è meglio di avere delle pause, perchè quello che stai facendo lo fai perchè lo vuoi fare.

 

 

Consiglio n.8

 

Avere una lista delle cose da fare. È importante, perchè così non ti distrai se pensi a qualcosa mentre stai lavorando su qualcos’altro, devi solo aggiungere la cosa sulla lista e puoi pensarci dopo che hai finito di lavorare.

 

Pagina 3 su 5

Consiglio n.9

 

Evita distrazioni. Metti via il tuo telefono e non controllare nessun social network quando ti concentri su qualcosa. Puoi ascoltare musica se questo ti aiuta, il mio consiglio è quello di ascoltare la stessa playlist ripetutamente ogni volta che lavori, perchè ti ci abituerai e diventerà un sottofondo piuttosto che una distrazione. Spegni la tv, non sognare ad occhi aperti e quando fai qualcosa, concentrati e non distrarti.

 

 

Consiglio n.10

 

Non farti pretesti.

Non essere mai negativo.

Se succede qualcosa che non ti piace, sistema la situazione e vai avanti.

Se fai un errore, impara dall’errore e vai avanti.

Se non trovi una soluzione, comincia a provare di tutto finchè non la trovi.

 

 

Consiglio n.11

 

Non pensare a quello che penserà la gente.

Avrai sicuramente fatto qualcosa nella tua vita che non volevi fare ma lo hai fatto lo stesso perchè hai pensato a che cosa penseranno gli altri. Non devi pensare in questo modo perchè devi capire che alla gente non importa. Per esempio se ti compri una Ferrari la gente penserà che sei ricco per un solo minuto perchè il minuto dopo staranno pensando a qualcos’altro, perchè tutti hanno la propria vita e a nessuno importa. In pratica le persone penseranno qualcosa sulla tua vita per un minuto mentre tu ci penserai per tutta la tua esistenza. Fai le cose che vuoi fare solo se è una tua decisione che non deve essere mai influenzata da quello che le persone vogliono, perchè le persone che penseranno che hai fatto una cosa strana lo penseranno per alcuni secondi e poi continueranno con la loro giornata mentre sarai tu che potresti pentirti di non aver fatto quello che volevi tutta la tua vita.

E quando capirai questo comincerà a non importarti come la gente pensa.

 

“Non sono gli anni della tua vita che

contano, ma la vita nei tuoi anni”

Abraham Lincoln

 

Pagina 4 su 5

Consiglio n.12

 

La concentrazione è sottovalutata.

Fai finta che ci sono dieci cose che puoi fare al livello abilità 1, è il livello di quanto le puoi fare bene quelle cose, oppure puoi fare una cosa fino al livello abilità 10. Quindi quando si parla di concentrazione, mettere tutte le tue energie in una cosa è fare quella cosa al massimo delle tue ablità, anziché spargerti su tutta la superficie perchè non avrai risultati.

 

 

 

 

 

Consiglio n.13

 

La motivazione non deve essere un problema.

Guarda questa immagine.

 

 

Tu sei a destra e a sinistra ci sono tutti i tuoi sogni e le tue aspirazioni, e la sola cosa vi separa è un po’ di lavoro. Quindi avvicinare la punta è tutta la motivazione che ti serve, in qualsiasi modo la avvicini. Devi amare il progresso in ogni sua manifestazione.

Pagina 5 su 5

 

Consiglio n.14

 

Come affrontare le persone invidiose?

Nessuno è immune a questo tipo di persone. Ti devi ricordare che gli invidiosi sono dei perdenti. Buttano giù le persone per fare in modo che loro vadano più in su, ma il mondo non funziona così, se butti giù qualcuno stai andando giù dritto insieme a lui. E quando qualcuno ti butta giù, hai voglia di spingere più forte per andare di nuovo su. Odiare è facile ma inseguire i propri sogni è molto più difficile.

Il tuo compito è distruggere queste persone che giudicano con una positività travolgente e con una mente estremamente aperta.

La felicità è la migliore vendetta, perchè niente fa impazzire le persone più di vederti avere una bella vita. Ignora coloro che ti odiano perchè loro non hanno valore nella tua vita.

 

 

Consiglio n.15

 

(Non ultimo consiglio perchè meno importante)

Il momento esatto di inseguire il tuo sogno è adesso, perchè non esiste il tempo giusto, se adesso sei in salute, sei giovane chissà per quanto tempo tutto questo andrà avanti, non sprecare il tuo tempo.

 

“Il tempo di agire è adesso, non è

mai troppo tardi per fare qualcosa”

Antoine de Saint-Exupéry

 

 

Jaskaran S.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

L’arte giapponese del Kintsugi

Pagina 1 su 2

 

L’idea di abbracciare le nostre ferite, le nostre frammentazioni si manifesta quasi poeticamente attraverso l’arte giapponese della riparazione di nome Kintsugi.

Letteralmente “riparare con l’oro”. Kin è “oro” e Tsugi significa “riparare”.

Kintsugi è l’arte di riparare ceramica rotta con resina laccata cosparsa o mescolata con la polvere d’oro. Le culture asiatiche hanno una lunga storia in oggetti laccati anche se si maturò in un’arte sofisticata nella dinastia cinese Shang. Il più antico oggetto laccato risale al periodo neolitico della cultura Hemudu fino al 5° millenio a.C. circa. Le delicate varie arti degli oggetti laccati si ramificarono e si espansero in millenni tra cultura, una teoria dice che la storia del Kintsugi sia iniziata nel quindicesimo secolo con il comandante militare giapponese. La storia racconta che il comandante Ashigaka Yoshimasa ruppe uno dei suoi preziosi vasi cinesi da tè. Quindi lui mandò il vaso indietro in Cina per la riparazione, quello che ebbe indietro fu il suo vaso riparato con grosse e brutte graffe metalliche. Allora Yoshimasa incentivò gli artigiani giapponesi di cercare una soluzione con mezzi più estetici.

L’arte del Kintsugi diventò famosa per trasformare oggetti rotti in opere più belle delle originali. La filosofia del Kintsugi segue un termine giapponese con significato più ampio che è il Wabi-Sabi, che non trova la bellezza in idee come la simmetria o la geometria ma in concetti del buddismo di impermanenza e imperfezione. Le fratture su una ciotola di ceramica non indicano la fine della vita dell’oggetto ma piuttosto un momento essenziale nella sua storia. I difetti della sua forma non sono nascosti dai nostri occhi ma sono inclusi con un valore d’oro.

L’arte del Kintsugi è un’arte magnifica ma che sta scomparendo dal mondo come tanti altri lavori manuali ci evidenzia come le fratture diventano  preziose. Si deve tentare di recuperare, è l’essenza della resilienza. Nella vita di ognuno di noi si deve cercare il modo di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di crescere attraverso le proprie esperienze dolorose, di valorizzarle, esibirle e convincersi che sono proprio queste che rendono ogni persona unica, preziosa.

“Il mondo spezza tutti quanti e poi molti sono forti nei punti spezzati.”

Ernest Hemingway

 

Ogni pezzo riparato diviene unico e irripetibile, per via della casualità con cui la ceramica si frantuma e delle irregolari, ramificate decorazioni che si formano.

 

 

Pagina 2 su 2
 

Jaskaran S.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Come (non) funziona la scuola

Pagina 1 su 2

La scuola per definizione dovrebbe essere un’istituzione che, attraverso un’attività didattica organizzata e strutturata, tenda a dare un’educazione e una formazione umana e culturale a chiunque la frequenti. Il verbo “tendere” usato nella definizione anticipa molto della concezione italiana di scuola, perché come si è visto e si continua a vedere molto spesso da anni a questa parte i risultati delle azioni di persone che hanno completato gli studi scolastici con il massimo dei voti e oltre non hanno portato agli obiettivi sperati. Ciò dimostra come l’apprendimento scolastico non sia per niente effettivo ed efficace e risulti, per la sua non funzionalità, in molti paesi assai meno costruttivo di quanto potrebbe esserlo.

Quali aspetti sono tra i meno accettabili della scuola?

Ad esempio il fatto che un bambino di circa 5/6 anni un giorno di settembre si ritrova improvvisamente a dover diventare adulto. Come dice lo studioso Sibaldi, compito degli insegnanti è far trasformare il bambino in una sorta di piccolo impiegato. Lo si intuisce già nell’ambiente scolastico che ad esempio separa i bambini da un lato e l’insegnante dall’altro con una velata impronta di introduzione alla gerarchia, tangibile anche nella grandezza della cattedra di un insegnante rispetto al banchetto che due bambini andranno a dividersi. Il ruolo dell’insegnante è proprio quello di impedire al bambino di comportarsi come un bambino, questo a discrezione dell’insegnante che – pur non essendo stato preparato veramente all’insegnamento, ma essendo stato scelto per i titoli, per la quantità di nozioni conosciute o per la capacità di fare una buona prova scritta – è libero di usare qualsiasi metodo, anche il rimprovero o le punizioni, sempre nei limiti della legalità. Il bambino tirando le somme non capisce realmente la differenza tra ciò che è bene e ciò che è male, ma sa cosa può essere punibile o meno da un’autorità superiore, in questo caso l’insegnante. Questo lo si sperimenta tutti i giorni, se non ci sono delle sanzioni per il non rispetto delle leggi nessuno rispetta quest’ultime. Da tale primo insegnamento cominciano a nascere alcuni comportamenti da “leader” del bambino (futuro adulto), come il desiderio del potere di decretare il punibile e il non punibile ad un’autorità inferiore, vale a dire a persone con un ruolo di minor rilievo.

La seconda cosa che il bambino apprende è quella di diffidare da qualsiasi cosa che riguardi la cultura, questo perché spinto dal sistema a ricordare troppe nozioni e dati non collegati efficacemente; la cultura diventa per il bambino una cosa da ricordare soltanto per il momento dell’interrogazione, l’apprendimento diventa subordinato al momento dell’esame e non interiorizzato. Viene preferito lo sviluppo della memoria a breve termine piuttosto che quella a lungo termine causando nella persona un senso di ostilità verso l’apprendimento, che diventa in primo luogo un dispendio di tempo ed energie ad esempio per studiare – e subito dopo la verifica dimenticare – eventi del passato ed in secondo luogo una distrazione dagli avvenimenti del presente; si arriva così ad una non conoscenza del passato e ad un superficiale interesse del presente, in qualsiasi campo preso in considerazione.

È facile notare come l’impegnare gli studenti a tempo pieno con la scuola renda difficile la creazione di interessi personali ed attività alternative, nonostante sia stato provato che il miglior sistema scolastico sia quello con il minor numero di ore di frequenza a settimana, che svolga l’intera attività direttamente nelle ore di lezione senza la necessità di dover lasciare compiti per casa, dove non esiste la bocciatura, ma soluzioni più salutari per tutti che non portino all’abbandono della scuola. Un sistema con tutte le carte in regola per essere approfondito e da cui prendere esempio (se se ne ha la volontà).

Pagina 2 su 2

In definitiva, non volendo imitare la politica italiana nei confronti della scuola, quindi parlare all’infinito di problemi senza trovare delle soluzioni reali, che cosa può fare un genitore per garantire un’istruzione vera ai propri figli o uno studente ormai inserito nel percorso scolastico?

Per la prima categoria di persone una soluzione potrebbe essere la scuola Steineriana. Un sistema scolastico che non ha voti, in cui la competizione per raggiungere un ruolo di superiorità non viene contemplata, ma il gruppo si evolve aiutandosi sempre però valorizzando l’individualità dei bambini e dei ragazzi, tenendo in considerazione le loro predisposizioni e la loro creatività, non incorrendo nella creazione di mostri adulti, tutti uguali, apatici e con una alienata concezione della vita. Altre infinite possibilità possono essere trovate sul web a seconda delle preferenze.

Per la seconda categoria c’è una soluzione valida non solo anche per la prima categoria di persone, ma per tutti e consiste in un metodo di studio che faciliti l’apprendimento ma soprattutto che elimini la frustrazione di non ricordare le cose studiate il giorno precedente: le mappe mentali. Il meccanismo delle mappe mentali è stato portato in Italia da Matteo Salvo e per questo il modo più veloce per imparare ad usarle è quello di attingere dalla fonte principale, ad esempio dai libri semplicissimi scritti da lui stesso. Quello che si va a risolvere con le mappe mentali è il paradosso della scuola: studiare senza sapere come lo si deve fare. La maggior parte si accontenta del “leggi, sottolinea e ripeti” perché in nessuna scuola ci sono lezioni in cui viene spiegato come studiare, ci viene detto cosa fare(studiare) ma non come farlo ed il tutto già a soli 5/6 anni.

 

Federico DR.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La scelta di vivere

Pagina 1 su 2

Con questo articolo ci tengo a riportare il peggior momento della mia vita, in cui stavo per fare lo sbaglio più grande, per far capire che è importante parlare e farsi forza. I periodi difficili fanno parte della nostra vita e noi non dobbiamo arrenderci, anzi dobbiamo mettercela tutta per superarli e dobbiamo capire che ci saranno utili per diventare più forti.

Tutto iniziò con un forte malessere che mi colpì da un giorno all’altro e che venne incrementato dall’incontro di persone sbagliate e con valori molto diversi dai miei, in quel periodo in cui ero molto fragile e confusa.

Ero in terza superiore, avevo 17 anni. La scuola non mi piaceva, tutto era pesante e nemmeno la classe aiutava. Le ragazze erano quasi tutte pettegole e piene d’invidia e per questo ci stavo ben distante. Il primo anno delle superiori non studiavo, spesso saltavo le lezioni e avevo fatto gruppo con i peggiori della classe. Fortunatamente sono uscita da quella compagnia nel giro di poco tempo e successivamente ho stretto una vera amicizia con un’unica ragazza, una persona davvero dolce e simpatica. Trascorremmo subito bellissimi momenti assieme; un po’ a casa mia, un po’ da lei e sempre di più in un centro commerciale che avevano aperto da poco. Ci confidavamo e sapevamo che potevamo contare l’una sull’altra. Non mi sembrava vero di riuscire finalmente a mantenere un’amicizia con una ragazza! Erano passati due anni e ci sentivamo sempre più unite.

Da un giorno all’altro però tutto ciò iniziò a non bastarci più e senza accorgercene prendemmo una brutta strada.

Come prima cosa iniziai a provare un forte disagio dentro me stessa e mi misi in testa di dimagrire. Ero in sovrappeso, però fino a quel momento non era mai stato un problema per me. Iniziai da un giorno all’altro a mangiare poco e quasi esclusivamente pomodori e tonno. Ero molto soddisfatta perché riuscivo a perdere peso velocemente a tal punto che persi alcune taglie in pochi mesi. Ben presto mi accorsi di tanti cambiamenti in molti ragazzi e venni notata da chi un tempo mi interessava. Dovevo essere ancora più felice, invece per me quel comportamento fu deprimente visto che prima ero invisibile. Ignorai tutto e continuai ad uscire solo con la mia amica.

Insieme iniziammo però a frequentare persone sbagliate, a bere e fumare e a stufarci ben presto della vita. Avevo iniziato a vedere ciò che non è nei miei valori come ad esempio uomini sposati che ti corrono dietro e ragazzi il cui interesse è uno solo. Le serate iniziarono ad essere sempre uguali e nonostante tutto ci sembrava di divertirci.

Come se non bastasse nel giro di pochi mesi persi la testa per un ragazzo molto più grande di me e con idee totalmente diverse dalle mie, ma a cui inizialmente non diedi importanza. Ho sempre accettato idee diverse e penso sia molto importante, ma in quel caso era troppo perché mi resi conto che mi stava facendo cambiare e il mio carattere stava diventando insopportabile.

A peggiorare la situazione intervennero i giudizi dei famigliari e dei miei compagni. Le loro osservazioni erano più che corrette, ma in quel momento non sono state ciò di cui avevo bisogno.

Anche la mia amica stava passando un momento analogo ed entrambe stavamo facendo esperienze molto simili.

Durante una serata io e lei ci stufammo e decidemmo di allontanarci da tutti per mettere fine a tutto ciò. Senza parlare avevamo già preso la stessa decisione. Ci dirigemmo verso un passaggio del treno e iniziammo ad aspettarlo mano nella mano in mezzo alle rotaie. Ancora oggi provo i brividi, paura e trisitezza a ripensare a quel momento. Sentivamo il treno avvicinarsi e il mio cuore batteva fortissimo e anche il suo.

Pagina 2 su 2

Tutto ad un colpo realizzammo fortunatamente che quello che stavamo facendo era una pazzia! Avevamo solo 17 anni e la vita aveva ancora troppo da darci! Il treno era davvero vicino, ci guardammo negli occhi ma non parlammo. Ricordo benissimo ancora oggi il suo sguardo che trasmetteva la stessa mia idea e voglia di cambiare. In due secondi ci stringemmo la mano e ci allontanammo gettandoci per terra! Eravamo salve anche se rimanemmo un attimo sotto shock. Poi ci alzammo, d’istinto ci avvicinammo alle rotaie e in mezzo trovammo la mia matita per gli occhi spezzata. Quella poteva essere la nostra fine, invece noi eravamo consapevoli di esserci e ci sentivamo contente! Sembrava di essere rinate.

Ancora oggi a volte mi chiedo il motivo di quel malessere infondato che ho avuto per un periodo, fortunatamente breve, visto che sono sempre stata una persona solare.

Da quel giorno tutto comunque cambiò, tagliammo con tante persone e dopo qualche mese con l’inizio del nuovo anno scolastico cambiammo gruppo e iniziammo ad uscire con alcuni ragazzi della nostra classe. Cominciarono finalmente le belle serate e circa un anno dopo quel momento trovai il vero amore, un ragazzo davvero speciale e che mi fece sentire fin da subito importante e felice!

Sono passati circa 14 anni ora e ringrazio di aver fatto la scelta migliore. Entrambe ci saremmo perse troppo dalla vita, per nulla poi! Infatti, in modo diverso, abbiamo raggiunto ottime soddisfazioni, tra cui il lavoro perfetto per ognuna di noi.

Prima di oggi solo due persone sapevano questa parte della mia vita. In tanti momenti avevo iniziato a scrivere qualcosa per dire a tutti che è importante non mollare! Non dobbiamo arrenderci mai, ma andare avanti perché la vita è preziosa e se lo vogliamo ci può dare tanto.

A quel periodo ci penserò sempre, ma ringrazio davvero di averlo vissuto perché successivamente ogni difficoltà l’ho risolta e la supererò sempre con il sorriso e tanta positività.

Purtroppo in quel periodo non ho mai esternato nulla, per scelta, nemmeno con la mia famiglia. Cosa che avrei dovuto fare visto che mi rendo sempre più conto che sono davvero fortunata e che è la famiglia che tutti dovrebbero avere e sono contenta di come siamo legati oggi!

Il mio consiglio è quindi quello di non chiudersi mai in se stessi, non c’è nulla di male a dire che si ha bisogno di parlare e magari di aiuto. Anche solo per un attimo di sconforto so che ci sarà sicuramente qualcuno disposto ad ascoltarci. Dobbiamo essere noi però i primi a volerlo e a provare a parlare! E se avete accanto qualcuno che ritenete abbia comportamenti scorretti dal vostro punto di vista evitate di giudicare e cercate di capire cosa c’è dietro a tutto questo. Alle volte farebbe davvero piacere vedere che le persone vicine fanno uno sforzo per provare a capirci perchè in certi momenti il sentirsi giudicati è inappropriato e può solo peggiorare la situazione. Proviamo a comportarci con le persone nel modo in cui noi vorremmo essere trattati. Altra cosa, se una situazione non ci piace e ci fa stare male bisogna avere la forza di voltare pagina!

 

Syria

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Perché tante opinioni diverse sull’amore?

Pagina 1 su 3

Più volte mi sono chiesto perché tante persone hanno un’opinione diversa sul tema amore? Quante volte avrete sentito dire che l’amore fa stare male o che l’amore è l’unica cosa che conta? Io penso che tutte queste frasi contrastanti che sentiamo ogni giorno finiscano per confonderci sempre di più le idee, soprattutto perché hanno ragione, ma solo in precisi contesti. Il problema dell’amore è la parola stessa, la sua definizione. La parola “amore” ha tanti significati diversi, ecco perché facciamo confusione, parliamo di tante cose diverse dando loro lo stesso nome. Fra poco farò un po’ di chiarezza utilizzando nomi diversi per far capire meglio cosa intendo ma prima ho bisogno di rimarcare quanto detto per capire qual è il problema di fondo.

In qualunque disciplina, dalla matematica, alla filosofia, allo sport, alla spiritualità, ecc. incontriamo sempre lo stesso problema di nomenclatura. Ci sono cose diverse chiamate con lo stesso nome e parole diverse per chiamare la stessa cosa, questo problema da sempre crea un caos incredibile quando si vuole imparare qualcosa di nuovo, perché ostacola l’apprendimento.

Per esempio, stai studiando matematica e impari la definizione di “addizione”. Poi arriva una persona e ti parla di “somma”. Somma e addizione sono la stessa cosa, ma tu potresti avere delle perplessità, perché stiamo usando nomi diversi per indicare la stessa cosa e tu potresti chiederti perché non utilizziamo lo stesso nome? Questo esempio potrebbe sembrarti stupido, ma se io ti parlassi di acido L-ascorbico tu potresti sgranare gli occhi chiedendoti di quale porcheria io ti stia parlando, mentre sto solo utilizzando un altro nome per chiamare la vitamina C. Solo che in un caso tu non mi avresti capito, nell’altro ti sarebbe stato tutto chiaro. Perché? Perché diamo nomi diversi alla stessa cosa e questo crea confusione.

Un caso simile è quando diamo lo stesso nome a cose diverse. C’è uno studio che dice che se diamo lo stesso nome a cose diverse allora non ne riusciamo più a percepire la differenza. Ad esempio se chiamiamo con la parola “albero” tutte le piante, se facessimo una passeggiata in un bosco e alla fine ci venisse chiesto cosa abbiamo visto, risponderemmo: tanti alberi. Ma come erano fatti questi alberi? Erano alberi, hai presente? Tronco marrone, foglie verdi… se li osservassimo meglio invece ci accorgeremmo che alcuni hanno il tronco grigio, che le foglie sono diverse e che alcuni hanno dei fiori. Nella tua mente un ciliegio è diverso da un castagno perché hai in mente la loro differenza, mentre un tiglio è uguale a un pioppo perché per te sono solo alberi. Se non conosci i loro nomi, non ne comprendi la differenza. Hai mai osservato davvero un campo? In un metro quadrato ci sono tantissime erbe diverse, noi disegniamo solo l’erbetta verde dei giardini, ma in realtà ci sono tantissime piante e fiori: pimpinella, trifogli, ombrellini pugliesi, tarassaco, ecc.

 

Pagina 2 su 3

Un altro esempio: con la parola “chakra” si intendono punti del corpo in cui si accumula energia. Solo perché sono tutti chakra non significa che siano tutti uguali, anzi, sono tutti molto diversi fra loro, così come gli alberi sono diversi fra loro, e così i colori, gli animali e via dicendo.

La parola “amore” è una parola generica, come lo sono “albero”, “cane” e “colore”. Ovvero indicano più cose. Con cane io posso intendere un pastore maremmano come un chihuahua, così come con albero posso parlare di una quercia enorme o di un piccolo albicocco. Qual è il problema? Io potrei dire che i cani sono pericolosi (pensando ad un cane lupo) ma un carlino è forse così pericoloso?

Se io ti dicessi che vorrei una stanza tutta colorata, tu potresti pensare ad una camera con tende rosso sangue, lenzuola verde pistacchio e muri gialli, mentre io stavo pensando ad un tenue celeste e lenzuola coi colori del tramonto. Perché? Perché se io uso la parola “blu” allora non ci sono molti dubbi, la parola è chiara, al limite tu potresti pensare ad un blu più chiaro o più scuro, ma se io uso la parola “colore” allora potrebbe essere rosso, giallo, verde, beige, turchese, lilla, ecc.

Allora come posso dire che l’amore fa soffrire, che l’amore non esiste o che l’amore è fugace?

Il greco antico ci viene in aiuto. I greci infatti utilizzavano queste parole:

  • agape è l’amore incondizionato, da cui non ci si aspetta nulla in cambio. È l’amore di Dio verso l’umanità, è un sentimento molto raro tra due umani;
  • philia è l’amicizia, un rapporto paritario da cui ci si aspetta un ritorno;
  • eros è l’amore passionale, caratterizzato dal voler possedere l’altro;
  • anteros è l’amore corrisposto;
  • himeros è la passione momentanea, il desiderio fisico da soddisfare;
  • storge è l’amore di appartenenza come quello tra consanguinei e familiari.

 

Pagina 3 su 3

Dire che l’amore è sofferenza è come dire che i funghi fanno male, se ti riferisci alle varietà velenose allora è vero, ma cosa mi dici dei porcini? Dire che i funghi fanno male è diverso dal dire che alcuni funghi fanno male!

Se pensi che l’amore non esiste, di quale amore stai parlando? Di agape? Be’, non hai del tutto torto, il vero amore incondizionato (e non quello di cui tutti parlano) è molto raro, ma se parli di storge allora non è vero perché l’amore familiare è molto diffuso. Quando si dice che l’amore finisce, di quale amore stai parlando? Di himeros? Allora sì, quello era solo un desiderio fisico che voleva essere soddisfatto.

Quando si dice che l’amore è tutto nella vita, è il sale che insaporisce ogni cosa, allora si fa riferimento a anteros, a philia, a storge e ad agape, non di certo ad himeros.

Utilizzando solo la parola amore si sarebbe fatta solo tantissima confusione con le frasi precedenti. Nelle tue prossime riflessioni sul tema amore, prova ad utilizzare questi termini, così da districarti meglio in questa giungla. Spero che con queste parole non ci siano più ambiguità. Le parole sono ricchezza e ci permettono di esprimerci con chiarezza, non è un bene avere un dizionario arido. Imparare anche solo una parolina ogni due o tre giorni può renderti una persona molto più colta.

 

Davide D.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

L’uomo è un essere sociale: la relazione con i propri simili.

Pagina 1 di 2

La nascita del linguaggio è stata una svolta nell’evoluzione umana che ha permesso di esprimere concetti sempre più complessi, attraverso un lessico sempre più ampio e articolato, favorendo il confronto e lo scambio di idee e informazioni. D’altro canto peró esso ha allontanato le persone da una comunicazione puramente istintiva e telepatica, molto più diretta e non soggetta a malinterpretazioni. Le parole mentono, si possono confondere, sono ambigue, dando luogo spesso e volentieri a incomprensioni: posso dirti “ti odio” mentre a sentimento ti sto dicendo l’opposto, ma non siamo più in grado di percepire la verità che c’è dietro le parole.

E quindi non capiamo piú quello che è realmente, ma quello che crediamo che sia!

Non solo abbiamo perso la capacità di percepire l’altro come sta, come si sta sentendo e quali sono le sue intenzioni, senza che ce lo debba dire a parole, ma pretendiamo che l’altro ci capisca a prescindere, e quando non è cosi, invece di esprimerci e chiarirci ci chiudiamo sempre di piú perché “tanto nessuno mi capisce”.

Molti dei problemi nelle relazioni si risolverebbero semplicemente parlandone.

Se stai passando per un brutto periodo, perchè invece di pretendere che gli altri lo capiscano da soli, ti cerchino, ti vengano a trovare perchè tu ti senti solo, accusandoli poi di essere cattivi amici se non si rendono conto ogni volta che hai un problema, non sei tu quello che si fa avanti e si apre a loro dicendo come stanno le cose?

Se qualcuno ha fatto qualcosa che ti ha ferito, anziché prendertela senza dargli spiegazioni, perchè non glielo fai capire affinché la prossima volta non lo faccia più?

Se hai dei dubbi, invece di tenerteli e alimentarli sempre di piú, finendo per farti un’idea sbagliata, diventando paranoico e vedendo cose che non esistono, perché non ne parli con la persona interessata?

Non diamo nemmeno la possibilità all’altro di giustificarsi, di lavorare sui propri difetti e imparare a conoscere cosa ci piace da cosa ci può dare fastidio che subito chiudiamo i rapporti prendendo la decisione per entrambi. O lo blocchiamo dal nostro profilo Facebook.

Perché oggigiorno la comunicazione è in gran parte tecnologica: le persone si fidanzano e si lasciano senza nemmeno essersi mai guardati negli occhi, quando uno sguardo a volte dice più di mille parole. Gli “A-social” network hanno sostituito i veri rapporti umani, isolando le persone dietro uno schermo, arrivando a situazioni assurde in cui stai insieme ai tuoi amici e colleghi, ma ognuno con il cellulare in mano a scrivere ad altri amici in quel momento non presenti.

Un altro aspetto fondamentale è che abbiamo tanto da dire, riempiendo le nostre bocche di parole, ma non ci preoccupiamo minimamente di ascoltare quello che hanno da raccontarci gli altri, come se l’importante fosse solo dire a voce alta quello che si pensa. Vi sarà sicuramente successo durante una conversazione di essere così impazienti di dire quello che stavate pensando che intanto che l’altro finiva di parlare vi preparavate previamente tutto il discorso mentale nella vostra testa.

In questo modo tutti sono felici con il loro monologo, ma tanto vale parlare davanti a una parete bianca che non cambierebbe nulla.

È questione di rispetto, come tu pretendi di essere ascoltato lo stesso vale per gli altri; non preferiresti imparare e riflettere anche dalle considerazioni altrui, ricevere dei consigli o semplicemente un parere dall’altro per poter poi fare tu lo stesso? Attraverso il punto di vista e le esperienze altrui potresti trovare una soluzione a cui non saresti mai arrivato da solo, ma anche solo conoscere i modi di pensare diversi dal tuo riguardo un determinato argomento, ti farà comprendere e capire meglio chi hai davanti.

Pagina 1 di 2

Il problema sono le persone che per la propria presunzione rimangono ignoranti nella convinzione di sapere già tutto, e di avere addirittura il dovere di imporre il proprio pensiero sugli altri; e se questi hanno opinioni diverse, premettendo che vengano ascoltati, sono certamente loro nel torto.

La miglior impostazione rimane sempre quella di Socrate, “so di non sapere”, e aggiungerei “per questo mi apro a un mondo di infinite conoscenze dove ogni cosa serve da spunto per giungere a una nuova verità”.

Ma prima di tutto, gli esseri umani dovrebbero dedicarsi all’ascolto di se stessi. Tuttavia, per farlo è necessario imparare a spegnere l’interruttore dell’incessante chiacchiericcio dentro la nostra testa e porre l’attenzione su quello che desidera comunicarci il silenzio, nell’attesa di essere ascoltato.

Bianca W.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Essere un finanziere: la mia illusione, la mia delusione

Pagina 1 su 3

Che lavoro vuoi fare da grande? “Farò il poliziotto perché devo difendere i buoni e arrestare i cattivi”. Questo era ciò che rispondevo sempre da piccolo, e in fondo stare dalla parte dei più deboli ed indifesi è stato il life motive di tutta la mia vita, quasi come una vocazione. E’ più forte di me: non sopporto proprio gli abusi, le prepotenze, le cattiverie gratuite; non tollero chi se ne approfitta e chi vuole fare il furbo a discapito degli altri. Sono ideali nobili al giorno d’oggi, che mi hanno portato anche a lasciare gli studi universitari per decidere di arruolarmi nell’Esercito come volontario.  Era il periodo della guerra in Afghanistan e molti militari italiani partivano per missioni umanitarie, missioni di pace (così le chiamavano). Credevo per davvero che mi sarei potuto rendere utile, che avrei potuto portare un sorriso e fornire aiuto a chi prova le orrende sensazioni di vivere una guerra.

Ho superato tutti gli addestramenti necessari per poter partire, sono diventato un fuciliere assaltatore; mi hanno anche somministrato tre vaccini obbligatori per chi sarebbe dovuto partire in missione  raccontandoci che avrebbero dovuto prevenire ogni tipo di malattia (nel gergo militare di caserma le chiamavano le “bombe” per quanto erano forti).  Onestamente per molti anni non ho avuto neanche un raffreddore ma ricordo che mentalmente qualcosa era cambiato, non ero più la stessa persona. Chi mi conosceva bene diceva che facevo paura, i miei occhi erano diventati inespressivi. Al momento non te ne rendi conto e dici che non può essere vero, che sei sempre lo stesso; ma a pensarci bene mi avevano fatto un bel lavaggio del cervello. Chissà cosa c’era veramente in quei vaccini? Eravamo tutti pronti a tutto, anche a morire per il nostro Stato che ci stava spedendo in una guerra che non ci apparteneva, soltanto per seguire i propri interessi e i propri impegni; e tutto per avere un tornaconto.

E noi, giovani ingenui ragazzi, cantavamo fieri e orgogliosi canzoni che parlavano dell’onore di morire sotto i colpi della “mitraglia” e, in caso di bisogno, eravamo preparati a far fuoco anche su bambini. Sì, sono certo di aver subito una bella manipolazione nell’Esercito però alla fine non sono più partito per nessuna missione perché si è presentata un’occasione che non avrei mai potuto rifiutare: entrare nella Guardia di Finanza. Ero euforico al solo pensiero, era felice anche il bambino che c’è in me, era come coronare un sogno e allora si che avrei potuto difendere i più deboli in nome della giustizia. La scelta è stata facile quindi, anche perché lo stipendio era superiore e non sarei dovuto andare in posti dove bombardavano seriamente, sapendo bene che anche il Finanziere corre i suoi bei rischi. Nell’immaginario collettivo, senza nulla togliere ai Carabinieri e alla Polizia di Stato, la Guardia di Finanza rappresenta il top, è un corpo d’élite.  Purtroppo solo nell’immaginario collettivo però, e ora spiegherò i motivi in base alla mia esperienza personale.

Le prime perplessità mi sono venute fin dalle visite mediche per essere ammessi. Sapevo che dovevano essere rispettati dei parametri di peso, altezza ed integrità fisica per entrare a far parte di questo corpo, invece molti ragazzi aitanti venivano scartati mentre più di qualcuno con occhiali e sovrappeso veniva riconosciuto idoneo con tanto di pacca sulla spalla e con un bel “porta i miei saluti a Tizio e Caio”. Per non parlare poi della cultura generale e della conoscenza della lingua italiana, ma di questo è facile rendersene conto parlando con qualcuno che indossa una divisa. Ricordo che si dovevano superare tre tipi di test: cultura generale, psico-attitudinali e un colloquio con lo psicologo. In effetti al corso da Finanziere circa la metà degli allievi parlava solo dialetto (ognuno il proprio dialetto regionale).

Nonostante tutto sono riuscito ad entrare. Al termine dei dieci mesi di corso ci sono state le assegnazioni ai reparti veri e propri, dove ogni Finanziere avrebbe iniziato a prestare realmente  servizio. Più che una trepidante attesa per sapere in quale parte dell’Italia ci saremmo dovuti trasferire sembrava una folle corsa a chi ha lo “sponsor” più grosso (inteso come raccomandazione). In quel momento ho compreso che non tutti avevamo lo stesso intento  e che, per la maggior parte degli allievi, la cosa importante era farsi mandare vicino casa. Chi intraprende una carriera militare deve mettere in preventivo un allontanamento dai propri cari e dalla propria città, almeno io l’ho sempre pensata così, ma per molti altri questo allontanamento è davvero un tasto dolente.

Pagina 2 su 3

Non voglio fare di tutta l’erba un fascio perché ci sono molte persone che credono nel servizio che svolgono, come ce ne sono molte che rischiano davvero la pelle e sacrificano molto del loro tempo in indagini importanti e utili alla comunità, ma sono davvero una minima parte. Non voglio neanche sputare nel piatto dove mangio perché sono molto grato alla Guardia di Finanza, mi permette di vivere una vita serena. Però devo anche dire la verità, ormai sono 20 anni che faccio parte di questo ambiente, ho prestato servizio in diverse città e conosco bene il pensiero di molti miei colleghi; di quelli che non conosco vedo il comportamento e la musica spesso non cambia: fare il meno possibile aspettando lo stipendio a fine mese.  Mi dispiace moltissimo fare un’affermazione ma dico quello che penso e quello che vedo da molti anni. Indossare una divisa per molti è un diritto acquisito, è come avere la certezza che una volta “dentro” nessuno ti può più cacciare, a prescindere da ciò che fai o non fai. E così diventa fin troppo facile adagiarsi e cullarsi sugli allori. Ormai lavorare per lo Stato è diventata una routine, è come raggiungere una meta e da quel punto in poi puoi permetterti di fare il minimo sindacale. E’ vero che è uno stipendio sicuro, ma proprio per questo motivo si dovrebbe essere grati e ritenersi fortunati invece di credere che sia lo Stato stesso ad essere in debito con noi.

Poi ci sono anche alcune persone che si credono superiori o meglio di altri solo perché indossano una divisa e portano una pistola ma è presunzione illogica. Chi ti mette davanti il ruolo che ricopre dimostra le sue debolezze.

In una caserma di cento militari sono pochi quelli che ancora vogliono mettersi in discussione, sono pochi quelli che hanno voglia di prendere iniziative per migliorare la situazione e sono ancor meno quelli pronti ad affrontare i propri superiori con argomentazioni valide. E’ molto più facile accettare la situazione. Devo ricordare che, nell’ambiente militare, più alto è il grado che si ricopre più potere si ha. Anche se il grado posseduto non è mai direttamente proporzionale alla propria esperienza, alla propria preparazione, alle proprie doti e alla propria intelligenza. L’umiltà non è contemplata in caserma, ed ecco che un ragazzino venticinquenne inesperto,  perché appena uscito dall’Accademia, si ritrova a comandare uomini con trenta anni di esperienza sul campo. Per quello che ho visto è sempre tutto strettamente collegato ai soliti “sponsor” di cui parlavo prima. Più il tuo sponsor è grande, più hai possibilità di indossare un grado alto e ricoprire incarichi interessanti. Ci vuole poco a comprenderlo, basta pensare che molti figli (e da qualche anno anche le figlie) di Generali e Colonnelli entrano in Accademia e diventeranno a loro volta ufficiali.  Chissà perché risultano proprio loro i vincitori di concorso più validi ed adeguati? Che caso strano. La triste verità è che devi avere “la persona giusta al poto giusto”; ma quando non hai questi contatti che succede?  Nel mio caso sono stato assegnato dove non voleva andare nessuno: al confine. Chi non possiede sponsor deve andare a riempire i buchi dove ci sono carenze di personale e le carenze sono spesso nei reparti più decentrati. Ma non mi sono lasciato scoraggiare, mi dicevo che avrei dimostrato con i fatti quanto valgo, volevo dare il meglio di me stesso a prescindere, dandomi da fare. Così ho fatto e dopo anni di lavoro ho imparato un’altra lezione: il “lecchinaggio di culo” ripaga più dell’impegno e della costanza. Un militare che paga il caffè e che asseconda i propri superiori annuendo sempre senza batter ciglio viene apprezzato molto di più rispetto a quello che cerca il pelo nell’uovo svolgendo al meglio il proprio dovere. Questo perché il secondo, lavorando, porta ai propri superiori ulteriore lavoro ed impegni che vengono presi come fastidi e grane. E qui ritorniamo al discorso del fare il meno possibile tanto lo stipendio è sempre lo stesso. “Ma chi te lo fa fare?” è la frase più gettonata. La mia coscienza me lo fa fare! Il giuramento che ho prestato mi impone di farlo e lo stipendio che percepisco è il mio obbligo, oltre all’impegno morale. Inoltre aggiungo che voglio stare sempre in onore con me stesso e vivere senza rimorsi.  A volte rifletto su come si possano combattere i furbi quando hai i furbi proprio in casa, e le mie conclusioni sono spesso sconfortanti. Ho cercato più volte di prendere questi discorsi con i miei superiori cercando di fargli valutare concetti come la meritocrazia, lo stimolare i neoarrivati, provare ad incentivare gli “anziani” verso servizi più gratificanti e cosa ho ottenuto? Sono stato catalogato come polemico e testa calda ricevendo come premio l’assegnazione in un ufficio distaccato dove non sono a contatto con nessuno tranne che con un Pc.  Qui dove lavoro ora, anche se volessi, ho ben poco da fare. Sono stato parcheggiato in un posto dove non posso dare alcun “fastidio”.  D’altronde chi dice le cose in faccia è sempre scomodo e, nell’ambiente militare, lo è ancor di più; solo che risulta molto più facile zittirlo. Una volta ho posto una semplicissima obiezione ad un mio giovane comandante riguardo un servizio ma la sua risposta non la dimenticherò mai: “A me non interessa ciò che pensi. Giusto o sbagliato ricorda che io sono Capitano e tu no!”

Purtroppo funziona così, puoi avere tutte le ragioni e i migliori propositi di questo mondo, ma la maggior parte delle volte sarai bloccato o neanche preso in considerazione perché le belle idee non possono venire dal basso.   Vieni quasi preso come sfacciato e irrispettoso dei ruoli e delle regole quando stai solo cercando di fare il tuo dovere nel miglior modo possibile. Questo concetto è valido in diversi campi con un moto a salire: ufficiali assetati di giustizia che vogliono fare indagini approfondite e scomode saranno a loro volta bloccati dalla magistratura; procuratori troppo curiosi saranno bloccati da politici con la coscienza sporca. Ed eccoci ancora da punto a capo: chi ha più potere decide. E’ un circolo vizioso che non sembra avere sbocchi o soluzioni.  Tutto torna. Sono arrivato a queste conclusioni dopo qualche anno e, soprattutto, dopo qualche delusione.  Credere nelle attuali leggi vigenti in Italia, o per lo meno nella loro applicazione, è davvero dura al giorno d’oggi, soprattutto per chi fa il mio lavoro. Le leggi vengono aggirate troppo facilmente anche quando i reati sono palesi ed evidenti, l’illegalità è diventata legale. Chi si ritrova costretto a rubare per “fame” viene perseguitato mentre chi si arricchisce facendo fallire volutamente le proprie ditte e rovinando la vita dei propri dipendenti viene salvato per piccoli cavilli legali. Ci sono dei casi in cui sembra che il nostro lavoro sia davvero diventato inutile perché ormai rischia di più un tutore della legge che un criminale.

Pagina 3 su 3

A volte ti trovi a far fronte ad alcuni paradossi difficili da accettare, come fare una multa salata ad un barista che non rilascia lo scontrino fiscale per un caffè sapendo che si alza tutte le mattine alle quattro per lavorare, quando poi è sotto gli occhi di tutti che politici prendono “mazzette” (oltre agli stipendi d’oro e i vitalizi) e nessuno gli dirà mai nulla.  Credo che questo sia uno dei motivi per il quale molti agenti a volte preferiscono non fare o, almeno, intervenire soltanto quanto è strettamente necessario. Però purtroppo molti altri no. Le Forze di Polizia Italiane sono rinomate in tutta Europa per la loro efficienza e capacità ed è un peccato che attualmente le leggi sembrano andare a favorire soltanto chi ha cattive intenzioni. Questo è falso buonismo celato dietro il tornaconto dei soliti pochi che decidono per tutti e che non porterà nulla di buono. Sbagliare è umano, ma sbagliare facendolo di proposito è da criminali, soprattutto quando a pagare al posto tuo sono altre persone.

In questa situazione i cittadini ormai considerano noi Forze dell’ordine come scocciatori e questa è una cosa che mi fa davvero male. Come vorrei fargli cambiare idea facendogli capire che mi sono arruolato per proteggere e tutelare i loro diritti e la loro libertà; come vorrei fargli capire che io sono pronto a difenderli anche mettendo a repentaglio la mia vita; come vorrei fargli capire che non sono un nemico. Vorrei essere visto come un possibile aiuto e non come un probabile pericolo.   Qualcosa deve cambiare e cambierà, almeno lo spero. Desidero solo essere messo nelle condizioni di assecondare quella vocina ancora viva dentro di me, la vocina di quel bambino che mi fa tornare indietro nel tempo quando con gli occhi pieni di speranza dicevo: “Farò il poliziotto perché devo difendere i buoni ed arrestare i cattivi”.

Gianfranco B.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Essere infermiera oggi: conoscere meglio questa figura partendo dalla mia personale esperienza

Pagina 1 su 5

Essere infermiera oggi: conoscere meglio questa figura partendo dalla mia personale esperienza

La prima infermiera nata nella storia (o quella conosciuta per primo) si chiamava Florence Nightingale (Firenze 12 maggio 1820 – Londra 13 agosto 1910). L’organizzazione dell’assistenza infermieristica ai suoi tempi era molto carente, ma Florence applicò validi metodi per ridurre la mortalità e la morbilità all’interno degli ospedali inglesi e dei campi militari durante la Guerra di Crimea. I suoi interventi assistenziali ridussero la mortalità per malattie tra i soldati inglesi: adoperò le prime norme igienico – sanitarie, organizzò l’assistenza ai malati e combatté per garantire cure efficaci. Le sue teorie e i suoi interventi suscitarono enorme interesse, determinando una vera e propria svolta del sistema di assistenza che vigeva in quell’epoca. Divenne la cosiddetta “fondatrice dell’assistenza infermieristica” e un’importante figura rappresentante di tutti gli infermieri nel mondo (la si festeggia il 12 maggio, giornata mondiale dell’Infermiere).

Io mi presento, sono una semplice infermiera del mondo moderno e vorrei condividere con questo scritto la mia esperienza di lavoro con la speranza di poter far conoscere meglio la figura dell’infermiere oggi. Adoro svolgere questa professione nel vero senso della parola e per questo vorrei che fosse più valorizzata la figura dell’infermiere, ancora a molti sconosciuta e attorniata da pregiudizi. Nonostante non mi reputi l’infermiera perfetta, cerco di svolgere il mio lavoro al meglio, mettendoci passione e determinazione sin da quando ho scelto di diventare infermiera. Mi reputo fortunata in questi tempi ad aver trovato un lavoro e che quello che svolgo mi piace. Fare l’infermiere è un impegno e credo che non sia una professione da scegliere perché è più facile trovare questo lavoro oggi, ma perché per poterlo fare bene deve prima di tutto piacere, altrimenti a lungo andare diventerebbe solo un peso per sé stessi e per chi si ha intorno.

Come esistono tanti tipi di persone, nel mio lavoro ho conosciuto tanti “tipi” di infermieri. Ci sono infatti infermieri che agiscono cercando di cambiare la società in cui vivono (come ad esempio è riuscita a fare la Nightingale) e infermieri che si adeguano, che vorrebbero cambiare le cose ma solo dicendolo a parole. Ci sono infermieri che mettono il cuore e l’anima per svolgere questo tipo di professione, anche rischiando ogni giorno la propria vita per il prossimo, e ci sono infermieri che fanno il proprio lavoro tanto per fare e pensano solo allo stipendio a fine mese.

C’è da dire che tanti sanitari (medici, infermieri) e non sanitari, possono rischiare la vita ogni giorno, dato che lavorano a stretto contatto con le persone. Possono trovarsi chiunque davanti, anche il peggior delinquente. Ci si può aspettare qualche aggressione fisica e verbale in  ogni momento, soprattutto per chi lavora con pazienti psichiatrici, chi lavora in 118 e in Pronto Soccorso poiché sono i più esposti a questi rischi. Anche chi si reca in zone pericolose, zone terremotate o di alta montagna. Non è un lavoro semplice come può sembrare e non a caso è un lavoro che sono tutti disposti a fare. Qualcuno addirittura la chiama “missione” e forse per qualcuno è proprio così. Quindi esistono diversi tipi di infermieri, ci sono quelli più e meno bravi, ma credo che la maggior parte siano quelli bravi e capaci e sono loro che fanno la differenza in questo sistema. In questi anni ho incontrato tantissimi infermieri eccellenti, con più o meno esperienza ed erano tutti bravissimi, con un cuore d’oro. Me li ricordo con affetto perché molti di loro mi hanno insegnato tanto, non solo nel lato pratico del lavoro ma anche e soprattutto nella riflessione interiore di ogni cosa, nell’esame di ogni mia emozione o sentimento che potevo provare di fronte alle situazioni e nel crescere e imparare a gestirli. Ho lasciato andare tante mie paure e ho conosciuto tanti miei lati coraggiosi, anche grazie a loro. Ho imparato la relazione di aiuto che si instaura con l’altro, il counselling, a capire che si può rendere felice una persona che sta male anche compiendo un piccolo gesto. In poche parole, con questa professione, impari a vedere la vita in un modo diverso, a essere paziente e altruista, a vedere le persone entrare e andare via dalla tua vita, a elaborare lutti, a essere lì per le persone quando hanno bisogno di affetto e di ascolto. Impari a non avere pregiudizi e a rendere felici le persone. Gioisci quando guariscono o migliorano il loro stato di salute e sei triste quando se ne vanno per sempre. Non impari mai ad abituarti alle persone, ad abituarti alla nascita di un bambino o alla morte di una persona anziana o giovane che sia. Tu rimani sempre una persona, la tua umanità rimane in te, ma riesci a capire che tu sei lì per uno scopo e cioè quello di fare da supporto, per aiutare e assistere. Sei presente con amore per gli altri ma al tempo stesso tu rimani l’infermiere di turno. Ti emozioni per gli altri ma al tempo stesso rimani fermo in te senza farti trascinare dai sentimenti negativi. Se una persona piange gli vai vicino, gli prendi la mano, ti siedi accanto, la guardi negli occhi e gli chiedi con voce calma cosa è successo e se ti vuole raccontare la sua storia. E allora vedi che ti stringe la mano ancora più forte, che ti guarda negli occhi con le lacrime ma tu devi riuscire a non piangere: tu devi essere più forte di lui. Tu sei lì per supportarlo e sta lì quella cosa che ti spinge a fare per gli altri; ad avere in un certo modo un distacco ma essere empatici nello stesso momento e questo è importante per rimanere in pace e non essere influenzati.

Pagina 2 su 5

Ecco perché io amo tanto la mia professione. Perché l’infermiere è la figura sanitaria più vicina alla persona che sta male e ha bisogno di aiuto. L’infermiere ha un importante ruolo nella società. Esso continua ad evolversi e non è possibile ignorarlo. Si evolve sempre di più, diventando sempre più complesso e pieno di autonomie e responsabilità. Da tempo oramai l’infermiere non assiste il medico, ma collabora con lui per l’obiettivo finale: la salute e il benessere della persona. Il medico cura la persona da un punto di vista clinico, mentre l’infermiere (che oggi non si chiama più infermiere professionale ma solo “infermiere”) assiste la persona da un punto di vista olistico. È il cosiddetto “professionista della salute”, che ha responsabilità del processo di assistenza infermieristica (o Nursing, fondato da Florence Nightingale). Egli mette al centro il paziente (o meglio dire la persona) e cerca di capire quali siano i suoi bisogni e i suoi problemi e le cause dei suoi problemi (identifica una diagnosi infermieristica e i problemi collaborativi con il medico). Successivamente identifica degli obiettivi (in base alle priorità dei problemi che la persona manifesta) e pianifica e organizza gli interventi da attuare con il paziente stesso per raggiungere gli obiettivi volti a promuovere la sua salute. Infine, è responsabile dei risultati ottenuti del processo di assistenza infermieristica.  Ha anche ruolo di educatore alla salute, ha autonomie nelle scelte dell’assistenza e diverse responsabilità. Offre risposte globali e personalizzate a ciascuna persona poiché ogni persona è diversa dall’altra. Identifica, previene e tratta problemi di salute reali e potenziali; identifica punti di forza e debolezza della persona, richiede tanta capacità di sapere, saper fare e saper essere e conoscenza delle materie scientifiche, logiche e matematiche (almeno basilari). Si occupa delle risposte della persona e mantiene il rispetto di chiunque abbia davanti e delle sue scelte, anche se può esser non d’accordo con alcune di esse. Può lavorare in tanti ambiti come area critica o emergenza-urgenza, pediatria, psichiatria, chirurgia, medicina e tanto altro. Rappresenta anche un punto di tramite tra la famiglia e i medici, ed è quello che si prende più responsabilità e deve pensare alla relazione con il tutto. I medici, come dicono certi infermieri, sono una categoria “a parte”. Sono fondamentali, quanto gli infermieri, nella risoluzione dei problemi della persona, ma come esistono diversi tipi di infermieri, esistono anche diversi tipi di medici. Molti medici con più anni di esperienza non conoscono le nuove competenze dell’infermiere, e lo sottovalutano. Ci sono quelli che invece si credono i padroni dell’universo e a loro tutto è permesso. Ci sono però anche quelli che ci rispettano nel nostro ruolo, amano le persone e sono grandiosi in tutti i sensi, quasi da definirli “angeli”. Esistono diversi tipi di medici, e tutti loro non possono fare a meno del personale infermieristico. Nella loro mente, piena di informazioni e cose da memorizzare, dimenticano spesso cose pratiche e quindi l’ infermiere deve fargliele presente.

Tornando al discorso sugli infermieri, molto spesso ho incontrato quelli che perdevano la loro grinta e dicevano, mentre lavoravano: “ma chi me lo ha fatto fare” . Questa frase mi addolorava ogni volta che la udivo, soprattutto quando ancora ero tirocinante. Devo dire però, che una volta (o forse anche più) è capitata di uscire anche dalla mia bocca, durante un’ esperienza lavorativa. Esprimerla è stato molto doloroso per me. L’ho detta non perché non mi piaccia quello che faccio, tutt’altro, ma perché spesso (come viene fatto in certi ambienti) a causa della mancanza di personale e della scarsità di materiale da utilizzare, non puoi fare il tuo lavoro come lo dovresti fare e come ti era stato insegnato attraverso la teoria. La teoria è bellissima, purtroppo l’aspetto negativo è che spesso è molto lontana dalla realtà pratica. Tu volevi seguirla con tutta te stessa ma troppo spesso non potevi farlo perché soffermarti ad ogni cosa come ad esempio ogni norma igienica insegnata, voleva dire “perdere il tempo”. Tutto oggi viene dato per scontato, facendoti lavorare a ritmi velocissimi, troppo veloci che non riesci nemmeno a vedere in faccia la persona che hai di fronte. A chi ci comanda sembra che non importi più neanche delle persone che assistiamo.

Pagina 3 su 5

Dopo l’aziendalizzazione del Sistema Sanitario, i pazienti sono diventati “clienti” e la cosa importante è lucrare e risparmiare su tutto. Tu che lavori con le persone sei costretto a comportarti e a diventare come un automa. Mi sorge spontanea una domanda, che ultimamente vedo scritta molto spesso sui giornali di informazione infermieristica: “come mai molti infermieri ritengono il loro lavoro usurante?” Fortunatamente non viviamo in un sistema sanitario come quello che esisteva ai tempi della famosa Nightingale, ma oggi come è la situazione in Italia? Lasciatemi dire la mia. La situazione nei nostri ospedali italiani varia da Nord a Sud, ma la differenza tra Nord e Sud (a mio parere) non esiste dato che dipende da che punto dell’Italia stai guardando. Molti ospedali sono all’avanguardia, grazie a Dio, ma tanti altri sono al degrado. Questo è un dato di fatto e tante persone si stanno accorgendo delle condizioni dei nostri ospedali pubblici e non solo. Tutti oggi conoscono la cosiddetta “malasanità”. Questa è quella che ci viene fatta notare e quindi è quella che la gente conosce. D’altro canto c’è anche da dire che esiste tanta “sana-sanità”. Questa però sembra essere di poco conto per i media, quindi non facendola conoscere come si fa con la malasanità, la gente non conosce il lato positivo e difatti è come se non esistesse. Tante vite vengono salvate ogni giorno, ogni ora e ogni minuto. Penso che se le si raccontassero più spesso, la gente sarebbe più positiva e in questo mondo si vivrebbe meglio.

Comunque tornando al discorso di prima, anche nel privato esistono casi particolari se non vergognosi, come ad esempio una Casa di Riposo per anziani dove ho lavorato, in cui gli infermieri lavoravano da soli su 60 pazienti per turno di giorno e la notte su 121 posti letto. Turni massacranti e assurdi, anche con doppia e tripla notte di seguito e ovviamente sottopagati. “Ma chi me lo faceva fare?” Non mi dilungo. Credo che molti infermieri che mi stiano leggendo ora non possano credere all’esistenza di queste Strutture oppure mi diano della pazza perché le sto letteralmente pubblicando. Ahimè esse esistono e ritengo siano una vera tristezza per il Paese intero (pensare che questa Struttura non si trovava al Sud Italia). Molti altri infermieri, invece, mi daranno ragione perché staranno vivendo una situazione simile, solo che per paura queste cose non le raccontano, o almeno la maggior parte non le racconta. Gli infermieri a volte vogliono andarsene da quelle Strutture, abbandonare quel luogo di lavoro perché rappresenta un incubo per loro ogni volta ricominciare un turno. Però non lo lasciano, perché è dura lasciare un lavoro per la paura di non trovarne più un altro; quindi oggi giorno si accetta di tutto pur di lavorare, anche se ci si corrode la vita e si entra nello stato di “burnout” (dall’inglese “bruciarsi dentro”) sviluppando problemi di salute come pressione arteriosa alta, tachicardie, sbalzi di umore, problemi ormonali, ansia e stress.  Non è un lavoro semplice, soprattutto se non viene valorizzato da chi ci comanda. Questo è molto triste e per questo si ha bisogno di valorizzare di più la professione dell’infermiere. Anche quando si è troppo lontani da casa e con vite molto difficili, quando si ha una famiglia alle spalle o un mutuo per la casa o altri motivi come la fatidica paura di non trovare più lavoro, non si può lasciare il posto di lavoro, finendo di accettare tutto. So che molti direbbero: “ma queste cose sono da denunciare subito! Mi dimetterei subito! ” E quando si trovano di fronte a queste situazioni, non fanno nulla per cambiare qualcosa.

Il mondo del lavoro non è facile, ma non è facile neppure diventare infermiera/e. Io mi sono laureata in tre anni, dopo tantissimi sacrifici e pochissima vita sociale. Ho nominato la mia Laurea “il giorno della liberazione”. L’ attendevo da tanto e alla fine sono contenta di essere riuscita nel mio obiettivo. L’Università di Infermieristica richiede tanto impegno e dedizione continua, a tal punto che a volte vorresti mollare tutto e cambiare strada. Tanti infermieri mi avevano offerto più volte, durante il tirocinio, di cambiare strada dicendomi: “scappa finché sei in tempo!”. A quel tempo non capivo. Perché dire questo ad una ragazza piena di voglia di fare, piena di progetti, vitalità? Perché scoraggiarla e dirle di abbandonare questa strada? Quando mi dicevano così ci ridevo su, anche se mi rimaneva un certo vuoto nel cuore: non volevo diventare come loro.

Pagina 4 su 5

Ho sempre cercato di superare le tristezze e le umiliazioni che certe persone mi hanno recato durante il tirocinio (o durante le esperienze lavorative) per non so quale motivo, nella forza che mi davano le persone che assistevo. Io andavo avanti per loro. Le persone che assistevo erano quelle che mi valorizzavano veramente e mi davano più soddisfazioni di tutti. Ho pianto tante volte, pianto di non potercela fare, di non essere all’altezza delle mie aspettative e di quelle degli altri. È stata davvero dura durante il corso universitario. Ho avuto alti e bassi e ogni problema dovevo cavarmela da sola perché nessuno sapeva ascoltare le mie paure, le mie tristezze, i miei bisogni. Non parlavo tanto, mi piaceva ascoltare gli altri ma pochi sapevano ascoltare me e capire chi infondo ero e facevo per gli altri. Anche io ero una persona, come lo erano i pazienti per me. Anche io avevo i miei problemi e i miei limiti. Ma a lavoro dovevo dimenticarli perché dovevo essere presente per gli altri senza pensare ai miei problemi. Non potevo farmi vedere giù di morale e anzi dovevo lavorare come un infermiere di ruolo, nonostante io fossi solo una tirocinante e loro richiedessero la professionalità assoluta; nonostante dovevo lavorare come un operatore in più (che mancava) e noi tirocinanti non eravamo neppure pagati o rimborsati di qualche spesa. Sono stati anni pieni di sacrifici. Anche i professori all’università chiedevano tantissimo a noi studenti. Si perdeva un sacco di energie tra studio, esami e tirocinio negli stessi periodi. Quasi volevano che tu sapessi le cose quanto un medico, anche se medico non saresti mai diventato  e avevi poco tempo per affrontare tutti quei temi scientifici così ampi e complessi. Quindi dovevi solo sbrigarti a finire tutto in pochissimi anni. Credo però che ne sia valsa la pena. Quello che mi mandava avanti erano le persone e con loro sono cresciuta. Io volevo esserci per il prossimo, essere utile per qualcuno e penso di esserci riuscita, almeno per qualcuno ne sono sicura. C’era gente che mi ringraziava in un modo inaspettato, anche per la più piccola cosa che le avessi potuto fare.  Ho incontrato persone che mi abbracciavano fortissimo, con sincerità e tanta stima verso di me. A me non sembrava di aver fatto chissà cosa, da meritarmi una reazione del genere. Potevo aver fatto un piccolo gesto come un sorriso, uno sguardo, un tocco, sarò stata vicino per qualche minuto, avrò ascoltato ciò che dicevano, le avrò abbracciate, o semplicemente salutate. Eppure mi dicevano che con me stavano bene. Questa cosa mi aveva fatto molto riflettere. Per loro era importante anche un semplice saluto. Ho trovato per la mia strada, non solo universitaria, anche persone che mi umiliavano dicendo: “devi cambiare lavoro, questo non fa per te” facendomi sentire inadeguata. Io sono sicura che è un lavoro che faccio col cuore e che mi fa stare bene. Io stessa prima di diventare infermiera ho avuto esperienze di ospedale e forse è grazie all’aiuto ricevuto, che ho compreso tante cose su cosa avrei voluto fare da grande e sul come aiutare e capire chi ho di fronte.  Alla persona che soffre e si fa tante domande sulla propria vita, spesso dico: “non sei solo in questo mondo e non chiuderti a riccio tra i tuoi problemi perché in realtà diventano veri problemi se inizi ad isolarti. Chiedi aiuto se hai bisogno e apriti con le persone. La prima medicina è l’amore, è parlare, è stare con gli altri. Le medicine aiutano ma solo fino a un certo punto”.

Tante persone si domandano dove sia Dio. Tante di queste non credono nella sua esistenza proprio perché non sanno dove vederlo e trovarlo di fronte a certe situazioni della vita. Si chiedono quale sia il senso di tutto questo. Io credo nell’esistenza di Dio e credo che lui sia il senso della nostra vita. Se non riusciamo a vederlo non significa che non esiste. A mio parere lui c’è e non aspetta altro che noi apriamo il cuore a lui, per poter offrirci le risposte che aspettiamo e liberarci dalle nostre preoccupazioni. Forse, a volte, lui lascia che facciamo certe esperienze (anche negative) per imparare qualcosa da esse. Forse è con le esperienze negative che troviamo la forza dentro di noi, quella forza che ci fa reagire e trovare le motivazioni per continuare a vivere. Queste esperienze credo che siano fatte apposta per imparare a conoscere meglio Dio. Sono sicura che lui non ci abbandoni mai, perché vuole tutto il bene per noi e vuole che siamo felici. Dico questo perché credo di averlo visto agire spesso attraverso le persone che ho incontrato e penso sia una cosa importante per la nostra vita. L’ho visto agire per le persone, ma anche per me per farmi crescere. Penso che lui agisca ogni giorno davanti ai nostri occhi ma per poterlo riconoscere e sentire dobbiamo solo fidarci di lui.

Con questo articolo ho voluto raccontare la mia personale esperienza e spero sia stata utile per qualcuno. Io credo molto in questa professione, che necessita di essere valorizzata e conosciuta maggiormente. Credo sia infatti uno dei lavori più faticosi ma anche uno dei più belli e gratificanti che esistano al mondo.

Pagina 5 su 5

“PATTO INFERMIERE – CITTADINO” del 12 maggio 1996.

Io Infermiere mi impegno nei tuoi confronti a:

Presentarmi al nostro primo incontro, a spiegarti chi sono e cosa posso fare per te.

Sapere chi sei, riconoscerti, chiamarti per nome e cognome. Farmi riconoscere attraverso la divisa e il cartellino di riconoscimento.

Darti risposte chiare e comprensibili o indirizzarti alle persone e agli organi competenti Fornirti informazioni utili a rendere più agevole, il tuo contatto con l’insieme dei servizi sanitari.

Garantirti le migliori condizioni igieniche e ambientali .

Favorirti nel mantenere le tue relazioni sociali e familiari Rispettare il tuo tempo e le tue abitudini .

Aiutarti ad affrontare in modo equilibrato e dignitoso la tua giornata supportandoti nei gesti quotidiani di mangiare, lavarsi, muoversi, dormire, quando non sei in grado di farlo da solo.

Individuare i tuoi bisogni di assistenza, condividerli con te, proporti le possibili soluzioni, operare insieme per risolvere i problemi.

Insegnarti quali sono i comportamenti più adeguati per ottimizzare il tuo stato di salute nel rispetto delle tue scelte e stile di vita.

Garantirti competenze, abilità e umanità nello svolgimento delle prestazioni assistenziali.

Rispettare la tua dignità, le tue insicurezze e garantirti la riservatezza.

Ascoltarti con attenzione e disponibilità quando hai bisogno.

Starti vicino quando soffri, quando hai paura, quando la medicina e la tecnica non bastano.

Promuovere e partecipare ad iniziative atte a migliorare le risposte assistenziali infermieristiche all’interno dell’organizzazione.

Segnalare agli organi e figure competenti le situazioni che ti possono causare danni e disagi.

 

Giorgia L.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Più teatro per tutti! La recitazione per crescere ed avere fiducia in se stessi

Pagina 1 su 1

Vorrei parlarvi del mio punto di vista riguardante un corso di teatro per tutti, perché la recitazione non è solo per chi desidera diventare attore, ma è un percorso che ti cambia!

Personalmente ho iniziato recitazione circa 6 anni fa per gioco, perché mi sembrava un’attività divertente. Da lì ho scoperto un mondo vastissimo che si aggancia a tutto: il mondo personale, il mondo del lavoro, il linguaggio del corpo, sono davvero tante le sfere che tocca la recitazione.
Non è solo “interpretare un ruolo e dire qualche battuta”, ma il lavoro che c’è dietro è un percorso molto intenso che vi cambierà, vi porterà ad analizzare i vostri problemi per superarli e diventare persone diverse.

La prima regola che si impara è: non giudicare.
Non giudicare te stesso, gli altri, il mondo. Quando entri in quell’ambiente devi dimenticare tutto, non esiste nulla di sbagliato. Esisti solo tu con i tuoi mezzi, che sicuramente con il tempo si amplieranno. Devi imparare ad aprire il tuo orizzonte e sfidare te stesso a fare cose nuove, per poter diventare elastico anche nella vita di tutti i giorni.
Una volta superato questo noterai già grossi cambiamenti fidati! Diventerai più sicuro di te stesso e delle tue idee.

Il secondo passo è la fiducia.
In un gruppo di lavoro di recitazione questo è fondamentale: devi imparare a lasciarti andare, se nessuno ti giudica di cosa ti preoccupi? Magari questo é un concetto difficile da mantenere nella vita quotidiana, ma se tu cambierai, potrai dare un buon esempio agli altri e loro potrebbero cambiare.
Abbi fiducia in te stesso e negli altri, sii positivo! Riuscirai a fare tutto ciò che vorrai in questo modo.

Come terza fase, devi liberare te stesso. Ora che ti senti al sicuro, devi liberare tutte le tue sfaccettature senza pensare come. Esprimi ciò che sei attraverso la voce, il movimento, la danza, il canto, anche se non hai mai fatto queste cose prima d’ora! Non esistono regole in questo momento, esisti solo tu e la tua storia da raccontare. E qui direi che si arriva ad un punto molto importante: lascia andare il tuo passato, molto spesso come esercizio si racconta un evento della propria vita agli altri. Nel 99% dei casi, è un avvenimento triste e ci si sfoga con gli altri. Questo é il passo più importante, non è detto che tu debba farlo per forza. Però il lavoro della recitazione e dell’attore é questo: saper donare agli altri. Dona te stesso, e vedrai che le cose cambieranno.

Direi che questi sono solo piccoli assaggi di ciò che comporta studiare teatro. In realtà ci sono tantissimi esercizi mirati anche sul miglioramento della sicurezza in sé stessi, saper comunicare con il corpo, imparare a saper dire una cosa divertente (che non è così semplice!), saper guardare e studiare il mondo con occhi diversi, il saper controllare le emozioni e renderle reali anche su un palcoscenico, e soprattutto il non pensiero (perché molte volte questo ci impedisce di agire come vorremmo, meglio sbagliare e fare piuttosto che rimanere a pensare!).

Ho potuto conoscere persone che da essere estremamente timide, insicure, adesso sono persone meravigliose, aperte al mondo. Persone che hanno superato i loro problemi personali grazie alla fiducia. Persone che adesso sanno amare e voler bene a prescindere da chi tu sia. E persone che invece non hanno voluto mettersi in gioco e che hanno lasciato il corso, decidendo di rimanere come erano.
Perciò, tu cosa faresti?

Tiziana M.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Ho scelto il mio sogno: la psichiatria

Pagina 1 su 1

Ciò che mi piacerebbe fare? Il mio sogno?

È una domanda difficilissima perché davvero, ci sono troppe cose, e se avessi il tempo materiale le farei tutte.

Quella che è stata fra le cose più importanti per me è stata la danza.

Amo la danza quasi più di ogni altra cosa al mondo, i brividi prima di ballare, mentre sto ballando, l’espressività usata, le storie raccontate attraverso dei semplici movimenti. La danza è una delle arti più bella a parere mio.

Avrei voluto vivere ballando, facendo nient’altro che ballare, per regalare brividi alle altre persone, per creare opere d’arte, coreografia e fondermi insieme alla musica.

Non c’è modo migliore per tenersi in forma della danza, è divertente, e insegna qualcosa che rimane dentro.

Ma ormai è troppo tardi, e devo essere realista, quante possibilità ho di diventare una ballerina alla mia età? Poche.

Quindi sono passata alla mia seconda scelta, diventerò psichiatra.

Lo dico con convinzione, perché io lo diventerò.

Sono stata dallo psichiatra quando avevo tredici anni e sono rimasta letteralmente affascinata dal suo lavoro, sono stata sottoposta ad un elettroencefalogramma e sono stata di nuovo affascinata dalla facilità con cui il dottore riusciva a capire e a trarre qualcosa da delle semplici righe, sono stata dal neurologo e solo andare dal medico di base mi elettrizza.

E’ bellissimo scoprire di cosa è fatto e come è fatto il corpo umano, scoprirne ogni angolo e non c’è mai stata cosa che io abbia studiato più volentieri della medicina. Nessuna.

Unica cosa che studio volentieri, anche se solo per passare il tempo.

Aiutare gli altri sarà il mio scopo nella vita, aiutare qualcuno che ne ha bisogno e che ha paura di capire le persone, perché io capirò i loro problemi, saprò come si sentiranno perché ci sono passata.

Io ce la farò nonostante la strada sia lunga e travagliata non ho altre certezze, ce la farò.

 

Ikram R.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Lettera di un papà

Pagina 1 su 2

Ciao amori miei, papà è arrivato alla soglia dei quarant’anni, voi invece ne avete ancora nove e sedici, con tutto il film della vostra vita da scrivere. Il mio desiderio è sapere che sappiate come muovervi nel miglior modo possibile in questo mondo pieno di insidie e tranelli, riconoscere di chi potete fidarvi o meno e, soprattutto, che comprendiate chi siete realmente; ecco il motivo di questa lettera.

Purtroppo a volte è facile scoraggiarsi, soprattutto quando le cose non vanno come vorremmo, ma non dovete mai mollare. Vi garantisco che la vita può essere bellissima e stracolma di gioie e soddisfazioni, non è soltanto sofferenza e sacrificio come qualcuno vuole farci credere.

Oggi mi reputo abbastanza saggio, segnato da molte cicatrici rimediate cercando di scoprire e capire il mondo, ma non rinnego ne mi pento di niente perché sono state comunque esperienze che mi hanno portato ad essere la persona che conoscete oggi, la persona che vi ha cresciuto sempre con amore e la persona che si impegnerà costantemente nel guidarvi e nel consigliarvi al meglio per vedervi felici, sereni e sorridenti.

Gioie mie, ricordate cosa vi dico sempre? Cercate di vivere ogni giorno con la meraviglia e lo stupore che avrebbe un bambino che scopre il mondo, provate sempre gratitudine per ciò che avete e non smettete mai di porvi domande; però non date troppa importanza a quello che vi dicono gli altri, le risposte sono già dentro di voi. Sono soltanto piccoli consigli ma c’è molto di più.

Prendete questa lettera per quello che è: un piccolo promemoria che mi premeva lasciarvi, una sorta di guida alla felicità per la realizzazione di tutti i vostri desideri.

Tanti genitori passano la loro esistenza con la convinzione di dover lasciare beni materiali in eredità, vivono una vita senza viverla veramente trasmettendo ai figli soltanto le loro credenze, i loro punti di vista, le loro paure e le loro convinzioni. Vivono tra i rimorsi del passato e le preoccupazioni del futuro dimenticandosi di godersi il momento più importante: il presente.

Il segreto della felicità non risiede nei soldi, nelle case o nelle proprietà!

Vivete sempre con il cuore pieno d’amore e lasciatevi guidare dalle vostre emozioni positive perché non mentono mai: lavorano solo per il vostro bene. Imparate ad ascoltarle e fidatevi di loro.

Quello che leggerete in queste pagine sicuramente vi sembrerà un po’ strano, anomalo o forse impossibile ma vi prego di crederci fino in fondo. Sapete che ho sempre agito per il vostro bene e questo è il regalo più utile che potessi farvi, un regalo di valore inestimabile che porterà nella vostra vita gioia, benessere, abbondanza e soddisfazione.

Siete abituati a vedere il vostro papà sempre col sorriso in bocca e con la battuta pronta: era quello che volevo farvi vedere. Era solo una maschera indossata a fin di bene! Neanche immaginate quanto fossero duri i momenti in cui rimanevo da solo a fare i conti con me stesso.

È brutto ammetterlo ma ti senti privo di ogni energia, come un canotto in balia delle onde, passivo agli eventi, ti passa la voglia di lottare e diventi profondamente convinto che la felicità sia roba per altri.

 

Pagina 2 su 2

Proprio in quel momento sono venuto a conoscenza di questo “potere segreto” dopo aver toccato il fondo, quando ormai ero rassegnato al pensiero che la vita va come deve andare e che la felicità è per pochi eletti, nati con la camicia, mentre tutti gli altri devono fare salti mortali per una parvenza di normalità. Sì, ero abbattuto, morto dentro. Il vostro fortissimo papà iniziava a dare segni di cedimento, si stava lasciando andare.

Poi la scintilla divina, una forza nuova e sconosciuta, era misteriosa ma nello stesso tempo familiare, dal profondo del cuore una vocina che mi spingeva a non mollare. Non avendo più niente da perdere ho deciso di seguirla e mi ha portato sulle tracce di una persona straordinaria, diversa da chiunque altro. Una persona che parla col cuore e va dritta al cuore. Ho capito subito che ero arrivato nell’unico luogo dove avrei voluto trovarmi, anche se inconsapevolmente, sapevo che finalmente ero pronto a sapere.

Sono venuto a conoscenza di Dio, dell’Anima, dell’energia che governa il mondo, dell’amore e della gratitudine. Ho iniziato a meditare e so che presto anche il mio desiderio di farlo insieme a voi si realizzerà. Ho appreso il piacere che si prova nell’aiutare e il senso di completezza quando si vive nell’amore. Da quel giorno tutto è cambiato, tutto ha avuto un senso e il passato inspiegabilmente è diventato chiaro e comprensibile, mentre il futuro si trasformava in qualcosa di bello e ricco di aspettative.

È da quel giorno che ho cambiato modo di pensare, anzi ho semplicemente cambiato il modo in cui avevano abituato a pensare la mia mente e come per magia tutto intorno a me è diventato diverso, esattamente come lo immaginavo io.

Si dice che quando un’Anima tocca il punto più basso è pronta, sono segnali precisi e chiari che il suo risveglio è maturo ma bisogna rendersene conto altrimenti gli eventi saranno sempre ostili, ciclici e negativi.

Papà non vuole che anche voi tocchiate il fondo, anche perché non è necessario!                                                                     Per questo vi proteggo ogni giorno e vi stimolo a proteggervi da qualsiasi negatività, perché dovete essere buoni ma non deboli.

Vi amo troppo per permetterlo quindi eccomi qua nell’intento di tramandarvi le mie conoscenze anche se ho ancora molto da imparare. Ma la strada è lunga, piccoli miei, bisogna essere decisi e costanti. Dovete essere forti.

Sono convinto che le vostre Anime siano già pronte, avete entrambi una sensibilità molto sviluppata e credete nell’amore: insieme alla mamma vi abbiamo sempre dimostrato e trasmesso i buoni valori che stanno alla base di una vita felice e armoniosa.

Questo sarà l’elemento fondamentale per comprendere meglio quanto siano importanti i vostri pensieri e le vostre fantasie e come pensare nel modo corretto vi aiuterà a realizzare tutti i vostri desideri.

Avete un cuore immenso Amori miei, sono sicuro che farete buon uso di quello che vi ho detto, sia per voi che per le persone a cui tenete veramente.

Siate felici, col sorriso in bocca, non lamentatevi e non giudicate mai ciò che fanno o dicono gli altri, abbiate sempre una parola di conforto per chi ne ha bisogno. Fate del bene e portate luce ovunque.

Con tutto l’amore,

Papà.

Lele

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La poesia: una parte di me

Pagina 1 su 3

Ho iniziato a scrivere nel momento stesso in cui ho appreso come tracciare su un foglio quei moderni geroglifici chiamati lettere, o almeno questo sembravano le lettere ad un bambino di prima elementare abituato ad arrampicarsi sugli alberi di una collina solitaria.
Non ricordo come ho cominciato né perché, semplicemente ho iniziato a muovere la mano e a scrivere racconti fantastici, brevi storie di mondi lontani nell’universo della mia fantasia e da lì non mi sono mai fermato.
Non saprei come spiegarlo, so solo che scrivere è una parte di me, come le dita che adesso stanno digitando queste parole o le gambe che uso per camminare.

Anche se ho iniziato con lo scrivere racconti, quello che mi ha veramente rapito è la poesia che ho avuto modo di conoscere in seconda elementare. Le maestre ci lessero delle poesie, e ce ne fecero leggere altre in seguito. Rimasi colpito da come con poche, ma semplici parole gli autori fossero capaci di esprimere e descrivere la gioia di un momento felice o la bellezza di un tramonto mozzafiato e mi colpì la forza con cui questi messaggi erano capaci di arrivare vividi e vigorosi nel mio petto, una forza capace di scuotere nel profondo e di animarmi.
Mi ricordo di come un pomeriggio, tornato da scuola, stavo dondolando sulla mia altalena ad osservare il paesaggio al tramonto, mentre riflettevo con una certa naturalezza sull’armonia universale. Sull’armonia universale? Già la poesia aveva colpito e di lì a poco si sarebbe espressa in varie occasioni, in maniera sentita è vero, ma qualcosa ancora mi mancava.

Crescendo ho imparato ad esprimere quello che ho sempre tenuto dentro, quello che per un bambino introverso, timido e che aveva paura a dire una sola parola era impossibile fare con tranquillità e naturalezza. Attraverso i versi sono stato capace di poter esprimere quello che pensavo del mondo, quello che provavo per una ragazza, denunciare le ingiustizie che mi accadevano con un urlo silenzioso, ma soprattutto ricordare a me stesso chi sono.
Mi ricordo di come a partire dalle medie scrivere mi abbia aiutato a prendere confidenza in me, a riflettere e a crescere come nient’altro è stato capace di farmi fare prima, per me è stata una fonte di crescita personale e lo è tuttora. Già, era la valvola di sfogo da cui uscivano le mie delusioni, i dolori del bullismo che riuscivo a trasformare in momenti che mi aiutavano a prendere coscienza di me, di quello che ero e a darmi quella forza che mi spingeva ad andare avanti. Era anche un modo per poter segnare i momenti felici e ricordarli poi per sempre, come uno scatto o un dipinto che raffigura una bella scenetta.
Ma scrivere non è stato solamente questo, è stato anche un mezzo per comunicare a persone importanti quello che provavo per loro, quello che per me rappresentavano: in quei momenti mi sembrava come se il mio cuore fosse nel foglio tra le loro mani, sotto stretto esame da parte delle loro pupille, in attesa di un verdetto. In questo la poesia mi ha aiutato anche a non avere paura del giudizio delle persone, e ad aprirmi quindi agli altri senza che ciò potesse nuocermi, aiutandomi a capire quello che effettivamente comunicavo di me.
Ricapitolando, grazie alla poesia sono cresciuto e sono stato capace di sviluppare una sensibilità diversa da quella dei miei coetanei, ho avuto modo di conoscere la realtà e me stesso sotto punti di vista diversi. Non lo ritengo però abbastanza per poter esprimere quello che veramente è, la forza che può comunicare, il messaggio che può trasmettere a chi legge.

Pagina 2 su 3

Mi hanno insegnato che la poesia è quel genere letterario che si scrive in versi, i quali finiscono in rime, che sono raggruppate in strofe, che una volta unite danno vita a quella che si chiama poesia.
La poesia quindi ha dei propri canoni è vero, ma allo stesso tempo può essere libera ed andare oltre le regole stesse con un volo capace di aprirti a nuovi orizzonti.
E questo mi mancava: la capacità di poter volare liberamente, la possibilità di conoscermi e di poter dire la mia in un modo a me affine, senza limiti di versi o rima nell’assoluta liberta di poter essere me stesso fino in fondo.

Di tutti i lati positivi, quello che mi piace di più della poesia è la capacità di poter creare, di immortalare e far rivivere qualsiasi cosa con qualche riga o addirittura con una semplice, ma potente parola.

La parola poesia deriva dal verbo greco “poiein”, che significa fare, portare a compimento, creare e questo secondo me la dice veramente lunga su quello che essa può rappresentare per l’uomo.
E per me vale lo stesso, scrivere poesia significa creare ogni volta qualcosa di nuovo, di originale, capace ogni volta di aggiungere un colore o una sfumatura in più alla mia esperienza di vita.
La poesia è qualcosa che si vive giorno per giorno nella quotidianità, si può manifestare nel sorriso della persona che ami, può nascere mentre cammini, come può spuntare nei momenti in cui meno te lo aspetti. Capita spesso che riflettendo o semplicemente osservando io senta questo impulso partire dal profondo, sento che lo devo assecondare e concretizzare su un foglio, sul blocco note del cellulare o ovunque possa scrivere. Si tratta di momenti in cui sai che sta per nascere qualcosa, non saprai cosa finché non sarà finito, ma sai che se non lo fai potresti perdere un qualcosa di irripetibile e che di questo potresti dispiacerti, perché alla fine quando lo vivi è come una parte di te.
Credo che tutto questo nasca da un bisogno intimo e profondo, è una voglia di comunicare e di voler esprimere qualcosa, anzi la vita stessa in un modo che va ben oltre le semplici parole: quando scrivi è come se imprimessi te stesso e la tua anima con l’inchiostro e tutto questo con la libertà di un foglio bianco da plasmare. Il risultato non è mai lo stesso certamente, ma le emozioni che ne scaturiscono sono sempre bellissime e restano ben impresse.

Qualche tempo fa mentre stavo studiando mi sono soffermato su una parola, ne è nata poi una riflessione e sentivo di dover scrivere ad ogni costo: sono finito col riempire il libro di versi.
Dopo mi sono sentito così felice e soddisfatto da sorridere tutta la giornata, ma mi sono sentito anche arricchito allo stesso tempo, arricchito da un nuovo punto di vista sul mondo che chissà se avrei potuto trovare da altre parti. Il punto è che la poesia, ma in generale l’arte, non è un qualcosa da prendere superficialmente, non è un qualcosa che si legge su un libro o si vede in un museo e poi finisce come è iniziato, ma al contrario la considero una possibilità di crescita per tutti, un modo per potersi mettere in gioco, riflettere e poter dare qualcosa agli altri e su questo vorrei soffermarmi.

Ho sempre vissuto quest’esperienza come qualcosa di prettamente mio, qualcosa di intimo che ho sempre tenuto per me e di cui pochi sanno o sono entrati in contatto.
Principalmente ho sempre scritto e scrivo per me, non perché io ignori gli altri, anzi al contrario cerco sempre di aiutare come posso, ma semplicemente perché questo mi aiuta ogni volta a ricordarmi di me, chi sono e attraverso le mie parole riesco a prendere la forza di quei momenti, farla di nuovo mia e riviverla.
Questo mi piace molto ed ogni volta mi dà spunti nuovi, ma ultimamente mi sto rendendo conto di quanto le mie parole possano far vivere, provare e dare qualcosa anche agli altri, e forse è anche questo un argomento su cui riflettere. Proprio adesso mentre scrivo sto riflettendo, se con questo posso fare qualcosa di buono per un’altra persona, se posso spingerla a riflettere, a provare qualcosa che mai aveva provato o semplicemente farle ricordare qualcosa di bello, perché non farlo?
Beh un’altra occasione da cogliere al balzo per poter provare e potersi mettere in gioco ancora di più.

Pagina 3 su 3

Sono convinto che condividere questa mia passione possa aiutare qualcuno, sono convinto che attraverso la scrittura, o l’arte le persone possano crescere sotto ogni punto di vista e questo dovrebbe essere incoraggiato, cosa che sarebbe bella da vedere sempre di più. Poter condividere qualcosa, potere dire la propria e quindi esprimersi sono uno dei passi che possiamo fare verso la nostra crescita personale, sia per conoscerci che per conoscere e questo non è da sottovalutare in un’epoca come la nostra dove conta molto altro. Walt Whitman definì la sua esistenza come un poema lungo quanto una vita e non posso trovarmi più d’accordo di così, cos’è alla fine la nostra vita, se non una poesia, una creazione che, se vogliamo, possiamo modellare in ogni suo attimo?

 

Lorenzo S.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Imparare il giapponese da autodidatta

Pagina 1 su 4

Come scoprire le proprie potenzialità e rendersi liberi

 

L’istruzione è un processo fondamentale per il tramandare delle conoscenze e dei progressi conseguiti dall’essere umano. Sin dagli albori della civiltà umana erano presenti i maestri, persone che avevano accumulato molte esperienze e si assumevano il compito di diffonderle, e gli allievi, coloro che invece desideravano acquisirle.

Nel corso della storia, l’aumento esponenziale delle conquiste in campo conoscitivo ha reso necessaria la creazione di istituzioni in grado di formare nuovi individui che potessero competere con la società che li circondava: in passato queste istituzioni erano spesso del tutto facoltative, e presentavano costi non indifferenti. Ciò per lungo tempo ha contribuito ad ampliare il divario tra ricchi e poveri, aggiungendone uno di tipo formativo a quello economico.

Notizie circa le prime scuole pubbliche provengono dal mondo ebraico e da quello romano, dove tuttavia l’istituzione più evoluta era certamente quella ebraica, la quale seguiva il giovane nel suo sviluppo educativo secondo varie tappe e in ambiti molto variegati.

Al giorno d’oggi, il percorso scolastico è divenuto lungo e spesso tortuoso: nonostante la scuola dell’obbligo si fermi intorno ai 16 anni di età, la società odierna, e il progressivo inasprimento del mercato del lavoro, impongono in certi casi il proseguimento degli studi sin oltre i 23 anni.

Non tutti posseggono le possibilità per frequentare l’università, non essendo coperta dallo Stato come invece lo sono le scuole di grado inferiore, e a volte, per dimostrarsi specialmente competitivi, si rende necessaria la presenza di ulteriori competenze, che pare impossibile acquisire contemporaneamente a quelle che si affinano nella scuola.

In altri casi, invece, potrebbe capitare che il tipo di scuola desiderato per approfondire certe passioni o interessi non esista, o esista solo in forme totalmente inaccessibili, che sia per i costi o per mancanza di tempo.

Esiste una modalità di apprendimento che in epoche meno recenti veniva adoperata molto più frequentemente di quanto non accada oggi, dove la riteniamo meno efficace o addirittura penalizzante ed inutile: lo studio da autodidatti.

 

Cos’è un’autodidatta? Un’autodidatta è una persona che ha conseguito da sé capacità e conoscenze in un dato ambito, sia generale che specifico. E’ una figura particolare, perché incarna sia quella del maestro, che quella dell’allievo; è maestra di sé stessa.

É un ruolo difficile, inutile girarci intorno. Insegnare a sé stessi prevede non solo un’ottima predisposizione allo studio, alla concentrazione, ma anche perseveranza, pazienza e soprattutto uno spirito di giudizio e di autocritica che verifichino ciò che viene appreso e come viene interiorizzato.

Tuttavia questi paroloni non devono scoraggiare, in quanto si tratta di un percorso: con il tempo, queste capacità se assenti si acquisiscono, e rendono liberi. Rendono liberi nella misura in cui non hai più strettamente bisogno di qualcuno che ti dica cosa devi fare, quando lo devi fare; rendono liberi dal bisogno di denaro per migliorare te stesso e accrescere il tuo bagaglio culturale; rendono liberi dalle imposizioni e manipolazioni altrui, perché imparerai ad ascoltare te stesso e a perfezionare la sua correttezza.

Non mancano certo i lati negativi: agli inizi, in particolare, c’è il rischio di imparare nozioni errate, non avendo un maestro che, con la sua esperienza, sappia guidarti e impedirti di prendere la strada errata. Se da un lato, inoltre, studiare da autodidatti permette una gestione estremamente flessibile del proprio tempo, dall’altro l’assenza di scadenze rischia nel caso di scarsa motivazione od organizzazione di rendere lo studio troppo diluito e poco efficiente.

Nell’epoca di Internet, il primo problema è facilmente risolvibile: in rete si trovano decine se non centinaia di siti di carattere professionale che insegnano un determinato argomento, rispondendo anche ad eventuali domande e dubbi in brevissimo tempo. In un certo senso, se l’autodidatta perde un maestro fisico, ne acquista moltissimi virtuali.

Pagina 2 su 4

Lo sviluppo del proprio senso critico derivato dalla necessaria operazione di scelta delle fonti e dei siti torna utile non solo nell’ambito dell’apprendimento, ma anche ogni qualvolta che si profili una decisione da compiere, divenendo sempre più in grado di discernere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.

Tuttavia, un sito web può non bastare, e diventa laborioso gestirsi tra numerosi link nei quali il sapere ricercato è frammentato: qui entra in gioco l’e-shop, ovvero lo shopping online.

Attraverso librerie online, ormai estremamente diffuse, è possibile ottenere l’accesso a una quantità inimmaginabile di libri specifici, persino di argomenti stravaganti e rari, e per di più a un prezzo ridotto rispetto a quello che si troverebbe in un negozio fisico.

Potete cercare negli store on-line più famosi, che tra le categorie presenti al loro interno includono anche quella dei libri, sia in formato cartaceo che digitale, ma spesso per ogni tema è possibile scovare una libreria online interamente dedicata ad esso.

Per quanto riguarda la gestione dello studio e del proprio tempo in modo autonomo, per evitare gli eccessi di un programma eccessivamente intenso o lascivo, è necessario abituarsi ad organizzare le proprie giornate, suddividendo, ad esempio, il carico di lavoro in argomenti minori e distribuendoli nell’arco della settimana, contemplando pause e giorni di riposo.

 

Io sono un autodidatta, e la materia che ho scelto di affrontare con questa modalità è la lingua giapponese.

La lingua giapponese è parlata nativamente da poco più di un centinaio di milioni di persone ma ha visto un aumento vertiginoso di coloro che la studiano e si interessano ad essa. Con la diffusione della cultura giapponese e della moda per il Giappone avvenuto nell’ultimo decennio in particolare, è cresciuto di conseguenza anche la necessità di disporre di strumenti adeguati per poter apprendere questa lingua affascinante.

Tuttavia, soprattutto in Italia, le strutture competenti scarseggiano, persino in quegli ambienti universitari che dovrebbero rappresentare l’eccellenza dell’insegnamento linguistico. Ovviamente, non tutti sono di bassa qualità, ma spesso la nomea non è indice di efficienza e capacità.

Per questo motivo, ho scelto per il mio apprendimento il percorso da autodidatta.

Iniziò quando avevo 13 anni; la mia forte curiosità mi spinse a cercare di comprendere le scritte di un videogioco giapponese, e la sera stessa già navigavo in Internet alla ricerca di informazioni utili.

Purtroppo, la giovane età e la complessità della lingua mi scoraggiarono, e ben presto abbandonai. Ma, forse per destino, forse per coincidenza, nel giorno del mio quattordicesimo compleanno, mi venne regalato il primo volume di un corso di lingua giapponese. Quello fu ciò che mi spronò a continuare, e nonostante non sia sempre stato tutto rose e fiori, ho ottenuto risultati straordinari, ben al di là di quello che avrei mai potuto immaginare di svolgere tramite l’unico ausilio delle mie capacità.

 

Vorrei dunque, dopo questa lunga ma doverosa introduzione, presentare al lettore che si accinge a studiare questa meravigliosa lingua alcuni consigli utili per rendere questo viaggio più semplice e far risparmiare il tempo che invece io spesi nella ricerca.

 

Pagina 3 su 4

Siti gratuiti

 

  • http://www.lang-8.com: questo sito è estremamente utile secondo me, per varie ragioni. È principalmente una piattaforma di correzione reciproca online: gli utenti possono postare qualsiasi scritto, che siano frasi, o testi più complessi, o anche domande, e altri utenti madrelingua si occuperanno di correggerli, dare consigli e conversare con i primi. Per questo motivo, oltre ad essere uno strumento eccezionale per affinare le proprie abilità linguistiche da autodidatti ed ottenere guide capaci e competenti, è anche un mezzo per stringere nuove amicizie oltreoceano;
  • http://maggiesensei.com: sito gestito da una ragazza che utilizza i suoi carinissimi animali domestici per insegnare giapponese, in inglese, tramite numerosi post e spiegazioni chiare e semplici. Tra l’altro l’autrice è estremamente disponibile a rispondere tramite commenti ai propri post;
  • http://ejje.weblio.jp : sito in giapponese, è un dizionario, forse il più completo online secondo il mio parere, inglese-giapponese.

 

Nella barra di ricerca è possibile inserire i termini: premendo il tasto nero a destra si avvia la ricerca.

 

*N.B: il materiale online, in particolare quello gratuito, e libri compresi, che trattano di lingua giapponese in italiano sono veramente pochi. Tuttavia, per la conoscenza ad un livello basso / intermedio-basso, vi sono vari testi disponibili che riporto qui sotto.

 

Libri

  • Dizionario di lingua giapponese: il dizionario bilingue dall’italiano al giapponese e dal giapponese all’italiano con un rapporto qualità/prezzo migliore attualmente (5/2017, nda) disponibile. Propone una vasta scelta di lemmi e anche un discreto numero di esempi. Consigliato per chi inizia lo studio del giapponese e chi arriva ad un livello intermedio;
  • Grammatica giapponese: “Grammatica giapponese”, di M. Mastrangelo, N. Ozawa e M. Saitō è la migliore grammatica italiana di giapponese fino ad un livello intermedio-basso. Contiene tantissimi esempi, i sillabari degli alfabeti, riferimenti al corso della stessa serie, e tutto ciò che serve per conoscere approfonditamente la grammatica di base;
  • Introduzione alla scrittura giapponese: nuovo testo che presenta gli alfabeti di base, hiragana e katakana, con un metodo intuitivo e seguito passo dopo passo. Lo consiglio, ma se siete a corto di fondi, potete anche evitare di comprarlo, e arrangiarvi tramite le tabelle presenti sui libri di grammatica / del corso (che è di seguito presentato), munendovi di carta e penna e ripetendo fino allo sfinimento i singoli caratteri;
  • Corso di lingua giapponese (1): primo di tre volumi, questo è il più completo corso di lingua giapponese in italiano che potete trovare. Oltre a presentare spiegazioni grammaticali, è fornito di numerosi esercizi, anche orali, accompagnati da audio disponibili sul web al link riportato sul retro del volume. Unica pecca, la mancanza di esercizi di scrittura più meccanici, e l’assenza di un insegnante che corregga; tuttavia, potete svolgere gli esercizi di composizione sul primo sito che vi ho consigliato, e farveli correggere da un madrelingua;
  • Guida all’apprendimento dei Jōyō kanji: nuovissimo libro di testo per apprendere l’alfabeto più complesso, quello dei kanji, gli ideogrammi di origine cinese. E’ stato scritto da un italiano, ed è la prima vera raccolta di kanji redatta in italiano, con approfondimenti etimologici e un’organizzazione sistematica ed organica veramente senza eguali. Consigliatissimo secondo me per gli studenti di qualsiasi livello (sarebbe meglio tuttavia avere già appreso lo hiragana e il katakana);
  • Il giapponese a fumetti (1): alternativa più leggera al corso di giapponese della Hoepli. Presenta la grammatica e il lessico attraverso i fumetti manga, e può essere d’aiuto per approcciarsi meglio alla lingua quotidiana;
Pagina 4 su 4

Applicazioni

 

  • Midori: applicazione per iPhone ed iPad (a pagamento). Dizionario inglese-giapponese e viceversa tra i più completi in circolazione. Fornito di numerosissimi esempi, e ricerca di simboli tramite disegno, è uno strumento indispensabile per lo studio e la ricerca di termini on the go.
  • Japanese: come sopra. Io consiglio di prendere entrambi in quanto si completano a vicenda ma sono validissimi.
  • Tae Kims Guide to Learning Japanese: ottima app per studiare in modo rapido la grammatica e i vocaboli, con anche esercizi annessi. E’ in inglese ed è gratuita, sia per Android che per iPhone.
  • Anki: fantastica app per PC. Permette lo studio e il ripasso dei vocaboli/frasi/simboli tramite flashcards, ovvero carte che presentano il termine scelto, sul cui retro viene mostrata la soluzione. Tramite un intelligente meccanismo di autovalutazione della propria memoria, che consiste nel selezionare il grado di apprendimento di una certa parola, l’applicazione imposterà automaticamente la frequenza con la quale mostrare quella determinata carta, favorendo così il ripasso di ciò che si conosce peggio. Vi sono inoltre numerosi “mazzi” precostituiti, solitamente in inglese, ma si possono costruire i propri; Vi sono inoltre numerosi “mazzi” precostituiti, solitamente in inglese, ma si possono costruire i propri inserendo un certo numero di termini scelti e includendone la traduzione da visualizzare sul retro.

 

 

Matteo N.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Come la spiritualità mi ha cambiato

Pagina 1 su 2

Da quel giorno, eccomi qua. Sono passati dalla mia nascita alla scrittura di questo testo precisamente 18 anni, 11 giorni, 11 ore e 45 minuti.

Dispongo solamente della mia esperienza formativa acquisita in questo periodo di tempo, perciò sarà quello che cercherò di raccontare.

Da quando ho fatto fronte alla spiritualità, ho subìto una profonda trasformazione interiore, il mio approccio alla vita è cambiato radicalmente, il mio punto di vista, il mio comportamento, le mie abitudini.

La mia alimentazione si basa su prodotti biologici e ayurvedici, benevoli al mio stato psicofisico.

Prima ero abituato a mangiare qualsiasi tipo di schifezza giusto per appagare quel futile bisogno di ingerire qualsiasi cosa che mi riempisse lo stomaco; tendo ad allontanare qualsiasi tipo di perditempo, qualsiasi cosa possa nuocere alla mia salute.

Non porto gli occhiali, ho sempre avuto 10/10 per entrambi gli occhi, eppure mi sono sempre comportato come fossi miope, solo ora sto cominciando ad accorgermi di quanto questa apparenza visiva è intrisa di superficialità.

Mi sento fondere con l’aria, così leggero che quasi spicco il volo.

Ho iniziato a distaccarmi da tutto ciò, comprendendo che sono molto di più di quello che credevo di essere, divenendo cosciente di ogni mia azione. Approciandomi a questa realtà come fosse un enorme gioco virtuale ho compreso quanto tutto questo mi incatenasse e quanto tutto questo, ora, sia appunto, “solo” un enorme gioco!

Devo dire che il mio rapporto con le circostanze è cambiato radicalmente, anche se spesso sbaglio, e spesso cercano di farmi credere che io stia sbagliando.

Con i miei non ho un rapporto roseo, in quanto con mio fratello non ho un minimo di conversazione, i miei genitori vivono un rapporto conflittuale e di conseguenza mi dissocio da ciò  nel senso che prendo coscienza come loro siano solo i miei genitori, non sono io, perciò mi dissocio da ciò che dicono, provano, ecc ecc..

A volte, appunto, non riesco a comprendere se stia sbagliando o meno, come il dissociarmi da loro, mi fa pensare che non sia capace di apprezzare tutto ciò che hanno fatto per me e che fanno tutt’ora, ma infondo sto bene anche se spesso questo pensiero cerca di tormentarmi.

A mia madre confido ciò a cui miro, parlo della meditazione e di ciò che è possibile ottenere con essa e non mi crede. Questo mi incita a proseguire, voglio comunque dimostrarle che suo figlio è qualcosa di grande, anzi grandissimo, inquantificabile.

Insomma giro e rigiro le parole nella mia testa, ma ciò che cerco di spiegare è ineffabile, forse non capirete ciò che sto scrivendo, o almeno ciò che voglio cercare di esplicare con questo scritto, il fatto è che, è come se vivessi in questa realtà, in questo corpo, sapendo che tutto quello che mi circonda ha un limite e che io oltrepasso quel limite.

Vado a scuola e se prendo un brutto voto, so che è semplicemente un voto, tralasciando che ritengo la scuola qualcosa di futile e il metodo d’istruzione è assai limitante, (forse è sbagliato ciò che penso, ma è ciò che penso) credo che possa fare a meno della scuola perchè ci sono cose che vanno oltre alcune materie insegnate a scuola e che, queste conoscenze si potrebbero acquisire attraverso la spiritualità. Mi dissocio con ciò che mi circonda, perchè so che dopo la morte tutto questo non farà la mia medesima fine, sono indipendente, fondamentalmente non mi serve altro se non la spiritualità, con cui poi potrò fare tutto. Questo è il mio pensiero.

Dopotutto, che non si fraintendi, io amo Dio e lo amo più che mai, amo questa vita e l’ esperienza che sto facendo, perchè proprio come un videogame, mi servirà per progredire ed aumentare il mio livello.

Covo un’ importante autostima, sono consapevole di ciò che sono, di ciò che so fare, dei miei pregi e difetti (tengo un quaderno in cui scrivo i miei pregi e difetti appunto, cercando di lavorare quotidianamente per eradicare ciò che di negativo mi caratterizza), amo me stesso fino al punto in cui appenderei un mio quadro all’ ingresso principale di casa, amo e amo incondizionabilmente tutto ciò che mi circonda, ma non sarà mai abbastanza.

Pagina 2 su 2

Ho fatto uso di cannabis per qualche anno, ed è come se fumando, il dubbio che tutto questo fosse così limitante aumentava, nonostante stessi facendo un grave errore. Mi sono affacciato alla spiritualità e da lì ho cominciato ad eliminare qualsiasi cosa nuocesse alla mia evoluzione, (dopotutto mente sana in corpo sano), l’ unico vizio rimasto era la canna con gli amici il sabato sera, premettendo che la frequenza nel farne uso diminuì drasticamente, quella rimase, settimanalmente ne facevo uso.

Non voglio nascondere nulla, ma sono felice di aver smesso da poco grazie al nuovo percorso spirituale che mi ha aperto la mente ad alte conoscienze. Infatti nell’Accademia di Coscienza Dimensionale ebbi accesso all’ articolo “spiritualità e droga”, e dopo aver letto le parole di Angel decisi di eliminare anche quella “minima” dose di canne che assumevo, perchè grazie a quell articolo ho scoperto quanto la cannabis stesse rovinando la mia crescita. Se volete proprio saperlo, il sabato seguente l’ ho rifiutata, ed eccomi qui, pronto ad evolvermi.

Facendo un passo indietro, da piccolo passavo ore di fronte al pc a giocare, ho sempre nutrito un senso di repulsione dalla tv, dalla politica e da tutto ciò che attraverso i media mi influenzasse, ho sempre avuto una folle paura del buio e degli spiriti, sono sempre stato un ragazzino vivace, ribelle ed iperattivo.

Eccomi qua ora invece, lontano da qualsiasi dispositivo tecnologico che non abbia il fine di accrescere la mia conoscenza, attratto dal “buio” e dal paranormale, folle, pazzo. Per via della mia vivacità, proprio perchè non mi comporto secondo gli schemi generali imposti, dalla maggior parte delle persone sono considerato un pazzo, ma non gliene do una colpa. Tuttavia da quando ho conosciuto l’ ineguagliabile espressività del silenzio, amo ascoltare e tacere, l’ adotto come mia principale strumento di vita. Sono “bipolare” come si suol dire, (sto scherzando ovviamente!) e questi due aspetti del mio carattere si fondono, per creare ciò che sono ora, e sono profondamente soddisfatto della mia crescita.

Questo è un altro aspetto che induce il mio dissociamento con le circostanze, non che reputi gli altri inferiori, ma è come se mi sentissi diverso, “anomalo”, fuori luogo, non che sia un’ eremita, anzi, ma sembrano incapaci di andare oltre.

Non intendo peccare d’ orogoglio, ne essere superbo, intendo semplicemente far comprendere che non sono il ragazzino di turno.

Detto questo, ringrazio enormemente A.C.D. (Accademia di Coscienza Dimensionale) che ora reputo la mia famiglia, Angel (la fondatrice di A.C.D.) a cui devo la mia intera vita.

Vi amo.

 

Riccardo C.

 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Credere nei miracoli

Pagina 1 su 1

Nel  percorso di vita di ognuno di noi ci sono difficoltà da superare per arrivare ad un obiettivo, che sia prefissato o inatteso, a prescindere che si creda in una forza superiore che ci aiuti oppure no. A prescindere da tutto questo, i successi arrivano se ci credi fino in fondo, malgrado le avversità della vita. I miei più grandi successi sono arrivati quando meno me lo aspettavo, quando, ormai, pensavo fosse tutto perduto e, la fede in Dio, che ho sempre avuto, mi ha aiutato a raggiungerli. Uno dei più importanti è quando ho vinto il concorso della polizia locale. La storia è un po’ lunga, ma ha tanti collegamenti. Era maggio del’ anno 2005 ed io ero senza lavoro, con due figli da mantenere e un mutuo di casa da pagare, che ormai non pagavo più da tanto ormai, ed ero sommersa di lettere dalla banca che voleva i soldi. Ogni giorno piangevo e chiedevo a Dio di aiutarmi. Un giorno, una persona trova mia madre e le dà il bando di concorso della polizia locale pensando che sarebbe potuto servire a me, in quanto sua figlia non aveva tutti i requisiti per potervi partecipare (mia madre non si è mai più ricordata chi le diede quel bando). Quando l’ho avuto, la prima cosa che ho pensato è stata che non ce l’avrei mai fatta, che, da sola, studiare tutte quelle materie sconosciute sarebbe stato impossibile. Poi, con due bambini piccoli! Comunque, malgrado questo, cominciai ad informarmi. Nel mio palazzo abitava una vigilessa che mi indirizzò ad una persona che organizzava dei corsi per la preparazione al concorso, ma, ovviamente, a circuito chiuso, solo per pochi! Mi misi in contatto con questa persona che, naturalmente, non svolgeva questi corsi gratuitamente e che per cominciare voleva 200 euro e il resto man mano che si svolgeva il tutto. Non avevo quei soldi e il mio morale era a terra.

Era il periodo della festa patronale di S. Nicola, santo per cui all’epoca non nutrivo un bel sentimento, ma quando vidi la sua statua al centro della piazza, mi avvicinai, mi inginocchiai e gli dissi: non ti chiedo di farmi superare il concorso, sarebbe troppo banale, ma aiutami a farmi partecipare e a studiare. Quel periodo avevo anche mia suocera che era malata di tumore e curavo facendo anche le notti in ospedale. Lasciai un offerta e me ne andai. Qualche giorno dopo, ad un gestore di un bar sulla spiaggia di Polignano, serviva una ragazza sul bancone e i miei amici mi spronarono ad andare. Ovviamente, dissi subito sì e cominciai il giorno dopo, se pur non era per tutti giorni, ma perlomeno mi avrebbe permesso di pagare l’anticipo del corso. Così cominciai a lavorare, studiare e accudire mia suocera. Dopo un paio di mesi, mi chiamò un agenzia di lavoro interinale proponendomi di lavorare in una mensa aziendale per una settimana. Io accettai dovendo lasciare il lavoro al bar, se pur per una settimana soltanto, ma qualcosa mi diceva di doverlo fare. E feci bene perché subito dopo mi proposero di andare a lavorare per un mese al ristorante dell’aeroporto. Quel mese si rinnovava ogni mese, fino a diventare un anno e poi a tempo indeterminato. Ero felice perché così avrei potuto pagare il corso e anche il mutuo (ero già separata e non percepivo una lira). Studiavo notte e giorno, lavoravo ecc. e questo mi ha fatto superare sia la prima prova scritta, che la seconda! Dovevo fare la prova orale. Il giorno prefissato per il mio esame era ad aprile, ma per alcuni motivi, fu spostato il 9 maggio, ultimo giorno della festa di San Nicola anno 2007. Che coincidenza!  Quando vidi l’ammissione ebbi uno svenimento, non riuscivo a credere di averlo superato. Subito dopo andai nello stesso luogo dove feci la richiesta a San Nicola, che era nello stesso punto di due anni prima e piansi inginocchiata davanti a lui per tutto il giorno. Indovinate quando cominciai a lavorare l’anno dopo che fui chiamata? Il giorno della festa di San Nicola! Ha tutto dell’incredibile, ma la fede aiuta sempre.

Il mio lavoro mi piace un sacco perché non è fatto solo di multe, ma si aiutano tante persone in difficoltà e riempie il cuore quando la gente rimane soddisfatta. Certo, ci prendiamo anche gli insulti, ma fa parte del pacchetto! Comunque da quando ho cominciato questo lavoro, le difficoltà che ho incontrato e che incontro tutt’ ora, sono le chiacchiere delle persone, perché, purtroppo, avendo un padre che ha avuto problemi con la legge, mi dicono come ho potuto fare a svolgere questo lavoro e le dicerie della gente ti uccidono e ti creano problemi. Col tempo ho imparato a distaccarmi da questo e a vivere in modo più sereno, ma le difficoltà le incontro ogni giorno e non è facile! Da qui è cambiata completamente la mia vita e quella dei miei figli! Grazie.

Francesca R.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Cosa significa avere genitori per amici

Pagina 1 su 2

Una cosa molto importante nella vita di un figlio sono i genitori e la relazione che si ha con loro. Per me, la loro figura non si limita solo ai genitori aiutanti e autoritari ma sono anche degli ottimi amici. Da quando ero piccola e fino ad adesso, ho sempre visto queste due persone per le quali i figli sono tutto, che farebbero di tutto per dare a loro ogni comodità, opportunità e altre cose che sono fondamentali nella vita di un bambino in crescita. Penso che è importante raccontarlo dal punta di visto di un figlio così che i genitori possono avvicinarsi con i propri figli, ma anche che i figli capiscano che i genitori possono essere anche amici.

Quando ero alle elementari e medie, ciò che le mie amiche si lamentavano ogni giorno delle loro famiglie, io non lo vedevo mai succedere invece queste cose a casa mia. Non mi proibivano di uscire, non mi sgridavano o davano punizioni, non mi obbligavano a vestire o mangiare cose contro la mia volontà, non mi sgridavano ferocemente se rompevo un piatto e non mi rispondevano mai con “perché sì” “perché così voglio io”.  Quando sbagliavo, mi dicevano cosa era sbagliato spiegandomelo e così ci siamo sempre capiti. Se proprio non sopportavo gli spinaci allora la mamma mi cucinava cosa volevo io, bastava che la figlia si nutrisse e mangiasse le cose necessarie. Non la vedevo mai lamentarsi di dover cucinare di nuovo, non mi lasciava senza cibo, anche se mi veniva una fame pazzesca all’ 1 di notte lei sempre si svegliava e mi dava il piatto pronto con quel sorrisone stampato in faccia (alle elementari). Quel sorriso era la sua felicità di vedere sua figlia che mangiava felice, per me invece era sempre una prova d’amore, libertà e che avevo sempre qualcuno su cui contare per ogni difficoltà, iniziando da quelle più banali a quelle più serie. Potrebbe sembrare un vizio, ma l’idea dietro questo comportamento era sempre di avere una pace mentale e di trasmettermi sicurezza. Queste cose forzavano sempre di più i legami tra me e loro. Durante le medie iniziarono a diventare i miei amici oltre ad essere genitori, potevo raccontargli tutto, i gossip delle mie amiche, fare pettegolezzi, raccontare cosa succedeva a scuola, se ricevevo un brutto voto o se la mia amica prendeva in giro le maestre cattive e io ne ero complice, tutto insomma. In cambio ricevevo risate, consigli e supporto. Ricordo un’episodio di quando la maestra mi ha voluto interrogare e io non sapendo niente, ho usato la scusa che avevo cose da fare con i genitori, lei mi ha chiesto una lettera scritta da loro come prova e quando sono venuta a casa loro mi  dicevano di dettargli cosa dovevano scrivere nella lettera invece di rendermi la vita un’inferno. Alle superiori ci siamo avvicinati sempre di più, loro sono diventati i miei migliori amici, molto più di quanto potevano essere quelli online o a scuola. Io ho iniziato ad avere problemi gravi di salute e questo ci ha fatto avvicinare molto e ha creato un’atmosfera di confidenza in famiglia. Il loro carattere, sulle cose che gli piacciono, è simile al mio quindi questo ci ha permesso molto di divertirci sulle stesse cose, scherzavano con me come uno non pensa che un’adulto autoritario e distante “deve fare”. Per esempio con la mamma andiamo pazze per lo shopping, lei trova i vestiti che piacciono a me e io a lei, ridiamo sulle stesse cose, ci sfidiamo su chi trova le scarpe più belle per prima ahahah, ci troviamo soprannomi, non ci giudichiamo mai l’un l’altra e ci raccontiamo di tutto e di più. Mio padre fa lo stesso, con lui posso parlare liberamente come si parla con la mamma o una migliore amica/o, non esiste nessuna cosa taboo o le solite cose “oddio che non lo sappia papà! Questi tipi di scherzi, parole o di contrastare la parola non devono succedere con papà”.

Pagina 2 su 2

Ricordo quando andavamo a scuola (lui mi portava sempre in macchina) e io ero in ritardo, se pensavo che la maestra mi avrebbe sgridato per colpa del ritardo mi rispondeva con una battuta “quella deve dire menomale che ci stai andando, non deve pretendere che tu vada presto!” (mancavo molto spesso per problemi di salute) e così combinava le cose così le maestre non mi disturbassero mai e si comportassero bene con me perché sapevano che avevo chi mi avrebbe difesa da ogni ingiustizia. Per i voti non mi hanno mai fatto pressione, se vedevano che stavo male allora loro stessi mi dicevano di non pensare ai voti. Mi facevano capire su come non dovevo rovinarmi mentalmente se prendevo un 8 al posto di 10 alle medie, tanto quel voto non avrebbe nessuna influenza nella mia vita se dopo rimediavo con voti buoni, o a fine scuola. Nel futuro avrei avuto esami e voti che avrebbero avuto più importanza. C’è sempre stata una comunicazione libera su tutto, a volte un prendersi cura troppo esagerato ma in fondo capivo che era perché si preoccupavano per la mia salute. Mi sento molto fortunata, da come è stato scritto sembrano i genitori perfetti e per me lo sono, forse hanno anche loro i propri difetti e io non li vedo, ma ho capito che sono stati genitori i quali si sono adattati sempre al cambio dei tempi, mentalità e alle mie esigenze, hanno fatto di tutto per insegnare a me cos’ è importante, per essere miei amici, chi e cosa non dovrebbe avere effetto nella mia vita, nonostante quello che succede e cosa pensa la massa.

 

Ina M.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Come diventare Youtuber

Pagina 1 su 3

Molto spesso vediamo video famosi su youtube, persone con tantissimi iscritti e visualizzazioni e si pensa che sia fortuna oppure che dietro ci sia un pubblico interessato (caso dei vlogger), però quanto siamo informati su come funziona la vita in questo social e come si arriva in cima?

Io iniziai questo hobby quando avevo circa 12 anni e lo usavo come passatempo, ho semplicemente visto alcuni video che mi piacevano e ho voluto fare anche io così e mostrare agli altri quello che mi piaceva creare. Ho creato un primo canale il quale ha avuto successo solo dopo tanti anni. Vedendo che questo primo non stava andando bene ne ho creato un secondo e ho iniziato caricare video della nuova stagione di una serie. Qui entra in gioco un’elemento importante: la fortuna. I miei video hanno iniziato a prendere più visualizzazioni di quanto mi aspettavo e questo fece sì che l’azienda che ha creato quel cartone mi contattasse chiedendomi di far parte del loro multichannel network su youtube. Io continuavo a caricare video, episodi e le visualizzazioni e gli iscritti aumentavano sempre di più. Volevo un canale bello, con  video e un design preciso e questo mi ha fatto capire che il successo era dato soprattutto grazie a questi piccoli elementi ai quali quasi nessuno dà importanza. C’è un lavoro serio ma bello da fare per avere successo su youtube. Prima di tutto, una persona deve sapere come funziona questo sito e che benefici ti dà, per poi passare all’azione. Se cerchi online avrai pagine lunghissime e nessuna ti insegnerà come agire e come funziona, per questo voglio spiegartelo bene e in parole comprensibili.

  • Cos’è realmente Youtube e come funziona? Youtube dev’essere per te uno strumento di divertimento e rilassamento dove condividerai con gli altri il tuo talento. Legalmente è organizzato così, il diritto d’autore di ognuno è protetto; per esempio se qualcuno ruba il tuo video e lo carica allora tu puoi mandare una richiesta di copyright e youtube cancellerà il video a quella persona. Se ricevi 3 richieste di copyright allora youtube cancellerà il tuo canale e lo stesso vale anche per gli altri. Se i video sono stati creati da te allora puoi monetizzarli e ricevere abbastanza soldi (dipende da diversi fattori per ogni paese e contenuto). Secondo me, è il secondo miglior modo per fare soldi veloce e sicuro online, dopo Blogger. Non si tratta di pochi centesimi, si può fare anche più di 300 euro al mese.

 

  • Come faccio con il copyright? La miglior cosa che puoi fare per assicurare una lunga vita al tuo canale è di caricare video creati da te, oppure dovrai confrontarti con i copyright richieste dalle aziende che creano i cartoni, video e film, le quali sono molto severe e non gli importa di cancellare il tuo canale senza preavviso. Puoi caricare video di cartoni o film solo se fai parte del multichannel network dei proprietari di quel contenuto, in poche parole grazie ad un accordo il tuo canale viene connesso con il loro e potrai caricare quello che vuoi senza problemi di copyright.

 

  • Cosa devo fare per la monetizzazione? Presta attenzione alle aziende che ti chiedono di far parte del loro multichannel network. Puoi decidere di accettare solo se confermi che chi ti sta chiedendo è l’azienda che ha creato il cartone, film o video che sono nel tuo canale. Ma sappi che in questo caso loro potranno monetizzare i tuoi video, i soldi andranno solo a loro. Se altre aziende ti chiedono, io ti consiglio di non accettare perchè non si sa mai quanto sono affidabili e ti chiedono sempre il 50% dei tuoi guadagni. Ma allora come fare? Puoi diventare partner di youtube (è semplice, basta mandare la richiesta e ti accettano subito) e ricevere tutti i guadagni per te, però il diritto d’autore c’e sempre quindi si ritorna di nuovo al punto più importante: caricare video creati da te.
Pagina 2 su 3

Se segui questi semplici passaggi sei a posto e ora potrai iniziare a far crescere il tuo canale. Questo richiede più lavoro ma è comunque una cosa semplice. Il tuo canale dev’essere bello da vedere, con descrizioni precise, con video organizzati e tante altre cose che spiegherò! Il miglior consiglio che posso darti è di metterti nei panni dello spettatore e metterai nel tuo canale cosa uno cerca di solito. Vediamo come funziona:

  • I video. Cerca di caricarli sempre in HD, se ce li hai in bassa qualità meglio non caricarlo. Ci sono persone che daranno valore al tuo canale solo per questa cosa e vorranno iscriversi. Sono sicura che anche tu quando vai su youtube ignori i video che hanno bassa qualità e ti metti a cercare quello migliore.
  • Il contenuto del video. Metti sfondi in HD, scritte chiare e non accecanti, presta attenzione alla grammatica, colori, lunghezza, immagini di alta qualità e le informazioni o parole devono essere sempre corte, facili da capire per tutti, divertenti e organizzate.
  • Descrizioni. Corte e interessanti da leggere, ben organizzate e informative. Se hai altri social linkali tutti lì così le persone li visiteranno. Puoi aggiungere anche simboli come cuori, stelle, fiori, frecce, righe ecc. Quest’ultimi piacciono molto alle persone e attraggono il pubblico.
  • Design del canale. Il design dev’essere speciale, con colori, bello e sempre in HD (parlando di banner e foto profilo). Non mettere tanti elementi perchè sono noiosi e confusivi, mettene pochi ma buoni.
  • Altri fattori. Il titolo del video per esempio dev’essere corto, con le parole chiavi da mettere sempre. Esempio: stai facendo un video dove spieghi la meditazione. Non mettere come titolo “La meditazione, una cosa che cambierà la vita a tutti! (noto che molti youtuber fanno così). Notiamo ora gli elementi importanti: le parole chiavi “la meditazione” “cambia” “la vita” “tutti”  e gli elementi inutili: “una cosa che” “,”. Simboli inutili e parole che non sono chiavi non vanno messe perchè sono extra, per questo c’è la descrizione dove puoi mettere i crediti e ulteriori spiegazioni. Quando una persona va a curiosare video sulla meditazione non va a cercare “la cosa che cambia la vita e il nome dell’autore” ma va a cercare le parole chiavi: meditazione. Se metti il titolo lungo e con scritte inutili quello non apparirà nella ricerca e per gli altri sarà difficile trovarlo. Quindi un titolo corretto sarebbe: “La meditazione: cambia la vita a tutti”.  Poi nelle descrizioni devi anche mettere sempre le parole chiavi. Queste vanno messe anche nei tag, riempi i tag con tantissime parole corroleate al tema del video. Riempi fino al limite permesso.
  • Far crescere il canale. Una cosa aggiuntiva che puoi fare è di promuovere il tuo video su altri social oppure fare “share for share” con altri youtubers.
 Pagina 3 su 3

Secondo me, se  segui queste semplici regole potrai creare un canale e farlo diventare famoso. Mettendoti  dentro questo social troverai e ti farai molti amici e capiteranno anche nemici. Potrai ricevere critiche, commenti di odio e potranno esserci anche persone che vorranno far fallire il tuo canale però tutto questo passa e si può evitare se sei gentile con tutti, onesto e avrai tanti amici i quali ti aiuteranno sempre. Quindi youtube non è solo un ottimo mezzo di guadagno ma anche un bel posto dove potrai esprimere te stesso.

Buona fortuna a tutti!

 

Ina M.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

I benefici della meditazione

Pagina 1 di 4

Partiamo dall’inizio, perché l’etimologia della parola meditare è davvero interessante.

 

Garzanti: dal lat. meditāri, iterativo di medēri “curare”; in orig. “esercitarsi”, poi “riflettere”.

 

Treccani: misurare con la mente dal lat. meditari, frequent. di mederi «curare», raccostato nel sign. al gr. μελετάω «curarsi di qualche cosa; riflettere, meditare

 

Le parole collegate al termine meditazione ci riportano da un lato al concetto di cura (e questo non è sicuramente un caso!), dall’altro a quello di pratica che prende forma in quello che potremo definire un esercizio mentale. Un altro punto toccato dall’etimologia è quello relativo alla riflessione e, quindi, alla consapevolezza nell’esercizio del pensiero.

 

Nel mondo, attualmente, esistono tanti diversi tipi di meditazione ma, cercando di trovare un denominatore comune, possiamo affermare che quando si medita si cerca di concentrarsi sul qui e ora, sul momento presente, senza lasciare andare la mente a ruota libera, immersa in quel chiacchiericcio interiore che ogni giorno tenta di distrarci, portandoci spesso a restare ancorati al passato (che essendo “passato” dovrebbe essere “andato” invece rimane, condizionando spesso molte delle nostre azioni) o a rimuginare sul futuro.

Meditare con costanza, quindi, porta a raggiungere una sorta di consapevolezza senza pensieri e ad avere sempre più padronanza delle attività della propria mente.

La psicologa Anna Fata dà questa definizione di meditazione:

“La meditazione si può definire come uno stato di puro essere, di chiara consapevolezza, di attenzione, di osservazione. […]

Essa rappresenta il ritorno a uno stato originario naturale, in cui mente e corpo non sono in un rapporto di dualità, ma di unità. È una condizione non tanto da raggiungere, quanto da riconoscere. È un essere presenti e consapevoli nell’hic et nunc.
È una forma di rilassamento, un abbandonarsi al presente, una condizione autoevidente che si deve re-imparare ad assaporare.

È la condizione naturale della mente di quiete, di vuoto e di unità.
In essa si riduce la sensibilità agli stimoli esterni e si accentua quella agli stimoli interni.”

 

Questo rivolgersi all’interno sicuramente aiuta l’individuo ad avere maggiore consapevolezza di sé e anche dei propri meccanismi di reazione agli stimoli esterni.

Negli ultimi decenni, infatti, la meditazione è stata molto impiegata in psicoterapia e, più in generale, se ne sono studiati gli effetti in campo medico, attraverso numerosissimi studi scientifici.

 

La psicologa Fata aggiunge:

“La maggiore attenzione verso l’interno di se stessi e la maggiore autoconsapevolezza si riflettono in modifiche peculiari del tracciato elettroencefalografico. […] Nel corso della meditazione si verifica un rilascio della dopamina endogena in corrispondenza con un aumento dell’attività delle onde teta registrate tramite elettroencefalogramma.”

Pagina 2 di 4

Meditare quindi agisce sulla mente, personalmente direi anche sull’anima, e allo stesso tempo anche sul piano fisico, andando a creare tutta una sorta di modificazioni all’interno del nostro corpo. Gli studi eseguiti nel mondo sono davvero tanti e dei più svariati, ma semplificando potremo riassumere per sommi capi gli effetti benefici della meditazione sul corpo e sulla mente.

 

  1. Sviluppo di collegamenti neuronali. Uno studio eseguito da alcuni scienziati dell’Università della California di Los Angeles (UCLA ) e pubblicato sulla versione online diFrontiers in Human Neuroscience, ha approfondito la relazione tra la meditazione e la struttura fisica del cervello, studiandone gli effetti sulla corteccia cerebrale che, tra le varie funzioni, ha un ruolo molto importante nei processi legati al pensiero, alla coscienza, alla memoria e all’attenzione.

Sono state confrontate le risonanze magnetiche eseguite sul cervello di un gruppo di persone che meditavano e di un secondo gruppo che invece non lo faceva: non solo il primo gruppo aveva maggiori collegamenti neuronali, ma nello stesso gruppo di “meditatori” più a lungo i soggetti avevano meditato, maggiori erano i collegamenti riscontrati. Le zone del cervello interessate avevano a che vedere con il miglioramento delle funzioni mentali legate al pensiero, alla memoria, al giudizio e alla decisione.

 

  1. Felicità.Una mente distratta è una mente infelice” è il titolo di uno studio di Harvard del 2010, apparso suScience. Questa prospettiva è davvero interessante perché correla il nostro livello di felicità alla capacità di essere presenti alle nostre azioni.

In effetti, a pensarci bene, spesso passiamo il nostro tempo a pensare a cose diverse da quelle che stiamo facendo. Ad esempio, a chi non è mai capitato, mentre sta pulendo casa, di pensare a cosa deve preparare per pranzo o alla lavatrice che ancora ha da fare? Oppure mentre si è in viaggio di pensare al rientro a casa? Se ci facciamo attenzione sono davvero tante le piccole cose che ci mantengono continuamente disattenti.

Meditare invece rende la nostra mente concentrata e meno distratta, dunque meno infelice!  Secondo lo studio, infatti, i soggetti che meditavano hanno mostrato un incremento nell’attività delle aree cerebrali coinvolte nel controllo cognitivo, e una disattivazione del talamo, che regola invece la percezione del dolore.

In una ricerca pubblicata su Neuroscience & Biobehavioral Reviews a cura della University of British Columbia si evidenzia come in chi medita costantemente e da tempo, avvengano sensibili modificazioni in almeno 8 zone del cervello e anche un incremento della superficie della corteccia cingolata anteriore, coinvolta nel controllo dell’attenzione.

Altri studi hanno documentato una riduzione dell’amigdala destra, regione collegata all’elaborazione delle emozioni negative, come stress e paura, sottolineando il fatto che chi medita ha una minore tendenza a rimuginare, di conseguenza somatizza meno lo stress e si ammala meno facilmente.

 

  1. Utile nella cura dei processi infiammatori. Uno studio olandese del 2013 (Voluntary activation of the sympathetic nervous system and attenuation of the innate immune response in humans) sottolinea come il corpo di chi medita vede un rilascio di sostanze antinfiammatorie sul sistema nervoso simpatico e, allo stesso tempo, riduce anche la produzione di tutte quelle sostanze che catalizzano gli stessi processi infiammatori.

C’è anche un altro studio internazionale (Rapid changes in histone deacetylases and inflammatory gene expression in expert meditators) che testimonia come la meditazione possa alterare i processi neurali, biochimici e comportamentali. Questi studiosi hanno infatti dimostrato che 8 ore di intensa meditazione, praticata da esperti, sono sufficienti per inibire l’attività di alcuni geni legati all’origine dei processi infiammatori. Se in sole 8 ore consecutive chi meditava da tempo ha ottenuto questi risultati, figuriamoci cosa potrebbero ottenere anche persone inesperte applicandosi costantemente ad un’ora al giorno di meditazione!

Sono moltissime le patologie infiammatorie (soprattutto quelle croniche) che potrebbero beneficiare della meditazione come cura senza controindicazioni ed è davvero un peccato che molte persone, prima di imbottirsi di farmaci, non provino invece a meditare per capire quanto potrebbe essere d’aiuto per alleviare il loro disturbo.

Pagina 3 di 4
  1. Aiuta a mantenere la giovinezza. Sono svariati gli studi, tra i quali una vasta ricerca uscita su “Health Psychology” e condotta dall’università della California, che hanno documentato come la meditazione migliori l’attività di uno specifico enzima (il telomerasi) che è deputato a ricostruire e allungare le sequenze di DNA situate alla fine dei cromosomi (che si chiamano appunto telomeri). Questa attività è molto importante per garantire una lunga vita alle nostre cellule, perché quando i telomeri scendono sotto una certa soglia le nostre cellule smettono di riprodursi e vanno a riposo.

 

I benefici psicofisici legati alla meditazione sono davvero tantissimi, quindi perché non farla?

 

Il neuroscienziato Alberto Sardi scrive:

“Il concetto di meditazione racchiude in sé il semplice principio di stato naturale dell’essere umano; non si tratta dunque di un concetto esistenziale o filosofico, ma piuttosto di una condizione reale in cui si può trovare l’individuo.”

 

Io ho iniziato a meditare quotidianamente (con la tecnica di ACD che potete trovare a questo link:  https://www.accademiadicoscienzadimensionale.it/archives/4886 che personalmente trovo molto semplice, diretta ed efficace) e devo dire che mi sento bene, anzi molto meglio di quando non lo facevo affatto.

 

Consiglierei a tutti di provare a ritagliarsi un piccolo spazio quotidiano dove star soli con sé stessi, respirare con coscienza, liberare la mente dai pensieri inutili e rigenerarsi: meditare aiuta a mantenere un’ottima salute psicofisica, servono solo determinazione e costanza, ma i risultati sono davvero alla portata di tutti!

Bibliografia/Sitografia:

“Rapid changes in histone deacetylases and inflammatory gene expression in expert meditators” Psychoneuroendocrinology, Volume 40, February 2014, Pages 96–107

 

“Voluntary activation of the sympathetic nervous system and attenuation of the innate immune response in humans”, May 20 2014, vol. 111 no. 20

 

Gli Effetti Psicofisici delle Tecniche di Meditazione, Alberto Sardi: http://www.neuroscienze.net/?p=3937

 

Kabat-Zinn, J., (1990). Full Catastrophe Living. Delta Publishing, New York.

 

https://lamenteemeravigliosa.it/studi-scientifici-sulla-meditazione/

 

http://www.scienze-naturali.it/ricerca-scienza/la-meditazione-rafforza-il-cervello

Pagina 4 di 4

http://www.lastampa.it/2012/03/16/scienza/benessere/medicina-naturale/la-meditazione-rafforza-il-cervello-fFzyHOnntbQiHK4Pf8ReGJ/pagina.html

 

http://www.repubblica.it/venerdi/articoli/2016/06/15/news/la_scienza_e_entrata_nella_testa_di_chi_medita-142059303/

 

Anna Fata “Studi e ricerche sulla meditazione“: http://www.humantrainer.com/articoli/fata-meditazione-psicologia.html

 

http://www.focus.it/comportamento/psicologia/8-cose-che-forse-non-sapevi-sulla-meditazione

 

Tara D.

 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

Anoressia: la realtà dietro ad un disturbo alimentare

Pagina 1 su 3

 

Spesso quando si parla di disturbi alimentari, nel caso di anoressia, quando una persona esterna osserva la persona malata crede di poter semplificare tale malattia trovando la causa in un semplice motivo. L’anoressica si trova in tale situazione perché desidera vedersi magra, troppo magra, ma in realtà le cose sono molto più complicate.

Sono poche le persone che si ammalano di anoressia per la sola voglia di dimagrire, dietro a questo disturbo c’è molto di più. Io la considero una vera e propria malattia che purtroppo più volte viene presa sottogamba: quando ci si rende conto della sua gravità ormai è troppo tardi perché la persona non è più salvabile.

Chi arriva a soffrire di questo disturbo lo fa per svariati motivi: può nascere dalla mancata risoluzione di determinati problemi o traumi. Si ignorano quelle che sono le proprie problematiche, vengono coperte ed ammassate, nascoste sotto degli squilibri alimentari. Spesso sembra più facile adagiarsi ai problemi, fare finta che non esistano e distrarre la mente in modi diversi. Alcune persone trovano svaghi positivi, come l’iniziare a praticare uno sport o il coltivare le proprie passioni. Altre evadono dalla realtà con dei metodi più che negativi, trovando il loro “attimo di pace”.

L’anoressia al malato sembra il miglior modo per controllare un qualcosa, quando tutta la realtà che lo circonda non va come lui vorrebbe. Attraverso il controllo della tua mente puoi assicurarti che quel numero che ritrovi sulla bilancia sia quello da te desiderato. Se un qualcosa non va bene non importa, perché tu puoi controllare quel numero e ti senti forte. Senti di poter raggiungere qualsiasi obiettivo: sai che, pur essendo alta più di un metro e settanta, se lo vuoi, puoi arrivare a pesare quaranta kilogrammi scarsi. Quando non si è sani dal punto di vista mentale questa può essere vista come una grande soddisfazione.

Non ci si rende nemmeno conto di essere entrati in quel vortice, convivevo con tali disturbi da quando avevo undici anni. Tutto iniziò con le restrizioni, togliendo determinati alimenti, saltando alcuni pasti e facendo attività fisica in maniera esagerata.

Per circa sette anni sono riuscita a mantenere il controllo e a tenere il mio fisico in uno stato abbastanza sano, successivamente è iniziata la mia caduta in quella che è la malattia vera e propria.

Le restrizioni erano aumentate, tanto che il quantitativo che ingerivo ad ogni pasto era anche minore rispetto a ciò che mangia un bambino. Tali pasti poi vennero anche eliminati ogni qual volta che mi era possibile, respingevo la fame alzandomi dal tavolo, correndo a fare attività fisica e fumando innumerevoli sigarette.

Tutto ciò ai miei occhi sembrava normale perché non nutrendomi più il cervello era in uno stato in cui ragionare era impossibile. Le distorsioni mentali erano molte, tanto che mi vedevo grassa pur avendo ossa che sporgevano ovunque ed ero anche convinta di mangiare troppo. Anche se il piatto era quasi completamente vuoto io vedevo una montagna di cibo. Questo è strano da dire, sembra difficile da credere anche a me, ripensandoci.

Ma questa è forse la parte migliore dell’anoressia, non si soffre, non è stato difficile togliere i pasti e resistere alla fame.

Pagina 2 su 3

La vita diventa una vera sfida, quando ogni giorno devi dosare alla perfezione la velocità dei tuoi passi per poter arrivare alla fermata della corriera senza cadere prima, quando ogni pomeriggio passi almeno quattro ore a studiare senza riuscire a ricordarti neanche una frase, vedendo così svanire un anno scolastico, quando dormiresti in continuazione perché non hai nemmeno più la forza di tenere gli occhi aperti. Quando sei costretta a metterti mille strati di vestiti pur di non morire dal freddo nonostante la bella giornata. Quando, pur amando più di qualsiasi cosa la danza, uscire a ballare non è più un divertimento: perché il tuo corpo non regge più, quindi ti riempi di bevande zuccherate con la speranza di arrivare a fine serata. Devi sopportare mille limitazioni, non puoi stare troppo con gli amici perché rimanere a lungo fuori casa sarebbe un rischio, potresti svenire dopo troppi sforzi.

Poi, finalmente la fine del giorno arriva e quando ti sdrai a letto la paura ti abbraccia, paura di non farcela, paura perché il cuore, troppo affaticato, si avvicina a quella che potrebbe definirsi una crisi di tachicardia.

Vai avanti così per giorni, settimane e mesi. Ma poi qualcosa per forza ti deve capitare, in realtà in una situazione del genere, per quanto a te possa sembrare di avere tutto sotto controllo, il controllo l’hai perso già da un bel po’ di tempo.

Una mattina, io e un mio vecchio compagno di classe ci siamo avviati al treno per poter iniziare quella che sarebbe dovuta essere una normale giornata scolastica. Non avevo idea di quanto sarebbe stato importante per me ciò che stava per accadere. Quella volta eravamo in ritardo, così, per un brevissimo pezzo abbiamo fatto una corsa, siamo arrivati in stazione e anche in anticipo. Poco dopo, mentre parlavamo, ho sentito che il mio corpo stava per cedere: ho iniziato a perdere la vista, a vedere nero, non vedevo più il volto del mio amico. Ricordo ancora le poche parole che sono riuscita a pronunciare: “sto per svenire”, le ultime parole prima di ritrovarmi comodamente seduta su quel treno. Con la vista che ancora faticava a tornare.

Probabilmente quel giorno avrei avuto bisogno di un ricovero ma la persona che stava con me mi conosceva molto bene, sapeva che dovevo soffrire e arrivare al limite, dovevo arrivare a toccare il fondo e solo così sarei potuta risalire.

La paura che ho sentito in quel lasso di tempo di circa un’ora o più è stata così forte che stavo per chiamare mia madre, per dirle che le volevo bene. Ero convinta di non farcela, convinta che da lì a poco mi sarei spenta, non potevo non dirle addio.

Sono stata molto fortunata perché, quel giorno, per poco sono riuscita a riprendermi, ho sofferto ma ce l’ho fatta. Un’altra persona forse avrebbe continuato a vagare nel tunnel dell’anoressia come uno zombie, ma io, dopo tale fortuna, avevo capito che era ora di riprendere in mano la mia vita. Così da quella giornata in poi, ho ricominciato a mangiare. Ho ricominciato a vivere.

Non è stata facile, anche perché dopo un tale periodo di continue rinunce il mio corpo voleva mangiare qualsiasi cosa in quantità industriali, vivevo di continue abbuffate e alle volte non riuscivo a tenere nel corpo ciò che avevo ingerito. Mangiare fuori casa era un incubo, perché dopo essermi abbuffata il mio stomaco mi provocava dolori laceranti, sentivo il bisogno assurdo di liberarmi e quando non mi era possibile mi capitavano alcune crisi di nervi che mi portavano a piangere e a trattare male le persone che avevo vicine, quelle persone che cercavano di aiutarmi. Mi sentivo fragilissima e incapace di uscire da quello che era per me un vero inferno.

Pagina 3 su 3

Ma la fortuna mi ha assistita nuovamente e dopo poco sono riuscita a trovare una nutrizionista bravissima, una persona più che formata sia nel campo dell’alimentazione sia nel campo della psicologia. Lei mi ha seguita in quello che è stato l’inizio del mio viaggio interiore, quel viaggio che mi ha permesso di incominciare a ritrovarmi. Ho tolto quei mattoni che utilizzavo per nascondere quelli che erano i miei problemi e li ho affrontati. Ho compreso i vari motivi che mi hanno portata ad ammalarmi e mese dopo mese gli ho risolti, senza fretta.

Ora posso dire di essere guarita, sono libera, libera di mangiare ciò che voglio e finalmente ho riscoperto il piacere di mangiare. Ma la cosa più importante è un’altra: ho la mente vuota, lucida ed ora sono in grado di affrontare quelli che sono i problemi che mi si pongono davanti. Riesco ad apprezzare quelle che sono le grandi gioie della vita e ad essere felice.

Ho voluto condividere una parte di me stessa per lanciare un messaggio a più persone possibili: se soffrite di disturbi alimentari, smettetela di fingere che il problema non esista. Chiedete aiuto, affidatevi ad una brava nutrizionista, parlatene con i vostri amici più stretti, parlatene con i vostri genitori. Insomma, parlatene con qualsiasi persona che vi voglia bene o che potrebbe essere in grado di capirvi. Se avete dei figli o delle persone a voi vicine che iniziano a dare segni di squilibri alimentari non rendetevi ciechi, non fate finta di niente. Reagite, siate disponibili, siate comprensivi, prendetevi il tempo per aiutare chi ne ha bisogno e chi è disponibile ad accettare il vostro aiuto. Non sarà facile, ma tali problematiche se prese in tempo sono molto più facili da risolvere.

Siamo esseri umani tutti uguali, le nostre vite sono simili come lo sono anche i nostri problemi, perché non iniziare ad aiutarci a vicenda? Ognuno di noi può fare la sua parte. Smettiamola di ignorarci, smettiamola di essere indifferenti di fronte alle difficoltà altrui. Se solo noi lo vogliamo, possiamo essere l’inizio di un piccolo cambiamento. Un piccolo cambiamento che se preso come esempio da più persone può trasformarsi in un grande cambiamento.

 

Sonia C.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

È davvero importante studiare la storia?

Pagina 1 su 2

“Non sapere che cosa sia accaduto nei tempi passati, sarebbe come restare per sempre un bambino. Se non si fa uso delle opere delle età passate, il mondo rimarrà sempre nell’infanzia della conoscenza.”

(Cicerone)

 

La storia è sicuramente una delle discipline più detestate in ambito scolastico. Lezioni noiosissime tenute da maestri e professori, che generalmente non fanno nulla per alleggerire la materia, e fondate su innumerevoli date da imparare a memoria, legate a loro volta ad altrettanti nomi di personaggi influenti e alle loro azioni, che inevitabilmente vengono dimenticati subito dopo l’interrogazione o il compito di turno. Una vera seccatura, non c’è che dire. Tante, tantissime volte abbiamo sentito dire che la storia è una materia importante perché insegna a non ricadere negli errori del passato, senza che questo sia mai stato davvero verificabile concretamente nella realtà in cui viviamo. E allora perché continuiamo a studiare questa materia e, soprattutto, a cosa serve?

Partiamo dal principio. Il termine “storia” deriva dal greco ἱστορία (istorìa), che letteralmente significa “ricerca” ed indica semplicemente l’insieme dei fatti accaduti. Quella che si studia tra i banchi di scuola, infatti, dovrebbe essere chiamata più precisamente “storiografia”, termine che indica lo studio, tramite interpretazioni, di quei fatti. La storia nasce quindi dall’esigenza di ricercare ed accertare, svolgendo un’indagine critica, la verità sugli avvenimenti del passato. E, come ci suggerisce la sua stessa etimologia, è esattamente questo lo scopo della storia, la sua funzione, il suo ideale: la ricerca della verità. Un ideale che è stato progressivamente, almeno in parte, tradito. Oggi, infatti, siamo abituati a dare importanza solo a motivazioni di tipo economico o, comunque, strettamente materiale. Studiamo la storia sostanzialmente in funzione delle guerre che si sono susseguite nel tempo, trascurando l’arte, la religione, la cultura, la filosofia, come se non fossero anch’esse tipiche espressioni umane che contribuiscono a renderci ciò che siamo. Per non parlare della separazione netta che esiste oggi tra discipline umanistiche e scientifiche, semplicemente nociva per la conoscenza. Come se la biologia e la chimica non fossero fondamentali in una ricerca archeologica; come se davvero si potessero strutturare accuratamente le esperienze in categorie ben definite e diversificate.

La nostra stessa personalità è figlia di tutte le esperienze che abbiamo vissuto: ognuna di esse ha lasciato dentro di noi piccoli frammenti che, uniti tutti insieme, costituiscono la struttura ossea del nostro carattere. Ogni scelta che compiamo nel presente si scontra inevitabilmente con la nostra esperienza passata, sempre pronta a guidarci, e noi non possiamo prescindere da essa se vogliamo scegliere la via giusta da percorrere. Immaginiamo una persona che, a causa di un trauma subito alla testa, viene colpita da una particolare forma di amnesia che gli impedisce di ricordare la sua vita. Questo individuo si troverebbe in un terribile stato di confusione e smarrimento, incapace di ricordare la propria identità, incapace di comprendere la sua posizione attuale all’interno della società. Sarebbe costretto persino a ricominciare a instaurare rapporti con le persone che gli stanno accanto, con le persone che ama e che lo amano ma di cui lui non ricorda niente. Senza memoria, senza consapevolezza del passato, tutti saremmo nelle stesse condizioni.

Molto probabilmente in pochi si chiedono come mai viviamo in un certo modo, seguendo certe regole e certe usanze. È naturale: ciò costituisce per noi la normalità. Ma non bisogna dimenticare che la nostra identità dipende dal contesto culturale in cui siamo nati e cresciuti. Studiare il contesto e cercare di comprenderlo significa comprendere e conoscere meglio se stessi. Questo contesto è l’esito di un percorso storico costituito dal continuo intreccio di avvenimenti che sono uno la conseguenza dell’altro. Motivo per cui, così come è assurdo credere di poter capire un libro leggendo unicamente l’ultimo capitolo, analogamente non si può pretendere di approcciare la storia contemporanea senza conoscere quella antica.

Pagina 2 su 2

Prima di analizzare la civiltà moderna, è dunque necessario sapere come è nata e, prima ancora di questo, bisogna cercare di capire in seguito a quali circostanze l’uomo è giunto a costruire le prime forme di civiltà. Questo discorso risulta ancora più chiaro se pensiamo che le scienze, tanto quelle naturali quanto quelle sociali, hanno avuto uno sviluppo importantissimo proprio grazie alle scoperte e alle invenzioni compiute nel corso della storia antica, che comprende soprattutto le due grandi civiltà classiche: quella greca e quella romana. Su tutti, basti pensare a Pitagora e ad Euclide, che più di altri contribuirono allo sviluppo del pensiero scientifico occidentale.

Pertanto, per condurre uno studio corretto e completo, occorre sempre partire dall’origine, senza pensare di poter sorvolare sulle basi e senza memorizzare date ed eventi meccanicamente, cosa che non ha davvero nessuna utilità. Ciò che conta è comprendere le cause per cui quegli eventi si sono verificati. Se non ci si ricorda una data, o non si riesce immediatamente ad associarla a un particolare avvenimento, si può sempre andare a recuperare tale informazione in un qualunque manuale o, ancora più semplicemente, la si può reperire con una rapida ricerca in Internet, ma se non si capiscono le cause risulta estremamente difficile cogliere le sfumature che permettono di individuare l’ampio quadro delle trasformazioni sociali e politiche.

Abbiamo detto che la storia nasce dall’incontro tra il passato e il presente, quindi dalla relazione fra i documenti che il passato ci ha lasciato e l’interpretazione che noi, uomini del presente, ne diamo. I documenti che provengono dal passato sono dunque il primo e fondamentale pilastro sul quale si basa la ricostruzione storica e spaziano dagli scritti degli storici antichi ai segni che i nostri antenati hanno lasciato nel paesaggio attuale. Non si deve pensare, infatti, che le fonti debbano essere necessariamente qualcosa di scritto: ci sono edifici, reperti e rovine che possono dire molto più di un libro ed è fondamentale per uno storico allenare gli occhi e sviluppare una sensibilità che permetta di ritrovare le tracce del mondo antico nella società moderna. Inoltre, fidarsi ciecamente di tutto ciò che si legge sui testi degli storici moderni – sui quali normalmente si studia la storia – come se avessero un’attendibilità assoluta, è sbagliato. Anzi, per condurre una ricerca che vuole avvicinarsi il più possibile alla verità, occorre proprio mettere in dubbio tali opere e verificarne la credibilità tenendo conto di alcuni importanti aspetti. In primo luogo, più l’epoca presa in esame è lontana nel tempo, minore è il numero delle fonti a disposizione, perciò non si può trascurare alcun tipo di informazione proveniente dal passato e, a maggior ragione, nessun documento andrebbe mai trattato singolarmente poiché il confronto con altra documentazione, anche di diverso genere, può essere utile a ricostruire il contesto di cui esso è figlio. Ciascun documento è il prodotto di una situazione specifica e racconta qualcosa sulla medesima ed è compito dello storico riconoscere la situazione che permette di collocarlo nel suo esatto contesto di spazio e tempo. Oltretutto, per qualunque tipo di fonte, c’è sempre la possibilità che essa sia stata falsificata e ciò può accadere tanto negli anni a cui tale fonte effettivamente appartiene, quanto in un periodo di molto posteriore, talvolta anche di secoli. Siccome un documento va trattato per quello che è, tenendo conto delle sue caratteristiche e dei suoi limiti, è indispensabile non dare per certo ciò che è dubbio e non generalizzare un caso isolato, ma fare molte ipotesi.

La storia non è una scienza esatta che si avvale di regole e modelli matematici: diversamente da un fenomeno chimico, sempre vero e dimostrabile empiricamente, un fatto storico diventa tale solo in seguito a una corretta interpretazione che deve attribuirgli un significato sincero per avvicinarlo il più possibile alla verità. Bisogna avere l’onestà intellettuale di ammettere che non è possibile ottenere una totale rispondenza al vero semplicemente leggendo e confrontando testi antichi o analizzando reperti e rovine. Per questo occorre studiare con coscienza e con la consapevolezza che il passato è altro da noi, è una terra lontana e in buona parte ancora sconosciuta, in cui occorre avventurarsi restando ben saldi nel presente. Ma nonostante ciò, noi abbiamo bisogno della storia: essa nasce da una domanda che si può ramificare in infinite direzioni, a seconda della profondità che vogliamo dare alla nostra ricerca, e risponde a quella curiosità intrinseca nell’uomo che ci incita costantemente all’evoluzione, se accompagnata dal coraggio di spingersi sempre oltre i limiti che noi stessi ci poniamo.

 

Massimo C.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Il tennis e la mente

Pagina 1 di 2

Il tennis è il mio sport preferito e l’unico che pratico ancora costantemente.  All’inizio è solo un gioco molto divertente che consiste nel mandare la pallina dall’altra parte della rete, ma quando cominci a considerarlo uno sport vero e proprio ti accorgi che dietro c’è molto, molto di più. Ho praticato tennis fin da piccolo a livello agonistico comprendendo che è un mix di preparazione fisica e pratica costante per affinare la tecnica ma soprattutto è uno sport mentale perché la concentrazione e il self control fanno parte del gioco assumendo un’importanza assoluta. Sulla pratica e l’allenamento è inutile soffermarsi perché in fondo è la base di tutti gli sport, ma riguardo l’aspetto mentale il tennis può insegnarti tanto. A qualsiasi livello si pratichi, dai professionisti ai tornei juniores e dilettantistici, saper gestire e controllare la propria mente diventa fondamentale e decisivo perché è ciò che distingue un buon giocatore da un ottimo giocatore. Non a caso gli addetti ai lavori lo chiamano anche “lo sport di Satana”. Questa definizione, però, non va presa in senso negativo e neanche deve spaventare perché la spiegazione è molto semplice e, aggiungerei, anche affascinante.  Il concetto che si vuole trasmettere, definendolo così, è che il tennis ti mette di fronte ai tuoi demoni, ti mette di fronte a te stesso, a cambi repentini di umore, a continui dialoghi interiori che spesso diventano proprio conversazioni a voce alta con un’altra parte di te. Durante un incontro di tennis puoi passare da uno stato di gioia ed euforia ad uno di sconforto e delusione in un batter di ciglia, semplicemente tra un punto e l’altro. Ci sono persone che quando entrano in campo è come se si trasformassero, subiscono vere metamorfosi: da timidi silenziosi a combattenti grintosi, come da gradassi spavaldi a pensatori riflessivi. Involontariamente si fanno dei cambi di personalità veri e propri senza rendersene conto. Non facciamoci trarre in inganno perché queste cose non succedono solo ai principianti ma anche a campioni che dovrebbero saper gestire determinate situazioni invece, spesso e volentieri, si lasciano andare a monologhi, soliloqui e addirittura a raptus che possono sfogare lanciando racchette a terra (addirittura rompendole) per poi trovarsi a chiedere scusa per quel gesto giustificandosi con un “non so cosa mi sia successo”.  Purtroppo neanche i professionisti riescono a trattenersi. Non a caso chi ha un buon autocontrollo e un temperamento calmo è sempre favorito nel tennis, ha una marcia in più o, come piace dire a me, un problema in meno.

Sì, perché durante una partita hai già i tuoi bei problemi da risolvere: devi correre verso la palla per arrivarci bene, devi trovare il giusto timing che ti permetterà di avere un buon impatto, devi superare l’ostacolo della rete con la pallina ma non dimenticando di rispettare i limiti del campo; in più aggiungiamo anche la stanchezza fisica per lo sforzo e la bravura del nostro avversario.   Nonostante questi fattori il ruolo fondamentale rimane quello mentale? Ebbene sì, perché nel tennis i dettagli fanno la differenza e questo chiacchierio interiore porta a distrarsi facendo diminuire la nostra concentrazione. Quando non siamo concentrati e focalizzati su qualcosa è difficile che il risultato sia ottimale. Ah come trovo valido questo concetto anche nella meditazione che svolgo giornalmente!

Quando facevo tornei mi sono ritrovato spesso in questo vortice di pensieri ma oggi che ho intrapreso un percorso spirituale e di ricerca interiore mi accorgo di capire molto meglio certi comportamenti e certe dinamiche comprendendo anche i motivi di determinate reazioni. Paradossalmente, se mi è permesso il paragone, li vedo come stralci di vita, ovvero la vita è il macro e il tennis è il micro. Alla fine non ci costa nulla provare a considerare la vita come una partita di tennis, in cui il nostro primo avversario siamo proprio noi stessi. Allora proviamo a giocare: ad esempio il dialogo interiore su cosa si sarebbe dovuto fare per ottenere il punto non assomiglia ai rimorsi che molte persone provano nelle loro vite quando ripensano al passato? E qui sarebbe opportuno imparare a distaccare gli eventi passati sia nel tennis ma soprattutto nella vita; come sarebbe opportuno limitare (o addirittura annullare) quel dialogo interiore che non ci permette di godere l’unico istante che viviamo per davvero, quello presente. E ancora, quando ci si esalta per un punto spettacolare e subito dopo ci si deprime sentendosi una schiappa per un errore evitabile non assomiglia ai giudizi altalenanti e a tutte quelle paranoie che la gente si fa riguardo la propria persona e che abbassa la loro autostima in rapporto ad eventi esterni? Un’ottima considerazione di se stessi e la convinzione dei propri mezzi risulterà un’arma in più sia nel tennis che nella vita.

A volte, poi, si cerca di leggere nei pensieri dell’avversario per prevedere le sue mosse e le sue tattiche; sfruttando il linguaggio del corpo si prova ad intuire dove indirizzerà i suoi colpi perché sarebbe un gran vantaggio per noi conoscere in anticipo le sue intenzioni. Trovo superfluo spiegare quali vantaggi potremmo avere nella vita di tutti i giorni applicando tecniche che ci permettano di conoscere prima i pensieri e gli intenti delle altre persone. Un comportamento molto comune nel tennis, ma ancor di più nella vita di tutti i giorni, è quello di non assumersi le proprie responsabilità per come sono andate le cose, trovare mille scuse e cercare di attribuire colpe agli altri perché è molto più facile anziché ammettere semplicemente di aver sbagliato.

Pagina 2 di 2

Frequentando l’ambiente tennistico da molto tempo ho sentito i tennisti che perdevano le partite provare a giustificarsi nei modi più assurdi e, spesso, anche divertenti e fantasiosi: chi ha perso perché gli spettatori parlavano, chi per la goccia di sudore nell’occhio proprio durante il punto più importante, chi per colpa del sole in viso, chi perché era nervoso dalla mattina, chi perché quel giorno è stato sfortunato, chi perché stava pensando ad altro. Raramente ho sentito dire di aver perso perché l’avversario fosse superiore. Si potrebbe scrivere un libro al riguardo e nella vita quotidiana noto le stesse difficoltà ad ammettere che siamo noi stessi i responsabili di ogni situazione.

Dare la colpa a fattori esterni per tutte le cose negative che accadono è molto facile ma non risolve nulla, rimane comunque una scusa. Bisognerebbe rendere le persone consapevoli che si attrae ciò che si pensa e che la maggior parte degli episodi che succedono nella nostra vita sono frutto del nostro modo di pensare, delle preoccupazioni e del vedere tutto in maniera negativa. Un altro aspetto che contraddistingue il tennis, e che mi piace in particolar modo, è l’ambiente pulito e leale basato sul rispetto reciproco.  Ci sono degli insegnamenti mirati che vengono inculcati fin dalle prime lezioni ai bambini in modo che questo effetto sia ben radicato e che, crescendo, diventino veri e propri automatismi. Un concetto che va insegnato è che dall’altra parte del campo non c’è un nemico ma soltanto un avversario di gioco che come te ha voglia di giocare e divertirsi. Per molti sembra ovvio, ma lo si dimentica. Quando il tuo avversario fa un bel punto è prassi dirgli “bravo!” riconoscendo il suo merito. Anche se dentro ti rode aver perso quel punto tu gli dirai che è stato bravo; ma vedrai quanta soddisfazione quando lo diranno a te! Devi sempre essere onesto e sincero nel segnalare se la pallina è andata dentro o fuori perché vincere una partita sapendo di aver barato non ti farà onore. Chi “ruba” un punto in campo chissà cosa è capace di fare fuori!

Al termine di ogni match si deve sempre stringere la mano al proprio avversario ringraziandolo per la partita.  Questa consuetudine è un metodo utile per insegnare la riconoscenza verso chi ha passato del tempo con te ed insieme a te, seppur giocando. Al giorno d’oggi è fin troppo facile dare importanza a cose futili dimenticandosi l’importanza della gratitudine e del rispetto altrui, eppure basterebbero solo due semplici parole come “bravo” e “grazie”.                                                                   Questo è il tennis dal mio punto di vista. Provatelo, in ogni caso il divertimento è assicurato.

Lele

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Terrorismo e Islam, sono la stessa cosa? L’ABC della religione islamica.

Pagina 1 su 9

Ormai nelle nostre menti quando sentiamo dire “musulmano” o “Islam” si accende una scintilla inconscia che associa questi termini ad una possibile minaccia. I tragici avvenimenti terroristici degli ultimi anni hanno fatto crescere in noi la paura per una religione e per un popolo di cui spesso si conosce poco o nulla.

Quello che ho notato nel corso dei miei studi è che il vero percorso di fede profonda è caratterizzato dal desiderio di pace ed amore nel quale si aspira all’incontro con Dio indipendentemente dalla confessione religiosa. Questo articolo, parte di un lavoro di tesi universitaria, ha quindi lo scopo di fornire una seppur breve introduzione sull’Islam e sui principi fondamentali di questa religione.

Così, quando si sentirà parlare di questi argomenti avremo un tassello in più per distinguere una religione storica, come può essere quella cristiana, ebraica o islamica da un estremismo religioso.

Per delineare i tratti fondamentali della religione islamica partiremo da un’introduzione storica riguardo le condizioni sociali dell’Arabia pre-islamica; verranno poi analizzate le caratteristiche peculiari dell’Islam, quali: i cinque pilastri della fede e il Corano ed infine sarà approfondita la figura di Dio nell’Islam.

L’Islam nasce nella Penisola Arabica ad opera del Profeta Muhammad nella prima metà del settimo secolo d.C., un periodo storico in cui la società araba si presenta eterogenea e frammentaria in molti dei suoi ambiti. La popolazione era infatti organizzata prettamente in tribù, costituite da clan di tipo familiare, radunate attorno alla figura di uno sceicco (shaykh). Le tribù nomadi e seminomadi, stanziate maggiormente nella parte centrale della penisola, erano dedite alla pastorizia, all’allevamento ed al commercio. Proprio quest’ultima attività costituiva il principale punto d’incontro tra le varie comunità, legate fra loro da complessi e volubili sistemi di alleanze.

Pagina 2 su 9

L’attività commerciale aveva il suo fulcro in alcuni centri, normalmente oasi o città, nei quali alcune di queste tribù si erano stanziate abbandonando il proprio carattere nomade. Le città nate lungo la costa, inoltre, erano un importante crocevia per gli scambi con i paesi occidentali. Per questo motivo acquisirono una maggiore importanza rispetto agli insediamenti dell’entroterra, divenendo in breve tempo dei veri e propri poli commerciali, culturali e religiosi. Fra le città dedite agli scambi economici e all’adorazione delle divinità pagane, vi era Makkah (la Mecca), sede dell’antico santuario della Kaʿba. D’importanza già rilevante, poiché situata nella regione occidentale della penisola e meta di scambio delle grandi carovane, essa divenne in breve tempo un’importante centro multi religioso.

Fra le tante religioni presenti sul territorio, l’ebraismo ed il cristianesimo avevano una rilevanza notevole. Questo comportò uno spostamento progressivo della visione religiosa araba dal  politeismo al monoteismo. Tuttavia tale cambiamento fu incapace di trovare negli esponenti ebrei e cristiani, stanziati principalmente nei territori del Nord e del Sud della Penisola, delle solide guide. Le Comunità ebraiche infatti, vivevano in contesti prettamente autoreferenziali, mentre la “controparte” cristiana, benché naturalmente predisposta all’apertura verso le popolazioni autoctone, risultava internamente divisa in numerose sétte rivali fra loro ed ereticali rispetto la chiesa di Bisanzio.

Si ha infine la presenza di un certo monoteismo, dal carattere non ancora definito, predicato anche individualmente da singoli profeti direttamente arabi (tre dei quali saranno riconosciuti poi nel Corano).

Nonostante l’evidenza di questa situazione multiforme, é importante notare come, la lingua araba appaia il grande elemento unificante l’intera popolazione. Sarà proprio, la padronanza della lingua da parte di Maometto, nonché la ferma certezza di aver ricevuto delle rivelazioni divine, che permetterà alla sua predicazione di inserirsi in una vincente linea comunicativa con la maggioranza del popolo arabo.

Tutta la storia e lo sviluppo dell’Islam ha infatti come punto di partenza, quella che sarà poi chiamata “notte del destino”, in corrispondenza del 27° giorno del mese di Ramadan dell’anno 610 d.C. Si racconta che, in quella notte, nella caverna del monte Hira, luogo nel quale Maometto si ritirava per meditare, ricevette da parte dell’Arcangelo Gabriele la prima di una lunga serie di rivelazioni che lo accompagneranno durante tutto il corso della sua vita. Come “Parola increata” di Dio, le rivelazioni al Profeta, saranno raccolte e trascritte nel Corano, dando vita a quella che viene denominata <<religione del popolo di Allah>>[1] : L’Islam.

Pagina 3 su 9

Tale affermazione può essere pienamente compresa all’interno di un pensiero teologico secondo il quale Allah, Uno e Trascendente, si è rivelato agli uomini ed ha imposto la sua legge, per mezzo dei suoi profeti e dei suoi emissari. Successivamente, tramite il suo servo Maometto ha promulgato il Corano, il quale ricapitola e chiude il ciclo temporale di tutte le profezie anteriori, dando loro termine e perfezione. Secondo il pensiero coranico, infatti, ogni profeta è stato testimone di una storia sacra che ha il suo inizio in un patto primordiale (Mithaq) che Dio, nella sua pre-eternità e prima ancora della creazione dei corpi, concesse al genere umano. Tale patto, che culmina nella fede di Abramo, consiste in un sigillo di fede che ogni uomo porta impresso nel cuore fin dalla nascita. Tramite questo sigillo, l’uomo acquisisce naturalmente la predisposizione innata a ricevere l’Islam, ovvero a far propria la Testimonianza di fede resa a Dio e alla predicazione su di Lui contenuta nel Corano. Professare questa fede rende parte della comunità, la quale si presenta come un universalismo senza eccezioni. <<Gli uomini sono uguali tra di loro come i denti del pettine del tessitore. Nessuna differenza […] se non nel grado di timore di Dio>> recita una tradizione attribuita a Maometto. L’appartenenza alla comunità è dunque garanzia per questo mondo e per l’altro, assicurando i vantaggi del popolo <<migliore che sia sorto tra gli uomini>>[2]; e porta in sé la ricompensa, promessa dal Signore, per la vita eterna.

A fondamento dell’apparato sociale troviamo la Legge (in arabo Shari’a), un insieme di regole e garanzie liberamente accordate da Dio agli uomini ed annunciate per bocca del Profeta. Tali prescrizioni coraniche esprimono il valore aggregativo ed aggregante della Comunità musulmana e si dispiegano in cinque precetti fondamentali, conosciuti come: “I Pilastri dell’Islam”. Questi sono:

1.La professione di fede (Shahada)

2.La preghiera (Salat)

3.L’elemosina legale (Salat)

4.Il digiuno del mese del Ramadan (as-Saūm (a)r-Ramadān)

5.Il pellegrinaggio alla Mecca (Hajj)

Vediamoli nel dettaglio.

Primo fra tutti la professione di fede che, tratta dal Corano alla Sura 7,157, recita: <<Non c’è altro Dio che Allah e Maometto è il suo Profeta>>.

Pagina 4 su 9

Tale formula, pronunziata in presenza di testimoni, integra in modo definitivo alla Comunità islamica, in quanto testimonia l’adesione di fede circa l’unicità di Dio e la missione profetica di Maometto. Questa viene recitata nelle circostanze solenni della vita e soprattutto in punto di morte. Come conseguenza della Shahada, si trovano nel Corano un insieme di doveri, di culto e sociali che, manifestativi della fede, informano intimamente la vita del musulmano, ponendolo costantemente all’interno di una prospettiva solidale nei confronti dell’intera comunità.

Questi sono: la Preghiera ovvero l’atto di adorazione ad Allah. Il termine “salat” significa infatti <<piegarsi o inclinarsi verso, di modo che il corpo, nel prostrarsi durante il rito, mostri l’orientamento dell’anima verso Dio>>[3]. Come secondo pilastro dell’Islam, il rito della preghiera, è precetto da rispettare almeno cinque volte al giorno nei momenti di alba, mezzogiorno, pomeriggio, tramonto e notte. Vi si può adempiere singolarmente o in assemblea. Per quanto riguarda il primo: pur non essendo indispensabile recarsi nella moschea nei giorni feriali (o in un luogo specificamente deputato per essere praticata), è altresì necessario rivolgersi in direzione della Mecca (Qibla) e del santuario islamico della Ka’ba. Così facendo ogni musulmano, ovunque si trovi nel mondo, rinnova quotidianamente e contemporaneamente ai suoi fratelli nella fede la propria risposta a Dio, volgendo il proprio corpo e, più intimamente, la propria anima in direzione del luogo sacro per eccellenza.

Per quanto concerne invece la preghiera comunitaria, compiuta (obbligatoriamente) di mezzogiorno il venerdì, essa è la funzione settimanale di maggior rilievo, dove tutta la comunità adulta si raccoglie nella Grande Moschea per la lettura del sermone (khutba). In quasi in tutte le città più importanti del mondo islamico, la moschea congregazionale rappresenta il cuore del centro urbano, luogo di incontro e di comunione tra i fedeli aperto a tutte le ore del giorno. Un incaricato (Muezzin) vi chiama i fedeli dall’alto del minareto. Uno dei fedeli è chiamato a dirigerla (Imam), e tutti gli altri imitano i riti da lui fatti, consistenti in prostrazioni inchini e pause.

La preghiera in sé è preceduta, in un gran numero di casi, dal rito delle abluzioni e purificazioni (Ghosl) con acqua o sabbia. Questo spiega così la presenza obbligata di fontane nelle moschee o nella loro vicinanze. L’orazione è pertanto in una sorta di sacramento personale e comunitario di sottomissione ad Allah, che rivela l’Islam come: “Comunità del Profeta”(Umma al-Nabi).

Pagina 5 su 9

Altro pilastro è l’elemosina legale (Zakat) mediante la quale, pagando la decima delle entrate in natura o in denaro, si provvede ai bisogni della comunità.

Tale precetto è finalizzato a ricordare ad ogni fedele che, i beni posseduti non sono di esclusiva proprietà del singolo, ma in quanto provenienti dalla misericordia divina, sono finalizzati anche alle necessità della comunità stessa di cui si è parte. La sua osservanza inoltre, esprime concretamente il desiderio e la chiamata personale a prendere esempio dall’insegnamento di Allah che, infinitamente benevolo, provvidente e generoso, è vicino ad ognuna delle sue creature. In questo modo l’animo dell’uomo giusto, che anela piacere a Dio sopra ogni cosa, è aiutato a comportarsi solidalmente con il prossimo.

Altro precetto è il digiuno del mese di Ramadan (as-Saūm (a)r-Ramadān), nono mese dell’Hijri, ovvero dell’anno lunare arabo.

Durante questo periodo il fedele è chiamato ad astenersi, dall’alba al tramonto, da ogni cibo, bevanda, fumo e da ogni atto carnale. L’osservanza del digiuno, che si esprime in una privazione fisica, è finalizzato a rinforzare lo spirito dalle tentazioni corporali volgendo “lo sguardo” verso Dio come sommo bene. Esso inoltre serve a rinvigorire nel musulmano il sentimento di comune appartenenza al popolo di Allah.

Ultimo elemento obbligante è Il pellegrinaggio alla Mecca (Hajj), che ogni credente deve assolvere almeno una volta nella vita. Con l’affluenza di pellegrini di tutti i ceti sociali e da tutte le parti del mondo alla “città Santa”, ogni singolo fedele può prendere realmente coscienza dell’unità soprannazionale dell’Islam, dove tutte le diversità contingenti, vengono in questo modo abbattute.

Il viaggio stesso rappresenta un percorso di purificazione interiore, ed i fedeli sono tenuti ad eseguirlo osservando un insieme di regole e precetti definiti (come l’obbligo di rasarsi la testa o indossare vestiti privi di cuciture), a testimonianza dell’uguaglianza di tutti gli uomini al cospetto di Allah.

Questi precetti, nonché molti altri insegnamenti, rendono il Corano un libro di preghiera e di meditazione, ma anche un codice religioso e civile insieme, capace di coinvolgere e regolare globalmente la vita del fedele e della Comunità Islamica.

Esso deriva dalla parola araba “Qurʾān” che significa: “lettura ad alta voce”; inoltre, a motivo dei suoi contenuti, alcuni dei nomi con i quali si suole comunemente appellarlo sono: “Dhikr” e “Huda” che significano “monito” e “corretta giuda”.

Pagina 6 su 9

La stesura ufficiale del Corano risale al 650 d.C. circa, ad opera del terzo successore del Profeta, il califfo Othman. Egli sentì il desiderio di portare a termine il lavoro di raccolta e redazione delle rivelazioni trasmesse oralmente da Maometto durante l’arco della sua ventennale predicazione (dal 610/612 d.C. al 632 d.C. anno della sua morte).

La lingua ufficiale del Corano è l’arabo parlato dalla tribù del Profeta (Qureish), utilizzato necessariamente da ogni credente (anche non arabo), al fine di non incedere nell’eventualità di interpretazioni personali travianti l’originale. La sua traduzione in altre lingue infatti venne concessa, dopo non poche difficoltà, per l’Europa in lingua latina intorno agli inizi del XII secolo, a patto che fosse considerata solo come commentario al testo coranico originale, (necessariamente sempre presente affiancato al testo tradotto).

Il testo si compone di 114 capitoli (Sure), disposti in ordine decrescente di lunghezza ed é suddiviso dai musulmani in tre grandi categorie. <<La prima, detta in arabo “Ahkam” comprende precetti, leggi, disposizioni legali varie. La seconda detta “Qisas” contiene storie, racconti vari riguardanti specialmente i profeti ed altro. La terza categoria, infine, detta in arabo “Mawa’iz” o discorsi o omelie, contiene esortazioni, ammonimenti, ai quali si aggiungono anche inni, spesso bellissimi , alla gloria e potenza di Dio>>[4].

Ogni Sura a sua volta si divide in versetti (Ayat), che, considerati manifestazioni visibili di Dio, sono denominati anche “segni”, contandone un totale di 6236. Il titolo delle Sure è un nome generalmente desunto dal contenuto delle stesse.

La prima, chiamata “Fatiha” o Aprente, è divenuta la preghiera tipica dell’Islam. Questa, costituita di soli sette versetti, è considerata come una sorta di sintesi e ricapitolazione di tutto il Corano ed a sua volta degli altri  tre libri sacri riconosciuti dalla Rivelazione (Torah, Salmi e Vangelo). Il primo versetto di questa Sura assume una particolare importanza, in quanto fa da premessa a quasi tutte le altre nel Corano (tranne la n.9). Questo inoltre, è recitato molto frequentemente anche come formula rituale (chiamata “Basmala”), non solo nelle preghiere canoniche giornaliere, ma anche prima di ogni azione che il credente si accinge a compiere.

Sacralizzando ogni gesto <<Nel nome di Dio clemente e misericordioso>>[5] la spiritualità islamica rammenta che, come già affermato in precedenza, tutto viene dalla misericordia divina ed è per la gloria di Dio.

Pagina 7 su 9

È interessante specificare infine che, secondo i musulmani, la prima reale Sura del Corano per ordine di rivelazione sia la numero 96. Questo particolare ci ricollega alla tradizione della doppia “calata” del Corano. La prima integrale, avrebbe avuto luogo nella suddetta “notte del destino” nell’anno 610 d.C.; mentre la seconda avvenne “per partes” durante tutta la predicazione orale di Maometto. Quest’ultima è suddivisa in quattro periodi: tre periodi meccani, compresi tra il 612 d.C. ed il 622 d.C; ed uno medinese che dal 622 si conclude alla morte di Maometto avvenuta nel 632 d.C.

È opportuno a questo punto fare un ultimo approfondimento riguardante la concezione islamica di Dio, in quanto  a partire dalla Rivelazione che Egli fa di Sé nel Corano è possibile trarne una moltitudine di significati. Un possibile punto di partenza nella comprensione dell’Idea di Dio nell’Islam è fornito dalla testimonianza di fede proclamata in modo eccellente nella Sura 112,1-4, meglio conosciuta come Sura della “Fede pura” o del “Culto sincero”, e considerata una delle più complete espressioni dell’assoluto monoteismo islamico, (Sura al Ikhlâs). Essa recita:
In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso.

1.”Di’: Egli e’ il Dio (Allâh), l’Uno (Ahad),
2. il Dio, l’Eterno (Samàd)”.
3. Non generò né fu generato,
4. e non vi è nulla simile a Lui”.

Si possono a questo punto distinguere quattro nozioni fondamentali a partire da questa Sura. La prima, che riguarda direttamente l’idea di Dio, è il nome Allah. Per i musulmani Allah è il nome proprio di Dio, nel senso che si applica solo a Lui e non ad altri. Questo termine, deriva dalla contrazione “al-Ilah”, dove “al” è l’articolo ed “ilah” è da intendersi come l’appellativo per una divinità qualsiasi. Di conseguenza per i musulmani il nome Allah indica “il Dio” per antonomasia.

Allo stesso tempo, è interessante cogliere da questa Sura la testimonianza dell’unità di Allah. Questa è da intendersi sia in senso numerico che qualitativo: egli infatti è Uno in sé stesso (Allah Ahad), nella sua natura di deità, ed è Uno nel senso di Unico (Allah Wahid), cioè come unica divinità in rapporto agli uomini.

Pagina 8 su 9

Il terzo concetto fondamentale è il mistero. << Questa Unità ed Unicità [..] [di Dio è Mistero rivelato eppure sempre] […] non rivelabile nella sua Vita intima >>[6]: proprio riguardo questo mistero inscrutabile si evince nei versetti 2, 3 e 4 della stessa Sura un altro degli attributi divini: la Trascendenza. Infatti proprio appellando Allah come l’Eterno (“Egli è l’Eterno, non generò ne fu generato”) che, pur essendo di difficile traduzione quasi fosse un commento circa l’Unità e Unicità stessa di Dio;  significa <<in cui non vi è vuoto, senza miscuglio di ogni sorta, senza nessuna possibilità di divisione in parti>>[7] e come l’Assoluto e l’Impenetrabile (“non vi è nulla simile a lui”) si svela la sua Trascendenza, che può essere condensa nel’unico nome As-Sâmad.

Leggendo questa Sura, è possibile identificare un quarto ed ultimo concetto fondamentale, incentrato sul modo in cui la tradizione islamica attribuisca ad Allah diversi “Nomi divini” o “ Allah al-Husna” che tecnicamente corrispondono ad aggettivi o partecipi presenti o passivi in forma iperbolica. Vengono poi dedotti da questi ultimi gli “Attributi divini” o “Sifat Allah” corrispondenti a nomi o sostantivi che indicano le qualità stesse di Allah. Proprio per la loro importanza si suole recitare nel “rosario” i “99 più bei Nomi”di Allah. Non a caso il centesimo nome è mancante in quanto considerato come il mistero di Dio o il Nome di Allah. Di tutti i nomi ed attributi, essenziali e d’azione, che Egli si compiace di rivelare nel Corano, Allah non cessa né termina di essere dotato e nessuno fra questi è in Lui innovato fin dall’eternità.

Per menzionarne qualcuno, in aggiunta a quelli già citati, è possibile affermare che Allah è il Creatore (Al-Khâliq) assoluto di tutto l’universo e in special modo dell’uomo, al quale ha dato una Legge (Shari’a) e che come Re della vita futura e presente (Al-Mâlik), compenserà o castigherà nel Giorno del Giudizio, essendo lui il Giudice supremo (Al-Hâkam). Affermando la creazione come opera di Allah la religione islamica contrasta la concezione naturalista dell’Arabia preislamica, la quale associava delle divinità alle forze cosmiche che regolavano il mondo. Questa diviene anche il segno maggiore ed evidente della sua Onnipotenza (Egli è l’Onnipotente “Al-Muqtadir”).

L’onnipotenza inscrutabile di Dio sollecita il credente a vedere in lui un protettore, richiedendo così una fiducia ed abbandono totale a Lui. Infatti si dice anche: è Provvidente ed esercita la sua provvidenza su tutto l’universo, prendendosene cura in ogni istante, in particolar modo verso i profeti, eleggendoli, donandogli le qualità necessarie alla loro missione, mettendoli alla prova e salvandoli. Generoso e Vicino, <<Generoso nei suoi dogli e vicino a chi lo prega>>[8], Benefattore, da soccorso e vittoria[9], il bene e il male vengono da lui[10]. Nel Corano si legge anche che Allah è il Benevolo, ha una bontà paterna verso gli uomini usando per loro misericordia e clemenza. Si dice Egli è il Misericordioso: “al-Rahim” è il Benefattore: “al-Rahman”, è colui che perdona i peccati “al-Ghafour”.

Pagina 9 su 9

Concludendo questa introduzione sui principi fondamentali dell’Islam, vorrei aggiungere che, a partire dall’idea di questo “tutto” che è Dio nasce ed è riconosciuta nell’Islam una corrente mistica chiamata “Sufismo” che edifica un lungo cammino di ascesi e crescita spirituale di pace ed amore. È stato bellissimo per me notare che, andando oltre le immancabili differenze tra le religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo, islam) i cammini definiti di “ascesi” cercano tutti di trascendere il corpo e le strutture per arrivare a Dio, all’essenza. Questi cammini si assomigliano molto tra loro e non praticano in alcun modo la violenza o intolleranza nei confronti di altre confessioni religiose. Il significato profondo dietro l’apparente diversità è in realtà che indipendentemente dalle strutture storiche che si sono formate nel tempo, l’anima che cerca Dio lo fa parlando un linguaggio universale di Amore.

Spero vi sia piaciuto e sopratutto vi possa tornare utile come conoscenza personale. Grazie di essere arrivati fino a qui, poter condividere anni di duro studio e sapere che possono essere utili per qualcuno anche solo come lettura passatempo mi aiuta sempre più a capire che nulla è per caso. Se avete domande o volete approfondire l’argomento della mistica islamica per puro interesse intellettuale fatemi sapere.

 

Sofia C.

 

[1] S. MOBEEN, La Mistica in Gerda Walther e il Sufismo, cap. D.

[2] Corano, cap. 3, v. 110.

 

[3] A. N. ESLAMI, La moschea.

[4] G. GHARIB, Il Dio dell’islam e il mistero cristiano, Roma, Pontificia Università Urbaniana, 1997-1998, p. 34.

[5] Corano, cap. 1, v. 1.

[6] G. GHARIB, Il Dio dell’islam e il mistero cristiano, Roma, Pontificia Università Urbaniana, 1997-1998, p. 52.

[7] Ivi, p. 51.

[8] Corano, cap. 2, v. 186.

[9] Ivi, cap. 8, v. 62; cap. 48, v. 3.

[10] Ivi, cap. 4, 78-79; cap9, v. 51.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Fare politica o essere politica

Pagina 1 di 2

Attività di chi partecipa attivamente alla vita pubblica: militante, impegno attivo in partiti politici, organizzazioni sindacali ecc.” Definizione dal vocabolario della lingua italiana.

Fare politica significa raccogliere le istanze dei cittadini e prestare un servizio a questi ultimi attraverso un’azione politica. Il concetto di azione politica risiede nella ricerca della soluzione di un problema posto dalla cittadinanza o individuato autonomamente dal politico-cittadino. Non è vero che il buon amministratore deve essere onnisciente e deve avere la verità in tasca. Le caratteristiche principali del buon amministratore dovrebbero essere l’umiltà e l’onestà intellettuale, l’umiltà di ascoltare e l’onestà intellettuale di dire sempre la verità. Dunque, chi dice che fare politica significa solo imporre una linea, a mio avviso, ha sbagliato mestiere. La politica non è quella che si vede nelle aule del Parlamento o dei Consigli comunali, quello è solo dibattito politico guidato da strategie di comunicazione. La politica, quella vera, si fa attraverso un’azione parallela dentro e fuori dal Comune. G.C.

Io vi parlo della mia esperienza politica, che molto incarna ciò che ha definito nel virgolettato il giornalista G.C., ma che essendo solo utopia non è la realtà, sono stata sempre una persona insicura, timorosa, ma che si trasformava davanti ad un individuo solo, indifeso, malato, oppure quando un diritto civile, sociale, lavorativo, veniva violato, diventando come dottor Jekyll e mister Hyde oppure Clark Kent e Superman, la mia identità da vulnerabile diventava irrefrenabile lasciando uscire fuori la guerriera invincibile Atena l’inarrestabile era come se dentro di me vivessero le parole giuste al momento giusto e tutte le azioni una logica conseguenza.

Il problema è che sei eletto solo dopo un lungo tirocinio di appartenenza ed acquisizione della nomenclatura e del vocabolario dialettico proprio della politica ed è allora, solo allora che sei pronto per essere lanciato. Ma devi sapere che sarai solo, sempre, se non hai una forza spirituale o un forte radicamento. Rimarrai solo, manipolato e usato da chi più ti sta vicino, non riconoscendo chi ti è veramente amico da chi non lo è affatto, perdendo il senso di ciò di cui la gente ti aveva dato mandato di agire.

La società vota un volto nuovo sperando in chi sa raccontare meglio una storia, le azioni sono sempre gestite da un sistema più grande al quale non ti puoi ribellare, pena l’esclusione.

Il potere che hai quando rappresenti un’istituzione ti fanno essere contornato da persone pronte a tutto pur di non farti vedere la verità.

Pagina 2 di 2

Ma nella nostra società e in questo momento storico fare politica significa essere divorati, succhiati dal primo momento da un’infinità di cose che non ti appartengono e appartengono solo a qualcuno di cui non conosci il volto, le battaglie sono conseguenziali di un sistema più grande a cui non puoi ribellarti ed è allora proprio allora che inizia la depersonalizzazione di te stesso, momento dopo momento, perché devi far vedere continuamente realtà terrificanti come se fossero il paradiso e finché servi ci sei, poi vieni buttato e qualcun’altro con la faccia più pulita ricomincia la scalata pensando di essere molto più svelto di te. E pensando impropriamente che quello che è successo a te, a lui non succederà e così continua la carneficina. Il messaggio che voglio mandare è che c’è bisogno di tanta gente in politica non importa l’età, ma che sia l’insieme spirituale di una comunità con un cuore solo e un’anima sola perché se si è questa espressione allora non si è mai soli e si portano principi di tutti e la forza la porti sempre con te perché sarai la sintesi della società che ti ha eletto non facendo prevalere logiche personalistiche di poteri più grandi di te. Non paragonarsi a nessuno e mai andare contro se stessi, anche quando ti troverai veramente solo contro tutti, ma se è vero per te credici sarà la verità per la quale battersi senza arrendersi mai.

Emma C.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Nosce te ipsum: come vincere l’eterna mutevolezza del tempo

Pagina 1 d 1

Nell’arco dell’ultimo decennio, un team di fisici americani ha condotto una serie di esperimenti che hanno portato alla pubblicazione, sulla rivista scientifica “Science”, della scoperta dei cosiddetti “time crystals”: questi cristalli temporali hanno la straordinaria capacità di oscillare, successivamente a una spinta motrice fornita da un laser, tra due differenti configurazioni atomiche senza l’impiego di ulteriore energia. La continua variazione della loro conformazione nel tempo ha dato alla luce un nuovo stato della materia, che può essere considerato il primo concernente la dimensione temporale, aprendo così la strada alla fantascientifica prospettiva di un controllo del tempo. L’entità dei possibili risvolti di questa piccola rivoluzione è tale che ha nuovamente portato al centro dell’attenzione intellettuale internazionale la questione circa la natura del tempo, tema intrinsecamente legato all’indagine introspettiva propria dell’umanità.

Esso è stato oggetto di numerose discussioni filosofiche nel corso della storia, dalle quali sono scaturite diverse concezioni nel tentativo di fornire una definizione universalmente accettabile.

La prima e più antica di esse è incarnata dalla visione ciclica del tempo, della quale si fa portatore il greco Eraclito, proponendo un incessante divenire nel quale tutto fa parte. Antecedenti alle tesi eraclitee troviamo le filosofie orientali, imperniate su di un sistema binario uomo-natura che presenta la tendenza a fondere e unire, e che pertanto non poteva che dare origine a una forma di tempo ciclica e senza interruzioni di alcuna sorta. Friedrich Nietzsche si occupa di riesumare quest’idea adattandola al proprio impianto filosofico.

Di tutt’altra impostazione è invece la concezione lineare del tempo, fermamente sostenuta dalla Chiesa, la quale trova nell’avvicendarsi dei fatti storici la definizione stessa di tempo, il quale cessa di esistere nel momento in cui verrà l’ora finale, l’istante oltre il quale termineranno le vicissitudini e non accadrà più nulla.

Attualmente, alla luce delle sconvolgenti teorie einsteiniane per cui a livello quantistico il tempo non sarebbe altro che una conseguenza del moto di particelle subatomiche, si è giunti a ritenere come valida l’ipotesi di una sua relatività, aggiungendo ulteriore confusione al variopinto panorama di credenze e correnti di pensiero inerenti a questa tematica.

Tuttavia, in uno scenario ricco di dubbi e divergenze, si staglia come unica certezza l’aspetto di problematicità insito nel rapporto che intercorre tra il tempo e l’uomo stesso. Eugenio Montale è tra coloro che nel secolo scorso hanno saputo riconoscere il terrore dell’essere umano posto di fronte all’inesorabilità del trascorrere di giorni, mesi e anni e il suo aggravarsi a causa degli esiti della rivoluzione industriale ottocentesca.

Vari sono i modelli risolutivi avanzati dai letterati nel corso dei secoli, e a questo proposito è indubbiamente indirizzato il pensiero di Seneca: grazie all’analisi accorta del passato, eterno e inalterabile, il saggio è in grado di possedere pienamente il tempo, a differenza degli affaccendati che sprecano le loro giornate in occupazioni futili e guardano al passato malvolentieri, per il timore di imbattersi in sgradevoli ricordi difatti di cui pentirsi.

Il poeta greco Nasos Vaghenòs invece, considera la poesia e la religione, e in modo più ampio ogni forma d’arte, come mezzi di fuga da sé stessi e dai propri limiti, che assumono concretezza solamente all’interno dello spazio temporale.

Nonostante l’avanzamento del progresso scientifico offra nuovi e potenti strumenti di ricerca che profilano la possibilità futura di una manipolazione del tempo, la permanenza di uno stadio di caoticità psicologica nell’approcciò a una dimensione temporale soggettiva ed interiore (delineata da Henri Bergson) rende di fatto insignificante qualsiasi tipo di controllo esterno.

L’orologio del pensiero infatti è ciò che maggiormente influenza il comportamento e la forma mentis umani, ed è ciò che più determina la conflittualità del rapporto uomo-tempo.

La chiave della risposta al problema, di conseguenza, si cela nel millenario e ancestrale processo filosofico attraverso il quale l’uomo conosce sé stesso e impara ad addomesticare l’eterna e invisibile chimera del tempo.

 

Matteo N.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Cos’é il pH?

Pagina 1 su 2

Si trova nelle etichette dei saponi e dei prodotti che entrano a contatto con la pelle, di cui va sempre controllato che rispettino il pH fisiologico della pelle.

Il pH (si legge pi-acca) è una scala di misura dell’acidità o della basicità di una soluzione acquosa. Sia gli acidi che le basi sono sostanze che a seconda della loro concentrazione possono essere anche molto corrosivi e pertanto sono irritanti per la pelle. La scala assume valori da 0 a 14. Dove un pH = 0 indica che la soluzione è molto acida, mentre un pH = 14 indica che la soluzione è molto basica. Un pH neutro è uguale a 7.

Per intenderci, un pH = 7 ce l’ha l’acqua distillata, l’aceto ha un pH = 3, mentre l’acido muriatico (in chimica si chiama acido cloridrico) ha un pH = 0 ed è molto pericoloso. L’acqua di mare invece ha un pH =8, leggermente basico, mentre la varechina ha un pH = 12,5.

Diversamente da quanto si possa pensare, la pelle umana non ha un pH neutro (cioè uguale a 7) ma leggermente acido, per l’esattezza 5,5. Mentre la pelle intima ha un pH ancora più acido (3,5), proprio per proteggere meglio quelle parti dall’attacco dei batteri, essendo di natura più delicate. Per questo motivo il sapone per le mani non va bene come detergente intimo e viceversa, bisogna utilizzare un prodotto che abbia un pH simile a quello della pelle per evitare irritazioni.

Per la tua curiosità, ci sono molte definizioni di cosa sia un acido e cosa sia una base. Per dare un’idea di cosa siano è sufficiente quella di Arrhenius che dice che un acido è una sostanza che in acqua libera ioni H+ mentre una base libera ioni OH .

L’acqua ha formula chimica H2O e in soluzione libera sia H+ che OH in uguali proporzioni, perciò ha un pH neutro, ovvero un pH uguale a 7, ammesso che non ci siano dentro sostanze acide o basiche.

H2O  <=> H+  +   OH

Invece per esempio l’acido cloridrico, o muriatico, di formula HCl in acqua si dissocia in questo modo:

HCl  => H +   + Cl

Pertanto è un acido. Allo stesso modo ma molto più debole è l’acido acetico:

CH3COOH = CH3COO  + H+

 

Pagina 2 di 2

Per fortuna non tutti gli acidi hanno la stessa forza, perciò con alcuni acidi più deboli come l’acido acetico contenuto nell’aceto o l’acido citrico contenuto nel limone e negli agrumi possiamo stare tranquilli, non ci lasciamo la lingua.

I colori indicati nella figura non sono casuali o messi lì per la loro bellezza, il pH può essere misurato in modo un po’ grossolano utilizzando una cartina tornasole, che si colora proprio di quei colori a seconda dell’acidità o basicità della soluzione. Non è un metodo molto rigoroso, ce ne sono di altri, però può dare un’idea.

Anche i numeri da 0 a 14 non sono casuali, il pH si calcola attraverso una formula che è la seguente (la cito solo per curiosità):

pH =  – log [H+]

Dove log è il logaritmo di base 10 e [H+] è la concentrazione di ioni H+ liberati in soluzione dall’acido. Per una base si misura invece l’analogo pOH

pOH = – log [OH]

e si calcola il pH così:     pH = 14 – pOH.

Guardando l’etichetta delle bottigliette d’acqua (un chimico lo fa sempre, è un gesto quasi automatico) si può notare che il pH non è quasi mai 7 ma è invece leggermente più alto, cioè più basico. Questo perché ci sono dei sali all’interno che hanno un carattere basico (o alcalino, sono sinonimi). Nelle acque per il consumo umano c’è lo ione bicarbonato (o idrogeno carbonato o carbonato acido. I chimici lottano da sempre con la nomenclatura) o HCO3. Questo dà un carattere leggermente basico all’acqua ma è sempre nei limiti della neutralità, quindi non ci dà problemi.

Giusto a titolo informativo, la Coca Cola ha pH 2,5, la stessa acidità del succo di limone, è più acida persino dell’aceto, e si avvicina molto all’acidità dei succhi gastrici.

 

Davide D.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Equazioni di primo grado

Pagina 1 su 3

Non c’è nulla da temere nella matematica, dopotutto molti argomenti non sono troppo diversi dai giochi che ci sono nei libricini di enigmistica per allenare il cervello e soprattutto la matematica può essere utile, se si sa come utilizzarla.

Di solito la matematica inizia a spaventare quando scompaiono i numeri e appaiono le lettere, ovvero quando si parla di algebra, ma in realtà non è cambiato nulla rispetto a prima, solo si tratta tutto quanto in maniera più generalizzata, e questo di solito è molto utile.

Per esempio, sai come si calcola lo sconto del 20% su un articolo che costa 5,00€ ?

Andando a logica, potresti pensare: il 100% è 5,00€, perciò il 10% (divido per 10) sono 0,50€. Il 20% è il doppio, perciò è 1,00€. 5,00-1,00=4,00€ che sarà il costo dell’articolo finale. Per chi deve fare conti più complessi non può mettersi lì a ragionare quanto costa una cosa e fare tutti i conti così, serve qualcosa di immediato, una formula, dove poter sostituire quello che serve per ottenere un risultato.

La formula sarà: S=P*(100-s)/100

con S=prezzo scontato, P=prezzo originale, s=sconto. Mettendo al posto della P il prezzo non scontato e al posto della s lo sconto in % si ottiene il prezzo scontato.

Comunemente si parla di espressione quando tutti i termini sono numerici, per esempio: 5+58/(2-44), mentre si parla di equazione quando alcuni termini sono lettere, ad esempio: 8x+8-16=4x. La parte a sinistra dell’uguale è detta “primo membro”, mentre la parte a destra è detta “secondo membro”.

Come si risolve una equazione di questo tipo? È come un gioco di logica e per ottenere quanto vale la x puoi muoverti usando due passi:

  • sommando o sottraendo ad entrambi i membri lo stesso numero il risultato non cambia.
  • moltiplicando o dividendo entrambi i membri per lo stesso numero (tranne lo 0) il risultato non cambia.

Come si risolve? Si portano tutti i numeri con la x da una parte e tutti gli altri numeri dall’altra parte. Quando sposti un numero da un membro all’altro bisogna cambiargli segno:

8x+8-16 = 4x    =>    8x+8 = 4x+16

Perché per fare questa operazione si è utilizzato il primo passo che consente di sommare o sottrarre lo stesso numero ad entrambi i membri. Quello che è stato fatto è questo: ho aggiunto +16 ad entrambi i membri.

8x+8-16+16 = 4x+16    =>    8x+8 = 4x+16

 

Pagina 2 su 3

Si tratta della stessa operazione, ho specificato solo per renderla più chiara, altrimenti è sufficiente sapere che se sposti da una parte all’altra un numero devi cambiargli il segno, perciò se era +5 diventerà -5 dall’altra parte e viceversa.

Quindi continuiamo, spostando l’8 dall’altra parte e cambiandogli il segno in -8 :

8x = 4x+16-8  =>   8x=4x+8

Ora sposto i termini con la x al primo membro.

8x-4x = 8    => 4x = 8

Perfetto, ora utilizziamo il secondo passo, che consente di moltiplicare o dividere entrambi i membri per lo stesso numero. Siccome voglio avere una cosa del tipo:

x = numero,  divido per quattro il primo e il secondo membro:

4x/4 = 8/4    =>   x = 2

Abbiamo così trovato che la x vale 2, infatti, sostituendo all’equazione originale 2 al posto di x, otteniamo:

8 * 2+8-16 = 4 * 2    =>  16+8-16=8    =>    8 = 8 che è vero, quindi non sono stati fatti errori!

Le equazioni di primo grado sono tutte fatte così, diverse sono invece quelle del 2° grado che hanno termini con x2 come: 5x2+6x+8=0, che sono più difficili da risolvere.

Come si risolve invece un sistema di equazioni? E a cosa serve?

Facciamo un esempio pratico per capirlo. Mirko ha comprato cinque maglie e due camicie e ha speso 20€, Luca invece ha comprato una maglietta e una camicia e ha speso 12€. Quanto costano la maglietta e la camicia?

Chiameremo con la lettera m il costo di una maglietta e con la lettera c il costo di una camicia. Mirko ha comprato 5 magliette e 2 camicie, perciò:

5m+2c=20

Mentre Luca: m+c=12.

Ora non è possibile da una sola di queste scoprire quanto valgono singolarmente ma mettendo insieme le due sì.

5m+c=20

m+c=12

 

Pagina 3 su 3

Ora utilizzo per risolvere il sistema il metodo della sostituzione, ovvero ricavo una incognita dall’altra. Dalla seconda ottengo che:

c = 12-m

Ora nella prima metto (12-m) al posto di c.

5m+12-m = 20.

Porto il 12 a destra, (ricordandomi di cambiargli il segno):

4m = 20-12      =>     4m = 8

Divido per 4 e ottengo     m = 2. Quindi la maglietta costa 2€.

La camicia non l’abbiamo persa nel frattempo, infatti da sopra:

c = 12-m = 12-2 = 10. La camicia costa 10€.

Di giochi come questi ce ne sono tantissimi, con simboli, indumenti, colori e tutto quello che vi pare. Basta indicare una cosa con una lettera e risolvere le equazioni utilizzando i due passi possibili che ti ho illustrato sopra.

 

Davide D.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Il mio viaggio alla Grande Mela (New York)

Pagina 1 su 1

Chi, almeno una volta nella vita, non ha desiderato visitare New York splendida e affascinante Metropoli Americana che raccoglie diverse culture e che affascina una grande maggioranza di persone di  diverse fasce di età e che non lascia spazio alla noia, bensì  promette  molte attrazioni e occasioni di divertimento per tutti i gusti. È molto importante quindi sapere come muoversi, non solo per raggiungere una tratta, ma anche su come orientarsi per il pranzo, la cena etc. Bisogna sapere infatti che New York è una metropoli molto cara in termini economici, specie per quanto riguarda il settore alimentare che, per fare un esempio un semplice caffè lo paghi ad un prezzo triplicato rispetto al nostro paese. Quindi sapendo già questo, va da se che pranzare o cenare in un ristorante si spende molto di più, a meno che non si decida di andare in un fast food dove i prezzi sono standardizzati come per gli altri paesi, oppure scegliere di andare in qualche pizzeria dove si risparmia qualcosa rispetto ai ristoranti. Quindi il consiglio è quello di scegliere in anticipo i posti in cui andare per evitare brutte sorprese. Anche per muoversi con i mezzi è meglio optare per quelli pubblici (bus, tram ,metrò) in quanto i taxi non scherzano con i prezzi neanche loro. Per il resto delle cose i prezzi dei negozi di abbigliamento o elettronica sono uguali al nostro paese.

I posti da visitare sono tanti, direi che è tutta un’attrazione. Time Square noto per la presenza di tanti schermi al plasma, offre uno scenario meraviglioso oltre a dare fantastiche emozioni per il fascino che emana. Poco vicino si trova anche una stazione  delle forze dell’ordine presenti, anche se può sembrare scontato dirlo, in ogni angolo della strada per garantire la massima sicurezza.

Central Park offre uno scenario fantastico dove si può ammirare la natura e il lago che lo circonda. Il ponte di Brooklyn offre uno spettacolo meraviglioso con le luci notturne che rende il tutto fantastico. Oppure visitare le torri gemelle, che ovviamente le stanno ricostruendo dove vicino si trova una sorta di centro commerciale che si perde a vista d’occhio. Da non perdere anche la famosa statua della libertà, fantastica. Ovviamente non ho citato tutti i posti ma questo non significa che c’è poco da visitare, il fascino e le emozioni che dà, sono unici ed è una bellissima esperienza che vi auguro di vivere perché ne vale sicuramente la pena.

 

 

 

Mario Z.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Cosa significa essere un maestro di vita

Pagina 1 su 1

Insegnare vuol dire tramandare una conoscenza, corretta o errata che sia. Ho compreso che non può esistere un insegnante perfetto né giusto né sbagliato quando sono diventata madre; prima di quel momento avevo uno stereotipo d’insegnante abbastanza rigido, colui che ha il ruolo d’insegnante ha un grado di conoscenza più alto rispetto al proprio studente. Potevo non condividere il metodo d’insegnamento ma davo per scontato che avesse tutte le risposte. Adesso provando a insegnare ad altri le mie conoscenze comprendo che non è affatto così perché un bambino con la sua semplicità e libertà di pensiero ti pone davanti a domande che non hanno risposte certe. Ci sono tanti modi d’insegnare sia attivi che passivi, chi educa, chi ammaestra chi osserva mentre apprendi in autonomia tutto ciò che è da sapere.

Dopo queste considerazioni posso dare la mia interpretazione al termine di “maestro spirituale” , sempre più convinta che tutti possano insegnarci qualcosa ma ciò che fa la differenza è l’intento che si mette nel farlo. Il maestro spirituale è l’essere che ti insegna ad essere libero; libero da schemi mentali tramandati, inculcati stampati nel nostro dna. Insegnare la libertà in questa società in cui tutto ha uno scopo legato al potere e alla predominanza sul più debole è veramente opera di pochi. Ho letto e ascoltato diverse persone che si definiscono “Maestri” e anche altri che non volendo assolutamente essere maestri ma si comportavano ugualmente ai primi. Molti danno nozioni chiedono di essere seguiti perché loro in mano hanno la verità ma non spiegano quale sia o come comprenderla, altri spingono su concetti a mio parere che non hanno nulla di spirituale tipo il potere, il denaro e cose così. Da ogni lettura o video o seminario visto ho sempre trovato cose positive ma l’insieme non mi ha mai convinto perché non veniva mai insegnato a essere liberi. Anzi mi sentivo imprigionata nei loro concetti nelle loro strutture ben studiate. È brutto vedere le persone cadere in questi “scherzi di vita”. Il maestro spirituale è colui che sa di dover crescere assieme a te, ti consiglia ti insegna ma non supera mai il limite della sopraffazione. Ti guarda nelle riuscite e nelle sconfitte spronando la tua mente senza che tu ti senta ciò che non sei.

Vedo un’immagine di persona buona d’animo alturista e ciò che chiede in cambio è solo che tu impari a vivere nell’amore, forse perché credo fortemente che le energie positive siano molto e molto più forti di quelle distruttive. Potrei aver disegnato il concetto di Maestro spirituale un po’ utopico, ma credo alla follia dell’assurdo e sto lavorando su me stessa proprio per riuscire a produrre più energia positiva possibile.

 

Francesca B.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Crescere in una famiglia negativa trovando comunque la forza di superare le avversità

Pagina 1 su 2

Raccontare l’esperienza di vita con i propri genitori può far capire il carattere di una persona adulta. Essendo le prime persone con cui un neonato ha contatto è molto importante stabilire un buon rapporto con loro. Ma, purtroppo, non tutti ce l hanno questa fortuna! Avere un ottimo rapporto e altrettanta considerazione di loro, fa si che ne esca un adulto sicuro di se e che, a sua volta, trasmetta ai propri figli gli stessi valori. Infatti le due cose vanno a braccetto fra loro. Per raccontare la propria vita con i figli, bisognerebbe capire come si è vissuti con i propri genitori. Ed io cercherò di collegare le due cose. Perché ci tengo a farlo? Perché l’esperienza orribile che ho vissuto con i miei genitori, mi ha portato a fare tutto il contrario con i miei figli per fare in modo di non creargli tutti i traumi che ho vissuto io e rendergli la vita un po’ più serena della mia.

Devo dire che, con tante battaglie e sacrifici, ci sto riuscendo alla grande. Tutto da sola! E di questo ne sono immensamente orgogliosa. Con mio padre non ho avuto un buon rapporto, anzi, tutto il contrario. È stato un uomo sempre a contatto con la delinquenza, con le droghe, con i penitenziari, è sempre stato violento con me e mia madre. Non ha mai lavorato e ha sfruttato mia madre per una vita intera. L’ho odiato fin da subito. Non ho mai conosciuto un bacio o una carezza di mio padre, ma solo botte di quelle che non ti fanno muovere per giorni interi, talmente erano i dolori e i lividi. Per non parlare dei pugni in testa che avevo all’improvviso, perché mi guardava e mi odiava in quanto non ero nato maschio. Potrei stare ore intere a raccontare tutte le cose brutte di mio padre. Per non parlare di quando si drogava e lo faceva davanti a me, solo o con i suoi amici, mentre mia madre lavorava ed io ero a casa con lui. Ci sono tante scene brutte che, tuttora, mi vengono in mente e le vivo come se fossero successe oggi, anche se ci sto lavorando su questo con il distacco e devo dire che ci sto riuscendo. Mia madre una povera martire che, pur rimanendo stata sempre vicino a mio padre, sempre impegnata a toglierlo dai guai, ha sempre provveduto ai bisogni miei e di mio fratello più piccolo. Solo che io ero la sua valvola di sfogo e prendevo botte pure da lei. Non conoscevo nemmeno l’affetto di mia madre, troppo impegnata con mio padre. Insomma, lasciata sola a me stessa. Ho sempre maturato l’idea di voler scappare da quella casa perché io non ero come loro. Volevo una vita diversa. Ho usato il modo più difficile: rimanere incinta a 19 anni per poter uscire di casa. Fino ad allora non uscivo e, trovato il fidanzato, non avevo più ritirata. A voi l’immaginazione di quello che è potuto succedere dopo. Non era quello che volevo. Tabù su tutti  i discorsi a casa. Ero ignorante sul sesso, vista come una cosa sporca, sugli approcci con gli altri. Ho imparato tutto a mie spese. Mio padre voleva farmi lavorare con mia madre per sfruttare anche me, io mi sono iscritta a scuola di nascosto per poter studiare, farmi una vita e scappare da quel manicomio. Ho avuto tante brutte esperienze, ma ne sono uscita sempre vittoriosa. Quando mi succedeva una cosa bella mia madre era lì pronta a rovinare il mio momento felice. Era ed è tuttora invidiosa quando sto bene. È una persona repressa e cerca di sfogare sempre su di me i suoi rancori. La vergogna e l’umiliazione che mi hanno fatto provare fin da piccolissima non potrò mai perdonargliela, i dolori e le botte, i traumi che mi hanno creato, rendendomi la vita piena di ansie, paure, errori fino al punto di tentare di togliermi la vita. Alcune droghe, psicofarmaci, di tutto di più, pur di scomparire. Sono scappata da tutti, sola, con i miei figli a cui ho promesso di non fargli vivere mai la vita che ho vissuto io, cercando di dargli amore, tutto quello che non ho mai ricevuto e che mi hanno fatto cadere tra le braccia del primo arrivato che, apparentemente, vuole offrirti tutto l’amore che ti è mancato nella vita e che poi si rivela un altro essere spregevole.

 

Pagina 2 su 2

Da ciò è nato il mio disprezzo verso gli uomini, il non aver bisogno di loro, di poter fare tutto da sola. Già ero un tipo che non chiedeva mai aiuto a nessuno, adesso ancor di più. I miei figli mi sono stati vicino sempre, da loro riesco a ricevere l’amore più puro che una persona possa volere. Quando vedo ciò che stanno creando, ho la sensazione di vivere su me stessa tutti i progressi che stanno facendo. Sì, è più una sorta di riscatto. Vedo fare a loro tutto ciò che avrei voluto fare io e non ho potuto. Sono cresciuta forte, combattente e fonte inesauribile di energia, ma con tanto dolore dentro, tanta sofferenza, tanto rancore. Odio no, perché ho capito dopo tanti anni che anche loro non stavano bene e non erano pronti per una famiglia da portare avanti. Mia madre aveva 19 anni quando sono nata, mio padre 20 e l’ignoranza in quel periodo dilagava ancora più di oggi. Mio padre a sua volta ha avuto un cattivo rapporto con i suoi genitori e mia madre non ha mai conosciuto il padre. Per questo li capisco. Anche perché, se non avessi avuto queste brutte esperienze, che sono solo una minima parte di ciò che ho vissuto, non sarei diventata la donna combattiva che sono oggi, solo che mi domando: perché io ne ho fatto tesoro e cerco di non comportarmi con i miei figli come ho ricevuto io, mentre devo giustificare loro, che pur non avendo avuto una vita facile, non hanno capito un tubo e si sono comportati male con me? Risultato? Io con i miei non parlo più. Sento una forte negatività quando sto con loro. Non riesco ad avere approccio. Mio padre vorrebbe fare un discorso per rompere il ghiaccio, ma io, conoscendolo, so che tutto ha un doppio fine. Conosco, ormai, ogni sua mossa astuta. Non fa mai niente per niente. Ha sempre colto l’occasione per poter imbrogliare il prossimo. L’ha fatto con me che sono la figlia! Non gli do nemmeno l’agio di poter approcciare con me. Ormai il disprezzo che provo per lui è inesauribile. Mia madre è sempre più ostile nei miei confronti, perciò la decisione di allontanarci da loro. La vita è stata ostile nei miei confronti e so che non è ancora finita, però ho imparato anche tantissimo da questa esperienza e, pur se sono consapevole di non avere l intenzione di sistemare le cose con i miei perché siamo diversi, so soltanto che amerò i miei figli più di ogni altra cosa al mondo, cercherò di esserci sempre in caso di bisogno e di lasciarli liberi di vivere la loro vita, anche sbagliando, l’importante  è che si sentano sempre liberi e amati. Vivere determinate esperienze può essere a volte negativo a volte positivo. È negativo perché possono farti demoralizzare rendendoti più debole di quanto non lo si stia già facendo in modo di essere risucchiati dalla negatività, arrivando anche fino alla morte. Può, invece, essere positivo, se da queste brutte esperienze, scatta un meccanismo di difesa e forza di volontà che ti porta a pensare positivo in una situazione negativa, facendoti stravolgere il percorso degli eventi, definitivamente! Questo è ciò che è accaduto a me dopo aver vissuto la fase negativa e niente e nessuno potrà mai farmi tornare indietro. Adesso si va avanti a tutto gas!

 

Francesca R.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Aikido: la via dell’energia

Pagina 1 su 1

Sin dall’età di 5/6 anni ho cominciato a praticare uno sport che cambiò per sempre la mia vita, questo sport si chiama: “Aikido”.

Letteralmente Aikido si potrebbe tradurre con “disciplina che conduce all’unione e all’armonia con l’energia vitale e lo spirito dell’Universo”. In effetti il mio maestro mi spiegava che Aikido si può tradurre in maniera più semplice con “la via che conduce all’energia” (ovvero il Ki in giapponese) oppure con “la via dell’energia”.

Ho praticato questo sport ogni giorno fino all’età di 14 anni. Poi sono passato ad altri sport ma ho sempre continuato a frequentare l’Aikido fino ai 17 anni. Il nostro maestro era di origini giapponesi, per questo era stato allievo di maestri di alto livello in Giappone che gli avevano insegnato non solo la parte che riguarda la pratica della disciplina ovvero quella fatta di leve, colpi e proiezioni, ma anche la parte più filosofica della disciplina ovvero quella che riguarda l’energia. Purtroppo ad oggi non credo ci siano altri maestri di Aikido che insegnino questa disciplina per come va fatta, ma tutti ormai si concentrano sulla parte puramente pratica. Lui ci spiegò innanzitutto l’esistenza di questa energia, il fatto che tutti siamo fatti non solo di energia ma anche della stessa energia, quindi che essenzialmente siamo un tutt’Uno.

Durante le sue lezioni, oltre alla parte aerobica e marziale, ci dedicavamo a muovere l’energia col pensiero, a spostare l’energia con le mani e a concentrarci per assorbire sempre più energia dall’Universo circostante. Ci siamo allenati moltissimo in questo senso e dopo anni e anni di pratica ho capito che questi esercizi non sono assolutamente stati vani. Adesso frequento l’Accademia di Coscienza Dimensionale sotto la guida della maestra spirituale Angel Jeanne, che ci insegna uno dei più alti livelli di meditazione esistente, ma non solo questo. Ci insegna tante altre tecniche psichiche che ci permettono di manipolare l’energia con molta più facilità rispetto a qualsiasi altra pratica marziale che si possa mai frequentare. Quando parlo di energia chi non conosce questo concetto potrebbe credere che si tratti di un qualcosa di molto vago, un qualcosa di astratto e poco concreto che non sfiora minimamente il mondo che ci circonda. Ebbene in realtà è esattamente l’opposto, ovvero tutto ciò che ci circonda è fatto di energia e quando parlo di modellare l’energia sto parlando proprio di far effetto su questo mondo, in questa dimensione.

Grazie ai moltissimi anni di pratica ed esercizio compiuti sotto la guida del mio maestro di Aikido ho imparato a muovere l’energia con estrema facilità e adesso sto scoprendo che proprio grazie a quelli che in passato ritenevo esercizi noiosi e privi di qualunque stimolo riesco a muovere l’energia e compiere tecniche psichiche in modo molto più semplice ed efficace rispetto a come avrei fatto senza quella pratica. Sono felice di far parte di A.C.D. e spero che anche voi possiate percorrere il vostro cammino spirituale in completa armonia e serenità con lo sguardo sempre rivolto a Dio e sempre in una maggiore e profonda comunione con Lui.

 

Antonio B.

 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

L’equitazione, una passione

Pagina 1 su 3

Mi sono avvicinata al mondo del cavallo quasi per caso, ma appena ne ho avuto l’occasione, mi ci sono immersa completamente. Ho avuto la fortuna di conoscere molte sfaccettature di quest’ambito sportivo, vari stili di equitazione, diversi gruppi e tipologie di cavalieri ed amazzoni, e soprattutto il lavoro col cavallo, animale meraviglioso, dalla cura del puledro alla gara. Dopo varie esperienze, la mia più grande fortuna è stata quella di fermarmi per diversi anni in una scuderia arrivando a conoscerne a fondo tutti gli aspetti, ma senza mai fermare la mia curiosità, la voglia di cambiare, essere attiva e scoprire.

Ogni stile di equitazione ha il suo fascino: non solo la passeggiata, la più famosa monta inglese con il salto ostacoli, il dressage e l’endurance, o la monta americana con tutte le sue performance che ricordano le mosse dei cowboy nei ranch del far west, ma anche l’eleganza della monta andalusa e tutte le altre, per non parlare della monta da lavoro, dei butteri e dell’emozione unica di perdersi in luoghi sconosciuti dall’uomo, forse durante una transumanza, in groppa a un cavallo da cui farsi insegnare molto. Si può preferire uno stile, ma non si può negare che dietro ad ogni sport di oggi riemerge una tradizione di uomini che hanno davvero vissuto a contatto di questi animali e grazie ad essi. Si può preferire una determinata razza di cavallo per l’aspetto o il carattere, è giusto decidere anche in base a questo, ma senza generalizzare troppo. Ogni cavallo, così come ogni essere umano, ha la sua storia, le sue esperienze passate, il suo carattere individuale, e questo non si può sottovalutare.

Molti si avvicinano a questi sport per scappare dalla città, uscire con la testa dal mondo frenetico della vita moderna per tornare al contatto con la natura, ai ritmi della natura. Sono sport ottimi per i polmoni, che si riposano e ripuliscono dallo smog, per le calorie bruciate, per i muscoli e la postura. L’attività fisica comincia ben prima di entrare in campo, con la preparazione del cavallo, continua con la passeggiata o sessione, e finisce dopo aver ripulito e sistemato tutti i finimenti; sono tutte azioni piacevoli, non pesa svolgerle, ma per il carico spesso e volentieri equivalgono a ore passate a sudare in palestra! Inoltre, sia che si esca in passeggiata o che ci si alleni nel campo, il beneficio più evidente succede nella nostra testa: il cervello si ossigena, si libera dai problemi, elimina lo stress così come tutti i pensieri della routine, permettendoci di staccare e facendoci tornare a casa davvero rilassati. Ho potuto notarlo su me stessa e su innumerevoli persone.

Mi sono avvicinata all’equitazione da adolescente, portando poi avanti questa passione per vari anni. È uno sport totalmente diverso dagli altri: non è di squadra ma non sei da solo, sei in un binomio. Appena entrati in questo mondo ci sono tantissime cose da imparare: tutti i nomi dei finimenti, di tutte le parti che compongono la sella (e nella sella americana, quella che ho usato di più, ce ne sono davvero tante!), come si pulisce il cavallo (e soprattutto come convincere un esserino che pesa 8 volte più di te ad alzare delicatamente la zampina per permetterti di pulirgli gli zoccoli), i nomi e le caratteristiche principali delle razze, i colori del manto. Tutte le sensazioni sono nuove: avvicinarsi timidamente a un cavallo che ancora non hai idea di cosa stia pensando, toccargli il naso e scoprire che è la cosa più morbida del mondo, poi salire in sella per la prima volta, rimanere in equilibrio sulla schiena di questo animale enorme e paziente osservando il mondo come da sopra una montagna. Appena arrivati ci si sente un po’ spiazzati, ma dura davvero poco. Basta fare amicizia con il cavallo, cominciare a entrare in confidenza con l’istruttore e i vicini di box, e col passare del tempo si finisce davvero per sentirsi in una seconda casa. Devo ringraziare tutte le persone meravigliose che ho avuto l’occasione di conoscere per le esperienze che ho avuto, il confronto, il supporto morale, le emozioni condivise. Soprattutto i proprietari della scuderia che si sono fidati di me e mi hanno permesso di aiutarli nel loro lavoro: per me è stata un’istruzione impagabile, grazie a loro ho potuto conoscere tutti gli aspetti di questo sport, anche quelli che di solito rimangono nascosti.

 

Pagina 2 su 3

Grazie all’equitazione sono cresciuta molto, soprattutto per quanto riguarda il senso di responsabilità e il carattere. Ricordo che appena arrivata nel mio primo maneggio, da ragazzina timida e insicura, osservavo le mie coetanee; ricordo che le vedevo così serene, forti, sicure di sé. Effettivamente è vero, l’equitazione è uno sport che ti forma il carattere: quando ti ritrovi in cima a un animaletto abbastanza enorme, per farti considerare e convincerlo amichevolmente ad andare dove vuoi tu, sì, devi imparare a rafforzare un po’ il tuo carattere ed essere sicuro di quello che vuoi. Inoltre impari ad essere responsabile delle tue azioni e della salute del cavallo che porti, nella tua scuderia così come in gara. Anche l’ambito agonistico è stato importantissimo nella mia formazione: passare una lunghissima giornata e talvolta addirittura un weekend fuori casa, ambientarsi in spazi totalmente sconosciuti, seguire il cavallo in ogni momento e assicurarti che abbia tutto ciò di cui ha bisogno, gestire le tue emozioni prima della gara, durante e dopo indipendentemente dal risultato. Ed è stato anche uno dei successi di cui vado più orgogliosa, quell’anno in cui alla fine della stagione mi hanno detto che io e il mio cavallo eravamo arrivati primi nella mia disciplina principale più altre due. “Campionessa regionale”, pertanto invitata a partecipare ai nazionali. Devo tantissimo a quel cavallo e alla sua proprietaria, che me lo ha affidato e mi accompagnava a tutte le competizioni.

Sono contenta di aver potuto conoscere da vicino tantissimi cavalli, passandoci insieme delle ore, anche lavoricchiando per qualche mese sparso su diversi anni in scuderia, imparando sempre di più a capirli, arrivando a comunicarci insieme, osservandoli in tantissime situazioni, in scuderia, in passeggiata e in gara. E ho visto delle cose che mi hanno aperto il cuore, verso alcune persone e parecchi animali.

Ho potuto assistere a delle sessioni di ippoterapia per bambini con disabilità fisiche o mentali. Era meraviglioso osservare come il cavallo diventava sensibile in presenza di questi bambini, attento a non muoversi quando gli passavano vicini per non fargli del male, docilissimi durante la pulizia e coi bambini sulla groppa. Anche se la cosa più emozionante è stata vedere il sorriso di questi bambini, che grazie a questo animale ricominciavano a comunicare, a partire dai sentimenti. Mi è venuta la pelle d’oca ad ascoltare il racconto dei genitori di un bambino autistico completamente chiuso nel mutismo, che ricominciava pian piano ad aprirsi al mondo, ma anche il racconto di una bambina disabile che cominciava a sentirsi importante, sicura di sé, capace di fare qualcosa che nessun altro bambino sapeva fare, e molti altri.

Ho avuto a che fare con dei cavalli che dove si trovavano prima avevano subito maltrattamenti. È difficile all’inizio avvicinarsi a loro, bisogna essere delicati, saperli ascoltare e comunicargli col cuore, per fargli riprendere pian piano fiducia nell’essere umano. Hanno un cuore enorme, facile da ferire e riempire di paura e rabbia. La cosa più sconvolgente è stata rendersi conto che quasi tutti i comportamenti giudicati “cattivi” dei cavalli derivano da un approccio sbagliato degli umani, e mi ha fatto riflettere che forse potrebbe essere simile anche per gli esseri umani stessi, ciò che diventano dipende da ciò che hanno subito. All’inizio è difficile, sì, ma quando cominciano a conoscerti, a sentirsi capiti da te, allora ti permettono di entrare nel loro spazio e nel loro cuore. Tutti sono recuperabili, aspettano solo un essere umano che sia umano per davvero e capisca ciò di cui hanno bisogno.

 

Pagina 3 su 3

Ma ho avuto soprattutto a che fare con dei cavalli meravigliosi, dispettosi, appassionati di pozzanghere d’acqua, equini fangosi da insaponare dalle orecchie alla coda, che amano giocare, che amano scalciare liberi nel paddock, che amano i grattini sul collo, che amano mordicchiare gli oggetti che lasci in giro prima che tu li cogli in flagrante con la coperta che gli penzola dalla bocca e gli occhioni che esprimono: “ma che dici, non sono mica io che ho in bocca la tua coperta!”.

Ho avuto a che fare con i puledri all’inizio dell’addestramento, il loro sguardo curioso quando cominciano a conoscerti e a prendere confidenza con te. E quando cominciano ad affezionarsi, e per chiamarti fanno quel nitrito leggero come fanno coi loro simili, a te si scioglie il cuore.

Grazie a tutti questi cavalli ho imparato a conoscere meglio me stessa, a gestire il mio carattere e le mie emozioni. Quando tu sei triste, il cavallo se ne accorge prima di te. Se tu sei arrabbiato e monti in sella, fidati, in cinque minuti ritorni a terra, probabilmente volando. Se tu sei sereno “casualmente” anche lui sarà molto più tranquillo e ben disposto ad ascoltarti. Se gli vuoi bene ti basta davvero volerglielo col cuore, loro lo sanno e ne faranno tesoro.

Mi ritengo fortunatissima per le esperienze che ho avuto. L’uomo dovrebbe essere l’animale più evoluto di questo pianeta, ma talvolta sembra dimenticarsene. Questo sport mi ha permesso di ritornare a comunicare col cuore e di conoscere molti altri che hanno imparato a farlo per amore di un essere che con le parole non può risponderti. Spero che in un modo o nell’altro, attraverso lo sport o qualunque altra esperienza, molti altri umani si riavvicinino alla natura, alla loro natura, ricominciando ad ascoltare il mondo che li circonda e a volere davvero bene, a se stessi e agli altri.

 

Valentina V.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Cosa ho imparato dal bullismo

Pagina 1 su 2

Potete chiederlo a chiunque, il bullismo è un’esperienza dolorosa che ti riempie nel profondo. Il bullo è quasi sempre, secondo la maggior parte degli psicologi, un ragazzino con dei problemi alle spalle, che col suo comportamento fa vivere alla vittima dei periodi di atrocità che possono portare sofferenze indelebili. Non augurerei a nessuno di subire bullismo, neppure del livello più leggero e spero che si trovi un modo per debellare il meccanismo, magari prevenendolo. Osservando però la mia vita, il mio passato, con la calma di oggi, col distacco regalato dalla distanza temporale, e dopo molte altre esperienze e riflessioni, posso affermare che il bullismo può avere anche effetti positivi. Non solo distruzione e depressione; osservando e studiando la mia vita, ho notato il lato positivo del bullismo, che mi ha fatto imparare a cavarmela da sola, rafforzando dei valori molto importanti.

Essere vittima di bulli per diversi anni mi ha portato alla riflessione, su me stessa e la società che mi circonda, studiando molte dinamiche della vita sociale. Subire bullismo mi ha insegnato l’importanza e il potere dell’autostima: devi essere consapevole di quanto vali, non sottometterti alle decisioni altrui; quando tu sei consapevole della tua bellezza e di quel che vali, e lo credi fermamente, gli altri non potranno che vederti radioso e forte. Difatti, sono uscita dal circolo vizioso semplicemente diventando più sicura di me, più serena con me stessa, dando più importanza alle mie passioni che alle loro parole: trovandosi di fronte a questo muro, non riuscivano più a toccarmi.

 

Pagina 2 su 2

Subire bullismo mi ha insegnato a cavarmela da sola, quando tutto ti viene contro, quando gli “amici” fanno finta di non vedere che hai bisogno di aiuto, quando le autorità non si accorgono di nulla e non svolgono il loro dovere per soccorrerti, quando tutto e tutti ti continuano a ripetere che non vali nulla, devi essere tu a ritrovare la convinzione, determinazione di andare avanti e perseguire i tuoi obiettivi; questa competenza è stata utile anni dopo nel prendere decisioni molto importanti, a cominciare progetti in cui ero sola o nessuno mi appoggiava, buttandomi senza paura e portandoli a termine con immensa soddisfazione e ammirazione da parte di altri.

Subire bullismo mi ha insegnato ad amare me stessa. A non giudicare persone e cose dall’aspetto. A non seguire la massa, ma riflettere per farmi un’opinione mia. Ad accettare il dialogo, il diverso, anzi, ad avere curiosità nell’ascoltare punti di vista differenti. Ma soprattutto a difendere la mia idea quando serve, senza piegarmi al volere di un gruppo totalmente cieco.

Il bullismo mi ha insegnato la solidarietà, che a me è stata negata da tutti; ma la rivincita di difendere altre vittime di bullismo negli anni successivi è senza prezzo, così come sostenere persone timide e insicure che grazie alla tua grinta otterranno tanto dalla vita. Mi ha fatto capire soprattutto l’importanza di non rimanere indifferenti a chi abbiamo davanti a noi, perché sarebbe bastata una parola degli altri compagni di classe per non farmi vivere anni di inferno, perché se rimani indifferente, vuol dire che tacitamente accetti tutto ciò che ti succede attorno. Mi ha fatto capire l’importanza di avere qualcuno che ti ascolta, poi mi ha insegnato ad ascoltare le persone.

Il bullismo mi ha mostrato che nella vita torna tutto indietro, perché i bulli di allora non hanno concluso nulla nella loro esistenza, sono ancora bambini insoddisfatti, mentre io continuo a crescere e cercare ogni giorno nuovi successi. Non diventare quello che gli altri vogliono che tu diventi, non ascoltarli e vai avanti per la tua strada.

Subire bullismo mi ha fatto amare la vita, perché quando ti ritrovi a pensare intensamente al suicidio, allora capisci che non vale la pena perdere la vita per qualcuno che non ti ha mai nemmeno guardato negli occhi; è meglio tenersela, per dedicarla a noi stessi e alle persone che amiamo e ameremo.

Inoltre ha rinforzato in me dei valori molto importanti e positivi: il rispetto per se stessi, il rispetto per gli altri, la voglia di migliorare, il desiderio di portare felicità e luce nel mondo.

Il tempo è passato, la vita è cambiata ancora tantissime volte. Il distacco che ho acquisito grazie al passare del tempo e ad innumerevoli riflessioni mi ha portata quindi a credere che si, il bullismo ha un lato positivo. La vita ti pone davanti delle sfide. Per ognuno sono diverse, non importa che si tratti di una situazione familiare complessa, difetti fisici o mille altre cose. Tutto sta nella scelta di come reagire, di chi vuoi diventare. Non serve a niente diventare bullo per moltiplicare la tua frustrazione riversandola sugli altri. Non ho ancora trovato un bullo che abbia ottenuto qualcosa dal suo modo di fare. Ma tu che stai subendo qualunque tipo di difficoltà, insicurezza, violenza verbale o fisica, devi capire che sei tu a decidere chi diventare. Sembra facile sottomettersi a loro, raggiungere il limite per poi esplodere, magari finendo depressi in una vita insensata, o finendo per diventare noi quelli che si vendicheranno, facendo del male ad altri. Oppure puoi decidere di dimostrare la tua forza, spezzando questa catena, decidendo di ribellarti facendo scoprire al mondo quanto vali: tu non hai bisogno di far soffrire per dimostrare la tua forza. Cambia la tua vita per cambiare questo mondo: il bene che puoi portare a te e a chi ti circonda è immensamente più ampio e utile del dolore che potresti causare. Le ferite segnano, il lavoro per uscirne è lungo, ma questi traumi non sono indelebili.

Tutto sta nella scelta di che insegnamento prendere, di come reagire, di chi vuoi diventare.

Scegli bene.

 

Valentina R.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Esperienza sensazionale con Dio

Pagina 1 su 2

Questa storia, risale a circa 25 anni fa, più o meno. Avevo da poco cambiato rotta alla mia vita, mi stavo avvicinando alle cure naturali, l’omeopatia (prima prendevo un mucchio di farmaci) avevo smesso di bere alcolici, di fumare hashish, mi ero avvicinata a Dio tramite la religione cattolica, andavo in chiesa, poi all’induismo, il buddismo.

Una mattina mi svegliai, e con il mio fidanzato salimmo in auto,  per recarci a casa dei miei genitori. Guardavo fuori dal finestrino, c’era qualcosa di diverso che attraeva la mia attenzione, il colore delle montagne era diverso, il colore dell’erba non era più lo stesso, fu come una folgorazione, mi rivolsi verso il mio fidanzato e gli dissi sconvolta: “guarda il colore di quelle montagne, è marrone, ma non un marrone normale, è diverso”, lui mi rispondeva: “ma cosa stai dicendo, non capisco”, e continuavo, “stanotte ha piovuto e non ce ne siamo accorti, non vedi come sono diversi i colori, sono diventati vivi”. Poi guardavo il colore del cielo, non era più lo stesso azzurro, era di un colore che non avevo mai visto, ed il sole, io non lo avevo mai visto di un colore simile, così bello, così meraviglioso, così vivo, assieme alla lucentezza dei colori, con la loro bellezza mi comunicavano qualcosa, un messaggio, ma non riuscivo ancora a comprendere. Piangevo dall’emozione, cosa stava accadendo, ero come un cieco dalla nascita a cui hanno ridato la vista, io non credevo a quello che vedevo, mi pareva di impazzire, era un dolore misto gioia che non avevo mai provato. La notte, stesa nel mio letto pensavo all’accaduto e non riuscivo a spiegarmi cosa mi stesse accadendo, qualcosa in me stava cambiando. Il giorno seguente, fu una continua  riscoperta. Guardavo il colore delle foglie degli alberi, non riuscivo a credere  a ciò che vedevo, credevo li avessero dipinti, ero fuori di me e gridavo verso il mio fidanzato: (lo so che sembra assurdo e irragionevole, fuori da ogni logica, ma è la verità) “chi ha dipinto questi alberi, come hanno potuto fare una cosa simile, la vernice non permetterà alle foglie di respirare”, scendevo dall’auto e andavo a controllare perché non volevo credere, come era  possibile, fosse stato celato ai miei occhi un simile spettacolo. Mi fermavo estasiata a guardare i prati, i fiori, erano così belli, le lacrime mi scorrevano copiose e non riuscivo a fermarle, iniziavo a pensare a Dio, a colui che aveva creato tanta bellezza, che io non avevo mai visto, ma come è potuto accadere un simile fatto. I colori che vedevo nella natura non erano più gli stessi, quindi era cambiata anche la frequenza energetica che percepivo, la vibrazione, era come mi fossi svegliata da un lungo sonno, come non fossi mai esistita prima di ora. Ma ancora non capivo, e quegli affreschi sui muri, quante volte sono passata di lì, centinaia di volte, ai lati del loggiato ad altezza d’uomo e non li avevo mai visti, rapirono il mio sguardo, rimasi estasiata ed in mezzo alla folla, scoppiai in lacrime senza riuscire a trattenermi, sentivo la Vita, l’essenza di chi aveva dipinto gli affreschi, sentivo i personaggi vivi, sentivo che ogni sfumatura di colore diverso produceva un’emozione diversa. Tutto era vivo e nella sua forma esprimeva se stesso, la propria natura, meravigliosa ed unica, e quando vidi i filari all’inizio dell’autunno mostrarsi con quei colori rosso acceso, rimasi a bocca spalancata, estasiata da tanta bellezza, da tanta vita, questa volta mi dicevo, non è  possibile, figurati se non ho mai notato uno spettacolo così bello, dai, non esageriamo ora chiederò spiegazioni a quel contadino, sicuramente mi dirà che si tratta di una specie importata da qualche luogo esotico, e quando lui mi rispose che si trattava di semplici viti, io rimasi senza parole, senza fiato, senza più niente. Ero come spaccata, e piansi, piansi tanto riflettendo su ciò che mi stava accadendo, dove sono stata tutto questo tempo, cosa ho fatto per rendermi impossibile vedere e vivere un simile spettacolo che è la Vita stessa, Dio in tutte le cose in tutto il creato.

 

Pagina 2 su 2

Fu in quel momento che conobbi tutto ciò che di male avevo fatto, i miei pensieri impuri avevano sporcato ogni cosa su cui avevo poggiato il mio sguardo, i prati, le montagne, i fiori, l’acqua, l’aria, il vento, le persone, i bimbi, ogni cellula del mio corpo, il mio sangue, le mie ossa, fu terribile un dolore così potente che sarei morta ad ogni rivelazione se insieme ad esso nello stesso istante non avessi provato in uguale intensità la gioia di chi si sente così profondamente amata da Dio, egli mi stava parlando, egli Esiste. Nonostante tutto egli mi ha amata, riflettevo, nonostante tutto, l’amore  che sentivo mi teneva in vita. Non riuscivo a perdonarmi per ciò che avevo fatto, per come ero diventata. Io cercavo solo amore, ero tanto infelice. Cosa potevo fare per rimediare a tutto questo, con ogni lacrima avrei lavato ogni creatura, ogni pianta, animale, sasso, ero colma di gratitudine, di quella gratitudine che tiene in vita, quando il dolore è troppo forte,  quando non vedi via di uscita, mi sentivo così sporca, così immeritevole del suo amore, cosa avrei potuto fare per rimediare. Lui è sempre stato lì con me, immersa nel fango dell’oscurità, non se n’è andato, non ha voltato la faccia inorridito, è stato lì, senza giudizio, presenza consapevole, immutabile, non si è lasciato oscurare dall’ombra, è rimasto sempre Colui che è, amore puro. Non mi chiese niente, non pretendeva nulla da me, fui io a dirgli che  per lo stesso amore con cui lui mi aveva amato io avrei vissuto amando.

Antonella B.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La bellezza esteriore: arte, culture e riflessioni per imparare ad amare il proprio corpo

 

Pagina 1 su 6

In un’epoca in cui siamo esposti a un continuo bombardamento mediatico con lo scopo di farci pensare o agire in un determinato modo, non possiamo negare la forte influenza che hanno i mass media sulla nostra vita, in particolare sulle nostre decisioni, gusti ed emozioni.

Nei programmi televisivi e nelle varie riviste vediamo donne magrissime, con un seno perfetto e simmetrico, lunghi capelli lucenti, labbra carnose e pelle liscia; insieme a uomini alti, con un fisico atletico e lo sguardo penetrante. Questi modelli sono diventati l’ideale di bellezza a cui aspiriamo e molte persone ricorrono ai metodi più estremi e dannosi per raggiungerlo.

Vediamo questi corpi perfetti e non possiamo fare a meno di confrontarci con essi, indotti a pensare di essere sbagliati perché non siamo come loro, e così nascono i nostri complessi fisici e la continua frustrazione e stress emotivo nell’intento di modificare ciò che vediamo allo specchio. Quello che però non tutti sanno è che le immagini dei modelli e delle modelle che vengono pubblicate sono state prima ritoccate e modificate per rendere i corpi perfetti senza alcun difetto, togliendo ogni tipo di imperfezione, evidenziando i lineamenti del corpo e addirittura sostituendone intere parti. Su internet ci sono moltissime foto che mostrano la differenza tra quelle reali e quelle poi modificate con photoshop.

Vedete quanto è assurdo? Vogliamo essere come loro e cerchiamo uomini e donne che assomiglino a quell’ideale fisico creato da un computer, è pura finzione che però nella nostra mente è diventata realtà.

Se guardassimo di più la vera realtà che ci circonda vedremmo che le persone sono completamente diverse tra loro e che quei difetti così antiestetici sono in realtà comunissimi.

Il problema è che quel finto modello finisce per condizionare anche quello che fai, diventando a volte una vera ossessione. Quando andavo al mare e dovevo indossare il costume mi vergognavo del mio corpo e c’erano amiche che addirittura preferivano restare a casa per lo stesso motivo. Sono sicura che questo succede a molte persone, ma provate ad andare in spiaggia e guardatevi intorno: chi l’ha detto che bisogna per forza avere la pancia piatta, addominali scolpiti, braccia muscolose, essere completamente depilati e con la pelle abbronzata? Sono tutti così? No! Nella realtà ci sono corpi smilzi e corpulenti, peli, smagliature, cellulite, brufoli, rughe, fianchi larghi, gambe corte, e potrei continuare la lista. Ma allora, se a tutti crescono i peli e la maggior parte delle donne hanno la cellulite, perché sono considerati terribili difetti? Perché dobbiamo modificare il nostro corpo per cercare di diventare come quelle finte modelle?

Perché la bellezza è diventata un business, quindi dobbiamo spendere per farci la ceretta, la depilazione laser, il peeling, per assottigliare le sopracciglia, per comprare la maschera per i capelli, la crema antirughe, anticellulite, quella idratante, quella snellente, la crema per le mani, per la pelle secca, i cosmetici, gli oli, per tutti i trattamenti estetici, ecc. e se va di moda avere un piccolo spazio tra gli incisivi dobbiamo pure pagarci il dentista per farci spostare i denti! Dal quale, ovviamente, ritorneremo di corsa per farceli risistemare, non appena smetterà di essere un segno di bellezza.

Certamente è importante prendersi cura del proprio corpo, ma ossessionarsi e dover soffrire, ricorrendo addirittura alla chirurgia plastica, è davvero un’esagerazione, solo per adeguarci al canone di bellezza attuale.

 

Pagina 2 su 6

In realtà l’ideale estetico è strettamente legato all’epoca in cui si sta vivendo ed è quindi stato soggetto a numerose modifiche nel corso del tempo, con l’alternarsi di opulenza e magrezza come canoni di riferimento. Questo è un video realizzato con modelle di diversa corporatura che riassume com’è cambiata l’idea della bellezza femminile negli ultimi tremila anni: www.youtube.com/watch?v=Xrp0zJZu0a4

Un video simile, anch’esso molto interessante, rappresenta la trasformazione del make-up delle donne nella storia: www.youtube.com/watch?v=g08-_NExOX0

Grazie alle arti figurative possiamo aprezzare come i canoni di bellezza erano molto diversi rispetto a oggi. Prendiamo ad esempio la Venere di Willendorf, famosa statuetta preostorica, e la Venere dormiente, dipinto rinascimentale di Giorgione e Tiziano Vecellio.

Se consideriamo che i popoli della preistoria vivevano in condizioni di sopravvivenza molto difficili, è intuibile il motivo della forma corpulenta con seno, fianchi e ventre esageratamente evidenziati, che indicano la fertilità femminile (requisito essenziale per la propria sopravvivenza). Allo stesso modo, anche nel Rinascimento il modello di bellezza femminile consisteva in forme piene e abbondanti per indicare la superiorità di status sociale.

Se dovessimo rappresentare il modello di bellezza attuale potremmo benissimo usare la “scultura” di una Barbie, dalla figura stilizzata che si allontana molto dal vero corpo femminile. Una perfezione che rasenta l’irreale, come dimostrato dalla modella Valeria Lukyanova che si è sottoposta a una serie di interventi chirurgici che l’hanno completamente trasformata, tutto per diventare una “barbie umana”.

L’ideale di bellezza non è universale e non cambia solo in base al periodo storico, ma anche al luogo. In uno studio intitolato “Percezioni della perfezione” è stato chiesto a designer di 18 paesi di ritoccare un’immagine di una donna per renderla adeguata alla propria percezione culturale di bellezza, e come si può vedere dai risultati essa differisce notevolmente in base alla nazionalità: https://onlinedoctor.superdrug.com/perceptions-of-perfection/

Lo stesso studio è stato fatto con l’immagine di un uomo: https://onlinedoctor.superdrug.com/perceptions-of-perfection-part-ii-men/

Siamo abituati ai canoni estetici della cultura occidentale, ma pensate che ad esempio in Giappone è considerato attraente avere i denti storti, a tal punto che le ragazze decidono di farsi incollare canini finti pur di non avere i denti allineati (a Tokyo c’è una clinica specializzata in questo tipo di interventi). In una tribù in Birmania per soddisfare i criteri di bellezza locali, secondo i quali avere il collo lungo rende più sensuali, le donne iniziano ad indossare anelli di ottone dall’età di cinque anni con l’obbiettivo di allungarlo, deformano anche le spalle e il torace.

 

Pagina 3 su 6

Nelle aree più rurali dell’Indonesia le donne vengono considerate più sexy se hanno i piedi grandi, mentre in Cina la sensualità femminile si esprime con i piedi piccolissimi, portando a fasciarsi le estremità in minuscole scarpe e compromettendone così la postura e l’andatura. In Etiopia per gli uomini della tribù Karo avere cicatrici è un segno di mascolinità, portando anche a procurarsele volontariamente. E per quanto ci possa sembrare sorprendente, in Mauritania in cui il cibo scarseggia le donne formose sono considerate molto attraenti, portando addirittura ad andare in centri specializzati per aumentare di peso.

L’idea di bellezza che abbiamo è quindi condizionato dalla cultura in cui viviamo, pertanto lo stesso corpo potrebbe essere sgraziato per noi e invidiabile da un’altra parte del mondo.

Se alcune di queste pratiche sono condannabili dal nostro punto di vista, allo stesso modo possono esserlo le nostre da un punto di vista esterno: indossare un collare per allungare il collo ed essere più belle non è molto diverso dall’indossare sempre tacchi a spillo per essere più alte e quindi più attraneti; in entrambi i casi si sta danneggiando la propria salute per seguire il canone di bellezza della propria cultura.

La chirurgia estetica non è altro che una forma da noi accettata di mutilazione del proprio corpo.

Dunque, la nostra società è impostata in modo da portarci a cercare di raggiungere un ideale astratto di bellezza fisica come aspetto più importante di quello che siamo, ma questo non coincide con quello che vediamo nei fatti. Lo dimostra il semplice fatto che non siamo tutte fidanzate con dei super-palestrati e fidanzati con delle bionde anoressiche.

Quando si interagisce con altre persone il bel aspetto non è imprescindibile né l’unica componente importante.

Innanzittutto, bisogna comprendere che nessuno è perfetto, quindi smettiamola di farci mille problemi per i nostri difetti estetici perché il corpo perfetto non esiste. C’è a chi non piacciono le proprie gambe, chi odia il proprio naso, chi si dispera per quei chili di troppo, ma la verità è che tutti abbiamo qualcosa che non ci piace o che vorremmo cambiare, è normale.

Spesso vediamo come la fine del mondo quel particolare che altri non notano nemmeno: mi è capitato ad esempio una volta di uscire con un’amica che quel giorno aveva un piccolo brufolo in viso per il quale era disperata perché pensava che era orribile e che tutti l’avvrebbero visto, io invece non lo notai per tutta la giornata. Quando capii che nella nostra testa trasformiamo in una montagna quello che nella realtà è solo un dettaglio, mi resi conto che era inutile perdere tutte quelle energie a disperarsi: se mi usciva un brufolo lo ignoravo, sapendo che dopo pochi giorni sarebbe andato via. Non è successo niente, sono ancora qui. Ci sono persone che si sono fatte tirare talmente tanto la pelle del viso per sembrare più giovani che se avessero lasciato le rughe ora sarebbero molto più belle. Sono segni del tempo, ce le avremo tutti prima o poi. Indicano le esperienze che abbiamo vissuto fin’ora, perché dobbiamo ostinarci a eliminarle?

Piuttosto che fare di tutto per modificare il nostro corpo, dovremmo imparare ad amarlo per quello che è.

 

Pagina 4 su 6

Certo, mettendo da parte quello che non possiamo cambiare in modo naturale, con una sana alimentazione e facendo attività fisica possiamo fortificare e migliorare il nostro corpo in molti aspetti. L’accettazione non dev’essere una scusa per l’inerzia, perché io posso amarmi così come sono, ma desiderare comunque di migliorarmi. Puoi impegnarti per perdere peso e tonificare il tuo fisico anche senza passare ogni giorno a lamentarti e stare male col tuo corpo. Un altro consiglio utile oltre allo sport è praticare la meditazione, che tra i molti benefici elimina lo stress e i dolori, aumenta la produttività, guarisce e rinforza il corpo, aumenta le difese immunitarie, aiuta a regolare il metabolismo e ti porta a uno stato di rilassamento e pace. Io medito ogni giorno in non pensiero con la tecnica insegnata in questo sito, che consiglio a tutti perché già dalla prima volta senti quanto ti fa stare bene: www.accademiadicoscienzadimensionale.it

Molto dipende anche da come ci poniamo di fronte al nostro aspetto fisico. Infatti, una persona che si sente a proprio agio con il proprio corpo risulta più attraente, anche se esso non rispecchia in tutto e per tutto il canone di bellezza stabilito dalla società: siamo convinte che per esserlo dobbiamo per forza avere un fisico ideale, ma in realtà un ottimo passo è quello di piacersi e di sfruttare le caratteristiche fisiche che più ci piacciono. Quando chiedi a una persona cosa le piace del suo corpo normalmente non sa cosa rispondere, mentre quando chiedi cosa non le piace la risposta è immediata e composta da una lunga lista. Questo è sbagliato, dobbiamo iniziare a cambiare il nostro modo di pensare perché prima di cercare l’approvazione altrui, dobbiamo essere noi stessi ad ammettere il nostro valore e la nostra bellezza. Inizia col domandarti: cosa mi piace del mio aspetto? Questa domanda non deve spaventarci, perché è giusto riconoscere i nostri pregi. Non dobbiamo rimanere negli estremi dove o siamo persone con un ego smisurato che ci crediamo perfetti in tutto, o abbiamo una bassa autostima e critichiamo ogni caratteristica che ci definisce.

Quando mi chiesero per la prima volta cosa mi piaceva del mio aspetto, io avevo timore di rispondere perché ero convinta che fosse sbagliato dire qualcosa di bello su se stessi, che sarei sembrata presuntuosa e che dovevo continuare a pensare a quello che non mi piace, come “sono troppo grassa, non sono bella come le altre, ho il seno troppo piccolo, il doppio mento è orribile”. Se tu la pensi allo stesso modo, ora voglio dirti invece che è giusto volersi bene e apprezzarsi, perché tu sei la cosa più importante per te, perché hai moltissimi pregi e non è giusto nei confronti di te stesso ignorarli.

Un momento che per molti consiste in una prova da superare è quando ci spogliamo davanti a qualcun altro. Ci sentiamo scoperti, indifesi e vulnerabili per paura del suo giudizio. Ma non ci sarà mai peggior giudizio di quello che formuliamo noi stessi. Prendi confidenza con il tuo corpo, perché ti accompagnerà ancora per molti anni, e impara ad amarlo, dando la possibilità anche agli altri di farlo.

Mettiti davanti a uno specchio e osservati senza giudizio e senza timore. Impara ad accettare quello che vedi, con la consapevolezza che il tuo corpo è solo un involucro che ti permette di muoverti e di interagire con l’esterno. Guarda quanto è magnifico in tutti i suoi dettagli; è stato strutturato in modo da compiere moltissime azioni che ti permettono di vivere, di vedere, di toccare, di sentire. Questo è a prescindere un motivo valido per amare il proprio corpo.

 

Pagina 5 su 6

Nello stesso modo in cui ci risulta più facile criticarci invece di apprezzarci, lo è anche criticare gli altri. Se vogliamo cambiare il modo in cui funziona la società dobbiamo iniziare da noi stessi. A tutti piace ricevere un complimento, non diamo tutto per scontato, facciamo notare se qualcosa ci piace in un’altra persona.

Grazie al nostro esempio possiamo mostrare ad altre persone che anche loro, come facciamo noi, possono accettarsi per quello che sono e vivere molto più serenamente.

Prendete l’esempio di questo ragazzo californiano di nome John Glaude, una volta obeso, che racconta la sua storia di come pensava che non sarebbe mai riuscito a tornare in forma, finchè non ha deciso definitivamente di mettersi in gioco ed è riuscito a perdere 70 kg migliorando le sue abitudini alimentari e aggiungendo l’attività fisica alla sua routine. È ammirevole per la forza di volontà che ha dimostrato, ma anche per aver accettato le conseguenze che esso ha comportato: data la grande perdita di peso, l’effetto collaterale è stata che ora la sua pelle è flaccida. In questo video, intitolato “La mia più grande insicurezza”, mostra a tutto il mondo il suo corpo senza vestiti per dimostrare a se stesso e agli altri che si accetta per quello che è (infatti non vuole operarsi per rimuovere la pelle in eccesso), che “è comunque ok. Non bisogna permettere alla pelle o a qualsiasi altra cosa che tu non raggiunga il tuo sogno. Con o senza pelle flaccida sono contento di essere arrivato dove sono. Questo era il mio sogno.” www.youtube.com/watch?v=CpKDteQ3FIQ

Alla fine bisogna tenere conto del fatto che, anche se siamo spinti a seguire il modello standard di bellezza della società che aspira ad una uniformazione dei nostri gusti, nella realtà la bellezza è soggettiva e dipende da moltissimi fattori.

Per fare un esempio, il carattere di una persona può influenzare la nostra percezione del suo aspetto: se si tratta di qualcuno di cui abbiamo molta stima e ammirazione, una persona solare e bella dentro, essa sembrerà anche più bella fuori. Il sorriso è un ottimo ornamento per il proprio corpo 🙂

O ancora, avete notato che quando siamo innamorati di una persona la vediamo ogni giorno più bella?

E potrebbero essere proprio quelle carettersitiche che noi consideriamo i nostri più grandi difetti a farla innamorare di noi. Chi te lo dice che a tutti piace lo stesso identico tipo di corpo, conforme all’idea di bellezza dominante? Il mondo è bello perché è vario, e lo sono anche i nostri gusti.

La mia migliore amica adora gli uomini con i nasi grandi e si era fidanzata con un ragazzo che invece lo considerava un suo difetto di cui vergognarsi.

 

Personalmente non trovo particolarmente attraente un uomo muscoloso e anzi, trovo innaturale quei corpi anoressici o pompati che molti aspirano ad avere.

È importante mantenersi in forma per la propria salute, ma se parliamo in termini estetici non a tutti piace la famosa “tartaruga”: a me non interessano minimamente le foto di uomini che mostrano il loro addome scolpito come se tutte le donne dovessero cadere ai loro piedi; mi interesserebbe conoscerli se scoprissi che abbiamo caratteri molto affini. Per i miei gusti personali non ci trovo niente di attraente, mi colpisce molto di più uno sguardo, un sorriso e la maniera di muoversi e di essere di una persona.

Se vogliamo metterla sul ridere, preferisco una pancia morbida da usare come cuscino che un mattone.

Ma seppure anche io, come tutti, abbia delle preferenze per certe caratteristiche come il colore degli occhi, la pettinatura, l’altezza, ecc. si tratta di dettagli che alla fine non contano davvero, perché un fisico ti può piacere, ma è la personalità con cui dovrai andare d’accordo. Quindi, tartaruga o meno, se mi piaci come persona il resto passa in secondo piano. Infatti, mi sono innamorata di un ragazzo sportivo con un corpo palestrato come di un ragazzo che si considerava grasso, in entrambi i casi mi piacevano così com’erano e non avrei cambiato niente del loro fisico.

 

Pagina 6 su 6

Anche parlando in termini esclusivamente fisici, ci sono ragazze che hanno complessi riguardo il loro peso che io invece trovo molto belle così come sono. Conosco un ragazzo con una voglia sulla pelle che a lui non piace per niente, ma che secondo me gli sta molto bene. Avevo fatto amicizia con una ragazza strabica molto carina e per me era davvero bella, anche se lei non mi credeva perché era convinta che avere un difetto agli occhi le precludesse la possibilità di esserlo. Perché dobbiamo essere noi stessi a trattarci male e sottometterci a tali severi giudizi autoimposti?

Ritornando al discorso iniziale, un’affermazione come: “essere belli significa essere donne magrissime, con un seno perfetto e simmetrico, lunghi capelli lucenti, labbra carnose e pelle liscia e uomini alti, con un fisico atletico e lo sguardo penetrante.” perde il suo senso categorico, perché può valere per alcuni, ma per altri la definizione sarà diversa e assolutamente non meno importante; siamo noi che limitiamo la bellezza in tutte le sue forme a discapito di una sola apparentemente assoluta.

Tutti abbiamo pregi e difetti che possono variare in base ai gusti e impressioni (come abbiamo visto, un tuo difetto può essere considerato un pregio da qualcun altro), pertanto non dobbiamo fare del giudizio altrui la nostra Bibbia, perché esso varia da persona a persona.

Quello che conta è il giudizio che noi stessi formuliamo, quindi, impara ad amare ogni parte di te, nel pieno rispetto di quello che sei, ad essere orgoglioso del tuo corpo, non smettendo mai di scoprire e sviluppare le tue qualità.

Bianca W.

 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

Cos’è la politica?

Pagina 1 su 6

La politica è un argomento che spesso si cerca di evitare perché viene considerato troppo complicato e noioso. Questo però non è un atteggiamento corretto perché, che ci piaccia o no, essa ci riguarda tutti. Uno dei problemi più grandi di oggi è che molti politici sanno che i cittadini si disinteressano di quest’argomento e sfruttano l’ignoranza per attirare a sé più persone possibili, proponendo programmi in realtà irrealizzabili, accusando altri politici su basi inesistenti invece di mostrare ciò che veramente andrebbe contestato e così via. L’arma più forte che abbiamo, a mio parere, è la Conoscenza, perché se tutti conoscessimo almeno le basi di come funziona il nostro ordinamento, non ci potrebbero più ingannare.

Questo è lo scopo del mio articolo: spiegare le basi della politica, come funziona, come funzionano le elezioni, come si fanno le leggi, chi può farle e quali sono i limiti.

Ci tengo a fare un’ultima precisazione: la politica è un argomento molto delicato, perché vengono in gioco gli ideali e i valori di ciascuno; pertanto, l’ultima cosa che voglio è cercare di imporre il mio personale punto di vista su quello di chi legge. Per questo motivo, mi limiterò ad esporre tutto nel modo più oggettivo possibile, parlando solo di dati di fatto. Starà poi a chi legge trarne le sue personali conclusioni.

 

Partiamo dal principio: cosa si intende per forma di Stato e forma di Governo? Quali sono le nostre? La forma di Stato indica il rapporto tra l’autorità che governa e il popolo: in sostanza indica le finalità che lo Stato vuole raggiungere e quali sono i valori a cui si ispira: un esempio è lo Stato totalitario (che ruota attorno ad un “Capo”). La forma di Governo invece indica i mezzi attraverso cui si vogliono raggiungere queste finalità, ad esempio la monarchia o il governo parlamentare. Detto ciò, l’Italia si può definire una Repubblica Democratica Parlamentare: cosa significa “Repubblica”? in latino “res publica” significa “cosa del popolo”, quindi con questo si intende dire che la sovranità appartiene al popolo. “Democratica” rinforza questo concetto, stabilendo appunto che il popolo esercita, direttamente o indirettamente, la sua sovranità. “Parlamentare” invece significa che il potere di stabilire le regole che guidano i cittadini e lo Stato appartiene al Parlamento, di cui parlerò dopo. Quindi si può dire che, almeno sulla carta, gli obiettivi che lo Stato italiano persegue sono principalmente la sovranità, l’uguaglianza e la parità dei cittadini (come scritto negli articoli 1 e 3 della Costituzione), e lo fa tramite il metodo democratico.

 

Proseguendo, lo Stato Italiano, come tutti gli altri, deve cercare l’equilibrio tra tre “poteri”: il potere legislativo (fare materialmente le leggi, appartiene al Parlamento), quello esecutivo (assicurare che le leggi vengano rispettate, appartiene al Governo) e quello giudiziario (giudicare chi non rispetta le leggi, appartiene alla Magistratura, ossia ai giudici). Ci sono diversi modi per bilanciarli, ad esempio c’è chi li concentra tutti in una sola persona (monarchia assoluta) e chi li divide. Nel nostro caso, abbiamo la cosiddetta “separazione dei poteri”: infatti, il Governo ha il potere esecutivo, il Parlamento quello legislativo, la Magistratura quello giudiziario.

 

Parliamo quindi del Governo, che ha il potere esecutivo.

Da chi è composto? Cosa fa? Come viene eletto? È composto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai Ministri, che insieme compongono il Consiglio dei Ministri. Il presidente del Consiglio dirige la politica generale del governo e ne è responsabile, mentre i Ministri sono al vertice degli organi amministrativi (ministro della salute, dei trasporti, dell’economia ecc.). Il Governo può avere anche, in alcuni casi, il potere di fare delle leggi: in questi casi parliamo di Decreti Legislativi e Decreti Legge, che verranno spiegati in seguito. Quindi, in poche parole, il Governo ha il compito di stabilire quale linea politica seguire, chi farsi alleato e chi nemico. È importante capire anche come viene eletto il Governo, perché questo è uno dei punti che vengono sfruttati per influenzare chi non conosce bene l’argomento: cosa si sente sempre dire in giro?

Pagina 2 su 6

“Questo Governo non è legittimo perché non è stato votato dal popolo!!” peccato che la nostra Costituzione stabilisca espressamente che è il Presidente della Repubblica ad eleggere il Presidente del Consiglio, e su suggerimento di quest’ultimo nomina anche i Ministri (Articolo 92). Quindi non viene MAI eletto direttamente dal popolo! Questa è una cosa che in realtà non si conosce molto, ma è fondamentale saperla perché ad ogni dibattito politico che si vede in televisione o sui giornali c’è qualcuno che si lamenta che “il presidente del Consiglio non è stato eletto dal popolo”. E quando mai è successo? Ogni volta che qualcuno usa questo argomento, sta cercando di attirare a sé le persone, usando belle parole e fingendo di essere dalla loro parte, mentre invece le sta ingannando non meno di tutti gli altri.

 

Un altro argomento di cui è importante parlare è il procedimento attraverso cui si creano le leggi. Di regola, questo potere spetta al Parlamento, che è composto da due Camere (Camera dei Deputati e Senato), che hanno pressoché gli stessi poteri (per questo si parla di “Bicameralismo Perfetto”). La scelta di dare questo importante potere al Parlamento rispecchia l’aspetto democratico, perché quest’organo è eletto direttamente dal popolo attraverso le “Elezioni Politiche”: brevemente, queste elezioni si svolgono ogni 5 anni e possono parteciparvi tutti i cittadini maggiorenni. Ciascuno dà il suo voto al partito che preferisce e, una volta calcolati tutti i voti, a ciascun partito viene assegnato un numero di posti in Parlamento (in proporzione ovviamente del numero di voti ottenuti) secondo dei calcoli indicati nella cosiddetta “Legge Elettorale”, ossia la legge che stabilisce come distribuire concretamente i posti in Parlamento in relazione ai voti.

Il procedimento per creare nuove leggi è, molto in breve, il seguente: chi ne ha il diritto fa una proposta di legge (ossia principalmente il Governo, un membro del Parlamento o 50.000 cittadini); poi al Parlamento si inizia a stendere il testo della legge e questo va avanti e indietro tra le due Camere finché entrambe non approvano lo stesso testo; dopodiché la legge viene “promulgata”.

Prima ho detto che anche il Governo ha, in alcuni casi, il potere di emanare leggi. Può capitare in due modi: innanzitutto, il Parlamento stesso può decidere di delegare il Governo a emanare una legge su un determinato argomento, però non può lasciare carta bianca: deve indicare chiaramente quale sia l’ambito e le linee generali della legge che si vuole emanare. In questo caso si parla di “Decreto Legislativo”. Può capitare invece che, in casi di urgenza, il Governo faccia una legge senza la delega del Parlamento: questo si chiama “Decreto Legge”; in questo caso, il Parlamento ha 60 giorni per decidere se accettare o meno questa legge: se entro questo periodo non la accetta, essa perde ogni efficacia.

Talvolta, il popolo stesso può essere interpellato per prendere alcune decisioni. Esistono tre strumenti chiamati “di democrazia diretta”, in cui appunto i cittadini intervengono in prima persona: questi sono la “Petizione”, l’”Iniziativa Popolare” e il “Referendum”. È importante ricordare che sono tre cose diverse e bisogna capirne le differenze: la Petizione può essere proposta da qualsiasi cittadino e ha lo scopo di chiedere al Parlamento di prendere provvedimenti legislativi su un determinato argomento. Il Parlamento però non è obbligato ad accettare questa richiesta. L’Iniziativa Popolare invece può essere proposta da almeno 50.000 cittadini e ha lo scopo di chiedere l’approvazione di uno specifico provvedimento legislativo che ha un contenuto direttamente determinato da coloro che l’hanno proposto. Viene assicurata una garanzia minima, ossia che il Parlamento “prenda in considerazione” la proposta, ma non è vincolato ad accettarla. Un esempio di Iniziativa Popolare è stata la recente proposta di modificare il regime della legittima difesa, che è stata erroneamente confusa con un Referendum. Il Referendum invece è un po’ più complesso, dato che ne esistono diversi tipi, ma, molto brevemente, si ha quando viene proposta una questione e i cittadini possono votare solo “sì” o “no”. Una volta contati i voti ci si assicura che abbiano raggiunto una soglia minima (definita “Quorum”, che non è presente in tutti i tipi di Referendum, infatti non c’è in quello Costituzionale) che equivale al 50% + 1 di quelli che hanno il diritto di votare (ossia i cittadini italiani maggiorenni): se è stata raggiunta, si valuta quale opzione ha avuto il maggior numero di voti, altrimenti il Referendum è respinto. Di recente si sono avanzate proposte per eliminare il Quorum, ma riflettiamoci bene, cosa succederebbe? Se andassero a votare solo 100 persone in tutto il paese e il Quorum fosse abolito, queste 100 persone avrebbero il potere di prendere una decisione che potrebbe essere molto importante per tutti i cittadini.

Pagina 3 su 6

Siamo sicuri che i pochi che vanno a votare siano in grado di prendere decisioni così importanti? È un rischio che ci sentiamo di prendere? Prima di fare una scelta così drastica sarebbe bene valutarne tutte le conseguenze, positive e negative. È giusto desiderare che i voti positivi non vengano resi inutili da chi non va a votare, ma personalmente credo che questo si risolva istruendo le persone e facendole interessare alla politica, non eliminando strumenti come il Quorum che hanno l’unico scopo di far sì che una decisione presa tramite Referendum sia davvero Democratica.

 

Quanto detto finora vale per le leggi “classiche” (chiamate leggi primarie) di cui si parla sempre, ma esistono diversi tipi di leggi e diversi organi dello Stato che possono emanarle. Cosa succede dunque se alcune sono in contrasto tra loro? Esiste una gerarchia tra le “fonti” del diritto.

Possiamo vedere il nostro sistema come una piramide: al vertice ci sono i Principi Fondamentali (i primi 12 articoli della Costituzione) e il diritto dell’Unione Europea; un gradino più in basso c’è il resto della Costituzione; sotto di essa la legge primaria (quella del Parlamento, i Decreti Legge e i Decreti Legislativi); ancora un gradino più in basso si trovano le leggi regionali ed infine le “consuetudini”, ossia delle regole non scritte ma che vengono considerate doverose in un determinato territorio. Come è facile capire, una legge di rango inferiore non può essere in contrasto con una di rango superiore, e se ciò dovesse accadere, quella inferiore verrebbe “disapplicata”. Quindi, se una legge parlamentare fosse in contrasto con una dell’Unione Europea, la prima non potrebbe essere applicata: attenzione, questo non significa che verrebbe eliminata (allora si parlerebbe di “abrogazione”), semplicemente non la si applicherebbe, ma continuerebbe ad esistere.

 

Come è possibile che qualcosa di esterno allo Stato come l’UE abbia tutto questo potere? È possibile perché viene previsto dalla stessa Costituzione all’articolo 11: “L’Italia […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

È importante fare anche un breve cenno sull’Unione Europea, su come è strutturata e quali sono le critiche che le vengono fatte.

Innanzitutto partiamo dalle basi: cos’è l’UE? È una confederazione (ossia un insieme di Stati che operano insieme in alcuni ambiti ma mantengono la sovranità nazionale, a differenza degli stati federali come gli Stati Uniti, dove c’è un unico governo centrale) inizialmente nata per scopi economici per poi iniziare ad avere anche finalità politiche. Essa raggruppa la maggior parte dei paesi europei. I suoi scopi sono di favorire il commercio e la cooperazione tra gli Stati Membri, il libero movimento dei cittadini e, essendo nata dopo la Seconda Guerra Mondiale, di evitare altri conflitti in Europa.

Gli organi dell’Unione Europea operano sostanzialmente tramite due strumenti legislativi: i Regolamenti e le Direttive. I regolamenti sono lo strumento più importante perché producono “leggi” che sono direttamente applicabili in tutti gli Stati Membri: in pratica, appena viene emanato un regolamento, questo entra subito in vigore nell’ordinamento di tutti gli Stati appartenenti all’Unione, come se fosse stato emanato dal Parlamento. Questo significa che un cittadino può direttamente far valere in un tribunale del proprio paese eventuali diritti che sono indicati nei Regolamenti europei. Le Direttive, invece, hanno bisogno di un atto di “recepimento” degli Stati: il loro scopo è quello di armonizzare gli indirizzi dei diversi Stati Membri su determinati argomenti, lasciandoli liberi di decidere come farlo. In pratica, le Direttive indicano degli scopi da raggiungere e gli Stati sono liberi di decidere come raggiungerli; per questo le Direttive non sono direttamente applicabili negli ordinamenti interni (a differenza dei Regolamenti), ma serve un atto del Parlamento che le renda efficaci. Quindi i cittadini non possono fare affidamento sulle Direttive che non sono ancora state recepite dallo Stato, a meno che esse non siano estremamente chiare e precise nei contenuti.

Esistono diversi organi che compongono l’UE e descriverò molto brevemente i più importanti:

 

Pagina 4 su 6
  • Il Consiglio Europeo: composto dai capi di Governo, stabilisce l’indirizzo politico della Comunità.
  • Il Parlamento Europeo: unico organo eletto direttamente dai cittadini, nonostante il nome non ha potere di emanare le leggi, ha un generale potere di controllo ma in realtà serve a ben poco.
  • La Commissione Europea: è l’organo esecutivo, in sostanza è il Governo dell’UE, formato da 28 membri (1 per ogni Stato) nominati dai governi dei singoli Stati Membri.
  • Il Consiglio dei Ministri: è il vero legislatore dell’UE, composto dai Ministri degli Stati Membri.

Da questo breve schema si possono capire le critiche che vengono mosse all’Unione: c’è un solo organo eletto direttamente dai cittadini (il Parlamento), e non vale quasi niente: ha pochissimi poteri, mentre gli organi che contano davvero, ossia quelli che dirigono la politica Comunitaria o che fanno le leggi (che ricordo essere di rango SUPERIORE rispetto a quelle interne dei singoli Stati e addirittura alla Costituzione), sono eletti generalmente dai Governi. Da qui nasce il cosiddetto “Deficit Democratico” di cui si parla spesso.

 

In conclusione, vorrei riportare qui sotto i primi 12 articoli della nostra Costituzione: i Principi Fondamentali a cui dovrebbe ispirarsi la nostra Repubblica. Lo faccio non solo perché chi legge li conosca effettivamente, ma anche per sfatare il mito delle leggi “incomprensibili”: le leggi sono incomprensibili se le si vogliono rendere tali, ma questi articoli sono la prova che si può parlare di questi argomenti con la chiarezza e la semplicità di un bambino. Personalmente mi vengono i brividi se penso al contesto storico in cui sono state scritte queste parole (subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, dopo una dittatura feroce come il Fascismo, dove ogni diritto umano è stato rinnegato). Sono principi che oggi forse diamo per scontati, ma che in realtà sono state enormi conquiste.

La mia speranza non è che questo articolo porti ad amare la politica, come si potrebbe in questo periodo storico? La mia speranza è che porti a conoscere come funzionano i suoi meccanismi e quindi ad amare quello che la politica POTREBBE essere, se più persone se ne interessassero veramente.

 

Art. 1.

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2.

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3.

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

 

Pagina 5 su 6

Art. 4.

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una atti- vita` o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Art. 5.

La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.

Art. 6.

La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

Art. 7.

Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.

I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

 

Art. 8.

Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.

Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri sta- tuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.

I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Art. 9.

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

 

Pagina 6 su 6

Art. 10.

L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.

La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.

Art. 11.

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Art. 12.

La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.

 

Steven

 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Come ho smesso di fumare droghe leggere e sigarette

Pagina 1 su 4

 

Ciao a tutti, volevo raccontarvi la mia esperienza riguardo il fumare e come sono riuscito ad uscirne.

Inizio a fumare a 16 anni, piuttosto tardi rispetto alla media, ma la mia prima “fumata” non fu la classica sigaretta, bensì un “tiro” di chilum, che, per chi non lo sapesse, trattasi di uno strumento di terracotta da usarsi a mo’ di pipa, ma con dentro l’hashish che ti assicura pochi tiri ma potenti.

Da lì, piano piano, ho cominciato sempre più a fumare canne e chilum, finchè, inevitabilmente, divenni completamente dipendente.

Tralasciando i perchè psicologici, ho passato praticamente tutta la giovinezza in una sorta di stordimento perenne, questo perchè cominciavo dalla mattina e finivo la sera, e guai a rimanere senza per troppe ore, cominciavano disagi mica da ridere.

Non vi dico nella “compagnia” quando mancava il “fumo”, era uno scervellarsi a capire dove trovarlo e fare giri nei paesi in cerca del fumo, praticamente si stava insieme e si trascorreva la giornata si può dire esclusivamente in funzione del fumare.

Intanto mi metto anche a fumare sigarette, per riempire gli spazi che inevitabilmente non potevo riempire col fumo, questo perché, ovviamente, non potevo fumare hashish ovunque.

Ero arrivato a sputare quotidianamente catarro color marroncino con striature nere, e non sto scherzando.

Comunque, intanto il tempo passa, divento papà, lavoro, compro casa facendo un mutuo e continuo a fumare, anche se, in cuor mio, capivo che c’era qualcosa di sbagliato in tutto ciò e avevo desiderio di smettere, ma la cosa rimaneva solo a livello puramente teorico, in pratica non cambiava niente.

Nemmeno la morte di mio padre a 66 anni per tumore ai polmoni che, attraverso i vasi linfatici è arrivato fino al cervello, lui che era accanito fumatore, è servita a cambiare la cosa, e vi posso assicurare che quello che tale malattia ha fatto a mio padre in un mese non lo auguro nemmeno al peggior individuo presente sulla faccia della terra.

Ero arrivato ad un punto, dopo anni, che se fumavo troppo mi saliva l’ansia, eppure, imperterrito, continuavo sperando in un qualcosa di esterno che, in un modo o nell’altro, mi avesse fatto smettere; nel frattempo ero, se non altro, riuscito a non fumare più sigarette, mi facevo “solo” piccole cannettine, anche perchè non potevo permettermi di spendere un patrimonio, lavoravo solo io e, almeno secondo il mio ragionamento, fumavo meno; aggiungerei anche il fatto che le sigarette mi davano molto fastidio alla gola, ero abituato a “tirare” boccate forti dalle canne senza filtri, e le sigarette mi sembravano come intoppate.

E la cosa arrivò, perché, lavorando in magazzino e usando i mezzi quali muletto, retrattile e carrelli vari, la legge che entrò in vigore mi costrinse a fare le analisi delle urine.

Pagina 2 su 4

Siccome non avevo intenzione di fare come certi miei amici che facevano urinare qualcuno “pulito” per poi portarsi la provetta, decisi che avrei usato tutto ciò per smettere definitivamente.

Sapendo che la visita sarebbe stata effettuata a settembre, decisi come data la prima settimana di agosto, questo perchè si dice che ci vuole circa un mese per ripulirsi e risultare negativo.

Decisi che non lo avrei più comprato, questo perchè passò una altra settimana in cui, siccome l’hashish ce lo avevo, lo fumavo (anche la mia compagna fumava e fuma tuttora).

Ne passò un’altra ancora, dove avevo talmente poco fumo che mi facevo praticamente delle tabaccate con un vago sapore di hashish.

E finalmente, finito il fumo, smisi, mi bevevo ogni mattina una tisana depurativa dei reni e, dopo venti giorni, feci la visita e, sebbene come si dice in gergo, me la facevo addosso dalla paura, risultai negativo.

Da allora non ripresi mai più a fumare hashish o marijuana, sebbene avessi ancora colleghi di lavoro, amici e la mia compagna che fumavano, ogni giorno che passavo da lucido stavo sempre meglio, senza contare l’orgoglio personale per essere riuscito a vincere tale lotta.

Ciò mi bastava in quegli attimi in cui sentivo la tentazione, oltre al fatto che l’ansia era sparita, specialmente quando incrociavo i carabinieri, letteralmente mi sentivo finalmente libero, dopo una vita in funzione totale dell’hashish, dove ogni cosa che si organizzava, bisognava sempre non farselo mancare e finalmente non mi dovevo nascondere per paura di essere scoperto e giudicato.

Ma il sapore della vittoria si mescolava all’amaro che mi lasciava in bocca il fatto che ripresi a fumare sigarette.

Da un certo punto di vista sentivo che non avevo vinto ancora niente, perchè ero riuscito a smettere di fumare droghe leggere buttandomi sulle sigarette come contentino.

Però, rispetto al fumo che comunque mi piaceva sia come sapore, sia come “sballo”, le sigarette mi facevano veramente schifo, non riuscivo a finirne una perchè mi faceva sempre male la gola.

Passai a farmele io col tabacco e me le facevo senza filtro, come detto sopra, abituato a fumare forte, dovevo sentire quello che tiravo.

Anche in questo caso, volevo assolutamente smettere, stavolta non ci sarebbe stato niente che mi avrebbe potuto obbligare a perdere il vizio, se non una malattia, cosa di cui avevo il più assoluto terrore (ricordo, tra l’altro, mio padre in ospedale moribondo mi chiese di andargliele a comprare).

Provai un giorno e riuscii a rimanere senza fumare fino alla sera, dove, dopo cena, cedetti.

Eppure il miracolo, se così possiamo chiamarlo (avevo amici che profetizzarono che io avrei fumato fino in punto di morte) avvenne.

Un pomeriggio, non ricordo bene per quale motivo fossi a casa, andai a prendere mia figlia, che allora aveva nove anni, all’uscita di scuola, non ci andavo mai perchè ero sempre impegnato al lavoro e lei ci teneva molto.

Pagina 3 su 4

Aveva appena fatto una lezione sul tabacco e sui danni che questo fa all’organismo e mentre me lo raccontava capivo quanto si stesse preoccupando per la salute del proprio padre, quanto cercasse di farmi ragionare sull’argomento e mi venne in mente me stesso che, alla sua età, non riuscivo a comprendere come potessero gli adulti fumare se sapevano che era nocivo e dannoso.

Quindi, davanti a quell’amore, davanti all’innocenza di mia figlia che è quella di tutti i bambini che ci osservano e, invece di giudicarci, si chiedono perchè esiste ciò che fa male e come possono fare per cambiare qualcosa, le dissi: “Va bene, da domani non fumerò più”.

La sera, prima di andare a letto, andai in balcone (non ho mai fumato in casa, a differenza di mio padre) e mi godetti l’ultima mia sigaretta (scherzo, anche se sapevo che era l’ultima faceva schifo come al solito) e, un po’ frastornato ma fiducioso, andai a dormire.

Ebbene, dal momento che mi svegliai non accesi più sigarette, devo dire che il coraggio di smettere mi portava entusiasmo e risultava meno dura di quanto pensassi.

Passarono giusto un paio di giorni un po’ stranito, il tempo di smaltire la dipendenza fisica da nicotina, dopodichè tutto proseguì normalmente.

Ogni volta che mi si presentava una situazione dove avevo l’abitudine di fumare, tipo dopo il caffè, dopo i pasti ecc, sentivo l’impulso, una voglia che si presentava, ma mi dicevo subito che ormai avevo smesso, l’avevo promesso, e l’attimo di agitazione passava.

Col passare dei giorni questi attimi persero sia intensità che frequenza con il quale si presentavano.

Le abitudini che erano associate alla sigaretta, semplicemente sparirono, il tutto senza nessun surrogato, senza dovermi creare un altro vizio che sostituisse il precedente.

Così passarono le settimane, poi i mesi ed io stavo sempre meglio, ricordo un giorno in un parco mentre giocavo a correre insieme a mia figlia che notai che riuscivo a correre tranquillamente, mentre prima dopo nemmeno cinque minuti avevo il fiatone e una incapacità di respirare da aver bisogno di una bombola d’ossigeno, e non sto scherzando.

Ora sono passati tre anni e mezzo e questa che sto raccontando è una delle più belle vittorie che io abbia mai ottenuto, ma è una cosa a cui di solito non penso, perchè è diventato normale e ovvio il non fumare, ho ripescato tutto ciò solo per raccontarvi il tutto e nella speranza che qualcuno senta i brividi che sto sentendo io mentre scrivo (un misto di sensazioni difficile da descrivere) e decida di prendersi questa vittoria con se stesso.

Ho avuto dei grandi insegnamenti da questa esperienza e li ho voluti condividere con voi, il più importante dei quali è che ognuno di noi ha un immenso potere e basta veramente solo volerlo che qualunque cosa la si ottiene, più si è decisi e focalizzati nell’obiettivo senza farsi scoraggiare nè distrarsi da niente e nessuno (compresa la vocina che incessantemente sentiamo nella nostra testa e che spesso ci invoglia a fare cose che sappiamo sbagliate), più le cose si ottengono.

Forse a livello di emozioni qualcuno può pensare sia più difficile, ma anche lì, emozionatevi della vostra forza, della vostra potenza, del vostro aver preso il controllo di voi stessi e non che il fumo o le sigarette decidano per voi, che vi spingano ad uscire sotto la pioggia pur di una boccata, o ad interrompere chiaccherate e giochi per fumare, o ancora, come succedeva a me, ad andare in vacanza estiva solo nei posti dove sapevo di poter reperire hashish.

Pagina 4 su 4

Vi garantisco che non ci vuole niente a smettere, basta dirsi “ho smesso di fumare” ogniqualvolta si sente l’impulso distruttivo e, in un secondo sparirà, se invece indugerete allora tale pensiero continuerà fino a farvi cedere, e ve lo dice uno che pensava veramente che fino alla fine dei miei giorni avrei avuto la sigaretta in bocca.

Spero, anzi no, sono sicuro che anche voi vogliate finalmente stare bene come adesso sto io e finalmente respirare, io me ne ero totalmente dimenticato di cosa volesse dire, di quanto bello fosse, di quanto ti senti più felice e sicuro.

E non scoraggiatevi se ogni tanto inciamperete, non castigatevi o commiseratevi, dovete volervi bene e accettare anche le vostre debolezze, solo così si farà strada la vostra forza, ogni caduta serve per allenare i vostri muscoli nell’atto di rialzarvi.

E così che avete imparato a camminare quando eravate piccoli, solo che non lo ricordate, provavate e provavate, cadevate un sacco di volte ma non vi scoraggiavate mai, vi rialzavate sempre, continuavate imperterriti perchè avevate deciso che dovevate imparare a camminare e ci siete riusciti, chi in una settimana, chi in tre mesi, ma ci siete riusciti.

Vi auguro ogni bene.

Dino

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Cos’è veramente il Rap?

Pagina 1 su 12

In questo articolo desidero parlare principalmente di cos’è il Rap secondo il mio punto di vista, come lo vedo, lo sento, lo vivo. Di ciò che è per me: esporrò le mie opinioni a riguardo in modo molto approfondito e lo farò alla fine, perché prima ho deciso di arricchire questo articolo e dividere le mie personali conoscenze ed esperienze con voi. Tutto ciò che scriverò saranno sempre e solo mie opinioni nel totale rispetto verso tutti, perché il mio intento è quello di spiegare il Rap con parole molto semplici per chi vorrebbe farsi un’idea mirata su questo genere di musica. Probabilmente molti si sono fatti un’idea molto sbagliata su ciò che è veramente il Rap e la colpa non è loro, perché il Rap oggi ci viene mostrato per tutto ciò che non è. Non sono qui per fare lezione, ma desidero fare un po’ di chiarezza su alcuni punti che riguardano questo bellissimo genere di musica. In particolare parlerò della mia esperienza col Rap, il motivo per il quale ho iniziato a farlo, come l’ho vissuto ecc.  Per farlo però dovrò parlare un po’ del mio Rapper preferito, perché se non fosse stato per lui, non amerei il Rap così profondamente e forse non avrei mai compreso pienamente cos’è. Un Rapper davvero molto speciale, unico e diverso da tutti, che io personalmente considero il Rap in persona. Ho le idee molto chiare a riguardo e magari attraverso le mie parole qualcuno si farà un’idea diversa su questo genere di musica, chissà magari lo vedrà diversamente.

Inizierei spendendo qualche parola su un Rapper di cui oggi si sente ancora spesso parlare, tutti lo conosciamo essendo un cantante che di certo non ha bisogno di presentazioni: Eminem.
Poche storie! Ormai da anni è considerato il miglior Rapper al mondo, e per molti è anche il terzo miglior Rapper della storia. Molti avranno visto il suo film ‘‘8 Mile’’ uscito nel 2002 che mostra un po’, anche se solo in parte, la storia della sua vita e tutti i problemi che ha dovuto affrontare prima di diventare famoso. Se dovessi elencare tutte le canzoni che amo di questo cantante, potrebbe anche non bastare un articolo intero. La mia preferita è When I’m Gone. Amo questa canzone perché Eminem racconta un sogno in cui sua figlia (molto piccola) lo accusava spesso di non dedicare mai del tempo a lei e la mamma, dedicandosi invece totalmente al successo. Un buon motivo per apprezzare questa canzone? Ha un bel messaggio, una volta svegliatosi Eminem va ad abbracciare la sua famiglia comprendendo la loro importanza. Mentre la canzone forse in un certo senso più importante di Eminem potrebbe essere Lose Yourself, molto famosa avendo anche un ruolo importante nel film. L’album più bello per molti, ma anche per me si chiama ‘‘The Eminem Show’’ non c’è una sola canzone che a me non piace. Alcune persone considerano Eminem, almeno quello di oggi, un personaggio ‘‘creato’’ con lo scopo di attirare quanta più attenzione su di sé. Io non so dire chi sia realmente, quello che invece conosco bene è il suo immenso talento nel fare Rap, ed è di questo che stiamo parlando. Si dice anche che oggi Eminem non fa più la musica di una volta e sono pienamente d’accordo, ma è altrettanto vero che se solo lo volesse tornerebbe subito ad essere il numero uno incontrastato. Non a caso Eminem giusto qualche anno fa decise di scrivere e cantare il testo ‘‘Rap God’’ in cui si autodefinisce ‘‘Dio del Rap’’, per spegnere tutte le voci di chi non lo considera più il migliore al mondo. In questa canzone per dimostrare la sua enorme superiorità (forse con un pizzico di arroganza certo, ma che i fan hanno apprezzato molto visto che aveva ragione) canta in modo incredibilmente veloce. Come per dire ‘‘fatelo voi se ci riuscite!’’. Se siete curiosi e avete voglia di ascoltare direttamente la parte più veloce di questa canzone Rap God, potete andare direttamente al minuto 4,20. Vi garantisco che solo ascoltandolo vi mancherà l’aria!

Pagina 2 su 12

Mi sembra normalissimo che oggi questo Rapper non fa più i pezzi di una volta. Ormai ha ottenuto tutto, ha dimostrato tutto. È famosissimo in tutto il mondo ed è ricchissimo. In un certo senso è come se si fosse già ritirato. Io sinceramente avrei preferito che avesse smesso di cantare a questo punto, per non rovinare il nome che si è fatto in tanti anni. Una curiosità? Un Rapper molto meno famoso ha battuto il record di Eminem nel cantare veloce. Il cantante si chiama Ocean Wisdom e la sua canzone super veloce si chiama Walkin. Devo però precisare che nel Rap la velocità non è tutto, e che ovviamente Eminem secondo me rimane inarrivabile, per tutte le sue qualità.

Prima di continuare parliamo un attimo di una parola che spesso sentiamo dire nel mondo Rap ovvero ‘‘Dissing’’. Cos’è? Lo spiego subito in modo semplice. Il dissing è un pezzo creato con il solo scopo di insultare o offendere un altro Rapper. È quasi sempre un tentativo per farsi conoscere. In questo caso il Rapper sconosciuto per farsi notare sceglie un ‘‘pezzo grosso’’ ovvero un Rapper che conta, e gli fa un dissing nella speranza di farsi notare da più persone possibili. In questo caso molto dipende dalla sua bravura. Per fare un esempio potrebbe essere talmente bravo che inizierà ad umiliare un Rapper famoso dicendo delle cose sensate, o che comunque metteranno dei dubbi ai suoi fans. Ma quello in cui si spera con il dissing, il massimo che si potrebbe ottenere con questa ‘‘provocazione’’ è una risposta diretta, ovvero il Rapper scelto che contrattacca. Infatti ovviamente se riesci a portare un Rapper famoso al punto che per non rischiare una figuraccia sarà quasi obbligato a risponderti, avrai centrato il tuo obbiettivo. A quel punto si starà già parlando di te! Questo è tutto ciò che conta, far parlare di se nel bene o nel male, l’importante è che ti sei fatto notare. Quindi in poche parole il dissing può essere una buona carta da giocare. Purtroppo però oggi si ha il sospetto che molti dissing sono creati di proposito. In questo caso però si parla di Rapper già famosi che si mettono d’accordo. Tutti sanno quanto i fans amano i dissing ed è per questo che si organizzano, facendo ovviamente credere che siano reali. Questo è uno dei motivi per il quale io non ci vado matto. Sicuramente a questo punto preferisco mille volte le sfide Freestyle dal vivo.

Cos’è il Freestyle nel Rap? E cosa sono queste sfide? Sono degli incontri in cui si fa più o meno la stessa cosa dei dissing, però faccia a faccia dal vivo. I due Rapper (senza odio ovviamente) cercheranno di sopraffarsi creando rime con tutto ciò che passerà loro per la testa, infatti il bello sarà proprio questo, nei Freestyle sarà tutto improvvisato sul momento. Nel Freestyle i due protagonisti si alternano (ovviamente sullo stesso beat o se preferite base) continuamente in un botta e risposta, quando finisce uno riparte l’altro fino allo scadere del tempo. Sarà il pubblico a stabilire il vincitore, e lo farà urlando! Proprio così il pubblico mostrerà il proprio apprezzamento in questo modo. Nel film di Eminem di cui parlavo prima, hanno recitato molto bene queste sfide. In quanto è una parte importante, il film ne è pieno.

In Tv su alcuni canali fanno vedere delle battaglie Freestyle, ma sinceramente io non credo mai a ciò che vedo in Tv, penso che sia più probabilmente già tutto organizzato. Mi piaceva vederlo davanti ai miei occhi quando a farlo erano persone come me, tra amici ci si divertiva molto. In genere durante questa sfida è concesso dire di tutto, ciò che conta è essere consapevoli che non sarà nulla di personale, infatti al termine di questo faccia a faccia ci si dovrebbe dimenticare tutto e “ritornare amici”. Troppo spesso però capita che uno dei due se non entrambi, si sentirà troppo offeso e non riuscirà a distaccare la rabbia, così o non la finirà più continuando anche dopo il Freestyle ad offendere il suo avversario, o nel peggiore dei casi addirittura gli metterà le mani addosso. Questo ovviamente è un comportamento infantile e inutile, trattandosi di un gioco di cui hai accettato le regole prima di “scendere in campo”. In questo caso è consigliabile non partecipare perché se conosci le regole e accetti, non avrai più scuse, quindi partecipare solo per fare il “figo” quando non si è in grado di “giocare” non è certo una grande idea. Rischi seriamente di rovinare un’ambiente amichevole in cui le persone si erano unite semplicemente per divertirsi un po’.

Pagina 3 su 12

In Italia oggi nascono sempre più Rapper. Ricordo quando quasi quattordici anni fa mi trasferii dalla Germania in Italia, ed ero tra i pochissimi ad ascoltare musica Rap. Ascoltavo moltissimo Nelly (di sicuro tutti ricorderanno la canzone Dilemma), ma anche moltissimo Eminem. Quando mi capitava che i ragazzi mi chiedessero che genere di musica ascoltassi, rispondevo Rap e alcuni mi prendevano giro. Si rivolgevano a me con un “yo yo” (espressione Rap) perché questo mi rendeva uno sfigato. Poi pochi anni fa, ecco che improvvisamente in Italia arrivò il Rap! Ci fu improvvisamente questo boom, ma come moda più che altro. Qualcosa che ti rende figo agli occhi degl’altri. Così, mentre il giorno prima chi ascoltava Rap era uno sfigato, il giorno dopo invece tutti gli altri che lo disprezzavano diventarono improvvisamente grandi intenditori! Fosse solo questo! Molti ragazzi che hanno iniziato a considerarsi Rapper, giusto da un giorno, (un intera giornata, wow!) iniziavano a parlare da maestri come se sapessero tutto sul Rap. Poi magari c’eri tu, che conosci l’ABC del Rap, la storia, quando il perché e dove è nato, i primi artisti e la loro musica ecc, che sentendoli parlare cercavi di non metterti a piangere. Perché giustamente sentendo dire assurdità da chi è diventato ‘‘Rapper’’ da un giorno, rischi pure di sentirti male. Così oggi metà dei ragazzi si considerano Rapper! Senza però avere la minima idea di cosa sia veramente il Rap. Vogliamo parlare dei ragazzini che vediamo oggi per le strade, che si sentono e si comportano da Rapper convinti di esserlo veramente, tanto che addirittura molleggiano anche con il proprio corpo mentre camminano? Parlano e si vestono da Rapper con collana e vestiti larghi, col cappello con lo stemma N e Y accavallati (senza poi sapere che significa) e appena ti avvicini ti salutano ‘‘Bella Frate’’. Dopo che ci avrai parlato giusto due minuti ti chiameranno già ‘‘Bro’’ come se ti conoscessero da una vita. Ok forse vi sarà scappata una piccola risata, ma ci sono e probabilmente li avrete già incontrati un po’ ovunque. Loro (per simulazione, perché a loro parere è una figata) vivono da ‘‘duri’’ come se fossero cresciuti nei peggiori quartieri d’America come i veri Rapper. Quelli che da piccoli hanno vissuto l’inferno con gravi problemi famigliari. Costretti ogni giorno ad avere a che fare già da bambini con armi e droghe di ogni genere. Quei Rapper che da ragazzini non chiedevano altro che una famiglia che si prendesse cura di loro, e che gli impedisse di fare ‘‘cavolate’’ che li portasse poi in carcere già da così giovani. (A questo proposito chi desidera può ascoltare la canzone ‘‘Dear Mama’’ di Tupac, un Rapper di cui parlerò tra poco, in cui dedica questa canzone a sua mamma. Un testo che ha fatto scendere parecchie lacrime agli occhi degli americani, poiché canta la verità.) Questo per molti ragazzi di oggi è ‘‘figo’’. Poi certo, ovviamente avendo giocato anche con i videogames come ‘‘GTA San Andreas’’ sembra tutto ancora più figo! Con quei Gangster con lo stile Rap, che comandano le strade e fanno ciò che vogliono. Yo Man! Poi chiedi a questi ragazzi chi è The Notorious B.I.G. (Rapper leggendario, di cui ovviamente parlerò) e non sanno nemmeno rispondere, forse avranno al massimo sentito il suo nome. Loro, a mio parere, forse si sono creati un modo illusorio, un pianeta in cui tutto gira intorno a quello che loro chiamano Rap.

The Notorious B.I.G. o semplicemente Biggie o Big è considerato da molti il miglior Rapper della storia insieme a Tupac. Tupac o 2pac è anche il mio Rapper preferito, di cui parlerò per arrivare poi a spiegare perché amo così tanto il Rap, che è lo scopo di questo articolo.

Biggie e Tupac circa venti anni fa sparirono entrambi in circostanze abbastanza misteriose. Prima 2Pac e sei mesi dopo anche Big. Tante persone, troppe, sono quelle non convinte affatto della loro morte.

Pagina 4 su 12

Questi due immensi talenti erano inizialmente amici, ma come spesso accade finirono poi per dividersi ma non solo, anche ad accusarsi a vicenda. Molte persone che hanno conosciuto questi giovani Rapper li hanno tuttavia sempre definiti dei bravi ragazzi. Biggie è considerato il Rapper con il miglior flow della storia, e sono totalmente d’accordo. Per evitare di annoiare qualcuno ora non mi metterò a parlare di flow e di metrica, ma diremo semplicemente che flow e metrica sono due qualità indispensabili che ogni buon Rapper deve perfezionare e portare ad altissimi livelli. Molti fans oggi cercano di stabilire chi dei due sia il migliore, ma io onestamente preferisco comportarmi da persona intelligente. Entrambi avevano uno stile molto diverso e si completavano a vicenda. La verità è che se solo avessero cantato insieme, oggi avremmo potuto ammirare delle canzoni di una qualità unica e senza rivali nel mondo del Rap. Infatti da anni molti fans creano dei mix unendo pezzi delle loro canzoni, proprio perché purtroppo non cantavano insieme. Ma il punto più che altro secondo me, dopo averci riflettuto per anni, non sta nel decidere chi dei due aveva più fans, ma nel descrivere il loro legame con i proprio fans, che è la parte più interessante. Questo è un mio pensiero, ma sono certo di quello che sto scrivendo. Il legame tra Big e i suoi fans si basava più che altro sull’apprezzamento per il suo enorme talento. Forse come capacità di Rapper, lui poteva benissimo essere il migliore al mondo. Non ho mai sentito nessuno al mondo rappare e quasi danzare sulle basi come faceva lui, era veramente unico. Dava l’impressione che fosse la base a seguire lui, e non il contrario come invece dovrebbe essere. Proprio per questo la canzone che più mi piace è Hypnotize, (nonostante sia più commerciale) che a mio parere nessuno potrà mai e poi mai rappare come lui. Nonostante parliamo di tanti anni fa, questa canzone ha anche un video ufficiale. Biggie era di costituzione robusta e secondo me la sua voce ma anche il suo aspetto rappresentava al meglio lo stile Hip Hop.

Parlando invece del legame tra Tupac e i suoi fans era, ma è ancora oggi, qualcosa di unico. I fans di Tupac lo hanno amato anche come personaggio, per i messaggi di pace che lanciava nelle sue canzoni, facendo presente tutti i problemi e le ingiustizie che molte persone subivano ogni giorno. Spesso litigava anche con i poliziotti per difendere le persone di colore come lui che erano vittime di razzismo. Insomma Tupac per molti è sempre stato un eroe. Ma soprattutto nessun cantante al mondo è mai riuscito ad entrare nei cuori dei propri fans come ha fatto questo giovane Rapper, nessuno! Per tutto ciò che riusciva a trasmettere nelle sue canzoni ancora oggi è amatissimo, ed è proprio per questo motivo che io ho iniziato ad amare il Rap e ne parlerò tra poco. Il motivo per cui oggi questi due Rapper sono famosissimi in America, ma non tra i più famosi nel mondo, è semplicemente perché non ne hanno avuto il tempo. Entrambi sono spariti a soli 25 anni. Una curiosità su Tupac? Oggi un po’ tutti i ragazzini, e non intendo coloro che si sentono Rapper, ma un po’ tutti su Facebook, quando condividono un link che considerano ‘‘figo’’ ci scrivono sopra ‘‘Thug Life’’. Ebbene pochi sanno che è stata un’invenzione di Tupac, e ancora meno sono le persone che ne conoscono il significato. Il Rapper con questo acronimo si riferiva a quelle persone considerate ‘‘nessuno’’ che non avendo nulla e partendo da zero superando tutti gli ostacoli si sono fatti strada da soli. Questo è più o meno il significato che Tupac ha letteralmente inventato.

Per quanto riguarda invece il Rap in Italia, purtroppo per come la vedo io da noi il vero Rap non è mai nato. Devo dire però, che negli anni novanta c’erano gli Articolo 31, che a mio parere non erano davvero niente male. Impossibile dimenticare certi pezzi come ‘‘Nessuno’’ o come ‘‘Il mio consiglio’’. Peccato che oggi in Italia Rapper come loro non ce ne sono più. Anche J-Ax (ex articolo 31) come ormai sappiamo tutti, ha cambiato totalmente stile.

Pagina 5 su 12

Anni fa mi piaceva ascoltare Fabri Fibra, quando non era ancora così popolare. Anche su di lui da sempre si sente dire che proprio come Eminem è un personaggio ‘‘creato di proposito’’ per attirare attenzioni. E anche in questo caso io esprimo il mio pensiero solo sulla sua musica a prescindere da chi sia. Le sue prime canzoni erano tutt’altra cosa rispetto alla musica che fa oggi. Purtroppo finisce sempre così, all’inizio senti Rapper emergenti che fanno bella musica, poi diventano famosi e si buttano sul commerciale. Molti fan iniziano poi a criticare questi Rapper, ma dobbiamo essere sinceri, chi non lo farebbe? È normale che qualsiasi cantante punta alla fama, tutti vogliono essere ascoltati e far conoscere la propria musica. E purtroppo oggi è possibile farlo solo cambiando la tua musica, rendendola appunto commerciale. La colpa non è certo dei Rapper. Io non li biasimo! Ovviamente diventeranno ricchi e famosi. Facendo musica commerciale tutte le ragazzine avranno gli occhi ‘‘a cuoricino’’ per questi cantanti. Essendo musica commerciale inoltre anche le persone che non amano particolarmente il Rap inizieranno ad ascoltarli. Quindi sono soldi e fama. Ma i veri Fan, quelli di una volta che amano il Rap, smetteranno di seguirli. Quindi questo significa che in Italia oggi non esiste un solo vero Rapper? Non ho detto questo, certo che ci sono, purtroppo sono pochi e chi è intelligente ha ormai da tempo capito che non sono i primi che si vedono in Tv. Vi do un indizio, sono quelli più bravi, ma che su Youtube hanno meno visualizzazioni, ma le visualizzazioni che hanno sono del tutto meritate. Non posso essere più chiaro di così.

Ma cos’è il Rap? Intanto bisogna chiarire che si parte dal Hip Hop. (No, non sono uguali se te lo stai chiedendo.) Se non apprezzi l’Hip Hop, non hai neanche lontanamente compreso cos’è veramente il Rap. Io personalmente amo in particolar modo l’Old School, ovviamente stiamo parlando sempre di Hip Hop, ma comunque amo il Rap in ogni sua forma. In modo molto semplice facciamo un po’ di chiarezza su questo punto, ovvero la differenza tra Rap e Hip Hop, perché purtroppo c’è una confusione tremenda a riguardo dove ognuno dice una cosa diversa ma senza appunto saperne davvero. Tutto per non dire semplicemente che l’Hip Hop è una cultura, direi proprio uno stile di vita, e il Rap è una parte di essa, stop! Niente di più semplice. Mentre invece Old School non è altro che un periodo, i primi anni in cui è nato il Rap, infatti significa ‘‘vecchia scuola’’. Amo l’Old School (e di certo non sono l’unico) perché era il periodo in cui è nata questa cultura, l’Hip Hop. Infatti il genere Rap era puro, era la vera musica Rap. Poi con gli anni piano piano i nuovi Rapper hanno iniziato a cambiarla sempre di più, fino ad arrivare oggi al punto che addirittura il Rap si balla! Non sono contro ‘‘l’evoluzione’’ anzi tutto il contrario, il punto però è che la vera musica Rap ormai si è persa, è morta da anni. Ci siamo totalmente dimenticati cos’è il vero Rap e questo anche perché in realtà a molti Rapper di oggi non interessa. Ciò che conta è usare il nome Rap per fare soldi. Ma è inutile illudersi perché comunque ci saranno sempre persone come me che non la riconoscono minimamente come musica Rap, e per questo non l’ascolteranno mai. Ecco perché in molti oggi (me compreso) preferiscono ascoltare molto più il genere Old School, perché ripeto quello era il periodo in cui il Rap è nato ed era puro, era vero. La musica che fanno oggi che sia in Italia o in America o qualsiasi altro paese, non ci si avvicina neanche, ed è ovvio visto che oggi si canta solo per soldi.

Già, ma in Italia dov’è l’Hip Hop? Perché non lo si sente quasi da nessuna parte? Solo questo la dice lunga. Non è mai nato l’Hip Hop ma già oggi fanno tutti Rap! Qualcuno forse non sarà d’accordo con me, ma è inutile cercare di essere ottimisti. Perché anche quel poco che oggi in Italia viene chiamato Hip Hop non è vero Hip Hop, non ci si avvicina neanche! Questa cultura è rimasta in America, di certo non è mai arrivata qui da noi, quindi che senso ha parlare di Hip Hop?

Pagina 6 su 12

Vi faccio presente che sono italiano, è ovvio che mi sarebbe piaciuto poter palare di Hip Hop italiano, ma sono anche realista. Devo ringraziare il fatto che ho vissuto in Germania per quasi dieci anni, altrimenti non ne saprei molto. Da noi il vero Hip Hop non è mai nato, né negli anni ottanta, né negli anni novanta e nemmeno oggi. Qualcuno stava iniziando qualcosa, ma evidentemente non è stato molto apprezzato. È un peccato. Questa cultura non è molto apprezzata dagli italiani. Di una cosa sono certo, se il miglior Rapper del mondo avesse cantato la sua musica in Italia e in italiano, nessuno lo avrebbe considerato. Per semplice ignoranza. La vera cultura Hip Hop non sarebbe mai apprezzata nel nostro paese. Stessa cosa per il Rap in generale.

Ma torniamo alla domanda principale, cos’è il Rap? Per molti è uno sfogo. E questo ci sta, sei arrabbiato, ce l’hai con mezzo mondo, e scrivi un testo per sfogarti. Probabilmente ne verrà fuori qualcosa che varrà la pena di ascoltare. Ma il Rap non è solo questo, è molto più. Oggi purtroppo vedo cantanti famosi in Italia, che altro non fanno che mettere insieme rime usando parolacce, (perché secondo la loro logica non devono mai mancare, altrimenti non è Rap!) e la parola droga, o spaccio perché così il testo sarà molto più figo! Sarà ‘‘roba che spacca’’ e lo chiameranno Rap! Ma davvero il Rap è solo questo? In Italia purtroppo spesso è cosi. Molti Rapper famosi oggi continuano a creare testi con paroloni difficili di cui forse nemmeno loro ne conoscono il significato. Testi privi di senso e di significato. La parte più triste? Chi ascolta la loro musica non capirà nulla del testo, ma proprio per questo dirà che spacca! Vorrei poter dire che sto scherzando, ma è la verità purtroppo. Se la canzone è impossibile da capire con tutti quei termini difficili, allora sarà bellissima, (perché spacca!) mentre se invece qualcuno farà una canzone più semplice che ti trasmette un grande significato, ecco che diranno che è noiosissima! Questo non sta ne in cielo ne in terra e se il Rap fosse solo questo, vi assicuro che non lo avrei nemmeno considerato. Molti mettono insieme rime con termini impossibili solo per apparire più fighi. Ma scommetto anche perché non hanno idee su cosa cantare. Ed è normale che sia così, non hanno idea di cosa sia il Rap. Davvero il Rap è tutto qua? È solo questo? Ma almeno per evitare di mancare di rispetto a questo genere di musica leggendario, non lo si potrebbe chiamare diversamente? Perché chiamarlo Rap? Ma dov’è finito il Rap? Anzi meglio, quando inizieremo ad ascoltarlo anche qui? Ah già, ma il Rap cos’è? Oltre ad essere uno sfogo, ed una moda per farsi notare dagli altri, c’è qualcosa di più profondo nel Rap? Ha anche un altro significato?

Ed è qui che voglio arrivare. Si! Il vero Rap è molto molto più di questo. Il Rap è Poesia! Il Rap è arte. Hai capito bene, arte! Che significa? Significa che un vero Rapper è anche un artista, e un artista cosa fa? Riesce ad esprimere ciò che ha dentro di sé. Trova un modo per esprimere e trasmettere tutta la sua arte, ovvero ciò che prova nel profondo, ciò che sente, ciò che vede, ciò che vive. Ed è così anche nella musica, e anche nel Rap. Il vero Rap nasce dentro di te, da qualcosa di profondo che ti spingerà ad esprimerlo. Non lo crei dal nulla solo per fare soldi. È un caso che i migliori Rapper del mondo hanno avuto una vita bruttissima o difficilissima? Questi cantanti ne hanno passato di tutti i colori e avevano tanto da raccontare tramite il Rap, tanti grossi problemi. I più grandi Rapper hanno avuto i peggiori problemi.

Come ho detto il vero Rapper è un artista, e a questo punto è inevitabile nominare il mio Rapper preferito in assoluto. Il Rapper più amato in assoluto dai propri fans, Tupac Amaru Shakur. Per me, e ripeto per me, lui è stato il vero creatore del Rap. Aveva iniziato qualcosa di meraviglioso che purtroppo nessuno è mai riuscito a continuare. Tupac è stato l’unico Rapper che riusciva a trasmettere qualcosa di incredibilmente profondo nei suoi testi.

Pagina 7 su 12

In America è stato soprannominato in tanti modi, come ‘‘Il Dio del Rap’’. Molti lo chiamavano ‘‘Il Dio Nero’’. Le persone che lo conoscevano da vicino, addirittura dicevano che aveva uno spirito da settantenne nel suo giovane corpo, perché aveva qualcosa di superiore. Poi nel 1996 è ‘‘misteriosamente’’ scomparso! Ma si sa, nel mondo di oggi le persone scomode in qualche modo spariscono sempre, salvo eccezioni per fortuna. E con questo ho detto tutto. Io ho un debole per le persone coraggiose che dicono, scrivono, cantano e urlano la verità ovunque senza paura. E possono benissimo essere ventenni come Tupac. L’età non conta nulla! Si dice che sia morto, ma molti credono che questo Rapper americano sia ancora vivo e si nasconde con una nuova identità. Questo perché troppe prove dimostrano che sia stata tutta una messa in scena. Ci sono anche molte testimonianze. (Internet ne è pieno.) Qual è la verità? Io credo che nel mondo ci sono persone che conoscono la verità, e pertanto prima o poi sono certo che verrà fuori. ualèMa tornando alla musica. Qui entriamo nel punto su cui vorrei farvi riflettere. Perché sto parlando tanto di questo Rapper?

È molto semplice. Se questo cantante ancora oggi è tanto amato, allora significa che il Rap non è solo volgarità e rime! (Che poi non sta scritto da nessuna parte che devono per forza esserci rime, ho sentito bellissime canzoni Rap con poche o senza rime.) Significa che attraverso questo genere di musica, se sei bravo puoi trasmette veramente tanto. Questo giovane cantante ancora oggi è talmente tanto amato, che i suoi milioni di fans non solo continuano ad ascoltare le sue canzoni, ma continuano anche a mixare la sua voce con tutte le canzoni più famose del mondo, che escono oggi. Potete verificarlo voi stessi su Youtube. È talmente tanto amato che pur di poterlo vedere solo un’altra volta cantare su quel palco, il 15 aprile 2012 è nato questo! Un ologramma del cantante: https://youtu.be/TGbrFmPBV0Y. Ci hanno lavorato anni per crearlo. Il cantante insieme a lui è Snoop Dogg, che oggi conosciamo tutti. Una volta cantavano insieme. Questa è la prova che se Tupac cantasse ancora oggi, sarebbe probabilmente il cantante più famoso del mondo. E questo grazie al Rap, quello vero! Questo cantante grazie al suo Rap sarebbe apprezzato ovunque! Questo è il vero Rap! È il Rap di cui sto parlando in questo articolo, capace di arrivare nei cuori di tutti. Io personalmente sono italiano, l’inglese non lo capisco a parte qualche parola, eppure da sempre in qualche modo mi arriva ciò che questo incredibile cantante voleva trasmettere nelle sue canzoni. C’è una parte di lui in ogni testo. Se vogliamo possiamo dire che cantava con ‘‘l’anima’’. Anche la sua voce calda faceva senz’altro la differenza, una voce unica al mondo. Voglio lasciare qui il link della mia canzone preferita, è il video con i sottotitoli in italiano. Chi desidera può dare un’occhiata anche ai commenti sotto il video, e giuro che rimarrà a bocca aperta! I commenti sono di quelle poche persone italiane che lo conoscono, quindi figuriamoci i fans americani cosa scrivono sotto i suoi video! https://youtu.be/gBeRhUvKSzw È una canzone molto toccante, che Tupac ha dedicato a tutti i suoi amici con i quali aveva un legame come fossero ‘‘fratelli’’, vittime di questa vita così difficile. Fratelli che lo hanno lasciato. Crescendo in mezzo ai guai e senza famiglia, era normale che gli amici diventavano come fratelli.

Ecco cosa manca alla musica di oggi. Manca proprio il Rap! Non ha senso prendere un quaderno e penna e sforzarsi di creare un testo Rap. Il testo lo crei in ogni momento della tua giornata attraverso le tue emozioni, sensazioni, attraverso ciò che vivi e come ti senti. O attraverso ciò che hai vissuto. In ogni periodo ti senti diverso, impari qualcosa di nuovo, conosci qualcosa di nuovo, persone nuove, vivi esperienze diverse, cambia l’età, cambia la vita e se sei bravo riuscirai ad esprimere ogni volta qualcosa di nuovo. Ma puoi anche trattare un argomento che ti sta particolarmente a cuore, un messaggio che vuoi dare in cui farai sentire a tutti quanto ci tieni.

Pagina 8 su 12

Le persone lo percepiscono e lo apprezzeranno, poiché starai cantando qualcosa di vero. Ma non per forza il testo deve basarsi sulle proprie esperienze, un artista può comunque esprimere molto scrivendo poesie. Perché lo ripeto, il Rap è prima di tutto poesia. Attraverso questo genere di musica puoi anche mandare un messaggio a chi ti ascolterà, magari messaggi che vogliono cambiare il mondo! Oggi sento spesso testi senza senso. Ma alla fine di una canzone cosa ti rimane? Se quella canzone è ‘‘vuota’’? Non rimane niente, anzi quel Rap ‘‘morto’’ a volte è pure fastidioso e monotono.

Ma parliamo della gran parte dei Rapper di oggi in Italia. Non sanno niente di Rap, non hanno idea di cosa sia, non sanno cos’è la cultura Hip Hop, non hanno capito cos’è l’essenza di questa musica, non sanno perché è nata, e non hanno mai ascoltato l’Old School che è il periodo più bello che possa esistere, il periodo in cui è nata questa musica, ed era pura, era vera. Questi cantanti che sentiamo oggi alla radio, non sapendo nulla di tutto questo, che musica faranno? Ma soprattutto a loro che importa di sapere qualcosa sul Rap, visto che tanto hanno la certezza di rimanere famosi? Sanno cosa devono fare e lo fanno, tutto qua. Ovviamente inventeranno testi ‘‘Rap’’ dal nulla solo per fare soldi, e il vero Rap non può nascere dal nulla. Deve nascere da qualcosa di vero, di profondo, devi sentire il bisogno di farlo, si, deve essere proprio un bisogno che ti urla di farlo uscire! Tutti devono sentirti, devono sentire quello che hai da dire!

Ah ma certo, niente paura, in Italia per fortuna ci sono quei ‘‘Grandissimi Rapper’’ che vediamo oggi alla Tv, che con la loro musica commerciale portano avanti il ‘‘Rap’’ anche nel nostro paese! Beh menomale che ci sono loro eh! Tanto per cominciare stiamo parlando di Rap commerciale, che ripeto non è vero Rap. (Che è comunque di bassissimo livello rispetto a quello commerciale americano.) Oltre a questo, devo spiegare cosa significa Rap commerciale? È vero che apparentemente potrebbe avere senso con dei bei paroloni e belle frasi, (studiate e piene di messaggi subliminali proprio per fartele ascoltare. Qualcuno ha fatto caso che spesso anche la musica che non piace rimane in testa? Addirittura viene voglia di canticchiarla!) ma è commerciale e quindi significa che è musica creata con il solo scopo di vendere. Altro che cantare con l’anima! Questo sarebbe il Rap di oggi? È proprio questo che mi dispiace. Le persone in Italia sono convinte che quello che ascoltano oggi, sia Rap, ma non lo è per niente. È solo un’imitazione fatta male. Vi faccio un esempio. Per intenderci è come se guidi una Ferrari per tanti anni, e poi provi a guidare una macchina comune, una macchina qualsiasi che tutti chiameranno Ferrari, ma che ovviamente non lo è. Ma il punto è che questa macchina che tutti chiameranno Ferrari, non ci proveranno neanche a renderla simile a una Ferrari! No, diranno semplicemente che questa macchina è una Ferrari. La stessa cosa succede con il Rap in Italia. Oggi fanno musica e la chiamano Rap. Ma tu che conosci la Ferrari quella vera, anche quando tutti diranno di guidare le Ferrari, sai bene che in realtà si autoconvincono o si illudono, guidando invece macchine normalissime. Se le persone non inizieranno ad ascoltare il vero Rap, quello americano, non capiranno mai cos’è. La differenza è immensa! E di certo non è la lingua che fa la differenza, ma i Rapper. Lo dico perché (non sto scherzando) ho sentito dire cose assurde, alcune persone mi dicevano che il Rap americano è superiore grazie alla lingua, perché è più adatta. Non ho mai sentito qualcosa di tanto assurdo! Anzi se proprio dovessi scegliere una lingua che sta perfettamente con questo genere di musica sceglierei il tedesco. Ma non scherziamo, perché proprio la lingua non ha nessuna importanza. Solo perché il Rap negli anni settanta è nato in America non significa che deve essere per forza americano. Se è per questo anche il calcio si dice sia nato in Inghilterra, ma questo non significa che devono essere i più forti.

Pagina 9 su 12

Quando ascoltiamo la musica a volte bisogna andare oltre le apparenze. Conosciamo il Rap per tutto ciò che non è. A volte non puoi comprenderlo finché non decidi di sentire cosa c’è dietro quel testo, dietro le parole di chi canta quella canzone in quel preciso periodo della sua vita. Cosa lo spinge esattamente a creare e cantare quel testo Rap. È un vero peccato non accorgersene. Ascoltando alcune canzoni Rap ho sentito qualcosa dentro di me di molto profondo, sono riuscito a comprendere e apprezzare esattamente e pienamente, tutto ciò che quei cantanti cercavano di esprimere, nonostante la lingua diversa. In quei momenti mi sono detto ‘‘ecco perché amo così tanto questo genere’’ quelle sono poi diventate le mie canzoni preferite. In quei momenti la lingua non conta più molto, ciò che sento è qualcosa che va oltre le parole. Alcune canzoni le ho sentite proprio nel centro del petto. Io penso che tutta la musica può essere bellissima, ma bisogna saperla comprendere e apprezzare. Soprattutto il Rap. In realtà sarete tutti d’accordo con me pensandoci bene. Le vostre canzoni Rap preferite sono quelle che oltre le parole vi hanno lasciato qualcosa dentro. Poiché ripeto il Rap non è solo belle parole. Il vero Rap nasce da dentro, ma non dal cervello. E le persone devono sentire quello che trasmetti, ma non con le orecchie.

Di certo io non conosco tutti i Rapper del mondo. Magari ci saranno Rapper veri ma sconosciuti che non hanno i vantaggi di chi invece ce li ha. Sono convinto che su questo pianeta ci saranno pure, dei veri piccoli grandi Rapper, che forse per come funziona oggi il mondo basato completamente sui soldi, non trovano spazio. Rapper che vogliono farsi sentire, che hanno qualcosa da cantare. E chissà, magari alcuni si trovano già in Italia. Lo spero e ne sarei felicissimo. Non come quelli che ci mostrano oggi ovunque, che di Rap non sanno niente ma fanno soldi a palate. Inventando testi solo per vendere, sempre ammesso che siano loro a scriverli e non qualcun’altro. E lo ripeto ancora, i testi Rap non bisogna mai inventarli dal nulla. Ma sono certo che le cose un giorno andranno diversamente. Sono certo che il Rap, quello vero, un giorno ritornerà in tutto il suo splendore sia in America che in tutto il mondo, e alla radio o alla Tv sentiremo e vedremo dei veri Rapper, che canteranno col cuore e pieni di passione. Rapper artisti che hanno molto da esprimere, che hanno messaggi da dare. Messaggi positivi, piuttosto che i soliti messaggi subliminali e dannosi di oggi. Sono certo che un giorno ascolteremo altri Tupac, che continueranno ciò che lui aveva iniziato. Se solo un cantante come lui fosse più conosciuto in Italia, probabilmente molti vedrebbero il Rap molto diversamente. Il mio desiderio è che il Rap un giorno venga riconosciuto per ciò che è realmente. Perché ha veramente tanto da offrire. È vera arte, è poesia e merita tutto il rispetto. Sì, sono certo che le cose cambieranno. Sono certo che il Rap, un giorno avrà di nuovo un’anima! Io sono molto ottimista sul futuro e spero anche voi.

E io? Ho mai scritto o cantato canzoni Rap? Provato a fare freestyle ecc.? Si in passato lo facevo, per semplice passione. Il motivo per cui ho iniziato a scrivere e cantare? È nato tutto dalle mie riflessioni. A volte mi immergevo in riflessioni molto profonde, e dopo le scrivevo perché ne sentivo il bisogno. E visto che amo il Rap, e considerando anche che il Rap è poesia, ho iniziato quindi a scrivere le mie riflessioni in modo da poterle poi cantare. Il mio unico interesse era però quello di non perdere il significato delle mie riflessioni, diventati poi testi. Ciò che conta per me, è quello che sta dietro ai testi, la parte più profonda che ti spinge a scriverli. Personalmente ho sempre dato molta importanza anche alla base su cui cantare. Quando ascoltavo una base, doveva trasmettermi qualcosa di simile a ciò che desideravo trasmettere io con il mio testo. Dovevano parlare la stessa lingua insomma.

Pagina 10 su 12

Purtroppo per me non era mai una passeggiata andare a registrare una canzone dovendo considerare diverse difficoltà come le spese, il dover andare fuori paese ecc., perché altrimenti io avrei benissimo continuato a fare canzoni per semplice passione. Quindi doveva valerne la pena continuare, visto tutti gli sforzi da fare. Il vero motivo per cui dopo un po’ mi sono fermato non l’ho mai detto a nessuno. Ma come promesso lo scriverò qui. Quando non ho più cantato è stato perché non mi sentivo pienamente apprezzato. Lo dico sinceramente, ricevevo molti complimenti nel mio piccolo paese, in cui ci conosciamo tutti. Con le persone che mi fermavano per strada e mi parlavano delle mie canzoni. (Che esagerati! Manco fossi famoso! Ovviamente mi faceva molto piacere!) I ragazzini che mi facevano vedere i loro telefonini con la mia musica ecc. Era una soddisfazione certo, ma non era questo ciò che desideravo. Avrei preferito invece una sola persona che avesse compreso pienamente ciò che desideravo trasmettere attraverso quei testi, che era l’unica cosa che mi interessava. Le persone mi facevano più complimenti di quanto sperassi, mi sono però reso conto che riuscivano a capire solo una parte delle mie canzoni. È veramente frustrante, quando metti la parte più profonda di te in qualcosa, ma nessuno lo capirà. Potrebbero sembrare semplici parole, ma non lo erano. Ho sempre creato le mie canzoni praticamente solo quando la mia mano scriveva quasi da sola. In quei momenti io non pensavo più di tanto. Desideravo solo tradurre a parole i miei stati d’animo, che a volte possono essere davvero complicati, ed è davvero difficile trovare le giuste parole, semplicemente perché a volte le giuste parole non esistono. E là dove non arrivi con le parole, cerchi di inserirci quel qualcosa in più che va oltre. Ed è quello che sto cercando di far capire in tutti i modi in questo articolo, quello che io chiamo vero Rap.

In quei momenti ne sentivo il bisogno, il bisogno di esprimermi. Era tutto ciò che mi interessava. Portare all’esterno la mia parte più interna attraverso quelle parole apparentemente così semplici ma in realtà molto profonde. Riempivo le canzoni in questo modo, con quel qualcosa che va oltre le parole. Forse sentivo il bisogno di qualcuno in grado di capirmi, considerando che nessuno ci è mai riuscito e questo mi faceva spesso sentire solo. Forse tutti vogliamo essere compresi nel profondo, ed ognuno cerca di esprimersi in modi diversi con mezzi diversi. Io lo facevo tramite il Rap. Questo immenso strumento ti offre la possibilità di farlo. Sia mentre scrivi, sia mentre dopo canti. Con il Rap inoltre hai il vantaggio di poter usare molte più parole rispetto alle normali canzoni. C’è differenza tra scrivere e cantare? Certamente. Quando scrivi comunichi con te stesso, a volte lo vivi come un confronto con te stesso. Tra te e te, come se si trattasse di due esseri diversi, ma sei sempre tu. È difficile da spiegare, ma in realtà non tanto da capire. Comunichi con te stesso. Una parte parla, l’altra ascolta. Forse potrebbe sembrare un po’ triste, se consideriamo che probabilmente abbiamo spesso cercato consolazione in questa seconda parte di noi stessi che ci ascolta. Ma in realtà io non lo considero triste, semmai lo considero un modo per conoscere meglio se stessi. Questo ti rende forte e ti fa crescere, e posso dirlo, a me ha aiutato molto questo confronto con me stesso attraverso la musica. Tutto questo grazie al Rap, ma non certo quello che sentiamo oggi alla radio. Il Rap, quello vero, significa dare voce al tuo vero Io, quello più profondo che spesso ha molto da dirci!

Mentre invece quando canti, tutto ciò che senti dentro cerchi di esprimerlo agli altri, e come ho detto prima, il più bravo a farlo per me era Tupac. Puoi cercare di cantare alcune parole in modo diverso, per approfondire il significato delle parole comuni, e renderle appunto diverse, più profonde.

Pagina 11 su 12

Cerchi con il tuo intento di fare arrivare il tutto a chi ti ascolterà, e chi cercherà di andare oltre le parole, lo apprezzerà. Ho scritto decine di testi, ognuno con un significato diverso in periodi diversi, ma ne ho registrati solo otto. Ovviamente il mio intento in questo articolo non è certo quello di approfittarne per farmi conoscere o ascoltare da qualcuno. Oltretutto ho smesso di cantare, ma per farvi capire cosa intendevo dire prima con ‘‘non sentirmi pienamente apprezzato’’, riporterò qui semplicemente, nient’altro che una piccolissima parte di una mia canzone che ho scritto e cantato tre anni fa. Così con questo esempio potrò spiegarlo. Senza mettere il mio nome d’arte che usavo prima per cantare o il titolo della canzone. Questa è stata anche l’ultima registrata.

‘‘La mia mente è un labirinto, che io stesso ho dipinto, perché odio questo mondo finto. Cerco di svelare ogni singolo tranello, fosse bello, non caderci prima che mi sveglio. ’’

Come dicevo questa è una piccolissima parte dell’ultima canzone da me scritta e registrata, e ha un significato. Era infatti un periodo in cui stavo comprendendo sempre di più la falsità che mi circondava. E senza rendermene conto mi stavo creando un labirinto intorno, per distaccare tutto questo. Tutte le illusioni e apparenze in cui mi ritrovavo ogni giorno, non le notavo mai subito, ma finivo per rendermene conto solo dopo, quando appunto aprivo gli occhi, ma era già troppo tardi!

I complimenti che ho ricevuto però non erano per il significato di questa canzone, ma si basavano invece sulle semplice rime. O sul flow, la metrica e le belle parole o altro ancora. Ma mai su ciò che desideravo esprimere e trasmettere, che era invece l’unica cosa su cui puntavo, e che mi interessava. Era sempre così. Per chi mi ascoltava le mie canzoni erano sempre e solo belle parole messe insieme. Era questo che non mi faceva sentire apprezzato, ma di certo non ho mai dato la colpa agli altri. Ho semplicemente accettato la realtà dovendo poi prendere una decisione. Ovvero se iniziare a scrivere e cantare come tutti gli altri, creando testi assurdi e privi di significato puntando tutto sull’apparenza, e quindi gonfiando i testi appunto solo per apparire, magari con tante volgarità e parolacce come fanno tutti per sembrare più fighi, oppure fermarmi invece per un po’ per prendermi del tempo e riflettere su cosa fare un domani con questa grande passione. Io ho scelto la seconda, e ovviamente non devo più spiegare il perché. Creare quel genere di testi sarebbe semplicissimo, ci ho anche provato ma non fanno per me. Per me il Rap è tutt’altra cosa.

Prima di concludere devo precisare una cosa. Come dicevo oggi non faccio più canzoni Rap, tuttavia alcuni mesi fa ho sentito di dover fare un’eccezione, e credetemi non ci avrei mai creduto. Questo perché la vita è piena di sorprese e a volte sono molto belle. Dopo aver conosciuto una persona molto speciale, senza rendermene conto dentro di me le stavo già scrivendo un testo per esprimere tutta la mia gratitudine il rispetto e l’ammirazione nei suoi confronti. Una persona alla quale voglio bene più di una sorella e alla quale mi sono subito affezionato. Ancora una volta è stata per me un’ulteriore conferma che il Rap, quello vero e puro nasce da dentro. La prima persona a rimanerne sorpresa ero proprio io, perché dopo anni mai avrei pensato che avrei registrato un’altra canzone. Eppure ero spinto da qualcosa di molto profondo dentro di me, e il Rap quando lo senti dentro, non puoi ignorarlo, devi farlo uscire, devi esprimerlo! Non ho pensato al fatto che ero fuori allenamento sia a scrivere che a cantare o al fiato che non era più come una volta o alla mia voce ecc. Il desiderio di regalare un sorriso a questa persona unica al mondo, mi faceva ignorare tutto questo. Per me è stato molto bello e mi ha fatto piacere dopo anni cantare con tanta passione, ma soprattutto stavolta avevo un ottimo motivo per farlo. Si stava infatti avvicinando il giorno del suo compleanno e quando l’ho saputo ho deciso che sarebbe stato il mio personale regalo, così ho iniziato subito a scrivere il testo ed entro poche settimane l’ho concluso.

Pagina 12 su 12

Posso dire che in questo caso non mi mancavano le parole da scrivere e anzi alla fine ho dovuto pure accorciare la canzone, tanto mi sentivo guidato. Una curiosità? Stavolta non mi interessava minimamente che il mio testo fosse pienamente compreso da tutti, volevo solo e semplicemente regalare un sorriso a questa persona per dimostrarle quanto la considero preziosa e importante per me, ma proprio stavolta è invece successo che tutti coloro che hanno ascoltato questa canzone l’hanno saputa apprezzare pienamente, eccome! Anche se ormai oggi i miei interessi sono altri, mi ha ovviamente fatto molto piacere. Morale della favola? Mai avere aspettative nella vita. Vivi, e se non ti aspetti niente potrai ricevere belle sorprese. Per ascoltarla ecco il link: https://www.youtube.com/watch?v=EhYpmc1g9o8&t=21s

Un giorno potrei tornare a cantare? Se dopo anni, proprio quando mi ero ormai convinto che non sarebbe più successo, ho invece poi registrato un’altra canzone, allora una cosa l’ho imparata, nella vita mai dire mai! Chissà magari un giorno avrò un buon motivo per farlo. Se lo facessi quale sarebbe il mio sogno? Non vorrei sembrare ridicolo perché non sarebbe mai possibile, ma se si parla di sogni tutto è concesso, sarebbe bellissimo cantare come Tupac e dare messaggi molto positivi attraverso la musica. Mi piacerebbe ricordare a tutti le cose più importanti nella vita, e quanto può essere bella se lo desideriamo. Questo sarebbe il mio sogno se tornassi a cantare. Per me la musica ha un potere inimmaginabile, io credo che può davvero cambiare il mondo. La musica è una parte di me, e sarei onorato se un giorno potessi fare del bene attraverso questa mia immensa passione.

Siamo giunti alla fine di questo articolo, per me è stato un onore poter condividere con te alcune mie opinioni, a questo punto mi sarebbe piaciuto chiederti, chiunque tu sia, se prima di averlo letto, ti aspettavi tutto questo dal Rap. Spero di non averti deluso, ho cercato di mantenere la mia promessa fatta all’inizio. Desidero ringraziarti per il tempo e l’attenzione che hai dedicato nel leggere le mie parole. E chissà magari la prossima volta che ascolterai una canzone Rap, cercherai di ascoltarla diversamente, magari deciderai di andare oltre. Grazie!

Peppe

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Amore malato: come riconoscerlo e come uscirne

Pagina 1 su 2

Tu sarai amato il giorno in cui potrai mostrare la tua debolezza senza che l’altro se ne serva per affermare la sua forza”.

Credo che questa citazione di Cesare Pavese descriva in maniera sintetica ma efficiente la differenza fra un amore sano ed uno patologico.

Se c’è una cosa che ho imparato da quest’esperienza è di non giudicare una persona e la situazione che sta vivendo se non hai mai vissuto una cosa simile, perché non potrai mai comprenderla fino in fondo. Ricordo che da piccola sentivo spesso di donne maltrattate fisicamente o psicologicamente dal proprio compagno, e pensavo “che stupide! Perché ci restano insieme?”

Ebbene, avrei avuto la risposta anni dopo, provandolo sulla mia pelle.

Le dinamiche sono quasi sempre le stesse, un inizio quasi celestiale, in cui si prova molta affinità con l’altro e un’intensità emotiva tale da travolgerti totalmente, per questo nonostante il rapporto dia molta sofferenza non si riesce (e più spesso, non si vuole) rinunciare a un amore che si ritiene perfetto. Si tende a idealizzare il partner, esaltare smisuratamente i suoi pregi e sminuire i suoi difetti, o in qualche modo vederli come caratteristiche indispensabili. Il primo allarme è certamente la sofferenza, perché un amore sano ha un effetto rigenerante, ti dà forza e sicurezza, mentre quello patologico ti abbatte con violenza, ti fa a pezzi l’autostima e nonostante ciò desidererai ugualmente il partner, che riterrai insostituibile. Inoltre il rapporto è solo in potenza: non si vive realmente questo rapporto e quello che ci dà, ma solo quello che ci Potrebbe dare se si verificassero determinate condizioni, e si vive nella speranza che il partner possa cambiare un giorno. I ruoli sono piuttosto rigidi, solitamente uno dà regole e l’altro deve seguirle senza se e senza ma; si finisce per litigare per le stesse cose, perché il partner non vuole scendere a compromessi di nessun genere e non è in grado di ascoltare e venire incontro alle esigenze dell’altro. Spesso nell’esprimere il proprio disaccordo su una situazione si subisce una reazione piuttosto violenta da parte del partner, che comprende insulti e denigrazione della propria persona, riuscendo poi abilmente a far credere di essere noi dalla parte del torto, che è colpa nostra se si è comportato così e che in un certo senso lo meritiamo. Di conseguenza ha origine il cosiddetto effetto di ambivalenza affettiva (in maniera molto accentuata), che consiste nella coesistenza di sentimenti positivi e negativi verso la stessa persona, “odi et amo”, una repulsione e un’attrazione continua che renderanno ancor più complessa un’analisi obiettiva del rapporto. I rapporti interpersonali e più in generale la vita sociale diventano disastrosi: si vivrà unicamente per soddisfare le esigenze dell’altro trascurando tutto ciò a cui prima si teneva, e ci si ritroverà a tentare di giustificare in qualche modo l’atteggiamento aggressivo che il partner dimostra nei confronti delle persone a noi vicine. Si finisce quindi per isolarsi, perché si prova un forte senso di imbarazzo per questa situazione ma al contempo ci si vuole dedicare unicamente a questo rapporto eliminando tutto ciò che potrebbe ostacolarlo.

Ho dovuto affrontare questo per mesi e mesi, e fino all’ultimo ho mentito a me stessa ripetendomi che andasse bene così, che era quel che ho sempre voluto, soffocando la vocina che mi pregava di riprendere in mano la mia vita. Spesso sono stata mossa dalla convinzione di poterlo aiutare, ma è sbagliato credere di avere il potere di cambiare una persona col nostro amore e il nostro sostegno, perché è una scelta personale e implica innanzitutto il riconoscimento e l’accettazione del problema, e subito dopo un lungo lavoro per migliorarsi.

Pagina 2 su 2

Probabilmente penserete sia stato sciocco cascare in un meccanismo così banale, che voi sicuramente al mio posto avreste allontanato subito una persona del genere, allora vi sfido a trovarvi in una situazione simile. Essere giovani ed ingenui e vivere il primo amore, quello che credi durerà per tutta la vita non è semplice da raccontare, ma ho deciso di condividerlo affinché tutti abbiano la possibilità di riconoscere il meccanismo, ed evitare un’esperienza simile. Il primo passo da fare è innanzitutto ammettere a se stessi che si sta vivendo una relazione poco sana, e in questo possono esserci d’aiuto i nostri cari, che non essendo coinvolti in prima persona ma notando gli effetti devastanti della relazione su di noi hanno la possibilità di essere obiettivi e aiutarci ad uscirne. Eventualmente parlarne col partner e provare a reagire quando vivi una relazione del genere si instaurano precisi meccanismi che ti faranno abituare a non reagire e subire costantemente, e una volta individuati devi cambiarli ed essere reattivo. Se quando decidi di “ribellarti” il partner comincia ad essere violento o totalmente distaccato nei tuoi confronti, è il momento di allontanarsi. A questo punto inizia la parte più complessa: ricostruire la propria autostima. Durante questa relazione il partner tende a sottomettere la sua “vittima” andando a colpire i suoi punti deboli, infatti dopo averli individuati farà leva su di essi per poterti avere in pugno. Lamentele costanti (qualsiasi cosa tu faccia non va bene) derisioni, insulti, denigrazione della propria persona, finiranno per farti credere che meriti tutto questo e che forse sei davvero fortunato ad avere un partner del genere, perché non vali nulla e nessun altro ti amerebbe mai. A questo punto devi decidere se ripensare costantemente al passato e consumarti dall’astio e dal dolore, o se reagire finalmente: distacca tutto ciò che è accaduto e vai avanti. Riprendi a vivere, finalmente potrai prendere delle decisioni senza quel peso soffocante, senza la paura di un ennesimo litigio. Respira. Circondati di persone che ci tengono realmente a te e che ti stiano accanto in un momento così delicato, e che ti mostrino che persona meravigliosa sei. E soprattutto, mai provare sensi di colpa per ciò che è successo. Per aver fatto soffrire i tuoi amici, i tuoi familiari, e per aver permesso di essere trattato in quel modo, perdonati, perché tutti commettono degli sbagli e l’importante è apprendere dall’esperienza, ma soprattutto Amati. Prenditi cura di te fisicamente ed emotivamente, perché solo amando e rispettando te stesso vedrai la tua vita da una diversa prospettiva, una migliore in cui il mondo non è poi quel posto orribile che hai pensato, e forse vale davvero la pena vivere e lottare.

Voglio concludere questo articolo dedicandolo non solo a tutti gli uomini e le donne che hanno subìto questo genere di violenza, ma a tutte le vittime di violenza psicologica. A chi ha creduto di essere una nullità, di aver meritato tutto il male che ha ricevuto, e che forse il mondo sarebbe stato un posto migliore senza di lui, a chi è stato distrutto lentamente e, sentendosi risucchiare sempre di più in un abisso di disperazione ha temuto di non farcela.

Siamo qui adesso, siamo più forti di quanto pensiamo, valiamo più di quanto pensiamo! E se ci hanno fatti a pezzi è perché non erano in grado di affrontarci interi.

 

Atena

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

L’emozione di un viaggio

Pagina 1 su 3

“I viaggi sono i viaggiatori (F. Pessoa)”

“La cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili (W. Burroughs)”

“Il modo migliore per capire il mondo è vederlo dal maggior numero di angolazioni (Ari Kiev)”

“L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi (Marcel Proust)”

È con queste e tante altre frasi che iniziavo sempre la mia giornata lavorativa: in parte alla mia scrivania in agenzia di viaggio c’era tutta una parete piena di aforismi scritti a mano che invogliavano solo a mollare tutta la vecchia noiosa routine e a partire subito, non importa dove. Proprio come nel film “Mangia, Prega, Ama” che mi aveva emozionato dalla prima volta che l’avevo visto: non tanto per il film in sé, ma per le inquadrature di paesaggi mozzafiato e l’idea di un anno di assoluta libertà per andare ovunque si voglia. Un sogno!

Ho sempre avuto una forte attrazione per il viaggio, volevo (e voglio tuttora) esplorare il mondo, o almeno quanto più possibile; tra la passione sfrenata per l’Egitto fin dalle scuole elementari e i viaggi oltralpe a trovare cugini e parenti, forse è per questo che inconsciamente alle scuole superiori ho scelto l’indirizzo di studi linguistici e ho tranquillamente proseguito questo percorso anche all’università e in ambito lavorativo, stando sempre a contatto col pubblico (soprattutto straniero) e lavorando in molti settori dell’ambiente turistico.

Conoscere più lingue, oltre ad essere un arricchimento del proprio bagaglio culturale, mi ha quindi sempre aiutato sul lavoro ma, soprattutto, mi ha consentito di farmi capire ovunque andassi e di capire cosa mi veniva detto di rimando. Credo sia così tanta soddisfazione poter comunicare e interagire con persone provenienti da tutto il mondo e con background anche molto diversi dal nostro. Ogni lingua poi ha caratteristiche proprie e una bellezza tutta sua con cui confrontarsi: basti pensare allo spensierato spagnolo, o al romantico francese, al formale britannico, al preciso tedesco, o anche al nostro melodioso italiano.

Viaggiare quindi consente di scoprire popoli, sperimentare usanze e tradizioni diverse, e tutto questo ci porta l’enorme beneficio di una maggiore apertura mentale. Viaggiare è lo stimolo naturale alla ricerca del nuovo, l’istintiva attrazione per ciò che è estraneo, la sfida al confronto, l’esperienza di emozioni irripetibili, l’abilità di relazionarsi con il diverso da noi, la capacità di adattamento a situazioni imprevedibili e ad originali contesti. In sostanza, tutto si riduce alla ricerca non di una meta o di un qualcosa, ma di noi stessi. É anche grazie al viaggio infatti che ci rendiamo conto di cosa siamo capaci, di come reagiamo in determinate situazioni, di cosa ci piace sul serio, a cosa diamo importanza o priorità, di quanto e come riusciamo ad aprirci agli altri, a come ci adattiamo e cosa possiamo sopportare; tutto questo ci rende migliori, diamo più retta al nostro istinto, allontanando da noi pregiudizi e superstizioni.

Oggi l’uomo si sposta da un posto ad un altro principalmente per motivi di lavoro o di studio, ma soprattutto per diletto: c’è chi viaggia per l’amore verso l’arte, chi ama la natura e va alla ricerca di nuovi ed incantevoli paesaggi naturali, chi ama la musica e il folklore e viaggia per assistere ad una festa popolare o concerti e via dicendo; ognuno ha un motivo personale e intimo che lo porta a scoprire ed aprirsi all’avventura del viaggio.

Pagina 2 su 3

Il primo vero passo comunque lo ritroviamo già quando decidiamo di partire. É in quel momento che l’idea di un viaggio prende forma (anche se ancora abbozzata) nella nostra mente: nelle fantasie e nella pianificazione, nell’immaginare quello che sarà, siamo già attraversati da mari e deserti, da vicoli e strade e da quei panorami che diventeranno realtà e soddisferanno il nostro desiderio di conoscenza. A volte poi la destinazione non è neanche così fondamentale, ogni tanto quello che si desidera è solo interporre km e km tra la propria casa/lavoro/solita vita e un luogo qualunque, per quel bisogno di staccare la spina che sentiamo dentro e che quasi diventa una necessità.

A me personalmente piace un sacco organizzare in parte il mio futuro viaggio (deformazione professionale da ex agente di viaggi immagino), mi piace cercare informazioni sulla mia destinazione e trovare i punti o luoghi più caratteristici e memorabili da visitare, anche se la vera essenza di una città, si sa, non è da ricercare nei punti turistici di massa e non può venire strutturata da una tabella di marcia organizzata al 100%: ogni tanto bisogna “perdersi” e lasciarsi andare per trovare vere bellezze nascoste alla maggior parte delle persone.

Dopo la prima fase di pianificazione e organizzazione, arriva il giorno stabilito per la partenza: oltrepassata la soglia di casa finalmente si parte! Il viaggio vero e proprio ha inizio, l’entusiasmo decolla! Tutti i programmi fatti e le aspettative si dispiegano davanti agli occhi strappandoci (anche se solo temporaneamente) dalla nostra quotidianità.

Possiamo infatti prendere aerei, treni, biciclette o andare a piedi, ma il vero mezzo di trasporto su cui ci muoviamo è la nostra percezione. Le emozioni dominano e i sensi si attivano per affrontare e interpretare quello che non conosciamo e verso cui abbiamo deciso di dirigerci: una eventuale nuova lingua con cui confrontarsi, i fastidi di un jet-lag, i suoni penetranti di una grande città o il silenzio di un bosco in montagna, cibi con forme e sapori a noi sconosciuti da assaggiare almeno una volta, i profumi intensi di spezie, incensi o l’odore del mare sospinto dal vento. La partenza è tanto più felice e attesa quanto più il viaggio viene interpretato come cambiamento, rinnovamento, possibilità di nuove esperienze, viaggio verso una realtà sufficientemente sconosciuta da risultare attraente e suscitare curiosità.

L’ultima fase infine è quella del rientro e del ricordo: tornare a casa significa ripercorrere, elaborare, trasformare in racconto, forse in nostalgia, tutto quanto. Si pensa che di ritorno a casa il viaggio sia finito, in realtà il viaggio non finisce mai perché lo si continuerà a ricordare nella nostra mente. Alla fin fine, torniamo indietro con un bagaglio più grande di quello con cui siamo partiti, solo che questo bagaglio non conta solo di souvenir o cose materiali, ma anche di tutto il vissuto, di tutte le avventure intraprese, degli incontri fatti, delle emozioni provate, delle cose imparate.

Personalmente mi sono ripromessa di fare minimo 3 viaggi all’anno, che siano vacanze lunghe di una settimana o solo qualche weekend. In questi tempi di crisi so che non tutti hanno la possibilità di questo impegno e di conoscere nuovi paesi, ma consiglio sul serio di fare almeno una gita di giornata ogni tanto, anche se in realtà tutti noi compiamo viaggi ogni volta che chiudiamo gli occhi poiché il viaggiatore è anche colui che non ha smesso mai di ricordare o di sognare.

Pagina 3 su 3

Da un paio di anni infatti, parlando appunto di sogni, sto creando una lista dei luoghi più curiosi e particolari che vorrei tanto andare a visitare: il Lago Rosa in Australia, il Mar delle Stelle alle Maldive, la valle dei Templi in Myanmar, la Porta del Paradiso in Cina (dove per arrivarci bisogna fare 99 tortuosissimi tornanti in bus e 999 gradini a piedi), etc.; per ora sono arrivata a 108 voci ma conto di aumentare il numero e poi iniziare piano piano a spuntare ogni voce della lista.

Uno dei miei prossimi acquisti inoltre sarà una cartina del mondo grande come una parete da appendere in camera, così da mettere una puntina su ogni città o luogo da me visitato.
E spero che un giorno quella cartina sarà ricoperta di puntine colorate.

E di piccoli sogni realizzati.

D’altronde, il mondo è la nostra casa e va esplorata e vissuta pienamente.

 

“Tra vent’anni sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per quelle che avete fatto. Quindi mollate le cime. Allontanatevi dal porto sicuro. Prendete con le vostre vele i venti. Esplorate. Sognate. Scoprite. (Mark Twain)”

 

Ilary

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

Guarire con metodi naturali si può: ho dato ossigeno alla mia vita

Pagina 1 su 4

Ho sempre creduto in qualcosa di Superiore, come tanti del resto, piano piano aprendo la mente e seguendo determinati insegnamenti sempre di più ho cominciato anche a credere che siamo il frutto delle nostre convinzioni, che la nostra realtà la creiamo noi, focalizzandoci con intenzione su determinati pensieri.

Una esperienza di Vita qualche tempo fa mi ha portato a stare male, prima emotivamente ha ferito la mia Anima poi ferite anche sul corpo, mi ha fatto scaturire una brutta colite ulcerosa. Da quasi 5 anni ci convivo. Dalla prima volta che sono stata male l’ho curata col cortisone e antinfiammatori, ma non era una vera e propria cura, i farmaci tendono solo a bloccare il sintomo, ma se non si arriva alla causa non se ne esce. Sono Siciliana, per lavoro mi ero spostata al Nord, e con fatica stavo cercando di integrarmi. Ho sempre avuto la predisposizione verso il prossimo, cercare di fare stare bene gli altri sia con parole, che anche a livello fisico, sono sempre stata attratta dalle tecniche del massaggio olistico, dalle mie parti diciamo che la cultura del rilassare corpo, mente e anche lo spirito ancora è lontana, cosi ho deciso di frequentare un corso a Milano dove la gente è piu aperta a queste cose. Incontro belle persone, facciamo gruppo, pensavo di aver trovato la mia strada e poter finalmente aiutare gli altri a stare meglio con la mia passione. Ma a gennaio del 2016 i miei sogni si sono spezzati, ho avuto una brutta recidiva, non ero tornata a casa per le feste natalizie e ho passato il Capodanno in ospedale da sola, mi dimettono dopo un giorno, con cortisone e la solita terapia, ma i giorni passavano ed io stavo sempre male. Mi propongono una terapia biologica sperimentale, (il termine biologico in questo caso è un po’ ingannevole) diciamo che dovevo fare da cavia per provare un nuovo farmaco, anche se sono sempre stata contro i farmaci perchè sono consapevole che fanno più danni che bene, presa dalla disperazione ho accettato. Con tutti i rischi che comportava quella scelta. Il cortisone che mi avevano prescritto piano piano stava togliendo l’infiammazione, e quindi quando ho fatto l’esame di colonscopia non risultavo gravissima per cui non sono rientrata tra quelli che potevano “usufruire” del nuovo farmaco in sperimentazione, adesso ringrazio il Cielo che sia andata così. Evidentemente lassù mi vogliono bene.

Passa il tempo ma io comunque sto ancora male, e così mi propongono un’altra terapia biologica già in commercio. Accetto di nuovo, con la convinzione che non era una bella idea, ma con la speranza di stare meglio. C’era un programma da seguire con delle date specifiche. Programmiamo la prima infusione, tutto ok. La prossima doveva essere dopo un tot di tempo prestabilito. Nel frattempo invece di migliorare peggioravo. Così prima della seconda infusione sono finita ricoverata di nuovo, stavolta per un mese, sempre a Milano e sempre da sola. Sembrava un incubo, dimagrivo a vista d’occhio, ma non mollavo. I medici caricavano farmaci di tutti i tipi, anche psicofarmaci che io buttavo nel gabinetto. Sentivo che come mi stavano gestendo non era la cosa giusta per me, non mi consigliavano nemmeno l’alimentazione giusta, dichiaravano che il cibo non c’entrava niente con il problema e mi passavano di tutto, ed io puntualmente stavo peggio. Nel frattempo arriva la data della seconda infusione mentre ero ricoverata, preparano il tutto, mi mettono la flebo dopo 3 o 4 minuti mi comincia a mancare il respiro, mi sento il viso tirare, e non capisco più niente, ho avuto il tempo di gridare aiuto, avevo avuto uno shock anafilattico. Dopo avermi fatta riprendere mi volevano rimettere la flebo per continuare l’infusione sospesa. Io ho rifiutato categoricamente, non intendevo più farmi mettere quella roba dentro di me. Il mio corpo mi dava segnali, rifiutava la medicina, e questo succedeva forse anche per tutte le mie convinzioni contro i farmaci e contro tutta la gestione della situazione. Non ce la facevo più. Pregavo. Meditavo. Chiedevo segni. Aiuto. Ma non avevo più la forza. Volevo solo ritornarmene a Casa Mia. I medici mi dicevano che non rispondevo ai farmaci, che l’ultima soluzione oltre alla terapia biologica era l’intervento, i medici parlano per statistiche, si basano sulle percentuali. Non avevo nessuna voglia di farmi mettere le mani addosso, e farmi togliere parte del mio corpo.

Pagina 2 su 4

Così quando i medici hanno capito che io non avrei collaborato, e rinfacciandomi pure che avevo fatto buttare loro € 1.000 di medicina, perchè non ho voluto continuare più l’infusione sospesa per lo shock, mi hanno detto che non potevano più tenermi e che mi avrebbero dimessa. Da un lato ringraziavo il Cielo, dall’altro pensavo “e adesso come faccio?”

Mi sono organizzata e me ne sono ritornata a casa dai miei. Casa dolce Casa. A fine giugno ero ritornata nella mia amata e soleggiata Sicilia. Una volta a casa ho cominciato a farmi mille domande. Perché è successo questo? Perché non ho potuto più continuare il cammino olistico per il quale mi sentivo chiamata? Come mai a tutti quelli con cui parlavo la stessa medicina faceva stare bene e a me invece ha fatto vedere le stelline?

I medici prima di dimettermi mi hanno indicato un ospedale nella mia provincia dove mi potevano seguire. Non ci sono voluta andare. Non avevo nessuna intenzione di prendere altri farmaci pesanti ne tanto meno sentirmi dire che l’unica soluzione era l’operazione. La mia testa diceva niente più medici, niente più medicine pesanti. I miei genitori, i miei parenti mi prendevano per matta. Ma io ero convinta di quello che dicevo. I farmaci mi stavano rovinando sempre di più. Mi stavano indebolendo. In un mese ero dimagrita 10 kg. Già sono uno scricciolo di mio. Stavo diventando trasparente.

Rabbia e tristezza si stavano impossessando di me. I miei genitori erano disperati perchè non vedevano nessun miglioramento. E a me dispiaceva più per loro che si sentivano impotenti, che per me. A volte facevo pensieri che non si dovrebbero fare, di sconfitta, di rinuncia. Ma allo stesso tempo qualcosa mi diceva di non perdere la Speranza qualcosa sarebbe cambiato. Stavo perdendo le forze fisiche cosi alla fine decisi di andare da un medico tradizionale, questa volta il medico mi parlava in modo diverso da quelli avuti finora, era contro i farmaci pesanti e in più mi disse che si poteva anche guarire. La Speranza si era accesa ancora di più. Qualcosa di diverso già si stava manifestando. Sul mio cammino un medico dalle vedute diverse dal normale protocollo.

Mi prescrisse una terapia di farmaci tradizionali che iniziai con un altro spirito. Non rispondevo bene a quelli e cambiò farmaco. Il secondo sembrava andare un po’ meglio. Ma i tempi erano lunghi. Passai tutta l’estate dentro casa col mare a 3 minuti da casa mia. Dentro di me ripetevo “fede e pazienza”.

Credo nell’autoguarigione del corpo. Il corpo ha il potere di guarirsi da solo se messo nelle giuste condizioni di poterlo fare. Se ci tagliamo il corpo si autocicatrizza, se ci rompiamo un osso con un po’ di tempo si rinsalda, ma questo può succedere solo se il corpo è messo in condizioni di farlo in modo naturale, con le proprie potenzialità. Siamo una macchina perfetta che ha bisogno solo di essere messa nelle giuste condizioni per poter camminare sulla strada della Vita. In concomitanza con la terapia tradizionale avevo consultato un altro medico e inserito una terapia omeopatica, ma purtroppo senza nessun risultato.

Nel frattempo un cugino di mio padre lo informò di un suo nipote medico, che lavora a Milano e che si stava avviando anche nella nostra zona e che sarebbe sceso di lì a poco. Mi si accese una lampadina. A Milano un mio amico viveva in condivisione con un ragazzo medico siciliano anche lui, di cui mi aveva dato il contatto e ci avevo parlato per telefono, la voce mi aveva subito trasmesso fiducia, il modo in cui parlava, come mi ascoltava, volevo tanto poter essere seguita da lui ma purtroppo ho dovuto rimandare l’appuntamento perchè in quel mese non ce la facevo con le spese e non volevo chiedere niente ai miei genitori.

Pagina 3 su 4

Poi mi sono sentita male e sono dovuta ritornare in Sicilia.

Il “caso” volle che era proprio lui il giovane Dottore nipote del cugino di mio padre. Che giro! Volevo tanto essere seguita da quel ragazzo e così avevo avuto una seconda opportunità. La pensava come me, mi diceva di ascoltare il mio corpo, di fare esercizi di rilassamento corpo e mente, di cambiare alimentazione, di eliminare alcuni cibi, e che dovevo disintossicare il mio corpo, dovevo creare un ambiente alcalino per le cellule. Seguivo le sue indicazioni perchè le sentivo mie. Mi dava la conferma che quello in cui credevo era giusto. Tutti i tasselli cominciavano ad incastrarsi. E le coincidenze che mi si presentavano mi stavano dicendo che ero sulla strada giusta.

Poi un bel giorno di nuovo il “caso” mi ha messo davanti la conoscenza di una formula segreta esclusiva proveniente dall’America che aiuta a disintossicare il corpo, rigenerare e nutrire le cellule. E’ un rigeneratore cellulare che tramite un processo crea nell’organismo Ossigeno Nascente, 100% naturale. Velocizza l’azione del farmaco eliminando gli effetti collaterali delle terapie e mette l’organismo in condizioni di guarire con i propri sforzi. Dentro di me non ho avuto dubbi. Era un altro tassello da inserire. Mi sono subito fidata di quello che sentivo. E cosi l’ho voluto provare. Non ho abbandonato la terapia medica perchè non posso per adesso. Ma già da subito il corpo con una sola goccia ha cominciato a reagire. Il prodotto essendo naturale ha bisogno di più tempo per arrivare ad un livello ottimale a differenza dei farmaci chimici che hanno effetto immediato di guarigione illusoria con ulteriori danni agli organi sani. Sto riprendendo peso perchè mi aiuta ad assorbire i nutrienti, la qualità di vita mi è migliorata tantissimo, mi sento meglio fisicamente, l’umore mi è cambiato, perchè lavora su tutti i sistemi e quindi anche sul sistema nervoso, mi ha aumentato le frequenze vibratorie degli organi, la concentrazione è migliorata, non ho più dolori alle ossa, mi sta regolando il ciclo che non ho avuto per 4 mesi perchè il corpo si era messo in difesa, e mi sta regolando tutto quello che c’era che non andava perchè lavora su tutto l’organismo, lavora direttamente sulla cellula. Va direttamente alla causa, dove il corpo più lo richiede. A differenza del farmaco va a guarire non a bloccare il sintomo che dopo si ripresenta. Mi ha bloccato la caduta dei capelli causata dal cortisone. Mi sta rinforzando il sistema immunitario buttato giù sempre dal cortisone. La pelle è più luminosa. Le unghie si sono fortificate. Sono più energica. E non prendo più il gastroprotettore che dovevo prendere per proteggermi dai farmaci, quando lo sospendevo cominciavo ad avere bruciore che adesso non ho più.

È una formula che può essere usata da tutti indistintamente dall’età, può essere usato anche sugli animali e sulle piante, e per qualsiasi tipo di patologia anche grave dato che va ad ossigenare le cellule. Può essere usato sia orale che anche per uso topico per la bellezza esteriore. C’è ancora da lavorare su di me ma ho migliorato altamente tante cose, sto cominciando a mangiare qualcosina in più senza esagerare. Ho trovato un lavoro part-time e sto riuscendo a tenermelo, visto che ne ho persi 2 a causa di questo problema. Sto riprendendo in mano la mia vita e quest’estate andrò tutti i giorni al mare per recuperare il tempo perso e sono sicura che con la pazienza eliminerò del tutto i farmaci come ho fatto col gastroprotettore. Vedendo i benefici avuti su di me, l’ho fatto prendere anche a mia madre, lei ha notato che adesso mangia tranquillamente le fritture, prima sentiva il bruciore allo stomaco, si sono rinforzati i capelli, e adesso il suo obiettivo è togliere la pillola che prende per la pressione perchè va a regolare anche il sistema circolatorio. Su mio padre lo abbiamo usato a livello topico un paio di volte sulla testa per l’arrossamento solare, perchè va a rinfrescare e rigenerare la parte, e una sera ho notato una peluria che non esisteva più da ormai 20 anni sulla parte calva. Il prodotto ha stimolato la ricrescita del pelo.

Pagina 4 su 4

Avevo capito che il prodotto era eccezionale ma sono rimasta sbalordita quando ho visto quei piccoli peletti sulla testa di mio padre, ho riso per mezz’ora ma sono stata contenta di vedere quello che può fare. Non è una cura è un sistema. Aiuta il corpo a rigenerarsi da solo. Bloccando il processo di invecchiamento.

Entusiasta dei benefici visti il mio desiderio di poter aiutare gli altri adesso l’ho realizzato in modo diverso ma con risultati maggiori, ho deciso di collaborare e farlo conoscere a più gente possibile, in Italia è poco conosciuto e non si trova nelle farmacie. C’è gente che adesso vive meglio grazie a questa formula secondo me unica, che provano ad imitare ma che non dà gli stessi risultati.

Non tutti hanno il coraggio di credere a quello che racconto, sono scettici, e mi spiace per loro, la gente ormai vive con rassegnazione e si convince che quello che dicono i medici non possa mutare. Nella vita tutto può cambiare come da sani ci si può ammalare, da ammalati ci si può guarire basta credere che può essere possibile.

Tutto questo per dire che non bisogna mai perdere la speranza, bisogna credere in se stessi e in quello che si sente nel profondo senza farsi imporre quello che dicono gli altri, che tutto ciò in cui credi e che desideri davvero col Cuore col tempo prima o poi trova la strada per raggiungerti e si manifesta davanti ai tuoi occhi, e che non tutto il male viene per nuocere, le strade per il bene sono davvero infinite e inaspettate. Le mille domande che mi ponevo hanno avuto col tempo una risposta. Da un dolore e dalla sofferenza può nascere qualcosa di buono. Spero di fare tanto bene grazie a questo mio nuovo impegno e questa mia esperienza e conoscenza in più.

Grazie per avermi dato la possibilità di far conoscere l’esistenza di questa opportunità di poter migliorare la propria Vita.

 

Giusy A.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Volere è potere: vincere la timidezza e l’insicurezza per raggiungere i miei sogni

Pagina 1 di 5

Tutto cominciò quando avevo 10 anni. (No, non sto per raccontarvi come diventai un’allenatrice di Pokèmon!).

Un po‘ di tempo dopo l’ultima scomparsa dell’ennesimo micio, chiesi ai miei di prendermi un altro gattino. Mi portarono da una cugina per sceglierne uno, ma erano ancora troppo piccoli, così dovetti aspettare altre due settimane circa. Furono due settimane lunghissime, non vedevo l’ora di poter strapazzare quella gattina di coccole, riempirla di affetto e giocare con lei. Purtroppo ero una bimba parecchio timida ed introversa.

 

Non sono mai riuscita ad essere io quella che “parla per prima”. Tendevo ad isolarmi e ad osservare gli altri da lontano. Ci stetti un bel pò prima di riuscire a parlare con qualcuno. Alla fine riuscii a farmi un’ “amica”, solo che potevo vederla solo a scuola, essendo mia madre iperprotettiva oltre ogni immaginazione. Avevo però questa necessità di trasmettere ciò che provavo a qualcuno. Anche se me ne stavo sempre zitta e in disparte, avevo tanto affetto da offrire, ed allo stesso tempo avevo bisogno di riceverlo. Eppure agli occhi delle persone, bambini o adulti che fossero, io sembravo non esistere.

Finalmente passarono quelle due settimane e andammo a prendere la gattina. Inutile dire che mi ci affezionai tantissimo. Eravamo sempre insieme, quasi quasi volevo metterla nello zaino e portarmela a scuola! Passavo le giornate a giocare con lei, stavamo nella mia camera e lei mi riempiva di fusa, non smetteva mai! Poi si addormentava o ci addormentavamo insieme. Ripensandoci adesso, posso dire con certezza che è stata la cosa più bella che mi sia capitata nella mia infanzia. Quando stavo male mi bastava averla vicino per stare subito meglio, se ero giù mi bastava stringerla a me o anche solo accarezzarla e tutto spariva. Stavo bene al solo pensiero che fosse lì accanto a me a tenermi compagnia. Stavo bene al solo pensiero che qualcuno finalmente dimostrava di volermi bene.

Non me ne accorsi nemmeno ma, ripensandoci adesso, mi rendo conto che quella gattina è stata fondamentale nella mia vita! Grazie a lei ho anche imparato tantissime cose! Le persone mi riempivano di tristezza ed altri sentimenti negativi, ed io sentendo la sua profonda pace, ne ero parecchio attratta. Volevo provare quella pace anch’io. Cominciai così ad imitarla. Lei andava a stendersi in terrazza a prendersi il sole, ed io mi mettevo lì accanto a lei. La osservavo: il vento l’accarezzava, mentre il sole la scaldava. Vedevo la sua pancia che si muoveva a ritmo dei suoi respiri, che si facevano sempre più profondi. Provai quindi a mettermi nei suoi panni: volevo sapere cosa provava. Provai prima a capire cosa provava lei e dopo su di me. Chiusi gli occhi e mi concentrai su ciò che sentivo: il vento sulla pelle, il calore del sole, ogni singolo respiro, la pancia che si muoveva, il pavimento su cui ero distesa, mi rilassava parecchio, ma ancora non mi bastava. Volevo sapere cosa pensava! Trovai il vuoto, la calma più assoluta, davvero non pensava nulla? Sì stava solo godendo quel momento? Fantastico! Nessuna preoccupazione, nessun problema, solo tanta, ma tanta pace! Era davvero così facile riuscire a stare bene? Ebbene sì, mi aveva appena insegnato a stare bene con me stessa! Mi aveva appena insegnato che per essere felice mi bastava volerlo. Certo, con la scuola e mia mamma che mi opprimevano, continuavo a dimenticarlo di continuo, ma quella è un’altra storia! In ogni caso mi bastava guardarla per tranquillizzarmi e sentirmi subito felice.

 

Scoprii in seguito che quella gattina era in realtà un gattino, ma ciò ovviamente non cambiò nulla, se non l’ultima lettera del suo nome, che da “a” passò ad “o”.

 

Crescemmo insieme, ma al mio terzo anno di superiori si ammalò. Gli diventarono le mucose gialle, era itterico. I veterinari sospettavano qualcosa di grave al fegato, ma non sapevano cosa. Gli fecero un’ecografia, da cui non risultò nulla di strano. Dissero che c’era bisogno di una biopsia per scoprire con certezza cos’avesse e dargli una cura esatta. Il problema era che avrebbero dovuto fare analizzare il tutto a Milano e poi aspettare per i risultati, e solo per la spedizione ci volevano almeno 100€, soldi che i miei non avevano e che nemmeno sembravano intenzionati a trovare.

 

Pagina 2 di 5

Ero disperata e non sapevo come fare, come aiutarlo. Il mondo mi stava crollando addosso. Non riuscivo ad aiutare chi per tutti quegli anni mi aveva fatto stare bene, salvandomi. Non potevo fare nulla, mi sentivo maledettamente inutile! Eppure sentivo dentro me che tutto si sarebbe risolto. Non poteva finire così. Non doveva finire così! Cominciavo a pensare di voler studiare Medicina Veterinaria, volevo imparare, volevo aiutarli. La dottoressa mi consigliò di provare una cura più generale e vedere come andava. Mi disse che bisognava fargli delle punture sottocutanee per altri 20-30 gg. I miei comiciarono subito a fare 4 calcoli veloci e tra viaggio e prestazione ci sarebbero voluti circa 10-15 € al giorno. Iniziarono a dare di matto, la veterinaria mi disse quindi che avrei potuto fargliele io: eh? Io chi? Io che appena vedevo un ago scappavo a nascondermi sotto il letto? Beh, non c’era altra soluzione, così acconsentii. Mi disse che il giorno dopo il suo collega mi avrebbe insegnato come fare e che non dovevo preoccuparmi, perché tanto era “semplicissimo”! A quel punto, una parte di me era contenta, perché ero più vicina ad imparare davvero qualcosa, l’altra non voleva assolutamente dover imparare sulla pelle del migliore amico che avessi mai avuto.

 

Arrivò il giorno seguente ed il veterinario cercò di spiegarmi meglio che poteva come dovevo fare. Presi la siringa con una mano, mentre con l’altra sollevai la collottola (parte posteriore del capo), e “no, non ce la faccio”. Sentivo che avrei tradito la sua fiducia, non volevo fargli del male, avrei preferito farmele io stessa, per quanto odiassi le punture. Allora il veterinario, quasi leggendomi nel pensiero, cercò di incoraggiarmi dicendomi “dai, non sentirà male”. “Beh, certo che sentirà almeno un pò di male! Non prendermi in giro!” pensavo, ma capivo bene il perché di quella frase. Mi girai a guardare in faccia il mio micio, se lo toccavo io si tranquillizzava, si fidava di me, come avrei potuto tradire tutta quella fiducia? Come avrei potuto fargli del male, fargli sentire quel seppur piccolo dolore? Eppure se non lo facevo non sarebbe stato bene. Non potevo vederlo così abbattuto e triste, così, chiedendogli perdono nella mia testa, mi decisi. Continuai a fargli quelle iniezioni per i successivi 20-30 giorni e finalmente stette meglio! Ricominciò a mangiare, a muoversi, a giocare! Ero contentissima!

Mi aveva appena insegnato che a volte le scelte più difficili sono le migliori e soprattutto che bisogna affrontare le proprie paure.

 

Passarono altri due anni ed ero al quinto anno delle superiori. Il mio desiderio di diventare un medico veterinario era andato un po‘ scemando, anche perché non mi sentivo all’altezza e soprattutto il mio rapporto con gli aghi non era migliorato per niente. Chi dovevo fare ridere? “Un dottore che ha paura delle punture, ma dai! Ridicola! Ahahaha!” Eppure nel mese di marzo qualcosa mi spinse prepotentemente a rivedere la mia scelta. Tornò in me un desiderio fortissimo di voler percorrere quella strada e lo facevo anche per lui. Gli promisi che ci sarei riuscita. Corsi quindi a comprare un libro di preparazione ai test di ammissione, che si sarebbero svolti ad inizio settembre. Pagai la tassa di 41€ e cominciai a studiare giorno e notte. No, non scherzo. Mi svegliavo alle 8, andavo a scuola (venendo rimproverata quasi tutte le mattine per essere arrivata in ritardo), alle 14 tornavo a casa, mangiavo in fretta e furia da sola e subito cominciavo a studiare fino alle 2-3 di notte, con mia mamma che non faceva altro che gridare: “Disgraziata, spegni la luce e vai a dormire! È notte! Devi dormire!”. Non poteva fregarmene di meno, dormire era diventato ormai solo una perdita di tempo per me. Mi sentivo tremendamente svantaggiata rispetto agli altri partecipanti al test: dovevo recuperare quello svantaggio! Non ci capivo nulla delle materie oggetto del test: biologia, fisica, chimica. E chi le aveva mai studiate?! Non sapevo da dove metterci mano, così cercai di imparare ogni singola parola di ciò che il libro diceva sulla parte di biologia, che era la parte più comprensibile, senza calcoli e formule strane. In seguito, ebbi la fortuna di trovare su youtube un professore che filmava le sue lezioni di chimica, spiegando tutto benissimo, così potei apprendere qualcosina pure sulla parte di chimica, che per me era aramaico antico! Puntai molto anche sulla parte di logica, imparando i vari trucchetti che permettevano di capire quale fosse la risposta giusta e facendo online più test che potevo, soprattutto gli ultimi due mesi prima del test vero e proprio. In tutto questo, dovevo pure studiare per l’esame di maturità, visto che, appunto, ero al 5° anno.

 

Pagina 3 di 5

Avevo delle occhiaie scurissime ed enormissime, che mi accompagnarono per tutti quei mesi, ed essendo io molto chiara di carnagione, sembrava proprio che mi stessi trasformando in un panda! Ciò nonostante, erano poche le volte in cui ero davvero stanca. Ah, la gioventù! Ancora oggi mi chiedo come abbia fatto, non mi ero mai applicata così tanto e per così tanto tempo in qualcosa. E la cosa che rendeva il tutto più assurdo era che quel qualcosa era studiare, e a me non era mai piaciuto granchè prima di quell’anno.

 

Arrivò quindi l’esame di maturità che con mia sorpresa riuscì a superare brillantemente, mancando di pochi punti il 100. Bene! Ora potevo dedicarmi totalmente a studiare per il test. Luglio, agosto, piena estate, 300 °C all’ombra ed io studiavo come se non ci fosse un domani. Il mio metodo di studio consisteva nello studiare tot pagine ogni giorno, per poi ripeterle dopo 1-2-4-8-16, ecc, giorni. Quindi ogni giorno oltre alle nuove pagine da studiare e ripetere fino a quando non le sapevo davvero perfettamente, mi ritrovavo a dover ripetere anche tutte le altre che capitavano in quella precisa data. Il punto è che io sono parecchio pignola sul significato della parola perfettamente: se sbagliavo una parola o avevo più di mezzo secondo di esitazione, allora avrei dovuto ripetere quella parte ancora una volta, perché ero insicura e quindi non la sapevo bene! E se non riuscivo a ripeterla perfettamente almeno 10 volte di fila, allora lo stesso non la sapevo bene e dovevo ricominciare da 0! Sono sempre stata parecchio severa con me stessa. Col tempo le pagine da ripetere diventarono tantissime. A volte erano anche 60-80 pagine al giorno, che a pensarci ora rido, ma volevo davvero sapere tutto benissimo. Senza contare che alle superiori il mio studio difficilmente andava oltre il semplice leggere ed andare a ripetere quello che ricordavo, quindi è stata parecchio dura passare da un estremo all’altro. Fortunatamente ho sempre avuto una buona memoria! Mi ero comunque imposta di non alzarmi e (per la felicità di mia mamma) di non andare a dormire se prima non avessi finito tutto ciò che avevo programmato di fare per quel giorno. Mi sentivo troppo indietro rispetto agli altri ragazzi e ciò contribuiva a darmi una forte motivazione a non arrendermi.

Imparai così a lottare per ciò in cui credevo, mettedoci tutta me stessa, sempre e comunque. Imparai ciò che da quel momento diventò il mio motto: volere è potere!

 

Arrivò quindi il giorno del test. Mi svegliai presto e presi il treno. L’emozione era alle stelle. Sul treno c’ero solo io e mi misi a ripassare, ma ovviamente era troppo semplice così, e infatti alla fermata successiva salì un’allegra famigliola con dei bei bimbi piccoli che non fecero altro che gridare per un’ora e mezza. Cercavo di non farci caso e continuare a ripassare, non avevo tempo per disperarmi. Ero talmente fusa che non pensai minimamente alla possibilità di cambiare carrozza! Scendo dal treno e prendo il tram, continuando a ripassare. Scendo dal tram e aspetto la navetta che porta all’università, continuando a ripassare. Era pienissimo di ragazzi, l’ansia aumentava sempre più. Mi ero impegnata tanto negli ultimi 6 mesi e non volevo che andasse tutto sprecato. Prendo la navetta e mi guardo un pò intorno. Ovunque vedo dei ragazzi super decisi, ed io mi sento sempre più piccola, decido però di non farci caso e continuo a ripassare, ripassare, ripassare, anche se non riuscivo nemmeno più a leggere. Dopo una decina di minuti arriviamo di fronte al cancello. Ero felicissima. A varcare quel cancello sembrava che non stessi nemmeno poggiando i piedi a terra, ero in un altro mondo. Continuavo a ridere senza motivo. Il mio sogno cominciava da lì. Dovetti aspettare 1-2 ore prima di entrare per il test ed in quel lasso di tempo mi guardai intorno: gli altri ragazzi avevano accanto il padre, la madre, o addirittura l’intera famiglia, alcuni si erano portati perfino il cane! Li incoraggiavano. Io invece ero lì da sola, completamente sola, non conoscevo nessuno e ai miei non importava se passavo o meno. Anzi, loro nemmeno volevano. Vedere tutti quei ragazzi mi faceva sentire davvero sempre più piccola. Eravamo più di 700 ed i posti appena 59. Vedevo dappertutto gente diplomata al classico o allo scientifico! Gente che sapeva tutto di biologia, chimica e fisica ed avrebbe fatto tutti gli esercizi ad occhi chiusi! Che possibilità potevo avere io, uscita dall’alberghiero?! “Zitta, basta, smettila!”: queste parole continuavano a risuonare nella mia testa. Decisi che non era quello il momento di abbattersi, non avevo ancora nemmeno provato! Finalmente ci fecero entrare per fare il test. 80 domande: circa 20 di biologia, 20 di chimica, una quindicina tra fisica e matematica (che non sapevo nemmeno se erano buone da mang..ehm..cosa fossero) ed il resto erano domande di cultura generale e logica.

 

Pagina 4 di 5

Mi precipitai subito alla parte di biologia, e con mia grandissima sorpresa scoprì che erano tutte semplicissime! Finì quella parte in pochi minuti e continuai con le altre domande. C’era gente che consegnava dopo soli 30 minuti e l’ansia in me cresceva a dismisura, ed ovviamente mi portò a sbagliare a ricopiare. Mi feci quindi dare un altro foglio e riuscì a ricopiare il tutto appena in tempo. Poi tornai a casa e dovetti aspettare almeno una decina di giorni per poter sapere il risultato. L’ansia era alle stelle, ma cercavo di calmarmi pensando che la parte di biologia era stata semplicissima, quindi calcolavo che almeno 20 punti li avevo fatti, più quelli sulle altre domande. Pensavo che non fosse andata troppo male, bisognava però vedere cosa avevano combinato gli altri ragazzi, che, ahimè, apparivano ai miei occhi come tanti piccoli Einstein. Quando finalmente ci furono dati i risultati, scoprì che avevo totalizzato 42 punti. Ero arrivata cinquantaquattresima! Su 59 posti! Su oltre 700 partecipanti! Cominciai a tremare per almeno 1-2 minuti. Ero euforica! Non ci potevo credere! Non riuscivo a stare ferma! Ce l’avevo fatta! Ce l’avevo fatta davvero! Io! Proprio io! La ragazzina su cui nemmeno lei stessa avrebbe puntato un centesimo! La ragazzina uscita dall’alberghiero che non sapeva nulla di fisica, chimica o biologia! Lo dissi subito (tramite sms, avrei sicuramente balbettato in quel momento, o forse non sarei proprio riuscita a parlare!) ad una mia professoressa che sapeva che avrei provato il test, e soprattutto corsi su youtube a ringraziare quel caro, sconosciuto professore, senza il quale non avrei mai e poi mai potuto superare quel test. Grazie a lui riuscì a rispondere correttamente a ben 11 domande di chimica! 11 punti che sono stati ovviamente fondamentali!

Imparai quindi a credere in me stessa, anche quando sembravo non avere alcuna possibilità.

 

Circa un mese dopo comiciarono le lezioni e, con esse, la mia vita da studentessa di Medicina Veterinaria, che continua ancora oggi, con tantissimi alti e bassi. Purtroppo al secondo anno dovetti affrontare un’esperienza per me parecchio difficile, che durò per ben 3 anni, visto che proprio non riuscivo a superarla. Continuavo a stare male sempre per la stessa situazione. Tante volte pensai al suicidio, che la mia vita non valesse più niente, che tutto fosse inutile, ma finalmente, dopo anni di quell’agonia, fui così stanca che mi decisi a rifletterci seriamente e a non volerci più soffrire. Capii che non avevo alcun motivo per continuare a stare in quello stato. Mi ero sempre fatta in quattro per aiutare chiunque, non volevo più soffrire in quel modo. Io non me lo meritavo. Mi resi conto che da troppo tempo non stavo più vivendo, mi limitavo a sopravvivere.

 

Incominciai ad imparare a distaccarmi dalle persone. Io potevo stare bene anche da sola, dopotutto fin lì c’ero arrivata contando solo sulle mie forze, quindi perché continuavo a disperarmi solo per aver incontrato una persona falsa in più? Come avevo fatto a ridurmi in quello stato? Come avevo potuto permettere a qualcun altro di rovinare la mia vita così? Perché mai mi ero attaccata così tanto ad una persona che continuava ad usarmi, prendermi in giro e ferirmi? Perché non riuscivo a lasciar perdere qualcuno a cui non importava nulla di me? Perché, perché, perché continuavo a permettere tutto ciò? Sin da piccola avevo trovato solo gente falsa, approfittatrice, disposta a fare quel poco che faceva solo per avere in cambio altri 1000 favori da parte mia, per poi sparire quando ero io quella in difficoltà. Speravo dentro di me di trovare una persona diversa da tutto lo schifo che vedevo in giro. Una persona davvero buona esiste in questo mondo? Esiste almeno una persona davvero buona di cui potersi fidare ciecamente? Continuava a gridare una vocina disperata dentro di me. Sapevo, o più che altro speravo fortemente, che sicuramente esisteva da qualche parte, ma mai mi sarei aspettata di incontrarla davvero, perché un’altra vocina dentro me continuava a ripetermi “figurati se riesco a trovarla proprio io! Ammesso che esista veramente!”. E se pensare di riuscire a distaccarmi da tutto il dolore di quegli anni era semplice, a fatti tutto si complicava. Ci impiegai quasi un anno ad uscire da quella situazione. Avevo dimenticato che da piccola mi bastava davvero poco per tornare a stare bene ed essere felice: mi bastava volerlo. Lo avevo proprio rimosso. Certamente vivere lontano da casa aveva parecchi pro e contro ed io lo imparai a mie spese.

 

Pagina 5 di 5

Quando finalmente ricominciai a trovare una certa pace, tutto sembrò andare per il verso giusto. Non me ne accorgevo nemmeno, ma tanti piccoli avvenimenti concatenati tra loro continuavano a susseguirsi, portandomi nella direzione giusta. Finalmente trovai pure lavoro in un bar/ristorante, in cui lavorai tutta l’estate. E proprio in quel bar, l’incontro con una persona mi spinse ad informarmi sul mondo del “paranormale”. Trovai anche delle informazioni sul reiki e super eccitata all’idea di poter curare il prossimo, corsi a comprare un libro su tale pratica. Scoprii solo allora che c’era bisogno di un’attivazione da parte di un master reiki, che costava un bel pò, che c’erano 3 livelli con prezzi sempre più alti, e bla bla bla, eravamo alle solite: nessuno fa niente per niente. Abbandonai quindi la cosa pensando anche “sì, va beh, dove devo trovarlo mai un master reiki qui? E poi anche se ci fosse, figurati se lo trovo proprio io! E poi costa assai! E se non funziona?”

 

Qualche giorno dopo ebbi l’ennesima sgridata a lavoro a causa del ragazzo con cui lavoravo che si divertiva a mettermi tutti contro. Io lavoravo tutto il giorno facendo avanti e indietro come una trottola e venivo trattata male (e dovevo sorbirmi quella che aiutava in cucina che aveva pure la faccia tosta di dire che pretendevo lo stipendio senza fare nulla!), e lui che stava tutto il tempo a farsi amico il principale, fumando, chattando, telefonando, mangiando e servendo al massimo 2-3 tavoli al giorno, veniva elogiato continuamente! Ma stiamo scherzando? Quella situazione mi faceva ribollire il sangue nelle vene. I clienti abituali del bar non se ne capacitavano, visto che il cambiamento era arrivato proprio assieme a questo ragazzo. Per i 2 mesi precedenti i proprietari mi consideravano la loro figlia. Da quando arrivò lui, invece, non facevano altro che prendermi in giro e sgridarmi per qualsiasi cosa. Senza rendermene conto stavo ricominciando a stare male, quella situazione mi stava logorando. Dopo l’ultimo rimprovero ingiusto che mi portò davvero al limite, a fine giornata (le 2 circa di notte) due clienti del bar, che avevano avuto modo di conoscermi in quei mesi, mi invitarono a sedermi al loro tavolo per tirarmi un po‘ su. Mi sforzai di non piangere, ma non ci riuscì. In tutto quell’inferno, qualcuno stava dimostrando di tenerci almeno un po‘ a me. Lo apprezzai molto. Parlando, scoprii proprio quella notte che uno di loro era un master reiki! Assurdo! Non ci potevo credere! E come se non bastasse, faceva l’attivazione senza richiedere cifre esorbitanti, ma solo un’offerta libera! Mi sentii subito fortunatissima! Avevo trovato un master reiki senza fare nulla! Se non mi avessero trattato male quella sera non lo avrei mai scoperto, visto che quella era l’ultima settimana di lavoro!

 

Cominciai a riflettere parecchio su questa situazione e anche su molte altre avvenute nel corso degli ultimi anni, visto che tutto mi aveva portato proprio lì. Cominciai a convincermi che non potesse essere solo un caso, e a pensare che forse il caso non esistesse! Continuai ad informarmi sul “paranormale” e ad interessarmi all’Aura. Siccome leggere solo un sito non mi basta e voglio saperne sempre di più, aprii tantissimi siti sull’argomento, ma sembravano dire tutti la stessa cosa, sembrava che si copiassero a vicenda. “Oh, ma dai, possibile che nessuno dica niente di nuovo? Possibile che nessuno ne sappia niente? Forse è davvero solo un effetto ottico?”, mi ripetevo. A quel punto però trovai un sito che sembrava avere qualcosa di diverso. Cominciai a leggere, sembrava scritto da qualcuno che la sapeva parecchio lunga sull’argomento e che avrebbe potuto continuare a scrivere per ore. Fantastico! Doveva avere circa 40 anni per avere tutta quell’esperienza e sapere tutte quelle cose! Non potevo trovare di meglio, io che sono la curiosità fatta persona! Cominciai così a spulciare quel sito. Mi si presentò davanti una pagina con scritto “Non sei qui per caso”. Capii finalmente che quello era il sito giusto! Avevo finalmente trovato la persona che speravo di incontrare un anno prima, ma ancora non lo sapevo!

 

Arrivati a questo punto, molti di voi sanno già come continua la storia, ma non come finisce. Questo potremmo scoprirlo insieme su www.accademiadicoscienzadimensionale.it! Io sono proprio curiosa!

 

Annamaria S.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Perché tornare alla terra? Imparare dalla natura

 Pagina 1 di 2

In questi ultimi tempi si sente sempre più spesso l’espressione “ritorno alla terra”, vediamo allora di cosa si tratta.
Con questa espressione si fa riferimento al sempre più crescente fenomeno di giovani e persone che per vari motivi, ad esempio la mancanza di posti di lavoro, oppure l’insoddisfazione dovuta alla vita lavorativa e allo stress ad essa legato, tendono sempre più a reinventarsi e a cimentarsi in attività a stretto contatto con la natura, scegliendo quindi di viverla ogni giorno.
Scegliere di intraprendere un’attività nel settore primario (allevamento, azienda agricola e così via) se da un lato può essere una grande scommessa, dall’altro può significare anche riscatto della propria vita.
In questo articolo non voglio soffermarmi sul come avviare una di queste attività, ma su come vivere questa professione e questa esperienza possa influire in maniera positiva sulla nostra vita, come i tanti casi di persone stanno dimostrando.

Vi racconterò la mia esperienza personale, quindi le conclusioni che ne trarrò saranno solo frutto delle riflessioni basate su di essa.
Già a partire dalla mia infanzia sono cresciuto a contatto diretto con la campagna, circondato da uliveti, vigne e orti con verdure di tutti i tipi e colori. Questo quindi ha influito sin da subito nella mia crescita, essendo in un ambiente tranquillo ed isolato dalla fretta cittadina non ho mai avuto a che fare direttamente con la “civiltà” fino alla mia adolescenza e questa è stata per me una fortuna in un certo senso. Per me è normale vedere un cinghiale che razzola nel mio giardino, sporcarmi le mani di terra mentre raccolgo una patata o mangiarmi una mela direttamente dall’albero. Ma questo lo è solo per pochi, al giorno d’oggi tutto ciò sembra quasi strano, da selvaggi o semplicemente qualcosa di brutto, sporco e che fa quasi schifo solo perché si è quasi abituati a credere dalla società che i pomodori crescano direttamente nelle cassette della verdura al mercato o che l’insalata si trovi solo nella busta del supermercato. Eppure tutto questo fa parte della nostra vita, senza non si potrebbe vivere.

Coltivare un terreno secondo me non è semplicemente arare, piantare un seme, far crescere una pianta, coglierne i frutti, mangiarli e digerirli per poi ripetere di continuo questo processo, col solo fine di sopravvivere nutrendosi. Questo è solamente ciò che il consumismo fa vedere: la superficie delle cose, ma non sarà il caso di andare oltre? La vita non è solo quello che si vede e si accetta, c’è tanto, troppo da scoprire.
Nell’ambiente in cui sono cresciuto tutto viene trattato in questo modo, ma finché non ci ho messo le mani non ho potuto comprendere appieno.
Tutto è iniziato quando ho rotto un ramoscello di un albero giocando a calcio, mi dispiaceva di aver rovinato e fatto “del male” alla pianta e così volendo rimediare ho interrato quel rametto, che adesso è cresciuto e diventato un bellissimo albero. In quel momento mi sentivo in colpa, ho cercato di risolvere come potevo e con mia sorpresa la pianta si è poi ripresa, facendomi capire la forza della natura nel perseverare, nel rigenerarsi e nel voler continuare a vivere qualsiasi cosa succeda.
Da lì mi sono appassionato sempre più, qualsiasi pianta a cui si rompeva un ramo la curavo, qualsiasi seme io trovassi finiva in un vaso fino a che poi ho iniziato ad aiutare anche mio padre nel campo.

Capisco quindi chi, stanco della propria vita, cerchi quel qualcosa che gli manca nella calma della natura.

Pagina 2 di 2

Già la calma di cui oggi tanto ci dimentichiamo per correre dietro a cose che scappano, viene insegnata ogni volta dalla natura che ce lo ricorda sempre in un modo o nell’altro. Quando sei nel campo a prenderti cura dei tuoi ortaggi non puoi non renderti conto che tutto scorre secondo un suo corso: ogni pianta si prende il suo tempo per crescere, come ogni frutto il suo tempo per maturare ed ogni seme quello per germogliare.
Loro non corrono, non bruciano le tappe o non hanno fretta, ma se tu dai loro prodotti per farle crescere velocemente e produrre tantissimo vedi che qualcosa cambia: le foglie sembrano meno lucide, i frutti anche se di maggiore quantità hanno meno sapore. Proprio come noi che siamo più stanchi per via dello stress e che dobbiamo fare mille cose, che però non vengono come dovrebbero.

Impari quindi a vivere più tranquillamente nel rispetto dei ritmi altrui, a sapere aspettare il frutto, perché sai che quando maturerà sarà splendido e buono. Non è forse questo imparare ad avere fiducia nelle cose? Non è anche questo qualcosa che manca molto al giorno d’oggi?
Nel mentre la pianta va curata, e se non ti impegni nel farlo il risultato con i fatti sarà proporzionato allo sforzo che tu hai impiegato. Curare richiede anche attenzione, saper osservare e capire se qualcosa non va in caso di parassiti o malattie, saper quindi cosa fare ed agire. Capisci allora che se vuoi qualcosa ti devi anche impegnare per ottenerlo, lo devi alimentare ogni tuo giorno aggiungendo qualcosa, prendertene cura ed anche proteggerlo.
Affini quindi il tuo spirito d’osservazione, la tua capacità di rispondere ai problemi ed impari quindi ad essere consapevole di ciò che ti circonda.
Quando arriva il momento del raccolto tutti gli sforzi danno i loro frutti, e ti rendi conto che il tuo impegno è servito a qualcosa, ha creato una cosa buona che puoi condividere e godere con gli altri. Senti la soddisfazione di esserti realizzato e questo è un piacere che ti porta a voler continuare, per non parlare di quando ricevi in ritorno segnali positivi che si concretizzano nel sorriso di chi lavora con te o del cliente a cui hai dato qualcosa che lo ha soddisfatto a tal punto da farlo ritornare da te.
Non tutto è sempre idilliaco, possono capitare raccolti mancati o problemi di vario genere, a volte si deve stringere la cinghia e fa parte del mestiere. Ma in questo si impara a saper reagire, reinventarsi e creare nuove soluzioni ogni volta, se ne esce sempre in qualche modo.

Quindi chi si butta in questa avventura evidentemente è alla ricerca di qualcosa che nella vita odierna manca, quel contatto con qualcosa, quella vitalità e voglia di vita, voglia di crescere ed imparare, voglia di ottenere un qualcosa di concreto che sicuramente avendo a che fare con la natura possiamo trovare, quell’equilibrio che manca.

Secondo me sono questi i principali motivi per cui si è spinti a voler iniziare questo percorso che è capace, se lo si vuole, di dare tanti insegnamenti e soddisfazioni.
Non dobbiamo ovviamente dimenticarci che alla base di tutto questo sono anche importanti la passione e la volontà che mettiamo in gioco, come in qualsiasi altra cosa che facciamo nella nostra vita per renderla piena e ricca.

Mi auguro che questo breve articolo possa essere di aiuto ai lettori nel capire ancora di più ciò che circonda e a poterlo apprezzare ancora di più.

 

Lorenzo S.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La ricerca del passato mediante i viaggi nel tempo

Pagina 1 di 1

Vi siete mai chiesti cos’è il tempo? Io ho iniziato a rifletterci seriamente per necessità; non perché cercassi un modo per allungarlo o diminuirlo, o comunque manipolarlo a mio piacimento, perché probabilmente, come quasi tutti, avevo imparato ad accettare che il tempo è dinamico quanto immobile, se provi a fermarlo scorre più velocemente e quando vorresti che passasse in fretta, se la prende comoda. No, invece è stato in seguito ad una brutta esperienza che ho iniziato a rifletterci e a sbatterci la testa, per capire come il tempo funzionasse e cercare un escamotage per tornare indietro nel tempo.

Magari all’inizio sembrerà irrazionale e forse anche stupido pensare di risolvere un problema tornando indietro nel tempo, perché, almeno io, mi sono sempre sentita dire frasi come “non si può cambiare il passato” o “bisogna accettare ciò che viene e andare avanti” o anche “era destino che andasse così”, ma quando ti ritrovi a vivere un incubo, le pensi tutte prima di arrenderti.

Perciò all’inizio ho pensato che doveva esserci per forza un modo per viaggiare nel tempo, magari tramite una macchina del tempo ma: innanzitutto il passato esiste ancora? E il futuro? O esiste solo il presente? Dove vanno a finire tutte le nostre esperienze, i nostri pensieri, i nostri ricordi, i nostri sentimenti? Erano troppe le domande che mi frullavano in testa, perciò ho iniziato a fare ricerche su Internet. Dal momento che provenivo da un ambiente scientifico universitario, non potevo che buttarmi sulla “semplice” e pura fisica: buchi neri, warmholes (cunicoli spaziotemporali), tachioni e altra roba molto affascinante, ma che rimane tutt’ora mera speculazione, perché ancora la scienza non ha trovato un modo per viaggiare nel tempo (o forse sì?), anzi, ci sono molti fisici che ridono al solo pensiero di un macchina del tempo. Eppure Einstein aveva trovato delle equazioni che in teoria avrebbero permesso il viaggio nel tempo, ma allora perché in pochissimi se ne preoccupano? Così mi son detta: “va bene, la scienza potrà aiutarmi non prima di qualche centinaio di anni, ma a me la soluzione serve ora!”, e ho continuato le ricerche.

Per molti è quasi inconcepibile viaggiare nel tempo, perché poi ci sono i paradossi vari, come il “paradosso del nonno” e altre illogicità che fanno impazzire i più. A quel punto mi sono sentita desolata, il mio problema non aveva una soluzione, non avrei mai accettato (e tutt’ora non accetto) che le cose fossero andate nel modo sbagliato. Così ho iniziato a pensare che forse la scienza non ha proprio tutte le risposte che cercavo, forse avrei dovuto dirigere il mio interesse altrove: il paranormale. Ho fatto diverse ricerche anche in questo campo, ciò che si avvicinava di più a quello che stavo cercando io erano i sogni lucidi e i viaggi astrali. Ho pensato che tramite questi si potesse quantomeno rivedere il passato, poi tentare di cambiarlo. Tutti parlavano di viaggi astrali, ma nessuno sapeva se attraverso essi si potesse andare indietro nel tempo, anzi, anche se non lo sapevano dicevano che era impossibile. Nessuno dei siti e nessuno delle persone di questi siti sapevano aiutarmi. E poi è arrivata l’Accademia di Coscienza Dimensionale. In realtà l’ho trovata all’inizio del mio percorso di ricerca, ma siccome ero ancora chiusa a tematiche paranormali e spirituali, ho lasciato perdere. Poi, dopo più di un anno mi è tornato in mente questo sito, così l’ho riaperto, ed è stato come una boccata di aria fresca, un sollievo. Finalmente una persona che non pensava che il viaggio nel tempo fosse solo fantascienza, ma anzi, che è una cosa reale e realizzabile. Ho riavuto una speranza e non mi serve altro. Poi ho scoperto tante altre cose e forse anche la mia brutta esperienza non è stata proprio “casuale”, ma l’importante per me è stato avere una mano che mi aiutasse a rialzarmi, una voce amica che mi dicesse che va tutto bene, anche quando sembra che va tutto male, che tutto ciò non è reale e che io posso decidere qualunque cosa della mia vita.

Adesso sono ancora nella fase “work in progress”, e ci metterò tutto il mio impegno per arrivare al mio obiettivo, e oltre.

 

Emanuela C.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

L’emozione del parto e l’educazione dei figli

Pagina 1 di 1

Cosa vuol dire per me essere madre? Tantissimo, fin da piccola volevo esserlo è una cosa che sentivo di dover fare da sempre non so perché. Ho 36 anni e sono madre di due figli stupendi, un maschio di 12 anni e una femmina di 9. Ogni giorno è un’avventura con loro dal momento in cui li senti dentro di te.

Per molte donne il parto è una cosa che fa paura e nei nove mesi che lo precedono sono agitate e pensano a questo momento con ansia. Non bisogna, Dio ci ha creato per fare questa bellissima esperienza con naturalezza e a mio parere è un dono. Gli uomini non possono sapere cosa si prova a sentire una vita dentro di te che si muove, è una sensazione fantastica di infinito, quindi siamo fortunate. Ovviamente un po’ di timore è normale quando non si sa a cosa andiamo incontro , però non dobbiamo farci rovinare il momento, la medicina al giorno d’oggi ha fatto progressi e possiamo stare tranquille.

Il parto per me è stato un momento indimenticabile, emozionante, lasciando da parte il dolore fisico che è sopportabile, è incredibile sentire il tuo corpo che si modifica per far nascere una vita e il tutto avviene naturalmente e capisci che Dio è li con te e ti sentì protetta. Il momento in cui nasce tuo figlio e senti il suo primo pianto, wow, non so spiegare perfettamente a parole quello che si prova, almeno per me: amore senza confini, vita, gratitudine, che la morte non esiste, l’inizio di un nuovo percorso di vita, insomma il cuore mi batteva all’impazzata ed ero in una centrifuga di emozioni. Poi c’è l’allattamento che è una cosa stupenda, pensare di nutrire tuo figlio con il tuo corpo e in quel momento sentirsi legati totalmente, provi un senso di protezione verso di lui che è incredibile.

A un certo punto iniziano a crescere, i primi dentini, i primi passi, le prime cadute, i primi malanni non è facile ma bisogna fare esperienza, ho fatto i miei errori e da quelli ho imparato tanto. Col primo figlio ero troppo apprensiva e alla fine era peggio perché gli trasmettevo ansia che si ripercuoteva sul suo carattere diventando agitato. Con la seconda non ho commesso lo stesso errore infatti era più tranquilla. Per quanto tu voglia proteggerli devono fare le loro esperienze, cadere, sbucciarsi le ginocchia, litigare con gli amici, saper perdonare, formare il loro carattere. Il percorso è lungo e il nostro compito di genitore è accompagnarli, consolarli al momento del bisogno ed essere dei buoni consiglieri lasciandoli liberi di fare le loro scelte senza influenzarli. Questo è molto difficile ma è una bellissima avventura, a volte mi sembra di vivere in un film in cui sto cercando di fare il regista. Rispetto ad anni fa, prima di incontrare una scuola spirituale stupenda (Accademia di Coscienza Dimensionale) in cui sono riuscita a trovare il modo di avvicinarmi a Dio veramente, sono cambiata. Ho imparato che per amare e aiutare i propri figli devi prima trovare un tuo equilibrio e capire che con loro è un dare e ricevere. I bambini sono troppo forti e guardandoli ti ricordano che basta poco per essere felici, un sorriso in più, una coccola, giocare insieme, non portano rancore e la rabbia gli passa in fretta, loro vivono l’attimo e a volte imparo da loro. I figli non sono una tua proprietà e devono vivere liberi e quando andranno per la loro strada bisogna essere felici per loro anche se ti mancheranno.

Sto lavorando molto su me stessa e una cosa che ho capito è che quando si è troppo legati ai figli bisogna tagliare il cordone che ci lega e ricordarsi che non si è solo genitori su questa terra ma esseri umani con una propria coscienza che ha bisogno di essere nutrita di conoscenza per capire veramente chi siamo. Non bisogna annullarsi per i figli ma nemmeno abbandonarli nel momento del bisogno per egoismo personale, sto cercando di fare del mio meglio e continuerò fino alla fine crescendo insieme a loro. Auguro un buon viaggio a tutti i genitori e ai nuovi che verranno.

Emanuela B.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

La mia esperienza con il cancro: mai abbattersi!

Pagina 1 di 2

Sono qui a raccontare una mia esperienza abbastanza tosta che mi ha portata a comprendere in profondità me stessa ed il mio più alto concetto evolutivo e di Dio. Qualche anno fa ho vissuto un lungo periodo di stress lavorativo economico e sentimentale tutto insieme, durato circa un anno con conseguenza di stanchezza sia fisica che mentale e purtroppo il mio pensiero era sempre fisso e stabile su quel problema, nonostante fossi consapevole di accumulare negatività e quindi di somatizzare, non riuscivo a far fluire, in quanto non accettavo quella situazione. Poco tempo dopo mi viene diagnosticato un carcinoma duttale infiltrante al seno. Premetto che avevo iniziato un percorso di crescita personale anni prima e spirituale poi, beh era giunto il confronto con me stessa e le mie credenze filosofiche. Forse non ho realizzato subito perché sulle parole di rimprovero del mio amico medico di famiglia il quale mi esortava  incavolato a fare subito esami specifici, io quasi gli ridevo in faccia. In famiglia avevo detto di dover togliere una ciste e questo era fino a quando non avessi avuto l’intervento che mi fu fatto da un carissimo amico che poi mandò a fare un istologico.

Una volta arrivati i risultati mi indirizzò da medici di sua conoscenza  non a Napoli ma a Caserta, mi sentivo bene non lavorai per un mese dopo l’intervento perché il lavoro che facevo per la ferita che avevo non era appropriato. Il senologo insieme ad altri medici, mentre mi visitava parlava con i colleghi del procedere al secondo intervento ed io sempre lì tranquilla e sorridente sotto lo sguardo incredulo di mia sorella e di un amica che mi avevano accompagnata, e allo stesso tempo vedendo la mia serenità venne il dubbio ad uno dei medici che io fossi ignara della diagnosi, il professore mi guarda e mi dice: “lei sa  della sua diagnosi?” Certo, gli rispondo dicendogli la diagnosi, lui mi sorride e rivolgendosi agli altri dice: “visto? Lo sa”.

La mia serenità nasce dalla fiducia totale in Dio e ciò significa non dubitare mai anche se è accaduto qualche giorno dopo aver avuto i risultati. Scendendo di sera da lavoro venni assalita improvvisamente dal panico avevo un dolore al fianco e pensai che il cancro stava prendendo piede in altre parti del corpo. Alzai lo sguardo al cielo – era pieno di stelle – fu un attimo e dissi tra me e me: cosa fai, stai venendo meno alla fiducia in Dio, qualsiasi cosa accade è il meglio per te. Da quel momento non ho più avuto paura nemmeno di morire. Ho due figli maschi e felicemente separata il mio dolore era per i miei figli, il primo mi fece promettere di comunicare prima a loro i risultati ma non mantenni la parola per proteggerli fino alla fine dal dolore. Quando lo dissi a mia sorella (è più piccola di me di 17 anni), scoppiò in lacrime, con tono deciso le dissi che non doveva compatirmi se voleva il mio bene e di non piangermi addosso in quanto sarebbe stato negativo al mio percorso e di essere positiva.

I giorni passavano e i miei figli non erano ancora a conoscenza, mia sorella minacciava di dirlo e una sera si presenta a casa e racconta la verità a mia madre e ai miei figli, mia madre scoppia in lacrime e scappa in camera da letto. Io ero seduta sul divano con i ragazzi, il primo furibondo si alza di scatto accusandomi di non aver mantenuto la promessa e scappa in bagno e il più piccolo rimane appoggiato con la testa sulla mia spalla per un ora, avrei dato qualsiasi cosa per evitare quel dolore. Calmati  gli animi presi il coraggio e dissi loro che se volevano aiutarmi non dovevano essere tristi ne avere paura di perdermi e vivere nella normalità ma soprattutto non piangermi addosso.

Pagina 2 di 2

Ho continuato a lavorare fino al successivo intervento, ho avuto una quadrantectomia e tolti 4 linfonodi ascellari. Cercavo di essere sempre presente a me stessa il giorno prima dell’intervento, i medici stavano programmando  l’intervento quando sento: asportazione del capezzolo, chiedo il motivo. Il professore dice che potrebbe essere infettato, quel potrebbe rimbomba nella mia testa, dice di avermi parlato di una eventuale ricostruzione, gli chiedo perché dovrei ricostruire qualcosa se il mio potrebbe essere sano e gli chiedo se c’è un esame per poterlo stabilire. A quel punto lui dice al collega di fare un estemporanea durante l’intervento, sono entrata in sala operatoria con la speranza di uscire con il mio capezzolo, non so dirvi la mia felicità quando ad aspettarmi fuori mia sorella appena ho aperto gli occhi mi ha detto che non mi avevano portato via il mio capezzolo.

Dopo due giorni sono uscita. Il professore mi sorrideva e diceva che ero speciale, mai un giorno senza sorriso. Mi recavo lì settimanalmente per drenaggio e punti, il professore era un tipo ottimista sempre allegro, ma un suo collega che avevo notato da subito aveva un volto da peste infatti somigliava molto allo “jettatore” di un programma serale famoso, ed in uno di quei giorni il professore dice di non aver mai avuto una paziente come me, sempre serena e sorridente. Gli dico che è frutto di tecniche di meditazione, pensiero positivo imparate all’ Accademia di Coscienza Dimensionale, una scuola online di cui sono studente. Lui rivolgendosi all’altro dice: “cosa vi dico sempre io che voglio gente positiva che lavora al mio fianco, prendi nota del sito!”, poi mi guarda e mi fa: “tu potresti fare tanto nel reparto meglio della psicologa, purtroppo non tutte reagiscono come te.”

Dopo circa un mese riprendo il lavoro ma recandomi come prassi dall’oncologo apprendo la notizia del ciclo di chemio e radio, il medico mi dice che perderò tutti i capelli, la batosta più grande. Ho pianto tanto, prima ho iniziato ad accorciare i capelli per attutire lo choc, ma ho evitato di vedere il peggio quando un’amica che aveva in quel periodo il mio stesso problema mi ha rasata con la macchinetta, siamo andate insieme allo specchio e la mia reazione è stata beh, mi aspettavo peggio e sono scoppiata a ridere. Lei mi dice: bella reazione! io piansi. Durante le chemio arrivavano sempre persone nuove ed io ero sempre lì pronta a sostenerle ed a diffondere le mie credenze filosofiche. Ho voluto raccontare la mia esperienza perché ciò che è accaduto ne sono io responsabile pur sapendo che le emozioni negative se vengono trattenute somatizzano e creano malattia, ho accettato, chiesto perdono al mio corpo e amato il cancro lasciandolo poi andare. Ho acquisito il distacco dalle situazioni ed ho deciso di amare prima me stessa, poi gli altri e che nessuno può farmi del male se non sono io a permetterlo.

Antonella D.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Perché ho scelto di essere Vegan

Pagina 1 di 2

Sono passati 12 lunghi anni, la stessa età della mia compagna pelosa, una Labrador miele, il suo nome è Maya. Lei è stata il “motore” che mi ha dato l’energia per cambiare e rivoluzionare il mio stile di vita, in tutti i sensi.

Non avevo mai posseduto un cane, o meglio, da bambino incontrai un randagio che portai a casa, il quale, con mio sommo dispiacere, fu prontamente messo alla porta da mia madre; accettai l’imposizione (ma obiettivamente, lo era anche la mia nei confronti della famiglia) e dovetti riportarlo nel campo dove lo incontrai; ricordo ancora il suo sguardo.

Passano gli anni, tanti, il militare, il lavoro, il matrimonio, i figli, il lutto; sì lutto: ho perso mia moglie a causa di un grave problema al cuore, lasciandomi con due bimbe di 16 e 13 anni; vi lascio immaginare senza tediarvi troppo, altrimenti esco dall’argomento che vuole caratterizzare questo articolo.

Insomma le bimbe crescono, il tempo passa, il dolore si attenua ed un bel giorno, incontro la donna che diventerà la mia compagna, con cui ho condiviso subito la passione, in modo particolare per i cani; Lei, quando la conobbi, ne aveva uno, Joy, un meticcio simil Labrador che purtroppo ci ha lasciato meno di un anno dopo, con il quale instaurai un rapporto molto bello ma destinato a non durare. La prematura scomparsa di Joy e la disperazione della mia compagna, mi indusse a fare un po’ di ricerche, cercando le caratteristiche salienti delle varie razze e ovviamente cercai quelle che più si adattassero alle mie abitudini e stili di vita; fu così che la scelta cadde sul Labrador retriever. Fui fortunato, quando arrivò fu amore a prima vista.

Durante le ricerche, prima della scelta, mi imbattei in un sito (http://www.vegfacile.info) che inizialmente, per come era impostato graficamente, mi attirò per la sua semplice configurazione e la sua offerta particolare: “diventa vegan in 10 passi”. Sul momento non approfondii molto, ero alla ricerca del cucciolo, salvai quindi la pagina, con la consapevolezza di tornare a visitarla in un secondo momento, e in effetti fu così.

Devo però premettere anche un’altra cosa importante, che mi ha fatto tornare sul sito: la visione di un film, decisamente importante, anzi, direi che è stato l’ingranaggio che ha fatto muovere il meccanismo della mia scelta che può sembrare una moda ma non lo è, può sembrare una setta ma non lo è, può sembrare un movimento politico ma non lo è; scegliere la vita è vegan. Il film di cui parlo è: “Earthlings”.

 

Qui, se volete, potete vedere la versione con sottotitoli in italiano:

( https://www.youtube.com/watch?v=q_bcWN5Xaog )

Ebbene, la visione di questo film/documentario, mi ha cambiato la vita, portandomi a conoscere e soprattutto capire, cosa significa l’alimentazione onnivora, cosa c’è dietro, cosa c’è nel “semplice” hamburger, cosa c’è, nella fettina o nell’arrosticino oppure nelle scarpe che indossiamo, nel collo di pelliccia della giacca, nelle “semplici” uova o nel “semplice” latte o, nel ”semplice” pesce che forse è il più maltrattato di tutti, poiché non emette suoni quando muore asfissiato per la mancanza di acqua, quindi per la coscienza è più facile da accettare: ”non grida, ergo non soffre”.

Pagina 2 di 2 

Quindi, dicevo, la ricerca mi ha donato per la prima volta in vita mia, se così posso dire, consapevolezza, presa di coscienza, o se volete l’inizio della mia presa di coscienza, che non si è mai interrotta, anzi, è aumentata nel tempo, fornendomi lo stimolo continuo nel leggere di più, nello studiare di più, facendo crescere di pari passo anche la spiritualità, insita nel “non uccidere”. Tiziano Terzani diceva: ” Come si può allevare la Vita, per ucciderla e mangiarsela?! Come si può tenere in delle spaventose… spaventose gabbie, milioni di polli a cui bisogna tagliare il becco per evitare che si feriscano tra loro, impazziti come sono, come si può chiudere un vitello, che è bello, in una scatola di ferro, perché cresca anchilosato e anemico, in modo che la sua carne rimanga bianca?! “.

 

Vorrei anche evidenziare che questo mio articolo non vuole coartare nessuno, ma semplicemente far capire e far aprire gli occhi a chi legge, oltretutto il veganesimo è più eco-sostenibile, è possibile stare meglio fisicamente, è possibile capire cosa abbiamo ingerito per anni ed anni senza poter mai capire cosa ci faceva star male e quale era la faccia nascosta della medaglia.

L’ecologia sarà irrimediabilmente compromessa, se l’uomo non cambierà il suo modo di alimentarsi. Dovete sapere che la maggior parte dei gas serra sono emessi dagli allevamenti intensivi e per produrre un Kg di carne occorrono 15000 litri di acqua ed almeno un Km quadrato di terreno, viceversa con la stessa quantità di acqua e terreno, è possibile creare cibo sufficiente per almeno 1000 persone.

Potrei continuare ancora per molto ad elencare le differenze, ma credo che questo spazio non sia sufficiente, è un semplice articolo e in quanto tale serve solo ad esternare queste verità, per far prendere un minimo di coscienza a chi legge su cosa vuol dire nascere animali in questo pianeta. Magari nel prossimo articolo, vi svelo cosa mangiano i vegani.

 

Paolo A.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Tutto è possibile: essere ambiziosi, coraggiosi e risolutivi nel proprio percorso di vita

Pagina 1 su 4

Quando ero piccola non si parlava di dislessia, nessuno aveva idea delle difficoltà di un bambino discalculico, dislessico, mancino e apparentemente asociale. Un bambino che non riusciva a leggere correttamente i testi, che confondeva i numeri mescolando i risultati, che voleva usare la sinistra ma che tutti dicevano che era sbagliato: la sinistra era la mano del diavolo. Un bambino così era emarginato, considerato alla stregua di un ritardato, deriso da tutti, un bambino così non avrebbe mai potuto arrivare da nessuna parte. Figuriamoci una bambina.

 

Questa consapevolezza di inferiorità mi segnava la vita. Ero sempre l’ultima, la più piccola, la più brutta, la più stupida. Giocavo da sola e stavo ore su libri che non capivo. I miei genitori mi avevano fatto seguire nello studio da una maestra orribile, che mi schiaffeggiava ogni volta che non capivo. Potete immaginare quanti schiaffi prendevo durante le ripetizioni. Una zitella spaventosa con un nasone adunco e due occhietti piccoli e maligni. Ogni lezione era un calvario ma, intanto non miglioravo affatto. Raggiunsi per merito di non so quale grazia ultraterrena, la quinta liceo scientifico. Ma l’esame di maturità mi terrorizzava. Io non mi sentivo per niente matura, affatto preparata, per nulla meritevole. Così, a fine febbraio dell’ultimo anno, lasciai la scuola per non tornarci più. Accaddero molte cose in tutti gli anni seguenti, tante da scriverci un romanzo. Visto che leggevo a stento, provai un’altra strada: passai all’arte. Disegnavo molto bene ma non solo: cantavo, recitavo, ballavo. In poco tempo mi capitò un’occasione d’oro. Un’artista famoso assunse me ed il complesso rock con cui lavoravo e calcai le scene italiane e francesi per diversi anni. Feci molti tour e conobbi moltissimi personaggi famosi del tempo, lavorai per la RAI, per la TV francese, per Berlusconi appena affacciato sul mercato nazionale. Ma il senso di inferiorità che gli anni della mia infanzia mi avevano appuntato addosso non mi abbandonava. Il giorno che un primo ballerino dell’Opera di Parigi mi disse di partire per la capitale francese per studiare all’accademia di danza in cui lui insegnava, per essere poi avviata alla carriera di ballerina, io riuscii solo a fuggire. No, non ero all’altezza, non sapevo studiare in italiano, figuriamoci in francese!

 

Così tentai ancora una strada diversa. Amavo i cavalli: aprii un maneggio sull’Appennino tosco emiliano. Divenni brava: insegnavo equitazione, avevo parecchi cavalli, vivevo nella natura. Ma per poter qualificare la mia attività sul mercato dovevo diventare istruttore di equitazione. E per diventare istruttore dovevo fare una scuola dura, e passare molti esami. E non ero all’altezza. Avrei fatto una pessima figura e tutti avrebbero riso di me. Per una strana assurdità, riuscii solo a diplomarmi come infermiera. Un lavoro che mi rendeva triste, che mi faceva paura, che mi procurava infinita sofferenza. Lontana dalle scene dello spettacolo, dai costumi, dai colori, dalle allegre compagnie, lontana dai cavalli, dalle lucciole estive, dalle infinite distese boschive e dalle immense piane, mi ero rintanata nelle corsie di un ospedale, a vedere la gente soffrire, piangere, morire. A vivere il male in ogni suo più terribile aspetto. Sempre più piccola e sempre più sola. E sempre meno meritevole. Anche qui accaddero molte cose, alcune belle, altre terribili, che non sto a raccontare. Tra quelle belle, ebbi due figlie. Due splendide bambine che mi diedero un coraggio da leone. Il padre dimostrò quasi subito di essere un uomo malvagio. Era terribile, giusto quel tipo d’uomo che una persona convinta di non essere meritevole come ero convinta io, poteva permettersi di avere. Era un violento, un prevaricatore. Parecchio più grande di me, faceva da padre padrone. Ma le figlie mi diedero un coraggio inaspettato: il coraggio che solo una madre può avere.

Pagina 2 su 4

Dopo anni di sofferenza e umiliazione mi parai davanti a quel bruto, cacciai tutta la sua roba fuori della finestra, chiamai i carabinieri e gli intimai di lasciare la casa che peraltro mantenevo io pagando affitto e utenze e occupandomi integralmente delle mie figlie, della loro cura e della loro educazione. Era ora di riprendere in mano la mia vita. Avevo due creature da crescere, non potevo più essere debole, insicura, in balia delle cattiverie del prossimo che si accaniva su una donna vista, a quei tempi, come una poco di buono, incapace perfino di tenersi il marito.

Il prezzo da pagare fu altissimo. E io lo pagai tutto, fino all’ultimo centesimo, senza sconti, senza nessuna comprensione neppure da parte della famiglia, che avevo evidentemente, deluso profondamente. Ma non tutti sanno che una mamma sola può essere una potenza ineguagliabile, una forza della natura, un titano invincibile. E io lo fui.

 

Cominciai un percorso di autostima. Mi iscrissi a tutti i corsi possibili. Lavoravo, mi prendevo interamente cura delle mie creature e studiavo. Studiavo di tutto. Tutto quel che capitava che potesse condurmi a diventare completa, autonoma, che mi infondesse coraggio e fiducia in me stessa. A volte mi capitava di frequentare cinque corsi alla volta. Il giorno durava ben più di 24 ore e la notte non era fatta per dormire ma per imparare a vivere. Ricordo che mi iscrissi ad un corso davvero incredibile, esaltante, alla fine del quale avrei imparato a camminare sui carboni ardenti senza procurarmi nemmeno la più piccola bruciatura e altre cose che la mente umana fatica a concepire come piegare tondini di metallo con il punto più delicato del collo e altre sfide basate sull’energia dell’intento e della convinzione.

 

La notte che mi trovai difronte ad un tappeto di braci infuocate da percorrere sfidando apparentemente le leggi della fisica capii che tutto è possibile. Non esitai un istante, passai sulle braci una volta e poi ancora e ancora. Sentivo sotto ai piedi lo scoppiettare del fuoco, i grani dei tizzoni sembravano chicchi di riso soffiato. Erano amici. Amici della mia evoluzione, amici della mia rivincita. Ho amato il fuoco da quel giorno, il suo ardere in me come portatore di vita, di lotta, di vittoria. Molti si ustionarono quella notte. Non io. Io bruciavo più di quegli ottocento gradi sui quali i miei piedi volavano ringraziando ad ogni passo il dono che il fuoco mi stava facendo. Del resto non sarà stato un caso il fatto che, anni più tardi sposai un Vigile del Fuoco. L’unico in grado di tenermi un po’ a bada.

 

Nel frattempo, dove erano le mie figlie? Con me ovviamente. Le portavo a scuola, le aiutavo nei compiti, le portavo a divertire. La piccola suonava il piano e girava l’Italia per concerti, la accompagnavo e gioivo dei suoi successi. La grande amava gli animali, era volontaria al canile e io le facevo da supporto, la aiutavo a rieducare i cani caratteriali e mordaci. Presto aprimmo un piccolo centro di accoglienza per animali abbandonati e tutte quelle creature ci ripagavano con un affetto ed una riconoscenza immensi.

 

In tutto questo vortice inarrestabile decidemmo di trasferirci in Giappone, animali compresi, ovviamente. Le mie figlie erano legate a due ragazzi giapponesi, così partimmo per esplorare un po’ la zona orientale del mondo. Studiammo il giapponese per poi decidere che sì, era molto bello il Giappone, ma i giapponesi erano insopportabili, molto simpatici ma viverci…eh no, non si poteva. Solo lavoro e lavoro: 70 ore di lavoro settimanali erano davvero troppe per noi! Pregai che le mie figlie non si innamorassero di due australiani o di qualcuno di Bora Bora o di qualche sudafricano di passaggio.

 

Lasciai lo studio del giapponese e iniziai quello dell’ebraico. Mi pareva che, per capire se la Bibbia fosse stata tradotta in maniera corretta fosse impossibile affidarsi ai traduttori ufficiali. Non ero mai stata cattolica e non credevo affatto alla storia della costola di Adamo e a tutte quelle cose terribilmente discriminatorie e violente che avevo studiato per anni sugli antichi testi.

Pagina 3 su 4

Così studiai l’ebraico. Lo studiai per tre anni. Il tempo di capire che la traduzione biblica non corrispondeva per niente agli scritti ebraici del Vecchio Testamento.

 

Nel frattempo lavoravo e studiavo tutto ciò che mi capitava a tiro e scoprii ben presto, ad un corso di memoria e lettura veloce, che la dislessia non sempre rappresentava uno svantaggio. Non riuscire a leggere riga dopo riga quando a colpo d’occhio si comprende il significato di un intera pagina non era poi così male. Andavo nelle librerie e, per scegliere i libri che mi interessavano scorrevo le pagine in pochi minuti e dopo aver individuato importanti paragrafi decidevo se acquistare o servirmi dei concetti che mi interessavano, memorizzandoli.

Ma mancava un passaggio importante, io non avevo neppure il diploma di maturità e questa cosa tormentava i miei sonni ormai da anni. Non avevo soldi per pagarmi la scuola così iniziai a dipingere e cominciai a pagarmi le rate per lo studio con i miei quadri. Gli anni integrativi mi costarono quasi 5000 euro, un vero furto, ma vendetti abbastanza per racimolare l’intera cifra. Dato che avevo fatto il liceo scientifico pur essendo un disastro in matematica decisi di cambiare corso e di darmi alla psicopedagogia. Lo studio era diverso dalla semplice lettura. Per leggere potevo far volare gli occhi sulle pagine e cogliere sufficienti parole per comprendere il senso del testo. Ma studiare era differente. Imparare a leggere riga per riga fu un lavoro che mi costò anni di fatica. Dato che avevo un ottima memoria visiva mi aiutai con quadri, foto, film, documentari, cercando di entrare nel periodo, nella persona, nel senso delle cose visualizzando. Le date poi erano un incubo. Per chi leggeva i numeri all’incontrario o dal basso all’alto, mescolandoli tutti, ricordare le date storiche faceva venire gli incubi anche senza prendere sonno. Così studiai uno stratagemma: mi inventai delle filastrocche ridicole legate agli eventi da studiare, delle cantilene come quelle che si insegnano ai bambini per far loro ricordare le tabelline o i mesi. In due anni di acrobazie sui libri arrivai al giorno della maturità. Avevo 52 anni, credo di essere stata sufficientemente matura! Non scorderò mai quei momenti, il sogno di una vita, la mia rivincita, il mio successo, la mia vittoria. Non avevo trascurato nulla. Non avevo mai mancato nessun dovere, ero sempre presente al lavoro, ero sempre accanto alle mie figlie e ora, stavo per diplomarmi. Passai con ottimi voti. Ricordo sempre che, pur detestando lo studio della storia feci un tema storico talmente perfetto che la professoressa non mi interrogò. Mi disse solo: “in cinque facciate di protocollo lei ha riassunto con una dovizia di particolari inconcepibile 100 anni della nostra storia, da lei non voglio sapere altro”.  Quel diploma non era un successo scolastico ma un successo di vita. Il mio riscatto.

Ovviamente non volli fermarmi. Se avevo potuto diplomarmi beh…avrei anche potuto laurearmi! E poi magari specializzarmi!

 

Oggi, dopo tanti anni di lotte e sacrifici sono diventata dottore in storia, laureata con il massimo dei voti. Non ho affatto superato la mia dislessia, ci convivo e continuo ad usare stratagemmi per memorizzare e a faticare il triplo delle persone che leggono normalmente libri fatti per persone senza difficoltà di apprendimento. Oggi la dislessia è riconosciuta, ci sono sostegni ed aiuti e nessun dislessico è più considerato un ritardato. Ma non è tuttora facile per queste persone con abilità differenti perché comunque i testi sono scritti e pensati per persone cosiddette “normali”, così come tutte le porte e le finestre sono fatte per essere aperte dai destri e non dai mancini.

Alla fine continuai gli studi, un esame dopo l’altro arrivai dove sono adesso: alle porte della mia laurea magistrale in scienze storiche ad indirizzo antropologico. Un titolone accademico, un grande bagaglio culturale, umano, una vittoria di una bimba timida ed introversa, troppo minuscola, troppo spaventata, troppo insicura per credere da subito che il mondo fosse anche suo.

Pagina 4 su 4

Tuttavia il traguardo di una vita è ancora lontano. Non sono i titoli che fanno di una vita un successo. L’esistenza è diventata difficile. Ci sono dolori insopportabili, sfide apparentemente impossibili da vincere. Ad una certa età le delusioni, le difficoltà affrontate diventano un bagaglio faticoso da portare sulle spalle. Spesso il pensiero che sia stato tutto inutile, che non si sia riusciti a trasmettere dei valori importanti ai propri figli perché questo mondo è stato più forte di noi, rende la vita una sofferenza. Un senso di fallimento può impossessarsi di noi e farci sentire inutili e falliti.

Ed è in quel momento che la grande rivelazione deve illuminare il nostro cammino.

In questo senso e dopo anni di approfondimenti, dopo aver sondato tutti i sentieri spirituali, ho trovato ciò di cui avevo davvero bisogno, l’Accademia di Coscienza Dimensionale (ACD) è stata la via maestra per lasciare alle spalle il dolore e la delusione, per pensare che tutte le mie fatiche non sono state inutili, perché se non le avessi fatte ad ACD non ci sarei neppure arrivata. Ma che cosa ha ACD in più di altri sentieri? Per lo meno: che cosa ci ho trovato io per sceglierla? Bene, ACD è costanza e perseveranza ma ACD è soprattutto pratica e risultati visibili di tale pratica! Ho meditato per anni, non ho mai ottenuto nemmeno un decimo di ciò che sto ottenendo adesso. Sapevo che doveva esserci il modo per far sì che tutte le capacità che fin da piccola sentivo di avere avrebbero potuto essere sviluppate. Avevo imparato quel che basta della fisica quantistica per sapere che i miracoli sono fenomeni spiegabili diversamente, che l’energia è viva e si può dirigere, che il pensiero è azione. Ma non avevo le idee chiare su nulla di tutto ciò e soprattutto, non sapevo come far crescere le mie potenzialità, evolvere spiritualmente in maniera concreta e rendere tutto questo una realtà e non solo un bel pensiero assolutamente immaginario.

Vedere così tanti giovani tra le file dell’Accademia mi dà una nuova speranza. E mi fa dire a voi ragazzi di lottare, perseverare senza indugio. Perché la vita materiale non arriva se non ad un certo limite. Ma la cultura, la capacità di mettersi alla prova e superarla, la capacità di avere padronanza dei mezzi anche materiali che la vita ci mette a disposizione, come l’avere conoscenza in modo da superare le obiezioni e diffondere un messaggio credibile, bene, queste sono tutte cose da conquistare.  E la conquista non è opera di due giorni, non si concede superficialmente ma si mostra solo ai più determinati. A tutti coloro che credono veramente che “Tutto è Possibile!”.

 

Ringrazio Angel (la fondatrice di A.C.D.) della sua dedizione, del suo coraggio, della cura che ha per noi e della forza che ci infonde.

 

Yousei

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

L’importanza della “modalità offline” sul proprio telefono

Pagina 1 su 1

In questo breve testo vorrei spiegare perché sarebbe meglio mettere in modalità offline il proprio telefono durante il riposo.

In quanti si sono sempre detti “ma cosa farà mai il telefono acceso durante la notte? Ma cosa potrà mai succedermi? Ma tanto si muore di tutto al giorno d’oggi.”

Ci sono molti studi dietro, tuttavia ancora moltissime persone dormono tranquille e beate con il telefono acceso, addirittura ci dormono insieme.

A volte il telefono è lontano un metro dal luogo di riposo e nei casi peggiori addirittura sotto il cuscino. Si dice sia dannoso, perché?

Innanzitutto le radiazioni prodotte dai telefoni sono definite come non ionizzanti ovvero che non “ionizzano” le molecole, la ionizzazione delle molecole del nostro corpo da parte delle radiazioni non è infatti la cosa più piacevole per il nostro organismo e accade ad esempio con le radiazioni nucleari. Queste a loro volta possono essere prodotte da campi ad alta frequenza e a bassa frequenza. Quelle più dannose sono prodotte dai campi ad alta frequenza e sono di particolare interesse quelle provenienti dai cellulari, quelle con cui abbiamo a che fare CONTINUAMENTE.

Secondo varie ricerche è stato scoperto ad esempio che questi campi elettromagnetici ad alta frequenza possono causare seri problemi a vari organi: nell’occhio si può avere la perdita della trasparenza del cristallino, con conseguente cecità. Si possono avere danni all’apparato riproduttivo, addirittura sterilità temporanea o permanente. Un’ora di conversazione al telefono causa l’innalzamento di temperatura del cervello, di circa un grado centigrado. Questi sono solamente esempi di ciò che possono causare, ma è ovvio che possono causare molti più danni di quelli elencati. Chi dice che non sarà stata proprio stanotte in cui ho tenuto il telefono acceso ad avermi causato il mal di testa tutto il giorno? Magari il mio cervello ha subìto tante di quelle radiazioni durante la notte perché mi sono arrivati molti messaggi e adesso sta cercando di riparare i danni subiti. Chi ti dice che i dolori muscolari non siano stati causati dal telefono acceso? D’altronde anche i muscoli sono formati da cellule no? Quindi perché non dovrebbero poter venire danneggiati da queste radiazioni.

Tutto ciò vale anche per gli elettrodomestici quali , TV , console per videogiochi e tutto ciò che potete e dovete spegnere durante la notte!

In molti diranno che non è niente di nuovo, che si sa che i telefoni e gli elettrodomestici possono provocare malattie, ma sembra quasi che finché non capiti davvero nessuno ci creda ed io ho voluto ribadirlo perché spero che ci siano sempre meno danni causati da questi strumenti, che ci migliorano la vita ma che vanno anche saputi utilizzare.

In questo spero ,che dopo questo articolo le persone mettano la modalità offline, ma soprattutto spengano gli elettrodomestici che non serve rimangano accesi durante la notte, soprattutto quelli in camera da letto!

Gianluca V.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

L’amore fa nascere amore: portare avanti una gravidanza nonostante i rischi di malformazioni

Pagina 1 su 2

Quando rimasi incinta di Marcello ero davvero felice ed entusiasta ma anche piena di dubbi ed incertezza per tutto quello che mi stava accadendo. Diventare mamma, avere in grembo un bambino, prendermene cura.

Sarò all’altezza? Come cambierà la mia vita?

E visto che tutto era nuovo per me iniziai a documentarmi sullo sviluppo del feto, cosa era meglio mangiare, come mi sarei dovuta preparare al parto. Ed iniziai a prendermi ancora più cura di me. Volevo essere all’altezza di tutto quello che sarebbe stato il mio cambiamento.

 

Iniziarono tutte le visite mediche di routine, prelievi del sangue, ecografie, sembrava  che tutto andasse bene.

Ma quando arriva il giorno dell’esame morfologico il medico mi chiama nel suo studio, mi fa sedere e mi mette davanti un foglio ed una penna affinché io, alla fine della conversazione, firmassi per presa visione delle cose. Già in quel momento mi sento il cuore in gola. Cosa stava succedendo?

Mi dice che il bambino aveva sviluppato delle cisti nei plessi coroidei, anche di dimensioni grandi.

Questo aumentava di molto il fatto che poteva manifestare delle malformazioni fisiche e dovevo prendere una decisione. Portare avanti una gravidanza a rischio o decidere di andare incontro alla sorte e sperare nella possibilità che sarebbe nato senza problemi. Quella sera la mia iniziale disperazione diventa subito certezza.

Io lo sentivo crescere dentro di me. Lo sentivo vivo, Lo amavo. Non gli avrei mai fatto del male a prescindere di come sarebbero andate le cose. Ma ho sempre saputo che lui stava bene.

I giorni seguenti inizio ad affinare la sensibilità verso di lui. Tocco sempre il pancione, cerco un contatto con lui. Poi un giorno inizio a sentire il suo tocco da dentro. Sembrava mi chiamasse, allora io battevo le dita e lui appoggiava la sua manina in corrispondenza della mia.

Spesso per stanchezza mi addormentavo e lui si addormentava, mi accorgevo che quando io mi svegliavo lui si svegliava.

Avevo fatto diventare lise tutte le maglie a forza di massaggiarmi il pancione, ma volevo che mi sentisse e così io sapevo che lui stava bene. A volte appoggiavo le cuffie con della musica classica e l’ascoltavamo insieme. Poi leggevo a voce alta dei libri perché volevo che lui, una volta nato, riconoscesse la mia voce fra mille persone. Nessuno doveva  sapere quello che stavo passando. Nessuno oltre me e il mio compagno doveva conoscere il referto del medico. Non volevo dare dispiacere ai parenti. Sapevo che sarebbero diventati ansiosi tutti e mi avrebbero trasmesso il loro stato d’animo così decisi che nessuno doveva sapere delle cisti. Non ho mai dubitato , mai un giorno ho dubitato sulla sua salute. Sapevo che lui sarebbe stato un bambino sanissimo. Ne ero certa.

 

Ho cercato la benedizione di Dio e in poco tempo io e il suo papà decidiamo di sposarci.

Era una giornata di Gennaio e oltre tutte le aspettative era caldo e c’era un sole bellissimo a tal punto che parte del buffet lo degustammo all’aperto. Lui quel giorno era con me, davanti all’altare, davanti a Dio.

 

Arriva il giorno del parto.

Eravamo già arrivati a termine con le settimane di gravidanza e la mattina del 15 maggio inizio ad avere le contrazioni. Prendo la valigia con me e con mio marito mi reco in ospedale. Arrivano i primi dolori forti ma c’è poca dilatazione e mi faccio alcune docce per rilassarmi. Al pomeriggio mi fanno entrare in sala travaglio.

Ho il cuore a mille, le contrazioni sono sempre più dolorose, iniziano ad arrivare i miei parenti che si aspettano che da un momento all’altro Marcello esca dalla sala parto.

Le ore passano, Arriva la stanchezza, i dolori aumentano, la schiena sembrava si spaccasse ogni volta  che arrivava la contrazione, a volte urlavo dal dolore. Era insopportabile, terribile, nessun anestetico e non trovavo pace, a volte mi facevano stendere sul lettino ed ogni volta che spingevo si vedeva la testina ma ritornava indietro.

Era come se volesse restare dentro al pancione. Mi sento impotente, incapace, mi arriva lo sconforto. Arriva la sera. Perdo sangue, non ho più liquidi, sono disidratata perché dalla mattina ad arrivare alla sera non avevo avuto tregua ne per bere, ne per mangiare. Cambiano in sala tre turni di ostetriche.

Una ricordo che ebbe l’idea di mettermi uno specchio fra le gambe e mi diceva di guardare la testina che iniziava a vedersi.

Pagina 2 su 2

E quando guardai nello specchio e vidi tantissimo sangue iniziai a vomitare.

Ero sfinita, non avevo più forza, ormai è mezzanotte.

Mi viene in mente il bambino di mio fratello che circa un anno prima era morto durante il parto. Io non ce la faccio davvero più, mi viene da svenire, mi stendono, mi mettono l’ossigeno. Sono stremata. Non può finire tutto così mi dico, devono fare qualcosa, ma non ho più forza di parlare.

Entra in sala parto il ginecologo, fino ad allora non si era mosso a venirmi a visitare.

Mi si avventa sopra alla pancia, incrocia le braccia su di me e con tutta la sua forza mi spinge giù il bambino.

Adesso posso morire, mi dico dentro di me. Con un dolore così atroce posso solo che morire. Ma lo vedo, c’è il bambino, è riuscito ad uscire, lo sento piangere. Lo portano via d’urgenza in sala rianimazione. Io rimango da sola su una barella. Mi dicono di non muovermi, sono spaventata, ma so che il bambino sta bene. L’avevo sentito piangere.

Dopo un interminabile tempo  me lo riportano, e me lo appoggiano al seno. Piango, tutti i miei famigliari che erano entrati a salutarmi piangono.

L’ostetrica mi dice che non riusciva a nascere perché aveva il cordone ombelicale legato nelle sue braccine e ogni volta che scendeva ritornava indietro come una molla.

Adesso Marcello compirà 13 anni il 16 maggio ed è un bellissimo ragazzino, pieno di salute, bravissimo a scuola, interessato alla musica, alla storia, e all’arte. È il mio orgoglio. Sapevo che sarebbe andato tutto bene.

Anche nei momenti peggiori sapevo che Dio non mi avrebbe abbandonata.

E adesso sono qui a raccontarvi che l’amore allontana ogni dubbio e ogni sofferenza.

 

Daniela G.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

Il ferro negli alimenti e i metalli in acqua

Pagina 1 su 1

A chi non è mai capitato di sentir parlare di alimenti ricchi di ferro o di alluminio nell’acqua? Che cosa si intende esattamente?

Quando si pensa al ferro, viene subito in mente il lingotto grigio e lucente, freddo al tatto e conosciuto per essere un materiale conduttore di elettricità e calore. Il ferro è certamente un metallo interessante, ci si attaccano le calamite, è poco costoso, è duttile, è il metallo principale della metallurgia.

Quando si parla del ferro in acqua o nei cibi non si fa riferimento al ferro metallico, perciò se vi dovesse venire in mente di mangiare polvere di ferro per aumentare il suo livello nel sangue toglietevelo subito dalla testa, è una sciocchezza.

Come ho già raccontato nel precedente articolo sulla chimica di base, i metalli tendono a disfarsi di alcuni dei loro elettroni per diventare così ioni positivi. Il ferro, simbolo chimico Fe, ha 26 protoni nel nucleo e di conseguenza 26 elettroni (esso è neutro).

Il ferro che si trova negli alimenti si presenta in natura in due forme: Fe+2 e Fe+3, che hanno rispettivamente due e tre elettroni in meno. Una così piccola variazione all’interno dell’atomo comporta un cambiamento radicale nella loro natura. Da lingotto di ferro a sale solubile in acqua. Ma ci pensate? Eppure è sempre ferro!

Anche tra Fe+2 e Fe+3 ci sono delle differenze. La forma più stabile è l’ultima, perciò il Fe+2 tende a perdere un elettrone per trasformarsi nell’altra forma.

Il nostro corpo è molto selettivo: assorbe soltanto il Fe+2, perciò se vuoi aumentare l’assimilazione di ferro puoi spremere un po’ di limone sopra la carne o sui legumi che stai mangiando. L’acido citrico contenuto nel limone convertirà il Fe+3 in Fe+2.

Esattamente come il ferro, tutti gli altri metalli possono cedere elettroni per trasformarsi in ioni positivi. L’alluminio per esempio può cedere tre elettroni per diventare Al+3, il rame può cedere uno o due elettroni per diventare Cu+ o Cu+2, e così via. Anche il sodio, il potassio, il calcio e il magnesio sono dei metalli nella loro forma 0, mentre in acqua ce li troviamo come ioni Na+, K+, Ca+2 e Mg+2.

Nelle acque troviamo in realtà molti di questi sali minerali e non tutti godono della stessa reputazione. Il sodio, componente principale del sale, è quello meno amato dalle persone perché attraverso la nostra dieta tendiamo ad assumerne più del necessario. Nonostante la grande pubblicità che si fa sul calcio, lui e il magnesio sono ospiti abbastanza indesiderati nelle acque perché tendono a formare incrostazioni (il cosiddetto calcare, ma anche i calcoli renali); per lo stesso motivo anche lo stronzio (Sr+2) non è molto amato (chissà perché…).

La concentrazione di magnesio e calcio viene indicata nelle acque alla voce “durezza”, espressa in gradi francesi (°f) che non sono i gradi Fahrenheit con cui si misura la temperatura.

Fino a 8°f abbiamo acque dolci, da 8 a 18°f abbiamo acque mediamente dure e sopra i 18°f abbiamo acque dure (cioè hanno una concentrazione più elevata di calcio e magnesio).

 

Davide D.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Chimica inorganica di base: impariamola divertendoci!

Pagina 1 su 4

La Chimica è qualcosa di proprio orribile, brutto, noioso… scherzo! Nonostante l’opinione generale, la chimica è una scienza proprio affascinante. Di solito non piace perché non ci si trova davanti un professore che te la faccia amare, esattamente come la fisica e la matematica.

La chimica a volte spaventa, ci sono molti termini: elementi, molecole, composti, isotopi, cationi, anioni, elettroni, protoni… fanno quasi paura se messi tutti accanto. Ma non temere! Proverò a spiegarti com’è fatta la materia che ci compone, cercando di essere il più chiaro possibile, sperando di non risultare pesante come i goffi professori che potresti aver incontrato nella tua carriera scolastica. Dopotutto gli atomi sono così simili a noi! Alcuni sono avidi, altri sono generosi, altri solitari, altri di compagnia, alcuni sono cacciatori di dote: caspita sono proprio come noi! Non ci credi?

Tutta la materia che ci circonda è costituita da atomi, che sono i “Lego” del Creatore. Sicuramente è stato molto più fortunato di me, visto che ne ha avuti più di un centinaio e tutti diversi, più grandi e più piccoli. Si deve essere proprio divertito a costruire questo nostro pianeta e tutto l’universo!

Com’è fatto un atomo? Il modello più carino che si utilizza di solito è quello planetario di Rutherford (anche se in realtà la situazione è un po’ più complessa), ovvero l’atomo è costituito da un nucleo e alcune particelle che gli ruotano attorno, un po’ come fanno i pianeti col Sole.

Il nucleo è costituito da due particelle: i protoni (che hanno una carica positiva, quelli rossi nell’immagine) e i neutroni (che invece non hanno nessuna carica elettrica, neri nell’immagine). Attorno al nucleo orbitano delle particelle di carica negativa: gli elettroni!

Anche gli atomi hanno un nome e ogni chimico che si rispetti ha il suo album con le figurine degli elementi, comprensiva anche delle loro generalità: la Tavola Periodica degli Elementi!

 

Pagina 2 su 4

 

Cosa sono questi elementi? La chimica non contempla il quintetto acqua-terra-aria-etere-fuoco, ma ha i suoi elementi, ognuno dei quali ha un nome.

Non potendo scrivere il nome intero di ogni elemento, nella tavola essi sono indicati con un simbolo. Per esempio H sta per “idrogeno”, C per “carbonio”, ecc. Il numero sopra il simbolo è il numero atomico che è il numero di protoni che si trovano nel nucleo. Perciò un atomo di idrogeno (H) ha un protone, l’elio (He) ha due protoni, il litio (Li) ha tre protoni, e così via. Siccome un atomo è neutro, ha lo stesso numero di protoni ed elettroni.

Ciò che distingue un elemento da un altro è perciò il numero di protoni nel nucleo. Così poco? Ebbene sì, un protone in più o in meno all’interno del nucleo determina un comportamento molto diverso. Per esempio: l’elio, che ha due protoni nel nucleo, è un gas molto leggero, famoso perché se respirato fa parlare per alcuni secondi come i personaggi dei cartoni animati, mentre il litio che ha solo un protone in più nel nucleo è un metallo che messo a contatto con l’acqua esplode. Che simpatica la chimica!

Gli atomi hanno un’altra cosa in comune con le persone: la maggior parte di essi non si sente completo e sente il bisogno di legarsi ad altri oppure di cambiare qualcosa di se stessi. Affascinante, vero? Prima però devo illustrare qualche concetto che mi servirà per spiegarmi meglio. Ho scritto prima che un atomo è neutro, ovvero ha lo stesso numero di cariche positive nel nucleo (protoni) e cariche negative attorno ad esso (elettroni). Un atomo però può prendere o cedere elettroni, perdendo così la sua neutralità. Un atomo non neutro viene chiamato ione. Più precisamente, se è caricato positivamente è detto anche catione, se caricato negativamente è detto anione.

Pagina 3 su 4

Mi è utile anche illustrare come sono disposte queste particelle nell’atomo, per spiegare meglio come si formano i legami tra gli atomi. Gli elettroni si dispongono attorno al nucleo seguendo uno schema ben preciso, una specie di anfiteatro. Prima occupano il primo livello, dove possono stare al massimo due elettroni, poi a seguire nel secondo e nel terzo dove in ognuno di essi possono stare otto elettroni (oltre le cose si complicano un po’ di più). In figura è rappresentato un atomo di Neon (simbolo chimico Ne), il cerchietto interno col simbolo chimico rappresenta il nucleo con all’interno protoni e neutroni. I cerchi grigi invece sono i suoi elettroni.

Affinché un atomo sia stabile deve avere i suoi livelli o pieni o vuoti, in chimica si parla della regola dell’ottetto, ovvero tutti i posti di un livello devono essere occupati. Si trovano in una situazione di stabilità soltanto gli atomi dell’ottavo gruppo (l’ultima colonna della tavola periodica), tutti gli altri atomi invece devono raggiungere l’equilibrio e questo è il motivo per cui interagiscono con altri atomi.

Ti racconto un po’ di gossip chimico per farti riprendere un po’ da queste agghiaccianti rivelazioni e spiegarti come interagiscono tra loro gli atomi.

Gli atomi che vedi nell’ultimo gruppo (i gruppi sono le colonne della tavola periodica, mentre i periodi sono le righe) sono detti gas nobili, in ordine: elio, neon, argon, krypton, xenon. Loro sono single per scelta (o almeno così dicono) e stanno talmente bene da soli che non si legano con nessuno. Loro hanno tutti i livelli completi, perciò sono felici così. Tutti gli altri si dannano per raggiungere l’ottetto, alcuni in modo piuttosto violento. Hanno due scelte: o cedono gli elettroni che hanno (come fanno gli atomi che stanno in basso a sinistra della tavola periodica) oppure li acquistano da altri (come fanno quelli che stanno in alto a destra).

Gli elementi del primo gruppo (idrogeno escluso) sono detti Metalli Alcalini e si trovano sul primo gruppo perché hanno tutti quanti un solo elettrone nell’ultimo livello. Questi, ovviamente, fanno prima a cedere quell’elettrone per svuotare il livello piuttosto che acquistare sette elettroni per riempirlo. Ed è esattamente quello che fanno, in maniera anche molto violenta. In acqua esplodono (ci sono molti video su youtube molto divertenti, in particolare quelli in cui lanciano il cesio in acqua). Espellendo un elettrone (che ha carica negativa) diventano stabili come ione positivo. Gli atomi del secondo gruppo (detti anche Metalli Alcalino-Terrosi) che invece hanno due elettroni sull’ultimo livello devono espellerne due per diventare stabili come ioni con due cariche positive. Questi elementi sono molto generosi e regalano i loro elettroni agli altri atomi. Quelli che invece hanno sei o sette elettroni sono dei veri ladri e rubano gli elettroni che gli servono per raggiungere l’ottetto ed essere stabili, diventando così degli ioni negativi. Non a caso sono negativi! Non maritatevi con loro.

I metalli in generale hanno pochi elettroni nell’ultimo livello e tendono a cederli, mentre i non metalli ne hanno di più e prendono quelli che gli servono.

Per fortuna, non tutte le coppie si formano per convenienza, ma ci sono più tipi di legame. Li illustrerò con leggerezza, senza entrare troppo in dettaglio, solo per mostrarti che anche in questo caso gli atomi si comportano come noi.

Pagina 4 su 4

Il legame ionico è quello che ho appena descritto: un atomo prende gli elettroni all’altro e diventa ione negativo, mentre l’altro li cede e diventa ione positivo. Praticamente sono separati in casa. L’esempio classico è il cloruro di sodio (NaCl), il comune sale da cucina. Il sodio (Na) cede il suo elettrone di troppo all’avido cloro (Cl) che ha 7 elettroni, formando un reticolo di ioni Na+ – Cl. Questi insieme durano poco, infatti spesso basta poco affinché il legame si spezzi.

Nel legame covalente, invece, gli atomi condividono gli elettroni, senza che nessuno li rubi all’altro. Li mettono in comune. Loro sono bravi, fate come loro!

 

O almeno è quel che succede nel caso del legame covalente puro. Ci sono alcune coppie in cui gli elettroni sono sì in comune ma più vicini ad uno dei due, quello più “avido” (in “chimichese” si dice più elettronegativo), ed è il caso del legame covalente polare. In ogni caso, queste coppie sono più durature.

Nel legame dativo, invece, abbiamo un atomo cacciatore di dote particolarmente convincente che è sprovvisto di elettroni e convince un atomo ben abbiente a condividere con lui quello che ha. Perciò gli elettroni che saranno condivisi provengono da uno solo dei due.

Quando due o più atomi si legano si forma una molecola che può essere completamente diversa dagli atomi di partenza. Come si parla di atomi dell’elemento idrogeno (H), si parla di molecole di un composto.

In generale, gli atomi degli ultimi gruppi  si trovano in natura legati fra di loro con un legame covalente, singoli non possono proprio vivere. Perciò troveremo l’azoto come N2 (ovvero due atomi di azoto legati insieme), l’ossigeno come O2, ecc.

Gli atomi dei primi gruppi (i metalli) invece hanno trovato un tipo di convivenza davvero particolare e utile (per noi). Essi infatti espellono gli elettroni di troppo, diventando ioni positivi, e ci nuotano dentro. Gli elettroni si ritrovano quindi a non essere più vincolati agli atomi e quindi sono liberi di muoversi e questa mobilità li rende degli ottimi conduttori di elettricità e di calore (l’elettricità è un flusso di elettroni). Viceversa i non metalli che se li tengono stretti per sé sono degli isolanti, perché non permettono il passaggio dell’elettricità.

I legami non sono solo binari, ma si formano anche agglomerati di più atomi, come l’acqua H2O o il metano CH4. Solo a pochi atomi piace la solitudine.

Come vedi, sono molto simili a noi.

 

Davide D.

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Io e i miei pasticci: non solo meraviglie! Il dietro le quinte delle mie preparazioni in cucina

Pagina 1 su 4

Sono talmente tante le ricette che esistono e le loro varianti, che cambiano da paese a paese, come i dialetti, molto diversi anche a distanza di soli 30 chilometri. Tra l’altro curiosamente, ho sempre dato precedenza a ricette continentali. Penso quindi che lascerò questo argomento ai veri chef e racconterò invece come è nata la mia avventura culinaria, cosa mi ha spinto e qualche aneddoto dei miei pasticci. Esatto pasticci, perché non mi definirei mai una cuoca, ma, appunto, una pasticciona!

 

Premetto che non ho mai avuto molta simpatia per la cucina, nonostante avessi due genitori molto bravi in materia. Anzi devo dire che mi chiedevo proprio come potessero le persone amare cucinare, fare corsi, cose che ritenevo orrende, noiose, e oltretutto la mia nota pigrizia non agevolava per niente. Infatti, quando abitavo da mamma (fino a 10 anni fa), non cucinavo mai se non in qualche rara occasione quando invitavo i miei amici. Sapevo fare due cose: la pasta, nel senso di bollirla, perché il sugo lo faceva mia mamma, e le fettine alla milanese! Sì quelle sì, le facevo io! Totalmente! Due passate di uovo e panatura doppia! Certo, sapevo fare il caffè, che però non ho mai bevuto fino all’età di 33 anni, cuocere la pasta e fare qualche fettina rosolata: lì finiva la mia capacità culinaria. Nonostante tutto questo, adoro mangiare, e soprattutto adoro fare e mangiare i dolci.

 

Dieci anni fa mi sono trasferita a vivere con Mauro, l’uomo che da tre anni è mio marito, e qui comincia la tragedia! Quello vuole mangiare! Tutti i giorni! Due volte al giorno! Oddio! È pure muratore poveraccio che lo lascio a stecchetto? Così chiedo ai miei qualche ricetta che scrivo in un quadernino e parto a 50 km di distanza, piena di belle speranze. Imparo a fare il sugo, qualche fettina, avevamo il camino quindi la maggior parte della carne finiva alla brace, cotta da lui ovviamente, che si divertiva da matti. Ma soprattutto ero la regina dei surgelati! Fornetto e via! L’unica cosa che avevo provato a fare e che desideravo provare da tempo, è stata la lasagna al forno, che fortunatamente è riuscita alla grande. Per qualche anno è andata avanti così, qualche volta chiedevo una ricetta a mia cognata che ho avuto la fortuna di avere inizialmente nella casa al piano di sotto, poi quando ci siamo trasferiti, di fronte nello stesso pianerottolo. Nella nuova casa, molto più piccola della precedente, niente camino, così la carne ora la devo arrostire nella piastra in ghisa, gentilmente offerta (rubata) dalla mia mamma, che simpaticamente emana un fumo stile nebbia in val padana ed un odore che soffoca! Lui adora la carne cotta in questo modo quindi sono costretta a spalancare finestra e portafinestra con 2 gradi fuori: letteralmente da brivido!

 

In effetti cucinare sempre le stesse cose era sempre piuttosto noioso. Un giorno poco prima di pranzo, sola come sempre quando mio marito lavora fuori paese, seguo un programma di cucina. Ecco in effetti vedevo che la conduttrice faceva cose abbastanza accessibili anche per me; ben spiegate e visto che c’era la dimostrazione era più semplice, inoltre faceva un sacco di danni ed era proprio simpatica, pasticciona come me! C’era anche la possibilità di recuperare le ricette nel sito e vedere il video con calma. Mi rendo così conto di avere anche un altro problema: non avevo gli attrezzi adatti. Era quindi difficilissimo fare qualsiasi cosa, senza nemmeno i coltelli decenti necessari per tagliare la carne o altre piccole cose che potevano servirmi. Poi vedevo i macchinari che usava con i quali in un attimo poteva tritare, frullare, montare, impastare, insomma, contrariamente a lei, non ero per niente ben organizzata.

 

La mia prima ricetta è stata salsiccia e fagioli alla Bud Spencer! Un successo! Mauro ha gradito eccome e la mia autostima così bassa, si è sollevata un pochetto lasciandomi una bella sensazione di “wow non sono poi così impedita!”. Così comincio a sperimentare.

 

Non ricordo come, mi trovo inserita in un gruppo di cucina su facebook: mi si è aperto un mondo! Facevano cose che voi umani, ehm, a parte gli scherzi erano capaci di cucinare tutti i giorni di tutto e di più non si fermavano mai. Cucinavano come se non ci fosse un domani!

Pagina 2 su 4

E non parlo di un piatto di pasta e un secondo, ma cose complicatissime, lievitati, torte incredibili, insomma c’era davvero da rimanere a bocca aperta. Come in ogni gruppo si fa amicizia, con alcune persone in modo più stretto e queste amiche mi aiutavano tanto. Comincio così ad appassionarmi e a voler sperimentare. Soprattutto come ho scritto prima amo i dolci, in particolare i lievitati e grandi lievitati, ma anche torte, frolle, insomma tutto. Un anno ho perfino fatto la colomba di Pasqua in casa, esperienza incredibile sia per la difficoltà (due giorni di lavorazione) che per l’immensa soddisfazione! Infatti molti mi chiedevano ma chi te lo fa fare! Con 4 euro vai e la compri pronta. Certo, ma hai idea della meraviglia, della soddisfazione, e dell’incredulità di aver creato una cosa così difficile con le tue mani? Certo devo ringraziare una mia amica per avermi seguito, anche se a distanza; ho sfiorato diverse volte la tragedia, ma alla fine come spesso mi accade mi salvo in extremis.

 

Comincia così un periodo di esperimenti che mai avrei immaginato di fare, ho provato un’infinità di cose che sono riuscite buonissime e bellissime ed ero finalmente fiera di me: anche io sapevo fare qualcosa! C’è però il rovescio della medaglia! Come si suol dire non tutte le ciambelle riescono col buco e infatti ho avuto diversi… ehm ok, parecchi incidenti nelle preparazioni, anche se vedendo il risultato finale non sembrerebbe. Chi è bravo in questa materia difficilmente sbaglia, perché attento a fare le cose e molto allenato. Infatti la parola magica è attenzione, ma siccome io non sono come gli altri ovviamente, avendo sempre la testa per aria mi dovevo distinguere perché difficilmente mi andava liscia! Si avete capito bene! In qualche modo alla fine riuscivo a salvare capra e cavolo ma la maggior parte delle volte rischiavo la tragedia una volta si e l’altra pure! Il mio primo grande problema è stato sin da subito il forno. Una cucina comprata quando mi sono trasferita, quindi nuova, aveva uno o due anni, ma non sapevo niente di cucine e similari quando l’ho comprata e così l’ho presa a gas. Poi ho scoperto che sarebbe stato meglio un forno elettrico. Ma in fondo il problema non era quello, visto che le nostre nonne sfornavano meraviglie col forno a gas: è che io avevo un lanciafiamme travestito da forno! Esatto un lanciafiamme che il mio amico superchef Bruno ha ribattezzato Aushwitz (penso renda bene l’idea).

 

Dopo qualche anno scopro che il rivenditore non mi aveva avvertita che gli ugelli montati erano quelli per il gas metano (che da noi in Sardegna non esiste, abbiamo le bombole normali) e quindi molto più larghi rispetto a quelli che si devono usare. Così chiamo un tecnico e me li faccio sostituire speranzosa di aver finalmente risolto il continuo carbonizzare la base dei miei preparati! Ma niente da fare! Nonostante la sostituzione il vigliacco continuava a bruciare le cose e dovevo sorvegliarlo a vista! Un incubo perché vedere sotto era impossibile. Avrei potuto vincere il guinness dei primati in carbonizzazione dolciaria e salata.

 

Così continuo imperterrita a sfornare cose bruciacchiate e salvate in estremis, come le zeppole di San Giuseppe un dolce che si fa per la festa del papà mi sembra di origine pugliese, una sorta di bignè. Tutta contenta faccio l’impasto che è abbastanza semplice, le metto in forno e: ah che belle si sono gonfiate! Proprio carine! Come da ricetta spengo il forno e le lascio riposare dentro prima di aprire perché rischiano di abbassarsi. Bene il tempo è passato, ora apro il forno e sono crollate! E addio zeppole! Le tolgo dal forno e la parte di sotto era bruciata. Stavo per buttare tutto quando mi invento un modo per usarle lo stesso. Invece di aprirle e metterci la crema dentro ho tolto la parte bruciata e ho usato quello che è rimasto, ormai ridotto a sottiletta come base di un pasticcino, ho messo crema e fragole et voilà! Salvato il dolce per il rotto della cuffia!

 

Spesso e volentieri quando pasticciavo era mia complice la vicina, Vicky, che abitava sopra di me, che purtroppo 3 anni fa è dovuta rientrare nel suo paese, la Sicilia. È stata tragica separarci ma è stato stupendo conoscerla e soprattutto pasticciare con lei per ben 5 anni. Inizialmente quando ancora non pasticciavo mi piaceva da matti guardare gli altri mentre facevano dolci. Così decidiamo di fare un bel tiramisù! Con felicità assoluta la osservo mentre prepara gli ingredienti e li mette nel bimby, no, non è un arnese infernale, ma solo un robot da cucina che aiuta non poco le persone che hanno poco tempo.

Pagina 3 su 4

Prepara la crema al mascarpone e mentre la macchina la lavora iniziamo ad inzuppare i savoiardi nel caffè. Ah che meraviglia! Ora componiamo il dolce, si ecco lo strato di savoiardi, poi la creme, ma escono liquide! Oddio e adesso? Tranquilla, mi dice, la metto in frigo un po’ e come si raffredda si rapprende sicuro! Ah meno male! Già disperata per non poter assaggiare quella delizia! Dopo due ore la tira fuori dal frigo, evviva si è rappresa ora è… blblbblblblbl (rumore della crema liquida che si muove). Benissimo! Ottimi savoiardi in brodo di crema di mascarpone! Grande! Comunque ce lo siamo mangiati lo stesso!

 

Con Vicky ne abbiamo combinate diverse, ma la cosa più furba è stata quella di preparare l’albero di biscotti di pan di zenzero per natale. Nella vetrina del negozio dove vendono gli attrezzi per pasticciare ho visto una confezione che conteneva varie formine per biscotti con le quali avremmo creato l’alberello. Si trattava di fare i biscotti di diverse misure e forme e metterne alcuni uno sopra l’altro dal più grande al più piccolo in modo da formare un albero, tenuti dalla struttura che c’era nella scatola. Dentro la confezione era gentilmente offerta la ricetta dei biscotti pan di zenzero. Suo marito faceva i turni di notte così abbiamo iniziato verso mezzanotte a fare questi dolcetti. Un lavoro pure lungo perché oltre a farli dovevamo aspettare che raffreddassero, decorarli con una glassa e infine montarli. Abbiamo finito alle 4 del mattino! L’alberello è venuto pure carino ma quando abbiamo assaggiato uno dei biscotti ehm, non era venuto come ci aspettavamo. Il sapore era disgustoso e stupidamente non avevamo pensato di fare una frolla normale fidandoci della ricetta che era nella confezione. Morale: l’alberello è rimasto in bella mostra sul tavolino di casa mia a prendere polvere per il periodo natalizio, senza che nessuno avesse il coraggio di assaggiarlo, sotto lo sbeffeggiamento dei due mariti che avendo saputo l’orario inumano di produzione, ma soprattutto il saporaccio e la perdita di tempo, ancora dopo tanti anni ci prendono in giro ridendo. Due geni proprio!

 

I problemi con “Aushwitz” sono aumentati quando si è rotta la manopola del forno. Ho provato a cambiarla ma purtroppo non sono mai riuscita a farlo funzionare perché non essendo il ricambio originale non si incastrava bene e di conseguenza girava un pochino a vuoto senza riuscire a diminuire o aumentare la fiamma, per cui non era utilizzabile. Così, in lutto per la grave perdita, cerco di trovare un’altra soluzione considerato che comprare un’altra cucina intera era impensabile viste le scarse finanze, ho deciso di comprare un fornetto da tavolo.“Papino! lo sai che…” insomma quel sant’uomo mi compra un fornetto e io felicissima quando arriva lo provo subito. Ah bello grande! Posso cuocerci di tutto. Lo provo e mi rendo conto che per scaldare ci metteva un sacco di tempo. Così lo rimando indietro. Ne ordino un’altro dietro consiglio del mio amico Bruno, il superchef che ho citato prima; finalmente arriva e comincio a usarlo facendo la mia prima torta! All’arancia, la preferita di mia cognata che mi fa la richiesta. Bruciata! E allora ditelo! Devo avere qualche problema col fuoco o qualcuno me la manda? Insomma carbonizzata la base. Ma come fanno le mie amiche a sfornare tutte quelle meraviglie cotte alla perfezione? Mi viene il dubbio e compro un termometro per forni e scopro che c’è uno scarto di 30 gradi, quindi se lo mettevo a 180° in realtà erano 210°, ecco perché bruciava tutto. Oltretutto le teglie che usavo, quelle in teflon con la cerniera, in realtà sono ferrose e trattengono il calore. Le migliori sono quelle in alluminio. Purtroppo anche questo fornetto dopo sei mesi si è rotto, ho comprato il pezzo e ha ricominciato a funzionare, ma dopo alcuni mesi è di nuovo deceduto perché pare che il problema fosse un altro e non il pezzo sostituito. Così mio padre preso dalla pietà decide di comprarmene un altro. Tutta contenta lo ordino e attendo qualche giorno per la consegna. Due giorni dopo mio padre si ritrova il rimborso dei soldi sul suo conto: il forno non era più disponibile! Ma come! Online ancora lo dà disponibile! Così decido di prenderne uno che ho visto qualche giorno prima nel negozio vicino a casa. Faccio i controlli per capire se era un forno valido e aspetto che passino i giorni di chiusura di Pasqua e il martedì vado a comprarlo, ma è stato venduto! Ma che hanno i forni contro di me? È una congiura! Insomma alla fine lo ordino di nuovo online e questi giorni dovrebbero consegnarlo.

E così giunge al termine questo mio racconto su quelle che sono state alcune delle mie disavventure in cucina.

Pagina 4 su 4

Ieri è arrivato il nuovo fornetto e vi giuro che ho quasi paura di provarlo viste le precedenti esperienze! Ma è solo un mio blocco e devo affrontarlo. Sicuramente le avventure pasticciose non sono finite e in un certo senso, nonostante mi piacerebbe tanto saper fare tutte le cose alla perfezione, non vi nascondo che mi piace questo mio lato pasticcioso (magari sul momento mi piace un tantino meno).

 

Francesca D.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Modellista di abbigliamento

Pagina 1 su 2

Il modellista di abbigliamento è un vero e proprio architetto del vestito. Lo stilista fa il disegno del figurino, cioè la classica bambolina vestita della sua fantasia, il modellista progetta il modo per realizzare questa fantasia. Innanzitutto creando il cartamodello, ovvero il modello in carta, dando la forma giusta ai pezzi che comporranno l’abito, studiandoli al millimetro, costruendoli quindi con riga, squadretta ed eventuali curvilinee qualora non sappia disegnare a mano libera i lati appunto curvi. Questi pezzi verranno “spillati” sul tessuto rispettando il drittofilo segnalato su ogni pezzo, ed essendo già previsti con la cucitura compresa, il tagliatore non dovrà fare altro che seguire la sua forma.

Oltre al cartamodello, il modellista deve anche prevedere appunto le entità di cucitura (da 1 centimetro ad esempio) e saper indicare alla sarta che lo cucirà come comporre i pezzi. Spesso il modellista stabilisce anche eventuali impunture (quelle cucitura a vista, a volte in colore contrasto) qualora servano alla funzionalità del capo, ad esempio se esiste una zip nascosta, od una tasca particolare che richiedono obbligatoriamente una cucitura a vista.

 

In genere un bravo modellista sa pure cucire, per esigenza di prove e provine che si ritroverà a dover fare prima di “azzeccare” la linea giusta richiesta dal figurino dello stilista, ma anche per studiare la giusta rifinitura nelle richieste più particolari dei disegni stilistici.

 

Tutti i modellisti che ho conosciuto che non sapevano cucire, avevano prima o poi difficoltà a capire come progettare alcuni particolari come una tasca od un allacciatura, erano quindi più soggetti all’errore e comunque costretti sempre a chiedere consigli alle sarte. Si tratta quindi un lavoro molto creativo che richiede una grande elasticità mentale e tanta pazienza e studio. Per diventare modellista di abbigliamento esistono corsi a pagamento in scuole private come la famosa “Secoli” o la “Callegari”, corsi che durano in media un anno e mezzo e costano intorno ai 3500 euro. Ma ovviamente non basta, ci vuole tanta pratica e passione ma anche un po’ di esperienza di taglio e cucito.

 

Nelle aziende di abbigliamento è una figura molto richiesta, direi fondamentale e posso dire che a parte all’inizio della mia carriera come modellista (dove se non hai esperienza è difficile farsi assumere, proprio come per qualsiasi altro lavoro) non ho mai trovato problemi a lavorare. Certo, spesso per fare esperienza devi essere disposto a spostarti di città in città, soprattutto all’inizio, ma se lo fai e fai quindi tanta esperienza in grandi aziende, acquisendo tecnica e logistica aziendale, allora riesci a guadagnare bene, intorno ai 2000/2500 euro, dopo soli 5/6 anni di esperienza e puoi arrivare a guadagnare fino a 5000 euro al mese se riesci a diventare responsabile di ufficio in un azienda di grandi firme.

Se invece non hai voglia o possibilità di spostarti dovrai accontentarti di uno stipendio che può andare dai 1200 ai 1600 euro a tempo indefinito, a meno che non sia fortunato a trovare l’azienda seria e generosa vicino casa.

 

È un lavoro che ti dà molte responsabilità, perché dal modellista dipende la “vestibilità” e quindi il successo sul mercato di un abito, perché l’idea dello stilista può essere buona, ma se non è realizzata nel modo giusto, non vende. Se una giacca appesa è carina ma quando la metti addosso ti tira nelle maniche, anche se è carina non l’acquisti.

Idem vale per lo studio delle cuciture, se le indicazioni per cucire sono errate e quindi la sarta cuce male il vestito, è sempre colpa del modellista. E se il tessuto è costoso ed il modellista sbaglia a calcolare il numero dei pezzi da tagliare? Anche questa è responsabilità del modellista. Mi è capitato spesso di svegliarmi durante la notte di soprassalto perché mi tornava in mente un dettaglio che avevo dimenticato, sperando di poter rimediare la mattina seguente!

 

Con l’avvento del computer anche in ambito modellistico il lavoro si è ancor di più complicato.

Pagina 2 su 2

Oggi esistono vari programmi per la progettazione modellistica: Gerber, Lectra, Investronica ed altri che ho sentito nominare negli ultimi tempi, e la maggior parte delle aziende ormai li utilizzano. Quindi per alcuni versi il lavoro si è sveltito (vuoi mettere fare tutte le fodere e le taschine a mano?) ma per altri si è molto complicato. Burocrazia immensa per gestire i dati, schede tecniche da compilare, molti più margini di errore soprattutto se si ha difficoltà di approccio verso l’informatica. Però continua a rimanere un lavoro affascinante e creativo, un lavoro in cui non si smette mai di imparare e di studiare nuove soluzioni per rifinire i tessuti sempre più tecnologici che escono sul mercato. Peccato l’ambiente nelle grandi aziende, dove la frivolezza e l’immagine la fanno da padroni, dove la maggior parte dei dipendenti si calano completamente nella parte finendo per spendere metà stipendio per questi abiti e fanno delle vere e proprie sfilate di moda per venire a lavorare. Molto più bello e creativo invece l’ambiente delle piccole aziende, dove il caos regna sovrano, ma ci si sente davvero indispensabili e si ha spesso carta bianca per inventare e crescere.

 

Daniela M.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Dipingere: la magia dei colori

Pagina 1 su 2

Dipingo per passione, per la gioia che mi dà riempirmi gli occhi di colore. Di tutti i dipinti realizzati, molti li ho a casa, molti li ho regalati, pochi li ho venduti, ma non si può descrivere con quanto orgoglio e soddisfazione.
Sono fortunata, ho sempre saputo disegnare fin da bambina, una cosa che è risaltata agli occhi di tutti i maestri che ho avuto alle elementari e medie, motivo per il quale i miei genitori mi hanno permesso di fare il Liceo Artistico. È stato meraviglioso poter modellare la creta, ritrarre modelle nude a carboncino, imparare a fare moduli per la materia di Ornato e progettare la prospettiva nella materia di Architettura (chissà forse per questo mi è venuto facile diventare modellista di abbigliamento!) e tanto mi ha aiutata a sviluppare la mia creatività anche la sartoria di mia madre, ma la cosa che mi dà più soddisfazione in assoluto è creare un dipinto.
Io parto dal nulla, dal lenzuolo bianco del “corredo di mammà”, quelle lenzuola di cotone di una volta, con la trama fitta fitta.
Una volta decise le misure del dipinto che ho deciso di fare, taglio il lenzuolo a misura, calcolando i 3 centimetri del bordo laterale del telaio di legno più altri 3 centimetri da ripiegare all’interno. Preparo la mistura magica di 1/3 di cemento, 1/3 di colla vinilica ed 1/3 di acqua e la spennello sulla tela, tralasciando i 3 centimetri che ripiegano all’interno.
Poi preparo il telaio, tagliando a misura i listelli di legno (veramente lo faccio fare a mio marito perché quella macchina con la sega l’ho acquistata ma mi fa paura) e poi li assemblo con la sparapunti. E quindi una volta asciugata la tela cementata, ci passo con la carta vetro per togliere le più grosse asperità, stiro la tela e parto con il disegno a matita.
Confesso di non essere ancora in grado di immaginare una figura e realizzarla, parto sempre da un’immagine stampata su foglio A4 che poi vado a personalizzare.
A volte copio di sana pianta dipinti di autore, qualcuno mi è pure riuscito abbastanza bene.
Una volta finito il disegno si parte con la magia. Utilizzo colori acrilici, usando solo i 5 colori base (giallo primario, magenta, blu ciano, nero e bianco) poiché adoro mescolare i colori fino a trovare la tinta che cercavo o che esce fuori inaspettatamente così come mi piace.
Una volta terminato il dipinto, gli poggio sopra il telaio centrandolo, prendo i segni sul rovescio per poterlo posizionare, scarto gli angoli dal lenzuolo lasciandogli un po’ di tessuto per ripiegare in pulito, stiro il dipinto al rovescio e poi vado a “tirarlo” ancora caldo intorno al telaio, bloccando il dipinto all’interno con la sparapunti.
Lo firmo, ritocco eventuali angoli rovinati nel montaggio, aspetto che asciughi e lo proteggo con un prodotto vetrificante lucido, che mi permette di poterci passare in futuro un panno umido per pulirlo dalla polvere.
Da un po’ di tempo ho aggiunto uno strato di PVC rigido tra il telaio e la tela, per far sì che il dipinto diventi indeformabile e quindi indistruttibile.
Utilizzo mille pennelli, alcuni usati, alcuni nuovi, alcuni spennati ma ancora buoni ma soprattutto sfumo con le dita, con il dorso della mano. Non so più cosa voglia dire mettere lo smalto alle unghie da circa 5 anni, da quando ho ripreso questa passione, ho tantissimi vestiti rovinati dal colore, ma non m’importa. Sono troppo felice di colorare, dare forma, creare e poi magari regalare il quadro a qualcuno, un pezzo di me che entra in un’ altra casa, che viene guardato, scrutato, amato da qualcun’altro.

Pagina 2 su 2

Per me è un onore sapere che qualcuno gode della vista di un mio dipinto, ma soprattutto che ha accettato di appenderlo in casa sua. Quando dipingo il tempo scorre veloce, la mente riesce a stare in silenzio, tutta intenta nel riuscire a guidare la mano nel modo giusto. Credo che sia stata la mia prima forma di meditazione in assoluto. Ore e ore di godimento per gli occhi e per il cuore, sogno di dipingere per mestiere, ma mai sarà bello come in questo momento, dove dipingo per pura passione ed amore per i colori.

 

Daniela M.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Diventare istruttore di Kung Fu: molto più di un insegnante di Arti Marziali

Pagina 1 su 3

L’istruttore di certe discipline, come il Kung fu, non si occupa solamente di insegnare le tecniche di difesa della disciplina stessa, ma va oltre, portando insegnamenti che formano il proprio allievo in tutti i suoi aspetti, dalla prestazione fisica ad una preparazione psicologica, ma anche a creare nell’individuo dei valori preziosi che possiamo riconoscere nella vita quotidiana.
Fare l’istruttore non è una cosa semplice, soprattutto quando ti ritrovi anche ad insegnare a dei bambini, ricoprendo molto di più una figura simile a quella paterna, in quel caso non sei più una semplice persona che insegna dei movimenti fisici, ma diventi qualcuno da prendere come esempio, perché in quel momento gli allievi vedranno in te la bandiera del gruppo, un leader, qualcosa che un giorno vorrebbero diventare.

Come sono diventato Istruttore?

Anche io, prima di tutto, sono stato allievo e mi ritengo ancora così poiché non si finisce mai di imparare, ho iniziato questa disciplina orientale di arti marziali, il Wing Tsun Kung fu, quando avevo 14 anni, frequentando la prima superiore.
Qualcosa mi diceva che mi sarebbe servito intraprendere un percorso del genere, non tanto per difendermi fisicamente ma più che altro per formare in me aspetti e valori che posso vantarmi pienamente di possedere, come essere sempre disponibile per il prossimo, aiutare i più deboli (essendolo stato anche io), capire meglio i problemi e disagi delle persone riuscendo con più successo ad aiutarli.
Sicuramente anche la preparazione tecnica mi è servita molto, portando maggiore sicurezza in me stesso soprattutto quando sono fuori per strada, viste le continue notizie di aggressioni, penso sia molto utile conoscere almeno le basi per potersi difendere. Ricordo che a scuola molti mi chiedevano delle dimostrazioni, spesso mi sottovalutavano vedendomi esile fisicamente, ma non durava molto questo atteggiamento nei miei confronti, anzi a fine dimostrazione stranamente le persone cambiavano modo di comportarsi e parlami, come se avessero anche paura di avere un parere diverso dal mio su un argomento di cui si parlava.
Sono sempre stato molto attivo nel mio gruppo in palestra, diventando in un certo senso la mascotte del Sifu, avendo una specie di predisposizione per quello stile preciso di arti marziali. Così il maestro, dovendo dividere i vari turni in palestra poiché gli allievi stavano diventando molti, decise di darmi il turno dei bambini. Ci tengo molto a precisare che questo non è un comportamento che assumono i maestri, perché nella loro palestra loro vogliono essere gli unici insegnanti, che siano per bambini o per adulti, oltre che giustamente al fattore economico.
Iniziai così ad insegnare, partendo anche da allievi di cinque anni. Questo portò in me ad avere maggiore responsabilità, non si trattava solamente di occupare quell’ora in palestra e prendersi i soldini, ma in quello spazio di pochi metri, si creava una piccola grande famiglia, costruita con fondamenta di rispetto, lealtà e un bellissimo senso di unione tra maestro e allievi.
Insegnando ai bambini si possono imparare davvero tantissime cose, anche perché molte, solo loro possono insegnartele, facendoti diventare una persona migliore in tutti gli aspetti.

Pagina 2 su 3

In loro vedi la purezza, anche quando fanno i capricci e gli scherzetti tra di loro, vedi nei loro occhi la voglia di vivere e divertirsi, di ricerca della felicità, ma non solo di ricerca ma soprattutto di sapersela godere e non come molti adulti che anche quando trovano le loro gioie, non si accontentano mai disprezzando sempre ciò che possiedono Devo dire che insegnare il Kung fu è assolutamente una delle esperienze migliori che si possano fare, è come se inconsciamente si creasse un rapporto di scambio di insegnamenti, perché un maestro non sarà mai saggio senza spremersi le meningi per risolvere i problemi dei propri allievi, è così: diventi bravo e forte solo quando sei anche dall’altra parte e ti ritrovi in situazioni che devi risolvere, essendo una figura importante e questo molti “maestri” non lo capiscono o per meglio dire non lo ammettono dovendo per forza apparire come la punta di una piramide, non capendo che la punta è sostenuta da tutto ciò che vi sta sotto!
Con il passare del tempo, dimostrandomi sempre attivo e responsabile, iniziai anche ad insegnare, per un breve tempo, in un corso per adulti. Questo corso non era realmente mio ma di un ragazzo, anzi un carissimo amico, che frequentava la mia stessa palestra e vedendo certi valori che possedevo e trasmettevo mi chiese di aiutarlo ad insegnare, essendo il corso in un’altra città.
Tutto questo portò molta fiducia in me stesso, ero in quinta superiore e mi trovavo a fare diverse cose, tra la scuola, preparazione agli esami di maturità, la scuolaguida e in più coltivavo altre passioni, ma non lasciai mai in quel periodo, nonostante le varie difficoltà, la passione per il Kung fu ma soprattutto il ruolo di istruttore.
Ormai per me era una cosa troppo importante, ricoprivo un ruolo di riferimento per delle persone, per dei bambini, creature in piena formazione fisica, psicologica e caratteriale.
Devo ammettere che non sempre è stato facile, non sempre ho avuto la voglia di continuare, alcuni periodi avrei anche voluto mollare tutto, vuoi per mancanza di voglia, vuoi per stress per gli studi. Alcune volte mi arrabbiavo con i bambini quando facevano troppo i monelli, magari ero anche stressato per conto mio e non avevo assolutamente voglia di andar dietro a loro, ed ecco che qui impari un distacco, ovvero quando insegni e ti stai rapportando con delle persone, i tuoi problemi personali non devono assolutamente toccarti e influenzare i vari rapporti con gli altri ma devono assolutamente restarne fuori.
Imparai anche questo, oltre che ad avere un enorme pazienza con loro, ma nonostante tutto anche questo è servito a migliorarmi.
Saper essere un istruttore, un insegnante, una figura da seguire, richiede veramente molte qualità, ma sono qualità che acquisisci anche vivendo queste esperienze, perché nessuno nasce supereroe ma tutti impariamo dalle esperienze che viviamo, per questo voglio anche spingere la gente che leggerà questo articolo, a intraprendere le strade che vorrebbero seguire e che per colpa di stupidi pensieri e dubbi, decidono di lasciar perdere.
Diventando un istruttore impari anche ad avere una disciplina mentale, un pensiero fermo e questo si ripercuoterà in tutti gli aspetti della tua vita, nelle tue scelte e nelle persone di cui ti circonderai.
Poter essere stato d’aiuto a dei ragazzini è incredibile, se penso a quanti problemi di bullismo li ha potuti salvare questa disciplina, mi fa stare davvero bene, avendo avuto anche io questo problema nella mia vita, posso capire cosa si prova e dare un maggiore aiuto nel campo.

Pagina 3 su 3

Sono felice perché mi ritengo comunque una persona buona, generosa, altruista e quando hai questi valori riesci anche a trasmetterli e a circondarti di persone come te.
Saper insegnare non è un dono che hanno tutti, perché non tutti hanno delle determinate qualità, devi amare prima di tutto ciò che fai, perché se lo farai con svogliatezza ecco che trasmetterai questo sentimento ai tuoi allievi e non riusciranno a sentirsi attratti da ciò che stai insegnando. Quando trasmetterai con amore la tua passione, gli allievi lo sentiranno benissimo, che siano bambini o adulti, vedranno nei tuoi occhi e nelle tue parole quella motivazione, quella spinta, quella passione che solo tu con quel preciso tono saprai dare e ne saranno immensamente attratti.

Ho avuto anche la fortuna di aiutare persone molto più grandi di me, essendo uno degli allievi più preparati, molti venivano a chiedermi consigli e spiegazioni varie. Anche da qui ho imparato molto, più ti apri alle persone, variando tra età e personalità, più riuscirai ad arricchire il tuo bagaglio di esperienze e ad essere più preparato alle varie circostanze che si presenteranno nella vita.
Ringrazio molto il mio Sifu che ha sempre creduto in me, è stata una figura davvero importante nella mia crescita perché non era solo un maestro, ma anche un amico, un padre, è riuscito a far uscire in me lati meravigliosi e soprattutto a spingermi a credere in me stesso facendomi capire che quando vogliamo ottenere qualcosa o essere qualcuno, tutto dipende da noi, dal nostro impegno, da quanto crediamo in ciò che facciamo ma soprattutto quanto crediamo in noi stessi.
Voglio riuscir a trasmettere tutto questo alle persone, perché tutti hanno dei potenziali, basta credere in noi stessi e agire, agire e continuare ad agire, sempre più fieri in ciò che stiamo creando, perché solo noi possiamo farlo in quel preciso ed unico modo che rispecchia gli esseri meravigliosi e brillanti che siamo.

Emanuele L.

 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Come riconoscere un buon gelato

Pagina 1 su 1

Ciao a tutti sono Jacopo e ho una gelateria/bar dove uso prodotti naturali e quando è possibile biologici, io sono all’estremo per il tipo di materie prime che uso però ci sono gelaterie che invece usano prodotti chimici (addensanti, coloranti e altre cose fatte in laboratorio) e queste non sono sicuramente buone e non fanno bene alla nostra salute. Quindi fate attenzione quando entrare in una gelateria.

Ora vi svelerò qualche trucchetto per capirlo: chiedete di assaggiare il gusto “fior di latte” sarebbe la base di tutti i gelati se non è buono quello come fanno ad esserlo gli altri? Poi bisogna assaggiare i gusti “pistacchio” e “cacao” sono i gusti dove la materia prima è una delle più care quindi se sono buoni e il personale ne parla vantandosi è perche ci spendono abbastanza soldi (a partire dai 30€ in su al kg per il pistacchio) e per finire i gusti alla frutta, cercare di capire se è frutta fresca, congelata o puree; se sarà fresca si sentirà il sapore pieno e vi sembrerà di mangiare il frutto stesso invece se sarà frutta congelata o puree, il sapore sarà piatto e sempre uguale.

Chiedete e/o guardate se c’è il libro ingredienti: per curiosità o per allergie bisognerebbe visionarlo come se fosse un menù al ristorante in più, tenerlo è obbligatorio per legge.

I colori dei gelati non devono mai essere accesi e troppi vivaci, tipo il colore del pistacchio buono non deve essere verde acido acceso ma un verde pallido e tendente al marrone, giusto per citarne uno.

Dopo questi piccoli consigli sarete più consapevoli di cosa mangiate e mi raccomando, dopo questi suggerimenti non andate in gelateria facendo gli “esperti”, perché non sarebbe giusto nei confronti di chi avete davanti visto che di norma sa fare il suo lavoro, per esperienza è abbastanza irritante, il cliente ha sempre ragione: sempre nei limiti. E a proposito, vorrei aggiungere un altro consiglio quando andate a bere un caffè, per esempio, il barista vi accoglie sempre con il sorriso e ascolta i vostri pensieri o problemi e a volte dispensa consigli, quindi ogni tanto chiedetegli anche a lui come sta, gli farà piacere sicuramente! Provare per credere.

Dopo questi piccoli consigli godetevi un buon caffè e un buon gelato!

 

Jacopo P.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Stare accanto ad una persona gravemente malata è un atto d’amore

Pagina 1 su 2

Molto spesso sentiamo parlare di persone gravemente malate per le quali magari spendiamo un pensiero o una parola di dispiacere per la difficile situazione che stanno vivendo, per un naturale ed istintivo senso di umanità ci sentiamo in qualche modo solidali, per un attimo partecipi di quel dolore. Ma quando magari siamo noi in prima persona ad essere il compagno, il figlio, il fratello di quella persona la situazione cambia radicalmente, poiché l’emozione del momento si trasforma in “sempre”.

Ho avuto una fidanzata gravemente malata e per qualche anno le sono stato molto vicino, condiviso lunghi periodi di ricoveri e ospedalizzazione, ho passato le mie giornate esclusivamente proiettato sul suo stato di salute, sul portare avanti la mia vita per poter correre nel reparto di terapia intensiva dove lei era attaccata ai macchinari che la tenevano in vita, nell’attesa interminabile che arrivassero degli organi compatibili per un trapianto.

Ho convissuto con il delicato limite tra la vita terrena e la sua conclusione, in luoghi dove regna il silenzio rotto esclusivamente dai suoni degli strumenti che monitorano le funzioni vitali, ho dato tutto ciò che potevo per farle sentire presenza e amore in ogni singolo istante della sua sofferenza, in alcuni momenti sono stato l’unico ponte con il mondo terreno. L’ho fatto spontaneamente, con tutto il cuore.

Ad un certo punto però, l’immedesimazione ed il tuffarsi così profondamente nel dolore di un’altra persona, se non viene controbilanciato con una guarigione energetica, si trasforma in un salto nel più profondo degli abissi. Sono argomenti delicati, ne sono consapevole ma proprio per averli vissuti sulla mia pelle, mi sento libero di poter dare parole di speranza a chi ora stia vivendo situazioni simili e non riesca più a vedere se stesso e i propri bisogni vitali.

Oggi lei sta “bene” ci vogliamo bene e siamo amici poiché condividere un dolore così grande è qualche cosa che ti unisce profondamente e indissolubilmente, ma ad un certo punto io non ce l’ho più fatta. Ho somatizzato il dolore con delle macchie nere in viso, mi ubriacavo, fumavo mille sigarette: l’unica cosa importante era essere impeccabile e sorridente quando andavo da lei, per tenere viva la sua speranza, la voglia di lottare e non lasciarsi andare.

E così inevitabilmente dopo il trapianto la lasciai, portandomi addosso sensi di colpa, vuoto interiore, buio.

Gli strascichi sono durati per due lunghi anni.

Poi fortunatamente ho incontrato la meditazione in non pensiero di Angel Jeanne e le sue tecniche per aumentare e proteggere la propria energia e la mia vita è radicalmente migliorata.

Vorrei dire a tutti voi che siete nella sofferenza per una persona cara gravemente malata: state vicini a chi amate, fate tutto ciò che potete per loro, ma non dimenticatevi mai di voi stessi!

Pagina 2 su 2

Stare accanto ad una persona che soffre richiede forza, moltissima energia, dovete nutrire voi stessi altrimenti vi ammalerete e non potrete più aiutare chi così tanto amate!

Riservatevi dello spazio vitale, sono consapevole che non è per niente facile, soprattutto mentre state vivendo una sofferenza così profonda, ma è fondamentale ed indispensabile e non potete in alcun modo evitare di prendervi cura di voi!

Il mio consiglio è quello di imparare a meditare, poiché attraverso la meditazione si può ricaricarsi energeticamente e distaccare da sè il dolore, ma qualsiasi sia il metodo che sceglierete è fondamentale che vi prendiate cura di voi stessi.

Vi auguro il meglio e di ricordare sempre che anche dietro la peggior bufera si nasconde un sole meraviglioso.

Francesco S.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Il posto dell’Arte non è nel cassetto

Pagina 1 su 2

Questo non vuol essere un articolo che spiega tecniche pittoriche o di scrittura, né come diventare artisti. Quello che voglio trasmettere oggi è che ognuno di noi può essere creativo e che per questo, almeno, non ci sono regole o canoni fissi da seguire.

A mio parere una delle cose fondamentali per sviluppare al meglio la propria creatività è essere persone d’indole curiosa.

Quando, per fare un esempio, sento il nome di un personaggio che ancora non conoscevo o una località o qualsiasi altra cosa, approfondisco la sua storia su internet; ciò, col tempo, porta di solito a formare una buona cultura generale. (Come anche essere assidui lettori)

La cultura di cui parlo non è quella pesante che ostentano il più delle persone, per far sì che le si trovi “dotte”, è una cultura che deve arricchire e alleggerire la vita della persona che avrà così molte chiavi di lettura in più per comprendere il mondo, le sue dinamiche e tutto ciò che di più bello ha da offrirci! Infatti la poesia viene etichettata spesso come un genere di “nicchia”, per pochi, come anche magari i film d’autore e via dicendo. Questo vuol dire che pochi eletti sono abbastanza intelligenti da saper interpretare bene un significato o che pochi hanno in sé abbastanza nozioni da saper tradurre bene tutti i significati profondi che un artista vuole trasmettere con la sua opera? Ovviamente no, tutti possiamo andare oltre quello che vediamo con i nostri occhi, per capirne il significato profondo, basta volerlo.

Ogni quadro, ogni poesia, ha una storia: è una storia!

E ogni artista prende ispirazione da tutto ciò che ha attorno e dentro sé attingendo dal proprio bagaglio personale così che quando esterna la sua storia, essa è pregna di riferimenti anche culturali ad altre personalità passate, civiltà, località, correnti artistiche etc. È importante quindi non rimanere nell’ignoranza ma informarsi, indagare, andare oltre la superficie di un’opera d’arte per scoprirne i tesori nascosti.

Ricordo che quando ero piccola, uno dei giochi che facevo era semplicemente stare seduta in sala e guardare i quadri appesi ai muri, entravo nel dipinto e vi viaggiavo, ognuno di loro aveva tutta una storia che andavo a scoprire, comporre e certo anche inventare!

Se quindi un buon punto di partenza è la “ricerca”, bisogna fare sì che questa non ci porti a ripetere completamente un certo stile o fissarci con un elaborato, quindi a copiare gli altri, ma anzi da lì prendere più spunti possibili per creare qualcosa di unicamente proprio.

Qui sta la creatività, che fondamentalmente è l’originalità. Tutti essendo unici siamo irripetibili e quindi originali, ma pochi riescono davvero in quest’impresa, specie oggigiorno. Pochi riescono addirittura a indossare qualcosa di apparentemente strano per il giudizio degli altri, figuriamoci esprimere i propri pensieri senza paura di non piacere al pubblico.

Troppo spesso sento persone dire che non condividono le proprie poesie perché sui social é solo uno spreco o perché non le ritengono valide, o perché si vergognano. Ma quanto questi strumenti sarebbero usati bene e utili se li riempissimo di arte e cultura invece che di donne nude e motori?

Pagina 2 su 2

Una cosa che amo particolarmente sono i collage, con essi ti rendi conto della potenza associativa nel processo creativo, io posso prendere qualsiasi cosa, le più disparate e diverse e farle convergere tutte nello stesso piano, unirle per formare una storia, un’immagine.

Non abbiate paura di condividere la vostra storia!

A tal proposito ho conosciuto un artista locale mesi fa. Fra i vari discorsi prese a dirmi che molta gente è subito pronta a criticare, a dire “non mi piace” o “questo saprei farlo anch’io’!” ma solo lui sapeva la fatica che gli era costata stare lì davanti alla tela bianca e non saper fino all’ultimo attimo cosa farne. Questa cosa ha ribaltato in un secondo molte mie false credenze. Mi ha fatto vedere d’improvviso diversamente addirittura l’intero suo elaborato, perché per alcuni versi anch’io fino a un attimo prima ero pronta a dire “questo però non mi piace” o “magari questo non è che ci vuol chissà cosa a farlo”. Una stima profonda era fiorita d’impeto e rispecchiava i paesaggi fioriti di quei quadri che sembravano monotoni ma non lo erano più, era solo il mio occhio addormentato a non voler veder cosa c’era dietro: una tela bianca. Ho colto allora con gran rispetto la metafora e ho visto tutti noi davanti un foglio o una tela bianca come davanti al proprio abisso e in quell’abisso possiamo andare profondi estraendo il massimo di noi stessi così da imprimerlo all’esterno o perderci e dunque perdere la partita di questa vita. Pollock diceva che artista è colui che costruisce il suo universo sulla tela immacolata. Solo chi crea lo può comprendere. Ogni giorno siamo davanti al vuoto e dobbiamo decidere cosa farne. Ogni volta moriamo davanti alla paura o dalle ceneri rinasciamo.

È solo un passo in avanti la creazione e l’arte, dunque, è il ritratto della profondità del proprio animo.

Non ha importanza se le proporzioni di ciò che disegnate non rispettano la realtà o se ciò che dite in una poesia non ha rima e musicalità, esprimetevi comunque!

Si tratta di avere una visione, noi abbiamo il Sole in gestazione. Doniamolo al mondo e illuminiamolo!

Valeria F.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Università e vita fuori sede: consigli utili per i nuovi immatricolati

Pagina 1 su 2

Sono una studentessa fuori sede. Abito nella città nella quale si trova la mia università che dista dal mio paese circa un centinaio di chilometri. Ho dovuto trasferirmi poiché i mezzi pubblici non erano sufficienti per permettermi di continuare la vita da pendolare portata avanti per tutti e cinque gli anni del liceo: infatti, vivendo in un paesino di 3000 abitanti circa, disponiamo di una stazione lontana circa 3 km dal paese, nella quale ormai i treni si fermano sì e no due volte al giorno, mentre i bus sono ugualmente pochi e passano ad orari alquanto improbabili. Avendo vissuto entrambe le esperienze, posso dire che la vita da pendolare è davvero difficile, ma posso anche garantirvi, che la vita da fuori sede lo è allo stesso modo, anzi forse di più. Infatti quando ero pendolare, una volta tornata a casa non dovevo fare la spesa, mettere tutta la casa in ordine, pulire e occuparmi di qualsiasi faccenda che mi riguardasse senza poter contare su nessuno.

 Il mio primo pensiero, quando veramente ho preso consapevolezza di dovermi trasferire è stato: che bello, ma che liberazione! Dopo però, sono iniziati i problemi e le difficoltà. La nostalgia si sente, soprattutto se si ha alle spalle una famiglia molto legata; in più, avendo io la fortuna/sfortuna di essere figlia unica, ho avuto davvero tante influenze da parte dei miei genitori, sopratutto il primo periodo. Ovviamente, anche se con calma, ci si adatta. Non è semplice, ma con calma e pazienza ce la si fa. È necessario cogliere tutti gli aiuti possibili, per esempio io ho trovato spesso salvezza in associazioni ed enti volti a facilitare studenti come me, o studenti universitari in generale. Uno dei consigli che più mi sento di dare a tutti gli studenti ora maturandi, che devono iscriversi all’università, a prescindere che debbano trasferirsi o meno è: in estate non rimanete con le mani in mano. Già da luglio sul web, nelle varie pagine degli enti regionali per lo studio universitario, vengono pubblicati vari bandi di concorso per borsa di studio e alloggio (per chi dovesse trasferirsi) o agevolazioni per i mezzi pubblici (per chi avesse la possibilità di viaggiare ogni giorno). Questi sono aiuti veramente tanto importanti, infatti questi enti non solo aiutano economicamente, ma sono disponibili per qualsiasi problema. Un altro consiglio che posso dare agli studenti fuori sede è: una volta trovata la vostra casa, iniziate ad informarvi sugli spostamenti in città. Iniziate a controllare tutti i punti fondamentali della città che possono esservi utili; innanzitutto la vostra università, poi sicuramente un negozio di alimentari, la stazione dei treni o dei pullman, e perché no una farmacia o uno sportello bancomat nelle vicinanze. Se vi rendete conto di non avere tutti i servizi a portata di mano (o a portata di piede) informatevi sulle varie linee di bus e tram presenti in città che saranno indispensabili.

Questi erano i consigli un pochino più pratici, ma c’è dell’ altro. Infatti, andare a vivere in una città universitaria spesso presuppone la convivenza con altri studenti. Il mio consiglio è di non partire prevenuti e con l’animo rabbioso della serie: mettiamo subito in chiaro le regole, qua non comandi tu e via discorrendo. È necessario avere tolleranza, lo so per esperienza. Si ottiene tanto da un dialogo civile e uno scambio di opinioni, non si ottiene nulla invece da un litigio. La mia coinquilina, per esempio, è una fumatrice, e spesso le capita di fumare fuori dalla finestra e, ovviamente, questo presuppone che parte del fumo vada a finire all’interno della stanza.

Pagina 2 su 2

Io non sono fumatrice invece, e quando lei mi ha chiesto se mi desse fastidio l’odore di fumo le ho subito risposto di sì, ma ho anche messo in chiaro che ovviamente non avevo nessuna intenzione di impedirle di fumare fuori dalla finestra, le chiedevo un’unica cortesia, cioè evitare di fumare lì poco prima di andare a letto in quanto respirare il fumo durante la notte sarebbe stato davvero molto fastidioso e dannoso per entrambe. Lei è stata gentilissima nell’accettare la mia richiesta, e io lo sono stata con lei quando mi ha chiesto di tenere le tapparelle totalmente serrate durante la notte in quanto la luce la infastidisce tanto. Ho accettato nonostante a me non piaccia il buio totale. Bisogna scendere a compromessi: mai accettare cose assurde, ma sempre essere tolleranti. Evitare ogni tipo di scontro fin quando si può, ma mai rendersi eccessivamente vulnerabili e accondiscendenti agli occhi dell’altro per non creare situazioni spiacevoli, come l’approfittarsi di voi, o lo scambiare la vostra bontà per una sorta di essere scemi e non capire nulla. Un altro consiglio è evitare, finché possibile, di andare a vivere con persone che frequentano la vostra stessa facoltà se ancora non le conoscete. Infatti potrebbe capitare di non starvi troppo simpatici e ritrovarvi a stare insieme non solo alle lezioni universitarie, ma anche tutto il resto del tempo a casa, creando un ambiente negativo attorno a voi. Se questo dovesse succedere, cercate, almeno in università, di crearvi amicizie strette e distaccarvi per il tempo delle vostre lezioni dal/dalla vostro/a coinquilino/a. Stringete amicizie all’università a prescindere da tutto, sarà molto utile e piacevole. Le amicizie universitarie sono tra le più belle che stringerete in tutta la vostra vita. Se doveste avere qualche impegno o ammalarvi improvvisamente saprete certamente su chi contare.

Insomma, la vita fuori sede è faticosa, ma ha anche i suoi lati positivi. Anche se all’inizio sarà tutto un susseguirsi di difficoltà, col passare del tempo vi renderete conto di quanto vi stia facendo crescere e maturare. Il senso di responsabilità che questo tipo di vita può farvi raggiungere non lo troverete stando nelle comodità della casa dei genitori. D’altronde per raggiungere i traguardi più importanti bisogna sempre faticare, almeno un po’. Che dire, in bocca al lupo a tutti voi, care matricole!

Elisa P.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Realtà e Percezione: come il cervello crea il mondo visibile

Pagina 1 su 2

Cosa accade nel momento in cui osserviamo qualcosa? La stiamo veramente guardando con i nostri occhi? Qual è la realtà?

La luce, che sia di una lampadina o quella solare, colpisce ogni oggetto che si trova nel raggio della sua traiettoria, per cui le particelle che formano un albero, una porta, un animale o una persona andranno ad assorbire parte dell’energia dell’onda elettromagnetica, riflettendo la parte rimanente.

Negli esseri viventi questo raggio riflesso andrà a colpire la retina, “sollecitando” le cellule nervose presenti in essa e scatenando una miriade di eventi chimico/elettrici al loro interno, a tal punto da portare alla formazione di una corrente elettrica che viaggerà attraverso i nervi. Nel giro di pochi attimi, questa corrente andrà ad attivare la zona del cervello adibita all’elaborazione e codificazione del segnale elettro/chimico proveniente dagli occhi (Corteccia Visiva), per creare in noi, a livello conscio, la scena che ci si presenta davanti, cioè quello che stiamo osservando.

Cos’è, dunque, a questo punto la realtà?

È energia.

Energia sotto varie forme, che si scontra, viene assorbita, trasformata e captata dai nostri recettori sensoriali per poi essere elaborata dal nostro cervello in ciò che a livello conscio definiamo realtà.

Quando guardiamo un fiore, ciò che vediamo è l’energia che viene riflessa dalla pianta; quindi potremmo immaginare che il colore reale della pianta sia diverso se non addirittura opposto rispetto a quello che stiamo vedendo. Si pensi, ad esempio, che un oggetto ci appare di colore nero quando ha assorbito completamente l’energia non riflettendo nulla; infatti il nero è ciò che vediamo al buio, in assenza di luce, quindi di onda luminosa che possa giungere alla nostra retina e darci un segnale visivo.

La realtà che noi vediamo è estremamente limitata rispetto alla quantità di informazione che la stessa luce è in grado di darci. Questo perché noi esseri umani siamo in grado di catturare solo una parte dello “spettro elettromagnetico”, chiamato appunto “spettro visibile”. Esso ricade tra il giallo e il marroncino, includendo tutti i colori percepibili dall’occhio umano che danno vita al fenomeno della luce. La lunghezza d’onda della luce visibile nell’aria, va indicativamente dai 400 agli 800 nm, ma altri esseri viventi posseggono dei recettori in grado di captare lunghezze d’onda differenti. Le api per esempio sono in grado di vedere un’altra regione dello spettro elettromagnetico, in particolare l’ultravioletto. Ai loro occhi, una margherita, per esempio, apparirà di diverse sfumature, formando dei cerchi di diversa intensità che come un bersaglio andranno a segnalare all’ape il punto dove colpire, dove si trova il polline. Per questo i fiori si sono adattati riempiendosi di “colori” non visibili a occhio umano con cui poter comunicare agli altri esseri viventi, rendendosi più appetibili.

 

Pagina 2 su 2

Come potrà quindi apparire la realtà agli occhi di un’ape?

Sicuramente differente rispetto alla nostra.

Ma questo non è ancora tutto. L’informazione visiva, viene captata ma soprattutto “elaborata” dal computer più sofisticato che esista: il nostro cervello.

Il cervello non funziona come una semplice telecamera, che registra una scena e ce la riproietta così com’è, ma lavora in sinergia con tutte le sue parti, per ottimizzare e decodificare ogni parte della scena che ci si presenta. Ci fa comprendere, per esempio, che una persona sta “camminando verso di noi” e non che la sua immagine diventa sempre più grande nel tempo. Crea dei forti programmi di riconoscimento di oggetti, persone ed animali, grazie ai quali siamo in grado di riconoscere un libro sia sotto il sole di mezzogiorno, che nella fioca luce del tramonto, nonostante i colori e la forma ci appaiano ben diversi.

E le sue potenzialità non si fermano qui: esso ci permette di riconoscere volti di persone e di comprendere la profondità dell’immagine, mostrandoci una realtà tridimensionale. Ci aiuta nel creare forti associazioni per cui un simbolo diventa parola e quindi altre immagini di fantasia. È in grado di connettere la vista di una foto o di un quadro con i nostri ricordi e con le aree cerebrali deputate all’emozione, facendoci commuovere o sgomentare a seconda di ciò che vediamo e di ciò che abbiamo vissuto.

Supponiamo che il nostro cervello non fosse in grado di svolgere tutte queste funzioni, per cui non potremmo percepire la profondità degli oggetti, i colori, i profumi ecc.: come ci apparirebbe allora la realtà? Senza il tatto gli oggetti sarebbero ancora solidi?

Ipotizzando che noi potessimo percepire i campi magnetici (come gli squali che posseggono i magneto-recettori), come sarebbe la realtà vissuta in un mondo dove i muri fisici della casa non impedirebbero di sapere quante persone ci sono nel salotto del vicino? Una realtà dove saremmo in grado di avvertire l’insieme di onde prodotte dai nostri cellulari che disturbano la nostra sensoria come l’acuto di un soprano farebbe per le nostre orecchie. A questo punto vorremmo tenerli ancora così vicini a noi, tanto da dormirci assieme?

Ed ancora mi chiedo, la scatola di informazioni che il nostro cervello ci propone ogni giorno, è davvero “Tutta” la realtà?

A questa domanda lascio rispondere le vostre menti.

Siamo soliti giudicare con facilità i gusti delle altre persone, non chiedendoci perché risultino così diversi dai nostri, nonostante siamo fatti in modo simile.

Eppure, per produrre una stessa proteina del nostro corpo, esistono moltissime variazioni di uno stesso gene, che lo rendono comunque funzionale, ma ne possono modificare la sensibilità a determinate reazioni chimiche; ciò fa sì che abbiamo differenti colori di capelli, degli occhi, e ugualmente anche il gusto o la capacità di sentire certi sapori è diversa da persona a persona. Dato, dunque, che il dolore, i sentimenti, le sensazioni fisiche, si basano sempre su molecole che formano il nostro corpo e il sistema nervoso, la realtà che io percepisco ed elaboro non è prettamente identica a quella delle altre persone attorno a me. Se aggiungiamo oltre ai fattori genetici anche quelli legati all’esperienza, al nostro vissuto, il tutto si complica maggiormente.

Anche i pensieri attuali (ciò che per noi è importante adesso) vanno ad influenzare la realtà che noi percepiamo.

Per chi non lo conoscesse, vi consiglio, prima di proseguire con la lettura, di svolgere l’esperimento sull’attenzione selettiva del Dr. Daniel J. Simons, che potrete trovare sotto forma di video liberamente su internet:  www.youtube.com/watch?v=wZBe7fR_8N4

Una volta effettuato potrete continuare la lettura.

In questo esperimento, circa la metà delle persone dicono di non aver visto l’uomo vestito da gorilla che attraversa il gruppo di giocatori.

Questo accade perché, nonostante i nostri occhi captino l’intera scena, il nostro cervello seleziona ciò che per noi è importante e porta tutto il resto a livello di sfondo. Quindi per quanto noi vediamo tutto quello che abbiamo davanti, a seconda del nostro livello di attenzione, a livello coscio percepiremo invece solo alcuni particolari di ciò che vediamo e il resto sarà come invisibile.

Si pensa che questa capacità si sia sviluppata già nell’età della pietra, dove l’uomo dedito alla caccia e alla raccolta di frutti si trovava a dover sopravvivere in luoghi come le foreste, piene di informazioni tali per cui trovare un frutto o una preda non è tanto semplice se si deve dare attenzione ad ogni cosa che si vede. Per questo il nostro cervello si è evoluto di modo da portare la nostra attenzione immediatamente verso ciò che noi desideriamo. Se, per esempio, cercassimo della frutta in un bosco pieno di alberi, quando la scena visiva porterà al nostro cervello l’immagine di qualcosa che è associabile a una mela, a livello conscio noi non noteremo più le ghiande, il bruco sulla foglia, le formiche sul tronco dell’albero vicino a noi, ma vedremo subito l’albero di mele.

Questa è una splendida funzione che oggi può essere un’arma a doppio taglio, in quanto se si è in uno stato di tristezza, di depressione, dove si pensa in continuazione in modo negativo a ciò che non si vorrebbe nella propria vita, il nostro cervello, essendo una macchina biologica, un vero e proprio computer, elaborerà il pensiero negativo e se una persona pensa in continuazione “io odio il verde”, starà inserendo nel suo cervello il comando “Verde”, non il blu, il giallo o altri colori che possano piacergli; pertanto il cervello, da bravo computer, ritrovandosi a vedere ovunque, in continuazione il colore verde, alimenterà il pensiero e sentimento negativo dentro di sé come se ricevesse il comando “poni l’attenzione sul colore Verde” e così sarà. Infatti, ciò accade anche al contrario: se si pensa a cose positive il nostro cervello porterà la nostra attenzione verso ciò che ci piace.

E così vale per ogni cosa, anche per la più banale, come il periodo in cui si vedono ovunque donne incinte, o coppie di innamorati quando lo vorremmo essere noi.

In conclusione, è importante fare attenzione a ciò a cui stiamo pensando, perché è la bussola che dirige la nostra vita!

La realtà che noi percepiamo in ultima analisi, non è mai assoluta; è meglio definibile come relativa, dettata dal tipo di macchina biologica di cui siamo in dotazione (il nostro corpo), dalle esperienze di vita, dai desideri del momento e tanto altro ancora di cui non ci accorgiamo minimamente.

 

 

Lincea A.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

 

Risvolti positivi di un lavoro che non amo

Pagina 1 su 2

Vorrei dare il mio apporto sul perché ho scelto/non ho scelto il lavoro che svolgo.

Leggendo la storia della vita di Angel Jeanne (fondatrice di una scuola spirituale chiamata Accademia di Coscienza Dimensionale) ho sentito delle situazioni simili alle mie, cioè il fatto di non essere stata incoraggiata o valorizzata verso alcuni aspetti. Però io ho impiegato più tempo per rafforzare il carattere e ho trovato solo adesso la strada giusta con l’Accademia come percorso evolutivo spirituale, benché 10 anni fa, incontrando la pratica buddista, ho migliorato molto la mia vita ma ero già adulta. Tutto questo lo dico per fare una premessa su come mi sono ritrovata a svolgere un lavoro che non mi soddisfa, ma ciò nonostante nel tempo riuscire ad apprezzarne i risvolti positivi e quindi non solo a lagnarmi di esso.

Avendo conseguito tardi il titolo di laurea, ricordo che all’inizio pensavo di avere bene le idee chiare, cioè dovevo trovare a tutti i costi un lavoro dentro un ufficio di un’azienda e usare il titolo di studio che avevo con fatica conseguito (con fatica perché ho avuto sempre problemi di concentrazione e all’inizio di scarsa preparazione per affrontare l’ingresso all’università, poiché a fatica ho finito anche le scuole superiori che non amavo e prima di arrivare alla laurea ho avuto problemi affettivo sentimentali che mi hanno rallentato, nonché crisi nervose nel dare gli ultimi esami poiché non applicavo mai un metodo regolare per studiare), ma avevo sempre una certa strana sfortuna nel non riuscire a stabilizzarmi nel lavoro, così lo stare in continua precarietà e senza soldi finì alla fine per farmi accettare un lavoro come operaia a tempo parziale dentro una fabbrica del settore alimentare.

All’inizio l’impatto fu brutale, benché non fosse la prima volta che lavoravo in una fabbrica, ma l’ultima esperienza risaliva a 10 anni prima e io l’avevo completamente sepolta poiché la mia vita era ripresa nel rimettermi a studiare e in seguito laurearmi, per cui il trovarmi dopo anni di nuovo in un contesto del genere dopo che avevo fatto tante esperienze tra cui quella più bella era lo studio e il lavoro all’estero e stare a contatto con persone di varie cultura, mi sembrò un passo indietro, ma la necessità di guadagnare i soldi per vivere mi fece andare avanti anche se già dall’inizio ebbi grosse difficoltà ad accettare le dinamiche marce dentro questi reparti produttivi dove prevale la manodopera femminile e i ragionamenti prevalentemente molto approssimativi e spesso di bassa levatura mentale. Iniziai subito a ribellarmi; dopo tre mesi ero già davanti al direttore a raccontare episodi assurdi che accadevano nel mio reparto pur sapendo che i superiori erano al corrente di quello che accadeva mentre si era a svolgere il lavoro.

Nel frattempo ebbi la fortuna di constatare che lì dentro esistevano anche donne normali, così strinsi amicizia con 2-3 colleghe che oggi sono mie grandi amiche. Ho capito negli anni (ne sono passati 9 e mezzo) che questo lavoro mi ha disciplinato tanto (all’inizio arrivavo trafelata e non avevo la forza di mantenere i ritmi): mi ha insegnato a tenere a bada il mio self control, poiché alcune colleghe con cui ho avuto a che fare hanno dei pessimi caratteri e penose forme mentis. Con tutto ciò ho imparato ad accettarle per quello che sono e tenendomi semplicemente alla larga ho imparato a farmi scivolare addosso tante cose e a tenere alti in me i lati positivi che sono il tempo libero che abbiamo perché non lavoriamo tutti i giorni, il fatto che con quei pochi soldi che guadagno ho potuto e posso permettermi di andare fuori anche per seguire i seminari di argomenti che mi interessano come ad esempio fra i tanti quello che ho seguito di A.C.D. a Bologna e altri seminari o comunque interessi miei di altro tipo.

Pagina 2 su 2

Non è facile accettare di non poter esprimere nel settore lavorativo le proprie attitudini, ma al momento posso dire che non cambierei mai posto con un impiegato di un ufficio perché la libertà che ho io non ha prezzo per chi vota al lavoro la propria vita fino alle 18.30 del pomeriggio, mentre io ho la fortuna di potermi dedicare al mio percorso evolutivo e di fare altre attività proprio perché ho più libertà, anche se ho chiaramente più limiti a livello economico. Poi sono felice di aver incontrato alcune colleghe che oggi sono diventate delle grandi amiche. Quindi dalla delusione iniziale di essere entrata in questa fabbrica ne ho raccolto gli aspetti positivi che mi hanno arricchito tanto, inoltre, visto l’ambiente, anni fa mi candidai dentro la fabbrica per fare la rappresentante sindacale di un sindacato dei tre che ci sono, per le lavoratrici a tempo determinato. Sono sempre stata una rompiscatole perché tante cose non vanno come devono andare lì dentro, ma non mi importa, ho la natura che non accetta le ingiustizie per cui la penserò sempre così, continuerò a lottare, soprattutto il mio modo di fare sindacato nel mio ambiente di lavoro è cercare di mettere in luce i comportamenti scorretti. Questa è la mia esperienza, spero che possa essere di aiuto a chi si trova male o fatica ad accettare il proprio ambiente di lavoro e lo stesso lavoro.

 

Luisa

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Proteggere il PC e liberarsi dallo spam pubblicitario

Pagina 1 su 7

Ritengo sia importante sapersi gestire il proprio PC. Come per qualsiasi altro strumento di uso comune, a seconda di ”come” lo utilizziamo, i risultati possono essere molto differenti, e per ottenere quelli che desideriamo è importante conoscerlo a fondo. Più esperienza abbiamo, ed una visione chiara del suo funzionamento, più sarà facile evitare malfunzionamenti e perdite di tempo. Data la forte espansione dei sistemi informatici negli ultimi anni, oltre a svariati servizi che molto velocemente stanno passando al digitale, per noi è sempre più importante che non accadano guasti imprevisti durante il loro utilizzo, ed evitare che i nostri dati sensibili cadano in mano a soggetti malintenzionati.
Perciò parlerò principalmente di come configurare alcuni programmi gratuiti per PC fisso e portatile, abbastanza semplici da utilizzare, poco impegnativi, ma che sono molto efficaci nel loro lavoro.

Aggiungo, per chi è poco pratico, che quando si installa un programma è preferibile non compiere altre azioni e soprattutto non eseguire altri programmi che potrebbero andare in conflitto. Una volta installato è sempre consigliato un riavvio del PC per completare totalmente l’installazione del nuovo programma, questo viene spesso richiesto dal programma stesso ed è importante farlo al fine che i dati inseriti vengano memorizzati correttamente.

Privoxy

Il primo programma che propongo è un semplice, ma fondamentale, proxy, che farà in modo di filtrare le pubblicità, ponendosi come intermediario della nostra connessione alla rete, migliorando tantissimo la navigazione su internet.

Per installarlo, basta scaricare il file di installazione adatto al vostro sistema operativo (Windows, Mac, iOS ecc…) attraverso questo link: https://sourceforge.net/projects/ijbswa/files/
(esempio: se avete il sistema operativo Windows, andate su Win32 e scaricate ”3.0.26 (stable) – Privoxy_setup_3_0_26.exe”).

N.B. Quando usciranno nuove versioni di aggiornamento vi consiglio di prendere sempre e solo la versione ”stable”, perché la versione ”beta” sta ad indicare che non è ancora totalmente stabile e funzionante al 100% e quindi ogni tanto potrebbero verificarsi dei piccoli errori.

La procedura di installazione avviene in maniera analoga a qualunque altro programma per Windows e vale lo stesso per i sistemi non Windows.
proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

 

Nei due segni di spunta che trovate poco prima dell’installazione (riportate in figura), vi chiede se volete una cartella che mostra il programma all’interno del menù start e se volete che parta in automatico il programma all’avvio del PC, cosa che io consiglio, dato che servirà sempre attivo, in modo da tenere sotto controllo i dati in entrata dalla rete internet. Una volta scelto le vostre preferenze cliccate su ”Next” per completare l’installazione. Quando lo avvierete la prima volta vi mostrerà una finestra vuota, in cui mostra le sue attività, ma al momento non vi interessa e la potete tranquillamente chiudere, il programma rimarrà attivo e lo potrete osservare tra le icone nell’area di notifica:

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

Utilizzando il tasto destro del mouse aprirete una finestra a tendina da cui potrete scegliere di riaprire la finestra che vi ho fatto chiudere, ma sopratutto se abilitare o disabilitare il programma pigiando sul tasto ”Enable”, togliendo così la spunta blu presente al suo fianco.

Pagina 2 su 7

In alcune occasioni potrebbe tornarvi utile, dato che il programma può interferire (raramente) in alcune operazioni, ad esempio cambiare lo sfondo del canale di youtube. Per riabilitarlo una volta eseguite le operazioni, basta premere nuovamente il tasto ”Enable” (come mostrato in figura).

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

L’icona indica che il programma è disabilitato

Per sfruttare le funzioni di questo programma dovete impostare il vostro browser (programma per navigare in Internet, ad esempio: Mozilla Firefox) in modo che utilizzi una connessione via proxy. Per fare questo è sufficiente andare nel menu nel quale è possibile modificare le impostazioni di rete. Su Firefox questa opzione si trova al percorso: Strumenti / Opzioni / Avanzate / Rete / Connessione / Impostazioni. Per mostrare la barra degli strumenti premete una volta il tasto ”Alt” della tastiera e osservate in alto a sinistra,vedrete comparire questa barra:
proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

 

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

Su Internet Explorer seguite invece il percorso: Strumenti / Opzioni Internet / Connessioni / Impostazioni LAN. Altri browser hanno percorsi di accesso alla configurazione analoghe che possono variare minimamente da quelle appena citate.

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

È sufficiente impostare i parametri nella connessione alla rete del browser e svuotare la cache (figura sopra), eliminando eventuali residui, per fare in modo che Privoxy sia operativo e funzionante: navigando infatti tra le pagine di qualunque sito, vi renderete immediatamente conto di come tutti i banner e le pubblicità vengano filtrati in automatico dal servizio e non vengano visualizzati nella navigazione.

Troverete ogni tanto delle pagine che richiedono la disattivazione dei filtri pubblicitari. Se avete necessità assoluta di accedere a quella pagina, potete disattivarli, in altri casi ve lo sconsiglio, soprattutto per le pagine in cui non hanno il minimo ritegno e da ogni angolo spuntano video che partono da soli e tanto altro fatto apposta per invadere la vostra privacy, oltre che a distrarvi. In altri casi più rari potrebbero comunque aprirsi delle pagine, ma noterete subito una finestra particolare in cui il proxy vi avvisa di aver bloccato la pagina.

A questo punto potrete decidere se entrare lo stesso nella pagina cliccando su ”go there anyway” (tradotto: entra lo stesso) oppure di informarvi sui motivi per cui è stata bloccata dal programma cliccando su ”See why this block applies” (tradotto: vedi il motivo per cui è stato applicato questo blocco).

Per chi è più esperto e vuole personalizzarsi i filtri e le impostazioni avanzate di Privoxy, metto il link alla guida completa del sito ufficiale (in inglese): https://www.Privoxy.org/

L’applicazione è supportata da tutti i browser che permettono una configurazione tramite proxy (tra i tanti: Safari, Opera, Mozilla Firefox ed Internet Explorer). La versione attuale è supportata dai sistemi Windows (95, 98, ME, 2000, XP, Vista), GNU/Linux (RedHat, SuSE, Debian, Fedora, Gentoo, Slackware, e altri), Mac OSX, OS/2, AmigaOS, FreeBSD, NetBSD, OpenBSD, Solaris.

Il prodotto è freeware (distribuito in modo gratuito) e opensource (libero studio e apporto di modifiche ed estensioni).
AdBlock e AdBlock Plus

AdBlock è un’estensione creata per il blocco della pubblicità e il filtraggio dei contenuti per i browser: Opera, Google Chrome e Safari, mentre AdBlock Plus ha la stessa funzione, ma è disponibile per i browser: Opera, Mozilla Firefox, Google Chrome, Internet Explorer e Microsoft Edge.

Aggiungendolo al vostro browser permette di completare al meglio il lavoro di Privoxy.

Pagina 3 su 7

Farà in modo di rendere la pagina web che state visitando ancora più pulita, senza spazi vuoti in cui prima erano presenti le inserzioni pubblicitarie.

Per installarlo basta andare sul sito ufficiale https://adblockplus.org/ e seguire i passaggi mostrati in figura:

 

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

 

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

 

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

 

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

L’icona comparirà in alto a destra del vostro browser e cliccando col tasto sinistro si aprirà un menù a tendina, come questo mostrato nella figura, da cui potrete decidere se disattivarlo.

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

In questa figura viene mostrato ABP disattivato completamente.

L’installazione funziona in modo simile, se non uguale, per tutti i browser, ha un’interfaccia abbastanza intuitiva e semplice da utilizzare. Si possono personalizzare i filtri, ma già le impostazioni di base sono ottime a mio parere, perciò basta installarlo ed inizierà subito a fare il suo dovere.

Eliminare le pubblicità invasive da Skype
(solo per versioni di Windows successive a Windows XP)

Seguendo questi semplici step potrete liberarvi dalle pagine pubblicitarie che si aprono in automatico durante l’utilizzo del programma:

  • premete il tasto start;

  • digitate ”Opzioni internet”;

  • attendete che appaia il risultato ”Opzioni internet” ed apritelo;

  • adesso andate sulla scheda ”Sicurezza” e fate clic su ”Siti con restrizioni”;

  • ora premete il pulsante ”Siti” poco sotto, come in figura:

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

  • inserite nella casella il sito ”https://apps.skype.com” senza virgolette;
Pagina 4 su 7
  • premete ”Aggiungi”, poi ”Chiudi” e date l’ok per uscire dalle opzioni internet.

Abbiamo così tolto le pubblicità, rimane però lo spazio dove esse sono collocate, che dà comunque fastidio in quanto non viene utilizzato. Per rimuovere anche questo spazio vuoto continuiamo con gli step:

  • premete il tasto start, e andate su ”Esegui”. Se ”Esegui” non dovesse esserci, tenete premuto il tasto start e premete ”R”, oppure digitate semplicemente ”Esegui”;

  • digitate nella casella ”%AppData%\Skype\” senza virgolette, come in figura:

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

  • si aprirà una cartella con delle sottocartelle. Aprite quella chiamata come il vostro nome skype;

  • chiudete completamente skype (importante!);

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

 

  • aprite il file ”config.xml” con il Blocco note o un editor di testo qualsiasi;

  • cercate la riga contenente questa scritta (per trovarla più facilmente potete sfruttare la funzione ”Trova” presente nel Blocco note, come mostrato in figura):

<AdvertPlaceholder>1</AdvertPlaceholder>

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

  • sostituite quell’1 con uno 0, in modo da farla diventare:

<AdvertPlaceholder>0</AdvertPlaceholder>

  • salvate e chiudete.

Da adesso Skype non avrà la benché minima pubblicità, neanche gli spazi che le ospitano.

Antivirus

Un antivirus è un programma ideato per prevenire, rilevare ed eventualmente rendere inoffensivi codici dannosi, noti anche come malware, fra i quali: virus informatici, adware, backdoor, BHO, dialer, fraudtool, hijacker, keylogger, LSP, rootkit, spyware, trojan, worm ecc. Un antivirus non ha solo la funzione di eliminazione dei programmi malevoli ma ha anche una funzione preventiva, impedendo che un virus possa entrare in un sistema ed infettarlo. Al giorno d’oggi, tuttavia, un ”classico” antivirus da solo non è più spesso in grado di proteggere un computer da tutte le minacce esistenti, quali ad esempio attacchi cibernetici, advanced persistent threat (APT), botnets, DDoS attack, phishing, scams, social engineering, spam ecc. Proprio per questo motivo vi sto mostrando più strumenti per bloccare e proteggere tutte le vie possibili da cui potrebbero accedere. Con l’avvento di internet l’antivirus è diventato uno strumento quasi indispensabile e quasi esclusivo solo per quanto riguarda i sistemi operativi della Microsoft (Windows in tutte le sue varie versioni), mentre gli altri sistemi risultano meno attaccati da virus; per questo motivo la maggior parte degli antivirus è realizzata per i sistemi operativi Microsoft. Con altri sistemi operativi basati Linux e Mac OS, la diffusione dei virus è molto più ostacolata soprattutto dalla diversa politica gestionale; i programmi utenti hanno attività più strettamente specifiche e soprattutto con privilegi molto ridotti (cioè che le modifiche sono permesse solo all’amministratore del PC), così sono molto difficili le attività dei virus, e sono altrettanto limitati i danni che da questi potrebbero scaturire nell’esecuzione; risulta quindi molto difficile causare una compromissione del sistema operativo, come invece accade spesso nei sistemi Microsoft.

L’antivirus che consiglio è solo per Windows; mi piace perché ha un’interfaccia semplice ed intuitiva, non rallenta particolarmente i processi, dà poco fastidio, è abbastanza efficace ed è totalmente gratuito. Si tratta di ”Microsoft Security Essentials” (praticamente l’antivirus fatto apposta dalla casa produttrice del sistema operativo). Nel caso in cui tu abbia installato sul tuo PC la versione Windows 8, Windows RT, Windows 8.1, Windows RT 8.1 o Windows 10, il suo nome cambia in ”Windows Defender” (la sua versione più evoluta). In questo caso dovrebbe già essere installato assieme al sistema operativo; è consigliato per queste versioni non installare altri programmi antivirus al di fuori di quello realizzato appositamente, ciò potrebbe interferire con gli aggiornamenti ed altri programmi, causando errori oppure rallentamenti.

Pagina 5 su 7

Se per qualche ragione non fosse attivo nonostante non siano presenti altri programmi antivirus, vi consiglio di attivarlo seguendo la procedura indicata sulla pagina ufficiale della Microsoft: https://support.microsoft.com/it-it/help/17464/windows-defender-help-protect-computer

Coloro che invece hanno una versione precedente di Windows, possono scaricarsi il programma d’installazione di Microsoft Security Essentials sempre dalla pagina ufficiale della Microsoft: https://support.microsoft.com/it-it/help/14210/security-essentials-download
L’installazione è molto semplice, basta leggere e seguire la guida in italiano del programma d’installazione. Infine vi chiederà di fare l’aggiornamento ed una scansione rapida per controllare il PC. All’interno c’è anche una guida completa per come utilizzarlo, anche se penso sia molto intuitivo.

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

Nel caso fosse necessario un antivirus differente, vi consiglio di evitare quelli che durante l’installazione mostrano tonnellate di file infetti o che trova qualcosa che, ”a detta sua”, solo quel programma può eliminare dal vostro PC. Molto spesso imbrogliano oppure, ancora peggio, ve li stanno inserendo apposta per convincervi a comprare l’antivirus per poi rimuoverli, facendovi credere di aver fatto un affare. Altra azione che sconsiglio è di installare più antivirus contemporaneamente, perché finiranno per andare in conflitto e rallentarvi di molto i processi del PC.

Un altro programma di supporto per Windows è lo ”Strumento di rimozione malware Microsoft”, molto comodo perché non c’è bisogno di installarlo, basta semplicemente avviare il programma e scegliere il tipo di scansione che si desidera. Lo potete scaricare dal sito della Microsoft a questo indirizzo: http://www.microsoft.com/it-it/download/malicious-software-removal-tool-details.aspx

 

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

I sistemi operativi supportati sono:

Windows 10 , Windows 10 Tech Preview , Windows 7, Windows 8, Windows 8.1, Windows Server 2003, Windows Server 2008, Windows Vista, Windows XP.

Creare Password complesse, semplici da memorizzare

Prima di passare al programma successivo, vi do un consiglio sulla creazione delle password. Spesso se ne creano di corte, utilizzando dati personali, come la data di nascita, o molto semplici per paura di dimenticarsene e non riuscire più ad accedere. Un giorno in cui stavo cercando un’idea per una password, mi è venuto in mente questo metodo. Prima di tutto mi invento una frase. Da quella prendo le iniziali di ogni singola parola e alternatamente in forma maiuscola o minuscola le inserisco per creare la password.

Ad esempio con la frase: vado a far la spesa il lunedì 5 maggio del 2016, poi torno a casa e mi faccio un risotto con verdure

La password risulterà: VaFlSiL5mD16,pTaCeMfUrCv

Ecco una password bella tosta, creata con una frase semplice da memorizzare. Io ho utilizzato la regola di prendere le lettere iniziali, ma potete anche scegliere di utilizzare solo quelle finali, alternatamente iniziali e finali, oppure sempre la seconda o la terza lettera, insomma potete sbizzarrirvi nello scegliere la regola per comporre la vostra password. In questo modo, finché non l’avrete memorizzata, potrete tenerla anche scritta, perché solo voi sapete la regola da utilizzare per comporre la parola chiave; in ogni caso, una volta memorizzata vi consiglio di cancellarla o di tenerla in un posto nascosto, per essere ancora più sicuri. Se dovete proteggere qualcosa di importante io vi consiglio di creare password da almeno 15-20 caratteri, tipo quella che ho creato io nell’esempio. In giro ci sono programmi in grado di forzare un migliaio di combinazioni al secondo, che ve la scoprono in poco tempo se non ha combinazioni complesse oltre i 10 caratteri.

Pagina 6 su 7

Proteggere i file con Veracrypt
Questo programma (completamente gratuito ed open source) è in grado di creare file di memoria virtuali criptati con la password, in cui potete inserire i vostri file e documenti che non volete vengano spulciati da chiunque acceda al vostro PC e anche nel caso di furto sarà molto difficile, quasi impossibile prelevare i file all’interno senza la password.

Da questa pagina potete scaricare il programma per l’installazione adatto al vostro sistema operativo: https://veracrypt.codeplex.com/

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

Pigiate sul pulsante ”download” che si trova sulla destra. Attendete quindi qualche istante affinché il programma venga scaricato sul vostro computer, dopodiché avviate il pacchetto d’installazione denominato ”VeraCrypt Setup xx.exe” (xx sta ad indicare la versione del programma che nel caso in figura è 1.18a) e cliccate sul pulsante ”Sì”.

Accettate poi le condizioni d’uso del programma mettendo il segno di spunta accanto alla voce ”I accept the license terms” e portate a termine il setup cliccando in sequenza su ”Next” per due volte consecutive, dopodiché pigiate su ”Install”, su ”OK”, su ”Finish” e, per finire, fate clic sul bottone ”No”.

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

 

Ora che avete completato l’installazione del programma, per mettere la password ad una cartella, o per meglio dire, per creare un volume virtuale cifrato, con VeraCrypt dovete innanzitutto avviare il programma e tradurre la sua interfaccia in italiano recandovi nel menu ”Settings”, facendo clic sulla voce ”Language”, selezionando l’Italiano nella finestra che si apre e facendo poi clic sul pulsante ”OK”.

In seguito, pigiate sul bottone ”Crea un volume…” per avviare la creazione dell’archivio cifrato in cui inserire i file da proteggere, mettete il segno di spunta accanto alla voce ”Crea un file contenitore criptato” e cliccate su ”Avanti” per passare allo step successivo. Selezionate dunque l’opzione ”Volume VeraCrypt standard”, pigiate sul bottone ”Avanti” e cliccate sul pulsante ”Seleziona file…” per selezionare la cartella in cui salvare l’archivio criptato e assegnargli un nome. Dopodiché fate clic sul bottone ”Salva”.

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

Ad operazione completata, fate clic su ”Avanti”, scegliete l’algoritmo di cifratura da utilizzare per il volume (lasciate pure attiva l’impostazione predefinita: ”AES” in corrispondenza della sezione Algoritmo di codifica e ”SHA–512” in corrispondenza della sezione Algoritmo di confusione) e andate ancora avanti. Dopodiché impostate un limite massimo di spazio per l’archivio che dovrà contenere i file (in KB, MB o GB) e cliccate ancora una volta sul pulsante ”Avanti”.

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

Ora dovete impostare la password da utilizzare per accedere alla ”cartella”: sceglietene una difficile da indovinare, magari seguendo il metodo che vi ho proposto precedentemente. Una volta digitata e confermata la password scelta, fate clic sul pulsante ”Avanti” per l’ennesima volta.

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

 

Come ultimo passaggio dovete scegliere quale file system utilizzare per il volume cifrato in cui andrete ad archiviare i vostri file: se avete intenzione di proteggere video, immagini ISO o archivi molto corposi che pesano oltre 4GB scegliete ”NTFS”, altrimenti lasciate l’impostazione su ”FAT” e pigiate sul bottone ”Formatta” per ultimare la creazione dell’archivio cifrato. Per finire pigiate prima sul pulsante ”OK” e poi su ”Esci”.

Pagina 7 su 7

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

Per accedere al volume ”segreto” non dovrete far altro che aprire VeraCrypt Setup, selezionare una delle lettere di unità disponibili (es. J:), cliccare sul pulsante ”Seleziona file…” che si trova in basso a destra e selezionare l’archivio cifrato che avete creato in precedenza.

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

Successivamente, dovrete premere il pulsante ”Monta”, digitare la password per accedere al volume immettendola nel campo collocato accanto alla voce ”Password:” e cliccare sul pulsante ”OK”. Se avete inserito la parola chiave esatta, nella sezione ”Risorse del computer, Computer” oppure ”Questo PC” di Windows (la voce può variare a seconda della versione del sistema operativo in uso) comparirà l’icona dell’unità virtuale creata da VeraCrypt e potrete gestire i dati all’interno dell’archivio criptato come se fosse una chiavetta USB o un qualsiasi hard disk esterno (memorie rimovibili).

proteggere il pc, tenerlo pulito e liberarsi dallo spam pubblicitario

Quando avrete finito di utilizzare la vostra cartella privata, tornate nella schermata principale di VeraCrypt, selezionate l’unità che avete ”montato” in precedenza e cliccate sul pulsante ”Smonta” per far scomparire il volume dal PC.

Formattare il PC

Se nonostante l’utilizzo dei programmi e dei consigli che vi ho elencato, il PC rimanesse comunque lento o con altri problemi, a questo punto vi consiglio un reset totale, chiamato in gergo informatico formattazione. Questa operazione richiede una certa esperienza e abilità di comprendere bene cosa si sta facendo col PC e non lo consiglio a chi fatica nel comprendere l’installazione dei programmi che ho elencato precedentemente, che a confronto sono estremamente più semplici ed intuitivi. Perciò se conoscete qualcuno che sa veramente dove mettere le mani, allora potete chiedergli di eseguirla e osservarlo per imparare. In caso contrario vi consiglio di rivolgervi ad un centro specializzato. La mia esperienza nella formattazione riguarda solo i due sistemi operativi e i 3 PC che ho avuto nell’arco della mia vita e dato che l’operazione varia (non di molto) a seconda del sistema operativo e del PC, darò semplicemente le informazioni generali più importanti da tenere a mente quando si vuole compiere questa azione. In ogni caso, se utilizzate quotidianamente il PC, installate e rimuovete spesso programmi e file di ogni tipo, navigate molto su internet, vi consiglio almeno ogni 1-2 anni di fare un bel reset completo dei dati, per assicurarvi di mantenere il più a lungo possibile l’efficienza della macchina. Se però non notate particolari rallentamenti, perdita di prestazioni, lo utilizzate solo per andare a leggere su qualche sito, tenete i file ordinati e non lo utilizzate ogni giorno, potete anche non formattare, oppure aspettare più a lungo. Solitamente ho visto PC che dopo un anno sono intasati di robaccia tirata su inconsciamente dall’utente, che non avendo un proxy o qualcosa che lo protegga efficacemente si ritrova il PC pieno di programmi ”spia” che vengono utilizzati per sapere i movimenti dell’utente, le sue preferenze (come potete notare nelle pagine dove vi chiedono di far entrare i ”cookies” nel vostro PC, creati anche per questa ragione) oltre che rallentare e disturbare o in alcuni casi danneggiare il dispositivo. Comunque, nonostante le varie protezioni, capita che qualcosa passi comunque e per questo consiglio di ripulire il PC periodicamente. Prima di eseguire la formattazione avete necessità di possedere questi elementi:

  • una memoria esterna in cui inserire tutti i file importanti che non si vuole cancellare;

  • CD/DVD di installazione originale o non originale del sistema operativo;

  • Product Key, nel caso di sistemi Microsoft, serve per verificare l’autenticità del vostro sistema operativo, di solito si trova nella scatola del DVD di installazione oppure come adesivo posto a fianco del PC. Se il PC in questione ha preinstallato Windows 8 allora troverete il codice nel BIOS. Tenete presente che il product key funziona solo per la versione di Windows che avete acquistato e non per altre. E’ strettamente personale;

  • Driver, essi permettono al sistema operativo di utilizzare l’hardware (la parte fisica del computer), perciò sarà importante averli, perché in caso contrario non si potrà utilizzare il PC in tutte le sue funzioni. Sicuramente avrete bisogno di scaricare i driver di rete per connettervi successivamente ad internet e scaricare gli altri restanti. Altrimenti non dimenticatevi i driver della scheda video, scheda audio, del Wi-Fi, delle porte USB e via dicendo. Potrete trovare tutti i driver che vi servono sul sito ufficiale del produttore del PC come ad esempio Asus, Acer, Samsung ecc. Sul sito dovrete solo cercare il modello del PC che utilizzate e nella sezione ”support” o ”download” avrete la lista di driver da scaricare;

  • CD/DVD o file di installazione dei programmi, ad esempio Office, Photoshop ecc. Durante questo processo vengono eliminati ”tutti” i dati, compresi i programmi, quindi assicuratevi di poterli installare nuovamente nel caso vi servano;

  • consiglio di munirvi di una guida specifica alla formattazione del vostro sistema operativo e PC, da poter seguire durante l’operazione.

Se avete pronti tutti questi elementi, allora potete proseguire alla formattazione. Una volta pulito ed installato il sistema, eseguito i vari aggiornamenti (che possono richiedere diverse ore), consiglio di installare i programmi di protezione di cui vi ho parlato precedentemente.

Questo è tutto per il momento, spero questi consigli possano tornarvi utili. Se avete dubbi, domande o se avete risolto qualche problema non esitate a lasciare un commento.

 

Fonti: Wikipedia, www.aranzulla.it, www.oceanor.net, www.html.it, www.menteinformatica.it

 

Charlie

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Introduzione alla Medicina Naturale (2 parte): il percorso di un’infermiera alla scoperta di cure alternative

Pagina 1 su 3

Nel mio primo articolo sulla medicina naturale ho affrontato l’argomento introducendo il concetto di etnomedicina e antropologia medica. So che sembrano paroloni, ma sono nozioni importanti in un mondo sempre più multietnico, perché comprendere l’“altro”, quello “diverso” da noi, diventa un nostro percorso interiore fondamentale. Però, premesso questo, volevo fare con voi un salto indietro nel tempo a quando, prima di essere “dottore” in storia ed antropologia, ero una giovanissima, ingenua, appassionata infermierina di corsia. Cosa mi spinse allora ad avvicinarmi alla medicina naturale? Cosa mi faceva soffrire vedendo tutte quelle persone perse nel loro dolore? Perché sentivo che tutte quelle sostanze chimiche iniettate senza limiti nel corpo di individui sofferenti non erano sicuramente l’unica strada per affrontare la malattia?

A quel tempo preparavamo alla notte i chemioterapici. Dovevamo proteggerci occhi, viso e mani; bastava una goccia di quell’intruglio per bruciarci la pelle. E all’indomani li avrebbero iniettati nelle vene dei malati oncologici!

Sono domande difficili, parlano non solo di un dolore senza fine, di speranze spesso deluse, di famiglie separate per sempre da una morte spesso troppo precoce, ma anche di un’arroganza senza confini basata sulla inequivocabile certezza che solo la medicina occidentale è “scientifica” ed “esatta”, come si pensava che fossero la matematica o la fisica, prima della scoperta dei “quanti” e di altre cosette di cui magari poi parleremo.

Questi scienziati che sperimentano torturando gli animali cercando improbabili connessioni con l’essere umano non hanno così tanta ragione. Ma non mi perderò a dimostrarlo, anche se potrei in larga misura riuscire a farlo.

Voglio perdermi con voi invece, miei amati compagni di viaggio, nella vita delle persone come noi, dei bambini, dei genitori, dei nonni che non hanno potuto tentare altre strade per sopravvivere.

Provate ad immaginare una diciassettenne di tanti anni fa, quando avere 17 anni significava essere ancora bambini, mandata in una corsia di ospedale di quelle vecchio stile, con tutti i letti affiancati in uno stanzone lunghissimo, freddo e illuminato con luci accecanti, oppure a fare la ferrista in sala operatoria di neurochirurgia, dove aprire un cervello era all’ordine del giorno, o a veder segar gambe con una sega che poteva essere usata anche per far legna in un bosco. All’orrore che una ragazzina può aver provato vedendo tanto dolore. Non è più proprio così negli ospedali, ma non illudetevi che sia tanto meglio. Oggi ci sono altre strategie per tenerci sotto controllo, per curarci e non curarci a sufficienza tanto da essere sempre un po’ malati. Bene, quella ragazza vedeva curare tutti i tipi di malattie e vedeva le conseguenze delle medicine. La chemioterapia in quel periodo aveva effetti tremendi. Le persone si contorcevano di dolore, i capelli restavano a chiazze sui cuscini. Le parrucche naturali, le protesi al seno, erano ancora un sogno allora. Ma non crediate, ripeto, che oggi la chemioterapia abbia fatto chissà quali passi avanti. Ci sono cose che non tutti immaginano ma sono strategie economiche che portano ad un’inevitabile selezione e alla sopravvivenza dei più adatti, o meglio, dei più utili.

Intanto, anche se lentamente, si affacciava nel mondo, specie negli altri Paesi, la consapevolezza di poter trovare altre strade per curare le persone. Strade non così invasive ed aggressive, strade a “misura d’uomo”. In Italia restammo e restiamo indietro; gli unici medici che si sono azzardati a mettere in discussione il potere sanitario sono stati in qualche modo eliminati. La medicina naturale fa paura alle multinazionali, mette nella testa delle persone che non sono pezzi di organi sparsi e riuniti insieme alle meglio da curare singolarmente, magari facendo ammalare un altro organo per cui c’è un’altra cura che però fa male ancora ad un altro. Mette nella testa che si può guarire da malattie che loro definiscono incurabili. Fa pensare che la morte è solo una possibilità e non una certezza.

Pagina 2 su 3

La medicina naturale ti riunisce a te stesso ed al mondo circostante, alla vita, alla natura in tutti i suoi aspetti. La medicina naturale è una mamma che cura i suoi piccoli finché non siano guariti e vedano la Sua meraviglia. Al Potere questo non piace.

Ero giovane ma già pensavo così, unica tra migliaia di persone che a quel tempo mi ostacolavano in modo drammatico. Così mi misi a studiare. Nel frattempo arrivò internet, e potei cercare in tutto il mondo notizie più precise. Studiai l’erboristeria, l’omeopatia, la vitamino-terapia, gli oli essenziali, gli oligoelementi, i macerati, le tinture madri. Nello stesso tempo ovviamente avevo bisogno di fare esperimenti per vedere se davvero le cose funzionavano. Così divenni cavia di me stessa. Forse non mi fece benissimo perché trascorsi anni a curarmi anche con sostanze che non potevano andare bene per un certo disturbo: ricordo sempre l’olio essenziale di cipolla, non so per quanti giorni somigliai a una soupe à l’oignon! Ma non c’erano scuole, non c’erano erboristi né omeopati che potessero lavorare alla luce del sole. In corsia vedevo prescrivere dosi di antibiotici da cammelli. Mi domandavo: ma se antibiotico significa anti-bios cioè “contro la vita”, siamo sicuri che la vita cui va contro questa medicina sia solo la vita dei batteri? E se facesse male anche ad altro? Oggi, come tutti sappiamo, gli antibiotici hanno perso quasi interamente la loro efficacia, i batteri si trasformano, diventano resistenti: noi no. Avevo ragione quindi. Allevai le mie due figlie senza medicine e senza antibiotici. Solo in casi eccezionali, perché la medicina ufficiale ha i suoi grandi vantaggi nelle urgenze, vantaggi che forse altre medicine non hanno. Ecco perché personalmente sono per la medicina integrata: tutto serve ma va usato nel rispetto della Vita. Vidi troppa gente morire invano. Un giorno vidi una signora nemmeno troppo anziana morire in brevissimo tempo per una carenza di potassio non riconosciuta. Con tutti gli studi che avevo fatto capii subito come mai stesse così male. Ma chi mai avrebbe dato retta ad un’infermierina sottomessa a quei dottoroni sapienti e gongolanti? A volte osai, ma ebbi di rimando solo occhiatacce del tipo “stai al tuo posto piccola insignificante impertinente”. Ma non sono tutti così i medici, tranquilli, ce ne sono alcuni simpaticissimi!

Troppo spesso patii la mia inferiorità sociale. Chi dice che chi non è laureato è un ignorante? Magari sa più di un altro in certi campi! Così in seguito decisi di diventare dottore pure io, ma non in medicina. Avrei dovuto cedere a troppi compromessi, avrei dovuto imparare cose a cui non credo affatto. Feci un immenso percorso di studi. Madre single, con due figlie piccole. Un giorno scriverò delle mie fatiche, ma mi laureai e ora mi laureo di nuovo.

Con gli antibiotici salvai mia figlia dal tifo. Mi accorsi immediatamente di ciò che aveva e le salvai la vita prima ancora che potesse essere ricoverata. Purtroppo molti anni fa si portavano a casa dalle corsie ospedaliere delle malattie tremende. Morirono molti bambini quell’anno. Come vedete, tutto è utile, basta essere accorti nel farne uso.

Ovviamente cercai di informare le persone ricoverate, di far loro aprire gli occhi sulle reali possibilità di usare cure differenti, non smisi mai di cercare di essere utile, di dare speranza. Anche per gli animali vale la stessa cosa. Tempo fa il mio adorato cane si ammalò di una malattia “incurabile”, i valori ematici dicevano che avrebbe dovuto già essere morto: “incompatibili con la vita”, mi disse il veterinario. Non mi arresi, le mie bambine erano disperate, dovevo fare qualcosa. Misi tutte le mie conoscenze mediche all’opera, ma non solo: restai con il mio cane ore provando a curarlo con una tecnica di pranoterapia, che già conoscevo, al suo corpo ormai in coma e quasi senza vita.  Dopo ore il mio cane si alzò all’improvviso. Guarì, mentre i veterinari gridarono al miracolo che non capirono mai. Visse ancora molti anni. Perché la medicina naturale non è solo materia, ma anche tecnica di guarigione, energia!

Ma le persone non mi credevano, ancora oggi è così in ASL. Qualche spiraglio si è aperto. Dove lavoro io ci sono medici all’avanguardia.

Pagina 3 su 3

Ci sono medici di famiglia che usano le erbe e l’omeopatia, ci sono farmacie rifornite di ogni cosa a dispetto di leggi che hanno concesso solo alle multinazionali concentrazioni efficaci di vitamine, determinando un crollo degli integratori naturali.

Ma ancora oggi, vi assicuro, le persone non credono. Le persone vengono subdolamente convinte, di essere un’accozzaglia di pezzi di ricambio. Sono sempre più demotivate, più depresse. Ogni giorno vedo il pellegrinaggio agli ambulatori di salute mentale, vedo disagiati e disperati, vedo persone che davanti al CUP in attesa dell’ennesima prenotazione che parlano solo di quante malattie hanno avuto. E chi più ne ha, vince. Le mie fatiche di molti anni sembra abbiano portato risultati scarsi ma io non credo che sia così; forse la mia era solo una voce persa nel vento, ma oggi è una voce tra altre voci in un progetto comune. Questo nuovo sito può diventare una banca dati importantissima. Una banca dati di persone libere, non aggiogate come automi ad un sistema sempre più autoritario e condizionante. Io ho l’esperienza di una vita di battaglie e di studi, ogni mio sapere è a vostra disposizione e leggerò ogni vostro sapere. Cresceremo fino a diventare un’onda inarrestabile. Vi abbraccio,

 

Yousei

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Introduzione alla Medicina Naturale (1 parte)

Pagina 1 su 2

Il discorso sulla medicina naturale è ampio e complesso ed è impossibile riassumerlo. Mi accontenterò di fornire alcune informazioni confidando di poter approfondire insieme il tema, magari su qualche argomento specifico o su alcune problematiche particolari che toccano direttamente alcuni di noi. Ovviamente la medicina, per come noi la conosciamo, conserva solo in parte le caratteristiche di quella scienza che veniva usata nel lontano passato e che ha dovuto essere immolata alla causa delle multinazionali farmaceutiche. Ogni medicina naturale, dall’erboristeria, all’omeopatia, alla medicina Ayurvedica, allo sciamanesimo è stata denigrata e ridicolizzata a tal punto che difficilmente ci si affida a queste opzioni. Come sappiamo, essa viene chiamata anche “medicina alternativa”, ma a ben vedere, l’effettiva medicina alternativa è quella commerciale, perché le basi, le strategie di cura, gli ingredienti, sono ormai solo tecnologie, sperimentazioni e indagini di mercato.

La medicina ufficiale non cura la persona, cura il sintomo, l’organo, la parte di un corpo che diventa schematizzato, suddiviso in micro-parti, sezionato come se non fosse un insieme: come una macchina. Per questo non funziona. Apparentemente il sintomo è eliminato, l’organo risponde positivamente alla terapia. Ma mentre una rotella dell’ingranaggio si aggiusta, le altre cominciano a soffrire perché la medicina va in circolo e non viene coinvolto solo un organo ma l’intero organismo. Oggi imperano gli specialisti: chi cura il cuore non sa nulla dei reni, chi cura il fegato non sa nulla dei polmoni, e tutti questi non sanno nulla della persona intera.

Quando si parla di medicina naturale non si può generalizzare. Secoli fa, ma ancora piuttosto recentemente, le varie etnie presentavano diversi tipi di possibili patologie e i climi differenti, i modi diversi di vita e la diversa alimentazione richiedevano cure specifiche, che non si potevano adattare ad altre popolazioni. Questo significa che non si può prendere un’aspirina e portarla in Africa per curare un raffreddore. Voi non sapete forse che ha fatto più morti il riso bianco per sfamare i popoli africani che le epidemie di morbillo. Alcuni popoli mancano o eccedono in enzimi diversi dai nostri: dar loro una medicina delle nostre equivale a farne strage. E questo è ciò che è accaduto. Lo stesso discorso vale per noi: una medicina naturale proveniente dalla Cina, ad esempio, potrebbe non essere adatta al nostro organismo. Piante tropicali provenienti da altre regioni climatiche potrebbero recarci più danni di quanto immaginiamo. L’aumento spropositato di allergie non solo ai farmaci ma anche alle piante è un segnale cui bisogna prestare molta attenzione. I sudamericani che vengono a vivere in Italia sono le prime vittime delle allergie alle nostre piante. I pollini della loro vegetazione non provocano allergie, hanno particelle troppo voluminose per essere inglobate nell’organismo e quindi le allergie non vengono provocate. Che effetto farebbero su di loro le piante usate da noi per curare naturalmente qualche loro problema di salute? L’allergia all’ananas, ad esempio, è molto diffusa. Personalmente se mangio ananas mi contorco dai dolori addominali come se avessi assunto arsenico, eppure, nella maggior parte degli integratori antinfiammatori naturali c’è la bromelina, una sostanza estratta dall’ananas che può ovviamente essere dannosissima in caso di allergia all’ananas latente o manifesta. E il bicarbonato? Lo sapete che sono stati demonizzati ricercatori che hanno affermato che il semplice bicarbonato dal costo bassissimo può curare il cancro perché questa malattia si sviluppa in ambiente acido, quello provocato dalla nostra alimentazione a base di proteine animali eccessive e dal nostro inquinamento, e il bicarbonato ha azione alcalinizzante sull’intero organismo? La medicina naturale reale è una medicina regionale, dove per regione si intende regione o fascia climatica. Inoltre, l’eccesso di sostanze “naturali” inserite nei cibi porta ad una sensibilizzazione ulteriore dell’organismo, in modo tale che quando si assume un’erba innocua di per sè, l’organismo già esposto in modo anomalo ad essa, reagisce violentemente.

Pagina 2 su 2

Questa premessa significa soltanto che è necessario riflettere sui significati, prima di esaltare o demonizzare sostanze che identifichiamo come “naturali”. L’omeopatia ad esempio, si basa su principi particolari: si dice che se non fa bene non fa nemmeno male. Ma non è proprio corretto. La medicina omeopatica si basa sulla memoria dell’acqua e sulla dinamizzazione del prodotto in una parte infinitesimale. L’arsenicum album, la stricnina, le piante velenose, lasciano solo una traccia virtuale nell’acqua in cui vengono dinamizzate. Spesso il farmaco omeopatico ha effetti sbalorditivi, ma deve curare i sintomi a lui simili. Il sintomo principe dell’arsenico è il bruciore intollerabile. Se questo è quello che si prova in patologie precise, l’arsenicum lo farà sparire in un batter d’occhio. Ma se questo farmaco sarà preso a dinamizzazioni errate il bruciore verrà provocato e potrebbero esserci conseguenze inaspettate.

In questo campo il fai da te è da escludersi. Esistono tante medicine naturali quanti sono i popoli e forse di più, ma tutte hanno una cosa in comune che le differenzia totalmente dalla medicina ufficiale: curano la persona intera, l’individuo malato nella sua specificità, l’essere umano col suo vissuto, col suo modo di essere, con i problemi e le difficoltà. Carlo non è Luca. A Carlo non va bene la stessa medicina di Luca. Non va bene lo stesso rituale, non va bene la stessa miscela. A grandi linee si può operare su un’infezione, su una ferita, si può agire d’urgenza nello stesso modo, ma poi si deve differenziare. Se poi Carlo è un nativo americano o un africano o un giapponese, allora le cose sono ancora differenti e più complesse. La psicologia inoltre differisce profondamente da popolo a popolo, ma anche da vissuto a vissuto. La storia passata ha un significato importante e crea individui assolutamente unici. Le differenze sono un dono di Dio. Servono ad imparare più cose, a capire più persone, ad entrare in contatto con la varietà della vita.

Parlare di medicina naturale dicendo “ho mal di testa, cosa posso prendere?” equivale a rispecchiare pari pari l’errore della medicina ufficiale. Da cosa ti viene il mal di testa? Chi sei? Come vivi la tua vita? Sei soddisfatto? Di che nazione, regione, paese sei? Che governo hai? Vivi in città o in campagna? Hai animali? E molto altro ancora. La medicina naturale è un’arte per la vita. E’ creare capolavori che poi non avranno più bisogno di alcuna medicina perché saranno individui soddisfatti, forti, e che avranno superato le tempeste che il mondo sta oggi passando. Conoscerla e praticarla equivale a supportare il proprio corpo umano fino a quando non avremo più nulla da curare. Perché la malattia è un programma, è un’anomalia non necessaria e non inevitabile.

 

Yousei

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Vaccinazioni: proviamo a comprenderle

Pagina 1 su 8

Parlare di “vaccini” significa affrontare un argomento assai vasto, poco sondabile sia per il pubblico che per gli addetti e, recentemente anche abbastanza pericoloso.

La federazione dell’Ordine dei medici ha affermato quanto segue: “Sono già in corso e sono stati fatti procedimenti disciplinari per medici che sconsigliano i vaccini. Si può arrivare anche alla radiazione” prendendo posizioni autoritarie ed intransigenti in un campo delicato, che varca i confini della libera scelta sia nella coscienza degli operatori sanitari che in quella di persone e genitori che si vedono, di fatto, costretti a sottostare ad una pratica medica che inietta all’interno del corpo una sostanza, inoculata non per decisione autonoma e neppure per scelta consapevole ma per normativa inderogabile. Non è ancora avvenuto in questi termini, ma avverrà presto.

In sostanza, l’ordine dei medici si “augura che i magistrati intervengano in materia di salute recependo nelle loro sentenze la metodologia dell’evidenza scientifica”. I giudici, per i medici, non dovrebbero avere atteggiamenti tesi a “fomentare comportamenti scorretti e non compatibili con il vivere sociale”. Non voglio scrivere paroloni incomprensibili ma questo, a casa mia, si chiama tentativo di imposizione di una propria assolutistica interpretazione della convivenza sociale e dell’etica professionale.

Per quanto riguarda le scuole dell’obbligo, dal 1998 non è più vincolante la presentazione del certificato di vaccinazione. Una legge del 1967 precludeva le aule ai bimbi non vaccinati. Tuttavia da 18 anni a questa parte, gli studenti vengono semplicemente “segnalati” alle Asl, ma possono continuare a frequentare. I genitori peraltro, non vengono più sanzionati se rifiutano l’inoculazione dei vaccini ai loro figli. Eppure frotte di genitori affollano gli uffici vaccinali convinti di dover vaccinare i figli “obbligatoriamente”. Come mai? Primo perché nessuno si domanda mai niente. La televisione dice questo, Internet dice quest’altro, la vicina di casa che è la zia di mio marito dice che è meglio così. Nonostante questo negli ultimi anni quella che i medici chiamano “la piaga della paura medievale delle vaccinazioni” ha portato ad un “preoccupante” calo della richiesta che è scesa sotto la soglia di sicurezza, viste anche le immigrazioni che fanno la loro parte nell’ innalzare il limite di rischio e visto che gli immigrati, difficilmente, sono adeguatamente vaccinati al loro ingresso nei paesi “civilizzati”. Non sarebbe senza senso la protesta dell’Ordine dei Medici se non avesse quell’impostazione autoritaria a cui la medicina tradizionale da sempre si conforma osteggiando ed impedendo, di fatto a qualunque altra alternativa di essere scelta per curare se stessi ed i propri cari. Conosco molti medici che sono stati radiati, imprigionati, accusati solo per aver proposto qualcosa di nuovo per curare malattie che la scienza comunque definisce “incurabili”. Se lo dice la scienza, nessuno può affermare il contrario. Questa scienza che è così cara al potere ed all’economia di mercato. Questa scienza che risulta sempre la migliore in assoluto, perché nessuno è mai riuscito a capire quante vittime ha fatto e neppure quante se ne sarebbero salvate se non fossero cadute nelle sue grinfie. Questa scienza che testa sugli animali ogni sorta di depravata sperimentazione come se gli umani avessero lo stesso DNA dei topi, delle scimmie, delle cavie, dei cani, dei gatti, come se le risposte immunitarie o le malattie inoculate al povero topolino determinassero reazioni uguali alle nostre. Non ci vuole uno scienziato a capire che è un’assurdità.

Bene, questa scienza così arrogante oggi decreta che dobbiamo tutti sottostare all’inoculazione di cellule estranee, stordite, rincitrullite, inebetite ma anche vive e solo un po’ rimbambite.

Pagina 2 su 8

Effetti indesiderati

Venite con me allora in un breve viaggio attraverso il mondo dei virus e dei batteri, queste strane creature manipolate, sezionate in segmenti “innocui” che talvolta (nel migliore dei casi) ti fanno venire una febbre da cavallo, quel tanto di crisi epilettica che non guasta oppure, in casi un po’ più seri ti provocano difficoltà a respirare, colorazione bluastra della lingua, gonfiore al viso, sindrome di Guillain –Barrè (paralisi progressiva degli arti o dei muscoli respiratori o del sistema nervoso con complicanze potenzialmente letali), porpora trombocitopenica idiopatica o una distruzione parziale dei globuli rossi che causa anemia emolitica o, ancora la malattia di Kawasaki, una vasculite di origine sconosciuta che può portare all’infarto del miocardio. Quando magari non ti provocano una reazione anafilattica, ovvero una grave reazione allergica, uno shock, che può avere esito fatale. Ma badate bene, solo in un caso su 10.000. Se non siete voi o vostro figlio o la vostra fidanzata potete anche fregarvene, voi starete abbastanza bene con un po’ di tachipirina e un brodino caldo mentre la povera madre del bambino morto si dispererà finché avrà vita per avere causato indirettamente questa sua immane disgrazia. A questo punto sorge la domanda: ma se ci fosse un epidemia di meningite e il figlio magari vivo e non vaccinato questa volta, della stessa madre, se la prendesse e morisse per questa infezione virale e lei non si perdonasse per non averlo fatto vaccinare? A questo punto bisogna fare due conti diversi. Secondo me è vero che alcune vaccinazioni hanno portato ad una riduzione ed al contenimento di alcune malattie nel passato (anche se innumerevoli bambini sono morti a causa delle reazioni ai vaccini sperimentali degli anni passati), ma oggi non sappiamo realmente cosa ci inoculano di preciso, né sappiamo quali malattie siano inventate e quali no, quali epidemie siano scoppiate e quali no, quali notizie sono veritiere e quali no.

Non solo, se leggete bene il “bugiardino” troverete scritto chiaramente che il vaccino non garantisce l’immunità assoluta dal virus patogeno ma “aiuta” l’organismo a produrre anticorpi e quindi saranno questi e questi soltanto a proteggervi dalla malattia. Vi siete mai chiesti il significato di quel foglietto chilometrico che trovate all’interno delle confezioni medicinali? Proprio quello che cacciate nella spazzatura appena aprite la confezione altrimenti non riuscirete mai più a chiuderla e la dovrete riporre nell’armadietto del pronto soccorso tutta ammaccata e privata di quelle indicazioni e controindicazioni che vi farebbero accapponare la pelle nel qual caso doveste trovare il coraggio di leggerle? Beh vi siete mai chiesti perché si chiama “bugiardino”? Vi sono differenti supposizioni ma a me piace quella che sembrerebbe più veritiera: un tempo, si dice, i foglietti dei medicinali erano pieni di errori o omissioni intenzionali da parte delle case farmaceutiche specie per quanto riguardava interazioni tra farmaci ed effetti collaterali. Da questo l’abitudine di dare del bugiardino al foglio farmaceutico informativo. Oggi le cose sono cambiate, dice qualcuno, oggi la scienza ha fatto passi da gigante e ci dice le cose come stanno ma…ne siamo sicuri?

Vaccini “obbligatori” e raccomandati

Facciamo ancora un piccolo viaggio nel microcosmo e vediamo quali sono le componenti con cui, ci dicono, il vaccino è stato elaborato e realizzato.

Innanzitutto, quali e quanti vaccini ci sono?

Pagina 3 su 8

Dico subito che sono molti, troppi per indicarli tutti. Quindi prenderemo in esame i principali, quelli di “casa nostra” con cui tutti i genitori vengono in contatto durante i primi 15 anni della vita dei loro figli.

Gli altri, quelli che riguardano le “malattie del viaggiatore” li lasceremo al loro destino, tanto i principi sono gli stessi.

I principali vaccini sono i seguenti, li conoscete tutti ma ne elenco una parte per poi fare un piccolo riassunto dei componenti che li caratterizzano: vi sono vaccini contro il tetano e la difterite, le varie epatiti, l’influenza, i vari ceppi di meningococchi, il morbillo, la parotite, il papillomavirus, la pertosse, lo pneumococco, la poliomelite, la rosolia, il rotavirus, il vaiolo (non più in uso a causa della scomparsa della malattia), la varicella e l’herpes zoster. Più o meno sono questi, e coprono l’arco di tutta la vita di una persona, principalmente da pochi mesi ai 15 anni ma anche in seguito fino all’età avanzata. Dopo un certo numero di anni si è deciso però che non si vaccina più nessuno. Tanto si deve morire comunque.

Ovvio che non potrò riportare tutta la casistica delle infezioni e dei decessi in popolazione non vaccinata perché dovrei scrivere un intero volume ma prendiamo il caso del rotavirus, un esempio fra tutti. Il vaccino del rotavirus è uno dei pochi che deve essere ingerito e non inoculato. Per una settimana, il bambino di pochi mesi deve essere tenuto in casa senza essere baciato, sì…baciato. Tutti i suoi indumenti e le sue cose compresi i pannolini devono essere disinfettati e gettati senza indugio. Tutta la famiglia deve fare attenzione nel corso della settimana a non avere conseguenze a causa della vaccinazione. Praticamente nei paesi “civilizzati” non si muore di rotavirus perché oggi la diarrea può essere contenuta dai farmaci e l’idratazione mantenuta costantemente sotto sorveglianza. Ma avere un bambino ammalato gravemente non è bello né auspicabile. Allora andiamo a vedere dove il rotavirus colpisce. Nel complesso la diarrea in tutte le sue forme, causa nel mondo oltre 5 miliardi di casi provocando 3 milioni di morti. Di questi l’infezione da rotavirus si stima che ne abbia provocato nel 2008 circa 450.000, 1/6 ad occhio e croce direi.

Ma dove?

Nei Paesi in via di sviluppo.

In Europa e negli Stati Uniti, in tutta la popolazione di questi paesi, in totale più di 1 miliardo di persone, vi sono circa 30 morti l’anno di diarrea da rotavirus. Uno ogni 50 milioni! Ma non si era detto che le complicanze letali dei vaccini erano quasi nulle già a 1 a 10.000 o 1 a 100.000? Allora 1 a 50 milioni praticamente non esiste! Perché tutti gli altri sono vaccinati (il che tra l’altro, non è vero) dirà qualcuno. E certo, la via di uscita si trova sempre negli affari miliardari!

Non solo, cita il volume, ma il problema rilevante è il costo delle cure: un impatto economico notevole per la sanità. In un anno si raggiunge 1 miliardo di dollari per curare le patologie intestinali e soprattutto, i genitori devono assentarsi dal lavoro per accudire i figli malati: 300 milioni di euro in Italia vengono praticamente “sprecati” per le assenze della madre che si dedica alla cura dei figli.

Pagina 4 su 8

Trecento milioni di euro vengono “sprecati” dalle madri che se ne stanno a casa a curare i loro bambini? Ah…ecco dove sta il problema! Dai, allora vacciniamoli tutti così risparmiamo e se uno, due o duecento muoiono e ad altri 3 o trecento viene la celiachia chissenefrega! Le nostre finanze sono a posto!

Vorrei fare due conti e vedere quanti milioni si sprecano per la classe politica, il clero, il profitto economico, la fabbricazione di armi, la guerra…dai…siamo seri che di cavolate noi tutti siamo stanchi!

Bene, se andiamo di questo passo arriveremo a dire che anche il terremoto è uno spreco di soldi, gli alluvioni, le inondazioni…

Ma forse, siamo sinceri, per questi eventi i soldi si sprecano di meno, visto che i terremotati sono ancora nelle strutture prefabbricate da quel dì! Comunque andiamo avanti e vediamo di cosa sono fatti questi vaccini, non abbiamo altro che il bugiardino, prendere o lasciare, tanto la verità non verrà a galla di certo se non attraverso dichiarazioni che verranno puntualmente messe a tacere in un modo o nell’altro.

Componenti potenzialmente tossici

Dunque, vediamo in dettaglio i prodotti inseriti nel vaccino differenti dal principio attivo e quindi, dai virus patogeni.

Nei foglietti illustrativi si legge:

  1. idrossido di alluminio, fosfato di alluminio, adiuvanti che accelerano, migliorano e prolungano gli effetti del vaccino.
  2. cellule VERO (cellule utilizzate in colture cellulari provenienti da cellule epiteliali renali di Cercopithecus aethiops, un primate).
  3. Medium 199, uno stabilizzante
  4. L-glutammato, disodio fosfato anidro, eccipienti
  5. Acido succinico, regolatore di acidità
  6. Polisorbato 80, detergente tensioattivo
  7. Proteina L1 prodotta mediante tecnologia del DNA,
  8. cellule derivate dall’insetto Trichoplusia ni
  9. fenolo, composto derivato dal benzene
  10. sodio borato, un composto chimico spesso consigliato come ingrediente multiuso da utilizzare per la preparazione di detersivi per il bucato o per la pulizia della casa
  11. Formaldeide, conservante che l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro nel 2004 ha classificata nel gruppo dei cancerogeni
  12. Sali di Hanks, miscela complessa di aminoacidi
  13. Neomicina e altri antibiotici per mantenere la sterilità
Pagina 5 su 8

Non ho riportato tutto altrimenti avrei dovuto scrivere un’enciclopedia ma abbiamo quanto basta per poter fare considerazioni ed approfondire le nostre ricerche anche individualmente.

Obiezionario

Prima di raggiungere le valutazioni conclusive della nostra ricerca, soffermiamoci ancora su un opuscolo distribuito dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale, in particolare sul cosiddetto “obiezionario” che si propone di scindere il “mito dalla realtà” nella pratica vaccinale.

Dunque, verso la fine di questo opuscolo vengono addirittura insegnate alcune strategie di comunicazione efficace, di counseling, di rispecchiamento empatico.

Dopodiché vi è una veloce presentazione di strategia nei confronti di una madre definita “standard “ e “bisognosa di convincimento”. Mi permetto di dire: ma che significa “bisognosa di convincimento”? Potremo dire “bisognosa di informazione” ma non di “convincimento”. Una persona si deve informare per far sì che diventi autonoma nelle sue decisioni e consapevole dei rischi e delle opportunità, ma mai e poi mai convincere! L’obiettivo è dichiarato: il tutto è finalizzato all’accettazione del vaccino. Testuali parole. Ora mi si dica in quale senso questa strategia è ritenuta efficace! Io dico: nel senso in cui si voglia forzare un risultato da noi ritenuto d’obbligo (e non di scelta) e si voglia manipolare la percezione individuale dirigendola verso ciò che noi vogliamo ottenere. Ma come lo chiamiamo questo se non “condizionamento”?

Infine il famosissimo “obiezionario” presenta diversi quesiti che potrebbero venir posti dai genitori prima di un vaccino. Io ho ritenuto alcune di queste informazioni, forzate e non corrispondenti alla realtà. Una delle risposte più incongruenti è quella relativa alla domanda se esiste il rischio potenziale di un vaccino contenente mercurio, alluminio o formaldeide. La risposta è, praticamente che le dosi sono basse e che comunque l’OMS ha decretato che va bene così. Quindi argomento chiuso. Personalmente non ho ben chiaro cosa significa “dose bassa”: una cellula tumorale è in grado di infettare ed uccidere un intero organismo, una punta di spillo di glicina può uccidere decine di esseri umani…non è detto che una dose bassa di una sostanza potenzialmente dannosa sia da sottovalutare! Un’altra risposta riguarda il pericolo di autismo: l’ipotesi sollevata da un gastroenterologo è stata smascherata da un giornalista (un giornalista?) che avrebbe provato gli interessi economici di questo professore che poi è stato costretto ad abiurare e, nonostante ciò è stato condannato con una trentina di capi d’accusa tra cui disonestà ed abuso su bambini con problemi di sviluppo! Naturalmente il professore è stato radiato dall’ordine dei medici come del resto molti dei medici, dei quali seguo gli studi, che sono stati ridotti in miseria, accusati, denigrati dalla comunità internazionale salvo poi (in un paio di casi) aver casualmente scoperto che quello che sostenevano era corretto, ma non nella forma da loro evidenziata bensì in quella esposta da ricerche scientifiche internazionali in America, sulla Luna o in qualche parte del Cosmo di cui non sapremo mai nulla! Per quanto riguarda poi gli episodi convulsivi viene detto che i vaccini coincidono con l’età in cui si potrebbero manifestare proprio i primi episodi convulsivi. Quindi chi lo dice se le convulsioni sono causate dal vaccino o il bambino ne soffre per conto suo così, a caso. Beh può succedere! E quante coincidenze però!

Pagina 6 su 8

Parliamo della SIDS, la temibile morte in culla. Una ricercatrice micropaleontologa ha avanzato l’ipotesi che morte in culla e vaccini siano correlate. Ma come nel caso sopracitato lei era una delle maggiori esponenti del movimento australiano contro le vaccinazioni. Quindi che abbia studiato non ce ne deve interessare un’acca. Lei ha fatto il solito errore: la morte in culla può avvenire proprio nel periodo in cui viene effettuata la vaccinazione. Quindi…altra coincidenza. Quei bambini sarebbero comunque morti! Il vaccino è stato un caso fortuito!

Non credo opportuno fare altri esempi perché questi bastano ed avanzano ma un po’ di ridicolo credo che faccia bene a tutti e quindi, perché perderci la chicca finale? Prima di tutto viene affermato che le associazioni omeopatiche approvano i vaccini (e vorrei vedere se non lo facessero! Sparirebbero dalla faccia della terra!) e infine, viene spiegato in modo piuttosto sarcastico che, basta leggere i geroglifici e la storia umana per capire che le malattie infettive non sono armi di sterminio delle industrie farmaceutiche che se le inventano per guadagnarci perché ci sono da migliaia di anni. Ma sentite bene…i vaccini servono a iniettare microspie? Riporto pari pari: “In una società sana questa domanda non avrebbe trovato spazio in questo testo poiché è un assurdità sia tecnica che teorica…non esiste una tecnologia così avanzata che possa portare allo sviluppo di microspie iniettabili attraverso un ago di siringa e poi…che senso avrebbe continuare ad iniettare microspie con le vaccinazioni successive?”.

Conclusioni: proviamo a fare alcune ipotesi

Fino ad ora abbiamo parlato di ciò che è sotto gli occhi di tutti, un preambolo per avvicinarci alla conoscenza dei vaccini attraverso i canali che tutti possono consultare. Diciamo…la parte visibile dell’Iceberg! Addentrarsi sotto le oscure acque della medicina ufficiale è complesso e pericoloso: chi ci ha provato spesso non ne è uscito vivo. Non sono così addentro ai segreti delle multinazionali e degli esperimenti su cavie animali ed umane. Posso solo confermarne l’esistenza. I farmaci vengono tutti sperimentati su cavie umane con compensi in denaro. Ma a volte, nemmeno quello. Persone con problemi di una certa entità si prestano volentieri per tentare il possibile per recuperare la loro salute. A me era successo, ed avevo appena 19 anni!

L’industria farmaceutica è un business di proporzioni incalcolabili, come quella delle armi. Vive e si organizza sulle malattie ed è, con tutta probabilità, sotto la giurisdizione militare e delle grandi Lobbies, gruppi di persone che sono in grado di influenzare a proprio favore l’attività del legislatore e le decisioni del governo o di altri organi della pubblica amministrazione, manovrando a proprio vantaggio politico, economico e di potere, le sorti dell’intero globo terrestre.

L’Italia è fra i Paesi in cui l’informazione è più carente e manipolata. I nostri figli ricevono, nella primissima infanzia altissime dosi di vaccini e quindi di tossine altamente dannose per organismi così delicati. Solo fino al 15° mese 25 vaccini sono inoculati in creature che vengono forzatamente messe in contatto con un enorme carica virale e una quantità più che significativa di eccipienti nocivi!

Data la grande inconsapevolezza dei genitori e il timore di incorrere in qualche rappresaglia legale o peggio nel senso di colpa trasmesso dai vaccinatori che insinuano più o meno direttamente l’eventuale responsabilità nei riguardi di un possibile contagio di massa e delle probabili morti da esso derivate, spesso i genitori finiscono col non opporsi alla pratica vaccinale. Nei momenti in cui alcune informazioni riguardo alla tossicità dei vaccini od ai pericoli a questi connessi, sfuggono al controllo, le strategie tendono a modificarsi. Ecco che allora spuntano le “epidemie”.

Pagina 7 su 8

Durante gli ultimi anni ne sono passate parecchie sotto i nostri occhi. Le avete notate? Dove sono finite? Ricordate l’aviaria? E la suina? E l’AIDS? Come mai si dice che l’epidemia si sta spegnendo in Australia grazie ai farmaci retrovirali? Ma insomma, allora si ferma senza un vaccino? Lo sapete che in Birmania stanno morendo come le mosche nei quartieri poveri per una malattia contagiosa che nessuno sa cosa sia? Come mai i poveri e non i ricchi? Forse per le condizioni igieniche? Allora non sono i vaccini che salvano in quel caso ma la qualità della vita! Miglioriamola, invece di spendere miliardi di miliardi per le armi no? No di certo. I poveri non possono nemmeno permettersi di comprare medicine, non servono all’economia. La zika, sapete cos’è? Lo sapete che la rucola (parlo dell’insalata!) sta infettando la Gran Bretagna con l’escherichia coli? E che la febbre gialla potrebbe scatenare a breve un’epidemia mondiale? E l’ebola, dove è finita? Non temete, è lì che vi aspetta! Lo sapete che nessun virus o batterio attecchisce su un organismo sano? Ma come può essere sano un qualunque organismo che viene sottoposto al sistema di vita che oggi la popolazione mondiale è costretta a vivere? Cibi geneticamente modificati, animali che vivono in condizioni inumane e che vengono riempiti di antibiotici ed ormoni della crescita e poi uccisi in modi spaventosi che provocano il rilascio nelle carni di sostanze provocate dal terrore, scie chimiche, pesticidi, colture intensive che depauperano le piante di ogni sostanza nutritiva. E poi lo stress, i ritmi lavorativi, le tecnologie che rilasciano onde magnetiche, gas tossici, case costruite con materiali dannosi, inquinamento acustico, un mare che ha l’aspetto sempre più simile a quello di una fogna. Siete a conoscenza delle due isole di plastica (formate dai nostri rifiuti che finiscono in mare) che stanno galleggiando negli oceani e che sono grandi come interi stati? Credete che qualcuno possa veramente essere sano? E gli innumerevoli esperimenti nucleari che tutt’oggi devastano la terra li mettiamo in conto? E del fatto che l’immunizzazione naturale contro un agente patogeno è totalmente differente dalla supposta immunizzazione da vaccino perché la risposta anticorpale è diversa lo sapete? Le malattie non si combattono con i vaccini, ma con la salute. E la salute non si crea inoculando virus e tossine in creature che si sono procurate gli anticorpi solo da pochi mesi di vita! Pensate che a chi provoca tsunami, terremoti, catastrofi, alluvioni, importi davvero così tanto della salute dei vostri figli da costringervi a vaccinarli per salvaguardare la loro vita? Bazzecole, fesserie, ridicolaggini senza fondamento! E se iniziassimo a ipotizzare che i farmaci provochino il perdurare della malattia per mantenere l’impero economico delle multinazionali? Potrebbero curare quel tanto che basta per creare dipendenza! Oggi i vaccini sono tornati in auge. Dopo le ultime “epidemie” di meningite, vanno a ruba, tanto a ruba che vengono proprio rubati! Rubati dai frigoriferi e poi magari inoculati senza precauzioni, ma come mai? Perché il traffico di vaccini non è limitato alle industrie farmaceutiche, nel loro piccolo ci sono coloro che trafficano pochi vaccini. Supposto che un vaccino costi 50/70/100 euro ci vuol poco a fare i conti di quanto si racimola vendendone anche poche decine. Vi siete chiesti come mai una ragazza è morta di meningite al più grande raduno internazionale dei giovani a Cracovia? Avete solo una lontana idea di che cosa è accaduto dopo? Migliaia, centinaia di migliaia di vaccini sono stati smerciati. I genitori hanno superato le loro perplessità: chissenefrega dell’autismo, a chi importa dei danni neurologici quando la meningite incalza e miete vittime? Ma quante sono realmente queste vittime? La meningite in Toscana sta colpendo persone con età al di sopra dei 50 anni ed in particolare intorno ai 58-60, considerati non a rischio e comunque non per il meningococco. Ma allora tutte le giovani vite stroncate dal meningococco di cui si parla? E perché visto che il killer è il meningococco di tipo C che è distribuito gratuitamente nella maggior parte dei casi, ci sono state migliaia di vaccinazioni contro il meningococco di tipo B che è a pagamento per tutti i nati anteriori al 2015? E lo sapete che un ragazzo vaccinato ha contratto comunque la meningite? Credete veramente che il vaccino vi protegga al 100%? Non è così.

Pagina 8 su 8

Inoltre pare che la vaccinazione di massa dei bambini con vaccino anti pneumococcico stia provocando una trasformazione dei ceppi batterici che causano la malattia e che diventano resistenti agli antibiotici, soprattutto la penicillina, con inevitabili conseguenze negative sulla possibilità e l’efficacia di cura e terapia. Molti microrganismi infatti si adattano a sopravvivere quando una vaccinazione di massa tenta di eliminarli.

I vaccini inoltre, come avete potuto vedere più sopra contengono materiale genetico di animali ed insetti. Potete essere certi che l’inoculazione di questo DNA estraneo non provochi mutazioni genetiche?

Leggete questa pagina:

http://www.laleva.org/it/2008/01/vaccini_contro_la_meningite_i_dati_che_i_media_non_diffondono.html

E date una letta anche a questa:

http://www.mednat.org/vaccini/vaccini1.htm

e a questa:

https://autismovaccini.org/2014/05/01/bambini-cavie-per-il-vaccino-contro-la-meningite-b/

In conclusione la verità non è veramente decifrabile. È necessario essere sempre svegli e pronti, non lasciarsi abbindolare da nessuno, nemmeno dalle proprie convinzioni. Si sono poste molte domande in questo scritto, ma risposte le precise non sono alla nostra portata perché ci vengono tenute nascoste. Prenderci la nostra responsabilità di non accontentarci delle spiegazioni del sistema di potere è nostro dovere. Noi cambieremo il mondo…che lo vogliano o no!

Di seguito riporto alcuni link consultabili, ma molti potete trovarli da soli:

https://autismovaccini.org/2015/12/30/ferraglia-nei-vaccini-nessuno-fornisce-risposte/

http://www.mednat.org/vaccini/esavalente.htm

http://www.mednat.org/vaccini/vaccini_base.htm

http://www.mednat.org/Esperimenti/esperimenti_base.htm

http://www.mednat.org/aids/hiv_isolamento.htm

http://www.mednat.org/vaccini/bomba_orologeria.htm

http://www.mednat.org/big_farma.htm

 

Yousei

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Come trasformare il dolore della violenza in amore per se stessi

Pagina 1 su 2

Non è facile tornare indietro di circa sedici anni, a quando non avevo nemmeno sei anni, ma questa volta ce l’ho fatta.

Ammettere a se stessi un episodio di violenza è difficile, in particolare perché la tua mente cerca in ogni modo di resettarsi. Ma è tutto inutile, quel sentimento ti rimane dentro. È letteralmente un mostro che ti perseguita e non ti lascerà mai libero di respirare fin quando tu non ti deciderai a parlare, fin quando non ti girerai e comincerai a combatterci contro. I problemi di questo genere non si possono risolvere se messi in una scatola e sotterrati, non si può guarire da un tale dolore se ci si chiude in se stessi.

Non racconterò ciò che ho vissuto: se sto scrivendo ora è per un motivo in particolare e non è quello di trasmettere emozioni negative.

Era un periodo buio, in cui la memoria mi aveva messo davanti agli occhi ciò che volevo dimenticare. In quel periodo ero corrosa dall’odio, guardavo con diffidenza, con disprezzo ogni persona. Mi comportavo male anche con coloro che mi volevano un gran bene. Ricordo perfettamente il giorno in cui mi decisi a parlare di quel piccolo episodio che influenzò la mia intera vita. Non ci pensai nemmeno per un secondo e buttai fuori le parole con la spinta di un fiume in piena. Il mio primo episodio di violenza venne esternato, a mia madre. La persona che sapevo mi avrebbe potuto capire nel migliore dei modi.

In quel momento, un enorme masso di cemento ha iniziato a spappolarsi, ho sentito un peso al cuore che pian piano se ne stava andando. Ho incominciato a realizzare il perché di alcuni miei comportamenti; il fatto di sentirmi in dovere di perdonare sempre tutti, in particolare quelle persone che appositamente sceglievano di farmi del male. Questo perché mi lasciavo manipolare e non decidevo realmente di testa mia, facevo ciò che gli altri volevano che io facessi. Ero molto debole ed ero abituata a credere che l’amore fosse caratterizzato da un po’ di violenza. E sì, so quanto questo sia difficile da credere, ma questa è la verità. Per questo sceglievo sempre il ragazzo sbagliato, quello che inevitabilmente mi faceva soffrire. Ero abituata a subire e non capivo quanto questo fosse scorretto, non riuscivo a capirlo e in parte questo accadeva perché non ne parlavo e non avevo nessuno che mi dicesse quanto tutto ciò non fosse giusto. Ho capito anche da cosa derivasse il mio essere stata fin troppo timida e chiusa con la maggior parte delle persone, è così che ci si comporta quando pensi che la parola sbagliata possa scatenare un tragedia.

Mi sfogavo con le persone che non avevano colpe, mi chiudevo in me stessa, piangevo e urlavo. Vivevo con il mio macigno sul cuore, sentendomi in dovere di fare ciò che non volevo per rendere felici coloro che a me non volevano un minimo di bene. Ero abituata a questo, a sentirmi vuota, a quel vortice nero, a sentirmi un oggetto creato per obbedire ai comandi altrui. Questa era la mia “normalità”.

Ma ora sono stufa e sento solo il forte bisogno di fare ciò che non ho mai fatto in questi anni: ascoltare me stessa e il mio volere. Ora voglio amarmi. Amare se stessi significa molte cose. Ti ami quando inizi ad usare parole più dolci con te stesso; in un momento di sconforto non esistono più parole demotivanti, ma solo tanto amore e positività nei tuoi confronti. Riconosci quanto vali anche quando gli altri non lo fanno, anche nei momenti più brutti. Ti prendi cura di te stesso, a livello emotivo. Impari a fare ciò che è giusto per te, non esiste più il fare qualcosa che non vorresti per rendere felice una persona che nemmeno ti vuole bene.

Pagina 2 su 2

Fai ciò che ti rende felice senza però ferire gli altri. Ti rendi conto di chi ti merita e non dai più amore a chi vorrebbe solo farti del male. Fai tutto ciò perché hai un forte rispetto nei tuoi confronti. Ti tratti in modo prezioso, ti motivi, ti incoraggi ogni attimo e ti dai supporto.

In questo momento sto riscoprendo la vera bontà dell’essere umano; questo aiuta a guarire. Se avete subito violenze, riscoprire l’amore, quello universale e la vera amicizia, sarà la migliore medicina che possiate prendere.

Purtroppo c’è troppa insensibilità in questo mondo e poca empatia ma so che un giorno le cose cambieranno. Per questo ho voluto abbattere la vecchia persona che ero e continuo a farlo ogni singolo giorno. Voglio vedere un cambiamento e per vederlo realizzare devo partire da me stessa.

Voglio vedere le persone che si aiutano, voglio vedere un estraneo che prende le difese di una ragazzina, pur non conoscendola. Voglio vedere esseri umani più coraggiosi, che vedendo una persona soffrire si fanno avanti, si presentano e chiedono semplicemente: “hai bisogno? Devi parlare?”, pur rischiando di sentirsi rispondere in malo modo. Voglio vedere persone che entrano in un supermercato e prendono un panino per una persona che fa le elemosina, senza più pensare: “sta fingendo, non ha bisogno di aiuto, forse sta pure meglio di me”.

Per questo ho parlato, per questo mi sto impegnando, voglio cambiare e spronare le persone a fare lo stesso. Così magari, un giorno lontano, questo posto sarà migliore. Ci saranno meno violenze, meno persone che staranno zitte e più persone che reagiranno di fronte al male. Ecco, è questo ciò che realmente voglio fare nella vita. Voglio strappare sorrisi a chiunque e rendere la vita più leggera a qualsiasi persona che io possa incontrare. Voglio trasformare la violenza in amore.

Mi auguro di aver trasmesso in queste righe tutto ciò che volevo trasmettere.

 

Maya

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La leucemia di Kevin mi ha fatto amare la vita ancora di più

Pagina 1 su 2

Voglio condividere con tutti voi un articolo per me molto forte ma allo stesso tempo significativo. Sento di scriverlo come messaggio di speranza alla vita, poiché spesso, senza nemmeno farci caso, ci soffermiamo sulle banalità e non riflettiamo invece su ciò che è davvero importante.

Mi trovavo all’ultimo anno di università: per me quegli anni erano, per un certo verso, gli anni della spensieratezza, anni in cui si pensa sì a studiare per sostenere gli esami, ma anche a prendersi dei momenti di svago, come le feste organizzate da universitari, gli scherzi tradizionali estivi, i cosiddetti “gavettoni” (cioè secchi pieni di acqua che inaspettatamente ci buttavano sulla testa i colleghi di studio, molto rinfrescanti e anche divertenti), il famoso “giovediamoci universitario” cioè solo di giovedì, tutti gli universitari potevano entrare gratis in discoteca e solo universitari. Insomma, studio ma anche divertimento.

Kevin era uno studente tranquillo, brillante amava la vita in un modo incredibile, amava lo studio, simpatico, gioioso e mi ricordo anche tanto generoso quanto determinato a raggiungere l’obiettivo in cui credeva.

Una mattina, durante una lezione, entro nell’aula: mi ricordo ancora quel giorno come se fosse oggi. Sì, me lo ricordo ancora molto bene: c’era la lezione di marketing in cui si parlava di strategia del mercato.

Kevin era seduto vicino a me. Quel giorno non parlava, era silenzioso. Siamo usciti da lezione e ci siamo subito incamminati verso la mensa, una giornata molto particolare in cui lui era diverso rispetto ai giorni precedenti, aveva gli occhi assenti ma tutto sommato si percepiva, si notava la sua grande serenità.

Ho notato qualcosa di diverso nei suoi occhi, di molto strano anche perché lo conoscevo abbastanza bene in quanto ci eravamo immatricolati nello stesso anno e allo stesso indirizzo di studi.

Senza tanti giri di parole una sera, dopo essere stati alla festa di compleanno di un altro nostro collega, era tra l’altro il giorno prima di un esame che dovevamo sostenere insieme, di diritto del lavoro, lui si sfoga e, non riuscendo a trattenere le lacrime, per quanto si sforzasse, mi racconta della sua malattia, che stava andando avanti da mesi. Mi racconta tante cose, si confida con me, di come l’abbia scoperto. Non sto troppo a raccontare i particolari poiché non finirei più. Mi ricordo ancora la sensazione che provai ascoltando la sua storia: mi sentivo impotente perché in quei momenti non sai proprio cosa dire o cosa fare se non dare un caloroso abbraccio e tanto affetto.

Arriva il giorno dell’esame: è una grande gioia per noi, l’esame riusciamo a superarlo e, per festeggiare, andiamo in pizzeria a mangiarci una mega pizza; quel giorno ho visto Kevin brillante, sereno come non l’avevo mai visto. Si pensava solo alla gioia di aver superato quel grosso mattone di esame. L’ho ringraziato tantissimo, perché era sempre pronto a darmi forza e infatti durante gli esami mi trasmetteva tanta positività.

I giorni passavano, si affrontavano sfide di tutti i generi, si continuava a studiare, a fare sacrifici, i divertimenti e gli svaghi che non mancavano mai, le confidenze tra studenti, gli auguri e gli abbracci durante le feste, gli scherzi, le sofferenze vissute, le gioie condivise e tante altre cose.

Pagina 2 su 2

Kevin lottava senza fermarsi mai, andava avanti con il sostegno di tutti noi colleghi ma anche con una grande forza e determinazione che faceva parte del suo carattere; davvero incredibile da credere in quella sua situazione. Era normale il suo pianto di sconforto ma allo stesso tempo era pieno di coraggio. Non si fermava mai davanti a nulla, sempre determinato a studiare, determinato ancora di più a lottare per la vita, a lottare contro quella malattia con la quale ormai aveva imparato a convivere. Era una vera forza naturale, ma la cosa incredibile era la forza e la positività che dava ai suoi compagni di studi.

Kevin lotta e continua a lottare, ma non ce la fa: quasi un anno prima della laurea ci lascia. Ci lascia con il suo grande sorriso, ci lascia con la sua forza incredibile ma soprattutto ci lascia amando la vita. Non è riuscito a raggiungere il suo sogno, cioè la laurea, ma se n’è andato lasciando un grande messaggio di forza a tutti i suoi compagni. Un messaggio bellissimo per amare la vita e apprezzare ogni giorno il bello che tutti noi possiamo vedere, per apprezzare ogni momento, anche quello che sembra banale, per credere e lottare, per saper difendere con le unghie e con i denti la vita, lottando senza mai fermarsi.

Sono situazioni che fanno riflettere tantissimo e che toccano davvero il profondo. Ti fanno capire quanto sia importante volersi bene e volere bene al prossimo, poiché in questa vita a volte siamo colpiti da imprevisti di ogni genere e questa forte esperienza vissuta da vicino insieme ad altri miei colleghi mi ha fatto davvero capire l’importanza di amare la vita e tutto ciò che ci circonda.

Un abbraccio,

 

Antonietta R.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

Astronomia per passione, le meraviglie del cielo e i suoi strani oggetti

Pagina 1 su 2

Il mio hobby sin da piccolo (ora ho 40 anni) è stato quello di osservare le stelle. L’astronomia mi è entrata nel sangue dall’età di 10 anni. Sono sempre stato un tipo solitario e questo tipo di hobby, in fondo, è un buon passatempo la sera, magari mentre i tuoi coetanei stanno fuori a divertirsi o a “cuccare”.

Mi ricordo che comprai una rivista nel finire degli anni 80 che spiegava come osservare una eclissi di Luna, e ne rimasi affascinato! Vi erano segnati tutti gli istanti in cui l’ombra della Terra avrebbe coperto il nostro satellite, e incoraggiava a verificare quei dati con un buon cronometro. Era una piccola cosa, ma fu la spinta che accese in me la voglia di studiare gli astri.Crescendo, mentre i miei coetanei si facevano regalare motorini o non so cosa, io chiedevo telescopi e abbonamenti alle riviste scientifiche astronomiche. La sera era un piacere stare sul balcone con il mio fidato compagno, a scrutare le meraviglie del cielo. La mia passione è stata sempre bivalente: è sia contemplazione, cioè piacere di guardare lo splendore degli astri (i pianeti, le forme variegate delle nebulose, le stelle che si raggruppano in forme bizzarre ecc.), sia appagare il mio lato di ricercatore (dilettante) nello studio dei fenomeni celesti. Per elencarne alcuni, determinate stelle hanno luminosità variabili, quindi durante un arco di tempo diventano più luminose e poi diminuiscono, oppure osservare i satelliti di Giove nel loro moto intorno al pianeta. Passare le serate a prendere appunti, fare disegni, fare tabelle, tutto molto appagante e stimolante. Ad alcuni l’universo spaventa perché “troppo grande”, a me invece affascina in quanto è la nostra casa e ci sono fenomeni meravigliosi da osservare. Per un breve periodo ho fatto parte anche di un’associazione di astrofili, ma l’aspetto divulgativo di questo hobby non mi ha entusiasmato più di tanto. Far guardare le stelle a persone che sono di passaggio o hanno solo del tempo da perdere con la famiglia (sapete, in quei raduni nelle piazze con i telescopi) mi pareva un sacrilegio verso il cielo: spesso battute ironiche o dissacranti, mi irritavano.

Come detto la scelta di questo hobby è stata influenzata anche dalla mia indole alla solitudine (di certo non mi sarei affezionato a un passatempo come il calcetto o escursioni in gruppo) e alla mia predisposizione al bello (in fondo sono del toro). Avete mai visto che quadri pittorici sono le foto fatte al telescopio? Una delle più belle osservazioni del cielo le ho fatte sui monti del Pollino, circondato da una miriade di lucciole. Vi erano luci sia in cielo che in terra, e l’emozione che dona il cielo veramente scuro di montagna non ha eguali!

Uno delle tante attività che mi hanno coinvolto nello studio del cielo sono le famose “stelle cadenti di San Lorenzo”. Mentre i miei coetanei andavano sulla spiaggia a divertirsi (e ubriacarsi), io invece me ne andavo nella mia campagna, immersa tra gli ulivi, facendo invidia agli astronomi più volenterosi: cavalletto, fotocamera e taccuino per contare quante ne vedevo e la direzione che prendevano. Sono semplici attività ma che vengono prese in considerazione dalle associazioni di astrofili, a cui poi bisogna mandare resoconti delle osservazioni fatte. Chi ha una passione, di qualsiasi tipo, può capirmi. Essere preso a 360 gradi e quasi non dormire la notte per quanto si è elettrizzati, da quell’evento o idea, e dalle nuove osservazioni da fare.

Mi è capitato anche di vedere cose “strane” nelle mie tante sessioni osservative… Una volta mi ricordo che, mentre stavo osservando i pianeti di giorno (ebbene sì, i pianeti più vicini e grossi si possono vedere di giorno, però con un telescopio), noto qualcosa di strano nel cielo. Tre puntini che formavano un triangolo grande quanto la mia mano… si muovevano molto lentamente ma rimanevano sempre in quella formazione.

Pagina 2 su 2

So riconoscere un aereo, o una stella (anche se era giorno) da un oggetto non identificato, quindi compresi subito che non fossero aerei… poi scomparvero dalla mia vista. Un’altra volta sul fare del tramonto, invece, vidi nel cielo una luce luminosa, la seguii con lo sguardo e a un certo punto esplose, o meglio mi parve che esplose, frantumandosi in tanti puntini luminosi. Andai a casa a cercare su internet notizie di esplosioni in cielo nella mia zona, ma non trovai nessun riscontro… I misteri del cielo! D’inverno, quando fuori di notte non è il massimo fare astronomia, mi dedicavo invece all’osservazione della nostra stella, il Sole. In maniera molto sicura e comoda: il telescopio puntava il sole, il quale veniva proiettato sulla parete della mia stanza (oscurata dalle tende). Quindi io avevo in diretta il Sole grande quanto tutta la parete… Voi potreste dirmi “e cosa c’è da vedere sul Sole?” Le sue macchie, che giorno dopo giorno si spostano sulla sua superficie. Quindi disegnare i loro spostamenti era una cosa molto stimolante per me. Poi, il Sole grande quanto una parete di casa in diretta non è cosa da tutti e dà una certa emozione, tipo “WOW che bello!”

P.S.: mai osservare il Sole direttamente con l’occhio sul telescopio, porta cecità permanente!

Quando non avevo voglia di fare l’astronomo dilettante semplicemente mi stendevo sul terrazzo. Io e le stelle. Sembra una lotta impari, dove io piccolissimo e microscopico venivo osservato da loro, lontanissime e immense. C’è da perdersi nei pensieri. Ma come già scritto non mi spaventava tutto quel vuoto, perché ho sempre avuto la sensazione che la mia mente potesse navigare e spostarsi da stella in stella alla velocità del mio pensiero. E anche in questo caso esce il mio essere una “contraddizione vivente”: amo tanto lo spazio siderale e poi soffro di vertigini! Quindi se vi state chiedendo se prenderei mai un’astronave per farmi un giro in orbita terrestre o sulla Luna… beh non se ne parla proprio! Ahahaha, preferisco viaggiare con la mente, essa può tutto e non mi fa girar la testa!

In anni più recenti mi sto dedicando ai tramonti. Li avete mai visti certi tramonti stupendi di colori variegati dal rosso all’azzurro nelle loro varie tonalità? Non c’è spesso solo il Sole che tramonta ma anche i suoi pianeti che lo seguono di lì a poco. E i quadretti che ne escono fuori sono tutti da contemplare e ammirare. Romanticismo allo stato puro! Perché l’astronomia è così, pura scienza ma anche pura bellezza! Tipo qualche giorno fa (27/08/2016) non vi siete stupiti nel vedere Giove e Venere vicinissimi, quasi a toccarsi al tramonto? Gli WOW si sprecano, e la contemplazione prende il posto alle parole!

Attualmente con “l’avanzare dell’età” e degli impegni sono diventato un po’ troppo “pantofolaro”, ma ogni volta che guardo il cielo stellato lo vedo come un amico familiare, di cui so riconoscere disegni e mutamenti, anche con un pizzico di orgoglio, e quando invece gli altri rispondono “io non ci capisco nulla di queste cose” non sanno cosa si perdono!

 

Alessandro A.

 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Ascoltare ciò che le persone hanno da dire

Pagina 1 su 2

Mi chiamo Beatrice; una delle mie più grandi passioni, se non forse quella più grande, è ascoltare le persone. Quando qualcuno decide di parlarti di qualcosa di molto personale è un onore, in quanto decide di regalarti una parte della sua storia e se lo fa vuol dire che ti considera una persona di fiducia.

Nel corso della mia vita ho sempre notato qualcosa di molto frequente: le persone difficilmente ascoltano davvero. Ascoltare non è difficile ma non deve essere fatto superficialmente: ad esempio, quando ci sono signori anziani che raccontano la loro vita non c’è sempre molta attenzione da parte dell’interlocutore, invece è importante rimanere lì ad ascoltare e fare domande perché ti permette di entrare un po’ nella vita altrui, che può colpirti o insegnarti qualcosa.

Quando andavo a scuola, a volte, durante la lezione i professori tra un discorso e l’altro giungevano a parlare di alcune loro esperienze. A me piaceva tantissimo, avrei voluto lo facessero più spesso. Di quelle loro esperienze mi ricordo tutto, di conseguenza pure il discorso delle lezioni. Il problema di oggi è che non si dà abbastanza importanza all’ascolto e di conseguenza pure la comunicazione ne risente. Si tende a parlare più di cose superficiali. Questo perché è difficile fidarsi di qualcuno, ma nel momento in cui una persona vede che l’ascolti, che la lasci parlare, secondo me è facile che si lasci andare.

A me è capitato diverse volte che chi non era propriamente mio amico mi dicesse faccende proprie che però non aveva detto a nessuno, nemmeno all’amico più vicino. Mi domandavo il motivo, visto che magari era proprio qualcuno che “aveva tanti amici”. Un errore grande che secondo me si fa troppo spesso è non far parlare: le persone iniziano un dialogo e prese da presunzione o altro non fanno finire il discorso all’altro o parlano troppo. Vorrei sottolineare “parlano troppo” perché non è che “ascoltare” vuol dire automaticamente che una persona deve accettare passivamente ogni idea e deve subire monologhi di chi ha voglia solo di parlare, senza magari dire nulla di concreto. Io credo che alla base di questo comportamento ci sia un motivo ma è abbastanza inutile parlare e parlare senza far spiccicare parola all’altra persona. Così facendo non c’è dialogo ma semplicemente noia, purtroppo. Ascoltare vuol dire che una persona ha il tempo di dire ciò che vuole, ma l’altro ha a sua volta la possibilità di esprimere il proprio pensiero. Non deve mai essere qualcosa che penalizza uno dei due. Infatti è poco carino quando chi ascolta non ha mai qualcuno da cui farsi ascoltare. Se tutti fossero così bravi a farlo, non esisterebbe questo problema. Alla fine essere ascoltati è un po’ un problema di tutti. Quante volte si sarà detto “non mi ascolti davvero” o “ma mi stai ascoltando sì o no?”; c’è tanta gente che “non si sente ascoltata”. Ma questo in realtà che cosa significa? Per me significa che il discorso di chi vorrebbe essere ascoltato viene escluso a priori, non viene preso nemmeno in considerazione, viene sminuito. Pertanto, di fronte ad un tale atteggiamento non si può che rimanere delusi e feriti. Penso che quando qualcuno dice “guarda che non mi ascolti” sta esponendo un problema importante e se non si vuole fare orecchie da mercante è bene fermarsi e farsi un esame di coscienza, perché in chi non è ascoltato nasce un sentimento di frustrazione, sconforto e anche paura di esporre determinati argomenti o di iniziare un dialogo. Questo non va bene perché potrebbe rovinare la possibilità di creare relazioni sociali come una semplice nuova amicizia. Non sempre chi non parla è perché non ha niente da dire, a volte può essere semplicemente paura di essere giudicati, di dire cose sbagliate, di fare figuracce, di risultare poco interessante, di essere incompresi! Ma chi rimane in superficie penserà “questo/a ragazzo/a parla poco, non ha niente da dire”. Ognuno ha un carattere diverso e anche chi è molto timido e silenzioso sicuramente ha da dire e non deve essere considerato “noioso”, perché io ci metto la mano sul fuoco che non è per niente così.

Pagina 2 su 2

Tutti vogliono qualcuno con cui parlare, con cui confrontarsi e da cui farsi ascoltare, ma non è semplice per tutti con tutti. Per questo è necessario che si eliminino molte idee sbagliate; state certi che una persona, anche se timida, non vuole stare da sola e isolata, ovviamente. Però molti, purtroppo, pensano erroneamente questo. Ecco perché è importante aprire gli occhi e capire di più sulle persone, vederle tutte, perché molto spesso si vedono quelle appariscenti e mai quelle più riservate. E questo è un altro errore tipico. Ovviamente chi ascolta deve anche saper rispettare, pertanto non è che se una persona decide di confidarti qualcosa lo si va a dire ai quattro venti. Deve essere qualcosa che rimanga tra i due interlocutori e basta, anche perché non ho mai trovato il senso di dire cose altrui al mondo intero. È semplicemente irrispettoso e senza senso. Ecco, nel caso in cui ci sia qualcuno che parla male di qualcun’altro per il semplice e puro gusto di farlo, è bene  chiudere le orecchie, anche se purtroppo per queste cose si ascolta fin troppo!

Spero di aver aiutato e invogliato qualcuno ad ascoltare davvero chi ci circonda perché c’è sempre bisogno di essere ascoltati e non c’è sensazione migliore di sentirsi dire “era da tempo che non parlavo così” o “sei una persona che ispira fiducia”.

 

Beatrice M.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Come relazionarsi con persone che hanno problemi di salute

Pagina 1 su 1

Aldilà delle cure farmacologiche a cui una persona può essere sottoposta durante la propria vita, è molto importante la relazione di aiuto tra questa e chi eroga assistenza.

Lavorando in ambiente sanitario, potrei dare qualche consiglio per chi si trova a lavorare o addirittura a vivere direttamente con persone che hanno problemi di salute.

È difficile per i professionisti sanitari sapere come comportarsi in certe circostanze, perché si trovano ogni giorno dinnanzi a persone diverse, con vita e personalità differenti e capire e affrontare ogni loro problema con loro non è una cosa semplice, serve tanta pazienza, umanità e non bisogna avere pregiudizi. Altrettanto difficile è per chi ha una persona cara che sta male. Il dispiacere per la persona che sta male possono portare a porsi domande sulla malattia, su dove sia Dio e si vorrebbe fare qualcosa ma non si sa come comportarsi. Chi vive invece la malattia in prima persona spesso non accetta il proprio stato di salute, si sente in colpa, non ne comprende i motivi e si potrebbe chiudere in se stesso. Sento spesso persone che si domandano dove sia Dio, incolpandolo per l’esistenza delle malattie.

Molte malattie originano dalla mente. Altre possono avere altri motivi difficili da comprendere, come influenze negative o il karma o esperienze di vita che gli servono. Tuttavia, qualsiasi motivo abbia una malattia, si aiuta la persona bisognosa che si ha di fronte senza pregiudizi, perché siamo qui per aiutare sperando di farla stare bene, di farla stare meglio e non farla sentire sola.

Per una relazione efficace, è importante essere empatici per capire la persona che abbiamo di fronte e rapportarci nella maniera migliore. Per “empatia” si intende immedesimarsi nella persona che si ha di fronte per capire i suoi pensieri, i suoi sentimenti, le sue paure, ecc. Certo però essere empatici deve avere un limite perché dobbiamo sì, capire l’altro, ma con un certo distacco per non farsi influenzare. Distaccare non significa essere menefreghisti come molti potrebbero credere, ma essere empatici il giusto, senza stare male per la persona che ha bisogno di noi. Non bisogna soffrire per l’altro, se lui dovesse piangere per qualche motivo, noi non dobbiamo fare lo stesso ma dobbiamo essere più forti e fare da guida, da supporto, d’aiuto. Quindi nella relazione di aiuto è bene utilizzare una comunicazione verbale, fatta di parole, ma soprattutto non verbale, fatta di gesti. Ad esempio farsi comprendere dalla persona che si ha di fronte, parlare piano e in modo chiaro, guardare la persona negli occhi mentre si parla con lei. Soprattutto la persona avrà bisogno di essere ascoltata, quindi dedichiamole il nostro tempo, senza fretta. Questo sarà positivo sia per chi aiuta e chi sarà aiutato. Anche osservare la persona è fondamentale. Osservare i suoi gesti, i suoi occhi. Tutti questi sono piccoli consigli, piccoli accorgimenti che sono utili in una relazione di aiuto e molto spesso vengono pensati superflui, ma non lo sono assolutamente. Ho visto gente che mi ha insegnato tanto, ad essere positiva e a dare positività. Ho visto gente che mi abbracciava fortissimo dopo averci parlato anche semplicemente per qualche minuto, come se la sua vita fosse migliorata all’improvviso. È molto importante per la persona che abbiamo di fronte ricevere un sorriso da parte nostra, una carezza, un tocco sulla mano. Sono piccoli accorgimenti, ma che fanno la differenza. Ci sono persone che prendono medicinali su medicinali, ma la medicina che fa più effetto è l’affetto, l’amore. Quella è la prima e vera medicina che fa solo bene e non ha controindicazioni. Quella può fare miracoli e per chi ci crede fino in fondo, i miracoli li vedrà sicuramente sotto i propri occhi.

 

E.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

I Love Running: tutte le virtù della corsa

Pagina 1 su 2

Inizio questo articolo dedicato alla corsa, con una citazione dello scrittore sportivo Andrew Lou Vichery:

“Ciò che ha portato molti individui ad eccellere sugli altri può essere condensato in quattro brevi parole: ancora qualcosa in più. Hanno fatto ciò che gli altri si aspettavano da loro, per poi fare qualcosa in più”.

Quando mi domandano come faccia a raggiungere un certo chilometraggio, o una certa velocità durante la corsa, rispondo spesso “Ho fatto qualcosa in più, rispetto ai precedenti allenamenti”.

È il fare quel qualcosa in più ogni volta, che ti aiuta a raggiungere i tuoi obiettivi ed a migliorare in ogni ambito della tua vita.

Ho iniziato veramente a praticare questo sport un anno e mezzo fa circa. Venivo da un periodo molto lungo di stop da un’altra attività sportiva che è il ciclismo ed inizialmente avevo diversi dubbi, sull’intraprendere o meno la strada del “Running”.

I primi tempi sono stati duri, ma ho iniziato subito a lavorare sodo, con costanza, cronometrando i miei risultati in modo tale da avere uno storico dei miei allenamenti e verificare tutti i mei passi in avanti, alimentando lo stimolo nel proseguire. Iniziare qualcosa spesso è semplice, ma spingersi oltre e continuare non è altrettanto immediato.

La corsa mi sta insegnando la disciplina, la costanza, la resistenza, l’adattamento, l’equilibrio.

Essere costanti è il primo grande obiettivo da raggiungere: ogni traguardo si raggiunge con la perseveranza e non con sforzi estemporanei.

Ciò che si mette in moto quando si è stanchi, fuori è buio e freddo e magari chi ci è vicino vuole assolutamente che gli dedichiamo del tempo, sembra che tutto ti porti a non incentivarti ad uscire e correre, ma invece sentiamo dentro noi un qualcosa che risuona, che ci sprona ad uscire lo stesso ed andare a correre e continuare, continuare oltre i tuoi limiti fisici e psichici, è qualcosa di grande e potente.

È una Forza che spacca ogni programma ed abitudine negativa e che ti porta oltre, ti porta a compiere quel “qualcosa in più”.

Riconoscere questa Forza, ci aiuta quando ci alziamo dal divano, o torniamo tardi da lavoro, a rendere quasi un rituale speciale indossare le nostre scarpe da running ed uscire a correre, soprattutto nelle circostanze più difficili, come prima citate.

La corsa crea ed amplifica le nostre capacità di adattamento. Raramente ho trovato la condizione perfetta e la congiunzione astrale che mi indica che quello è il momento migliore per correre, che quello è il momento in cui mi sento atleticamente e psicologicamente preparata e perfetta per una gara o un allenamento.

Vuoi per il clima, per un raffreddore, per la stanchezza, per l’abbigliamento non troppo comodo (quest’ultimo mi capita di continuo), ci allontaniamo dall’ideale astratto che ci siamo fissati prima di correre. Ed ora? Che facciamo, ci fermiamo, torniamo indietro? No, teniamo duro, adattandoci a qualsiasi situazione si possa verificare.

E questa capacità di adattamento, che con l’allenamento possiamo migliorare, potrà essere applicata in ogni campo della nostra vita.

Pagina 2 su 2

Un’altra capacità importante che ho guadagnato è la resistenza. Saper resistere allo scoramento, alla fatica, alle lunghe corse sfiancanti, a quegli interminabili rettilinei, alla pressione dell’asfalto, alle salite, a quei giorni in cui sembra di non avere più energie. In quei momenti, percepisco il sangue che affluisce ai muscoli, una brezza leggera che mi accarezza il volto e mi dimentico di tutto, mi dimentico anche di quella brutta sensazione di sedentarietà che si prova quando non stavi facendo attività fisica. È lì, in quel momento, che senti che per raggiungere un risultato straordinario devi sempre cercare di finire ciò che hai cominciato.

Scopri così, unendo tutti ciò, un nuovo equilibrio e ti scopri un Essere diverso da quello che eri prima: correre non porta benefici solo al tuo fisico, ma ti insegna a farti spazio nella vita e a fare entrare quella Forza che generi quando corri, in ogni istante.

Correre non ci rende migliori degli altri, ma correre fa di noi persone migliori.

 

Ajna Serena

 

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Storie vissute da un’infermiera

Pagina 1 su 5

Non sono più una ragazza, sono una donna di una certa età, con figli, famiglia, mutuo, genitori anziani da accudire. Ho sempre amato studiare e ho diverse lauree, molte specializzazioni, corsi professionali e quant’altro. Molti di voi mi darebbero della “secchiona”, anche se non antipatica, spero!

Ma il lavoro che scelsi moltissimi anni fa mi portò a confrontarmi con tutto l’umano dolore e l’umana sofferenza. Feci l’infermiera. Volevo aiutare le persone, nella malattia, nella morte. Ero troppo giovane per reggere ad un peso simile. Veder morire persone, giovani, bambini. Troppa sofferenza. Ma non ci fu modo di cambiare, ci credetti per molto tempo, fino a quando capii che la sanità pubblica aveva qualcosa che non andava. La cura delle malattie, il cancro, avevano qualcosa che non andava. Niente stava migliorando. Le malattie peggioravano, la sanità era un business, le medicine una trappola che prometteva guarigioni e non manteneva le promesse. Trascorse molto tempo, approfondii gli studi sanitari, antropologici, storici, religiosi e compresi sempre di più che nessuno ci stava curando. Certo, a livello di persone, moltissime erano sincere. Come me. Ma non bastava. Notai via via una recrudescenza delle malattie incurabili, una aumentata velocità delle morti in persone curate con farmaci all’avanguardia. Mi trovai infine in uno strano mondo, una specie di mondo di zombie, di personaggi che non si capiva più che funzioni avessero realmente. Poi finii all’ufficio vaccinazioni, dove tutt’ora sono. E di certo le cose non migliorarono. Ma voglio raccontarvi brevemente quali erano le mie speranze, le mie emozioni, e quali sono ora le mie speranze e le mie emozioni e quanto e perché, sono cambiate.

Dividerò il mio racconto in brevi capitoli, dedicati ognuno ad una mia esperienza sul lavoro, e li dedicherò a tutti quei morti senza più nome che sono stati “estranei” per me, ma così importanti e meravigliosi da voler offrire loro un omaggio alla memori, poiché la loro esistenza mi ha aiutato a costruire la mia anima e la mia vita.

Ragazzi senza futuro

Quando iniziai la professione ero poco più che una ragazzina. A quel tempo venivano eseguiti i primi esperimenti di trapianto di midollo per vincere la leucemia. Assistetti, in verità, al primo trapianto in assoluto sul territorio nazionale. In quel reparto i ricoverati avevano tutti più o meno la mia età, qualcuno più grande. E per tutti, quei momenti erano l’unica speranza. Quando avvenne il primo trapianto, il ragazzo fu sistemato in un area bunker. La sterilità doveva essere al massimo. Le difese immunitarie abbassate al massimo livello per evitare il rigetto non avrebbero difeso il giovane nemmeno da uno starnuto. Si attese con ansia quel momento. I ragazzi seguirono animatamente la vicenda della prima “cavia”. Quando, dopo pochi giorni, il giovane morì, eravamo tutti distrutti. Morto di setticemia, nonostante tutte le precauzioni. Nemmeno uno di loro volle rinunciare alla speranza: “se si deve morire” dicevano “moriremo provandoci”. Ma quelle notti in cui tutti ci riunivamo per decidere insieme chi fosse il prossimo furono agghiaccianti. Giovanissima, assistetti impotente al sacrificio di decine di ragazzi. Ricorderò sempre come discutevano con garbo su chi si sarebbe offerto, come si sostenevano, come riuscivano a ridere della loro prossima morte, ad essere così composti, ragionevoli, per nulla rassegnati. Dopo poco tempo in quel reparto credetti di impazzire e feci in modo di farmi spostare. Diciassette anni erano troppo pochi per assistere ad un simile massacro. Non lo dimenticai mai più. Non potei dimenticare quel manipolo di coraggiosi che ha dato modo, oggi, di salvare così tante persone ammalate di leucemia.

Pagina 2 su 5

Uomini senza cuore

Ma di certo, in un grande ospedale, dove si va si va, non si assiste certo a scene allegre e piacevoli. La mia soddisfazione era veder guarire le persone e davo il mio instancabile contributo per far sì che le anime potessero reggersi forte a me. Ne ho visto guarire molti, ne ho visto morire troppi. Le famiglie si aggrappavano a chi di noi era disponibile. Spesso si diventava “amici”, sempre si diventava confidenti. Tante volte si decideva di dare di più di quello che si poteva e poi si crollava miseramente. Non conoscevo la meditazione, ma volevo trovare Dio. In Unità Coronarica, quando si entra non si sa se si uscirà. Il cuore è un muscolo dotato di vita propria. Può decidere di risorgere dalle sue ceneri o di abbandonare il campo. E senza cuore si sa, non si vive. Senza una gamba si, senza cuore no. Come unisce questa consapevolezza! Come un paziente entrava in reparto era uno di noi. Noi che brancolavamo nel buio cercando di dare la luce! Ogni giro di controllo dei pazienti si cercava di svegliarli, per assicurarsi che fossero ancora in vita. Molti non lo erano più. Se ne andavano nel silenzio di quell’attimo in cui il loro cuore, semplicemente, si fermava. Senza dolore a volte, con terrore altre volte. E io mi chiedevo dove fosse Dio, ed ero certa che comunque, fosse lì vicino.

Andai via anche da lì, in ospedale si gira sempre, non esiste un posto fisso per chi è all’inizio della professione.

Patch Adams

Ma non esiste solo il male, anche il bene fa la sua parte. E la fece chiamandosi Patch Adams. Nel reparto dei bambini senza speranza giunse un giorno un clown. Un omone magro e alto come un armadio che ci disse che, seppur con il cervello devastato dalle combinazioni genetiche e dai farmaci anticonvulsivanti, i ragazzi ciechi, sordi, deformi, in stato vegetativo fin dalla nascita, potevano avere momenti di sana felicità. Non gli credetti molto. Conoscevo quei ragazzi. Erano come quadri astratti appesi a una parete. Pezzi di tela malamente colorata dimenticati in un vecchio museo ormai in disuso. Passammo il pomeriggio osservandolo, aiutandolo, partecipando ai suoi giochi. Ci raccontò le sue esperienze, il film fatto su di lui che era praticamente una fantasticheria poco somigliante alla sua vera storia e poi si mise all’opera con i bambini. Venne con un presentatore TV, che credeva molto in lui e non ci mettemmo molto a credere in lui anche noi. Con immensa sorpresa vedemmo volti che mai avevano sorriso illuminarsi di luce e di gioia, gambette semiparalizzate sgambettare nell’aria come cavallette. Tra bacetti, solletico, lanci in aria e coccole di ogni genere, mi capitò di pensare che stavo vedendo un miracolo. Che ci sono umani che hanno nelle loro mani un’energia positiva così potente da far resuscitare anche coloro che somigliavano più a morti che a viventi. Ero ancora troppo giovane, avevo avuto una figlia frutto di una relazione forzata, ed ero rimasta da sola con lei. Ma il mondo cominciava ad apparirmi anche un po’ colorato, e quei quadri astratti appesi alla parete di quel polveroso museo avevano preso vita e mi avevano raccontato la loro storia.

Francesca

Un giorno fui spostata appunto, in quest’altro reparto. In quel luogo, come ho accennato, erano ricoverati tutti i figli di gravi errori genetici, era l’anticamera di una morte certa e molti di essi non avevano neppure l’apparenza umana. Non posso raccontarvi di ognuno di loro e quanto quel luogo risvegliò in me pena mista ad orrore, amore misto a rabbia. Ne ricorderò una per tutte. Un giorno vennero due genitori, ed abbandonarono in quell’antro infernale una piccolina di 7 mesi. Non mi sentirei di condannarli. Per tutti forse la piccola Francesca era un mostro. Era nata senza testa. Aveva solo il viso e dietro ad esso un grumo, grande come un piccolo mandarino, che era tutto ciò che restava del suo cervello. Quel tanto sufficiente a tenerla in vita. Ogni giorno mi prendevo cura di lei e medicavo quell’escrescenza, la disinfettavo la fasciavo. E intanto guardavo la piccola, la sua pelle morbida, sentivo il suo profumo di latte e biscotto, col tempo me ne innamorai

Pagina 3 su 5

La trovavo dolce e bellissima e non credevo a una parola quando mi dicevano che non poteva sentire nulla perché non aveva orecchie, non poteva avere nessuna emozione perché non aveva il cervello. Ho amato quell’esserino, tanto da sentire che lei mi sentiva. Certo non vedeva nulla visto che gli occhi finivano lì, dietro alle ossa del viso, ma lei mi sorrideva quando la baciavo, quando la coccolavo come un tenero bocciolo del mio giardino. Eravamo talmente in simbiosi che capii subito quando sarebbe morta. Quel giorno mi precipitai in reparto. Dissi a tutti che stava male, la portai a fare una visita in un reparto specialistico di un grande ospedale. Ma naturalmente non trovarono nulla di cambiato. Eppure io sapevo che da lì a poco lei sarebbe volata via. Certo non era un male, povera piccola. Finii il turno e, a malincuore andai a casa. La mattina dopo non la trovai più. Ma io vi assicuro che l’ho tanto amata e che, in qualche modo, lei lo sapeva. E, visto che sto piangendo mentre scrivo, ancora oggi la amo anche se sembra impossibile che qualcuno la ricordi con tanto sentimento e tanto affetto. Alla fine era solo un errore genetico…ma non per me! Per me lei era un piccolo angelo profumato di latte e biscotti che mi aveva concesso di amarlo per un fuggevole momento…il mio modo di ripagarla è farla vivere oggi nei vostri cuori accoglienti e fare in modo che anche voi possiate godere un attimo del suo dolce sorriso.

Luca: una storia a lieto fine

Luca era uno spettacolo. Un anno e mezzo di capelli biondo sole, occhi azzurro mare, paffuto e roseo come un porcellino. Luca arrivò nel nostro reparto un giorno, portato dalla madre. E lì fu abbandonato poco tempo dopo. Era talmente dolce e buono che noi a turno, ce lo portavamo a casa, affezionandoci a lui e coccolando in tutti i modi che il Signore aveva creato perché gli umani potessero dimostrare amore. I servizi sociali per Luca mossero mari e monti e, infine, fecero il miracolo. Luca era affetto da una rara patologia di origine genetica, l’epidermolisi bollosa. Questa malattia appartiene a un gruppo di malattie genetiche in cui la cute e i tessuti di rivestimento delle mucose vanno incontro, spontaneamente o in seguito a traumi minimi, a scollamento e formazione di bolle. La gravità è molto variabile: esistono forme lievi che consentono una vita quasi normale e forme gravissime, che possono essere letali. Luca era affetto da una forma piuttosto grave. Era sufficiente sfiorargli la pelle perché si formassero bolle, piene di siero e sangue che poi scoppiavano lasciando la carne esposta. Non poteva portare scarpette, aveva difficoltà con i vestiti, con i pannolini, nel mangiare, nello stare seduto, in piedi, sdraiato. Doveva essere continuamente medicato affinché le piaghe non si infettassero ma non si potevano mettere garze né cerotti. Non poteva avere vita sociale, andare all’asilo, al parco, al mare. Doveva avere solo un certo tipo di giocattoli, morbidi e senza spigoli. Un bel giorno però arrivarono un papà ed una mamma, nuovi di zecca. Ed in men che non si dica si portarono via Luca, in grande riserbo e con tutte le sue bollicine e i suoi fantastici sorrisi. Luca tornò da noi con mamma e papà l’anno dopo. Ce lo portarono a vedere. Quanto era cambiato! Vestito da ometto, con le sue scarpine anatomiche, e con storie di amici da raccontare. Non ci riconobbe ma non importò proprio a nessuno di noi. Luca era lì, con le sue bollicine incredibilmente migliorate e con la sua vita normale e serena, accudito ed amato da genitori meravigliosi! Ed anche quel giorno fui certa della bontà umana e dell’esistenza di Dio.

Tante storie da raccontare

Avrei così tante storie da raccontare specie di quando ancora credevo che la salute della gente fosse una missione d’amore, e che la sanità fosse un pianeta di rifugio, di persone disponibili, capaci, senza interessi. Soprattutto economici. Potrei raccontare storie tristi e meravigliose, farvi vedere volti, ascoltare sentimenti, speranze, preoccupazioni di migliaia di persone che ho contribuito a curare. Ma questo è un articolo, non un libro. Ed allora voglio riportarvi al presente. Ed al momento in cui, come dicevo all’inizio, mi accorsi che mi sbagliavo.

Pagina 4 su 5

Gli ultimi anni

Mi accorsi presto che qualcosa non andava come doveva andare. Anche prima di iniziare un’accademia spirituale io ero molto legata alla spiritualità, meditavo come sapevo, pregavo, avevo percezioni, cercavo di guardare la realtà oltre la finzione. Il Matrix, gli ingranaggi del Sistema mi apparivano sempre più chiare. Vedevo alternative che la medicina ufficiale soffocava nella calunnia, tonnellate di medicine vendute, multinazionali arricchite, malattie inventate. Vaccinazioni di massa, strategie del terrore. Notizie false dei media. Certo, prima di A.C.D. mi davo da fare come potevo, e mi sentivo sola e sperduta in un mondo illusorio e tremendo. Vedevo strani esseri che sembravano alieni e me ne stavo zitta. E a chi lo dicevo? Vedevo curare il cancro con terapie costosissime e la gente moriva. Poi le terapie nuove mi portarono a fare una specie di indagine. Come era possibile che prima il cancro cominciasse ad avere meno segreti e ora si erano formati nuovi tipi di tumore che curati con le nuove terapie ti uccidevano in due mesi? Ho visto nel passato gente malata di cancro guarire col tempo e l’impegno. E ora “nuova terapia” e in due mesi sei morto. Ho visto le scie chimiche e la gente che non le vede, che non le vuole vedere. Ho visto il loro effetto sulla pelle degli anziani. Sulla vegetazione. Ho visto gli allevamenti intensivi torturare milioni di animali facendoli crescere in poche settimane quando ci sarebbero voluti mesi e anche picchiati e massacrati da chi lavora in quei lager. Ho visto gli antibiotici non funzionare più. Ho sentito rappresentanti di multinazionali dire che non ci sono nuovi antibiotici da scoprire perché hanno perso tutti l’efficacia e, quindi, tanto valeva cambiare solo il nome ai prodotti. Ho visto la falsità della vivisezione. Ora so che sto lavorando in una fabbrica di sterminio. Posso dire che ci sono ancora persone di cuore tra gli operatori, ma non è sufficiente. Ormai anche loro stanno soccombendo alla fatica, al disprezzo che l’azienda ha per i suoi sottoposti e che si manifesta trattandoli come bestie da soma e capri espiatori. Ma soprattutto, ho visto la gente diventare sempre più fragile, rabbiosa, incosciente. Ho visto la gente morire dentro ad una velocità stratosferica. Ogni giorno centinaia di persone vengono in pellegrinaggio, ormai vuoti dentro, vuoti come burattini, come morti viventi. Perfino la sofferenza si sta trasformando in rabbia e rancore. Non vedo più la differenza tra film e realtà.

I vaccini: l’ultima esperienza e l’ultima spiaggia

Non so per quale strano e assurdo disegno sono finita in uno dei posti in cui io avrei fatto proprio a meno di andare. I vaccini sono un business di proporzioni incalcolabile. Ogni santo giorno contribuisco ad “avvelenare” legalmente innumerevoli bambini e persone di ogni età. Non mi ci sta più. In qualche modo devo sottrarmi a questo atto che io considero totalmente contrario alla mia integrità morale. Se ricordate, solo qualche tempo fa uscì la notizia dei possibili danni da vaccino. Si parlò di autismo, di complicanze neurologiche. Il crollo delle vendite di vaccini fu enorme e il danno economico delle case produttrici, incalcolabile. Dovevano risolvere questa questione e al più presto. Quale sistema più adatto dei vaccini, infatti, per inoculare tutte le schifezze possibili insieme ai virus morti o storditi? La suina, l’aviaria avevano ormai perduto credibilità. L’antinfluenzale non preserva dall’influenza neppure il virus stesso che la causa. Ebbero una fantastica idea: la meningite. Cosa spaventa più un genitore di una meningite? L’idea della meningite, fa rabbrividire qualunque madre, impallidire qualunque padre. Bastava qualche caso. Presunto, ma anche reale. A volte i casi di meningite reale ci sono. A volte un vaso di fiori cade sulla testa di un passante. Allarme Toscana: vari casi di meningite del ceppo C pare che abbiano causato alcune morti. Vero? Falso? Non ci è dato saperlo, ma comunque la strategia del terrore ha attecchito. Emergenza vaccini, vaccini a ruba. Non se ne trovavano neppure più in territorio regionale. Dalla Toscana venivano a vaccinarsi da noi, perfino chi era già vaccinato chiedeva di vaccinarsi nuovamente. Cosa inaudita però è che “l’epidemia” del ceppo C ha fatto schizzare le vendite del vaccino contro il meningococco B.

Pagina 5 su 5

La gente chiedeva e chiede vaccini di qualunque ceppo. A, B, C, W vanno bene tutti, basta essere inoculati. Spendono centinaia di euro, sono stati creati ambulatori vaccinali nuovi, milioni di vaccini venduti e, come se non bastasse, con il caso di Cracovia dove stranamente un caso di meningite si è manifestato alla festa della gioventù dove centinaia di migliaia di giovani erano riuniti, la corsa al vaccino ha raggiunto il parossismo. Il gioco è fatto. “Les jeux sont fait”.

Conclusioni

Questo è il lavoro che ho fatto fino ad oggi, queste le emozioni, le sofferenze, le gioie, i pensieri, le scoperte, gli inganni, i segreti. Ciò che amo e ciò che non tollero più. Le mie considerazioni coprono un lungo arco di tempo. Tempo in cui ho visto cambiare le cose, in cui ho riconosciuto in esso le lezioni, i documenti e i libri di Angel Jeanne che vi consiglio di leggere. Ora è tutto più chiaro ed il disegno appare come una grande ombra che cala sulle persone alla disperata ricerca di salvezza. Il tempo stringe, io, che sono in un girone infernale dove vedo la gente sprofondare nel dolore ogni giorno mi accorgo ormai velocemente dei cambiamenti. E i cambiamenti sono drammatici. Ecco il motivo per cui sono qui a scrivere. Perché le mie parole non soccorrono più come prima. Altri mezzi sono necessari ed urgenti. Siamo qui per questo, e non è mai stato indispensabile e improrogabile come in questi ultimi tempi il nostro aiuto.

 

Yousei

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

Come riconoscere le proprie Passioni

Pagina 1 su 1

Molto spesso gli amici, i parenti o i colleghi di lavoro ci raccontano di avere una grande passione: per uno sport, per un’attività manuale, per il canto, la musica, la lettura, ecc., ma nella maggior parte dei casi si tratta semplicemente di hobby. Trascorrere qualche ora della propria giornata a leggere un libro senza percepire alcun sentimento, o svolgere un’attività sportiva in modo meccanico, non significa avere una grande passione per qualcosa. La passione è un’emozione così profonda che solo se la si vive realmente la si può comprendere. Per meglio capire il suo significato cito testualmente la definizione di passione secondo il vocabolario Treccani: “Il termine passione si contrappone direttamente ad azione, e indica perciò la condizione di passività da parte del soggetto, che si trova sottoposto a un’azione o impressione esterna e ne subisce l’effetto sia nel fisico sia nell’animo.” Cosa vuol dire allora passione, subire passivamente qualcosa? No, provare una passione è come volare, certo l’uomo senza mezzi non è in grado di volare, quindi fisicamente non può farlo, ma emozionalmente sì.

Quando si svolge un’attività che appassiona, la prima sensazione che si ha è quella di abbandonare questa dimensione per entrarne in un’altra, dove non vi è nient’altro se non tu e il tuo sentimento, è un turbolìo di emozioni, il cuore si colma di gioia, la mente si libera da ogni pensiero, ti senti libero, libero di esprimere te stesso per quello che realmente sei e non per quello che sei per gli altri, la leggerezza ti avvolge e nasce una sorte di dialogo, un dialogo non di parole ma di emozioni, è come essere in estasi, ti sembra di volare, di essere irraggiungibile, è un’emozione indescrivibile. Penserete forse che sono folle, ma vi sbagliate, la passione è un sentimento allo stato puro che se non si vive non si comprende.

Oggi viviamo in una società dove tutto si limita alla superficialità, non si va mai oltre l’apparenza, e questo ci impedisce di sentire e vivere le emozioni. Non le comuni emozioni che ognuno di noi vive nell’ arco della propria vita, ma le emozioni e i sentimenti che possiamo provare svolgendo determinate attività. Pensate che mi sbaglio? Vi invito a fare questo piccolo esperimento. Cercate su internet o su un libro di storia dell’arte l’immagine della statua della “Pietà” di Michelangelo, osservatela e fate attenzione al sentimento che provate. Sicuramente penserete che è una bella statua, che rappresenta qualcosa di tragico, un corpo martoriato tra le braccia di una madre affranta dal dolore, e percepirete una sensazione di tristezza. Ora dimenticate ciò che avete visto e ciò che avete percepito. Nella Pietà di Michelangelo non viene rappresentato il dolore della madre, il suo volto è disteso, il corpo di Gesù non è martoriato, nel suo corpo non sono accentuati i segni della crocifissione, in quest’opera viene rappresentata la vita e la morte che insieme raggiungono la perfezione divina, non a caso la scultura ha una forma piramidale. Essa esprime il superamento delle fattezze terrene e il raggiungimento della bellezza divina. Con queste poche informazioni che vi ho fornito, provate a osservare nuovamente l’immagine. Vi sembrerà di osservare questa scultura per la prima volta, perché la guarderete in modo diverso e ciò che proverete è stupore e ammirazione, perché a differenza della prima volta non vi siete soffermati solo all’apparenza, siete andati oltre, e questo, vi ha permesso di vivere un’emozione. Non tutti amano l’arte, ovviamente non basta una semplice emozione per poter affermare di avere una passione per l’arte.

Io vi invito a scoprire le vostre reali passioni, nelle varie attività che svolgete ogni giorno, per alcuni sarà facile la ricerca, per altri no, non fermatevi, non arrendetevi, vivere una passione è qualcosa di straordinario e travolgente, e quando vi accadrà non solo la riconoscerete subito ma l’amore che donerete e  riceverete sarà così immenso, che anche chi semplicemente si soffermerà ad osservarvi potrà percepirlo, e così esclamerà: “…ha proprio una grande passione per quest’attività.”.

 

Loredana

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

L’avvio pulito del PC: cos’è e a cosa serve

Pagina 1 su 1

L’avvio pulito del pc è importante per mantenere la sua efficienza e impedirne i rallentamenti.

Quando avvii il pc, vengono avviati diversi programmi e servizi in automatico, come ad esempio l’antivirus, i programmi relativi alla gestione del mouse, dell’audio, della stampante, dello scanner e tanti altri. Talvolta, tra questi, possiamo trovare alcuni programmi che, installandosi, hanno come impostazione predefinita quella di avviarsi in automatico all’accensione del pc quando invece possiamo benissimo avviarli premendo l’icona dal menù start o dal desktop nonostante questo non sia indispensabile come invece lo è l’antivirus.

Vediamo come disattivarli. Questa procedura è valida per qualsiasi versione di Windows.

Premi su start>tutti i programmi>esegui e digita msconfig (se hai Windows 8 o Windows 10 ti basta semplicemente scrivere msconfig nella barra di ricerca di fianco al pulsante start e ti esce “configurazione di sistema”).

Cliccaci e vai alla sezione avvio (se hai Windows 10 clicca in seguito su “apri gestione attività”) e disabilita tutti i programmi che non ritieni necessari che si avviino in automatico, tranne l’antivirus. Se dovessi trovarne qualcuno che non conosci, ti consiglio di fare una ricerca su internet per vedere di che programma si tratta, ed in seguito procedere con la disinstallazione e una scansione con l’antivirus nel caso in cui si dovesse trattare di qualcosa di nocivo per il computer. Talvolta infatti, può succedere che addentrandosi in siti poco affidabili o scaricando alcuni file vi possano installare automaticamente software a nostra insaputa, molto spesso giochi d’azzardo, altre volte, può succedere che la pagina principale di internet venga totalmente cambiata, quindi se all’inizio utilizzavi Google e all’improvviso ti ritrovi con un altro motore di ricerca, è molto probabile che vi sia un software dannoso nel tuo pc, chiamato in gergo informatico malware.

Un altro passo per mantenere un avvio pulito è la pulizia della cartella Prefetch. Questa cartella contiene dei piccoli file che Windows crea e utilizza per mantenere traccia dei programmi che vengono aperti più spesso dall’utente, in modo tale da velocizzare il loro processo di avvio andando a caricarli in anticipo. Spesso in questa cartella, vi possono risiedere tracce di programmi disinstallati che possono creare intoppi, rallentamenti ed errori, perciò è utile svuotarla periodicamente. Per fare ciò, vai su start>tutti i programmi>esegui e digita  C:\windows\prefetch (se hai Windows 8 o Windows 10 ti basta semplicemente scrivere il percorso C:\windows\prefetch nella barra di ricerca di fianco al pulsante start) ed elimina tutti i file (compresa la cartella ReadyBoot che verrà ricreata al prossimo avvio), tranne layout.ini, file che si occupa di riorganizzare la posizione dei file sul disco fisso per velocizzarne l’avvio. Se dovessi cancellarlo per errore, non temere, si ripristinerà al riavvio, se ciò non dovesse succedere vai su start>esegui e digita cmd.exe. Successivamente ti apparirà una finestra con lo sfondo nero su cui dovrai scrivere tutto di seguito: rundll32.exe advapi32.dll,ProcessIdleTasks e premere invio.

Ultimo passo che consiglio di effettuare è una pulizia completa del disco fisso da file obsoleti, come cronologia di internet e altri file contenenti nel cestino. Per fare ciò, esistono tantissimi programmi gratuiti (come Ccleaner) e a pagamento, ma per comodità, spiegherò la procedura già integrata sul sistema Windows. Vai su start> computer oppure digita sulla barra di ricerca di fianco a start “computer” e clicca su “questo pc” se hai Windows 8 o Windows 10.  Clicca col il pulsante destro sul disco fisso C: e vai su proprietà, e successivamente su “pulizia disco”. Seleziona tutti i file controllando prima accuratamente che dentro al cestino non abbia file da ripristinare, ed in seguito procedere con la pulizia premendo su “Ok”. La procedura potrà richiedere un po’ di tempo a seconda della quantità di spazio da liberare.

 

Chiara C.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Come fare la Pizza in casa

Pagina 1 su 3

Innanzitutto scegliamo gli strumenti di lavoro che ci servono per la preparazione della nostra pizza.

  • Una ciotola grande.

  • Una bilancia da cucina, meglio se elettronica.

  • Un contenitore graduato per misurare la quantità d’acqua o una ciotola dove poterla pesare.

  • Una spatola flessibile che ci permetterà di mescolare l’impasto.

  • Due piccole ciotole o due bicchieri in cui andremo a sciogliere separatamente, con dell’acqua, il lievito e il sale.

  • Una teglia in lega metallica molto leggera e sottile.

Il nostro forno di casa è più adatto a fare torte, preparare altri alimenti, ma purtroppo non è ideale per cuocere le pizze, visto che normalmente non raggiunge le alte temperature, arrivando al massimo a 250 gradi, usando la teglia sottile invece la pizza si cuocerà meglio. È consigliabile usare questa teglia solo per fare la pizza ed evitare di lavarla con detergenti chimici, bensì con acqua bollente e un panno.

Per la farina usiamo quella di tipo 0 che ci permetterà di lavorare con una lunga lievitazione. Per ottenere un impasto idratato, utilizzeremo anche una piccola quantità di farina integrale che ha la proprietà di assorbire più acqua e conferire morbidezza all’impasto. Come lievito invece possiamo utilizzare sia quello fresco o in alternativa lievito secco per panificazione (ogni grammo di lievito secco equivale a 2 grammi di lievito fresco).

É molto importante utilizzare acqua minerale naturale. Utilizzando  acqua del rubinetto, rischiamo di avere nell’impasto delle impurità che potrebbero rovinare tutto il nostro lavoro. L’acqua deve essere potabile, inodore e moderatamente dura; un’acqua troppo dolce può rallentare o bloccare la lievitazione e la formazione del glutine, mentre acqua troppo dura può rendere l’impasto eccessivamente gommoso.

Per la scelta dell’olio invece utilizzeremo olio d’oliva extra vergine se vogliamo conferire morbidezza all’impasto, invece utilizzeremo olio di semi di girasole se desideriamo ottenere una pizza più croccante.

Scegliamo un sale naturale come può essere il sale marino. L’utilizzo del sale è importante, poiché darà consistenza ed elasticità all’impasto.

Queste solo le proporzioni degli ingredienti per 3-4 persone:

-1,575 g di Farina di tipo 0

-175 g farina integrale

-Un litro di acqua fredda

Pagina 2 su 3
  • 10 g di lievito fresco o 5 g di lievito secco

  • 50 grammi di sale

  • 40 ml d’olio d’oliva

A seconda della quantità di pizza divideremo o moltiplicheremo questa proporzione. Ad esempio per un impasto di 600 grammi circa divideremo le quantità di ogni ingrediente per 5.

-0,350 di Farina di tipo 0

-35 g di Farina integrale

-0,200 ml d’acqua

-2 grammi di lievito

-10 grammi di sale

-9 ml di olio di oliva

Per prima cosa, utilizzando una bilancia da cucina, andremo a pesare tutti gli ingredienti di cui avremo bisogno: metteremo il lievito e il sale in 2 ciotole  separate e li scioglieremo con parte dell’acqua che avremo misurato in precedenza. Prima di iniziare ad impastare, è importante sapere che non sempre andremo ad utilizzare tutta la farina e l’acqua poiché, a seconda della tipologia della farina, questa potrà assorbire più o meno acqua.

In un contenitore capiente, come può essere una ciotola o un’insalatiera, versiamo il 90% della farina di tipo 0, il lievito che abbiamo sciolto in precedenza, la farina integrale e un 90 % dell’acqua e iniziamo a mescolare inizialmente con la spatola e successivamente con le mani. Dopo aver ripiegato a più riprese l’impasto su se stesso e averlo lavorato per almeno 5 minuti, andremo ad aggiungere il sale. È molto importante aggiungere questo ingrediente per ultimo altrimenti andrebbe ad uccidere l’effetto del lievito.

Lavoriamo l’impasto per al massimo 5 minuti (se scaldiamo troppo l’impasto, partirà già la fase di lievitazione). L’impasto dovrà restare leggermente appiccicoso al tatto. Terminata questa prima fase, formeremo una pallina con l’impasto, la cospargeremo con un leggero strato d’olio e la lasceremo riposare per 10 minuti (ripetere questa fase per 3 volte).

Dopo aver terminato di impastare divideremo il nostro impasto in porzioni e successivamente lo prepareremo per la fase di lievitazione in frigorifero. Peseremo e formeremo delle pagnottelle di impasto, a seconda della teglia che andremo ad utilizzare e del tipo di pizza (alta o bassa).

Per conservare le pagnottelle di impasto in frigorifero l’ideale è utilizzare dei tupperware a chiusura ermetica oppure utilizzare dei contenitori e chiuderli bene con pellicola per alimenti, in modo che non possa entrare aria all’interno. A seconda dell’utilizzo di una teglia rettangolare oppure rotonda, sarà bene lasciare lievitare il nostro impasto in un contenitore della stessa forma, così facendo saremo agevolati nella fase di stesura.

Pagina 3 su 3

Prima di inserire la pagnottella nel tupperware, verseremo al suo interno un po’ d’olio d’oliva e poi ricopriremo anche la pagnottella con un po’ d’olio, servendoci di un pennellino da cucina. Questo permetterà all’impasto, una volta lievitato, di scivolare meglio dal suo contenitore quando dobbiamo prelevarlo.

Fatto ciò chiuderemo il tupperware e lo riporremo nel frigorifero a 4 gradi per 24 ore. Così facendo utilizzeremo la tecnica del freddo, per fare la lievitazione. L’impasto avrà tutto il suo tempo per maturare e il prodotto che andremo a mangiare risulterà essere leggerissimo, e cosa molto importante, sarà altamente digeribile.

Prendiamo il nostro impasto dal frigorifero, prenderemo la teglia e ne cospargiamo il fondo e le sponde con olio di semi di girasole, aiutandoci con un pennellino da cucina. Fatto ciò, versiamo il nostro impasto lievitato nella teglia, semplicemente appoggiando il contenitore rovesciato: in questo modo l’impasto scivolerà via e si adagerà sulla teglia. Con i polpastrelli, con un tocco molto delicato, andremo a stendere poco a poco l’impasto coprendo l’intera superfice della teglia. Ultimato il processo di stesura, spennelleremo con un po’ d’olio la superfice dell’impasto e andremo a mettere quest’ultimo nel forno spento con la luce accesa, per un’ora ad una temperatura di 30 gradi circa. Così facendo, l’impasto si alzerà e completerà la sua ultima fase di lievitazione.

Bene adesso prepareremo gli ingredienti per la farcitura. Consiglio di utilizzare pomodori pelati di qualità ed evitare di utilizzare pomodori a pezzetti o salsa già pronta, in questo modo si avrà una salsa più saporita. Verseremo i pelati in una ciotola, aggiungendo il sale (5 g ogni 500 g di pomodori pelati), qualche foglia di basilico a piacere, un filo d’olio d’oliva extra vergine e andremo a mixare il tutto per qualche secondo con un frullatore ad immersione, ottenendo così un composto denso, non troppo liquido. Per la mozzarella consiglio di fare un mix tra mozzarella e un filoncino di mozzarella fiordilatte, questo per evitare che in fase di cottura, perda molta acqua e annacqui la pizza.

Taglieremo il tutto e lo lasceremo scolare in uno scolapasta per 30 minuti. In fase di farcitura, se decidiamo di utilizzare degli affettati, è molto importante sapere dove posizionarli. Se si tratta di affettati cotti, come per esempio il prosciutto cotto, sarà meglio “nasconderli” sotto la mozzarella in fase di cottura, per evitare che si secchino e si brucino. Se si tratta di insaccati composti da carne cruda, come può essere il prosciutto crudo, lo speck, il salame Milano, il salame piccante, la pancetta, ecc., sarà bene aggiungerli solo negli ultimi 30 secondi di cottura in modo che vadano a sciogliersi leggermente per incorporarsi con il resto degli ingredienti, senza bruciarsi. Per quanto riguarda le verdure, tipo melanzane, zucchine e peperoni, bisogna grigliarle o passarle al forno prima di metterle sulla pizza. I funghi di tipo Champignon, si possono mettere, a seconda del gusto, crudi oppure si possono cuocere prima in padella o al forno con un po’ di olio e timo. Per preparare il forno consiglio di impostare la temperatura al massimo, utilizzando la posizione statica (con serpentina elettrica accesa sotto e sopra), questo anche se si tratta di un forno ventilato.

Prenderemo la nostra pizza dal forno, dove avrà terminato l’ultima fase di lievitazione e, per la prima fase di cottura, la farciremo solo con la salsa di pomodoro che spalmeremo molto delicatamente con un mestolo senza pressare troppo l’impasto. In questa prima fase di cottura, con il forno al massimo, metteremo la nostra pizza farcita solo con il pomodoro nella parte inferiore del forno e controlleremo costantemente la cottura. Quando la parte inferiore della pizza avrà un colore dorato, potremo tirarla fuori e sarà pronta per la fase finale di farcitura e cottura. Farciremo la pizza a nostro piacimento, e inforneremo di nuovo la pizza per altri 5 minuti, posizionandola ora nella parte superiore del forno in modo che si possano cuocere bene gli ingredienti e il bordo.

Ultimata la cottura, tireremo fuori la pizza dal forno e la posizioneremo per 2 minuti su una griglia, questo per evitare che, restando nella teglia, diventi gommosa.

 

Mario

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

La Scienza Informatica: istruzioni di base di un computer

Pagina 1 su 7

Cosa sia l’informatica, pare lo sappiano tutti ormai. Soprattutto nella nostra epoca. E pare che tutti sappiano anche quali siano i benefici e non, che essa ha apportato ai nostri tempi. Però è meglio iniziare da principio ovvero dal significato della parola “informatica”.

L’informatica è a tutti gli effetti una scienza. Un po’ come la fisica, come la chimica, come la biologia e così via. Solo una cosa unisce le altre scienze, all’informatica. Che per essere onniscienti in informatica (cosa quasi impossibile), bisogna conoscere molte altre scienze.

Sì perché per costruire un computer qualsiasi ne devi sapere di matematica (i computer fanno calcoli), ne devi sapere tanto di chimica e fisica, perché le componenti elettroniche sottostanno alle leggi fisiche, chimiche e matematiche, che ne descrivono e regolano il comportamento e il funzionamento.

Per esempio alcune parti di circuiteria dei computer, (intendo i comuni PC di casa anche), sono fatti d’oro. Esatto oro. Perché in chimica è uno dei migliori conduttori di elettroni (energia).

Ma per sapere come si comporta l’oro o il silicio o il rame oltre che di chimica ne devi sapere un po’ di elettronica e quindi di fisica. E come fai? Con la matematica. È tutto collegato! Ma state tranquilli! Per usare un PC non dovete prendere due lauree in Ingegneria informatica!

Allora cominciamo. Cosa è l’informatica? L’informatica è una scienza che si occupa di “informazione”. È molto più semplice di quello che sembra. Parlare di informatica significa parlare di tutto e niente. È un concetto molto generico. È come dire che vado dal dottore. Ma per cosa? Per le gambe, per la testa, per le mani. Ogni dottore ha una sua specializzazione, e così è per l’informatica.

L’informatica è una scienza molto ampia che comprende molti settori. Dalla banale applicazione per sentire la musica, alla casa domotica che fa il caffè da sola se dici la parola “caffè”. Scendiamo nel dettaglio.

Il concetto chiave, che sta alla base dell’informatica, è proprio l’informazione. Il dato. Utilizzando ovviamente la “tecnologia” più avanzata che siamo in grado (come esseri umani) di mettere in campo. Ecco perché se voglio scrivere a mio fratello in Inghilterra, non spedisco più una lettera, scritta a mano, ma mando una electronic-mail. Gli invio dei “dati” o “informazioni”, ma non più per posta “classica” ma per posta elettronica. Ecco che ho utilizzato la tecnologia più avanzata, accessibile a normali esseri umani come noi, per inviare a distanza delle informazioni.

Essendo di significato molto ampio, la parola informatica, è anche difficile parlarne in modo semplice, dettagliato e in modo che sia accessibile a tutti. La parola “informatica” è relativamente una parola moderna. Ovvero è stata coniata in Germania nel ’57, circa e si diceva “informatik”. E chi l’ha coniata intendeva proprio “elaborazione dell’informazione mediante sistemi automatici” (grosso modo). Poi riutilizzata come vergine da un francese, e poi dagli inglesi che non avendo da dove coniare la parola, la chiamarono Computer Science. E secondo me si avvicina molto di più alla parola informatica. Ovvero la scienza della computazione (inteso dell’informazione). Vi dico solo, che da sempre la lingua ufficiale dell’informatica è l’inglese e non il tedesco, il francese o l’italiano.

Pagina 2 su 7

Se oggi dovessimo iscriverci all’università, il professore ci direbbe grosso modo così:

“L’informatica è la scienza che si occupa del trattamento dell’informazione mediante procedure automatizzabili. In particolare ha per oggetto lo studio dei fondamenti teorici dell’informazione, della sua computazione a livello logico e delle tecniche pratiche per la sua implementazione e applicazione in sistemi elettronici automatizzati detti quindi sistemi informatici.”

E vi assicuro che è proprio questo quello che si studia. Infatti quella sopra è proprio la descrizione che si trova in quasi tutti i libri di testo di base di informatica, su Wikipedia e in qualunque fonte voi cerchiate, non ci sono molti modi per dare una definizione scientifica di informatica così concisa.

Quindi come abbiamo visto, ecco che entrano in gioco i sistemi elettronici (chimica, fisica, matematica), lo studio di procedure automatizzabili (sistemi, matematica, calcolo e logica), la computazione dell’informazione (matematica, algebra geometria, logica, calcolo, linguaggi). Sono tutti utili ad un certo livello. L’informazione quindi viene computata (elaborata in generale) e spostata mediante “sistemi” elettronici e automatici.  Dovrebbe essere ora chiaro cosa sia l’informatica.

  1. I COMPUTER – HW e SW

Abbiamo dato una definizione di informatica sia in modo profano che in modo tecnico da manuale. Prima di approfondire i diversi rami dell’informatica, parliamo di chi ci sta immerso nell’informatica. I Computer, detti in gergo le macchine. In generale, per macchina, noi consideriamo un oggetto che in modo automatico o semiautomatico, dato un input fornisce un output.

Per esempio:

Il frullatore. Noi inseriamo gli ortaggi (diamo un input), lui frulla (computa, elabora), e viene fuori un frullato (output). Se mettiamo dentro frutta, anziché ortaggi, lui sempre frulla allo stesso modo e sempre un frullato fa. Lo stesso esempio lo possiamo fare per una calcolatrice, per il motore di una automobile, e così via. Sono macchine a “logica cablata”. Ovvero hanno sempre un tipo di output e non se ne possono aggiungere altri.

Il computer invece è una macchina particolare, perché in base ad un certo input, fa un certo tipo di elaborazione e fornisce un diverso tipo di output. Sempre macchina è. Il computer, non per forza elettronico, dato un certo input, ha bisogno di “istruzioni” per elaborare e fornisce un output di conseguenza, ovvero cambiando input o istruzioni, l’output cambia.

Il computer quindi è una macchina a logica “programmabile”.

Partendo quindi dal significato di computer e scendendo nel dettaglio, non possiamo non parlare di hardware e software.

Pagina 3 su 7

2.1 HARDWARE

Letteralmente hardware significa “ferramenta”. Beh questa definizione andava bene negli anni ’60. Oggi c’è hardware da far venire i brividi, talmente elevata è la tecnologia utilizzata. Schede di tutti i tipi, dischi, memorie, bus, e tanto altro. L’hardware è la parte fisica, tangibile, “toccabile” di un computer. Lo puoi smontare e rimontare, puoi assemblarlo in mille modi diversi a seconda dell’uso che ci devi fare. È un po’ come quando compri l’automobile. Se devi viaggiare tanto non prendi una Smart, prendi una berlina a diesel. La stessa cosa con i computer. Lo scegli con le componenti più adatte al tuo bisogno. Grafico, fotografo, programmatore, architetto, e così via. Quindi l’hardware è la parte visibile di un computer.

Ma c’è una parte altrettanto necessaria, se non di più, senza la quale un computer sarebbe inutile. Sto parlando del Software. Beh direi che prima di parlare del software, possiamo senza dubbio vedere, in questo contesto, un computer funzionante come un essere umano. L’hardware è il corpo fisico, il software è l’anima.

Data la vastità di componenti hardware e software, relativi ad ogni singolo diverso utilizzo, sarebbe faticoso ma anche inutile elencarli tutti.

2.2 SOFTWARE

Come dicevo, il software può essere considerato l’anima di un computer. Ci sono tanti tipi di computer. Molto potenti, meno potenti, portatili, tablet, smartphone, server, sistemi di server, framework, terminali e tanti altri tipi. Noi andiamo più in profondità e ci ricordiamo la definizione di “computer”:

Il computer, dato un certo input, ha bisogno di “istruzioni” per elaborare e fornisce un output di conseguenza, ovvero cambiando input o istruzioni, l’output cambia. Il computer quindi è una macchina a logica “programmabile”.

Tornando alla parola Software ci ricolleghiamo al fatto che il computer è una macchina a logica programmabile. E in effetti (tralasciando che ci sono software che creano altri software) in generale, l’uomo crea il software proprio per controllare la macchina, per dargli un certo tipo di input, per fare un certo tipo di elaborazione e per vedere il risultato in un certo modo piuttosto che in un altro.

Quindi, capito quanto sopra, ci sono miliardi tipi di software ognuno con un compito ben preciso. Nella categoria dei software, rientrano anche i “programmi”, che sono software più piccolini, che hanno un compito specifico e definito. I programmi, sempre software sono. Magari avremo occasione di approfondire determinati aspetti.

Io credo che il software più importante sia il sistema operativo. Anche di sistemi operativi ce ne sono a bizzeffe. Quindi non parliamo di uno solo. Ma generalizziamo.

Pagina 4 su 7

Sicuramente tra di voi c’è chi usa Windows, Apple, Linux. Sullo smartphone utilizzeremo Android, iOS (Apple) o Windows mobile. Ma ce ne sono altri completamente diversi, o che derivano da altri come per es. Centos, che è *NIX o MAC OS che è derivato in principio da BSD e ci sono sistemi operativi a riga di comando (Linux) o a finestre (Windows). Insomma ce ne sono di tanti tipi anche non utilizzati da semplici utenti come noi. Per es. c’è chi in ambito industriale usa sistemi con AS400, c’è chi usa sistemi PLC, c’è chi usa macchine a controllo numerico e così via e quindi hanno bisogno di particolari sistemi operativi.

A noi interessa capire casa sia e a cosa serva un Sistema Operativo.

Il SO (Sistema Operativo) è quel software importantissimo che interfaccia, l’hardware con l’utilizzatore. Ovvero adotta dei comportamenti in parte in modo autosufficiente e in parte in risposta ad un input di un essere umano o di un altro computer/software.

Facciamo un esempio di comportamento autonomo e approfittiamone per parlare dei driver. Quando per esempio installiamo la nuova stampante (hardware) inseriamo di solito il cd con i “driver”. I driver sono piccolissimi software (più istruzioni che software) che dicono al SO come interagire con la stampante. I driver quindi sono istruzioni che dicono fisicamente alla stampante di stampare e come, nello specifico SO. Quindi noi (e lo dico in modo “generico”), cliccando il pulsante “stampa” stiamo dicendo alla macchina di stampare quel determinato insieme di testo. Il SO, tramite piccoli programmi di controllo cerca i driver della stampante scelta (le istruzioni su come stampare), e invia alla stampante scelta il comando di stampare inviandogli i dati da stampare. Per farla breve, quando “semplicemente” stampate un documento, la parte di interazione con il SO siete voi che scegliete di stampare, la parte autonoma è quella parte in cui il SO da solo sceglie i driver da utilizzare i comandi da inviare alla stampante. Anche la stampante meno evoluta ha una parte di SW.

Ci rendiamo conto che il SO è davvero fondamentale, e un computer non potrebbe funzionare senza. Tutti gli altri SW non possono essere eseguiti se non c’è un SO che li controlla, che ne gestisce le risorse (RAM, HD) che possono usare, che gli dice a quali parti del Computer può accedere sia SW che HW.

Quindi Il SO che è il “software di base”, serve per rendere operativo l’elaboratore e per sapere come, chi, quando e dove un umano o un’altra macchina può interagire con la macchina.

Il software applicativo serve per implementare nuove funzioni (stampare, guardare la TV, ascoltare musica) e utilizzare parti del computer sia HW che SW che sono controllate dal SO.

Dovendo quindi fare un disegno di un computer, disegneremo la parte più interna HW, poi il SO, e poi i SW applicativi. Abbiamo visto molto in generale come è formato un computer. Adesso guardiamo in modo leggermente più dettagliato le componenti principali di un computer e come.

  1. COME È FATTO UN COMPUTER – LE SUE COMPONENTI PRINCIPALI

Entrare nel dettaglio di ogni singolo argomento di informatica richiederebbe migliaia di pagine. Lo scopo di questo documento è di spiegare in modo “leggero” cosa l’informatica sia e come i computer funzionano molto in generale.

Pagina 5 su 7

Di certo non è un documento per chi è esperto di informatica. Ma è un riassunto molto breve delle basi di informatica. Magari leggendo questo documento vi verrà voglia di approfondire uno o più aspetti qui trattati, hw o sw e se ne avremo occasione faremo un riassunto più completo.

Vediamo quali sono i componenti principali di un computer.

  1. Scheda Madre
  2. CPU
  3. RAM e ROM
  4. Hard disk
  5. Scheda Madre

La scheda madre è la scheda elettronica di base a cui vengono collegati tutti gli altri componenti interni del computer. Senza scheda madre un computer non potrebbe funzionare. Su Internet potete cercare le immagini relative per farvi un’idea.
La scheda madre svolge la funzione di mediatore tra i vari componenti, e come anticipato, utilizza un software chiamato BIOS (Basic Input Output System) che permette la corretta gestione dei vari componenti installati nonché la comunicazione attraverso i bus tra determinati componenti di cui parleremo dopo.
Il BIOS si trova in un piccolo chip di memoria. All’accensione del computer, è il primo programma ad essere avviato. Esso esegue prima un controllo sui componenti installati e si accorge se sono stati installati nuovi componenti fisici e se questi componenti sono in grado di funzionare (hanno dei driver) e sono accettabili dal computer. Si accorge anche se alcuni componenti installati non sono più presenti. Quando all’accensione sentite un beep, il BIOS vi sta avvisando di qualcosa. È il suo modo per avvertirvi di un problema.

  1. CPU

Il processore (Central Processing Unit), coordina tutte le unità di elaborazione dati, svolge calcoli matematici ed esegue le istruzioni di tutti i software che girano su un computer. È complesso parlare in questo contesto di istruzioni, registri, prefetch. Di solito lo vediamo direttamente collegato alla scheda madre e ha una forma rettangolare. Direttamente sul processore e in molti casi anche vicino vengono installate delle ventole (o sistemi di raffreddamento di diverso tipo) per dissipare il calore, che in quel punto può superare i 90°. Potremmo associarlo al cervello umano. La CPU ci arriva direttamente dalla macchina di Von Neumann. È carino approfondire se vi interessa, perché è la madre di tutti i computer moderni. La CPU si suddivide in CU e in ALU ovvero Control Unit e Arithmetic Logic Unit. Oggi le troviamo tutte con memoria interna, la famosa cache. Le sue comunicazioni avvengono attraverso il bus dati, che è un canale dove passano i dati. La CPU utilizza tre tipi di BUS: Indirizzi, Dati, Controlli. Oggi è difficile trovare CPU con singolo core. Ne troviamo fino a quattro o otto core in parallelo. Quindi se vi siete mai chiesti cosa siano i core, adesso lo sapete. Avere 8 cpu in parallelo su un computer vuol dire avere un’ottima potenza di calcolo. Bisogna fare anche un veloce accenno all’architettura di un computer. Oggi ne troviamo sia a 32 che 64 bit. Parliamo di processore e non di SO. il numero di bit rappresenta il numero di informazioni che la cpu riesce ad elaborare contemporaneamente per ciclo di clock. Quindi architettura a 64 bit, vuol dire potenza di calcolo velocizzata, più o meno.

Pagina 6 su 7

Si dovrebbe parlare anche frequenza di clock, ma diciamo solo che il clock è il segnale regolare che si sposta da un livello ad un altro(zero). Quindi il segnale “commuta” da un livello ad un altro. La frequenza di clock è il numero di queste commutazioni che una cpu(CU) è in grado di eseguire in un secondo e si misura in Hertz(come tutte le frequenze). Quindi quando vedete che un computer ha una frequenza di 3 GHz sapete cosa significa.

  1. RAM e ROM

Random Access Memory (memoria ad accesso casuale) e Read Only Memory (Memoria di sola lettura).

La RAM è una memoria volatile, ovvero allo spegnimento della macchina, il suo contenuto viene perso. Ecco perché volatile. È la memoria di lavoro, o anche memoria centrale. Viene utilizzata in tutte le funzionalità del computer e viene usata anche dai software. Essendo volatile, viene coadiuvata dalla memoria di massa. Hard Disk, Floppy (ormai difficilissimi da trovare) e così via.

La ROM è la memoria non scrivibile (Read Only) che contiene il programma di avvio del computer. Il BIOS.

  1. Hard disk

Abbiamo già visto che è una memoria di massa. Ovvero è possibile scrivere i dati al suo interno, e questi dati resteranno a tempo indefinito memorizzati. Ce ne sono di tutte le dimensioni ma oggi si parla di TeraByte. Parleremo più avanti di byte, e ci potremo fare un’idea di cosa sia un TeraByte. Gli Hard Disk, ovvero dischi rigidi, hanno diversi parametri. Il più controllato all’acquisto è il “rpm” ovvero round per minute. Descrivere il funzionamento dell’ HD (Hard Disk) qui non è necessario. Basti sapere che il meccanismo di scrittura viene fatto per settori, sotto settori, alla velocità di 10000 rpm o 5400 e così via. Si trovano oggi anche HD esterni, per aumentare la capacità di salvare dati (immagini, video, ecc..)  dopo aver riempito l’HD principale, con il vantaggio di non dover aprire il Case e attaccare fili a caso e di portarlo in giro.

Potremmo continuare a parlare ore di questi quattro punti, ma vorrei aggiungere qualche parola. Ci sono componenti “esterne” dette periferiche. Ce ne sono di importanti come monitor, tastiera e mouse, stampanti e di meno importanti come il joystick per giocare. E’ inutile parlare del loro funzionamento elettronico in questo documento, potremo approfondirlo magari in seguito. Per tutte le periferiche interne ed esterne (magari anche la scheda video o audio), il computer deve avere i driver, ovvero le istruzioni per poterle utilizzare.

Prima di parlare di SW e linguaggi, devo fare almeno un accenno al linguaggio del computer. Sono discorsi complessi, quindi non potrò trattarli scientificamente. Cercherò di illustrare in modo “leggero” come il computer parla, e quale sia il suo linguaggio. Prendetela come una spiegazione molto soft.

Parliamo di byte. Il Byte è un multiplo del bit. Il bit o Binary digIT. Il bit è “l’unità di misura della quantità di informazione”. È una cifra binaria, ovvero può essere 0 o 1 e nessun altro valore. Il Byte quindi contiene 8 bit.

Pagina 7 su 7

Tutto in informatica viene misurato in byte.

Il linguaggio macchina o codice macchina, è il linguaggio che un computer è in grado di interpretare ed eseguire. Esso è basato su un alfabeto detto binario. È basato sul bit. La CPU è quel componente di un computer che esegue i programmi scritti in linguaggio macchina.

Il linguaggio macchina serve per definire le istruzioni fondamentali che un processore deve compiere e i codici di programmi da eseguire tradotti. Potrebbe essere poco chiaro. Ma non è importante. C’è da sapere che tutti i linguaggi di programmazione, alla fine vengono tradotti in linguaggio macchina. Ovvero quello che un uomo scrive con linguaggio di alto livello viene tradotto in linguaggio macchina (per farlo capire al processore) attraverso.

  1. LINGUAGGI – INTRODUZIONE

Come detto sopra, un computer, attraverso la CPU, esegue delle istruzioni, in “linguaggio macchina”. Noi per creare dei SW scriviamo il codice utilizzando diversi linguaggi (di alto o basso livello) che però hanno un minimo di somiglianza con il linguaggio umano.

Es.: Per scrivere un numero su registro, la macchina (CPU) eseguirà un codice 00000101. Non prendetelo sul serio, è una stringa inventata. Noi in Delphi (che è un linguaggio di alto livello) scriveremo Writeln(“9”); è chiaro che la CPU non può capire l’istruzione Writeln(“9”). Serve solo a noi. Quindi c’è un programma di mezzo che trasforma Writeln in 00000101.

Un linguaggio di alto livello è un linguaggio di programmazione altamente astratto. Sono progettati per essere comprensibili dagli esseri umani, e comprendono anche parole del linguaggio naturale (Format, Writeln, Print, ecc…). I programmi scritti in linguaggio ad alto livello devono essere compilati e interpretati. Al contrario un  linguaggio di programmazione a basso livello coincide con il linguaggio macchina o ne differisce poco, fornendo poca o nessuna astrazione. Un esempio è l’Assembly.

Abbiamo detto che i programmi scritti in linguaggio ad alto livello devono essere compilati e interpretati.

4.a Compilazione

È l’operazione svolta dal “compilatore” che è un programma che traduce il programma sorgente (quello scritto dall’uomo con linguaggio di alto livello) in un programma in linguaggio macchina equivalente.

4.b Interpretazione

L’interprete è un programma che interpreta le istruzioni del programma sorgente e le esegue. A differenza del compilatore non produce un’eseguibile.

Per esempio se alcuni di voi in ufficio usano dei software per la contabilità su Windows 7, usano un SW che qualcuno ha scritto in Delphi, C#, COBOL,  FORTRAN o altro. Questo SW, è stato “compilato” nell’ambiente di sviluppo e interpretato. Così sul Desktop avrete un “IVAPIU’.exe” che cliccato, apre un gestionale per la contabilità, accetta dati, fornisce calcoli, stampa ecc…

Tutti i programmi che eseguite sul vostro Windows, Linux Ubuntu, Mac o altro, sono degli eseguibili (diversi tra loro) che sono stati interpretati.

Ci sono tantissimi tipi di linguaggi di programmazione. Per Windows (.Net C#, VB, Delphi, ecc.) Per Linux (c, c++, Mono c#) o Mac(Objective C).

Ci sono linguaggi per programmi da Desktop, per programmi da smartphone (Xamarin), per programmi WEB.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Mi lascio andare alla Musica da autodidatta

Pagina 1 su 3

Suono il piano. Non ho mai studiato musica se non quelle insufficienti e poco stimolanti ore che facevamo a scuola. Non ho mai frequentato corsi o preso lezioni private. Ho imparato a suonare il piano completamente da solo. Ovviamente non pretendo nemmeno di essere chiamato pianista, perché non so se posso essere accostato a chi sul piano ci ha versato lacrime e sangue pur di imparare a suonarlo impeccabilmente, non dico di non aver versato anch’io le mie lacrime su un piano, dico che se mi mettete uno spartito davanti agli occhi vi suonerò qualcosa dopo qualche giorno di studio dello stesso.

Questo non mi ha mai impedito di mettermi davanti ai lucenti tasti bianchi e neri, e premerli.

Quando suono mi lascio completamente andare.

Mi siedo, guardo i tasti, lascio che le mani si muovano da sole dove è meglio, guidato da ciò che le emozioni mi sussurrano all’orecchio in quel momento. È un agire per risonanza: se i tasti che sto premendo amplificano quello che sento, il lavoro che sto facendo è soddisfacente.

Con questo metodo di lavoro ho composto una decina di brani in totale solo per il piano, un paio in cui c’è anche il testo e una mezza dozzina di brani orchestrali.

Non so dunque se potrei chiamarmi pianista o tastierista, ma potrei chiamarmi compositore. Sicuramente sono un musicista.

A volte sto ore intere a premere i tasti. Soppeso le note, gli accordi, la velocità e la forza dell’esecuzione. Possiedo un piano/sintetizzatore digitale, quindi ho il vantaggio che, una volta inserite le cuffie nel circuito audio che ho in camera, siamo solo io e lui, e posso permettermi di sbagliare, sperimentare, incanalare ciò che il cuore mi detta verso lo strumento, senza paura di disturbare qualcuno a qualsiasi ora.

Ho iniziato quando avevo circa 8 anni: certo, quello non era un suonare, avevo una pianola da 3 ottave e strimpellavo, rompendo qualche timpano magari. Ma già allora, quell’attività mi faceva sentire… bene. Non avevo la consapevolezza che quello strumento sarebbe diventato un giorno una specie di ancora per me nei momenti bui della mia vita. La svolta arrivò molti anni dopo, quando mi si parò davanti la possibilità di formare una band, a 16 anni.

Mio padre mi regalò allora una tastiera molto più performante. Quanto suonava bene. Iniziai quindi a prendere confidenza con l’anima del piano, ma fu un momento di svolta perché mi resi conto per la prima volta che non avevo idea di come si suonava.

Pasticciai un sacco con quella tastiera dai tasti semi pesati, ci iniziai a prendere confidenza in maniera grezza, grossolana. Poi col tempo, e molta costanza imparai a usare bene e in maniera semi coordinata entrambe le mani.

La prima vera occasione di capire quanto lontano potevo andare arrivò quando mi innamorai di quella che fu la mia prima ragazza a 17 anni. Così, per fare colpo, imparai quella che credevo erroneamente essere la colonna sonora del suo film preferito all’epoca: Twilight. La canzone in questione era la famosissima River Flows in You di Yiruma.

Pagina 2 su 3

Emersero tutte le mie difficoltà tecniche. Ma la motivazione era più forte della voglia di arrendersi e quindi riuscii a imparare a memoria l’intera canzone, eseguita in un modo che a posteriori potrei definire imbarazzante, ma per l’epoca era la cima della mia montagna più alta.

Da lì in avanti cominciai a imparare altre canzoni per migliorarmi: avevo trovato un buon metodo per accrescere la mia bravura: suonare le composizioni altrui. Ludovico Einaudi in tal senso è stato per me una specie di inconsapevole Maestro.

Migliorai davvero molto e in breve tempo. Consiglio a chiunque si approcci per la prima volta a uno strumento di iniziare subito a tentare di avvicinarsi alle opere altrui: non importa la loro difficoltà, provate a eseguirle ugualmente, mal che vada sarete migliorati comunque nel tentativo e opere più semplici vi risulteranno immediatamente suonabili.

A 19 anni ho deciso di provare a dedicare a quella ragazza una canzone completamente composta da me: non avevo mai fatto nulla di simile. Certo, già allora ogni tanto mi lasciavo andare a improvvisazioni, ma il comporre è tutt’altra cosa. Venne fuori allora “Vita”, la mia prima composizione piano solo. L’ispirazione che mi guidò non fu pareggiata per molto tempo, anche se composi rapidamente un altro paio di suonate. Contemporaneamente, acquisii anche abilità con uno strumento che ad oggi ritengo essenziale in quello che faccio: il sequencer, ovvero un software di montaggio ed esecuzione audio. E nello stesso periodo finii a suonare in una band Symphonic Metal con cui ad oggi ci apprestiamo a pubblicare il nostro primo album in studio.

Questo evento capitò in mezzo al periodo più buio. Mi lasciai con quella ragazza in malo modo, e da lì in poi usai la composizione come mezzo per buttare fuori le emozioni prima che mi distruggessero: il piano, la musica, mi ha salvato letteralmente la vita quando non potevo comunicare a parole a nessuno quello che avevo dentro, anche se nessuno mi sentiva suonare. Mi permetteva di buttare fuori il buio che sentivo dentro, accendendo una luce nei momenti in cui sentivo fisicamente il fuoco delle emozioni negative avvolgermi in un abbraccio soffocante e letale. E da perfetto alchimista, prendevo quel fuoco e lo usavo per trasformare il metallo che mi si parava davanti, finché non l’avevo trasformato tutto o quasi in oro.

Alcune composizioni molto ispirate vennero fuori in quegli anni. Lasciavo che i tasti parlassero per me, lasciavo che il discorso che facevano fluisse: ero l’ascoltatore di me stesso, ma era molto diverso ascoltare le note che riempivano la mia testa e bloccavano totalmente i miei pensieri, che non ascoltare il ronzio continuo dovuto a loro. Con le cuffie addosso, spegnevo la testa. Tornavo a casa da lavoro e tutto ciò che desideravo era spegnere. Spegnendo i pensieri, accendevo qualcos’altro. Lo facevo inconsapevolmente, ma le mie mani e il mio cuore sapevano esattamente cosa stavano facendo. La composizione è un abbandonarsi a se stessi: un ascoltarsi, un replicare in un linguaggio che tutti possano comprendere le emozioni. È una traduzione! E per una persona come me, che fatica moltissimo a gestire le proprie emozioni, è stata una sorta di autoterapia quando non conoscevo metodi efficaci per rilassarsi e tecniche meditative che ho imparato e anzi, consideravo da cretini studiare determinati argomenti. Se non ci si lascia andare non si sta componendo a mio avviso, si sta parlando, si sta dando voce a qualcosa di meccanico. Che sia al piano, o con il sequencer per una composizione orchestrale, è essenziale abbandonarsi alle note: saranno loro a mettersi al posto giusto nel momento giusto se tutto va bene.

Pagina 3 su 3

Non conosco il mio livello di bravura, e forse non mi è mai interessato misurarlo, gli altri mi dicono che ho talento, ma a me in fondo non interessa avere questo tipo di riconoscimento: se non trasmetto emozioni, ho fallito. Ho ascoltato un sacco di compositori e pianisti negli anni: spesso c’erano arpeggi e arzigogoli complicatissimi che non mi lasciavano nulla dentro, certo questo è il mio modesto parere, ma non ho mai desiderato essere come loro, mentre ad esempio Einaudi con poche semplici note evoca moltissimo in me. Perché ci mette il cuore, non ha interesse a mettere in mostra la propria mostruosa tecnica.

Certo, è ovvio che nella composizione bisogna seguire alcune regole fondamentali: la struttura della canzone deve essere ben definita, ad esempio può essere: introduzione, strofa, ritornello, strofa 2, variazione e ritornello finale. La scala adottata deve essere quella per tutta la canzone, a meno che non si voglia effettuare una trasposizione. Il tempo di esecuzione deve avere un andamento adattabile alla struttura, una scala maggiore si usa per composizioni di tono probabilmente allegro, una minore per aggiungere dell’amarezza all’esecuzione. Ci sono molti fattori tecnici da considerare, ma vi assicuro che sono cose che vengono fuori quasi da sole se ci si lascia andare.

Però il fulcro, quando si compone, ruota sempre attorno a un’unica cosa: le emozioni. Una melodia deve quasi istantaneamente farti cambiare umore appena comincia, o trasportarti in un racconto, altrimenti si tratta solo di sterili vibrazioni. Ho sperimentato per anni con quelle vibrazioni, e studiando e ricercando anche su internet ho scoperto anche che variando l’intonazione del LA della tastiera si può variare il colore e la pienezza dell’esecuzione. Un LA normale vibra a 440 cicli al secondo. Un LA a 432 cicli al secondo, quindi di tono più basso, fa trasporre tutta la scala a qualcosa di più caldo. Per me è come se all’improvviso si sposti l’ascolto dalle orecchie alla pancia, è una cosa strana. Molti nemmeno avvertono la differenza visto che a livello di tono è davvero piccola, ma se fossi in voi mi ascolterei qualche paragone tra canzoni suonate con il LA a 440 Hz e il LA a 432, e cercherei di percepire cosa questa variazione di colore provochi a livello emozionale.

Ad oggi, sto cercando di raccogliere le bozze delle composizioni che ho pubblicato su facebook in questi anni e le sto revisionando e correggendo, a volte stravolgendole perché non sento più l’emozione associata al momento in cui avevo composto quella melodia: se sono cambiato io, è ovvio che cambi la mia musica. L’idea è raccogliere tutto in un album prima o poi, più che per farmi conoscere lo farei per soddisfazione personale, ma per il momento la band e l’album che stiamo costruendo ha decisamente la priorità.

Questo è ciò che la musica, la composizione, il piano, significano per me.

 

Giacomo

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

In cosa consiste il Custode di palazzo: Pro e Contro di fare il portinaio

Pagina 1 su 2

Io sono custode di un palazzo. Il mio lavoro consiste in varie mansioni. Generalmente lavoro nella portineria e sono a disposizione del pubblico che richiede informazioni. Ad esempio: a che piano si trova il tale ufficio; se lavora qui l’ingegnere tal dei tali, ecc. In portineria svolgo anche un lavoro di scrittura degli orari delle ditte che lavorano nel palazzo. Per esempio se il lunedì l’elettricista ha lavorato due ore e ha sostituito un trasformatore, io segno tutto su un programma su Internet in modo che nel momento della fatturazione, i dati che loro mettono sulla fattura quadrino con i miei. Nella portineria ci sono anche gli allarmi antincendio. Se suona un allarme, devo andare nel posto corrispondente alla luce che s’illumina (ad esempio: cantine, corridoi, locale ascensore, ecc.) e andare a vedere se è un falso allarme o se c’è davvero l’incendio. Fortunatamente di solito l’incendio non c’è, magari qualcuno ha fumato e ha fatto scattare i sensori anti fumo. In portineria c’è anche l’allarme ascensori. Se inizia a suonare devo andare a vedere se c’è qualcuno rimasto bloccato dentro un ascensore, e infatti spesso c’è. Altre volte, invece, era solo qualcuno che si è appoggiato contro la tastiera. Per finire, in portineria ci sono i monitor che mostrano i passi carrabili. Se qualcuno si piazza con la macchina davanti al passo carrabile, devo andare fuori e dirgli di togliersi. Se è gentile, si toglie subito.

Altre mansioni che devo svolgere sono: innaffiare le piante, fare i giri di controllo nel palazzo e negli appartamenti vuoti, smistare e consegnare la posta agli inquilini. Inoltre, se il vento, aprendo il portone d’ingresso ha fatto entrare qualche cartaccia nell’atrio, mi piace toglierla, in modo che l’atrio sia ordinato.

Per le pulizie c’è una ditta preposta che viene regolarmente, ma cose come questa le faccio io, per un miglior ordine del palazzo. Una volta ogni mese si controllano gli apparati antincendio (estintori e idranti), in modo che sia tutto funzionante e pronto da usare. Un’ultima cosa che mi viene in mente è il cambio degli acquedotti. Cioè l’acqua è pagata a forfait, ma se si sfora una certa quantità, i costi aumentano, quindi, avendo noi a disposizione tre reti idriche, prima di “sforare”, io cambio l’acquedotto, cioè chiudo l’erogazione della rete di cui abbiamo già consumato tutta l’acqua prevista e apro la rete con l’acqua ancora disponibile da utilizzare. Il mio lavoro ha come pro che a volte ho tempo libero e riesco a controllare le mie mail o seguire una conferenza su skype. Come contro ha solo tre cose:

1) la gente che pretende l’impossibile;

2) i corrieri maleducati (che riempiono di casse l’ascensore degli inquilini anziché il montacarichi;

3) gli automobilisti maleducati (che si piazzano davanti al passo carrabile e se ne vanno via).

L’orario è molto lungo: io esco da casa al mattino alle 06.15 e rientro alla sera alle 20.15.

Si dice che il lavoro manca. È vero, però, c’è qualche piccola possibilità. Io ho fatto molti lavori nella mia vita: dalla consegna dei giornali la notte, al tecnico in una Tv privata, vendita quadri e sculture, receptionist, centralinista. Ho lavorato a bordo delle navi da crociera, ho fatto il portiere (nei palazzi, non di calcio) e ho lavorato in una città diversa dalla mia. La questione è: cosa siamo disposti a fare? Siamo disponibili a cambiare tipo di lavoro? Cioè: se sono ingegnere nucleare, sono disponibile ad andare a pulire i gabinetti? Se abito a Torino, sono disposto ad andare a lavorare a Reggio Calabria? Ho dei parenti che sono rimasti disoccupati a lungo perché cercavano lavoro nel paese dove abitano. Ora sono giunti a più miti consigli e cercano lavoro anche nella città vicina. Tutte queste non sono critiche, sono osservazioni pratiche. Comunque mi ricordo anche periodi in cui effettivamente non c’era lavoro per niente. Che cosa sentivo? Da un lato frustrazione, perché mio padre mi stava addosso; dall’altro, paura di finire il denaro che avevo in banca (non chiedevo soldi ai miei genitori).

Pagina 2 su 2

La soluzione fu lavorare nel campo della vendita, lavoro per cui non mi sento portato, ma, tanto, se vendi guadagni, se non vendi, almeno non stai in casa a rimuginare. Mi accorsi anche che talvolta lavorare chiamava altro lavoro. Per esempio, degli amici mi chiesero se volevo fare lo scrutatore elettorale. Io subito rifiutai, perché pensavo che per solo un giorno e mezzo non ne valesse la pena. Poi accettai. Feci bene. Perché dopo quel giorno e mezzo trovai poi un altro lavoro. Un caso? Non credo. Si dice che i soldi chiamano soldi, ebbene, io credo che il lavoro chiami il lavoro. Infatti, quando in un posto di lavoro mi trattavano male, me ne sono sempre andato (non appena trovavo un altro lavoro), ora, invece, ci sto pensando otto volte prima di abbandonare. Mi piacerebbe fare un lavoro autonomo, con tutti i rischi che comporta. Alla peggio, potrei ritornare a bordo, cosa che consiglio anche a chi è disoccupato. Bisogna sapere un po’ l’inglese in quasi tutti i ruoli. Anche fare l’animatore nei villaggi turistici (sempre con l’inglese) è una possibile alternativa per molti. Fiorello ha cominciato così.

Questo lavoro che faccio adesso non l’ho scelto, come molti mi limito ad andare dove mi chiamano. Al mio ritorno dall’esperienza a bordo delle navi, ho fatto un corso da impiegato organizzato da un’agenzia di lavoro interinale, inaspettatamente, anni dopo, mi hanno chiamato per questo lavoro. Non mi piace molto, preferirei fare un lavoro autonomo, così potrei gestirmi gli orari al meglio. Un’altra idea che mi piacerebbe è avere un negozio di libri, fumetti, cd e dvd usati. Quando ho un momento tranquillo, faccio qualche meditazione per rilassarmi e sentirmi meglio, spesso mi disturbano, ed io, imperterrito, fermo il timer e dopo lo faccio ripartire. Per chi volesse iniziare un lavoro come il mio, consiglio di cercare un posto dove ti danno anche la casa, così uno risolve anche il problema degli alloggi. A me la casa però non mi è stata data, ma io sono abilissimo nel trovare il lato positivo in tutto: se ti danno la casa ti abbassano lo stipendio, quindi io prendo un po’ di più di uno che ha la casa e quindi posso permettermi di andare agli incontri, tour e seminari che trattano di spiritualità, un’altra mia passione.

 

Marcello

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Bisogna essere ottimisti per vivere in Salute!

Pagina 1 su 2

Le persone per migliorare la loro vita dovrebbero, nel loro quotidiano, essere più positive. Basterebbe essere più positivi, ma questo concetto è tanto banale quanto difficile da mettere in atto, se non ci si ha mai provato seriamente.

Si può provare allora a cominciare dalle basi, a cambiare un tassello per volta fino ad arrivare alla nuova giornata tipo, che ci renderà felici. Ci sono varie strategie, ognuno può scegliere quella migliore per sé o inventarne di nuove, le possibilità sono infinite ed almeno una è attuabile senza scuse e senza continuare a rimandare.

Le persone dovrebbero, nella loro vita quotidiana, cambiare se stessi per vivere meglio con gli altri. Si potrebbe cominciare valorizzando se stessi e il proprio tempo: godersi ogni minuto, assaporare ogni momento, la compagnia delle persone. Cercare il relax non nella televisione, ma in una bella passeggiata all’aperto o in un’attività che ci faccia davvero stare bene. (È scientificamente provato che un regolare esercizio fisico contrasta la depressione e migliora la salute mentale, oltre che rendere più attivo il fisico.) Trovare una passione, sia anche il ricamo o il bricolage, oppure uno sport, che ci riempia di motivazione per alzarci con slancio la mattina e per fare i lavori di casa col sorriso e a tempo record. L’ideale sarebbe condividerla con persone che ci facciano stare bene, oppure passare del tempo all’aperto per approfittare dei benefici della natura e dell’esposizione al sole (principale fonte di vitamina D). Durante i momenti lavorativi, non buttarsi giù pensando negativamente e concentrandosi sulla noia, ma vivere al massimo guardando sempre il punto di vista positivo, cercando il modo di divertirsi, di migliorarsi, di dare il massimo anche nelle piccole cose per sentirsi soddisfatti di ogni piccolo risultato.

Le persone dovrebbero, semplicemente, pensare positivo, senza rancori, imparando a vivere il qui ed ora. Il pensiero positivo può diventare nostro, basta prendere l’abitudine. Prendere l’abitudine di ricordare soprattutto gli elementi e gli eventi positivi delle nostre giornate, lasciando scivolare via quelli negativi. Si potrebbe cominciare prendendosi 5 minuti ogni sera, ripercorrendo i momenti positivi della giornata, anche in quelle più difficili, distaccando e allontanando da sé la tristezza dei momenti negativi: l’abbiamo già vissuta, abbiamo già imparato qualcosa da quel momento, non serve a nulla rimuginarci su e lasciarle rovinare il buono della nostra giornata. Un’idea molto comoda può essere quella del vaso della felicità, un semplicissimo vaso da tenere in casa e in cui inserire ogni giorno un pezzettino di carta con la data e la descrizione del momento più bello della giornata. Ci stupiremo anche noi nel trovare un momento positivo anche nelle giornate peggiori e a dover scegliere tra tanti momenti nelle belle giornate!

Per cominciare, ad esempio, si possono lanciare a sé stessi delle piccole sfide a breve termine: la sfida delle 5 buone azioni al giorno per una settimana, la sfida dei 10 sorrisi che non ti aspetti, la sfida delle 10 parole gentili al giorno per una settimana, queste azioni non costano nessuna fatica, ma l’effetto su chi le fa e chi le riceve è molto positivo. Le persone dovrebbero essere più buone, cominciando dai piccoli gesti fino alle azioni più grandi: non importa come reagiscono inizialmente le persone, non bisogna cercare in primo luogo un compenso o una risposta positiva; prima o poi questa bontà e gentilezza torneranno indietro, quando meno ce lo si aspetta.
Il sorriso è un gesto troppo spesso sottovalutato. Nonostante sia provato anche dalla scienza, basterebbe semplicemente provare per rendersi conto che basta un semplice sorriso per risollevare il morale. E ricevere il vostro sorriso può rendere migliore la giornata di molte altre persone.

Per sé stessi si potrebbero anche istituire dei riti quotidiani, settimanali, mensili: il vaso della felicità, una passeggiata con le amiche, una gita da non rimandare troppo. Le persone corrono, passano le loro giornate dando troppa importanza ai doveri e alle sensazioni negative, sottovalutando l’importanza del momento di relax, l’attimo per sé stessi.

Pagina 2 su 2

Non voglio incitare al menefreghismo, mi riferisco a quelle persone che si buttano troppo nelle attività quotidiane, anche per gli altri, dimenticandosi che per stare bene e aiutare gli altri bisogna prima aiutare noi stessi. Per evitare lo stress e vivere più a lungo, più attivi e più felici, basterebbe anche solo pochi minuti al giorno staccare dalla frenesia e ricordarsi che stiamo facendo tutto questo per noi, perché siamo noi la cosa più importante, molto prima del lavoro o della pulizia di casa. Qualche minuto di calma può anche aiutarci a vedere la nostra vita in maniera più distaccata e cosciente nei momenti di difficoltà, per poter trovare la soluzione migliore ai nostri problemi e reagire nel migliore di modi in qualunque situazione ci si possa presentare. Che sia qualche minuto di silenzio nel caos, che sia una mezz’oretta di meditazione, non bisogna rimandare questo momento, perché abbiamo diritto del nostro attimo di relax e perché potrebbe aiutarci a guardare sotto un altro punto di vista i nostri problemi e a risolverli nel migliore dei modi.
Non è così difficile cambiare la propria routine per avvicinare sempre di più la nostra giornata alla giornata ideale per noi. Basta cominciare dalle piccole cose, facendole diventare pian piano abitudini positive. Aiuta molto la capacità di mettersi in gioco, di cercare ciò che ci fa star bene in ogni singola azione della giornata. Non andrebbe sottovalutata l’alimentazione: può essere un grande aiuto per diventare più attivi e felici l’eliminazione dei cibi che ci rendono stanchi e pesanti (avete mai notato quanto le bibite gassate, patatine, merendine e molto altro ci danno inizialmente un senso di felicità illusorio, per poi renderci stanchi, malati, affaticati, ma dipendenti da quelle stesse sostanze?) in favore di cibo sano. All’inizio può sembrare difficile, ma basta poco sforzo per cambiare, e il nostro “me” del futuro ci ringrazierà tantissimo per questa scelta. Senza contare che la sperimentazione in cucina e le nuove scoperte possono diventare davvero divertenti!

Nei rapporti con le persone, non è facile spiegare in due parole come si può migliorare la propria vita, dipende dal carattere e dal vissuto di ognuno. L’unico consiglio adattabile a tutti è quello di cercare di stare con delle persone che ci facciano stare bene. Noi stessi dobbiamo in primo luogo migliorarci diventando gentili e altruisti con gli altri, evitando di mantenere rancori per lungo tempo, che rodono solo il fegato a noi senza insegnare nulla a nessuno. Detto questo, però, non dobbiamo nemmeno sottometterci totalmente a persone che ci fanno stare male: l’amicizia è un rapporto alla pari e di rispetto, prima di tutto, così come l’amore ed ogni legame. Dal momento in cui manca il rispetto reciproco e lo stare bene, il rapporto ha ragione di cadere. È giusto aiutare gli amici in difficoltà, ma non è giusto nei nostri confronti circondarci di gente negativa, pessimista, egoista, rancorosa: dal momento in cui una persona ci fa solo stare male, è nostro diritto separarsi dalla sua strada (sia che si tratti di un amico, che di un genitore o un partner) e circondarsi di persone che ci facciano stare bene. Più saremo positivi noi, più le persone positive e piene di vita si avvicineranno come ad una calamita.

La scienza conferma che moltissime malattie sono derivate da uno stile di vita malsano e stressato. Noi ci siamo resi conto di come si può fare per stare meglio, agendo un po’ alla volta, giorno per giorno. Abbiamo l’unica soluzione a tutti i nostri problemi proprio tra le nostre mani, è più semplice di quanto si creda e basta poco per metterla in atto. Basta solo provare. Servono altre ragioni per voler cominciare a stare bene? Rendiamo la nostra vita migliore a partire dalle nostre giornate!

 

Valentina R.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Ricetta per fare il Sushi

Le immagini qui presenti, sono interamente scattate dall’autrice dell’articolo.

sushi

 

Pagina 1 su 3

La cucina giapponese rappresenta un’esperienza unica nel suo genere, che coinvolge profondamente a diversi livelli. Non solo il gusto, ma anche la nostra sensibilità este-tica viene piacevolmente sollecitata dalla bellezza impeccabile nella presentazione dei cibi, dall’armonia dei colori nel piatto e dall’equilibrio degli accostamenti. Un piatto è buono anche perché è bello a vedersi, e bellezza vuol dire cura estrema dei particolari, scelta attenta di stoviglie e utensili, anche per quel che riguarda la loro disposizione. Ogni pietanza prende forma nel suo piatto, perfezionato fino a rendere la preparazione del cibo simile ad un rito antico. La preparazione del riso risulta la base essenziale per la buona riuscita di un ottimo Sushi. Malgrado all’apparenza sembri un semplice riso bollito, in realtà si tratta di una lunga, se pur semplice lavorazione. Seguendo attentamente ogni passaggio potrete ottenere del delizioso riso per il vostro Sushi e vi potrete sbizzarrire nelle molteplici combinazioni con pesce o verdure unitamente alla famosa e gustosissima alga nori.

sushi

 

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:

500 gr. di Riso per sushi o Originario (chicco piccolo)

500 ml di acqua

mezzo bicchiere di aceto di riso 2 cucchiai scarsi di zucchero

mezzo cucchiaino di sale

1 pezzo di alga kombu (facoltativo)

1 pentola con coperchio

.Pagina 2 su 3

ricetta per fare il sushi

 

1) Lavate il riso in acqua fredda continuando a cambiare l’acqua finchè quest’ultima non risulti chiara. Utilizzando uno scolapasta sarà più semplice.

 

ricetta per fare il sushi

 

2) Mettete il riso in una pentola con una dose d’acqua pari al suo peso (500 ml), aggiungete il pezzetto di alga Kombu e ponetela con il coperchio a fuoco alto finchè non bolle; al bollore abbassate la fiamma al minimo e cuocetelo per 10 minuti circa. Se assaggiando un chicco in superficie risulterà al dente, lasciate riposare il riso nella pentola per altri 5 minuti a fuoco spento.

ricetta per fare il sushi

 

3) Passate il riso in un largo contenitore e, aiutandovi con un cucchiaio di legno, distribuite in maniera uniforme l’acidulato di riso che avrete preparato precedentemente sciogliendo lo zucchero e il sale nell’aceto.

 

ricetta per fare il sushi

 

4) Mescolate delicatamente il composto facendo assorbire prima il condimento, poi continuando a mescolare sventolate energicamente con un ventaglio affinchè il riso si raffreddi e per far sì che l’aceto possa evaporare con maggiore facilità.

Pagina 3 su 3

 

ricetta per fare il sushi

Lasciatelo riposare avendo cura di coprirlo con un panno umido per evitare che si asciughi troppo. Il vostro riso è ora pronto per essere utilizzato nella preparazione del Sushi.

 

ricetta per fare il sushi

 

 

Venusia

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

 

I Chakra

chakra
Pagina 1 su 9

I chakra sono dei punti d’incontro dei nervi che rendono una precisa zona del nostro corpo fisico più sensibile alle energie. Si tratta di punti del corpo particolarmente capaci di trattenere l’energia e sfruttarla poi per propri interessi. Abbiamo innumerevoli chakra, ma i più importanti in assoluto sono 8. Attraverso la pratica della meditazione, si possono riempire i propri chakra di energia che proviene dall’esterno, proprio come il nostro corpo si nutre di fattori esterni. Infatti, il nostro organismo non crea da solo tutte le sostanze di cui ha bisogno, ma dobbiamo invece implementarle mangiando, quindi nutrendoci ogni giorno di sostanze provenienti dall’esterno che ci permettono di nutrire il nostro interno. Anche i nostri chakra non riescono a creare il loro nutrimento da soli, infatti hanno bisogno di assimilare energia esterna per potersi sviluppare, attraverso la meditazione. I chakra, essendo contenitori energetici, si allargano e si espandono quando l’energia è presente, mentre si rimpiccioliscono e si atrofizzano quando questa è assente. I chakra non possono scomparire, dato che, come noi, se mangiamo pochissimo purtroppo risultiamo denutriti e quindi magrissimi, questo però non significa che scompariamo; i nostri chakra risultano quindi secchi, troppo magri, perché si nutrono di troppa poca energia, ovvero solo quella pochissima che riescono a prendere dai nostri respiri incoscienti; ciononostante, rimangono lì, non spariscono. Dal momento in cui si inizia a meditare, i chakra prendono il via a nutrirsi della sostanza di cui hanno bisogno, che è l’energia pranica, e questo gli permette di attivarsi. Non è un paragone futile dire che i chakra sono proprio come le nostre parti del corpo che, se non utilizziamo per molto tempo, si atrofizzano, ma se vengono allenate come tutto il resto del corpo, quelle ritornano a muoversi senza alcun problema; certo, a meno ché non siano rotte, ma i chakra non si rompono, sono fatti di energia e si possono riattivare o meglio ricomporre in qualunque momento.

I chakra, se ben utilizzati, possono essere sfruttati come recipienti di energia, ovvero contenitori dove lasciamo depositata l’energia sinché non vogliamo utilizzarla per qualcosa che ci interessa. Ovviamente, il corpo e l’anima prenderanno parte di questa energia e se ne nutriranno proprio per stare meglio, per difendersi, cosa che, se i chakra fossero vuoti, non sarebbe possibile e quindi nel momento del bisogno il corpo si ammalerebbe e l’anima si indebolirebbe drasticamente. Se invece i chakra sono perennemente pieni, corpo e anima si potranno nutrire di energia e nel momento di bisogno, beh, non sarà affatto un problema, tant’è che non subirai alcun danno. I chakra quindi hanno come funzione quella di contenere l’energia, ma anche di utilizzarla in un certo modo affinché tutta la nostra vita ne raccolga i frutti. Sebbene ora, che sei agli inizi, potresti non comprendere tutto ciò, ti renderai conto con l’esperienza che ogni chakra è più indicato per una precisa azione e quindi evento per la tua vita. La tua quotidianità infatti non è creata solo da azioni che si possono riassumere in lavoro e casa, ma c’è un insieme di sensazioni fisiche e emotive che compongono la tua giornata. Infatti, durante il giorno provi sentimenti, pensi ai problemi e al come puoi risolverli, ti senti stanco e avresti bisogno di più energia, e solo con queste tre azioni io ti ho appena elencato 3 chakra, ovvero il cuore, la mente e il chi. Sebbene tu non te ne renda conto, i tuoi chakra influenzano molto la tua vita, non lo fanno di scelta propria, ma funzionano proprio come ogni organo e muscolo del tuo corpo: se le tue braccia sono forti, influenzano la tua vita perché puoi svolgere azioni che molti altri non possono fare da soli perché hanno bisogno di un aiuto extra, ad esempio chiedendo aiuto ad un collega, vicino, amico; se le tue braccia sono molto deboli, ad esempio le braccia di un anziano, questo influenza parecchio la tua vita perché devi continuamente dipendere dall’aiuto di altre persone per svolgere qualunque azione. Se non avessi nemmeno la capacità di muoverle, sarebbe ancora più difficile vivere la propria vita serenamente. Il punto è che quando si tratta di sentimenti, pensieri, ed energia fisica, gli altri possono fare ben poco per te. Dato che sei abituato a vivere con dei chakra vuoti, è normale che tu non afferri subito il significato del cambiamento che avverrebbe nella tua vita se tu li riempissi e soprattutto li utilizzassi. Infatti, i chakra sono dei recipienti, ciò significa che contengono l’energia e questa rimane lì, pronta ad essere utilizzata; sei tu, poi, a dover decidere come, quando, e se utilizzarla, perché tu potresti passare la tua vita solamente meditando senza praticare nessun’altra tecnica, questo ti porterebbe ad avere molta energia e ti proteggerebbe moltissimo dalle influenze esterne, però non è detto che raggiungeresti tutti i tuoi obiettivi, perché starai decidendo di non agire per ottenerli. Così ogni chakra è predisposto ad una precisa missione.

Pagina 2 su 9

Tu sei a conoscenza del fatto che ogni organo del corpo umano funziona per una precisa ragione. Tu sai che ci sono organi che servono per respirare, altri per digerire il cibo che hai mangiato, per trasformarlo in sostanze che ti servono, addirittura esistono gli organi per riprodursi; i chakra sono esattamente la stessa cosa, perché esistono quelli per la salute del corpo, quelli per aiutare la digestione e la pulizia del corpo, addirittura quelli sessuali. Ogni chakra, proprio come gli organi, ha una funzione precisa, sebbene comunque, tutti i chakra, proprio come gli organi, lavorino insieme per aggiudicare la salute completa del corpo umano. Quindi, se esistono gli organi per determinate funzioni, non bisogna stranirsi nel sapere che anche i chakra svolgono determinate azioni; sono come degli organi energetici, e se funzionano male, tutto il corpo energetico ne risente. Il nostro corpo possiede un’infinità di chakra, e con il tempo magari ci daremo anche più attenzione, proprio come il nostro corpo fisico contiene tantissime parti del corpo e non solo organi, ma anche muscoli, vene, ossa, e tanto altro. Il nostro corpo contiene un’infinità di parti fisiche ben distinte, e il nostro corpo energetico pure, ma se vogliamo praticare sport per sentirci bene ad esempio andando a correre o facendo arti marziali, probabilmente ci interesseranno prima di tutto i muscoli, non andremo di certo a contare tutte le vene che abbiamo in corpo, ecco perché ora per evolvere il nostro corpo energetico ci interessa sapere solo degli 8 chakra, gli altri non sono così essenziali. Probabilmente dovrei spiegare in ordine i chakra per un principio di memoria, ma per comprendere davvero la funzione e la loro unione, preferisco spiegarli secondo la mia personale esperienza. Prima di tutto, le persone che cercano la meditazione, non lo fanno perché non avendo niente da fare non sanno come perdere il tempo e quindi una cosa vale l’altra, dato che la meditazione è comunque un’azione che richiede molta concentrazione e direi addirittura forza per decidere di praticarla, quindi non è assolutamente un hobby per passare il tempo. Le persone cercano la meditazione perché si sentono vuote dentro, sanno che qualcosa nella loro vita non va, sanno di essere sole anche avendo una famiglia, si sentono separate dal mondo e si sentono in preda ad una sensazione angosciante che non riescono a soffocare, perché ogni notte gli torna alla mente; il punto è che non sanno cosa esattamente non funzioni nella loro vita, non sapendo riconoscere il significato di carenza di energia.

Quindi, il primo motivo per il quale le persone decidono di provare la meditazione, è per sentirsi piene dentro, e per farlo, devono riempire il loro petto di un sentimento che le faccia sentire al posto giusto, dentro il mondo, nate al momento giusto nel posto giusto. In poche parole hanno bisogno di quel nutrimento che per troppo tempo è stato assente nel chakra del cuore. Meditando nel chakra del cuore, si inizierà sin da subito a sentire qualcosa di diverso nella propria vita: non si verificherà un evento improvviso e devastante, ma sarà quello strano sentimento che ti farà rendere conto che la vita che vedevi non era proprio quella che è realmente, ma la stavi guardando con una vista annebbiata. Con un sentimento più positivo, grazie alla pienezza che si starà creando nel tuo chakra del cuore, potrai vedere la tua vita non più tanto catastrofica come sembrava prima, ma anzi, risolvibile. Poco a poco, ti renderai conto che quei problemi non avrebbero dovuto sopraffarti così tanto, perché in fondo starai iniziando a sentirti pieno e quindi i problemi non ti daranno più quel dolore, non ti influenzeranno più come prima. Così, inizierai a riflettere sul fatto che i problemi, che prima ti sembravano impossibili da risolvere, forse andrebbero presi con più ottimismo, positività, perché ti sentirai in questo modo e perciò affronterai la tua vita con lo stesso stato mentale. Perciò con l’ottimismo e la buona volontà che il tuo chakra del cuore inizierà a darti, conditi con parecchia motivazione, ti sentirai di voler affrontare i problemi senza farti più sottomettere da loro, e qui si connette il chakra della mente.

Pagina 3 su 9

Infatti, tu puoi essere ottimista quanto vuoi, ma hai bisogno che i problemi si risolvano davvero altrimenti il tuo buon umore non durerà per sempre… ecco dove agisce il chakra della mente: lui permette alla tua testa di ragionare, di estraniarsi da tutti quei pensieri negativi che volevano farti credere di essere sommerso dai problemi e che non ci sia alcuna via di scampo: ti fa comprendere che c’è sempre una soluzione. Il chakra della mente, grazie alla meditazione, si attiverà per farti comprendere come ragionare, perché non tutti sono capaci di farlo nella maniera corretta, e come giudicarlo? Nessuno ci ha mai insegnato come ragionare, noi ragioniamo come vediamo che gli altri fanno, imitando le persone che ci stanno accanto; il più delle volte, le persone ragionano con un sottofondo di pessimismo, perché ogni problema deve risultare irrisolvibile, deve sembrare la fine del mondo, deve farci credere che la via di scampo sarebbe quella del suicidio, ci farà sentire peggio di chi ha commesso chissà quale errore madornale nella propria vita. “Ehy, calmati… non è così grave.” ti dirà il tuo chakra della mente. “C’è una soluzione… si risolverà… dammi solo del tempo.” Il chakra della mente servirà proprio per trovare la soluzione ad ogni tuo problema, perché ogni singolo evento ha una soluzione, ma per riuscire a trovarla, il chakra della mente necessita prima di tutto il silenzio, quindi ti richiederà di non pensare, così potrà trovare la soluzione per te. È come una doppia mente: tu sei abituato ad averne solo una, quindi a ragionare da solo e trovare tu le soluzioni ai tuoi problemi; il chakra della mente è come una seconda mente più profonda che si crea dentro di te e cerca le soluzioni proprio mentre tu non ti disperi, in questo modo quando le avrà trovate, te le farà fiorire nella tua mente affinché tu trovi la soluzione. Non è facile comprenderlo, dato che si tratta sempre di te, ma è qualcosa che non hai mai, o quasi mai utilizzato sino ad oggi con coscienza. Il chakra della mente è come se fosse una parte più profonda della tua mente che ragiona senza che tu la possa sentire, proprio perché vuole trovare la soluzione ai tuoi problemi senza farti disperare. Quindi ti chiede “non pensare, lasciami il tempo di comprendere quale sia la soluzione, ci penso io!” e tu non dovrai pensare, perché tenendo il non pensiero le permetterai di ragionare nel silenzio, trovando così la soluzione. All’improvviso, quando meno te lo aspetti, ecco che dirai “Caspita, ma se facessi questa cosa? Se mi comportassi in questa maniera? In effetti così il problema si risolverebbe!”. Questo è accaduto grazie al tuo chakra della mente. Qualunque problema è risolvibile, se permetti a te stesso di trovare la soluzione. Permettendoti di sentire, anziché pensare, riuscirai a trovare la soluzione per i problemi irrisolvibili. Ci vuole tempo e tu devi darglielo, puoi fidarti del chakra della tua mente, non ti abbandonerebbe mai.

Il chakra della mente dunque lavorerà per trovare ogni soluzione, ma ha bisogno che il chakra del cuore faccia il suo dovere, ovvero non ti demotivi, ma ti faccia sentire positivo e ottimista, perché solo così ti fiderai del chakra della mente; se tu fossi pessimista, non ti fideresti mai di esso e crederesti che per trovare una soluzione dovresti scervellarti, soffrire, piangere, farti male, come se questo potesse cambiare le cose. Il desiderio di trovare una soluzione ti fa rodere dentro e ti mette fretta, ma con questa fretta hai constatato che sino ad oggi quei problemi non si sono ancora risolti, quindi lascia la possibilità al tuo chakra della mente di trovare la soluzione per te, specie per quegli eventi così tristi e strazianti che non ti fanno chiudere occhio.. fidati di lui. Ecco a cosa serve il chakra del cuore, a darti quella fiducia cieca che non avresti mai compreso prima. Può riuscirci, se ci mediti sopra. Per fare ciò, il chakra della mente vuole affrontare migliaia di dati alla velocità della luce per comprendere quale sia la soluzione giusta, più veloce e più semplice tra tutte quelle che riesce a trovare, quindi è come se scartasse per te le possibilità che farebbero perdere tempo, quelle che alla fin dei conti non ti porterebbe proprio alla realizzazione del tuo obiettivo, e tutte quelle che in poche parole non sarebbero la scelta migliore, per trovare quella che è davvero giusta.

Pagina 4 su 9

Non sempre però il chakra della mente può lavorare da solo in questo, perciò ha bisogno dell’aiuto del chakra della corona. Questo chakra è davvero molto importante per questo genere di problemi, perché va oltre i pensieri e le soluzioni che sono dentro la mente, infatti, va a cercare tra le informazioni di altre dimensioni e, in poche parole, direttamente nel sapere universale quale potrebbe essere una buona soluzione per risolvere il problema; in questo caso, la corona trasforma per un attimo il chakra della mente in un traduttore, utilizzandolo per comunicare direttamente con te. Il chakra corona infatti possiede una vibrazione molto alta, e senza chakra della mente che funge da traduttore, sarebbe difficilissimo per te capire i suoi piani.

Così, la corona sceglie la soluzione giusta per te ancor prima che tu la conosca, poi, attraverso il chakra della mente, ti farà venire un’idea per risolvere il problema; in realtà, la corona è direttamente connessa con dimensioni più elevate che con termini antichi potremmo definirla connessione al divino, quindi, sebbene ti farà credere di averti rivelato la soluzione giusta, in realtà ti avrà dato una soluzione perché tu agisca in un certo modo, così da trovarti in una precisa situazione, che ti farà venire in mente la giusta soluzione al tuo problema. Perciò, se il chakra della mente non riesce a trovare una soluzione fattibile, realizzabile, chiede aiuto al chakra della corona, che crea una situazione nella tua vita grazie all’aiuto dell’universo, affinché ti ritrovi in una situazione tale da trovare la soluzione in un momento che non ti saresti aspettato, magari grazie a qualcuno che ha detto una precisa frase, o dopo aver osservato le azioni di qualcun altro, dopo aver conosciuto chi possa aiutarti per risolvere quel problema ecc.; in poche parole la mente cerca la soluzione interna, e se non la trova, si attiva la corona per creare la soluzione intorno a te. Poiché la corona non può dirti direttamente di andare in un preciso luogo e svolgere una determinata azione per di più in un contesto che apparentemente non c’entra niente con la tua richiesta, per riuscire a trovare la soluzione al tuo problema, lei deve comunicare con te attraverso il chakra della mente che fungerà da traduttore. Dato che l’idea non è del chakra della mente, ma della corona, nemmeno il chakra della mente delle volte saprà bene quale sia la soluzione, ma perché si fida della corona, collaborerà per darti un’apparente soluzione, che ti spingerà a compiere un’azione che ti farà ritrovare in un contesto dove giungerai alla soluzione del tuo problema. La corona è troppo alta, non è possibile comprenderla subito, ci impiegherai molti anni per comprendere i suoi piani, ma una cosa è certa: il cuore ti aiuterà a fidarti di lei, se glielo permetti meditandoci.

Ecco perché i chakra vanno nutriti, perché possano collaborare al meglio fra di loro. Se anche solo uno di questi tre chakra che ho nominato, fosse carente di energia perché non ci mediti, è chiaro che la soluzione al problema tarderebbe parecchio, ammettendo che prima o poi arrivi. Il chakra del cuore in tutto questo è molto importante, perché ti darà la possibilità di fidarti, mentre, se non ti fidi dell’elevatezza dei chakra mente e corona, e credi di dover fare tutto da solo senza il loro aiuto, allora tutto il processo andrà a fallire e ci starai male, come sempre. Sai già come funziona, quindi, per una volta, fidati. Poi, fidati ancora, e ancora una volta, sin quando non avrai imparato che dovrai fidarti sempre del tuo cuore; se mediti!
Adesso arriva il punto che più preferisco. Nonostante questi tre chakra siano molto potenti nel trovare soluzioni, comunque sia sarai tu a doverle mettere in atto, perché se non ti muovi per risolvere i tuoi problemi, come puoi pretendere che facciano tutto loro per te? Loro ti hanno dato l’idea, ti hanno rivelato la soluzione per toglierti dai guai e ti hanno dato la fiducia e la motivazione giusta per farlo, ora però devi farlo. Spesso, proprio perché non è facile comprendere il chakra corona e i suoi piani universali, ti sembrerà che la soluzione sia troppo complessa, che sia quasi impossibile e con ciò avrai paura di affrontare questa prova sebbene ora tu conosca quale sia la soluzione giusta per affrontarla. La paura ti bloccherà. Avrai l’ansia, il timore di non farcela, e a volte il cuore non basterà per placare quel sentimento di angoscia che ti stringerà il petto e ti terrà con il fiato sospeso. Ecco dove lavorerà il plesso solare.

Pagina 5 su 9

Il chakra del plesso è profondamente connesso al cuore e al chi, dato che si trova proprio nella zona dello stomaco. La sua zona è incredibilmente importante. Se volessimo definire i chakra alti come “imprese fuori dal mondo” e “ragione”, il plesso solare è l’esatta via di mezzo tra materiale fisico e sentimento, tra astratto e concreto. Il chakra corona e quello della mente, se squilibrati, andranno a cozzare perché uno parla di eventi incredibili e fuori dalla ragione e l’altro è ragionevole e riflessivo e questo potrebbe farli sembrare quasi opposti, ma in realtà grazie alla meditazione essi collaboreranno molto bene insieme. Il plesso infatti si trova in mezzo a due completi opposti che sono sentimento e concretizzazione materiale, eppure lavorano benissimo insieme se nutriti di prana. Il sentimento non è ragionevole, il sentimento del cuore è molto più simile al chakra della corona per intenderci; il chi non è astratto, non è pensiero, non è sentimento, il chi è materia, è concretizzazione, ma tutti uniti, insieme, formano una forza incredibile che non si può comprendere solamente a parole!

Il plesso quindi si trova nel bel mezzo di emozione e fisicità, un incredibile ponte che ti fa provare concretamente le emozioni. Perché se credevi che le emozioni fossero solo sentimenti e quindi fattori astratti, il plesso ti permette di sentire fisicamente le tue emozioni, e lo fa, lo fa ogni giorno, solo che non succede con coscienza e questo ti porta a subire i tuoi sentimenti anziché goderteli! Il plesso solare è la via di mezzo tra dimensione energetica e quella fisica, ed è per questo che quando proviamo un sentimento molto forte questo si ripercuote nello stomaco facendoci provare una sensazione fisica. Quando abbiamo un’emozione molto forte, ad esempio perché ci sentiamo innamorati, sentiamo un blocco allo stomaco che giureremmo essere vero, duro e fisico, come se lo stomaco avesse un masso che ci impedisce di mangiare; quando ci sentiamo ansiosi, impauriti, arrabbiati o molto tristi, queste emozioni possono addirittura provocarci fitte allo stomaco e diarrea. Come si può toccare o odorare un sentimento invisibile, perciò qualcosa che non si può vedere? Come può qualcosa che crediamo non sia reale perché non si respira e non si mangia, provocare un malessere simile al nostro corpo fisico? Perché il sentimento diventa concreto grazie al chakra chi! Il plesso è in mezzo al sentimento del cuore e alla concretizzazione fisica del chi. Il plesso è molto utile, perché meditandoci e quindi rendendolo forte, ci permette di avere uno stomaco protetto, in ogni senso. Infatti, i sentimenti negativi ricadono sullo stomaco facendoci provare dolore, ma se meditiamo sul plesso, il chakra protegge lo stomaco e impedisce ai sentimenti negativi di compattarsi all’interno dell’organo e diventare quindi fisici tramite dolore, nausea e diarrea. Il plesso è il chakra che prova i sentimenti in modo fisico, ed è molto importante saperlo, perché per via di un plesso scarico, i sentimenti delle altre persone ricadono sul nostro corpo fisico; essendo infatti il plesso un accumulatore di sentimenti prevalentemente negativi (dato che questi sono i sentimenti che le persone provano per lo più, a causa della loro insoddisfazione di vita, e quindi inviano perlopiù questi agli altri), trasforma i sentimenti di rabbia o di tristezza delle persone che ci pensano in sensazioni fisiche che creano danno al nostro corpo fisico. In poche parole, il mal di stomaco è un forte segno di negatività assorbita, dall’interno se siamo persone pessimiste o dall’esterno se siamo persone vittime di influenze negative derivanti da altre persone o presenze. Meditando, diamo la forza al nostro plesso di proteggersi e quindi di reagire, impedendo così al sentimento negativo di diventare malattia fisica, a prescindere che sia interna o esterna, dandoci la possibilità di trovare quella forza di scontrarci contro qualunque avversità senza più provare sentimenti negativi fisici, quali la paura che ci blocca, il pessimismo che ci mette l’ansia, e così via.

È per questa ragione che è connesso al concetto di realizzare i propri obiettivi: se hai paura fisica, non riesci a concretizzare le tue idee. La paura è un sentimento molto complicato e se per di più si materializza fisicamente nel tuo corpo, ti impedisce di muovere i passi per agire, per combattere per quello in cui credi.

Pagina 6 su 9

La paura è capace di provocarti grossi dolori fisici, come anche l’ansia e il pessimismo. Se però, meditando, grazie al tuo plesso, anziché provare paura sentirai quella grinta fisica dentro di te che ti renderebbe capace di affrontare qualunque ostacolo, ecco che i problemi si risolveranno. Così, il cuore avrà un importante valore per creare il sentimento positivo che poi il plesso dovrà amplificare, e la ragione, quindi il chakra della mente, dovrà far comprendere al plesso che non c’è nessun motivo per il quale lui dovrebbe soffrire fisicamente così tanto solo per colpa di un brutto sentimento. Tutti i chakra devono collaborare tra loro, ed è per questo che, anche avendo trovato la soluzione grazie ai chakra alti, la motivazione grazie al cuore, e la grinta di combattere superando la paura grazie al plesso, ancora non abbiamo tutti i mezzi per poter affrontare il nostro problema: dobbiamo agire, ma ci serve la forza fisica per farlo. Ecco dove si inserisce il chi. Questo chakra può far pensare a tante cose, ma la verità è che senza il chi, non è facile materializzare i propri obiettivi. Sinché si pensa si rimane fermi a pensare, e spesso pensare e sperare non basta, anche il coraggio di affrontare gli ostacoli può non bastare, perché non significa che li stai effettivamente affrontando. Avere fame non significa stare mangiando: sebbene tu abbia fame e vorresti mangiare, questo non significa che tu lo stia facendo, altrimenti non avresti fame. Potresti avere tutto il coraggio che vuoi, ma sinché non ti muovi per agire e compiere determinate azioni, il problema rimarrà, anche se dentro la tua mente potrebbe essere diventato facile da risolvere. Ecco a cosa serve il chi, a concretizzare le nostre idee. Il chi è il chakra dell’energia fisica, ovvero quello più connesso a questo piano fisico rispetto agli altri. Infatti, il chakra corona è molto più dimensionale, il mente traduce, il cuore ci fa sentire emozioni ma il chi è quello che ci connette più fisicamente a questa dimensione materiale. Per questa ragione, per qualunque obiettivo vogliamo raggiungere nel piano fisico, è di gran lunga meglio avere un chi ben saldo. In pratica, il chi è il chakra che rende reale le cose in questa dimensione. Quando visualizziamo, è come se ciò che stiamo creando esistesse, ma in una dimensione troppo astratta per essere vista e sentita da tutti, e perciò si crede che non sia reale; il chi permette di rendere reale gli eventi che noi desideriamo nella nostra testa. Questo chakra è il mezzo con il quale possiamo concretizzare una nostra idea. Ovviamente sto parlando di eventi molto complessi, non di certo di idee che realizzi tutti i giorni e che chiunque potrebbe fare. Mi sto riferendo a quelle situazioni in cui credi di non avere scampo, che non esista soluzione ai tuoi problemi, o che desideri qualcosa che ritieni impossibile.

Tutti i chakra collaborano per farti raggiungere il tuo obiettivo, ma per concludere, devi agire tu per ottenere quello a cui miri, perché se non agisci e rimani fermo, è difficile concretizzare ciò che tu stesso ritieni impossibile. Il chi dà valore al tuo pensiero e ti permette di concretizzarlo più facilmente, senza un eccessivo sforzo, prima di quanto ti saresti aspettato. Il chi è la realtà di questa dimensione, è quel chakra che ti dà le prove concrete che è tutto vero, è il chakra più semplice da comprendere perché è diretto, ti dà subito sensazioni fisiche che ti dimostrano sia reale. Ti dà forza fisica, ed essendo molto vicino al plesso ti dà forza morale ovvero coraggio, quella spinta che ti serviva per andare avanti. Non a caso, gli sportivi che desiderano diventare campioni, scoprono e decidono di utilizzare il chi perché possa garantirgli una forza e agilità extra che gli permetta di superare gli avversari. Praticamente è il chakra che rende effettive, realistiche le tue tecniche, le tue decisioni e le tue idee, le rende concrete, le rende materiali in questa dimensione. È un chakra fondamentale per sopravvivere in una vita sociale in questo pianeta, perché ti difende dalle aggressioni, ti fortifica nelle tecniche offensive, ti permette di concretizzare la tua vita con eventi reali, o meglio definiti reali in questo ambito fisico. In fondo sappiamo che tutto ciò che ci circonda non è reale, però per gli altri, per le persone incoscienti, tutto ciò che ci circonda è l’unica realtà che esiste, quindi è molto importante il chi perché ci permette di vivere una vita che verrà considerata reale da questo Matrix. In pratica senza il chi, gli altri chakra possono essere anche molto potenti, ma tu rimarresti comunque troppo “fuori dal mondo”, non ti concretizzeresti in questo piano fisico.

Pagina 7 su 9

A questo punto la domanda potrebbe sorgere spontanea: se il chi è il chakra più importante per questa dimensione, perché non meditare solo su quello? Perché concentrarci anche sugli altri chakra? Perché il chi rende concreta un’idea, una decisione che tu hai preso con i chakra alti, ma non è facile concretizzare qualcosa di positivo se tu in mente hai solo problemi e pensieri negativi; è ovvio che concretizzerai problemi ed eventi negativi, e questo non deve succedere. Ecco perché meditiamo su tutti i 5 chakra di pari passo.

Allo stesso modo, sarebbe sbagliato evolvere solo uno di questi chakra ignorando completamente gli altri, come ad esempio il chakra del cuore, perché si diventerebbe troppo emotivi e ci si dimenticherebbe completamente la ragione, oltretutto non si riuscirebbe mai a concretizzare qualcosa nella propria vita, quindi il solo cuore, pur essendo un chakra molto positivo e benevolo, non basterebbe per vivere bene la propria vita. Se il chakra della mente venisse preso come unico chakra e si praticasse soltanto su quello, si finirebbe per diventare persone troppo logiche e strutturate, ossessive, perché il chakra della mente, senza la corona e senza tutti gli altri, non riuscirebbe ad equilibrarti e renderti una persona completa, ma ti renderebbe troppo fissato, pieno di pensieri che non realizzeresti mai, pieno di problemi alla fin dei conti che non riuscirai a risolvere perché non concretizzerai le soluzioni, convinto di sapere tutta la verità e di essere l’unico essere umano potente al mondo, quando nella realtà di questo Matrix saresti una persona che non vale nulla a confronto di molti altri che, pur non meditando, sanno compiere molte più azioni concrete di te. In pratica saresti una persona di tante parole ma niente fatti. Poco importa chi penseresti di essere, saresti comunque uno squilibrato, in tutti i sensi.

Bisogna fare caso agli esempi che vediamo intorno a noi: coloro che chiamiamo “secchioni”, sono molto bravi nel ragionamento e nella memoria perché, senza saperlo, utilizzano moltissimo il chakra della mente. A maggior ragione, persone come informatici o meglio ancora matematici, utilizzano tantissimo il loro chakra della mente inconsapevolmente, e questo li porta ad ottimi risultati di ragionamento, se non fosse che la loro vita trova dei grandissimi squilibri perché gli altri chakra non vengono lavorati. Infatti, il più delle volte, loro inizieranno a considerare la vita come numeri e codici, non vedranno più persone che si amano o bambini che corrono, ma penseranno solo ai numeri e ai codici in ogni momento, è ossessivo e le loro relazioni verranno basate su pensieri infondati che nella realtà non funzionano così. Loro squilibrano la loro vita perché non sanno di stare usando troppo il chakra della mente e ignorando gli altri, questo perché non meditano, perciò a prescindere i loro chakra sono squilibrati e la loro vita riceve uno scompenso incredibile. Non a caso, queste persone fissate con il ragionamento, la logica, lo studio, hanno anche una pessima vita sociale e si ritrovano ad essere single, non sanno approcciarsi alla vita che li circonda e tendono a rinchiudersi nel loro mondo di fantasia dato che, nella realtà materiale, non hanno concretizzato nulla. Al contrario, chi ha compreso l’importanza dell’equilibrio dei chakra, riesce ad essere logico, ma allo stesso tempo ben aperto di mente, concreto, sentimentale. Questa è la perfezione, e non è facile ottenerla, ben pochi comprendono quanto sia importante rimanere completi in ogni ambito della propria vita e perciò avere dei chakra equilibrati. Se guardiamo, ad esempio, le persone spirituali che decidono volontariamente di meditare solo sul chakra della mente escludendo tutti gli altri, si ritrovano a vivere una vita da medium, cioè vedono entità e comunicano con esse, ma non sanno concretizzare nulla nella loro vita, addirittura non sanno nemmeno proteggersi dalle stesse entità che vedono! Sono convinte di avere il potere più grande del mondo solo perché vedono alcune entità, e si sentono di conoscere le verità dell’universo, pur non sapendo nemmeno curarsi un mal di testa proveniente dall’eccessiva influenza esterna! Quindi, seppure ottengano più esperienze paranormali e quindi abbiano una mente più aperta di uno studioso di matematica o informatica che vive solo intorno ai libri o ad un computer, comunque rimangono limitati e squilibrati nella loro vita, non avendo quella vita sociale e appagante di tutti gli altri, e a questo punto sembrerebbe che avere un chakra della mente sviluppato sia una condanna più che un piacere.

Pagina 8 su 9

Il chakra della mente non è tutto, e porta squilibrio se viene considerato come unico, in pratica, fa uscire di testa. Proprio come possiamo notare in tantissimi studiosi, come in tantissimi medium che sfruttano solo il chakra della mente: da entrambi i lati vediamo tantissime persone che escono fuori di testa. È molto più raro vedere un praticante di chi uscire fuori di senno, chiediamoci il perché. Esattamente come il chakra della corona: esso è un chakra molto dimensionale, che permette alle persone di conoscere qualcosa che la logica non potrà mai comprendere se non è ben connessa ed equilibrata con tutti i chakra, poiché la corona fa provare esperienze allucinogene e incredibilmente strane, talvolta folli, esperienze universali che in questo Low strutturato non esistono. Se una persona spirituale decidesse di meditare solo ed esclusivamente su quel chakra, perché è quello più connesso a Dio, convinto di fare la cosa giusta, in realtà starà squilibrando il suo corpo completamente; è vero che le dimensioni di Dio saranno positive, ma il corpo non è pronto per conoscerle così in fretta, ha bisogno di una preparazione mentale e fisica. L’eccessiva pratica sul chakra corona (mi riferisco ad anni solo su quel chakra, non di certo a qualche minuto) escludendo tutti gli altri chakra dalla propria vita, può portare la persona ad uscire di testa perché non saprà più riconoscere la realtà di questo Matrix da quello che vede dentro di sé. Comunque, essendo chakra e quindi parti del proprio corpo, come per ogni singolo muscolo, non li si può squilibrare a tal punto da decidere di creare una patologia grave dentro di sé, se si è ben lucidi di mente. Il problema davvero grave nasce quando si inizia ad assumere droga per raggiungere stadi ben più alti: infatti, proprio come gli sportivi che fanno uso di droghe per non sentire la fatica e quindi essere più forti e veloci nel loro sport nella speranza di vincere il primo premio, si ritrovano a non accorgersi che il corpo sta facendo uno sforzo eccessivo che gli farebbe rischiare la salute e talvolta anche la vita; non se ne accorgono perché hanno assunto droghe che gli impediscono di accorgersene! Qualunque sportivo, se sta esagerando, sentirà la stanchezza o il dolore che il corpo ci invia per dire “Basta! Fermati! Mi stai facendo male, stai esagerando!”, ma quando assume droga non sente questo dolore, non sente questo freno e quindi continua nonostante stia correndo dei grossi rischi. Quando uno spirituale decide di assumere droga per aprire più velocemente il suo chakra della corona, lui sta rischiando uno squilibrio mentale incredibilmente pericoloso, perché sta decidendo di non avere più l’assoluto controllo della sua mente e del suo corpo e di non percepire quei freni naturali che il corpo utilizza per proteggersi dagli squilibri eccessivi.

Questo è gravissimo, perché qualunque spirituale ad un certo punto si accorge che c’è un limite e “quando è troppo, è troppo!”, ma se lui decide di assumere droga, la sua mente non riesce più a fermarsi perché viene spaccata la sua protezione e così qualunque cosa può entrare e uscire senza il minimo controllo. Questo porterà la persona che ha assunto droga, a non controllarsi più e diventare fuori dal mondo. Per avere un esempio visivo, bisognerebbe pensare all’idea che abbiamo degli “Hippy peace and love”, ovvero quel genere di persone che parlano a vanvera di pace e amore ma sono talmente fuori di testa per via della droga che non gli daresti ascolto nemmeno se fossi matto. Ecco perché sconsiglio rigorosamente di utilizzare droga: sebbene all’inizio possa sembrare la via più facile per avere esperienze paranormali, in realtà si trasformerà nella via più semplice per rovinarsi la mente e diventare persone incapaci di ragionare e realizzarsi. Si possono raggiungere esperienze incredibili e fantastiche con il proprio chakra della corona senza nessunissimo bisogno di utilizzare droga, ed è questo che ti assicurerà che saranno esperienze belle, perché avrai le protezioni mentali ben salde che impediranno alle esperienze negative di accadere.

Pagina 9 su 9

Se decidi di assumere droghe, le protezioni si spaccheranno, il cervello non avrà più alcuna protezione e le esperienze negative avverranno innumerevoli. L’equilibrio deve venire meditando, non drogandosi. Ecco perché chi medita tiene l’assoluto controllo del proprio corpo e della propria mente, a differenza di chi preferisce altre vie “più veloci” ma di durata breve.

Ecco perché noi abbiamo bisogno di tutti i chakra evoluti e soprattutto così opposti, come la corona (esperienze dimensionali\allucinogene) e il chi (fatti reali, azioni concrete), perché mentre il chakra corona ci apre la mente e ci fa scoprire nuovi mondi e nuove dimensioni, il chakra chi ci riporta con i piedi per terra e ci fa capire che è bene conoscere le altre dimensioni, ma non dobbiamo rinchiuderci in noi stessi pensando ad un mondo esterno, ma dobbiamo vivere in questa dimensione concreta proprio per la ragione per il quale ci siamo reincarnati qui e non in quell’altro mondo; la stessa cosa vale se meditassimo solo sul cuore: staremo sempre nel mondo delle fate e con la testa per aria anziché vivere la vita ben attenti.   Questa è solo un’infarinatura di cosa sono i chakra, perché loro, in realtà, conservano per noi tantissime altre informazioni interessanti che potremmo utilizzare per il nostro bene fisico, emotivo e mentale. Poiché hai vissuto sino ad oggi senza l’utilizzo dei chakra, pensi che sia tutto normale e che si vive bene anche senza, ma se deciderai di praticare su di essi e di sfruttarli per raggiungere i tuoi obiettivi, ti chiederai come potevi prima vivere senza di loro.

 

https://www.accademiadicoscienzadimensionale.it

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Che cos’è l’Aura

Pagina 1 su 4

Conoscere l’Aura è fondamentale per potersi evolvere e imparare tecniche psichiche, perché fa parte della nostra energia e della nostra coscienza molto più di quanto potrebbe sembrare. Prima ancora di comprendere com’è fatta, se ha un colore o a cosa serve, diventiamo consapevoli di cos’è e perché tutti la possiedono. L’aura è un campo energetico che tutti possiedono, essendo la nostra personale energia. Possiamo confrontarla con un vestito che indossiamo, sebbene l’aura non si possa togliere o cambiare da un giorno all’altro, eppure si può modellare e modificare con il tempo. Sulla maggior parte delle persone rimane la stessa, invece altre che sono consapevoli di possederla e di poterla cambiare anche a proprio piacimento con l’utilizzo di precise tecniche, la modellano affinché possa apparire come loro decidono che gli altri debbano vederla. Pensiamo infatti ad una persona che indossa un vestito elegante, ad esempio un venditore porta a porta in giacca e cravatta che si presenta sotto casa. L’uomo in questione potrebbe essere una brava persona che sta svolgendo un lavoro corretto e pulito, oppure potrebbe essere un truffatore avido ed egoista che pensa solo a se stesso a costo di imbrogliare la gente; nonostante ciò, con il suo bell’abito e un linguaggio studiato apposta per risultare interessante e attraente, potrebbe riuscire a ingannare i malcapitati che si sono lasciati persuadere dalla sua bella presenza. Quest’uomo potrebbe essere la persona peggiore del mondo, ma con il suo bel vestito e la parlata fluente, potrebbe far credere a tantissimi altri di essere una bravissima persona, colta e giusta, dai buoni principi e dagli ottimi valori. Ebbene, il bel vestito e la presentazione ordinata potranno far cadere in inganno moltissimi malcapitati che si baseranno solamente sulle apparenze. L’aura è un po’ come il vestito che indossi ogni giorno, sebbene questo sia energetico e non si possa togliere il giorno dopo.

Moltissime persone si lasciano ingannare dall’abito che indossi, perché sono abituati a soffermarsi sul primo strato di te che vedono. Pur essendo una brava persona, ti basterebbe indossare un abito trasandato, sporco dal lavoro o molto rovinato dai troppi danni subiti in lavatrice, che ti giudicherebbero in modo molto differente rispetto a come ti noterebbero e tratterebbero se avessi un vestito elegante e ben curato, nonostante la persona sotto i vestiti sia sempre tu. Questo succede anche a chi ti giudica dall’apparenza della tua aura, a prescindere che essa sia sporca dai crimini commessi o rovinata dalle ingiustizie altrui che hai dovuto subire e che l’hanno sgualcita. In realtà, però, anche tu fai parte di questa cerchia di persone. Infatti, quando guardi qualcuno davanti a te, non stai guardando davvero i suoi capelli, il suo sorriso, la forma del suo corpo come credi di fare, ma stai guardando, o meglio percependo, la sua aura e nient’altro che il suo abito energetico che non può togliersi, ma può modellare se è consapevole di averlo. Come la maggior parte delle persone non ti rendi conto di quello che stai guardando, eppure, anche il tuo giudizio si basa sull’apparenza e non sulla profondità della persona. Ancora prima di vedere il suo vestito, la prima cosa che noterai, anche se inconsapevolmente, sarà la sua aura, quindi il campo energetico che gli appartiene pur non sapendolo. L’aura è molto importante perché si tratta della sua presentazione in un contesto. A seconda della sua energia, potresti vedere qualcuno che, sebbene sia molto bello esteticamente, curato e vestito molto elegante, possieda un’aura che emana diffidenza, imbroglio, qualcosa di cui bisogna stare attenti; quella persona non ti piacerà affatto. Conosci il detto “c’è aria di imbroglio” o “mi puzza di bugia”? Ebbene, questi modi di dire si basano su quella sensazione che c’è ma non si vede, eppure tu la senti così bene che sai che c’è pur non vedendola con gli occhi. Questo è dovuto alla sua aura.

La presenza dell’aura si può modificare così come un bel vestito potrebbe nascondere una persona spietata; l’abbigliamento elegante e curato potrebbe far credere che si tratti di una brava persona, ma le sensazioni a pelle potrebbero dirci tutt’altro. Per questa ragione bisogna andare ben oltre lo strato che si presenta, proprio come non bisogna giudicare qualcuno dai vestiti che indossa.

Pagina 2 su 4

Come si suol dire, l’abito non fa il monaco, perciò non basterebbe indossare un bel vestito per diventare una persona generosa e sincera; alla stessa maniera bisogna superare la prima sensazione che ci offre la sua aura perché anch’essa potrebbe ingannarci. Alcune persone molto empatiche potrebbero sentire subito se colui che hanno davanti è sincero e buono o falso e negativo anche senza guardarlo in faccia; eppure, c’è chi è a conoscenza di possedere un’aura e come utilizzarla, perciò potrebbe riuscire a modellarla per ingannare anche chi di solito non sbaglia mai.

L’aura è una massa di energia che ti appartiene e ti rappresenta da sempre, è come il tuo corpo fisico che ha un aspetto estetico ma anche tutto un insieme di elementi interni come organi, ossa, muscoli e quant’altro. L’aura infatti non è solamente un involucro sottile e vuoto al suo interno, ma è un campo energetico pieno e sostanzioso, con l’unica differenza che non lo vediamo perché ci risulta invisibile. Anche l’aria è invisibile e ogni giorno ci dimentichiamo della sua esistenza, eppure lei è sempre qui e continuiamo a respirarla, proprio come continuiamo a utilizzare inconsciamente la nostra aura e veniamo influenzati da quella altrui.
Coloro che si rendono conto di possedere un’aura, di poterla modificare e utilizzare, riescono a migliorare notevolmente la propria vita, a differenza della maggior parte degli incoscienti che continuano a subire gli errori della propria aura e di quella altrui. Si può notare che spesso e volentieri viene rappresentata nei disegni e immagini sul web come uno strato di energia distante dal nostro corpo fisico, come se questa lo circondasse ma non lo toccasse, quasi come se non ci appartenesse nemmeno. In realtà l’aura è molto più profonda di quanto si creda, essendo lei parte della nostra stessa Anima. Infatti, l’aura è l’insieme della nostra energia, dei nostri ricordi, delle nostre sofferenze, dei nostri problemi, è la rappresentazione di quello che siamo, che ci hanno fatto diventare o che vogliamo sembrare agli occhi degli altri. L’aura però possiede vari strati, tra i quali alcuni molto interni e altri molto più esterni. Quando guardiamo una persona veniamo influenzati dai suoi strati esterni, quindi quelli più vicini a noi e più lontani da lei. Quando invece decidiamo di andare oltre le apparenze e ci impegniamo a superare quelle barriere che proteggono gli strati più interni, riusciamo a conoscere le vere intenzioni e la vera persona che si nascondeva dietro quegli strati, a volte per proteggersi dal male, altre volte per ingannare il prossimo.

Per la stessa ragione per cui non si dovrebbe giudicare qualcuno dal vestito che indossa, non dovremmo giudicarlo nemmeno per il colore della sua aura. Ebbene, molte persone sono convinte che si possa riconoscere qualcuno a seconda del suo colore, ma questo è molto lontano dalla realtà! Infatti, l’aura non è solamente un colore, ma è un infinito insieme di fattori che costituiscono la nostra area di energia e che la rende unica, a prescindere dal colore che potrebbe essere simile a quello di un’altra persona completamente diversa da noi in tutti i sensi. L’aura, infatti, non è solo il perimetro che ci circonda, ma è tutta l’area interna che viene riempita di energia. Poiché il numero di colori in questa dimensione è limitato, potremmo credere che esistano solo aure di colore verde, azzurro, arancione, giallo, perché questi sono i colori più tipici da vedere e con ciò finire per strutturare la personalità della gente, potendola dividere in pochissimi gruppi. Ogni singola persona è molto diversa dalle altre perché ha vissuto esperienze diverse, ha reagito in modo differente, ha vissuto i problemi e i momenti felici in modo contrario a tanti altri. Sebbene potremmo vedere l’aura rossa a due o più persone, loro potrebbero essere completamente diverse tra loro sia caratterialmente, sia di vita, sia di salute. Conoscere l’aura e vederla sono due capacità ben diverse, proprio come la capacità di vedere un bel panino e quella di mangiarselo. Poter vedere l’aura è un’esperienza bellissima perché ti permette di conoscere un livello della realtà che prima non credevi esistesse. Guardare le aure ti permette di vedere con i tuoi occhi altre dimensioni e realizzare che esistono altri principi di vita potendone cogliere alcuni segni; ciò non toglie che solamente guardandola non potrai comprendere come funziona e che significato essa abbia, perché potresti limitarti alla semplice apparenza.

Pagina 3 su 4

Gran parte degli spirituali si ferma infatti al primo strato: molti guardano l’aura e la giudicano dal suo colore, come se questo bastasse per conoscere alla perfezione chi si ha davanti, nonostante potrebbe essere un perfetto sconosciuto appena incontrato. Le apparenze spesso ingannano!

L’aura è un’energia molto intensa che si può guardare ad occhio nudo, decidendo di applicarsi giornalmente in esercizi appositi per poterla vedere. Sia chiaro che vedere l’aura è molto importante perché ti stupisce e ti apre gli occhi, in tutti i sensi, ad altre zone di verità che prima ignoravi. La nostra vista tende a nascondere quello che noi decidiamo di ignorare, proprio come il nostro udito nasconde quello che non vogliamo sentire. Quando ad esempio ci concentriamo su qualcosa che ci piace molto o che cattura completamente la nostra attenzione, perdiamo la capacità di sentire o di vedere tutto il resto, perché siamo focalizzati a tal punto da perdere conoscenza del resto di ciò che ci circonda. Se ora chiudessi gli occhi non sapresti descrivere nel minimo dettaglio la tua stanza nonostante, tu l’abbia vista migliaia e migliaia di volte. Questo succede perché non eri concentrato e, nonostante con gli occhi aperti potresti vedere gran parte della stanza anche tenendo gli occhi fissi in un unico punto grazie alla visione periferica, l’hai ignorata sino ad oggi e continuerai a farlo per semplice abitudine. Per la stessa ragione, continui ad ignorare tantissimi eventi, cambiamenti e movimenti che accadono intorno a te, ma che continui a non vedere per tua scelta; pertanto, potresti non accorgerti più che ci sono e andando alla lunga dimenticarti completamente della loro esistenza. In questo momento potresti non ricordarti la forma e il colore dell’orologio appeso in cucina o di un altro oggetto per te poco importante, perché dopo tanti anni che lo hai continuamente ignorato oggi non lo vedi neanche più. Non appena però decidi di ridare importanza a quello che guardi e di focalizzarti sui dettagli, ecco che tutti gli oggetti scomparsi dalla tua vista riappaiono e ti fanno ricordare della loro presenza. Allo stesso modo funziona l’aura.

Quando decidi di guardarla, stai dando il permesso alla tua vista di vedere il campo energetico delle altre persone, degli animali e anche degli oggetti, perché tutto è energia e tutto possiede un’aura. Chiaramente l’aura di un oggetto è molto più sottile e leggera, essendo esso inanimato, mentre l’aura di una persona è molto più ampia perché oltre a contenere semplice energia include anche esperienze, ricordi, vita pura che un oggetto per ovvi motivi non possiede. Vedere le aure è molto utile e importante per aprire la nostra mente e renderci conto di non sapere, di aver ignorato per tutta la vita un’altra parte del mondo che stavamo dimenticando che esistesse. Quando decidi di vedere qualcosa questa diventa molto più chiara e visibile, perché lei è sempre stata lì, dovevi solamente prestarle attenzione. Infatti, ti renderai conto che quando decidi di vedere le aure, ecco che queste inizieranno a farsi vedere, mostrando il primo strato trasparente e poi allargandosi sempre di più; quando poi le ignorerai e ti dimenticherai di esse, ecco che scompariranno e non le vedrai più. Questo fenomeno si verifica ogni giorno per ogni singola cosa: infatti se ora ti chiedessi di nominare tutti i segni particolari del viso di tua madre potresti non ricordartelo e, con certezza assoluta, non sapresti descrivere tutti i nei o altre caratteristiche del suo viso con il numero e la posizione esatta, nonostante tu conosca il volto di tua madre da tutta la vita, avendola vista miliardi di volte.  Vedere le aure non è una dote da pochi ma è un esercizio che ognuno può decidere di fare. La vera dote sta nel decidere di vedere la vita per la realtà che è anziché ignorarla e passare la vita addormentato. Bisogna riconoscere che vedere le aure fa sentire un po’ speciali, perché ci si sta aprendo a nuove scoperte che molte altre persone ignoreranno per tutta la vita, ed è giusto sentirsi migliori di prima riconoscendo di aver fatto qualcosa che molti altri non sanno fare.

Pagina 4 su 4

È importante però sfruttare l’entusiasmo delle prime esperienze per andare avanti e superare le proprie barriere, rendendosi conto che, dopo il primo strato, esiste il secondo, dopo il secondo esiste il terzo e dopo il terzo esiste un’infinità di altre conoscenze che non aspettano altro che venire scoperte. L’errore di troppi spirituali è quello di fermarsi al primo strato e sentirsi realizzati come se avessero concluso tutta la loro ricerca solamente per aver visto un filo di aura. Questa è lontana un miglio dalla consapevolezza, perché si sta decidendo di addormentarsi in un punto diverso da quello in cui si sono addormentati tutti gli altri; comunque si sta pur sempre dormendo.

La ragione per cui ritengo sia importante andare ben oltre l’apparenza del colore è perché ho potuto constatare infinite volte che il significato che si associa ad un colore dell’aura non è quasi mai coerente con la vera personalità della stessa persona. Il colore dell’aura può avere significati anche molto importanti, come ad esempio il colore nero preannuncia sicuramente oscurità ed è rarissimo vederlo, ma non si può dire lo stesso dell’aura bianca, dato che, il primo strato dell’aura di tutte le persone, animali e oggetti, è di colore bianco trasparente/grigio. Quindi, o tutti siamo buoni e illuminati, oppure c’è qualcosa di più profondo da considerare superando le barriere del contentarsi. Perciò è chiaro che non si possa basare la propria sicurezza soltanto sul colore dell’energia altrui quando ci si dovrebbe focalizzare maggiormente sul voler conoscere di più, piuttosto che sulla convinzione di sapere già tutto. La decisione di vedere l’aura, quella di comprendere come funziona e quella di tentare di influenzarla e modellarla a proprio piacimento, sono tecniche e quindi azioni molto diverse tra loro e dividendole non facciamo altro che sgretolare una storia in mille tasselli che non riusciremo poi ad unire e comprendere. In poche parole si sta facendo una sola domanda fra le tante per conoscere una sola risposta che continua a non soddisfare la nostra richiesta, perché per conoscere la vera e completa risposta è necessario unirle tutte e da quelle dedurne la completezza. Per conoscere realmente una persona servirebbero anni, ma se impari a conoscere la sua aura, a percepirla e vederla in tutti i suoi livelli, allora la tua capacità di studiarla e riconoscerla stupirà te e le altre persone che si sentiranno maggiormente apprezzate dalle tue attenzioni.

Decidendo di escludere una capacità convincendosi che le altre siano più importanti, si decide ancora una volta di chiudere la propria mente e tappare la propria vista, impedendo a noi stessi di conoscere tutta la verità, accontentandoci di una sola e piccola parte che spesso potrebbe addirittura venire fraintesa. Per questo motivo il mio consiglio è di imparare a sentire le aure, ma nel contempo di scegliere di vederle, così da avere un quadro più completo del vero significato e dell’utilità della nostra più intima e privata energia.
A prescindere da tutto, guardare l’aura rimane una tecnica molto divertente perché ti offre sin da subito le prove della sua veridicità, dato che chiunque può vederla senza fare eccessivi sforzi. Quando iniziamo un percorso spirituale dobbiamo comprendere che non si può avere tutto e subito, credendo di ottenere tutte le risposte il giorno dopo aver incominciato a farsi le domande, però, guardare l’aura, offre la possibilità di avere buoni risultati già dalle prime volte in cui si pratica la visione, potendone vedere almeno il primo alone trasparente già dalla prima sessione. Consiglio di iniziare ad instaurare un buon rapporto con la propria aura almeno guardandola, così da comprendere che esiste, che è vera, che non è un’illusione o una strana diceria. Vederla ti permette di comprendere che è reale e di credere in lei, cosa che purtroppo ti risulterebbe difficile non potendola né sentire né vedere. La tecnica di percepire l’aura è più complessa e avanzata, perciò inizia prima dalle basi e offri a te stesso le prove della sua esistenza. Guardati allo specchio e concentrati. Sarà un percorso divertente perché potrai giocare con la tua aura e con quella degli altri, ma soprattutto ti permetterà di raggiungere capacità pratiche che, senza l’utilizzo di questa, potresti non comprendere mai.

 

https://www.accademiadicoscienzadimensionale.it

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

 

Pensare Positivo

pensiero positivo
Pagina 1 su 6

Il termine cambiare il mondo, oggi viene usato da troppi e con ciò viene ormai ridicolizzato, non si comprende più il valore e soprattutto il vero intento di questa frase. Prima di tutto perché il termine cambiamento ci spaventa, ci fa pensare ad un evento negativo, faticoso o rischioso, e se poi viene unito al termine mondo, che ci fa credere che stiamo parlando di qualcosa di troppo grande e potente perché noi possiamo fare qualcosa per esso, allora ci sentiamo sprofondare in partenza in una sconfitta certa. In realtà penso che non ci sia nulla di male nel desiderare di cambiare il mondo e non ci sia alcun ego nel volerci provare. Infatti, non stiamo parlando di supereroi che da un giorno all’altro fanno girare il pianeta nel senso opposto; stiamo semplicemente analizzando i motivi che hanno spinto le persone che vivono nel mondo a comportarsi in una certa maniera, ragionare in un certo modo, e reagire con determinati atteggiamenti alle situazioni, per comprendere quale sia la giusta spinta per modificare i programmi negativi e renderli positivi, riuscendo quindi a cambiare il modo di vivere nel mondo. In fondo, ricordiamoci che quando parliamo del mondo non stiamo parlando d’altro se non delle persone proprio come me e te che lo vivono, persone normalissime che la mattina si alzano, si lavano la faccia, si guardano allo specchio dritti negli occhi e decidono, prendono in mano la situazione per organizzare la propria giornata e la propria vita. Così, se noi riuscissimo a modificare qualcosa nella nostra routine, come il nostro modo di pensare e di prendere in mano la nostra vita, allora saremmo in ottimo vantaggio, perché come lo facciamo noi potrebbero farlo tante altre persone. Quando si parla di cambiare il mondo, sembra quasi che si tratti di imporre a tutte le persone del mondo di dover agire in un certo modo per poter cambiare, quindi sembrerebbe un cambiamento drastico, doloroso, negativo. In realtà si può cambiare il mondo permettendo alle persone di conoscere il modo di cambiare se stessi. Solo così potremo cambiarlo per davvero.

Se ci pensi, se vogliamo rendere effettivo un cambiamento, dobbiamo permettere che le persone comprendano quale sia il modo giusto di farlo, perché solo così lo renderemo effettivo, permanente, continuo, incrollabile. Se noi riuscissimo a cambiare noi stessi, staremmo già cambiando il mondo. Anche se tu credi di essere solo un insetto in confronto di tutta l’umanità, ti ricordo che questa è formata da tanti umani proprio come te e me, identici, né superiori né inferiori. Questo significa che sia io che te facciamo parte dello stesso popolo, e se noi per primi riusciamo a cambiare noi stessi, gli altri umani, proprio come noi, seguiranno i nostri passi. Non si tratta di un cambiamento forzato, perché stiamo decidendo di nostra spontanea volontà di cambiare dentro di noi, per diventare persone migliori. Questo cambiamento di pensiero porterà in noi un’evoluzione incredibile, perché nella nostra vita accadranno eventi che si susseguiranno, uno dopo l’altro, che ci renderanno la vita proprio come l’avremmo voluta, una vita che ci renderà soddisfatti e che ci farà svegliare la mattina pensando “Oh sì, oggi farò tante cose! Non vedo l’ora di iniziare!”, al contrario di come avremmo reagito prima di iniziare il cambiamento dentro di noi. Le altre persone noteranno la tua grande soddisfazione di vivere la tua vita, e vorranno sapere come hai fatto, saranno incuriosite perché loro staranno vivendo la loro vita in modo che oggi viene definito normale, tra lavoro, stress e angoscia, e tu nel frattempo starai vivendo una vita felice sebbene stia compiendo, secondo loro, le stesse azioni quotidiane che compiono tutti gli altri. Tu sarai diverso da loro perché avrai preso consapevolezza di essere vivo. È per questo che vivrai la tua vita con grande felicità, a differenza loro, che vivono con la convinzione di stare facendo un favore ad altri. Se persone come me e te iniziano a cambiare internamente, allora anche altre seguiranno l’esempio, perché noteranno, nei fatti reali, che le nostre azioni porteranno a migliori benefici rispetto a quelle che compiono loro.

Pagina 2 su 6

Molti credono che esistono solo poche persone al mondo pronte al cambiamento e che le altre non ci arriveranno mai. Io però credo che siano pochi quelli che non sono pronti al cambiamento, mentre gli altri semplicemente devono trovare la motivazione giusta per decidere di cambiare. Non siamo tutti uguali, ed è per questo che non possiamo pretendere che tutte le persone inizino nello stesso momento e prendano questa decisione per la stessa ragione. Noi tutti siamo diversi, quindi alcune persone decideranno di intraprendere questo percorso per un problema personale, altre per migliorare le proprie relazioni, altre ancora per imparare un maggiore autocontrollo specie nei momenti di eccessivo stress, altre ancora, semplicemente non hanno trovato un motivo valido per iniziare, o forse nessuno ha avuto la pazienza giusta da spiegargli bene quali siano delle buone motivazioni per farlo… allora come possiamo incolparli di non essere pronti al cambiamento, se nemmeno sanno di cosa si tratta? Per me il cambiamento è qualcosa di molto semplice.

Non c’è bisogno di qualcun altro che lo faccia per noi, non c’è bisogno di navicelle aliene che vengano in nostro soccorso per insegnarci come diventare più buoni, noi siamo molto intelligenti e possiamo comprendere da soli quale sia il metodo giusto, se almeno qualcuno ce lo spiegasse. Non siamo tutti geni a tal punto da comprendere tutto da soli pur trovandoci in circostanze che ci spingono ad essere negativi, ma siamo abbastanza intelligenti da capire quando è il momento di mollare qualcosa che ci sta facendo provare dolore per aprirci a qualcosa che ci sta facendo provare pace e serenità, per una buona volta. Il cambiamento, per me, è un sentimento di desiderio di sentirsi in pace continuamente durante la nostra giornata. Ci si può sentire in pace solamente se noi decidiamo di condurre una vita che non rechi danno alla nostra salute emotiva, che ovviamente è collegata a quella fisica. Uno sforzo fisico, però, può essere ben accettato dalla nostra mente se ha un buon motivo, infatti potremmo lavorare per un’ora spostando mobili di media pesantezza ed essere stremati perché non siamo motivati a lavorare con un sentimento di serenità, ma ci sentiamo sotto stress mentalmente. Poi, potremmo svolgere un’ora di palestra e sollevare pesi ben più importanti, eppure, avremmo una motivazione incisa nella nostra mente che ci farà svolgere quel movimento con molta più semplicità, perché non ci starà provocando stress mentale. Così, nonostante staremo alzando dei pesi più elevati rispetto a quelli di prima, anziché sentirci più stanchi e stressati, ci sentiremo addirittura più carichi e rilassati perché staremo “sfogando” lo stress creato prima. A questo punto dovremmo riflettere sul fatto che non sarà il peso da alzare o spostare, a stressare la nostra mente, ma la motivazione che ci spinge a compiere quel movimento, che ci fa decidere anche se inconsciamente, di associare quell’azione ad un evento stressante o ad un evento benefico per noi. Nessuno ama alzarsi la mattina per andare a lavoro, però è un dato di fatto: la mattina ci alziamo per andare a lavorare e a prescindere che lo facciamo con il sorriso o sbuffando, comunque ci dobbiamo andare, quindi non cambierà un bel niente. Di certo però, decidere di stare bene cambierà la nostra vita, perché se purtroppo sappiamo che per un determinato tempo dobbiamo andarci, che potrebbe essere qualche mese, come potrebbe essere anni e anni (per alcuni anche tutta la vita nello stesso posto di lavoro), allora dovremmo comprendere che dobbiamo cambiare qualcosa dentro di noi, nel programma che abbiamo impostato per vivere la nostra vita. In poche parole, dobbiamo prendere atto del fatto che sappiamo che per un determinato tempo dovremo svolgere delle azioni che non ci piacciono, di conseguenza stiamo decidendo anche di passare tutto quel tempo con uno stato mentale nocivo per la nostra salute. Poiché ci sono azioni a cui durante la giornata non possiamo rinunciare o che non possiamo eliminare, dobbiamo renderci conto che non possiamo buttare via tutto quel tempo per stare male emotivamente, quindi, dobbiamo decidere di affrontare quei momenti noiosi con uno stato mentale più positivo, perché è l’unica chance che ci rimane. Se fare il muso e lamentarci può servire a qualcosa, allora facciamolo, ma se lamentarci e finire per stare male tutto il giorno non ci porta a niente, allora cambiamo questo modo di vivere le situazioni e scegliamo di viverle più serenamente.

Pagina 3 su 6

È ovvio che non è facile andare a lavoro o fare le pulizie domestiche con un sorriso da ebete sulla faccia come se fosse la cosa più bella del mondo, sappiamo che queste azioni sono faticose e noiose, ma dobbiamo sentirci motivati a svolgerle perché ci porteranno a qualcosa. Se il nostro lavoro proprio non ci piace, lo odiamo, ci fa dannare dalla mattina alla sera, allora smettiamola di arrenderci ai capi padroni e prendiamo il coraggio di cambiare lavoro per trovare qualcosa che ci faccia stare meno male. Per il resto, però, purtroppo nessuno ci paga per dormire, quindi dobbiamo fare qualcosa nella nostra vita e quel qualcosa va vissuto positivamente, perché ti porterà via molto tempo della tua vita e tu devi concederti di vivere bene anche quei momenti. Perciò, se riesci a cambiare lavoro e svolgere quello che più ti piace, ben venga, ma se per un determinato tempo sai di non poterlo fare, allora non sprecare quel tempo stando male. Il cambiamento che vogliamo nel mondo, dobbiamo effettuarlo prima di tutto su di noi. Se pensiamo alle persone, potremmo credere che c’è troppo male nei loro cuori, che ci sono troppe persone negative, piene di rabbia, piene di odio… ma come possiamo giudicarle? Veniamo obbligati a vivere delle vite negative, piene di sacrifici, di sofferenze, di promesse che poi non vengono mantenute, di debiti e di problemi finanziari a causa dei quali le famiglie non riescono a vivere bene insieme perché ogni singolo componente viene tartassato dalla mattina alla sera. È normale che, dopo tutto quello che stiamo subendo, ci ritroviamo ad essere negativi, e questo non lo sono solo gli altri, ma lo siamo tutti, perché noi siamo proprio come gli altri soltanto che siamo più bravi a notare i loro difetti piuttosto che i nostri. Quando ci arrabbiamo crediamo di avere ragione punto e basta, mentre quando si arrabbiano gli altri, ecco che crediamo stiano esagerando, pensando che potevano evitarlo, seppure noi, se fossimo stati nei loro panni, avremmo reagito allo stesso modo oppure anche peggio. Proprio perché noi siamo persone che si arrabbiano, che odiano, che trattano male le altre persone sebbene non ce ne accorgiamo, dovremmo iniziare a cambiare dentro di noi, così facendo, gli altri prenderanno esempio. Non mi piace pensare ad un mondo pace e amore dove le persone saltellano insieme mano nella mano dicendo ti amo a tutti i passanti, credo che queste siano fantasie derivanti da problemi psicologici. Ciò non toglie che siamo matti a permettere che il lavoro e i nostri problemi di routine abbiano il diritto di influenzarci a tal punto da far ricadere il nostro stress e la nostra frustrazione sulle altre persone facendoci sfogare su di loro, come se loro c’entrassero qualcosa. Non è colpa loro se abbiamo degli obblighi noiosi e pesanti, anche loro ce li hanno seppure in altri campi.

Poiché tutti abbiamo dei doveri fastidiosi e stressanti, rendiamoci conto che non è colpa di chi la mattina si sveglia presto come noi, o di chi fa dei sacrifici per riuscire a sopravvivere. Se vogliamo vedere il cambiamento nel mondo, allora prima di tutto iniziamo a cambiare qualcosa dentro di noi: il sentimento con il quale ci alziamo la mattina e affrontiamo le nostre faccende. Se alzarti dal letto nervoso e stressato già al solo pensiero di dover compiere le tue faccende migliora la tua vita, allora fallo pure; ma se ti rendi conto che non la migliora affatto e che anzi, la sera torni a casa ancora più stanco e stressato, allora inizia a invertire il sistema, cambia atteggiamento, cerca di vivere la tua vita più positivamente. Come già detto, se sai come cambiare la tua vita e renderla migliore allora fallo, ma se non lo sai, se sai per certo che i tuoi impegni sono quelli e non puoi cambiarli né scappare via da essi, allora affrontali con uno stato mentale più sereno. Accetta, per un attimo, che tu puoi essere sereno anche quando compi azioni faticose e stancanti, accetta che tu puoi vivere anche quelle ore della tua vita con una pace interna che ti permette di affrontare ogni ostacolo, che ti assicura di non crollare emotivamente. Lo stress da lavoro sta causando sempre più vittime, e questo non è da prendere sottogamba, perché sta creando dolore vero in molte persone, e non è solo un modo di dire. Questo di certo non è colpa delle persone che sono deboli e che crollano subito, ma è causato da un enorme errore della società che ci sta facendo sotterrare. Questo però non toglie che noi dovremmo reagire anche davanti a quest’ostacolo, anziché arrenderci e farci sottomettere.

Pagina 4 su 6

È difficile, è dura, ma lo dobbiamo fare per noi stessi, perché non possiamo permettere al lavoro o alle faccende domestiche di portarci via del tempo in cui saremmo potuti essere felici, trasformandolo in ore di sofferenza fisica e mentale. Cambiando il nostro modo di vivere certe situazioni, cambierà anche il modo in cui ci relazioneremo con le altre persone, rendendo il nostro carattere, la nostra personalità, più in pace con se stessa che trasmetterà anche agli altri lo stesso sentimento vero. Non c’è niente di più vero della pace, perché quella non si può fingere, non si può recitare. Puoi fingere un sorriso, puoi recitare delle belle frasi, ma poi quando torni a casa e sei solo con te stesso allora lì non puoi più fingere: in quel momento uscirà il vero te, quello sofferente e angosciato, oppure quello in pace con se stesso. Gli altri lo vedranno e ne prenderanno esempio. Noi umani siamo dei grandissimi esperti nell’adattamento, ci adattiamo alle situazioni, e per farlo prendiamo esempio da chi, inconsciamente, reputiamo che si sia adattato meglio di noi. Allora, se noi diamo esempi negativi, le altre persone prenderanno l’esempio negativo, ma se noi iniziamo, da questo momento, a dare esempi positivi agli altri, loro finiranno per prendere quell’esempio. Non si tratta di imporre, non si tratta di chiedergli di comportarsi in una certa maniera… la mente umana è abituata a prendere esempio da chi ci circonda, ed è per questa ragione che le persone intorno a te prendono il tuo esempio continuamente, senza che tu o loro lo sappiate, perché è il loro inconscio a dettarglielo. Allora, dal momento in cui tu deciderai di cambiare te stesso e di mantenere la promessa che ti stai facendo, gli altri seguiranno il loro inconscio che gli chiederà di seguire il tuo esempio, di comportarsi positivamente come stai facendo tu. Il loro inconscio scoprirà che il miglior metodo di adattamento sarà quello di reagire alle situazioni con uno stato mentale positivo come stai facendo tu, ed è per questa ragione che le persone intorno a te inizieranno a comportarsi come te. Ecco perché il mondo sta già cambiando, perché le persone stanno decidendo di vivere la loro vita in modo positivo. Sono poche? Sono molte? Non importa, prima o poi tutti quanti seguiranno.

Questo accade grazie ad una decisione interna che ogni giorno dovrai scegliere di rispettare, sarà un impegno più importante di ogni singolo dovere lavorativo, sarà una decisione che potrai mettere sopra tutte le altre, perché sarà quella che ti porterà ad un beneficio interno che non ha alcun limite. Non è facile comprendere questo stile di vita perché probabilmente non hai esempi da seguire intorno a te, non ci sono persone che apprezzano la loro vita. Allora sii tu l’esempio da seguire per le persone intorno a te; basta davvero poco per cambiare il proprio modo di pensare e quello altrui. Ci hanno obbligato a vivere con uno stato mentale negativo, ora noi possiamo prendere il coraggio di decidere di vivere con uno stato mentale positivo. Non è facile, ma è una nostra scelta e siamo noi a dover decidere se debba essere fattibile o impossibile, nessun altro può sceglierlo per noi; la vita è la nostra. Una cosa è certa, non aspettiamoci di dover prima vedere l’esempio dagli altri per poter decidere di farlo anche nostro: abbiamo aspettato già troppo tempo e abbiamo realizzato che è stato uno spreco di tempo; ora tocca a noi essere un buon esempio da seguire. Forse può sembrare strano, ma tante persone sono pronte al cambiamento, sono solo stanche di tante promesse che poi non vengono mantenute, perché non gli è stato spiegato che il cambiamento deve nascere dall’interno e non dall’esterno. Dato che anche tu, probabilmente, sei della mia stessa idea, allora fai nascere il cambiamento dentro di te, non aspettare che avvenga all’esterno. Se tu prendi consapevolezza della tua vita e ti rendi conto che non puoi sprecarla, ma che devi godertela fino in fondo, allora starai iniziando a cambiare il tuo stato mentale riguardo la tua vita e così noterai l’inizio del cambiamento. Gli eventi positivi, casualmente, si avvicineranno di più a te, proprio come se li stessi richiamando. Di certo iniziare a tenere uno stato mentale calmo durante le situazioni di routine, sarà molto utile a te stesso e agli altri. Vivere sempre con il sorriso non è facile, ma dobbiamo dare una motivazione a noi stessi per farlo anche durante i momenti noiosi o stressanti, come lavorando o svolgendo faccende che non ci piacciono.

Pagina 5 su 6

Se riusciamo a superare le ore lavorative con uno stato mentale più calmo, allora riusciremo a tornare a casa più sereni, rapportandoci con le altre persone con un sentimento molto più tenero e comprensivo. Permettiamo continuamente all’incoscienza di prendere il sopravvento su di noi, così roviniamo i nostri rapporti relazionali perché non sappiamo gestire le influenze esterne che ci spingono a comportarci negativamente davanti a certe situazioni; poi dopo ci pentiamo. Durante il lavoro, ci giustifichiamo con noi stessi del nostro comportamento pessimista o impulsivo verso gli altri, perché stiamo lavorando e riteniamo giusto avere un tale comportamento visto che siamo impegnati e quindi sotto stress. Quando torniamo dal lavoro, ci giustifichiamo con noi stessi per il nostro comportamento con la famiglia o con gli amici, ritenendo che sia giusto rispondere in una certa maniera, sbuffare, lamentarci per ogni cosa, offendere gli altri e ciò che hanno fatto, perché siamo appena tornati dal lavoro e siamo stanchi. Così, la notte prima di andare a dormire, ci giustifichiamo di aver passato una giornata identica a quelle precedenti, perché non è colpa nostra, sono gli altri a dover cambiare mica noi.

Troviamo ogni giorno decine e decine di giustificazioni con le quali imbrogliamo noi stessi, ritenendo che sia giusto stare male durante le nostre giornate perché abbiamo delle buone motivazioni per farlo, quindi cerchiamo di convincerci che sia giusto così e che non dobbiamo di certo cambiare. Perché stiamo provando a convincerci? Esattamente chi ci spinge a fare questo? In realtà non siamo affatto giustificati, perché tutti siamo stanchi, tutti facciamo cose che non ci piacciono, ma questo non ci dà il diritto di essere perennemente stanchi e perennemente stressati, non dobbiamo comportarci così con noi stessi. Tantomeno ci dà il diritto di comportarci male con gli altri come se fossero la causa dei nostri problemi. Allora, se vogliamo il cambiamento nel mondo, dovremmo iniziare ad analizzare cosa c’è da cambiare nel nostro stile di vita. Non succederà immediatamente, sarà un processo che si svilupperà gradualmente, ma possiamo iniziare a provare, almeno tentare di migliorare il nostro approccio con le persone che ci circondano. Il primo passo da fare è iniziare da subito, senza aspettare la mattina seguente per iniziare a farlo. La notte ci porta a dimenticare i buoni propositi, perciò anche se oggi hai un ottimo intento, domani mattina potresti non averlo più, perché durante il sonno hai dimenticato quel sentimento che ora invece stai provando. La motivazione svanisce molto in fretta, perché veniamo tartassati da migliaia di messaggi nascosti che hanno l’intento di demotivare le nostre buone intenzioni giornaliere per renderci di nuovo tutti depressi e stressati. C’è qualcosa nell’aria che non va. Se inizi subito con questo buon proposito, è molto più probabile che domani sarai propenso a riprenderlo e a tentare di continuarlo. Non sforzarti eccessivamente, apprendi piano piano un nuovo modo di rispondere alle persone dopo aver ragionato sul come potresti farlo senza recare offesa o fastidio di nessun genere. Siamo troppo abituati a credere che le nostre parole non feriscano nessuno perché non abbiamo intenzione di farlo, eppure, le nostre parole feriscono moltissime persone, perché siamo tutti tesi come corde di violino a causa dell’eccessivo stress, quindi siamo irascibili, permalosi, ci offendiamo molto più facilmente. Ecco perché le parole degli altri sono così pungenti, eppure non lo fanno apposta, sono convinti di aver detto qualcosa che non risulterebbe mai offensivo, per lo meno nella loro mente. Anche noi facciamo lo stesso errore. Se ragionassimo di più prima di reagire impulsivamente, potremmo risultare molto più buoni, seri e di fiducia agli occhi di chi ci guarda, perché saremo capaci di reagire con decisione propria, e non impulsivamente come siamo abituati a fare. Ragionando di più sulle azioni che svolgiamo quotidianamente e sulle parole che diciamo alla gente, poco a poco, miglioreremo il nostro programma di approcciarci alle situazioni. Dobbiamo ragionare su fattori delle nostre giornate sempre più grandi, così da prendere consapevolezza di come ci stiamo comportando con gli altri. Non arrendiamoci subito, non cadiamo nello sconforto.

Pagina 6 su 6

Durante le nostre giornate accadono continuamente eventi che non erano previsti, che possono essere semplici perdite di tempo, come anche situazioni fastidiose e noiose. Queste saranno le prime che vorranno farci perdere la pazienza, ma da questo momento, proviamo a non perderla, cerchiamo di contenere la nostra voglia di lasciarci andare all’impulsività e prendiamo sotto controllo la situazione senza farcela scappare di mano. Rendiamoci conto che vorremmo cambiare noi stessi e renderci più positivi, quindi diamoci questa motivazione per decidere di non perdere la calma, mantenendo quindi uno stato mentale sereno. All’inizio sarà un duro esercizio, ma se deciderai di continuare a farlo, ti renderai conto di come mantenere la calma, in moltissime situazioni, non solo ti salverà la giornata da una conclusione che sarebbe dovuta essere disastrosa e piena di litigi in casa, ma ti permetterà di risultare agli occhi degli altri una persona molto più decisa, affidabile, perché sai tenere sotto controllo le situazioni più complesse, e ti ammireranno perché loro non avrebbero saputo farlo al tuo posto; sebbene per te sembri poco e crederai che non sia cambiato nulla, perché nella tua testa starai facendo uno sforzo a non arrabbiarti, comunque, nei fatti reali, non ti sarai arrabbiato e avrai mantenuto la calma, quindi agli occhi di tutti risulterai per quello che hai fatto: sei stato superiore agli ostacoli e li hai superati con successo. Sarai l’esempio da seguire. Pertanto non importa quante volte ti arrabbierai e perderai la pazienza prima di riuscire a imparare l’autocontrollo sul pensiero positivo, succederà molte volte, ma se tu decidi oggi stesso di provare, almeno provare a cambiare il tuo atteggiamento e renderlo più positivo e ragionevole, anziché essere impulsivo e facilmente influenzabile dagli eventi esterni, allora riuscirai ad effettuare un cambiamento in te che gli altri noteranno. Ti renderai conto di come, diventando più positivo nel tuo modo di vivere la giornata e nel tuo modo di rispondere alla gente, le persone inizieranno ad amarti di più, apprezzandoti e dimostrandoti sempre più spesso il loro affetto. Ti circonderai di eventi positivi se tu per primo darai il via a questo processo, che si chiama pensiero positivo. Datti una motivazione ogni giorno per alzarti la mattina sereno e passare una giornata calma, nonostante tutti gli impegni e doveri stressanti che vorrebbero farti crollare come tutti gli altri giorni; oggi è un giorno diverso perché stai prendendo consapevolezza di chi sei e di come puoi cambiare te stesso e gli altri. Tieni un pensiero tranquillo, decidendo di tornare a casa sereno senza risultare eccessivamente stressato come in passato. Davanti a te c’è il futuro, puoi decidere che debba essere positivo, ma la decisione devi prenderla se vuoi che questa si realizzi. Prendi il controllo, sii cosciente e permetti il cambiamento che per tanto tempo hai desiderato, perché ora può accadere.

 

https://www.accademiadicoscienzadimensionale.it

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

Cos’è la Meditazione

cos'è la meditazione

 

Pagina 1 su 4

La Meditazione è un momento in cui ti rendi conto di essere vivo, mentre tutti gli altri intorno a te vengono soffocati dal lavoro e dai problemi. Sebbene tutti noi che siamo qui a scrivere e leggere o ascoltare, sappiamo di essere vivi, in realtà questa è una consapevolezza debole, perché non rispettiamo noi stessi e la nostra vita quanto dovremmo. Gli unici momenti in cui ci rendiamo conto che vorremmo vivere e vorremmo essere vivi, capitano quando ci ritroviamo davanti ad una prova che ci fa paura, che ci fa credere che stiamo per morire, sebbene non abbiamo alcuna pistola puntata alla tempia. Ogni cosa che ci fa paura ci fa pensare a quanto vorremmo vivere. Questo accade perché durante il giorno veniamo soffocati dalla routine per nostra stessa decisione, così, proprio quando dovremmo goderci la vita ed essere felici di ciò che siamo e di quello che abbiamo, sprechiamo invece il nostro tempo a pensare ai problemi, ai nostri fallimenti, a ciò che più ci fa stare male. Sprechiamo il nostro tempo prezioso a morire dentro sebbene nel corpo siamo ancora in vita. Questo non è un po’ strano? Siamo vivi eppure ci uccidiamo dentro. La Meditazione è decidere di sentirsi vivi in ogni momento. Sentirsi vivi è una sensazione bellissima perché ti fa capire di essere nel posto giusto al momento giusto, non ti fa sentire di troppo, non ti fa sentire inopportuno, né tanto meno nato per errore o con un destino crudele.

Sentirti vivo ti fa capire che sei qui perché è giusto così, e tu finalmente puoi sentirti in pace con te stesso. Non c’è alcun pettegolezzo né parola altrui che possa farti stare male quanto un tuo stesso giudizio negativo. Il problema è che ci viene insegnato sin da piccoli a dover rispettare la vita solo quando sta per concludersi, e questo lo vediamo nelle persone esterne – ci accorgiamo di voler passare più tempo con una persona solo quando è in punto di morte – e nelle situazioni interne, perché apprezziamo la nostra vita solo quando un ostacolo la mette a dura prova o quando qualcuno minaccia di togliercela. Questo è un pessimo modo di vivere, perché sprechiamo ogni singolo momento della nostra vita passandolo negativamente, e solo quando stiamo per perdere ciò a cui teniamo, ecco che improvvisamente ci accorgiamo di quanto avremmo voluto usare il nostro tempo per godercelo di più. Prima ancora di pensare che la meditazione sia una tecnica dove ti siedi e ti rilassi, renditi conto che la vera Meditazione è decidere di essere vivo proprio mentre hai tutto il tempo di vivere. Non tutte le persone sono coscienti di essere vive, molte di quelle che ci circondano si comportano da robot, sono schiavizzate dalla routine, perché lavorano, tornano a casa e guardano la tv, poi mangiano, poi dormono; non hanno una vera vita. Loro seguono un programma che gli è stato imposto da altri, e questo è difficile comprenderlo se non osservi gli altri ma continui a guardarti i piedi, perché non ti accorgi di come tutti siano mossi da una volontà che non è più la loro. Se ti guardi intorno, vedi le persone che si muovono e compiono azioni sebbene dentro di loro stiano dormendo. Sembra quasi di vedere un operaio che, stremato dalla fatica, si addormenta in fabbrica mentre le sue mani continuano a lavorare anche se in realtà lui sta dormendo, perché il corpo può muoversi e compiere azioni preimpostate anche senza bisogno di rimanere svegli. In passato succedeva per l’eccessivo lavoro, oggi succede per l’eccessiva incoscienza.

La Meditazione non deve essere presa come una tecnica strana per raggiungere cose strane, la Meditazione è prima di tutto uno stato mentale, poi, è una tecnica. Praticarla è molto importante, perché la sola teoria non basta, e per metterla in atto bisogna prima decidere dentro di volerlo fare, di voler accettare dentro di sé di sentirsi liberi dai programmi e svincolati da tutti quei pesi che ci appioppano addosso. Prima di tutto, però, la Meditazione ci rende vivi in corpi vivi, perché è quello che siamo, soltanto che troppe volte ce ne dimentichiamo. Allora se sei una persona che già medita da tempo, tutto sarà più facile e potrai leggere questi documenti come se già li conoscessi, ma voglio mettermi nei tuoi panni se sei una persona che non ha mai avuto esperienza né conoscenza teorica riguardo questo momento di benessere mentale e fisico, perché spesso la meditazione viene presa sotto gamba, addirittura facendo pensare che il benessere sia qualcosa che non ci deve appartenere, che sia un momento noioso e inutile, proprio come una perdita di tempo.

Pagina 2 su 4

Stare bene non significa perdere tempo, invece stare male sì, ci fa sprecare davvero un sacco di tempo buttandolo dritto nella spazzatura. Io desidero che tu comprenda cos’è davvero la Meditazione, e che non la interpreti come “qualcosa per pochi”, per eletti, o per chi non ha nulla da fare, così ti renderai conto che, capendo cos’è, avrai molta più voglia di metterla in pratica e inglobarla nella tua vita. Non metterti fretta di ottenere tutto e subito se non sai nemmeno che cosa vorresti raggiungere con tutto ciò, quindi rilassati, prendi il tuo tempo e passo dopo passo migliorerai la tua vita e il tuo modo di viverla. Con ciò, ti invito a provare il primo assaggio della Meditazione che desidero insegnarti: sebbene la vera tecnica sia più concentrata, se è la prima volta che mediti ti consiglio di iniziare da questo primo passo, così sarai sicuro di non perderti alcun passaggio fondamentale. Lo scopo di questa Meditazione sarà il benessere mentale, il rilassamento, che è il primo obiettivo che dobbiamo raggiungere; senza rilassamento, la Meditazione non funziona quanto dovrebbe, così finirebbe per dimezzare la sua efficacia e risultare quasi inutile. Prima di tutto devi imparare a rilassarti, che probabilmente sarà il passo più difficile fra tutti. Imparato questo, dopo il resto sarà una passeggiata. Questa sessione durerà 10 minuti.

 

Mettiti comodo e rilassati.

 

Concentrati unicamente sulle mie parole…

 

Non pensare a nulla, se non al rilassamento…

 

Respira… e concentrati sulla profondità del tuo respiro…

 

Degna della tua attenzione ogni tuo singolo respiro…

 

Inizia a respirare profondamente… con calma… respira con la pancia…

 

Non pensare a niente…

 

Senti i muscoli del collo sciogliersi…. Rilassa le spalle…

 

Rilassa i muscoli del viso…

 

Concentrati solo sul battito del tuo cuore… sentilo battere.

 

Senti come batte…

sentilo come non lo hai mai sentito prima d’ora…

 

Respira… e sentiti rilassare…

 

Rilassa il collo…

Le spalle…

Il viso…

Ora rilassa la schiena…

 

 

Ora…

Rilassa la mente…

 

Senti come un peso che si toglie dalla tua mente…

 

Senti com’è bello rilassarsi… e non pensare a niente…

 

Ti fa sentire… per un attimo… vivo….

 

Per un attimo ancora… un attimo solo… sentiti felice di essere qui… nel presente…

 

Concediti un attimo solo… non andare subito via…

 

è così bello stare con te stesso…

 

Rilassati… il tuo corpo te lo chiede… la tua mente ti implora…

 

Non essere timido… in fondo… ci sei solo tu con te stesso…

 

Rilassati ancora un po’… respira profondamente…

 

Ti ringrazio… per avermi permesso di farti rilassare…

 

Ora sei pronto per aprire gli occhi… in ogni senso.

 

Questo è stato solo un assaggio della Meditazione, e spero che abbia acceso in te un piccolo desiderio di volerti rilassare più spesso, perché come hai potuto constatare, non c’è nessun motivo per cui tu non debba farlo.

 

https://www.accademiadicoscienzadimensionale.it/

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

 

La mia passione per il Kung Fu

Pagina 1 su 1

Io credo che la vera passione sia il proprio obbiettivo che il nostro inconscio ha scelto di percorrere.
Lo si sente per istinto, o lo si capisce quando nonostante si abbia fallito in modo patetico e attraversato una strada piena di sentimenti e avvenimenti demotivanti (ciò che è accaduto a me), riusciamo ad alzarci e a tirare ancora dritto, agendo e agendo per proseguire per quella strada che questo sentimento fortissimo, che nessuno riuscirà mai a spegnerlo, ti impone di percorrere.

Una mia passione è il Kung Fu, il vero Kung Fu, che non è quello che ti insegnano a fare solo dei movimenti senza capire il perché. Per me il Kung Fu è la via del ritrovo di se stessi, del vero io, dove dopo un po’ che si ha percorso seriamente questa via, il corpo incomincia a sentire l’energia come se fosse una melodia e la segue compiendo quei movimenti che insegnano nelle scuole, comunque io credo sia sbagliato insegnare movimenti copiati da un libro anziché insegnare ad addestrare se stessi perché quei movimenti che insegnano sono effettivamente, come li definiscono la maggior parte della persone, senza senso, tranne per chi ha percorso la vera via del Kung Fu .
Purtroppo nel tempo si sono persi i veri insegnamenti delle arti marziali perdendo il vero significato, ma non molte persone ancora lo sanno.
Ci sono persone che non vogliono praticare le arti marziali perché non gli interessa la violenza, beh non posso biasimarli dato che le rappresentano come qualcosa che serve solo per picchiare i cattivi.
Il Kung Fu è tutt’altro che violenza, come le altri arti marziali antiche, ad esempio il Wing Chun, queste arti sono la strada del ritrovo del vero io. Invece se parliamo del MMA o del pugilato, evitiamo di metterli nelle arti marziali perché hanno un metodo e uno stile differenti da quest’ultime.

Un giorno, grazie a una grande guerriera che ammiro moltissimo, ho iniziato il mio percorso per ritrovare me stesso e da lì ho iniziato da solo a capire cos’è il Kung Fu e ad apprenderlo togliendo di mezzo la scuola di arti marziali.
Poi ho scoperto un sacco di altre cose! Ad esempio che per colpa dei nodi allo scheletro per ogni movimento che compiamo utilizziamo per il 99% energia inutile, anche a causa dei nodi muscolari.
Le persone credono che la forza provenga soltanto dai muscoli e quindi allenano solo quelli che poi non li allenano, li gonfiano soltanto, irrobustire i muscoli non ti dà maggiore forza ma la ostacola e consumerai più energie per niente, quindi la forza viene anche dallo scheletro, dopotutto è quello che ci tiene in piedi altrimenti saremmo in tutti i sensi delle lumache. Per questo mi esercito a snodare lo scheletro, partendo dal piede lo scatto verso sinistra più volte e ovviamente anche a destra, faccio lo stesso per TUTTE le direzioni soprattutto quelle dove non muovo mai il piede e con tutte le articolazioni, soprattutto quelle vicino all’anca e l’anca, non faccio come insegnano di solito nelle scuole dove ti dicono di portare l’articolazione al suo massimo cioè fino a quando ti fa male, trovo che questo sia sbagliato perché le cellule registrano quel movimento doloroso e quindi lo scheletro e i muscoli si sviluppano lentamente o per niente o peggiorano con dolori per tutto il mese, dunque meglio fare uno scatto per ogni direzione 10 volte fino al massimo cioè fino al punto in cui riesci a muovere il tuo piede senza sforzo, se le cellule si sentono a disagio meglio riposarsi!

Le false passioni credo che siano solo tentazioni molto forti che hanno effetto sul soggetto, ad esempio questo dirà che ha la passione della cucina ma invece è solo uno svago che dopo qualche giorno svanirà, oppure dirà che ha la passione per la natura ma poi per andarci deve portarsi tutta la casa soprattutto il suo cellulare per rimanere tutto il tempo appiccicato su quell’aggeggio, quindi il soggetto voleva solo stare un po’ fuori dall’ aura pesante della città e andare in un luogo con un’aura leggera ma non è perché ha la passione per la natura. Quindi la vera passione per me è un sentimento reale e indistruttibile dove non pranzi nemmeno per seguirla, ed è quello che provo per il Kung Fu.
Francesco

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Prodotti fai da me

Pagina 1 su 3

Il mio hobby al momento è la creazione di creme o cosmetici naturali fatti in casa, utilizzando ingredienti che tutti possono trovare nell’orto o comunque al supermercato a pochi euro.

È nato tutto tanti anni fa: fin da bambina amavo immergermi nel mondo di fiori profumati e coloratissimi, erba fresca su cui correre a piedi perennemente scalzi, frutta dolce da mordere e gustare, acqua cristallina dove tuffarsi, animali con cui giocare o da osservare; non riuscivo a concepire un mondo privo di queste meravigliose cose, per me la vita non era in una città grigia fatta solo di cemento, volevo essere circondata il più possibile dalla natura e dalle sue bellezze. Da questo poi è inevitabilmente scaturita una forte sensazione di rispetto per l’ambiente che mi circondava: è la nostra casa d’altronde, e dobbiamo proteggerla e rinforzarla, non soffocarla con spazzatura e veleni, o sprecare i doni che ci vengono offerti da essa. Quindi, soprattutto grazie a varie uscite con la scuola in cui facevamo interventi di pulizia dai rifiuti delle aree verdi e operazioni di riciclo, mi sono appassionata alla tutela della natura (tant’è che qualche anno fa volevo partire per il Costa Rica per un progetto di volontariato in una riserva naturale) e, solo recentemente, all’utilizzo di prodotti naturali quali erbe, piante, frutti, oltre ovviamente in cucina, anche nelle faccende domestiche quotidiane.

Questo hobby ufficialmente è nato solo qualche anno fa quando ho iniziato a non tollerare più alcuni deodoranti, avevo spesso reazioni cutanee e mi si ingrossavano i linfonodi, rendendoli dolorosi al tatto. Al che ho iniziato a informarmi sugli ingredienti presenti nelle creme che utilizzavo (scoprendo che la maggior parte di essi sono dannosi) e ho dovuto quindi cercare delle alternative e imparare a leggere le etichette, nello specifico l’INCI.

Per legge, le etichette dei cosmetici e dei prodotti per il corpo dovrebbero seguire le norme INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) e indicare le sostanze in quantità superiore all’1% in ordine decrescente seguite da quelle inferiori all’1%. In altre parole, prevede che gli ingredienti siano indicati uno dopo l’altro a partire dalla sostanza presente in quantità maggiore nel prodotto (di solito l’acqua) e a seguire tutti gli altri ingredienti in ordine decrescente.

Il secondo punto importante da tener presente riguarda il linguaggio utilizzato per denominare gli ingredienti: quando le sostanze sono elencate in etichetta mantenendo il loro nome latino, significa che esse sono state inserite nella formulazione del prodotto tali e quali, senza subire modificazioni chimiche (è il caso ad esempio degli oli vegetali utilizzati puri e degli ingredienti botanici: tanto per citarne uno, l’olio di mandorle dolci viene indicato come “prunus amygdalus dulcis oil”).

Per tutti gli altri ingredienti, frutto di sintesi chimica, vengono utilizzate denominazioni in lingua inglese o codici numerici. Sono troppissimi da elencare quindi mi sono permessa di fare una piccola “black list” con i peggiori ingredienti di origine chimica presenti nei prodotti, così da dare un’idea generale di cosa ci spalmiamo addosso.

Pagina 2 su 3

Principali ingredienti da evitare:

– Aluminium (Alluminio), usato non solo in prodotti alimentari ma principalmente nei deodoranti data la sua proprietà antitraspirante. A lungo andare è quello che a me ha dato molti problemi a livello cutaneo e di linfonodi, essendo un metallo tossico, e da quando utilizzo deodoranti senza alluminio quei sintomi sono spariti.

– Petrolati, quindi sostanze di derivazione petrolifera, scarti che vengono poi utilizzati in cosmesi. I più comuni sono Paraffinum liquidum, petrolatum, mineral oil, vaselina, tutti i PEG e PPG. Inutile dire il perché sarebbero da evitare, essendo non dermocompatibili.

– Ingredienti altamente inquinanti come MEA, TEA, EDTA (quest’ultimo è fortemente inquinante per l’ecosistema marino e acquatico in generale; ha la capacità di attirare e catturare i metalli depositati sui fondali, essendo una sostanza chelante, e di conseguenza intossica tutta la fauna acquatica). Da citare poi anche gli SLS (Sodium Lauryl Sulfate) e SLES (Sodium Laureth Sulfate), al secondo posto negli Inci della maggior parte degli shampoo in commercio, molto lavanti e molto aggressivi.

– Siliconi, creano una pellicola attorno a pelle e capelli che sembra idratare e proteggere, quando invece li isola e non li fa respirare andando a seccare tutto quanto all’interno del film che creano. Di solito nell’Inci si riconoscono perché sono quelli che finiscono in –one (per es. Dimethicone).

– Conservanti, sono sostanze che devono essere addizionate ai cosmetici contenenti acqua per evitare che si sviluppino muffe o batteri. Tra i peggiori ci sono la Formaldeide (cancerogenità accertata), i Parabeni (penetrano attraverso la pelle e restano intatti all’interno del tessuto, accumulandosi), il Triclosan (antibatterico molto penetrante, registrato come pesticida; è una delle sostanze più tossiche che si possono riscontrare nei cosmetici, è anche sospetto agente cancerogeno).

Non ho studiato chimica e non sono assolutamente un’esperta, queste info le ho estrapolate da tutti i documenti e gli articoli che nei vari anni ho letto e approfondito, e di questi ingredienti citati non ce n’è uno che si salva, sono tutti potenzialmente dannosi sia per l’ecosistema (visto che non sono biodegradabili) sia per il nostro corpo (possono provocare non solo irritazioni, disturbi e reazioni varie, ma anche tumori, anche se di sicuro non lo confermeranno mai).

Ovviamente il mio non vuole essere un modo per spaventare la gente o far buttare tutte le creme dalla finestra, anzi; semplicemente era per far capire che ci sono prodotti (soprattutto di marche molto famose) che contengono vere e proprie schifezze dentro, e anche magari per spingere la gente verso un consumo più consapevole di altri prodotti meno “pericolosi”.

Comunque, informazioni su prodotti bio di qua, articoli sui “rimedi della nonna” di là, sono capitata a un certo punto nel blog di una persona che si creava tutto da sola, dalle lozioni corpo al make-up, dai profumi ai prodotti per la pulizia della casa; inutile dire che da quel giorno ho passato molte ore a studiare i vari ingredienti (dannosi e non), le sue ricette e a sperimentare tutto quanto.

Pagina 3 su 3

Ho vestito i panni di una piccola alchimista e ho provato a fare un po’ di tutto, mi diverte tantissimo creare queste cose per me e le amiche (le mie cavie ufficiali) e mi dà molta soddisfazione poter trasformare dei semplici ingredienti di base quali frutta, acqua, fiori, cera d’api, etc in un prodotto finito utilizzabile e naturale al 100%.

Quello che per ora mi è piaciuto di più è lo struccante, è una ricetta semplicissima, ve la spiego.

STRUCCANTE BIFASICO ALLA CAMOMILLA:

  • 80 gr di acqua distillata

  • fiori di camomilla (io uso la camomilla che abbiamo nell’orto ma vanno benissimo anche 2 filtri)

  • 20 gr di olio extravergine di oliva

  • 2 o 3 gocce di olio essenziale profumato (a scelta, io ho messo arancio)

Procedimento:

Versare l’acqua distillata in un pentolino e metterlo sul fuoco fino a quando l’acqua non sarà arrivata a bollore e far bollire per più o meno 3 minuti. Toglierlo dal fuoco ed immergervi la camomilla (filtri o fiori), lasciarli in infusione per 5 minuti.
Eliminare la camomilla (togliendo le bustine o filtrando l’acqua) e lasciare raffreddare. Quando la camomilla sarà fredda versarla nel contenitore scelto per lo struccante. Aggiungere l’olio di oliva nella bottiglietta con l’aiuto di un imbuto. Unire le gocce di olio essenziale. Richiudere la bottiglietta ed agitare bene. Lo struccante è pronto.

Ho notato che questo struccante non brucia gli occhi e non tira la pelle, anzi, la idrata. L’unica accortezza da tenere a mente è quella di ricordare di agitare sempre lo struccante prima dell’uso in modo che le due parti, olio e camomilla, si mescolino tra di loro. Solo così si possono sfruttare al massimo le proprietà lenitive della camomilla e quelle idratanti dell’olio di oliva.

Di solito, proprio perché non contengono conservanti, questi cosmetici naturali vanno conservati in frigo in contenitori di vetro scuro o alluminio chiusi e non più di 2-3 settimane, a seconda del tipo di preparazione, perché potrebbero irrancidire e fare più male che bene. In questo caso però portando l’acqua distillata a bollore si eliminano già tutti i batteri che c’erano.

Per quanto mi riguarda comunque cercherò di sostituire piano piano tutti i prodotti che hanno ingredienti chimici con altri più eco-compatibili/sostenibili possibili. Non sarò io nel mio piccolo che con questa scelta cambierò tutto il mondo e il modo di produzione di certe grandi case cosmetiche, ma ho notato che negli ultimi anni c’è stato un incremento nell’acquisto di prodotti per lo più naturali e biologici, anche se bisognerebbe prestare attenzione ai veri biologici o “green” e non farsi condizionare subito dalla scritta “Bio” messa ad hoc sulle confezioni che alcune grandi marche (per esempio) hanno creato apposta per cavalcare l’onda del momento (mentre all’interno invece hanno petrolio e chi più ne ha più ne metta); quindi anche in questo piccolo campo si nota un cambiamento in positivo e una nuova consapevolezza in atto.

 

“Abbiamo la Terra non in eredità dai genitori, ma in affitto dai figli”
(Proverbio Indiano)

 

Ilary

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

L’amore per i Fiori supera ogni difficoltà

Pagina 1 su 1

Il lavoro che svolgo è quello di vendere piante, fiori, oggettistica in un negozio che ho da ben 17 anni.

Questa attività accompagna la mia vita da tanto tempo. Quando l’ho aperto era molto diverso da come è ora ma ero diversa pure io. Ero fidanzata con una persona che ho in seguito sposato, insieme abbiamo aperto un sogno ed abbiamo cercato un modo per realizzarci economicamente. Le cose andavano bene all’inizio perché si lavorava davvero tanto anche se poi stranamente i soldi svanivano come polvere.

Comunque mi sentivo messa un po’ da parte nel negozio perché principalmente all’epoca l’attività era improntata più sulla vendita di presidi fitosanitari  per la cura delle piante e la vendita di fiori, di cui mi occupavo, era lasciata un po’ più in disparte. Ma a me andava bene anche cosi. Poi ci siamo sposati, ho avuto con lui due bimbi ma le spese aumentavano e le entrate erano sempre minori alche’ mio marito inizia ad intraprendere una attività esterna da giardiniere e per diverso tempo questo ha funzionato. Ma un giorno tutto quello che per me erano certezze diventano illusioni. Mio marito mi tradiva. Lo scopro per un sacco di coincidenze e in quel momento la persona timida ed insicura che ero diventa forte, tenace e battagliera.

Gli concedo una grande possibilità ma lui non la coglie e decido io di andarmene perché non potevo più condividere casa, negozio e vita intera con una persona che non mi amava e che non mi rispettava.

Presa dallo sconforto e dalla solitudine approfondisco nel tempo l’amicizia di una persona che conoscevo sin da bambina, erano incredibili le coincidenze fra di noi! In ogni istante in cui ci pensavamo entrambi leggevamo il numero 17  negli orologi, nelle targhe, in qualsiasi display, sembrava che qualche forza ci stesse guidando. Comunque inizia la nostra amicizia e iniziamo a frequentarci. Viene poi a vivere da me in un appartamento abbastanza brutto, ma non avevo possibilità per permettermi niente di meglio.

Inizia questa convivenza con un padre battagliero che mi fa la guerra in tribunale per tutto! Ma vinco io l’affidamento, mi da un minimo sindacabile mensilmente ma mi lascia anche una marea di debiti e mutui aperti nati dal nostro vecchio negozio che mi lascia, ovviamente.

Poco dopo al mio compagno viene l’idea di entrare in società con me, anche per aiutarmi economicamente, ed apre un negozietto dove mette tutto quello che amava ossia fumetti manga e giochi da collezione.

Nell’arco di due anni ha chiuso due negozi ed io sola soletta ho sempre resistito in mezzo ai miei fiori e alle mie piante.

Ora ho messo nel mio negozio parte dei suoi fumetti, e ho rinnovato l’ambiente con cose più carine.

Ci sono stati giorni in cui presa dallo sconforto avrei voluto chiudere pure io e levarmi il peso di gestire un’attività.

ma poi l’amore che provo per il mio lavoro mi fa sempre uscire dalle situazioni e anche se a volte arranco sono ancora qui.

Il mio lavoro è la gestione della mia realtà.

Sono ancora qui, e ora sono contenta sapendo che d’ora in avanti le cose smetteranno di andarmi storte.

E quando apro alla mattina sono felice di esserci ancora malgrado tutto.

 

Daniela G.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

I mille volti dell’Amore

Pagina 1 su 4

L’amore spesso è stato un tema più o meno complesso da capire, quanto semplice e naturale da provare per qualsiasi essere di questo pianeta, animale o umano che sia. Io non mi sento affatto un’esperta, tutt’altro, avrò vissuto soltanto una minima parte di quello che è nella sua vastità di sentimenti, come più o meno qualcun altro di noi, ma mi piace voler esprimere il mio pensiero. Pertanto quello di cui scriverò parlerà per mia esperienza personale, per ciò che vedo da esterna intorno a me, tramite situazioni altrui, e per come immagino di aver capito dovrebbe essere (anche tramite gli scritti di Angel Jeanne) o mi piacerebbe che fosse vissuto, anche se non è facile da spiegare.

L’amore parte dal più semplice affetto, quale possa essere per un cucciolo o per un oggetto a cui si può essere particolarmente legati perché ricorda una persona cara che ce lo ha donato, (su cui ha impresso un sentimento particolare) magari con cui abbiamo anche un legame importante; ed ecco che anche quell’oggetto assume per noi un valore significativo. Questo può sembrare scontato da dire ma spesso non ce ne rendiamo effettivamente conto fino a che quello a cui siamo legati, per qualsiasi motivo, è lontano da noi. Proprio in quel momento capiamo quanto sia importante e riflettiamo sul sentimento che proviamo davvero nel profondo.

Lo stesso affetto che proviamo verso il nostro animale domestico può farci comprendere la base di questo sentimento e come con il passare del tempo possa diventare sempre più importante. Basti vedere come alcune persone, a volte perché non hanno figli o altre persone su cui riversare il loro affetto, dedicano gran parte del loro tempo agli animali accudendoli proprio come se fossero realmente figli loro o parte integrante della loro famiglia. Da parte loro questi animali ricambiano queste attenzioni in maniera davvero unica, secondo me. Un esempio è il cane, la sua fedeltà e riconoscimento verso il padrone va al di là di qualsiasi immaginazione e potrebbero esserti fedeli a vita. Ciò ci dimostra come l’amore degli animali è davvero grande, basta davvero poco per renderli felici e non possiamo che prenderne esempio. Ovviamente in base al genere cambia il tipo di approccio ma quando si tratta di amare la propria compagna o mostrare gratitudine lo fanno senza riserve. Potrebbe essere così anche per noi umani se non fosse che al giorno d’oggi c’è sempre meno unione dovuto spesso a influenze esterne.

Quello di cui mi piacerebbe parlare ed esprimere è l’amore incondizionato che si può arrivare a  sentire verso qualunque essere vivente. Sappiamo che anche l’amore può essere una maschera e che può essere vissuto in maniera esagerata e possessivo, perciò dobbiamo stare attenti a queste trappole e cercare di riconoscere quando qualcosa diventa eccessiva facendoci perdere di vista il puro sentimento che invece racchiude in sé.

Quando questo ci sfugge è facile che possa trasformarsi in qualcosa di deleterio come potrebbe essere la gelosia, la possessione e purtroppo spesso non ci rendiamo minimamente conto che questo distrugge un rapporto a lungo andare. Mi capita di sentire spesso o vedere di coppie in cui almeno uno dei due è geloso dell’altra, di solito l’uomo, e parlandone con loro mi dicono che per chi non è come loro non lo può capire. Come se ci si dovesse sentire lusingati che il proprio partner sia così geloso di loro. Io infatti non riesco a capire come possa piacere una cosa simile, sarà perché ho avuto a che fare con un padre geloso e mi sono resa conto che questo non è affatto positivo anzi non mi sento affatto libera se dovessi avere un partner così. Poi quando entrambi sono gelosi penso che sia anche peggio, ma mi sento dire che siccome sono entrambi gelosi si capiscono e vanno d’accordo per questo. Mai sentita una cosa così strana, ma forse sono io a non capire e quindi avendo caratteri uguali o simili potessero trovarsi d’accordo su questo punto.

Pagina 2 su 4

Secondo me non è così, perché dopo un lungo periodo potresti renderti conto che tutto questo ti sta stretto e non si è più disposti a sopportare certe restrizioni come il “non puoi uscire con gli amici perché non mi fido di loro”, portando a isolarti e restare sempre e solo tu e il tuo partner. Io trovo assurdo un atteggiamento simile perché anche se stai bene con lui arriverà un giorno che ti stancherai di questa situazione e non l’accetterai più. Solo dopo questa esperienza forse si comprenderà dove si sbaglia e cercare di cambiare la visione che si ha di esso.

C’è molta competizione e discriminazione al giorno d’oggi e un rapporto non si vive più in modo naturale ma con lo scopo di dire che hai un ragazzo o una ragazza senza capire realmente il valore di ciò, e se non lo sei allora sei quasi deriso; come se avere qualcuno sia un trofeo da mostrare al mondo intero per dire che sei felice e soddisfatto, quando invece è solo l’inizio di quello che potrebbe diventare, ma ci vuole impegno.

Per me l’amore tra due esseri umani per esempio, è qualcosa che dovrebbe avvicinare davvero due persone a tal punto che l’uno sia il completamento dell’altra, inteso nel senso che ognuno di loro sa che può fidarsi ciecamente dell’altro per qualsiasi cosa, senza il minimo dubbio, e se può nascere chiarirlo parlandone, così come può succedere quando ci troviamo di fronte a una discussione. In quel momento sarà normale provare  del “risentimento” ma se riusciamo ad analizzare la situazione dall’esterno e a rimanerne distaccati poi sarà più semplice chiarirsi e tornare amici come prima. Ci potrà sempre essere lo zampino di qualcuno che potrà mettere zizzania, ma la vera forza dell’amore sta proprio nel tornare di nuovo uniti anche dopo quell’attimo di incomprensione, avendo il coraggio di parlare e affrontare il discorso magari quando si è più calmi.

A me, ad esempio, è capitato di trovarmi in questa situazione. Ma quello che ho vissuto io non è proprio una lite vera e propria per il semplice fatto che, nel mio caso, dura qualche ora o mezza giornata, anche se i motivi non possono sembrare così importanti, ma alla fine tutto si chiarisce e torniamo uniti come prima se non di più; questo semplicemente perché non riusciamo a stare lontani per tanto tempo e si sente la mancanza di parlarci o di condividere qualcosa. Io ho un bellissimo rapporto con mia cugina, c’è stato subito feeling tra di noi e questo è cresciuto sempre più nei giorni e negli anni. Potrà sembrare una cosa scontata ma personalmente non è semplice che riesca a legarmi a una persona così a fondo, forse anche perché non mi è capitato spesso, però con lei e con un altro paio di amici ho sentito subito un legame particolare che col tempo si è rafforzato sempre più. Per legarmi davvero a qualcuno ho bisogno di tempo, invece con loro è accaduto quasi subito per questo lo reputo davvero significativo. Inoltre quando qualcosa non va o c’è qualcosa che può dare fastidio all’altra lo capiamo quasi subito e quindi ne parliamo chiarendo cosa ha scatenato quel comportamento o se abbiamo interpretato male un atteggiamento. Così facendo abbiamo chiarito molte situazioni per cui io o lei, in un determinato momento, avremmo potuto capire una frase detta con superbia oppure freddamente quando invece non era quella la vera intenzione.

Con lei si è creato un rapporto di fiducia e nessuno delle due dubiterebbe mai dell’altra perché sappiamo come siamo; so che nessuno può mai conoscere una persona davvero a fondo ma a sensazione senti che puoi fidarti.

Può capitare anche di sbagliare ma ne varrebbe la pena se hai passato dei momenti che ti hanno riempito di buoni sentimenti e belle sensazioni. Se poi riusciremmo a sapere se la persona che abbiamo davanti è sincera o no, sarebbe ancora meglio, è chiaro. Eviteremmo di fare sbagli che potrebbero “segnarci”, per cui poi ci risulti difficile fidarci nuovamente di qualcuno non lasciandoci andare a quell’affetto che potremmo provare.

Pagina 3 su 4

Nonostante gli ostacoli che si potrebbero trovare secondo me vale la pena cercare comunque di trovare quell’amore puro che ti riempie dentro e l’anima. Probabilmente non sarò molto esperta, ma credo che in fondo nessuno di noi può dire di conoscere tutto dell’amore o le reali sensazioni che fa provare, perché quelle che noi viviamo attraverso dei rapporti o attraverso la vita di coppia sono solo una minima parte. Ma a prescindere da questo è chiaro che c’è molto di più, deve esserci qualcos’altro e personalmente l’ho sempre sentito anche se lo sto realizzando da qualche tempo.

Forse non saprò esprimerlo con i giusti termini ma l’amore puro è quando ti fa dimenticare il rancore o un sentimento negativo e si dà più importanza al vero legame che c’è tra due persone soprattutto di complicità, rispetto e fiducia, che sono alla base di qualsiasi rapporto tra uomo o donna che sia ma anche tra persone dello stesso sesso inteso anche come amicizia.

Ricordo come da piccola quando c’era una lite con qualcuna delle mie amiche notavo come loro tenevano il muso anche l’indomani mentre io avevo già dimenticato tutto nel giro pochi minuti, ma davvero! Era come se non mi importava quello che era successo e la mia attenzione poi si rivolgeva ad altro facendomi dimenticare totalmente la piccola lite volendo continuare a giocare con loro; e nel vedere questo comportamento mi domandavo “Come fanno ad essere ancora arrabbiate per così poco?”, era una cosa che non riuscivo a spiegarmi e mi sembrava molto strana, quasi anormale. Poi crescendo sono un po’ cambiata, come spesso accade per via della società e le abitudini che prendiamo; infatti ora il mal umore per un’incomprensione non mi passa subito finché non vedo che anche all’altra persona sia passata, come a non voler cedere io se riconosco che ha torto lei. Questo però dipende dalle situazioni e dalle persone, se ci tengo sono disposta a chiarire altrimenti non sempre lo faccio. Lo so, sono peggiorata, devo migliorare in molte cose e vorrei tanto avere lo stesso carattere di quando ero più piccola: saper dimenticare così facilmente un torto subito senza che me ne importi niente o che ci rimugino sopra con mille pensieri, perché è questo che poi rovina un rapporto o un’amicizia: i pensieri negativi. Ma soprattutto è bene affrontare l’argomento. Da una cosa che può sembrare stupida, ripensandoci sul perché si è comportata in un certo modo, ci riempiamo la testa e l’anima di pensieri negativi non facendo altro che allontanarci sempre più. Abbiamo molto da imparare…

L’amore ti porta a rendere felice la persona a cui rivolgi questo sentimento, ad aiutarla, consigliarla e starle vicino soprattutto nei momenti di difficoltà; infatti è proprio lì che si riconosce quando qualcuno tiene veramente a te, per cui farebbe di tutto pur di aiutarti a stare meglio. E’ proprio lì che si dimostra il vero amore. A causa di delusioni che possiamo aver subito c’è anche la tendenza a non fidarci più come prima, per questo si vede il tipico atteggiamento del voler bene di più a un cane o un gatto e trattarli meglio rispetto a come si potrebbe fare verso un nostro simile. Questo è dovuto anche alla società e alle esperienze negative che subiamo, cosicché man mano ci chiudiamo sempre di più in noi stessi rifiutandoci di allacciare nuovi rapporti con altri esseri umani precludendoci di conoscere davvero questo sentimento che potrebbe cambiare davvero la nostra vita e quello dell’intero pianeta. Subiamo continuamente influenze esterne che tendono a dividerci ma con gli animali è diverso perché forse loro sono meno manipolati rispetto a noi, ed è per questo che ci viene più facile preferire loro, sempre per non affrontare in faccia il problema.

Invece se provassimo anche solo la metà del sentimento che dimostriamo verso i nostri amici animali già il mondo andrebbe molto meglio, credo sia il sogno di tutti.

Una cosa da cui possiamo prendere esempio è il sentimento che lega una madre e un figlio. Il loro legame può essere così forte da poter arrivare a sentire quando succede qualcosa al figlio (di solito è la madre ad avvertire questo), oppure quando si pensano nello stesso momento scrivendosi un messaggio o chiamandosi per telefono nello stesso momento o poco prima. Queste ultime possono succedere anche tra amici, ma a me è successo di dire anche le stesse cose contemporaneamente.

Pagina 4 su 4

Anche il rapporto di complicità che spesso si crea tra gemelli monozigoti è qualcosa di straordinario. Riescono ad instaurare un feeling particolare già appena nati che può continuare per tutta la vita. Sono già una coppia che si intendono alla perfezione avvertendo anche particolari stati d’animo dell’altro. È come se già si trovassero sulla buona strada per poter ampliare questo sentimento anche verso altri e capire come funziona. Penso che in tutto ciò gioca a favore il fatto che, sia i gemelli che il figlio con la madre, hanno vissuto per un periodo nel grembo materno a stretto contatto tra loro percependo le vibrazioni dell’altro così da instaurare un legame più forte, come di empatia.

In questo sentimento come in qualunque altra cosa che viviamo abbiamo capito che ha molta importanza il restare coscienti e saper capire quando qualcosa di esterno vuole rovinarci certe esperienze. Comprendendo questo e cercando di applicarlo ogni giorno avremo già fatto un passo avanti. Non sarà così facile come dirlo, è normale, anzi per alcuni risulterà difficile aprire il proprio cuore, soprattutto in base al proprio vissuto, ma piano piano possiamo imparare a sfruttare ciò che abbiamo appreso nella vita. Adesso non abbiamo più solo le classiche belle parole: dobbiamo comportarci così, dobbiamo essere comprensivi ecc., ma ora abbiamo qualcosa in più per poter realmente vivere questa sensazione in tutte le sue sfumature, perché adesso sappiamo come agire e riconoscere ciò che ci vuole ostacolare in questo percorso.

Anche l’amore verso Dio è qualcosa di indescrivibile per chi non ha avuto ancora una vera connessione con lui. Questo non saprei immaginare come dovrebbe essere ma penso sia qualcosa di simile ma ancora più vasto, come può essere totalmente diverso. Mi piacerebbe provare tutto questo un giorno affinché possa capire realmente fin dove possa spingersi questo grande sentimento e soprattutto renderlo mio per poterlo poi diffondere anche ad altri.

Quindi il mio consiglio è sforzarci di aprirci maggiormente verso gli altri così da ricominciare a instaurare un legame tra di noi che potrebbe crescere giorno dopo giorno in qualcosa di unico.

Queste cose possono sembrare cose dette e ridette ma spesso ce ne dimentichiamo, nonostante le sappiamo, e affrontare l’argomento ogni tanto non può che farci bene perché ci rende più consapevoli di come ci poniamo di fronte ad esso o alle persone che ci sono vicine, e cosa potremmo fare per migliorare. Pensate a cosa porterebbe se sempre più persone imparassero a provare l’amore puro.. il mondo sarebbe migliore, senza criminalità ed ingiustizie, ed è così che dovrebbe essere il nostro pianeta.

 

Evan

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Come diventare Agente Immobiliare

Pagina 1 su 1

Per chi desidera intraprendere la professione dell’agente immobiliare elenco i passi necessari per ottenere il patentino e gli obblighi inerenti a tale professione.

Per ottenere  il “patentino di agente immobiliare” è necessario frequentare un corso con esame finale presso la Camera di Commercio, iscrizione presso la stessa. Ovviamente a pagamento. Una volta in possesso della qualifica, le funzioni svolte dall’ agente immobiliare sono le seguenti:

-Mettere in contatto le due parti (venditore e compratore) per addivenire ad un contratto preliminare di compravendita.

-Far rispettare ad entrambe le parti le clausole del contratto stesso.

-Verifica delle proprietà messe in vendita attraverso la raccolta della documentazione di rito: acquisizione del contratto di provenienza dell’immobile (rogito); visure catastali per la verifica della conformità catastale dell’immobile in oggetto; acquisizione attestato di certificazione energetica dell’immobile; visura ipotecaria per la verifica di eventuali iscrizioni a carico dell’immobile; acquisizione dei documenti d’identità per l’identificazione dei soggetti coinvolti nel contratto e trascrizione nel registro “anti riciclaggio” ad avvenuta firma del contratto preliminare o promessa di vendita.

-Firma della privacy

-Verifica pagamenti inerenti alle eventuali spese condominiali precedenti  del venditore (questo per evitare che dall’atto di acquisto l’acquirente diventi debitore “in solido” delle spese relative all’anno precedente).

-Il mandato di vendita può essere sia verbale che per iscritto; se il mandato viene dato in esclusiva dovrà essere redatto e controfirmato dal mandante in cui dovrà essere specificato: prezzo di vendita, durata del mandato in esclusiva, percentuale della mediazione da riconoscere.

  • Riguardo le locazioni i documenti sono: atto provenienza, verifica dell’avvenuto pagamento spese condominiali precedenti, attestato certificazione energetica, verifica conformità catastale.

Trovo che sia una professione entusiasmante, ricca di incontri con persone di vari ceti sociali, di difficoltà che aumentano  la nostra capacità di realizzazione, umiltà, patos e sensitività verso persone totalmente sconosciute. Purtroppo le problematiche che si riscontrano in questa professione possono essere di varia natura quali comprendere effettivamente le reali intenzioni di chi richiede il nostro intervento (molto spesso si trovano millantatori), condizioni economiche che non permettono la conclusione del contratto. Queste la maggioranza dei casi.

Riteniamo importante lo svolgimento dell’analisi e raccolta dei documenti in fase preliminare, tali da permettere di evitare errori professionali. A tal proposito qualsiasi agente immobiliare deve stipulare una polizza assicurativa per rischi professionali. Nonostante le molteplici responsabilità (e secondo me è una delle parti più interessanti e coinvolgenti in maniera positiva) l’l’agente immobiliare può operare senza alcun limite di spazio e tempo, totalmente libero di esercitare (naturalmente nei limiti legali) nella più libertà assoluta, creare, definire ogni occasione commerciale con passione e determinazione per la sua riuscita. Purtroppo oggi, per colpa di una politica penalizzante, il campo immobiliare ha subito un grave danno allargandosi di conseguenza a tante altre attività (imprese costruttrici, artigiani, manovalanza, etc) che non riescono a reggere l’attuale crisi economica del nostro paese.

 

Rita

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La piantaggine

Pagina 1 su 5

I benefici e le proprietà dell’uso della Piantaggine

Salve, sono Tiziana e vivo da 16 anni in campagna. Sono un tecnico di laboratorio analisi prestata all’agricoltura biologica. Nel tempo ho cercato di far coincidere queste due passioni, cercando di saperne di più sulle erbe spontanee e sulle loro proprietà (credo che tutto ha un senso nell’economia dell’Universo). Così quel poco di cui sono venuta a conoscenza, lo voglio condividere con tutti voi. Le notizie le ho raccolte sul web, confrontandole con quelle ricevute da esperti nel settore, per dare un’immagine breve, esaustiva ed ordinata.

Iniziamo con una pianta molto comune nella nostra penisola. Queste sono le immagini della meravigliosa pianta dalle mille proprietà.

Qui possiamo vedere le due varietà, si distinguono per forma e per consistenza.

Le prime sono della Plantago Major, quelle successive invece, sono della Plantago Lanceolata, più comunemente chiamata Piantaggine. In entrambe possiamo notare i classici filamenti che sono ben evidenti quando stacchiamo la foglia dal ceppo. Questa caratteristica è comune a tutte e due le specie, come è comune anche la spighetta ricca di semi.

 

la piantagginela piantaggine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

la piantaggine

 

 

la piantaggine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SCHEDA TECNICA

L’habitat della piantaggine

Cresce comunissima nei luoghi erbosi, incolti e lungo le strade.

Cenni storici

Pianta assai modesta che non ha mai esercitato nessun fascino, né per la bellezza dei suoi colori, né per il profumo dei suoi fiori, la piantaggine è sempre stata presente nella vita quotidiana della gente, in quanto umile pianta della strada, necessariamente entrata a far parte delle pratiche mediche popolari. Il suo nome deriva dalla parola latina Planta, sia per la somiglianza delle foglie alla pianta del piede; sia per l’uso che ne facevano i viandanti, che avevano la fortuna d’incontrarla sul loro cammino.

Pagina 2 su 5

Dioscoride (I sec. d. C), la consigliava per la dissenteria, mentre Plinio la definiva “erba magica” per le sue numerose proprietà curative ci hanno tramandato notizie circa il suo utilizzo medicinale.

I medici della Scuola Salernitana ne sfruttavano le proprietà astringenti utilizzandola come rimedio contro le mestruazioni abbondanti e “gli spostamenti dell’utero”; mentre il medico e filosofo Alberto Magno (XIII sec.)  la considerava un formidabile antidoto contro il veleno di scorpioni e serpenti.

Proprietà della piantaggine

La piantaggine (Plantago Lanceolata) è una pianta della famiglia delle Plantaginaceae. Usata come antinfiammatorio ed espettorante del catarro, è utile in caso d’infiammazioni delle mucose.

Le foglie di piantaggine contengono glucosidi iridoidi, flavonoidi (luteolina), mucillagini, tannini, pectine, acido salico, sali minerali. La presenza di questi principi attivi conferisce alla pianta proprietà bechiche, espettoranti, antibatteriche, antinfiammatorie, astringenti.

L’azione antinfiammatoria della Piantaggine è dovuta all’aucubina, che per idrolisi libera una genina biciclica di nome aucubigenina. Questo principio attivo possiede una marcata proprietà antiallergica(a meno che non si sia allergici al plantago) e decongestionante, il cui meccanismo di azione si esplica nell’inibizione della sintesi dei mediatori dell’infiammazione.

L’aucubigenina inoltre contrasta la proliferazione del batterio Staphilococcus Aureo, rivelandosi un rimedio batteriostatico nei confronti di questo microrganismo.

Per questa ragione la Piantaggine è utilizzata efficacemente negli stati infiammatori della cute e delle mucose, che rivestono bocca, gola e vie respiratorie in genere, in caso tosse, catarro bronchiale, bronchite cronica, allergia, sinusite; per le infiammazioni dell’apparato urogenitale; in presenza di reazioni allergiche e infezioni batteriche, grazie anche all’azione antisettica, esercitata dagli acidi fenolici (acido clorogenico e idrossibenzoico). Infine trova impiego come rimedio diuretico e remineralizzante per il suo contenuto di acido silicico, zinco e potassio.

Per uso esterno, la piantaggine è cicatrizzante, lenitiva, antipruriginosa, decongestionante, per cui è indicata in caso di dermatosi, piccole lesioni della pelle, acne, infiammazioni palpebrali e oculari anche di natura allergica. Si può strofinare direttamente sulla pelle oppure si può fare un decotto con cui detergere la zona da trattare.

Modalità d’uso

Può essere utilizzata sotto forma di infuso o decotto, anche associata ad altre piante balsamiche ed espettoranti oppure in estratto fluido, o in sciroppo, per calmare la tosse e sciogliere il catarro.

Pagina 3 su 5

Le mucillagini contribuiscono all’azione lenitiva stratificandosi sulle pareti delle mucose bronchiali, proteggendole così da ulteriori aggressioni.

USO INTERNO:

INFUSO: 1 cucchiaio foglie di piantaggine, 1 tazza d’acqua

PROCEDIMENTO

Versare la pianta nell’acqua bollente e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e berne 2 tazze al giorno lontano dai pasti.

ESTRATTI:

Piantaggine major Tintura Madre

Preparata dalla pianta intera fresca tit.alcol.65°

40 gocce in mezzo bicchiere d’acqua, da bere 2 volte al giorno, lontano dai pasti.

SCIROPPO PER LA TOSSE:

4 manciate di foglie grandi di Piantaggine, 2 bicchieri di acqua, 350 grammi di zucchero di canna, 250grammi di miele.

PROCEDIMENTO

Lavare e sminuzzare le foglie, metterle in una pentola con i due bicchieri di acqua, zucchero e miele. Lasciare sobbollire (io preferisco questa procedura, cercando di intervenire più delicatamente possibile) fino a che l’acqua non si riduca completamente (dopo aver svolto in pieno la sua funzione estraendo i principi attivi e  rilasciandoli allo zucchero). E’ veramente un ottimo rimedio per la tosse. Consigliato.

FITOALIMURGIA (uso in cucina)

Foglie molto giovani:

  • in minestroni • in ripieno di rustici o torte salate. Va sempre usata mista ad altre verdure.
  • Zuppa di Piantaggine:

Lessare le foglie di piantaggine, ripassare con cipolla e maggiorana; versare su pezzi di pane tostato con olio a crudo.

Pagina 4 su 5
  • Insalata di Menta e Piantaggine:

Foglie tenere di Piantaggine ridotte a striscioline sottili, foglie di menta romana, arance a spicchi, olio e sale.

CONTROINDICAZIONI:

AVENDO PROPRIETÀ EMOSTATICHE E COAGULATORIE È CONSIGLIABILE SENTIRE IL PARERE DEL MEDICO. NON ABUSARE CON LE DOSI IN GRAVIDANZA.

AVVERTENZE:

DOSI ELEVATE HANNO EFFETTO LASSATIVO. QUALITÀ DELL’EFFICACIA TERAPEUTICA NON STUDIATA O NON DISPONIBILE.

ORGANI INTERESSATI DALL’AZIONE FITOTERAPICA:

APPARATO URO-GENITALE, BOCCA, BRONCHI E BRONCHIOLI, CAVO ORO-FARINGEO, FARINGE E VIE AEREE SUPERIORI, GOLA, INTESTINO, LARINGE, MUCOSE NASALI, ORGANI E-O TESSUTI DI VARI DISTRETTI CORPOREI, ORGANI EMUNTORI, RENI, SISTEMA IMMUNITARIO, TESSUTO CUTANEOTUTTO IL CORPO, VIE RESPIRATORIEVIE URINARIE.

PROPRIETÀ E INDICAZIONI:

+++     ALIMENTO

++       ANTISETTICO (USO ESTERNO)

++       BRONCHITE O AFFEZIONI BRONCHIALI

++       CATARRO VIE RESPIRATORIE

++       CICATRIZZANTE O VULNERARIO

++       DERMATOSI

Pagina 5 su 5

++       DERMOPURIFICANTE DERMOPROTETTIVO

++       DIARREA (ANTIDIARROICO ASTRINGENTE)

++       ESPETTORANTE FLUIDIFICANTE DEL CATARRO MUCOLITICO

++       INFIAMMAZIONI (APPARATO URO-GENITALE)

++       INFIAMMAZIONI (CAVO ORALE)

++       LESIONI CUTANEE – PIAGHE FERITE ABRASIONI E SCREPOLATURE (USO TOPICO)

++       RIEPITELIZZANTE

++       ULCERE DELLA PELLE

+          ALLERGIE

+          ANTISETTICO

+          DIURETICO

+          EMORRAGIE

+          INFEZIONI (CAVO OROFARINGE0)

Notizie prese dal web e diverse fonti.

 

Tiziana

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La passione per il nuoto e l’agonismo

Pagina 1 su 2

Il primo e vero sport a cui mi sia dedicato nella vita è il nuoto. Ci sarebbe moltissimo da dire riguardo questa disciplina, che pratico a livello agonistico sin da quando ero piccolo. Che cosa ha rappresentato il nuoto per me? Sicuramente il dono che mi ha permesso di ottenere gran parte delle cose che vivo ora nella mia vita, il prodotto di tante esperienze, di tanti sacrifici, di tante soddisfazioni, di tante amicizie… e di un lavoro stagionale!

A 6 anni ho incominciato a praticare nuoto agonistico. Mi piaceva stare in acqua, abituato com’ero a frequentare corsi di nuoto fin dai primi mesi di vita. Ogni bambino ama il contatto con l’acqua, l’elemento dentro il quale è stato creato, e che è fondamentale nutrimento per il nostro pianeta. Ogni bambino nella sua purezza riconosce la bellezza e la Vita al suo interno, e ne viene irrimediabilmente attratto. Già da piccolissimo io in acqua stavo bene, mi sentivo al sicuro, avevo un bel rapporto con lei, quasi come un’amica. Mi divertivo molto a giocare con lei i primi anni, ad ascoltare il suo silenzio sott’acqua, a divertirmi con le bolle, facendo a gara con gli amichetti a chi riusciva a contarne di più, e a danzare. Ancora oggi sento la meraviglia di danzare sott’acqua, accarezzarla dolcemente per permettere di muoverti fluidamente in essa, galleggiare senza bisogno di muovere un muscolo, perché hai imparato a conoscerla troppo bene, hai instaurato un fortissimo legame con lei.

Di questo sport posso raccontare fondamentalmente solo il lato agonistico in quanto è l’unico che abbia realmente vissuto. Ma piuttosto che raccontarvi la mia esperienza passo dopo passo, preferisco analizzare la bellezza di praticare l’agonismo di questo sport, per la propria crescita, da i primi anni di vita. Vuole essere inoltre e soprattutto un invito ai lettori di considerare l’eventualità di proporre ai propri figli piccoli, un’esperienza del genere.

Volendo elencarne in vantaggi comincerò subito con il primo: è uno sport individuale. A discapito di quanti possano pensare che possa essere vero il contrario, risponderò semplicemente con una parola: responsabilità. Questo è un concetto che si fonde e si rafforza con l’esigenza del nuoto di misurare le prestazioni attraverso un tempo individuale, e non un punteggio collettivo. Questo è il primo insegnamento che già da piccoli viene elargito: tu e solo tu sei responsabile del tempo della tua prestazione, ed è il riflesso del lavoro che tu hai fatto, dell’impegno che tu hai dedicato agli allenamenti. La squadra conta, ma solo come mezzo per instaurare e coltivare amicizie; in uno sport di squadra la tua performance conta, ma la sua valenza è diluita e riaggiustata a seconda dei risultati dei compagni. Diventa in questo caso sempre difficile identificare un metro di paragone che misuri il miglioramento effettivo delle tue prestazioni. Il tempo cronometrico è in grado di dare invece una stima precisissima del tuo sviluppo, oltre che aiutarti a fissare degli obiettivi. Per fare un esempio, è pratica comune portare i pasticcini ad allenamento dopo che, ad una gara, per la prima volta, si sia riusciti a stampare un tempo che sia inferiore al minuto nei 100m stile libero. È una soddisfazione non indifferente riuscire a vedere per la prima volta il numero 59. Come piccolo aneddoto, il primo uomo italiano a scendere sotto il minuto nei 100m stile libero è stato il grande Bud Spencer, nel lontano 1950!

Riprendendo il discorso, in effetti il nuoto richiede molto impegno, che da piccoli non è commisurato molto alla stanchezza fisica, come lo è invece quando si entra nell’adolescenza, ma richiede comunque molta costanza, tant’è che è inevitabile dopo i 12 anni circa, un impegno negli allenamenti che occupi 6 giorni alla settimana (il settimo giorno è riservato alle gare, quando presenti). È abbastanza immediato comprendere come ciò stimoli anche una capacità organizzativa delle proprie giornate, che permette di equilibrare le esigenze scolastiche con i sacrifici di un’attività sportiva.

Pagina 2 su 2

Per esperienza personale, vedendo in larghissima scala amici nuotatori con eccellenti risultati scolastici, posso solo affermare che il tempo impiegato nella pratica agonistica non inficia nel portare via tempo alle necessità quotidiane, anzi, è capace di rafforzare ancora di più la volontà di mettersi in gioco nella vita.

Un altro vantaggio è il fatto di crescere in un ambiente composto in maniera proporzionale da maschi e femmine. Non ho mai visto un altro sport dove la partecipazione dei due sessi sia così tanto equilibrata. Questo perché è stato provato che il nuoto è uno sport molto completo su tutti i punti di vista, sia fisici che disciplinari.

Il fatto stesso di doversi muovere in un liquido predice già l’esigenza di dover esercitare forza utilizzando tutti i muscoli presenti nel corpo umano. Un allenamento a 360°, che, evidentemente comprende una possibilità bassissima di farsi male in qualunque modo. Senza parlare dei benefici che genera al cuore: è un’attività fisica che stimola il metabolismo aerobico aiutando il cuore ad abbassare la sua frequenza cardiaca media, allenandolo concretamente a consumare meno ossigeno ed energia a parità di intensità di sforzo. Un recente studio condotto dall’Università della South California attesta un calo di circa il 50% la probabilità di morte per i soggetti dediti al nuoto, rispetto a chi pratica corsa o sedentarietà, certificando benefici sulla funzionalità dei polmoni, riduzione dei sintomi asmatici, nonché abbattimento dei livelli di colesterolo, di diabete, e di stress.

Il bello di saper nuotare bene e quindi diventare esperto, è quello di non dover farsi carico dello sforzo mentale di provare a coordinarsi nella maniera corretta durante l’esecuzione del gesto. Si tratta quindi di alleviare ogni resistenza della tua mente a comandare quei movimenti fisici che sono già stati automatizzati. Si tratta di vivere la nuotata e il tuo rapporto con l’acqua senza pensieri, senza dover considerare la stanchezza. Avere la testa immersa nell’acqua ti libera la mente dai pensieri, come se fungesse da scudo per essi, ti permette di goderti quello che stai facendo, in una dimensione che diventa tua, in un volo dove il ciclico rumore dell’acqua che sposti e il tuo respiro diventano uno speciale mantra.

 

Riccardo

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Come comportarsi durante la gravidanza

Pagina 1 su 22

ESSERE MADRE, UN PERCORSO DI VITA NELLO SVILUPPO PSICOFISICO DI UN BAMBINO

Con molto piacere vorrei condividere quello che ho appreso in questo periodo dove ho avuto la fortuna di diventare mamma e di avere il sostegno di un compagno amorevole e paziente.

Diventare genitore per la prima volta è difficile e vorrei che altre persone potessero avere spunti di riflessione e informazioni utili a questo mondo che è la gravidanza, il parto, il puerperio, la crescita e l’educazione di un figlio. Ho frequentato corsi con vari specialisti, ostetriche e pediatri, ai quali sono molto grata. Ho avuto modo di studiare vari libri, che troverete in bibliografia.

Il viaggio per diventare genitore non è immediato e richiede pazienza, molta pazienza e Amore, respiri profondi, tempo e ancora tempo, ma ne vale ogni attimo, ogni prezioso attimo di Vita.

In ultima analisi cosa serve al tuo bambino per stare bene? Quelle semplici cose che la madre può dare in grandi quantità: amore, fiducia, tenerezza, piacere, nutrimento, calore.

La gravidanza

Durante la gravidanza il tuo corpo cambia notevolmente sia da un punto di vista ormonale, che fisico e psicologico. A volte capita di avere dei disturbi come la nausea o il vomito. Esistono dei rimedi naturali per contrastare questo disturbo, ad esempio lo zenzero e l’olio essenziale di menta. Lo zenzero si può mettere a crudo nei cibi che mangi oppure potresti fare un infuso e berne 1 tazza al giorno. L’olio essenziale di menta lo puoi mettere nel diffusore per oli essenziali, il suo profumo allevierà il fastidio della nausea. Si possono mettere 3 gocce di olio essenziale aggiungendo dell’acqua. È importante precisare che gli oli essenziali acquistati devono essere puri al 100% ed estratti in distillazione in corrente di vapore. Non vanno usati quelli estratti con solventi in quanto l’inalazione dei rimasugli di solvente rimasti nell’olio essenziale sono tossici per il corpo.

La gravidanza è in genere un momento di introspezione e cambiamento per la donna. Questo vale anche per l’alimentazione, alcune donne cambiano il loro modo di mangiare e di cucinare proprio in questo periodo della loro vita, diverse donne mangiano molto salato in caso di nausea.

Gli alimenti freschi sono da preferire a quelli precotti o surgelati.

Se si ha la possibilità di acquistare prodotti biologici o biodinamici sarebbe ottimo.

Per facilitare la digestione si potrebbe mangiare gli alimenti crudi all’inizio del pasto e scegliere un solo tipo di proteina al giorno.

Gli alimenti che contengono farina del tipo 00 potrebbero essere sostituiti da cibi fatti con grani antichi oppure sostituiti da cereali vari come il farro, l’orzo, il riso, il miglio, l’avena o altri.

Andrebbero evitate bevande gassate contenenti zucchero, coloranti, caffeina, theina e alcool.

Se vogliamo integrare con vitamine e sali minerali è possibile farlo con dei fitoestratti oppure con l’assunzione dell’argilla verde ventilata, piuttosto che con multivitaminici di origine farmaceutica o di laboratorio.

Pagina 2 su 22

Se abbiamo la possibilità di acquistare la carne da contadini che fanno vivere gli animali in libertà, piuttosto che allevare il bestiame in luoghi chiusi e senza possibilità di movimento, sarebbe meglio perché la carne di animali sottoposti per lunghi periodi in situazioni di stress, come accade negli allevamenti intensivi, influenza negativamente il proprio corpo e quindi la carne risulta essere meno buona per la nostra salute e per quella di nostro figlio.

Da vari anni esistono i gruppi di acquisto solidali, che si impegnano a trovare produttori ecologici, biologici e biodinamici, si chiamano GAS e si trovano ovunque in Italia. Si tratta di piccoli gruppi di persone interessate ad acquistare direttamente dai produttori, con i quali pattuiscono prezzi generalmente agevolati per l’acquisto dei prodotti.

Si possono trovare più informazioni al seguente link:

http://www.retegas.org/

Durante la gravidanza è possibile fare dei corsi preparatori al parto, il Sistema Sanitario Nazionale Italiano ne mette a disposizione di gratuiti in ogni distretto.

Per prepararsi al parto a livello fisico e muscolare si possono fare degli esercizi specifici per il pavimento pelvico, ad esempio gli esercizi di Kegel e in genere tutti gli esercizi specifici che coinvolgono il perineo.

Sarebbe inoltre utile poter sperimentare le varie posizioni di travaglio e parto. Studiando diverse popolazioni si nota che le donne spontaneamente assumono alcune posizioni durante il travaglio e durante il parto ma l’importante rimane la libertà di scelta, essendo il momento della nascita un momento di intimità per la donna e per il suo bambino.

Non esiste una posizione ideale. E’ una questione soggettiva, che può variare da donna a donna, ma anche da parto a parto. Ci sono mamme che alla prima esperienza preferiscono adottare una particolare posizione, che però al secondo parto non risulta utile. A volte può dipendere anche da come è messo il bambino. In genere, però, si può affermare che sono ottime le posizioni che favoriscono l’attività della donna: lasciata libera di scegliere, la futura mamma adotterà quella che le procurerà meno dolore e che sentirà più confortevole in quel momento. Sapere di non dover stare sdraiata sul lettino dà alla donna energia e fiducia nelle sue capacità, perché sente di poter usare il corpo come meglio preferisce. Al contrario, stando supina e con le gambe divaricate, è soggetta alle decisioni degli altri e la sua zona genitale è, per così dire, “troppo esposta” mentre nelle posizioni verticali lei è attiva, decide e non si sente osservata nella sua intimità: elementi fondamentali per favorire il rilassamento del pavimento pelvico e agevolare in tal modo la discesa del bimbo. Ultimo elemento non trascurabile: il contributo del partner, che non assiste solo alla nascita del figlio, ma partecipa attivamente, o per sostenere fisicamente la compagna o per alleviarle il dolore con benefici massaggi. Un modo in più, insomma, per non farla sentire sola in un momento così delicato. Vediamo allora quali sono alcune tra le principali posizioni per affrontare il travaglio e, in alcuni casi, anche il parto, fermo restando che la mamma deve sentirsi libera di modificarle ogni volta che lo desidera o di inventarsi la  sua personale posizione.

Posizione accovacciata: La mamma si piega sulle gambe, mentre con le braccia si sostiene al letto o a una sedia. In alternativa, può farsi aiutare dal compagno, che resta seduto dietro di lei tenendo le gambe allargate, mentre lei rimane accovacciata nel mezzo, appoggiandosi al partner. In questa posizione è importante che i talloni siano ben aderenti a terra: in tal modo, tutto il peso viene scaricato sulla zona del femore, mentre stando sulle punte si avrebbe una contrazione dei muscoli posteriori delle cosce e dei glutei, che invece devono restare rilassati per poter favorire l’apertura del canale vaginale.

Pagina 3 su 22

È un’ottima posizione per una serie di motivi: non affatica la colonna, sfrutta la forza di gravità per favorire la discesa del bambino e consente un’eccellente apertura del bacino (si è calcolato che il suo diametro aumenta del 30% circa) e del piano perineale. È molto utile nel periodo espulsivo, perché favorisce la discesa del piccolo, ma se i muscoli delle gambe non sono ben allenati può essere difficile mantenerla. Inoltre, alcune donne preferiscono evitarla perché sentono una pressione notevole sulla zona perineale. È una posizione ideale anche per partorire.

Posizione carponi: La donna si mette a terra, con le ginocchia su un tappetino o su dei cuscini, mentre le braccia sono appoggiate al letto, alle gambe del partner, a uno sgabello, a una palla o, semplicemente, per terra. L’importante è che schiena formi un angolo di 90 gradi con le gambe, in modo da non affaticare la colonna. Se la mamma si regge a un sostegno, può appoggiarvi anche la testa, girata su un lato, per rilassare la muscolatura cervicale. Di tanto in tanto, può oscillare il bacino in avanti e indietro, a destra e a sinistra, allo scopo di trovare, di volta in volta, la posizione migliore per alleviare il dolore e assecondare le contrazioni. Come da accovacciate, l’apertura del bacino aumenta fino al 30%; in più, si riesce ad avere una notevole mobilità dello stesso (cosa praticamente impossibile sul lettino). È una posizione molto comoda per la mamma, che ha la schiena e le spalle rilassate, ma è utile anche se il compagno o l’ostetrica vogliono praticarle un massaggio alla schiena. Non tutte le donne, però, si sentono a loro agio. Alcune potrebbero sentirsi in imbarazzo, soprattutto se devono rimanere svestite: fondamentale, in questo caso, è poter contare su un ambiente intimo, all’interno di una stanza con la porta chiusa. Molte donne vogliono partorire a carponi: in tal caso l’ostetrica si posiziona dietro, pronta ad accogliere il neonato.

Posizione in piedi: La donna sta in piedi, spesso di fronte al compagno, gli cinge le braccia intorno al collo e poi piega leggermente le ginocchia, rilassando le gambe e abbandonandosi al partner. In alternativa, può dare la schiena al compagno e piegare le ginocchia, mentre lui la sorregge per le ascelle. In alcune strutture sono presenti delle corde, alle quali la donna può aggrapparsi. Stando in piedi, se lo desidera la partoriente può camminare tra una contrazione e l’altra. La posizione verticale consente di sfruttare al massimo la forza di gravità, poiché la donna sente il peso del bimbo che spinge e di conseguenza spinge anche lei in modo consapevole. Anche questa posizione potrebbe essere adottata per partorire, in modo da assecondare naturalmente la fuoriuscita del piccolo: in tal caso la donna può restare abbracciata al marito o aggrappata alla corda mentre l’ostetrica si mette dietro di lei.

Posizione su un fianco: La mamma è sdraiata sul lettino, girata su un fianco, con la gamba esterna piegata verso il petto; se lo gradisce, può mettere un cuscino sotto la pancia o sotto il ginocchio. È una posizione abbastanza rilassante, che elimina l’inconveniente del peso del pancione sulle vene, consentendo una migliore ossigenazione sia del bambino sia della mamma. Inoltre, permette alla donna di muovere il bacino, almeno da una parte, di aprire, chiudere o spostare le gambe a seconda di come si sente più comoda. Per vivere al meglio il travaglio è importante che il luogo in cui si mette al mondo il bebè offra un ambiente intimo e accogliente. Per questo prima di scegliere l’ospedale dove partorire è consigliabile informarsi per tempo su quali siano le modalità di assistenza. L’ideale sarebbe poter avere accanto una persona di fiducia, che sia il marito, la sorella, ecc. È preferibile contare sulla presenza di una sola ostetrica, che continui ad assistere la mamma anche oltre il suo turno, in modo da avere vicino una sola figura di riferimento, che segua passo dopo passo l’evoluzione del travaglio fino al momento del parto.

Pagina 4 su 22

In alcune strutture questo è possibile, basta chiedere un’assistenza in regime di libera professione. Sarebbe ottimo avere a disposizione una stanza tutta per sé, nella quale vivere in intimità il travaglio, con uno spazio sufficiente per potersi muovere e cambiare posizione agevolmente ogni volta che si vuole. Inoltre è davvero d’aiuto poter trascorrere travaglio e parto in un’unica sala e non doversi spostare proprio nel momento in cui la mamma sta per accogliere il proprio bambino.

Alcune donne preferiscono partorire in casa e farsi seguire da un’ostetrica privata. Il parto in casa offre numerosi vantaggi: l’intimità del luogo, l’assenza di interventi sanitari sul neonato, l’assenza del personale sanitario spesso sconosciuto e l’essere seguita da un’ostetrica che già conosce te ed il tuo bambino attraverso le varie visite ed il percorso che avrete già fatto assieme. Se si opta per il parto in ospedale è importante andarci di persona per familiarizzare con il luogo e possibilmente con il personale sanitario. Il mio consiglio è di scegliere l’ospedale dove partorire che più ritenete migliore per voi, adatto alle vostre esigenze, anziché lasciarlo al caso.

Parto cesareo

Il parto cesareo è un intervento chirurgico che viene effettuato in casi di emergenza. Se ti è stato consigliato di fare un parto cesareo programmato perché il bambino è podalico (quindi non si è ancora girato con la testa verso il basso) devi considerare che i medici agopuntori possono, in una seduta, far girare il bambino verso il basso nella pancia, senza alcun intervento invasivo o dannoso per te o il tuo bambino.

Visite mediche

Durante la gravidanza hai la possibilità di farti seguire esclusivamente da un’ostetrica, infatti non è assolutamente necessario fare le visite ginecologiche, che alcune donne vivono come invasive della propria sfera sessuale.

Per quanto riguarda le visite mediche pediatriche, una volta nato, il tuo bambino non ha la necessità di essere visitato tutti i mesi da un pediatra qualunque assegnato di default dal Sistema Sanitario Nazionale. Come genitore hai la possibilità di scegliere quando andare dal pediatra e soprattutto di scegliere un pediatra che adotta una visione più adatta alle proprie esigenze, ad esempio per me è stato importante che il pediatra adottasse una visione più olistica (come ad esempio i medici omeopati oppure i medici antroposofici) per la cura e la salute del bambino.

Se l’iscrizione anagrafica del bambino avviene in ospedale ti verrà richiesto di prendere l’appuntamento per il primo vaccino del bambino. Come genitore puoi decidere di non prendere questo appuntamento senza dover giustificare la tua scelta.

Allattamento

Prima della gravidanza non ho avuto possibilità di vedere altre donne che allattavano. Infatti il momento dell’allattamento è in genere un momento che le donne passano in intimità col proprio figlio. Ho notato inoltre che esistono molti luoghi comuni sull’allattamento ma poche informazioni corrette.

Pagina 5 su 22

Durante la gravidanza ho avuto la fortuna di frequentare corsi con ostetriche rivolto a future mamme, dove è stato possibile stare insieme ad altre madri che allattavano o che avrebbero allattato. A ripensarci ora è stato molto bello e confortante. Mi  hanno fatto sentire più a mio agio per quanto riguarda questa pratica, nonostante la società a volte ci disorienta nella scelta o meno di allattare il nostro bambino.

Un altra cosa che ti farà sentire diversa è il fatto che tu voglia allattare oltre i primi mesi di vita del bambino.

Di solito la società e la famiglia è restia alle scelte che facciamo per nostro figlio, nonostante siamo sicuri che sia la scelta migliore.

Approfondendo questo argomento ho avuto la fortuna di conoscere molto ma la cosa più importante è che il nutrimento che la madre può offrire al proprio cucciolo è fatto su misura per lui e nessun altro può nutrire un bambino meglio di sua madre.

Le informazioni che seguono le ho trovate nella pratica con delle ostetriche ed anche in vari libri, ad esempio “Nutrilo al tuo seno”, un libro molto bello in cui si trovano varie foto e illustrazioni. Un altro libro che mi è piaciuto molto è “Allattare secondo natura”, di Veronika Robinson.

Se desideri allattare al meglio nelle prime settimane hai bisogno di un sostegno esperto, perché non è immediato che il bambino riesca ad attaccarsi bene, e forse potresti avere dolore al capezzolo e al seno. Queste sensazioni sono passeggere, il seno si deve solo abituare all’allattamento. Se hai dolore al capezzolo dopo qualche minuto che il bambino sta succhiando allora non è attaccato bene al seno.

Forse avrai il desiderio di farti aiutare da un’ostetrica per il primo periodo dell’allattamento ma a pensarci bene basta trovare una donna che abbia avuto esperienza nel farlo e che sia disposta a darti una mano.

Per trovare il piacere di allattare ci vuole solo un po’ di pazienza.

Ci sono alcune cose importanti che in genere nessuno ti dice quando hai intenzione di allattare:

Ogni donna che ha i seni è in grado di allattare. La produzione di latte è sempre adeguata alle necessità del bambino nelle sue varie fasi di crescita e fin dal suo primo momento di vita. Infatti al momento della nascita del bambino gli ormoni nel tuo corpo cambiano e viene prodotta la prolattina, l’ormone responsabile della produzione del latte.

La suzione del tuo bambino induce nel capezzolo l’invio di un messaggio al cervello, informandolo del fatto che il seno ha bisogno di più latte. In risposta, produrrai più latte per la poppata successiva. Durante la lattazione i seni non sono mai realmente “vuoti”. C’è sempre un po’ di latte di “deposito” nel seno.

Il tuo latte non è mai “sbagliato”. Il latte materno è il miglior nutrimento che puoi dare al bambino.

A volte puoi avere la convinzione di avere poco latte. Considera che hai sempre latte disponibile per il tuo bambino. Smetterai di avere latte solo quando il bambino non succhia più al tuo seno.

Pagina 6 su 22

La produzione di latte è aumentata dalla suzione del tuo bambino, soprattutto se poppa durante la notte.

Se credi di averne poco, basta che il bimbo stia al seno più spesso. Dico “credi” perchè spesso qualcuno ti potrebbe indurre a pensarlo, anche a me è capitato. Scarta subito questo pensiero! Se il bambino è allattato “a richiesta” è davvero poco probabile che il tuo latte non basti.

Un neonato può richiedere di succhiare al seno anche 12 volte in 24 ore.

In genere si consiglia di allattare ogni 2 ore e mezzo. In questo arco di tempo il latte viene digerito e il piccolo avrà nuovamente fame.

Esistono tre tipi di latte: il colostro, il primo latte ed il secondo latte.

Nei primi giorni di vita del tuo bambino tu produci il colostro, denso e giallo, ricco di nutrienti e anticorpi. Ogni goccia di colostro è un vero miracolo della natura e contiene carboidrati, anticorpi, proteine, povero di grassi, con un’elevata concentrazione di nutrienti e molto digeribile.

Dal momento in cui il colostro finisce, e fino a quando allatti, produci il latte maturo, composto all’inizio della poppata da primo latte, che è leggero e soddisfa la sete e verso la fine di ciascuna poppata da secondo latte, che è più denso e soddisfa la fame. Primo e secondo latte sono entrambi importanti in ciascuna poppata.

Durante l’allattamento si producono due ormoni: la prolattina induce la produzione di latte e l’ossitocina, che trasmette il messaggio di far scendere il secondo latte. La “calata” del latte può essere avvertita come una specie di formicolio nei seni. Durante i rapporti sessuali entra in circolo l’ossitocina e può dunque capitare di avere sensazioni a livello genitale durante l’allattamento, essendo in circolo proprio lo stesso ormone “dell’amore”. È una cosa naturale, molto naturale.

Quando il tuo bambino non è con te e pensi a lui (oppure quando vedi un altro bambino) puoi avere la sensazione della calata del latte. A volte i seni gocciolano quando pensi al bambino, anche questo è naturale.

Se non vuoi che i seni gocciolino premi la mano o l’avambraccio contro il capezzolo per qualche secondo, spesso funziona.

È fondamentale essere rilassate durante l’allattamento. Nei primi mesi forse è meglio allattare sempre in un luogo tranquillo, dove sai che ti puoi rilassare fisicamente e mentalmente.

In quei momenti dedicati solo al bambino e sarà una bellissima esperienza.

Nel silenzio al ritmo dei vostri respiri ci sarà questo incontro magico tra te ed il tuo bambino, è un modo meraviglioso per conoscervi vicendevolmente. Tutti i tuoi sensi saranno attivi per conoscerlo e farti conoscere da lui.

É un’esperienza unica: guardarsi negli occhi, toccarsi dolcemente, sentire l’odore del latte e della pelle, ascoltare il ritmo della sua suzione e sentire l’uno il calore dell’altro. É davvero stupendo.

Pagina 7 su 22

Prova a trovare la posizione migliore per te: puoi stare sdraiata su un fianco magari con un cuscino sotto la tua testa, oppure seduta comodamente con il cuscino dell’allattamento sotto il tuo braccio e che sostiene il bambino. Trova la posizione migliore per te, inventala!

A seconda del volume dei tuoi seni ci saranno poi modi più comodi per allattare. Se hai seni voluminosi, avrai bisogno di sostenerli con una o entrambe le mani. Puoi sostenere il seno con una mano a coppa, mentre l’altra servirà a dare sostegno alla testa del bambino.

La bocca del piccolo deve essere ben aperta, in modo che l’areola entri soprattutto dalla parte del suo mento. Per accostare il bambino al seno l’approccio è dunque un po’ asimmetrico, con il capezzolo che punta verso il suo naso, in modo che il mento arrivi per primo a toccare il seno. É importante che il bambino possa muovere il collo.

Il viso del bambino è perfettamente adattato per la poppata: ha le narici schiacciate per respirare ampiamente ed il mento sfuggente per far aderire la bocca al seno.

Porta sempre il bambino al seno, e non il seno verso il bambino. Il bambino deve stare con l’addome a stretto contatto con il tuo corpo.

I bambini imparano e si abituano al flusso di latte che sgorga dai seni. All’inizio c’è bisogno di pazienza e pratica per entrambi. Se il flusso del latte è forte, lascia che il bambino stia in posizione verticale e riprenda fiato.

Ogni bambino è unico, alcuni stanno al seno per più di un’ora, altri molto meno. Cerca di non essere di fretta in quei momenti e di organizzare la tua vita intorno all’allattamento, e non il contrario.

Rispettare lo stile di allattamento di tuo figlio lo renderà felice, gli darà la sicurezza e la fiducia che i suoi bisogni verranno soddisfatti dal tuo latte, il quale verrà prodotto in modo perfettamente sintonizzato alle sue necessità.

Esiste poi un preciso motivo per il quale  i seni sono due: prendendo il latte da due seni, il bambino impara a coordinare occhi e mani sia dal lato destro che da quello sinistro.

La pratica ostetrica consiglia di alternare il seno, per una poppata dai il seno destro e per quella successiva dai il seno sinistro. Se dimentichi quale lato hai offerto per ultimo, in genere basta “sentire” la differenza: un seno sarà morbido, l’altro duro e colmo di latte.

Quando il bambino va incontro ad uno scatto di crescita in genere vuole poppare in continuazione. Durante il primo anno questo accade spesso. Generalmente a sei settimane e a tre, sei e nove mesi.

Dopo la poppata alcune popolazioni fanno fare il ruttino, altre no. Nelle popolazioni dove il bambino è tenuto nella fascia questo non avviene. Dopo il pasto il bambino potrebbe mostrare disagio perchè è messo in posizione supina.

Se il bambino ha il reflusso, cioè che rigurgita il latte, cerca di evitare che ingoi aria mentre poppa. A volte può essere d’aiuto una seduta dall’osteopata per equilibrare questo disturbo.

Secondo alcuni esperti il reflusso è presente se la madre consuma grandi quantità di caffeina e/o derivati del latte.

Pagina 8 su 22

Il latte materno è il nutrimento migliore che si può dare al proprio figlio; guardando la tabella degli ingredienti descritta da Veronika Robinson capiamo bene il perché!

Contiene:

carboidrati

proteine

grassi

cloro

calcio

minerali

magnesio

fosforo

potassio

cromo

rame

fluoro

iodio

ferro

manganese

molibdeno

selenio

zinco

Vitamine: A,B, B6, B12, C, D, E, K

biotina

folati

niacina

Pagina 9 su 22

acido pantotenico

riboflavina

tiamina

catalasi

istaminasi

arisulfatasi

antiossidanti

alfa-tocoferolo

antiproteasi- -l-antitripsina

a-l antichimotripsina

prostaglandine E2, F2

IgAsecretorie

anticorpi (assortimento completo)

lisozima

lattoferrina

interleuchina-6

fattore di aggregazione piastrinica

acetilidrolasi

linfociti T memoria

fattore di crescita dell’epidermide

fattore di crescita delle cellule nervose

insulina

fattori di crescita intestinale 1 e 11

relaxina

fattori di crescita di trasformazione alfa e beta

Pagina 10 su 22

prolattina

corticosterone

ormone di rilascio delle gonadotropine

peptide correlato all’ormone paratiroideo

peptidi vari

eritropoietina

Non è possibile creare un latte simile in laboratorio, solo il corpo di una madre può fornire tutto questo al proprio bambino. Ogni madre miscela questi ingredienti in modo adeguato all’età ed ai bisogni specifici del proprio bambino.

Altre importanti considerazioni sull’allattamento al seno sono, che aiuta l’utero a tornare alle sue dimensioni pre-gravidanza;

Il contatto pelle-a-pelle crea un legame sicuro e di benessere con il tuo bambino;

Potenzia il sistema immunitario del bambino, il quale non è sviluppato completamente fino circa ai 6 anni;

Studi scientifici dimostrano che le donne che allattano sviluppano meno malattie correlate (cancro all’utero o al seno);

Il latte materno stronca la meningite e la poliomelite;

Molti studi mostrano che l’allattamento conduce ad uno sviluppo ottimale del cervello;

Il latte materno contiene più di 200 agenti immunitari che non possono essere replicati in laboratorio, inoltre contribuisce a proteggere il bambino dalle allergie e riduce la progressione di gravi malattie;

Poppare al seno aiuta il bambino a sviluppare la coordinazione occhio-mano e la lateralizzazione destra-sinistra (soprattutto se alterniamo il lato dal quale il bambino poppa);

Risparmi tempo e denaro;

Il bambino riceve nutrimento e consolazione durante l’allattamento, frutto del tuo amore per lui.

È probabile che il bambino allattato e non vaccinato non si ammali mai oppure molto poco, in caso si ammalasse lo puoi tenere al seno tutta la notte. Il latte è il miglior rimedio per i suoi disturbi o malesseri.

Pagina 11 su 22

Per quanto riguarda invece i vari disturbi che potrebbero insorgere al capezzolo e al seno la cosa migliore è la prevenzione.

Per le ragadi al si consiglia di tenere asciutto il capezzolo, meglio senza reggiseno e coppe assorbilatte, semplicemente potresti portare una maglietta di ricambio se esci di casa in caso che il latte sgorghi.

Un altro rimedio è una crema alla calendula, data direttamente sul capezzolo. Attenzione agli ingredienti chimici delle creme (vedi paragrafo “saponiamo”).

A volte capita di avere ingorghi o mastiti al seno, ad esempio quando sei affaticata oppure quando il bambino non è attaccato correttamente al seno quando allatti.

Ci sono rimedi naturali efficaci ma la migliore cosa rimane la prevenzione: riposati il più possibile, trova dei momenti di relax e fatti aiutare per le faccende di casa.

In caso ci fossero ingorghi al seno puoi fare degli impacchi caldo-umidi con un telo umido e poi sopra di esso la borsa dell’acqua calda.

Un altro tipo di impacco è quello con l’argilla verde (la migliore è l’argilla verde ventilata).

Inoltre il seno va svuotato completamente dal latte quando ci sono gli ingorghi. Se senti che il bambino non lo ha svuotato completamente potresti spremerlo manualmente oppure usare un tiralatte.

Cambiare ad ogni poppata la posizione del bambino è un altro modo per prevenire gli ingorghi al seno: Ad una poppata tienilo con il corpicino rivolto verso la tua pancia, a quella dopo tienilo sotto il braccio con i suoi piedini rivolti verso la tua schiena, reggendogli la testa con la mano per attaccarlo bene al seno.

Volpi o Koala? La Barbero e la Sagone nel loro libro fanno questa bella descrizione di queste due specie di mammiferi e mi hanno indotto ad un “eureka!”:

“Vi sono specie da tana e specie da contatto continuo. Nel primo gruppo (le volpi) i cuccioli sono tenuti al sicuro in un rifugio inaccessibile ai predatori, mentre i genitori si assentano per lunghi periodi per nutrirsi, tornando alla tana dopo lunghi intervalli, per allattare la prole. Caratteristica di questa specie è un latte molto concentrato, che sazia i cuccioli per molte ore.

Le specie a contatto continuo (i koala) invece, garantiscono la sicurezza dei cuccioli portandoli sempre addosso. Il latte di questa specie è digerito molto in fretta e la vicinanza di madri e piccoli è garantita proprio dalla necessità di un allattamento frequente. La specie umana, che appartiene chiaramente al secondo gruppo, nelle ultime generazioni ha acquisito abitudini “da tana”. Ma l’organismo e gli istinti dei cuccioli e delle madri non sono preparati ad adottarne anche i comportamenti.

Nel mondo esiste la Lega del Latte, si possono contattare donne disposte a darti una mano telefonando o mandando una email.

Pagina 12 su 22

Il sito della Lega italiana del Latte è  il seguente:

http://www.lllitalia.org/index.php?option=com_frontpage&Itemid=1

Sogni d’oro

Il bambino è un cucciolo, e come tale ha bisogno di condividere il sonno con la madre e il padre, nel calore del lettone, a contatto con l’ odore e con la pelle dei genitori. È importante per il bambino sentire il battito del cuore materno, il suono che lo ha accompagnato per nove mesi nel pancione.

Esistono mammiferi che dormono lontani dai loro cuccioli?

Anche la madre ha bisogno del contatto col proprio piccolo, di sentire il suo odore ed il suono rassicurante del suo respiro.

Il piccolo può dormire tra voi due genitori, senza cuscino in modo da poter muovere la testa. Le coperte non lo intralciano. Nei mesi invernali meglio non usare piumoni fatti con le piume, ma coperte di lana.

La paura di schiacciare il bambino nel sonno non ha fondamenti. Bisogna avere fiducia nel fatto che il cervello ha registrato il fatto che c’è un cucciolo nel lettone e quindi  il genitore non lo schiaccerà.

Degli studi hanno dimostrato che, se il bambino non ha la possibilità di condividere il sonno con i genitori nel primo anno di vita, chiederà di dormire nel lettone durante molti anni della sua l’infanzia.

Il linguaggio del bambino

Sembra incredibile che il bambino “dica” qualcosa già dai primi mesi di vita, invece è proprio così secondo quanto scoperto da Priscilla Dunstan, che ha scritto degli interessanti libri sul “baby language”.

Il bambino emette dei suoni e, se ascolti attentamente, ce ne sono alcuni, associati ai suoi primi e fondamentali bisogni di vita. La Dunstan ha scoperto 5 suoni:

NEH: fame

EH: ruttino

EAIRH: aria nel pancino

HEH: malessere, troppo caldo, troppo freddo, bagnato

OWH: sonno

Noterai inoltre che il bambino non urla fin da subito, lui si esprime prima in modo calmo e con un tono basso. Se la sua richiesta non viene capita o ascoltata lui aumenta il volume dei suoni. Se nessuno ascolta il bimbo inizia a piangere. Può sembrare proprio come se fosse una sirena o un allarme. Il suo pianto diventa disperato per far capire che vuole attenzioni per soddisfare i suoi bisogni. Questo è l’unico modo che conosce per esprimersi.

Pagina 13 su 22

Se la madre ascolta i segnali e i suoni del bambino, lui non ha bisogno di piangere o meglio, non ha bisogno di arrivare al pianto. Possiamo imparare ad essere madri attente, amorevoli e disponibili.

Se il bambino piange perchè ha l’aria nella pancia avvolgilo in una copertina di lana e tienilo rivolto verso il tuo corpo oppure adagiato con il pancino su un braccio e prova a cullarlo, spesso trova sollievo. In genere è bene tenere il bambino al caldo, nei mesi freddi sempre con un cappellino sulla testa e una tutina di lana e seta sotto i vestitini. Se lo tieni nella fascia sarà inoltre a contatto con il calore del tuo corpo e soffrirà meno di coliche.

Evita di far piangere inutilmente il tuo bambino. Cosi facendo il bambino impara a dover piangere fino allo stremo per ottenere qualcosa ed il legame fra te e tuo figlio risulterà più freddo, facendolo sentire più insicuro. Il pianto non fa bene al bambino, se strilla per un ora e dopo, esausto, cade addormentato non lo fa perchè aveva sonno, bensì come reazione allo stress subito. Questo non è nè sano , nè sicuro e incide negativamente sugli organi interni, la sua respirazione e il suo sviluppo neuronale.

Attività motoria

Questo argomento a mio avviso è molto sottovalutato dalle madri. Ho avuto la fortuna di frequentare molti corsi con professionisti, ostetriche e pediatri che mi hanno aiutato a capire meglio cosa fosse adeguato per il mio bambino che stava crescendo e sviluppando i suoi muscoli.

Pensaci! Ogni gesto può essere nuovo per il tuo bambino. Ogni giorno può essere capace di fare una cosa che fino a ieri non era in grado di fare, che grande conquista! E tu, mamma, puoi assistere a questo vero miracolo, il tuo bambino è una vera forza della Natura se lo lasci sperimentare, esplorare, essere semplicemente se stesso!

A volte mi sono resa conto che la cosa migliore che potessi fare era semplicemente stare ferma e sostenerlo in ciò che stava facendo con grande curiosità. In quei momenti non ci sono parole, lui è davvero libero di fare, e tu non hai bisogno di dirigere la sua attenzione da qualche altra parte, stai semplicemente lì con lui, non serve altro.

Torniamo per un attimo al momento della nascita: Da quel momento in poi, finchè sarà in grado di mangiare in autonomia o camminare, il piccolo ha bisogno di ricevere ogni cosa dalla madre. É stato nove mesi avvolto dalla placenta della mamma, che lo ha nutrito e protetto. Non ha avuto bisogno di respirare e di fare molte attività che invece adesso fuori dal pancione deve imparare a fare. Ora ha bisogno di abituarsi con gradualità al nuovo mondo! Possiamo farlo crescere al meglio rispettando i suoi stadi motori:

Le prime 4/5 settimane ha bisogno di stare con te, poppare moltissimo, dormire ed essere cambiato. Ha bisogno di amore e più tu gliene dai, più te ne darà in ogni sguardo, in ogni sorriso.

Fino a circa 3/4 mesi tieni il bimbo quasi sempre in fascia o sdraiato. Al 3 /4 mese, oltre a  tenerlo in fascia, inizia a girarlo sui lati e sulla pancia in modo che possa sviluppare meglio la sua muscolatura del dorso. Poi vedrai che un bel giorno da sdraiato si girerà sulla pancia. E da lì in poi sarà bene tenerlo “a terra” magari mettendo dei tappeti da ginnastica in terra coperti da teli di cotone.

Pagina 14 su 22

Dal giorno in cui ha scoperto che si può girare su se stesso, il bambino lo fa con grande piacere!

Successivamente proverà a mettersi a quattro zampe e sperimenterà di potersi muovere “verso” le cose che desidera afferrare.

In seguito potrà essere in grado di gattonare. Ora abbiamo bisogno di mettere in sicurezza la casa, che spesso è piena di spigoli.

In questo periodo sarà poi in grado di sedersi e successivamente di fare dei tentativi per stare in piedi e camminare.

Considerando che ogni bambino ha un suo personale ritmo nell’imparare a “fare”, anche per il movimento è così: non tutti i bambini gattonano a 8 mesi ad esempio. Ogni bambino è unico! Cerchiamo di trovare quella giusta misura nel guidarlo senza imporci, nell’essere sempre presente per accompagnarlo nel suo viaggio verso il mondo.

Evita i supporti girevoli (detti girelli), sono dannosi per lo sviluppo motorio.

Se il bambino non ha la possibilità di gattonare non riuscirà a sviluppare correttamente la coordinazione mano – gamba che gli permetterà successivamente di camminare.

Ciuccio

Ho notato in molte famiglie che il ciuccio viene dato al bambino appena piange. Gli esperti dicono che il bambino piange perchè questo è il suo unico modo di esprimere un suo bisogno, dunque perchè cercare di zittirlo mentre si sta esprimendo?

Spesso viene dato il ciuccio a bimbi così piccoli che non sono nemmeno in grado di sputarlo e di dire quello che veramente vogliono. Veronika Robinson afferma che il ciuccio è “sempre un rimpiazzo, al posto di cibo, amore o conforto”.

La madre ha il compito e l’onore di accudire un figlio e se cerca di farlo smettere al più presto di piangere con un surrogato di plastica del seno materno, non sarà per il bambino la stessa cosa che sentire col tatto il calore del seno materno, si abituerà a qualcosa di finto e freddo e sarà un’occasione persa per entrambi di stare insieme, in sintonia.

Confortare un bambino che piange può voler dire cullarlo, cantare una canzoncina calmante o una ninna nanna dolce oppure semplicemente porgergli il seno. Questo atto di amore materno è davvero il più semplice e, se ti guardi dentro, è un gesto naturale e istintivo.

Pannolini

Esistono molti tipi di pannolini. Quelli molto pubblicizzati sono, in genere, quelli peggiori perchè fatti di materiali sintetici. Inoltre inquinano aumentando in modo eccessivo la quantità di immondizia che una famiglia produce giornalmente.

Pagina 15 su 22

Per un consumo etico ed ecologico sarebbe preferibile utilizzare i pannolini compostabili, fatti di materiale biodegradabile. Attualmente uno dei migliori produttori è la ditta “Naty” e l’ acquisto si fa anche in rete.

È possibile avere un grosso risparmio su questo fronte se si usano i pannolini lavabili. Attualmente ci sono moltissime ditte che ne producono usando vari materiali. Una ditta che produce un pannolino abbastanza facile da lavare e molto veloce nell’asciugarsi è la “Imse Vimse”, ma ce ne sono molte altre

Pipì e popò

La popò del bambino ha vari colori, a seconda del periodo di crescita e di ciò che mangia. La prima popò si chiama meconio, è verde scuro e viene dal colostro.

Durante la montata lattea il colore è verde o giallo, la consistenza è cremosa e odora di yoghurt.

Durante l’allattamento il colore è giallo senape, la consistenza è densa e odora di yoghurt.

Se dai il latte artificiale il colore è marroncino, la consistenza è solida e odora di aceto.

L’intestino del bambino funziona benissimo, esso sa come fare a crescere, bisogna solo imparare a fidarsi. È naturale che debba imparare a premere per scaricarsi ( nel pancione non l’ha mai fatto).

I neonati fanno popò da una volta ogni 2/3 giorni fino a 7 volte al giorno.

Quando il bambino proprio non riesce a fare la popò alcuni esperti consigliano l’uso del sondino, facendolo diventare un abitudine. Bisognerebbe rifletterci bene prima di usarlo, infatti è utile solo in rarissimi casi.

Al momento dello svezzamento e con l’introduzione di cibi solidi potrebbe sorgere un po’ di stitichezza. In genere è passeggera. Allattare al seno mentre si inseriscono altri alimenti può evitare questo tipo di stitichezza.

È possibile imparare a riconoscere i segnali del bisogno di fare la popò: l’espressione del viso, il tipo di pianto, l’atteggiamento del corpo. Così si può giocare assieme al bambino a farla portandolo in bagno, tenendolo in braccio, sostenendolo per alcuni minuti per le cosce, con la schiena appoggiata al nostro petto e le gambe aperte e flesse.

Quando il bambino è in grado di stare seduto da solo è possibile giocare col vasino. Fare popò è un’esperienza piacevole, gratificante e che dà benessere. Lasciamo a lui la scelta dei tempi senza fargli pressioni di alcun genere. Quando si usa il vasino i piedini devono avere una superficie piana su cui poggiare per poter spingere con facilità.

Il pannolino usa e getta porta il bambino a rendersi conto tardi di ciò che accade quando fa pipì e popò, perché non vede quello che “ha prodotto”(per i bambini piccoli è molto gratificante vedere che riescono a produrre da soli qualcosa). Magari possiamo iniziare con gradualità il gioco del vasino. Proviamo anche a permettergli di “vedere” cosa c’è dentro al pannolino prima di buttarlo via. Così si agevola il riconoscimento della connessione tra stimolo e il “prodotto” del fare pipì e fare popò.

Pagina 16 su 22

A circa 3 anni può avvenire che il bambino si opponga al voler fare popò. In ogni caso questa situazione va prevenuta imparando prima a rilassare il perineo. Se il bambino non impara a rilassare questi muscoli, al momento dello stimolo non riuscirà a liberarsi.

Come genitore bisogna avere fiducia e rispetto dei tempi del bambino, così da far crescere bene il bambino anche in questo aspetto della vita.

La fascia portabebè

Secondo le ricerche scientifiche il neonato deve sviluppare la struttura fisica e muscolare per potersi sorreggere da solo, camminare, stare seduto. Questo processo è graduale e noi adulti abbiamo bisogno di accettare i ritmi naturali di questo sviluppo.

Per nove mesi il feto è stato avvolto dal calore materno, protetto da urti, rumori e quant’altro dalla placenta e dal liquido amniotico. Al momento della nascita ha bisogno di lentezza e gentilezza per potersi abituare ad un mondo non più acquatico e caldo. Ha bisogno di tempo per sviluppare tutte le capacità motorie. Come madri possiamo aiutare il bimbo e sostenerlo in una sua personale gradualità di sviluppo.

Sentire il contatto avvolgente è fondamentale per un neonato e la fascia è molto d’aiuto in questo.

É un ottimo modo per farlo sentire al caldo, al sicuro e protetto completamente. A contatto con la tua pelle ha la possibilità di termoregolarsi.

Il contatto con la pelle, l’odore della mamma ed il sostegno sono fondamentali per il suo sviluppo sano ed equilibrato a livello fisico ed emotivo.

La fascia può essere usata fin dal primo giorno di vita e consente al bambino un corretto sviluppo delle anche ed una corretta postura della colonna vertebrale.

Nei primi mesi di vita il piccolo spesso piange per vari motivi. Ho avuto l’esperienza che più il bimbo sta a contatto e in fascia e meno piange, è più rilassato e dorme con serenità.

Nei momenti in cui ha voglia di dormire metterlo in fascia e passeggiare può essere di aiuto, anche quando il bimbo ha 3 anni.

Ci sono vari tipi di fascia:

Quella lunga elastica (in genere è fatta in Jersey) è morbida e si può usare fino ai 7 kg del bambino.

Si può portare il bimbo “pancia a pancia”.

Quella lunga di cotone si può usare dal primo giorno di vita fino ai 15 kg. Si può portare il bimbo “pancia a pancia”, sul fianco e sulla schiena.

Io preferisco acquistare questo tipo di prodotti se l’azienda garantisce che il cotone sia biologico certificato e che non siano presenti agenti tossici o nocivi nel tessuto.

Pagina 17 su 22

Prova a informarti, forse nella tua zona riesci a trovare qualche mamma che non usa più la sua fascia e la può prestare!

Il marsupio.

Esistono molti tipi di marsupi ma non tutti garantiscono una corretta postura del bambino. Bisogna assicurarsi che il marsupio abbia una base molto larga, in modo che le gambine ed il sederino abbiano la posizione ad “M”. Cioè le ginocchia più in alto del sederino.

Per orientarmi all’acquisto della fascia e del marsupio ho trovato molto utile questo sito:

http://www.fasceportabebe.com/fascia-porta-bebe-amazonas

Il ragionevole dubbio sui vaccini

Generalmente al genitore viene detto che è necessario vaccinare il proprio bambino. In Italia (ma in altri paesi europei non è così!) il bambino viene vaccinato per la prima volta a tre mesi di vita, alcuni pediatri vaccinano addirittura prima dei tre mesi.

Il vaccino è un farmaco creato in laboratorio dalle case farmaceutiche. Come tale ha molti ingredienti tra cui metalli pesanti. Gli ingredienti sono: idrossido di alluminio, mercurio ( Thiomersal) chick embryo cell culture, WI-38 human diploid lung fibroblasts, MRC-5 cells ed altre sostanze usate per prevenire la contaminazione batterica del liquido vaccinale.

Contengono molti conservanti: il polisorbato 20 e 80, aluminium phosphate, thiomersal formaldehyde, gutaraldehyde, sucrose, hydrolyzed gelatin, sorbitol, monosodium L-glutamate, sodium phosphate dibasic, human albumin, sodium bicarbonate, potassium phosphate monobasic, potassium chloride, photassium phosphate.

Contengono antibiotici come la neomicina e la polimixinaB ed altre sostanze di cui non si conoscono gli effetti a breve e lungo termine perchè protetti da brevetto ( Mueller’s Growth Medium, Mueller-Miller casamino acid medium, Stainer-Scholte medium, CMRL 1969 medium, Mueller-Hinton agar, Watson scherp.).

In Italia ci sono 4 vaccini cosiddetti “obbligatori”: Poliomelite, Difterite, Tetano, Epatite B.

Sii consapevole che al tuo bambino verranno somministrati 7 vaccini: questi 4 più tre: Pertosse, Haemophilus B, Pneumococco.

La Farmacovigilanza prevede che al momento del vaccino deve essere consegnato al genitore un foglio per segnalare eventuali effetti collaterali scatenati dal vaccino.

Pagina 18 su 22

Gli effetti collaterali del vaccino possono essere febbre, tosse, irrequietezza, diminuzione di sonno e molto altro.

Esiste una legge sui danni da vaccinazione, la L. 220/1992. Questa prevede degli esami da fare prima della vaccinazione per sapere se l’organismo del bambino è in grado di sopportarle. Sii consapevole che il Ministero della Salute non ha mai formalizzato questi esami.

Sii consapevole che entro i 24 mesi di vita il tuo bambino riceverà dai 27 ai 30 vaccini, ognuno con i conservanti e gli adiuvanti sopra elencati.

L’Italia è uno dei pochi paesi dove a 3 mesi si fanno 7 vaccinazioni contemporaneamente.

Il vaccino antimeningococco b è sottoposto ad un programma di sorveglianza speciale per valutarne i rischi.

Vi siete mai chiesti che senso ha vaccinare un bambino di 3 mesi contro l’Epatite B? L’Epatite B è una malattia che si trasmette per contagio sessuale o da sangue infetto. Quante probabilità ha un neonato di contrarre il tetano?

La legge prevede l’Obiezione alle vaccinazioni attraverso l’Obiezione attiva e inoltre prevede che un bambino non vaccinato può frequentare qualsiasi comunità infantile e scuola di ogni ordine e grado, secondo il Decreto del Presidente della Repubblica n. 355 del 26/01/1999.

Inoltre non sarebbe più corretto, prima di somministrare una serie di vaccini ad un bambino di 3 mesi, fare una visita accurata, raccogliere l’anamnesi familiare, individuare le malattie ereditarie e autoimmunitarie presenti nella parentela e valutare, dopo i test previsti dalla legge, sull’opportunità di vaccinare o no il lattante?

Se hai altri dubbi puoi contattare delle associazioni che si occupano delle vaccinazioni e dei danni da vaccinazione: Comilva oppure Assis. Queste associazioni sono gestite da Medici, Avvocati e genitori. Puoi contattarli se desideri avere maggiori informazioni riguardo all’Obiezione attiva.

Svezzamento

Lo svezzamento ha inizio quando il bambino mostra interesse per i cibi che mangiano gli adulti che gli stanno accanto, inoltre deve aver messo i denti e camminare, sono queste le condizioni biologiche e psichiche per lui ottimali per poter sperimentare nuovi cibi.

Esistono vari libri per prendere spunto sui cibi da introdurre al bambino, uno che trovo molto esaustivo riguardo al tema dell’alimentazione infantile è quello di Barbero e Sagone.

Una riflessione interessante viene fatta anche dagli autori del libro “Io mi svezzo da solo”.

Giochi

Il bambino ama esplorare l’ambiente e le cose intorno a lui, osservandolo si nota che ama giocare con le cose che trova accanto. Non c’è davvero bisogno di riempirlo di balocchi preconfezionati o di plastica.

Pagina 19 su 22

Hai mai visto un bambino che esplora un cucchiaio di legno (quello che usa la mamma per cucinare) e poi scopre che battendolo su una pentolina “suona”? Il bambino gioca con le cose più semplici che si trovano in casa, lo fa con grande gioia e dedizione, è un vero esploratore!

Sono da evitare per i primi 7 anni di vita del bambino gli stimoli elettrici ed elettromagnetici come la TV, il computer, lo smartphone o il tablet. Spegni il WiFi quando non lo usi.

Usare ad esempio la TV per offrire svago al bambino, o peggio per farlo “stare buono” ostacola la sua creatività, lo sottopone a inquinamento elettromagnetico e intorpidisce il cervello, precipitandolo in uno stato ipnotico dopo 1 minuto che guarda lo schermo.

Ritmare il giorno con le canzoncine

Il bambino ha bisogno di un ritmo durante la giornata, preferibilmente potendo fare sempre le stesse cose sempre agli stessi orari. Un ottimo modo per introdurre un’attività, come ad esempio il bagnetto, è una canzoncina, magari inventata da te apposta per questo speciale momento. Lo stesso si può fare con tutte le altre attività del giorno. Vedrai che il bambino, anche di pochi mesi, riconosce la melodia e gioisce nell’apprestarsi a fare quella particolare cosa.

Il momento dove la canzoncina serve maggiormente è quello della nanna, infatti da millenni le madri cantano la ninnananna ai propri bambini.

Parla spesso con il tuo bambino, comunicagli cosa ci si appresta a fare, con un tono calmo e caldo, lui ti comprende senza ombra di dubbio.

Dell’importanza di questo modo di agire forse te ne renderai conto nel momento in cui un giorno ti scordi, ad esempio, di cantargli la canzoncina del “cambio del pannolino”. Lui protesta e piange perché si sente improvvisamente toccato per essere svestito ma non comprende, visto che non glielo hai comunicato, il perché. Come ti sentiresti tu se tutto ad un tratto qualcuno ti svestirebbe senza dartene motivo alcuno?

Saponiamo?

È importante scegliere bene i prodotti cosmetici, detersivi per la casa e prodotti per la detersione del corpo di tutta la famiglia. Ci sono infatti alcuni ingredienti chimici molto dannosi per il corpo, che, se contenuti nelle creme e nei saponi, aggrediscono la pelle ed il suo strato protettivo naturale, penetrano negli strati profondi della pelle e si accumulano all’interno del corpo come tossine provocando danni agli organi, anche gravi.

Prima di acquistare cosmetici, saponi e detersivi per tutta la casa leggi gli ingredienti, se contengono questi elencati ora, evita di comprarli:

Sodium Lauryl Sulfate

Sodium Laureth Sulfate

Mineral Oil

Paraffina

Pagina 20 su 22

petrolati

petrolatum

vaselina

PEG

PPG

Parabeni

Essenze di erbe

DEET, Dietiltuamide

Trementina

idrocarburi alifatici e aromatici

Gas propano e gas butano

Farmaci

Alcuni farmaci come gli antibiotici, gli anti infiammatori e il cortisone vanno evitati sia in gravidanza che in allattamento e sono dannosi anche se dati al tuo bambino.

La cosa migliore è la prevenzione e l’attenzione alla propria salute attraverso una alimentazione sana, molta attività fisica, la meditazione, le relazioni umane sane e gioiose. È possibile rivolgersi a medici omeopati, medici agopuntori, medici antroposofi e altri professionisti che curano l’insieme della persona per sintomi di varie malattie, anche gravi.

L’educazione del bambino

Come genitore stare accanto al tuo bambino è fondamentale e spesso il “come” è più importante del “quanto”. Offrire al bambino un clima educativo amorevole, calmo, con un ritmo di vita libero ma non disorganizzato sarà la base per uno sviluppo psicologico e corporeo armonioso e vitale. Il tuo bambino ne ricaverà sicurezza e affetto, che sono forse le due cose fondamentali per andare verso il mondo in modo autonomo, sereno e sicuro.

Ci sono molte scuole di pensiero sull’educazione infantile, ad esempio vorrei citare i contributi di Maria Montessori e Rudolf Steiner.

Vorrei riassumere in modo breve e sommario uno schema montessoriano sull’autonomia della persona dai 0 ai 6/7 anni, proposto dal Grazia Honegger Fresco nel suo libro “Essere genitori”:

Il bambino è un essere attivo fin dal suo primo giorno di vita. Lui matura con lentezza e solo in apparenza è un Essere passivo, osservandolo potrai notare come dopo i primi mesi di dipendenza totale sviluppa una grande capacità di adattamento e di trasformazione. La responsabilità maggiore di questo processo, che dall’individuale sfocia nel sociale, è degli adulti.

Pagina 21 su 22

Essi pregiudicano, con le loro scelte lo sviluppo del bambino.

Le potenzialità creative del bambino si possono esprimere solo se  l’ambiente in cui quotidianamente vive lo consente: i genitori, la casa, il nido/scuola, la collettività, il paese, la città. In questo momento la realtà intorno a noi è sempre protesa verso l’avere, il consumo, il possedere a scapito dell’ ESSERE nel qui ed ora. Il bambino “libero” nei primi anni di vita è calato totalmente nel qui ed ora e forse possiamo riscoprire nuovamente, assieme a lui, questo atteggiamento di vita. Lui diventa il nostro Maestro!

La crescita del bambino parte da una dipendenza neonatale, che richiede un impegno 24 al giorno da parte della madre, e arriva gradualmente ad una sua autonomia, l’essere capace di adattarsi al vivere senza più richiedere aiuto agli altri. È importante per lui poter vivere fino in fondo la dipendenza iniziale e gradualmente imparare a farne a meno, autoregolandosi. Il bambino, fin dalla nascita, sa bene da sé, senza imposizioni di orario, quanto e quando succhiare al seno, dormire, fare pipì e popò.

Seguire il ritmo digestivo del bambino vuol dire essere disponibile a nutrirlo ogni 2 ore e mezzo circa. Provare a non offrire il seno appena piange, ma essere disponibile a cogliere la diversità delle sue richieste (come proposto dalla Dunstan). Questo valorizza le capacità di autoregolazione del bambino e potrai osservare che presto lui vorrà prendere da sé, portare alla bocca, spostare gli oggetti e molto altro. Quello che fa la madre in questo processo è seguirlo amorevolmente giorno per giorno e offrirgli le occasioni senza spingere o anticipare o peggio ancora abbandonarlo a se stesso.

Non ti sostituire al bambino. Non pensare di dover fare al posto del bambino perchè lui “è piccolo”. Non impedirgli di sperimentare nei movimenti del corpo. Gli adulti spesso si sostituiscono al bambino. Il risultato è che il bambino si sentirà incapace o impotente nel trovare un contatto positivo con altre persone e con le cose finendo per pensare “non lo so fare” “non sono capace”, “fammelo tu”…

Il bambino ha bisogno di ascoltare e di dialogare fin dalle prime settimane. Non pensare che, solo perchè non parla, non capisce ciò che gli dici e in generale ciò che viene detto dagli adulti o dagli altri bambini. Osservandolo con amore vedrai che, a modo suo, egli dialoga e si fa capire perfettamente.

Il bambino ha bisogno di FARE per CAPIRE e lo fa sviluppando i propri sensi, questo avviene con gradualità. Lui impara attraverso l’esplorazione (di sé e dello spazio), la ripetizione e la concentrazione.

Ha bisogno di continuità e di gradualità nelle esperienze sia nella scoperta di sé, che nell’orientamento nello spazio.

Ha bisogno di essere protetto dai pericoli ma non di essere soffocato mentre scopre se stesso, gli altri e il mondo.

Se i genitori si sostituiscono al bambino egli non crescerà, prolungando l’infanzia fino all’età adulta.

Pagina 22 su 22

Il suo cammino verso l’autonomia comincia con le richieste di autoregolazione nel cibo e nel sonno e procede, fin dalla nascita, con gradualità sulla spinta dei periodi sensitivi (movimento, linguaggio , orientamento ect). Questi periodi sensitivi si concludono entro i 3 anni circa, anche quando vengono utilizzati poco. Dopo i 3 / 4 anni invece la mente prende il sopravvento.

Ogni aspetto dello sviluppo del bambino elencato fin’ora è in una relazione circolare con il resto della sua personalità, gli studi scientifici confermano che l’essere umano cresce unitariamente nei vari aspetti di sé: il corpo fisico, la psiche, la mente e l’emotività.

Il massaggio del bambino

È possibile imparare dei semplici massaggi per neonato che coinvolgono tutto il suo corpicino. Ce ne sono di specifici per alleviare il dolore al pancino dato dall’aria.

Chiediamo sempre il permesso al piccolo prima di iniziare un massaggio. È importante non massaggiare il pancino subito dopo i pasti oppure quando ha sonno o piange.

Il bambino ama essere massaggiato e sviluppa presto delle preferenze, ad esempio potrebbe non avere piacere nell’essere toccato nella zona della testa e della nuca mentre invece avrà molta gioia nel massaggio dei piedini. Il tocco dolce ma deciso di un massaggio fanno sentire il bambino protetto e lo aiuta nello sviluppo dei confini di sé.

Il momento del massaggio è un momento nel quale interagire e comunicare diventa una vera scoperta. Può diventare un momento di gioco gioioso. Forse inizieranno proprio in questi momenti i primi “discorsi” con tuo figlio.

Infine vorrei citare l’autore Khalil Gibran, che dà delle bellissime immagini dell’essere genitore: “Il bambino nasce attraverso di te ma non è tuo. Lui è solo di se stesso e ha il diritto di esprimersi e di vivere al meglio. Dagli il tuo amore, ma non i tuoi pensieri, lui ha i suoi. Dà una casa al suo corpo, ma non alla sua Anima; la sua Anima abita nella casa del domani, alla quale non puoi accedere, neanche nei tuoi sogni. Hai la possibilità di assomigliare a tuo figlio, ma non provare a renderlo simile a te. La vita non va verso il passato, tantomeno rimane nel momento appena trascorso”.

Bibliografia

Barbero, A. Sagone, “La cucina etica per mamma e bambino” 2010, Edizioni Sonda, Casale Monferrato

Grazia Honegger Fresco, “Essere genitori”, 1987, red edizioni Novara.

Khalil Gibran, “The Prophet”, 1972, A. Knopf, New York.

Sheila Kitzinger, “Nutrilo al tuo seno”, 1989, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano.

Frederik Leboyer, “L’arte di partorire”, 2008, Red Edizioni, Milano.

Frederik Leboyer, “Per una nascita senza violenza”

Michel Odent , ”Il bebè è un mammifero”, 1992, New Press, Como.

Veronika Sophia Robinson, “Allattare secondo natura”, 2009, Editrice Aam Terra Nuova Firenze.

 

Silvia F.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Fare il cameriere: ci vuole coraggio e umiltà

Pagina 1 su 3

Fare il cameriere è un lavoro che viene visto su più punti di vista e si divide in due tipi di camerieri.
Ci sono quelli raffinati che lavorano nei ristoranti di alta classe, impeccabili e servizievoli, e quelli invece più sciolti che lavorano nelle trattorie o nelle pizzerie.

Circa dieci anni fa i miei genitori aprirono un agriturismo in campagna per poter valorizzare i prodotti della loro azienda agricola, io allora avevo solo dodici anni ma questa “novità” mi entusiasmò moltissimo.

Allora pensavo che da grande sarei diventato uno scienziato oppure un cuoco, perciò l’agriturismo era per me l’avverarsi di un sogno. Mi sono fin da subito rimboccato le maniche, colonizzando per prima cosa l’angolo bar. Partii alla carica prendendo confidenza con la macchina del caffè e coi vari bottiglioni dei liquori che a quanto pareva alle persone piacevano moltissimo. Per me era una cosa davvero strana perché i miei genitori non li bevevano mentre gli altri li scolavano come fossero acqua.

La sala però mi spaventava terribilmente, vedere tutte quelle persone mi bloccava, ero molto timido e diventavo tutto rosso per l’imbarazzo.

Il primo anno mi sono limitato soltanto a portare i caffè e i digestivi (e assaggiare le nuove pietanze che la cuoca preparava) poi però mi sono lentamente sbloccato e ho iniziato a servire ai tavoli, mi sentivo a disagio, mi tremavano le mani, non sapevo come afferrare molti piatti e quando mi cadeva una forchetta spesso le persone iniziavano a battere le mani tutte insieme e a ridere di me, rendendomi furente e facendomi sentire uno schifo. Per la vergogna scappavo via e mi chiedevo perché le persone si comportassero così e se io avessi potuto evitarlo un giorno. Fare il cameriere non mi piaceva più.

Ma le cose sarebbero cambiate, eccome! Solo che ancora non lo sapevo, non avevo ancora imparato ad apprezzare questo lavoro che invece mi ha dato moltissime soddisfazioni e mi ha insegnato molto.

In quel periodo pensavo che le persone fossero la peggior piaga per il pianeta, come si poteva essere spietati con un ragazzino di tredici anni? Più mi sentivo a disagio e più le persone mi mettevano sotto pressione, ogni giorno entravano persone arrabbiate e tristi che si sentivano in dovere di scaricare il loro nervosismo su di me e sugli altri camerieri, perché fare il cameriere significa scendere uno scalino sotto le persone, significa diventare invisibili.

Il primo insegnamento che mi ha dato questo lavoro è stato comprendere il valore dell’umiltà. Un cameriere non deve essere arrogante né superbo, le persone non ci mettono nulla ad abbassarti la cresta. Finché non ti metti uno scalino più in basso rispetto alle persone non puoi comprendere il valore dell’umiltà, devi controllare il tuo ego.

Il secondo insegnamento è stato mantenere l’equilibrio (non solo quello dei piatti!) . Devi saper controllare le tue emozioni. Le persone ti grideranno addosso e la loro rabbia deve scivolarti via come l’acqua della doccia, devi imparare a non arrabbiarti, a fregartene di quello che dicono gli altri. Le persone ti metteranno pressione, fretta e disagio. Tu devi imparare a fregartene. Io da piccolo mi arrabbiavo e scaricavo poi il mio nervosismo piangendo o lamentandomi coi miei genitori che poi di conseguenza lavoravano peggio, dovendosi fare carico anche della mia negatività.

Pagina 2 su 3

Col tempo ho imparato a prendere confidenza con questo lavoro scoprendo poi tutto il buono che esso avesse da offrire, nonostante la prima buccia amara. All’inizio avevo una grandissima paura di parlare con le persone poi però mi sono sbloccato e ho scoperto che non avevo nessun motivo per averne paura, le persone non erano tutte negative come credevo io, c’erano tantissime persone buone, simpatiche e divertenti. Molte persone mi raccontavano la loro vita, mi davano i loro preziosi consigli che avevano imparato in anni di vita. Ognuno di loro mi insegnava qualcosa e io imparavo a confrontarmi con gli altri, scoprendo quanti diversi punti di vista potessero avere le persone.

Ho iniziato così a non temere più il prossimo e a crearmi un’identità sempre più forte e salda, imparando dagli altri. Ricordo che una donna un giorno mi disse “la vita è troppo breve per fare esperienza solo su se stessi, molte cose si devono imparare osservando gli altri”. Questo è stato il miglior insegnamento che mi sia mai stato dato.

Ho imparato ad osservare le persone, il loro modo di fare, vedevo persone stupite nel vedere un ragazzino così piccolo lavorare e parlare di molti aspetti come un adulto e questo rafforzava la mia bassissima autostima. Ero molto maturo per la mia età, a tredici anni avevo il massimo dei voti a scuola, lavoravo con impegno e dedicavo tantissimo tempo ai miei fratellini, dato che i miei genitori non avevano tempo di occuparsene. Tutto questo mi ha reso adulto in pochi anni, mi sentivo molto diverso dai miei compagni di classe che ancora giocavano con i giocattoli.

Il terzo insegnamento è stato capire che non dovevo farmi mettere i piedi in testa. Era una cosa positiva aver imparato ad essere umili e controllati ma questo non doveva significare non reagire e permettere agli altri di fare tutto ciò che volevano solo perché sono clienti. Dovevo farmi rispettare e imparare come reagire, senza dover fare scene da film dove il cameriere lancia il grembiule e se ne va via sfilando per la sala altezzoso.

Reagire non equivale solo a gridare alle persone o a prenderle a botte. Di fronte ad un insulto o un oltraggio non dovevo stare zitto e non rispondere solo perché “sono clienti” o perché “sono più grandi di me”. Provavo prima a scherzare per vedere se era una battuta dovuta all’alcol (se non peggio), poi alzavo la voce e in caso chiamavo mio padre (anche se di solito me la sbrigavo io). Se proprio la situazione era insostenibile allora reagivo, ad esempio chiudevo il cancello e chiamavo le forze dell’ordine. (Purtroppo è successo anche questo).

Il quarto insegnamento è stato comprendere che potevo imparare molto di più di quello che credevo, dalle persone. Mi capitavano persone che conoscevano temi spirituali così come persone di una ignoranza che spero sia molto rara. Ho capito che le persone non erano tutte uguali ma c’era come un grado diverso di evoluzione, così ho iniziato a chiedermi se magari il percorso fosse più lungo di una sola vita. Forse è stato questo ad avvicinarmi all’Accademia di Coscienza Dimensionale.

Nel tempo sono cambiati clienti e colleghi camerieri (mia madre lavorava in cucina mentre mio padre della campagna perciò in sala ero solo) e partecipavo ai colloqui di lavoro per i nuovi assunti (ma ci pensate? A quattordici anni…) e dovevo anche istruirli personalmente. Le persone mi guardavano sempre con molta perplessità, specialmente le donne quarantenni e i ragazzini pieni di ego. Non era facile imporsi su di loro, dato che le prime avevano l’istinto di dover insegnare loro a me e i secondi erano convinti che ogni cosa che facessero fosse perfetta e impeccabile.

Pagina 3 su 3

I colleghi sono cambiati di continuo perché i ragazzini o facevano sfuriate o sentendosi abbassare la cresta se ne andavano, spesso si creavano situazioni di competizione con me che ero figlio del titolare e quindi si lamentavano con i miei genitori se non riuscivo a fare certe cose. A quattordici anni non ce la fai a sopportare otto ore di lavoro, avevo bisogno di fermarmi ogni tanto.

Col tempo però ho imparato ad impormi anche su di loro e osservandoli mentre apparecchiavano i tavoli mi sono accorto di tante cose. Tutti quanti compievano errori, delle imperfezioni, e c’era un’analogia tra questi errori e il carattere della persona. Sono così arrivato ad elaborare un rudimentale modello per capire alcuni aspetti del carattere di una persona a seconda di come apparecchiasse. Trovo tuttora la cosa molto divertente.

Un “apparecchiamento” classico come lo intendo io è: piatto al centro con tovagliolo sopra, forchetta a sinistra, coltello a destra e bicchiere sopra.

Ho notato che le persone molto espansive o con grandi ambizioni mettevano le posate storte ma rivolte verso l’esterno, come per allargare i loro orizzonti, mentre le posate storte all’interno, verso il piatto, sono tipiche delle persone molto chiuse. Infatti sembra che le posate chiudano il piatto e ci cadano addosso. Le persone più radicate al terreno e materiali mettono il piatto vicino al bordo del tavolo, con le posate più vicine al piatto. Come se il tavolo fosse un disegno e il piatto fosse sulla linea del terreno, mentre quelle sognatrici appoggiano il piatto più in alto e le posate più lontane, come se volassero.

Le persone più armoniche riuscivano ad apparecchiare in modo preciso, mentre le persone prive di un loro equilibrio apparecchiavano mettendo il tovagliolo storto o in maniera non speculare. Ovvero il piatto delle persona davanti anziché essere nella stessa posizione era più a sinistra o a destra e la sedia non corrispondeva precisa al piatto ma era più da una parte.

Il quinto insegnamento è stato comprendere che le persone sono influenzate dal tuo carattere. Se tu ti presenti molto gentile e sorridente, anche se le persone sono furenti e nervose, spesso si calmano e si chiudono in loro stesse.

Dato che noi abitiamo al piano sopra la sala dell’agriturismo, spesso avevamo in casa moltissima negatività portata dall’esterno e questo non potevo permetterlo, i litigi aumentavano, i miei erano sempre nervosi senza motivo…

Ho così iniziato a praticare seriamente, meditando e proteggendo il mio ambiente lavorativo con le tecniche che mi sono state insegnate in ACD, imponendo la mia energia su chi entrava, mantenendola ogni giorno pulita e luminosa. Mi sono messo in testa che compreso nel pacchetto del servizio doveva esserci anche una dose extra di prana, questo avrebbe giovato a loro e anche all’agriturismo, che così facendo si sarebbe sporcato di meno.

Da allora capita molto raramente che vengano a mangiare persone negative o stressate, è cambiato il tipo di clientela.

Forse potreste pensare che sia sbagliato il mio modo di agire io invece penso che sia giusto perciò mi impegno con gentilezza e con la pratica spirituale a far sì che i clienti che vengono al mio agriturismo stiano bene, muovo energia pulita dentro la sala per eliminare influenze esterne e oscurità. Non è sempre facile però è molto interessante e mi dà molte soddisfazioni, vedo le persone cambiare e stare meglio e questo mi fa sentire molto felice.

Stare a contatto con le persone ti offre la possibilità di imparare e fare molta esperienza.

Mi sono trovato male con molti colleghi ma con le tecniche spirituali nel giro di poco tempo questi cambiavano lavoro, trovandone uno per loro più vantaggioso e stavo meglio anche io.

Fare il cameriere non è l’ambizione della mia vita, anzi, però in questi nove anni mi ha insegnato moltissimo e credo che sia un’esperienza molto interessante. Per quanto riguarda me è stata ottima per formare il mio carattere.

 

Dan94

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©
 

Cos’è la crisi?

Pagina 1 su 3

La crisi finanziaria del 2008: che diamine è successo?

 Io sono sicuro che non ci sia più nessuno ormai che non abbia mai sentito dire “crisi” negli ultimi cinque, sei anni. Come non ci sia più nessuno ormai che, ragionando per mezzi luoghi comuni, abbia addotto come non meglio precisata giustificazione, “c’è la crisi”, “è colpa della crisi”, “ah, la crisi”.

Ma questa crisi qui, cos’è?

Ho dovuto attendere fino al mio primo anno di Economia all’università per riuscire a darle un senso. Sì, mea culpa, avrei potuto e anzi dovuto informarmi prima, perché questa “crisi” in realtà tocca ognuno di noi e anche i più fortunati che sono riusciti a passarla indenni, hanno a che fare con un mondo che in crisi comunque c’è. Che poi, dico, se qualcuno a mio tempo me l’avesse spiegata per sommi capi, l’avrei pure capita questa crisi. Non è una cosa così difficile, almeno: darne un’idea complessiva è piuttosto facile come compito. Ed è ciò che mi sono prefissato: cercare di spiegare nella maniera più lineare e pulita, sintetica e concisa possibile questa crisi.

Prima, però, è necessario che introduca un paio di premesse che renderanno il discorso più chiaro, soprattutto per i non addetti ai lavori.

Prima grande premessa: alla volta del 2008, il mondo veniva da un periodo di relativa calma (in campo economico, si capisce) che aveva permesso a diversi individui, sia persone sia multinazionali, di espandersi, arricchirsi, irrobustirsi e rendere più cospicui i propri profitti. A causa e in conseguenza di ciò, il settore bancario era diventato piuttosto blando: è la cosiddetta “deregolarizzazione” del mercato finanziario. I prestiti venivano concessi piuttosto generosamente e frequentemente, anche a chi non riusciva a offrire garanzie stringenti e convincenti agli istituti di credito; multinazionali e investitori potevano giocare nel mercato finanziario quasi come non vi fossero “regole” da seguire: l’atmosfera che si respirava era alquanto tranquilla e serena.

La seconda e altrettanto importante premessa riguarda il comportamento del mercato e in particolare la formazione delle cosiddette “bolle”. Per spiegare le bolle, mi aiuterò direttamente con un esempio pratico.

Supponete di avere una casa che realmente vale 10 (euro, lire, pere, astronavi, quello che volete, ma 10). Se la volete rivendere, la rivenderete a 10 più un certo margine che sarà il vostro profitto: 1, 2, 150, 1 000. Non importa quanto guadagnerete ma, a patto che la casa rimanga uguale – che non venga migliorata, peggiorata, ristrutturata, distrutta e così via – anche il suo valore rimarrà, pressappoco, uguale.

Pagina 2 su 3

Pensate ora invece a questa situazione. Davanti a voi arriva un signore che dice: “Io credo che questa casa domani varrà 100”. Il perché, non importa. Però questo signore è una personalità di spicco nel paese dove si trova la vostra casa cosicché gli credete.

Voi siete interessati a comprare la casa a questo punto, così domani la potrete rivendere a 100 e guadagnare 90. Quindi vi fate avanti come potenziali acquirenti. E così fanno altre cento, mille, diecimila persone. È aumentata la domanda per la vostra casa e di conseguenza ne aumenta anche il valore. Attenzione: non ne aumenta il valore reale, cioè quello che fisicamente e veramente la casa vale – cioè, 10 – ma ne aumenta il valore di mercato, e cioè quello che gli altri reputano che la casa valga.

Pensate che questo valore di mercato continui ad aumentare perché sempre più persone credono che il valore della casa effettivamente aumenterà nel futuro – sì, è un meccanismo diabolico che però si verifica molto più spesso di quanto non crediate: siete di fronte a quella che si chiama bolla. Il valore di mercato della casa è come una bolla, che si gonfia, si gonfia, si gonfia fino a che non esplode. E quando esplode, è un gran disastro.

Perché esplode? Perché a un certo punto arriva la sorella del signore di prima, tanto credibile quanto il fratello, che dice: “Questa casa domani varrà di meno”. Tutti i potenziali acquirenti allora non vogliono più quella casa e il valore di mercato della casa diminuisce e può diminuire talmente tanto da scendere addirittura sotto il valore reale della casa ovvero 10. Il proprietario dell’immobile si ritroverà, quindi, con un bene che ha pagato o che comunque realmente vale 10, ma che il mercato stima a, diciamo, 5. Se e quando venderà la casa, non potrà farlo a più di 5.

Ecco, le premesse sono state fatte. E forse vi ho già anche spiegato come si è verificata la crisi del 2008. Forse però è meglio se rimetto a posto le idee che ho seminato fino ad ora.

Prima del 2008 succede, in pratica, che per una fortuita (ma non fortunata) serie di coincidenze i valori degli immobili salgono. La casa è di solito l’investimento più importante che una famiglia fa nella propria vita. Le persone, dunque, desiderano comprare case su case perché sanno che anche in futuro il loro valore continuerà a crescere, quindi si ritroveranno con un immobile che varrà più del prezzo cui l’hanno comprato.

Una famiglia media di solito non ha liquidità sufficiente per poter comprare una casa. È per questo che si rivolge alla banca chiedendo un mutuo. In cambio, a titolo di garanzia, la banca chiede la casa alla famiglia: se quest’ultima non riuscirà a ripagare il mutuo, la banca si impossesserà della casa.

Questo tipo d’investimento, però, al momento conviene ad ambo le parti: alla famiglia, perché le consente di comprare la casa e nel caso di estinguere il mutuo rivendendola, perché sa che varrà di più; alla banca, perché sul mutuo erogato la famiglia deve pagare gli interessi e perché, nel caso questa non riesca a ripagarlo, si ritroverebbe con un bene il cui valore cresce nel tempo. Come dire, tutti ne escono vincitori.

Pagina 3 su 3

Questo meccanismo si ripete infinite volte in un mortale circolo vizioso.

Che poi, se tutto si fosse limitato solo alla banca e alle famiglie, forse, gli effetti di quello che sto per esporre sarebbero stati meno devastanti. Invece no.

Le banche, dando mutui, chiaramente danno soldi. Ma loro odiano stare senza soldi. Quindi cos’hanno pensato di fare? Hanno fatto del mutuo erogato alle famiglie un prodotto finanziario che hanno rivenduto ad altre persone. È come se io andassi alla banca, “comprassi” il mutuo erogato a una famiglia e a quel punto la famiglia pagasse a me gli interessi. Immaginate che questo sia successo per tutti i mutui e tutte le case comprate seguendo queste modalità. E immaginate anche che questi “investitori” a loro volta abbiano rivenduto i mutui o ne abbiano costituito altri pacchetti di investimento finanziario.

Qua casca l’asino. Che succede? Succede che la bolla del mercato immobiliare scoppia. Pum. E tutti i proprietari immobiliari, banche, istituti di credito, investitori, investitori di secondo livello, chiunque insomma, si ritrova col cul… Pardon, con le braghe calate.

Il valore delle case improvvisamente scende. Coloro che hanno comprato i pacchetti d’investimento creati dalle banche si ritrovano con un bene che vale meno, molto meno del valore del mutuo che hanno pagato. E falliscono. Lehman Brothers vi dice niente? Ecco. Al momento del collasso un indicatore di debito di questa compagnia aveva un valore di 37. Un valore “accettabile” non supera il valore di 3.

Di conseguenza, anche le famiglie si sono ritrovate con un bene che non valeva assolutamente il valore del mutuo che avevano contratto, ma che dovevano continuare a pagare. Ecco perché hanno rallentato e tagliato i consumi. Il che ha fatto sì che meno cose venissero comprate, meno cose fabbricate, meno persone impiegate, meno stipendi pagati, e via così in una catena di eventi che ha fatto sì che gli effetti di questa catastrofe economica non rimanessero confinati solo negli Stati Uniti, dove la crisi ha avuto inizio, ma dilagassero anche oltreoceano, cioè in Europa.

Questo è un quadro veramente riassuntivo delle cause che hanno portato alla crisi del 2008 e i cui effetti, ahimè!, continuano a sentirsi pure oggi. Il problema, in questi casi, è che quando non ci sono più soldi non si spende, chiaramente, e far ripartire tutto diventa molto complicato. È come se si avesse a disposizione un’automobile che ha più qualche goccia di carburante e il prossimo distributore fosse troppo lontano (o il carburante troppo costoso) per riuscire a far rifornimento. Possiamo spingere l’automobile e cercare di usare l’energia della batteria, ma finché non riempiamo il serbatoio l’automobile non ripartirà. Il problema è trovare di che riempire il serbatoio. E la soluzione a questo quesito, purtroppo, è ancora in fase di elaborazione.

 

Giacomo

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La scrittura fa parte di me

Pagina 1 su 3

La scrittura, fin da quando ero un bambino, ha sempre fatto parte di me, era ed è più di un hobby, talvolta è uno sfogo, talvolta un passatempo. Di solito è un bisogno. Scrivere permette al mio io di esprimersi, alla mia fantasia di emergere e di prendere forma, trova uno spazio per la parte più emotiva di me stesso e così facendo essa non rimane repressa.

Non sarà semplice spiegare cosa provo quando sono davanti al mio pc e vedo nascere le lettere e poi le righe e quindi le pagine di un nuovo libro, fino a vederlo poi “vivo” accanto a me ma proverò a spiegarmi come meglio posso, perciò ti chiedo di ascoltare il sentimento che accompagna questo scritto.

Quando scrivo a volte mi chiedo da dove giungano le parole, le idee e la fantasia con cui delineo i miei racconti fantasy, i personaggi e le vicende. Iniziare a scrivere non è facile, ti fai sempre molte domande e il più delle volte ti fermi in partenza, così spesso la cosa migliore da fare è non pensarci troppo e affidarsi a Dio, buttarsi e vedere cosa ne esce fuori.

La vita di uno scrittore è un cercare sempre quell’ispirazione che non sai bene se provenga da una parte superiore di te o sia parte del disegno del Creato che Dio ha in mente ma sai che si realizzerà in un libro, che sarà denso di emozioni e di insegnamenti. Alcune vicende devono saper divertire fino a far ridere di gusto il lettore, altre devono saper commuovere, altre devono insegnare e altre ancora sognare ad occhi aperti. E non è affatto facile regalare emozioni così reali quando il tuo unico strumento è la parola. In un film puoi vedere i personaggi, ci sono musiche, luci e ambientazioni ma nel romanzo non c’è nulla di tutto questo. Le parole devono essere utilizzate con cura per ricreare ogni sensazione, per descrivere ogni azione con cura. Non puoi raccontare troppo o il lettore si annoierà perciò dovrai dosare azione e descrizione e scrivere sempre con sentimento.

Non è affatto facile far piangere un lettore attraverso le parole, non credi? Ci deve essere dietro un grande sentimento e un utilizzo appropriato delle parole. Far ridere già è più semplice, basta utilizzare ogni tanto qualche battuta!

Perché allora le persone non preferiscono i film? Perché c’è ancora qualcuno che preferisce un libro?

Perché il libro ha un potere in più. Lo scrittore può farti sognare, può farti vedere il mondo coi suoi stessi occhi, ti porta via dalla tua realtà per portarti dentro di sé e farti provare le emozioni che prova lui quando vede e descrive le sue vicende. Può farti vedere il suo cuore e quello dei suoi personaggi. Non potrai giudicare il personaggio perché non vedrai il suo viso, non ti starà simpatico o antipatico a pelle, il tuo personaggio potrebbe essere chiunque, anche una persona che nel mondo reale non ci parleresti mai. Gli occhi pongono a giudizio ma la scrittura può superare questo scalino, può mostrarti direttamente il cuore del personaggio, farti sentire cosa prova in quel momento e tu vedrai direttamente i suoi pensieri, vedrai come cresce, come cambia in relazione alla vita che sta vivendo, lo vedrai ridere, lo vedrai amare, lo vedrai piangere e disperare. E tu sarai sempre lì, con lui, e più proverà emozioni, più lo sentirai vicino a te, ne proverai pietà, compassione, affetto e felicità. Non ci saranno più veli tra voi, sarete intimi e così scoprirai che tu puoi essere di più di una semplice persona perché farai esperienza anche con gli occhi degli altri, come fossero tuoi.

Ogni personaggio a volte indosserà una parte del tuo carattere e tu scoprirai di poterti identificare in uno di loro e ne osserverai il modo di pensare, in terza persona, e questo è molto interessante anche per giudicare te stesso, senza essere troppo severo o troppo indulgente.

Pagina 2 su 3

Quando scrivo, cerco le parole più adatte per descrivere ogni cosa: come ama un personaggio, quali emozioni sente, come vede il mondo coi suoi occhi. Voglio prendere per mano il lettore e portarlo dentro i miei personaggi per far provare loro le stesse emozioni, voglio farli camminare nei mondi della mia fantasia, voglio farli entrare dentro il mio cuore, voglio trasmettergli insegnamenti, voglio farli divertire, incuriosire.

Le pagine non sono solo pezzi di carta e inchiostro, sono come corde del violino, sono impresse di sentimento e di ispirazione.

I personaggi devono diventare un esempio per chi legge, un modello di vita, devono insegnare come rialzarsi dopo essere caduti, come reagire, come essere intraprendenti.

Il mio primo romanzo è nato nella mia mente quando avevo 14 anni. Allora non sapevo scrivere (non che ora lo sappia fare bene, più ti cimenti in una cosa e più scopri di essere carente) perciò lasciai perdere.

Nel frattempo iniziai a leggere montagne di libri, riempiendo ogni angolo della mia stanza, per poter scrivere devi leggere moltissimo, devi essere attento nel presente, devi essere ricettivo, devi conoscere persone e lasciare che esse ti aprano il loro cuore. Devi conoscere il mondo!

L’anno seguente, a quindici anni, lo scrissi. Nell’ora di autobus per andare da casa e scuola e nell’ora di ritorno la mia mente lavorava tantissimo e lentamente non solo era già nata una storia ma ne stavano nascendo tante altre, come funghi, e io non potevo assolutamente buttarle via. Così iniziai a scrivere. Tempo due mesi e il libro era fra le mie mani, contava appena sessanta pagine, era ancora molto prematuro ma per me era già un grandissimo risultato!

Con esso partecipai ad un concorso dove mi dissero che era un ottimo racconto e che l’avrebbero pubblicato ma mi chiedevano dei soldi. Mi offesi tantissimo, il mio non era un racconto!

Compresi che non era ancora pronto e perciò cominciai a rivederlo di nuovo, ad aggiungere particolari, e il suo volume aumentava sempre più, finché divenne qualcosa di quasi completamente diverso.

Nel frattempo la mia mente lavorava e nacque un seguito e poi un altro e poi un altro ancora. Poi scrissi un’altra storia che divenne una trilogia, poi ancora scrissi un altro libro e nel frattempo che scrivevo mi segnavo tutti i dettagli di tantissimi altri libri che avevo in mente e che a poco a poco avrei scritto.

Oggi, a ventidue anni, il mio pc conta otto romanzi, uno quasi terminato, e sette ancora da scrivere.

Prima di conoscere Accademia di Coscienza Dimensionale ritenevo che questi primi otto libri fossero conclusi, ora mi rendo conto però che manca un forte tassello fondamentale della mia vita, che in essi non ho inserito: la spiritualità.

Ora ho un obiettivo nuovo: vorrei che i miei libri, oltre a tutto quello che ho descritto prima, incuriosiscano il lettore al paranormale e alla spiritualità, vorrei che i lettori riflettano su questi temi e magari un giorno diventeranno studenti di ACD, perché no.

Pagina 3 su 3

Perciò ora sto rivoluzionando i miei scritti, affinché formino un percorso di crescita di consapevolezza. Tra i lettori ci sono molti giovani influenzabili e malleabili, come ero io, che cercano risposte alle loro domande. Io vorrei scrivere anche per loro, perché la curiosità li faccia riflettere e informare sulla spiritualità. Nelle librerie c’è molto letame, qualcosa va cambiato.

Scrivere mi ha permesso di ottenere anche molti altri risultati. Tante volte rimanevo stupito della facilità con cui descrivevo ambienti e stili di vita, per poi scoprire che erano ricordi emersi dal limbo delle mie vite passate, un po’ modellati dalla mia fantasia, certo, ma erano comunque dei ricordi!

Ho scoperto così che molte delle cose che credevo di aver inventato le avevo “semplicemente” ricordate.

Tutto questo è solo la punta dell’iceberg in realtà, perché la cosa più bella che si prova quando si scrive è la comunione che si instaura con Dio, dove tu scrivi e lui ti ispira e ti guida, tu diventi un suo strumento di espressione e perciò ti senti pervaso da lui, senti come ti ama, senti la sua pace profonda.

Scrivere non sempre è semplice ma quando vedi finalmente il tuo libro, scritto con le tue parole nel tuo tempo libero… è come se ti nascesse un figlio. L’hai incubato nella tua mente per mesi e forse anni, ti ci è voluto tempo per scriverlo, hai dovuto rinunciare ad uscire con gli amici, hai dormito sul divano, hai sacrificato ore di sonno, hai sfruttato tutto il tuo tempo libero. Ma ne è valsa la pena perché non hai riempito quel tempo, lo hai investito, esattamente come si fa con i soldi. E il risultato che ne avrai alla fine sarà una soddisfazione enorme, perché avrai raggiunto un traguardo importante.

Ogni volta che si realizza un progetto che ci si era messi in mente si prova una soddisfazione enorme e quando ti guardi indietro vedi che qualcosa nella tua vita l’hai realizzato, non stai solo vivendo per lavorare, dormire e mangiare, ma stai creando qualcosa che prima non c’era!

Io non so se riuscirò mai a pubblicare un mio libro o se avrà successo, io scrivo per me stesso, per la mia soddisfazione. Il resto non ha nessunissima importanza, anche il solo vederlo nella mia libreria personale mi riempie il cuore di gioia.

Quindi se avete passioni di qualunque tipo, realizzatele! E non pensateci troppo, fatele e basta. E non rimandate! L’ispirazione è come una scintilla, non è eterna, va nutrita con costanza.

 

Davide D.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Amo il mio lavoro: l’Architetto

Pagina 1 su 3

Da circa 10 anni lavoro come Architetto, attenzione.. anche se son donna si dice Architetto e non “Architetta” come piace a molti uomini, non so nemmeno io come son arrivata a questa professione, col senno di poi direi che c’è molta manipolazione da parte dei miei genitori e un po’ di adattamento, tuttavia sono molto felice di ciò che faccio.

Partiamo col racconto dal mio percorso di studi. Fin dalle medie  avevo una buona predisposizione per il disegno, mi consigliarono vivamente di frequentare il Liceo Artistico, ma ai miei genitori sembrava una scuola un po’ dispersiva e che mi dava poco futuro così fui immediatamente direzionata al Liceo scientifico della mia città, in questo modo non ero costretta a viaggiare in altre città vicine ed allontanarmi troppo. Non frequentavo la scuola con molto entusiasmo, la maggior parte delle materie non mi piacevano e studiavo in modo appena sufficiente per passare l’anno e non aver rogna da parte dei miei genitori. Disegnare mi piaceva molto ed era l’unica materia in cui potevo esprimere me stessa a pieno, avevo un insegnante molto bravo che ci dava delle ottime esercitazioni, purtroppo per me mentre io svolgevo questi compiti a casa da sola, senza poter avere l’aiuto di nessuno, molti dei miei compagni avevano amici o fratelli che li aiutavano facendo i disegni per loro in modo quasi perfetto così da penalizzare molto il mio operato. Ero comunque fiera dei miei risultati anche se non ottenevo il massimo dei voti, finché accadde un giorno che per punire tutta la classe che si era comportata male il professore non decise di fare un compito in classe a sorpresa con un esercitazione da compiere nelle due ore di lezione. Quel giorno solo io e un’altra compagna riuscimmo a svolgere l’esercitazione, tutti gli altri che non avevano fratelli e amici accozzarono degli strani scarabocchi. Ricordo ancora oggi il tema di quel compito in classe, si trattava di un esercizio sulla proiezione delle ombre di una sfera pressappoco così:

proiezione dell'omba di una sfera

Da li in poi la mia passione per il disegno continuò, e si unì a quella per le case e l’arredamento, sfogliavo infatti con passione tutti gli opuscoletti pubblicitari delle agenzie immobiliari che arrivavano a casa, e in quel periodo ne arrivavano davvero molti; studiavo i vari appartamenti e mi immaginavo gli arredi ecc.. insomma era un gioco che mi appassionava molto. Quando giunse l’ultimo anno di liceo e il momento di scegliere cosa fare del mio futuro io ero intenzionata a frequentare un corso universitario di scienze dell’educazione, infatti volevo per lavoro aiutare gli altri, sentivo questa vocazione in me… ovviamente poi ci fu di nuovo lo zampino di mia madre che conoscendo questa mia predisposizione per il disegno mi suggerì di “provare” a fare il test di ingresso per Architettura.

La facoltà era a numero chiuso con pesanti selezioni ma non mi son fatta scoraggiare, ho passato buona parte dell’estate a studiare sui manuali che aiutano a superare i test e così son riuscita ad essere ammessa alla facoltà.

Iniziava per me un lungo, intenso e meraviglioso percorso di studi. Ho amato frequentare l’università, ero interessata a tutte le materie che erano anche molto varie e non mi facevano mai annoiare, infatti c’erano molti esami scientifici (matematica, fisica, scienze delle costruzioni) molti esami di disegno ovviamente sia  tecnico e che artistico, e molti esami di storia di architettura e del restauro dei monumenti. Insomma la varietà dei corsi mi piaceva molto, per restare in corso ogni anno c’erano circa 9 esami da superare e le lezioni duravano dalle 9 di mattina alle 18.30 di sera.. aggiungendo il viaggio per raggiungere la sede dell’università da casa mia di circa un ora (non potevo permettermi le spese per una stanza) ero ben impegnata e tenuta sotto pressione, e avevo poco tempo per uscire e per divertirmi, ma fortunatamente la maggior parte dei miei amici in quel periodo erano anche loro universitari quindi ci vedevamo soltanto nel weekend.

Pagina 2 su 3

Son riuscita a rimanere in corso per tutti i 5 anni di durata della facoltà, prendendomi sei mesi in più solo per il completamento della tesi di laurea, fu quello uno dei periodi più faticosi della mia vita anche perché avevo già iniziato a lavorare part-time presso uno studio di progettazione, ma ottenni buoni risultati svolgendo una tesi sulla Valorizzazione del paesaggio.  Ottenuta la laurea la scalata per svolgere il lavoro non era ancora finita, infatti lo studio per cui lavoravo era piccolo non mi dava molte opportunità e soprattutto non mi avrebbe mai preso in regola, così mi misi in cerca di un occupazione migliore trovandola qualche mese dopo a Milano, lo stipendio era molto basso infatti mi pagavano 750 euro al mese ai quali ovviamente andavano tolti i giorni di ferie; quando potevo farli, e la malattia. Perciò lavoravo circa 9 ore al giorno più due ora di viaggio guadagnando davvero pochissimo se paragonata agli amici non laureati e a chi faceva lavori più semplici. Non mi son fatta scoraggiare, son rimasta in questo studio di progettazione per un anno, e quando la situazione si è fatta scoraggiante e senza prospettive migliori ho cambiato portandomi via il mio bagaglio di esperienza e mi son spostata in un altro studio, dove alle stesse condizioni mi pagavano 850 euro (impossibile trovare condizioni migliori per un neolaureato). Nel frattempo dovevo studiare… e si lo studio non era finito infatti per poter svolgere la professione bisogna superare un ulteriore esame di Stato, molto difficile che in media viene superato solo dal 10% delle persone che si presentano per sostenerlo.  Dopo due anni di lavoro in piccoli studi sottopagata, e al secondo tentativo son riuscita a superare l’esame di stato che mi ha permesso di iscrivermi all’Ordine degli Architetti e di poter lavorare in proprio, quasi contemporaneamente ho lasciato il lavoro che avevo, dove la titolare pretendeva cose assurde orari infiniti e spesso mi pagava meno di quello che avevo concordato, ricordo benissimo un mese di dicembre dove mi pagò solo 500 € al posto di quelli che mi doveva inventandosi varie scuse e tasse. Così dopo pochi mesi trovai lavoro di nuovo a Milano, incredibilmente ero stata contattata da un grosso studio che aveva ben valutato i miei due anni di operato, in cui nonostante fossi stata sottopagata avevo svolto degli ottimi lavori  anche di prestigio, così a giugno 2009  dopo anni di peripezie si può dire che ho iniziato a fare l’Architetto.

In questi anni mi son stata davvero molto soddisfatta del mio operato, lavoro per una grossa società che attualmente ha circa 150 dipendenti tra Architetti e Ingegneri e ci occupiamo di grandi costruzioni, Centri commerciali, Uffici, grandi ristrutturazioni. Il mio capo è un Architetto abbastanza famoso, li chiamano “Archistar”; gira il mondo in cerca di progetti e per seguir cantieri, mentre io e gli altri colleghi che lavorano con me in team ci occupiamo di tutte le fasi burocratiche dei disegni e di progetto.  Per far capire di cosa mi occupo vi racconto l’ultimo progetto che ho seguito direttamente e per cui sto ancora lavorando e che mi ha occupato per più di un anno. Si tratta di una torre esistente in centro a Milano,  costruita negli anni ’90. Il cliente che l’ha acquistata aveva come intento il riqualificare tutta l’immagine per migliorarla e rivenderla. Così siamo partiti con le prime fasi del progetto che si chiamano di Fattibilità, in questa fase dobbiamo analizzare l’edificio, vedere com’è fatto cioè ci sono 12 piani, cinque piani di parcheggi interrati, e valutare in che condizioni è tenuto; analizzare tutto il regolamento del comune per suggerire al cliente cosa può fare e cosa “deve” fare per rimetterlo a norma con le nuove leggi che son sicuramente diverse e più restrittive rispetto a quelle di 10 anni fa. Insomma gli spieghiamo cosa si può fare con questo edificio e nel frattempo realizziamo un progetto di base con dei Render, rappresentazioni tridimensionali del progetto, che gli mostrano come verrebbe.

Dopo la iniziale di fattibilità raccogliamo tutti i commenti che ci da il cliente e proseguiamo col progetto, iniziando la vera e propria fase di disegno e progettazione. Qui mi occupo di ridisegnare le piante, i prospetti e le sezioni dell’edificio, e una volta che il progetto è approvato dal cliente preparo le pratiche comunali che servono per ottenere il permesso di fare i lavori.

Pagina 3 su 3

La fase burocratica è molto complessa e a seconda dei lavori che si fanno richiede di partire con molti mesi di anticipo rispetto a quando si vogliono iniziare i lavori in questo caso abbiamo iniziato a ottenere i permessi in comune ben 5 mesi prima per iniziare i lavori a settembre. Una volta ottenuti i permessi si passa all’ultima fase che è chiamata di Progetto Esecutivo, per farla in breve in questa fase si disegna proprio tutto l’edificio, dalle strutture (per cui si collabora con l’ingegnere strutturista) gli impianti (per cui si collabora con gli ingeneri elettrici e meccanici) e tutti i componenti dell’edificio, infatti l’Architetto ha il compito di coordinare tutti i lavori che vanno fatti e scegliere l’aspetto estetico. Si disegna tutto, tuttissimo: le porte, i pavimenti, gli ascensori… la quantità di tavole di disegno alla fine è enorme e va tenuto un gran controllo di tutto, la parte che mi piace di più in questo lavoro è la scelta dei materiali, delle piastrelle e delle finiture delle pareti.

Quando il progetto è finito viene consegnato al cliente che indice una gara d’appalto per le imprese che vorrebbero realizzare i lavori e poi sceglie tra i migliori offerenti.

Ma in questo caso non è stato così semplice.. infatti il cliente nel frattempo ha trovato un altro acquirente per l’edificio, questo per comprarlo voleva delle modifiche al progetto che abbiamo fatto per personalizzarlo come più gli piaceva, quindi, ebbene si, abbiamo dovuto rifare quasi tutto d’accapo!!! Come dice il mio capo… “basti che paghino” perciò non bisogna farsi scoraggiare dal dover rifare tutto se il cliente lo richiede. Adesso stanno completando i lavori all’interno dell’edificio e mi sto occupando di disegnare quelli che saranno gli interni di tutti gli uffici presenti, sceglieremo tutti gli arredi le scrivanie ecc.. questa è una fase abbastanza divertente del lavoro.

Amo molto il mio lavoro e mi da molte soddisfazioni anche se a volte le ore che richiede son molte soprattutto nei periodi di consegne mi trovo anche a fare 10 ore tutti i giorni anche nel week end; nonostante tutto mi sono organizzata per conciliare lavoro e vita personale tra cui spiritualità, e da quando uso le tecniche spirituali soprattutto la meditazione anche a lavoro va tutto molto meglio e son più serena. Tutti i giorni ho circa 50 colleghi seduti accanto in uno spazio unico e non era facile da gestire all’inizio, mentre ora con le protezioni imparate e con l’uso di un po’ di sesto senso gestisco meglio anche il lavoro e son più paziente e sorridente con tutti al punto che negli ultimi periodi son stata scelta per insegnare ai nuovi arrivati come gestire i file e i lavori in modo ordinato.

Quando incontro nuove persone e mi chiedono che lavoro faccio, la prima cosa che chiedono quando dico che sono Architetto è:  “a bello sei Architetta? Ma disegni i mobili e gli interni? ”,  io di solito sorrido e rispondo: “si  anche quello”.

 

Nadia

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

La vita di uno studente universitario

Pagina 1 su 2

Io sono una studentessa universitaria: al momento questo è il mio lavoro, anche se oggi non viene definito come tale. Cosa mi ha spinto a diventarlo?  La voglia di trovare un posto di lavoro che mi piaccia in futuro, in un ambito che mi interessa e che mi assicuri indipendenza economica, ma anche la voglia di imparare, di non fermarmi nell’espansione della mia cultura.

La giornata tipica di chi svolge questo lavoro è molto variabile. Si passa dal periodo delle lezioni a quello degli esami. Nel primo, se si decide di frequentare le lezioni, ci si deve saper giostrare tra i corsi, ogni giorno ad orari diversi, i compagni ed i professori, diversissimi caratterialmente tra loro, pasti irregolari, sedi talvolta distanti, il tempo da passare sui mezzi di trasporto, da sfruttare in mille modi affinché non vada perso, e i mille impegni. Nel periodo degli esami, invece, si ha maggiore autonomia. Ogni studente è diverso e deve sapersi organizzare al meglio per sé stesso e per salvaguardare il suo tempo. Il mio unico consiglio è quello di pianificare in anticipo il lavoro per gli esami, i materiali e le scadenze, ma soprattutto di non sottovalutare le pause e non dimenticare la vita sociale. Se si comincia in anticipo e ci si porta avanti, si può avere successo negli esami e ottenere tantissimo tempo libero: le pause sono essenziali per permettere al cervello di rilassarsi e assimilare le informazioni con più velocità ed efficacia. Ma soprattutto, il tempo libero può essere dedicato alla vita sociale, ad un’attività sportiva, ad un lavoretto per chi vuole o ha bisogno, ad un progetto personale gratificante (perché no? L’università non è tutto nella vita!)…. per non parlare della spiritualità e della ricerca personale! La pigrizia è il peggior nemico dello studente; superandola, con un minimo di pianificazione e volontà si potrebbe ottenere una carriera scolastica e una vita personale serene e gratificanti, piene di successi e soddisfazioni.

Lo studio universitario, secondo me, può impegnare al pari di un lavoro vero e proprio, per questo non bisogna sminuire gli sforzi di chi ha deciso di diventare studente universitario. In alcuni Paesi viene riconosciuto come tale, almeno a percezione personale. Ad esempio in Francia, in linguaggio familiare, uno studente che si prepara a una sessione di studio comunica a chi gli è attorno che va “a lavorare”, non semplicemente a studiare. Si tratta di un lavoro non retribuito. Svolgere questo lavoro può dare tantissime emozioni, nelle innumerevoli situazioni che si affrontano. Le insicurezze iniziali di fronte alla burocrazia, ai professori, all’apparente solitudine e spaesamento iniziali, ma anche la sicurezza e la gioia nel superare le piccole e grandi difficoltà, la determinazione che serve per superare gli ostacoli, il senso di solidarietà che si forma nei gruppi di studenti, le amicizie, il confronto con gli altri ma soprattutto con sé stessi…

Questo lavoro ha molti Pro: l’esperienza, la crescita personale, la qualifica finale, le persone che si incrociano in questo percorso… devo aggiungere altro? Certo che si! Con un po’ di curiosità, tenacia nel cercare, si possono trovare tantissime opportunità di ogni tipo per gli studenti, per approfittare al massimo di questo periodo limitato. Borse di studio, conferenze, giornate di orientamento, avvenimenti sportivi, collaborazioni studentesche, opportunità di viaggi all’estero, per non parlare della “carriera politica” interna all’ambito universitario, e tanto altro ancora. I siti universitari sono spesso dei labirinti, ma le possibilità sono infinite, e chi ha determinazione nella ricerca troverà sicuramente ciò che fa al caso suo, un aiuto per progredire nei propri progetti personali. Parlo dall’esperienza di un semestre in Erasmus, numerose conferenze importantissime, un tandem linguistico (affiancamento di uno studente italiano con uno straniero per migliorare entrambi nella lingua dell’altro) e molto altro ancora. (Posso consigliare di tenere d’occhio il sito dell’università e le bacheche, il sito di facoltà, i portali internet attraverso i quali i professori potrebbero pubblicizzare delle proposte, il sito del cosp, le opportunità per studenti di enti vari, delle province o delle regioni… le opportunità potrebbero essere ovunque!).

Pagina 2 su 2

Non abbiate mai paura a chiedere aiuto e consigli a chi ha già avuto queste esperienze, per esempio agli studenti che hanno svolto negli anni precedenti un Erasmus nella città o nel Paese dove vorreste recarvi voi; è inutile vergognarsi, anche loro prima avevano gli stessi nostri dubbi, e partire avvantaggiati non è mai un male. Inoltre, le persone che si conoscono in ambito universitario possono rivelarsi delle ottime amicizie o dei ponti per esperienze meravigliose: in un modo o nell’altro, ogni persona che incontriamo ci lascia qualcosa, che sia di passaggio nel nostro percorso per due ore, due anni o che rimanga tutta la vita, e in ambito universitario se ne incrociano tantissime, ognuno con la propria storia e le sue particolarità.

Come in tutte le scelte possibili, ovviamente ci sono anche dei Contro: Può essere difficile trovare la facoltà giusta, nella scelta bisogna considerare l’interesse sia per le singole materie d’esame che i possibili sbocchi lavorativi. A volte è necessario avere a che fare con docenti che non apprezziamo o con materie che non ci vanno a genio. Il tempo impiegato senza ricevere un compenso monetario è relativamente lungo (anche se molti lavorano part-time o addirittura full-time parallelamente agli studi, è anche questione di organizzazione. Esistono anche delle collaborazioni studentesche che permettono di avere dei piccoli lavori stipendiati all’interno della stessa struttura universitaria, compatibili con le ore di lezione. Purtroppo non posso raccontare di esperienze personali di studio e lavoro oltre a delle semplici ripetizioni). Difficoltà nella scelta di cosa è giusto per noi, difficoltà economiche, eventuali difficoltà con i test d’ingresso… ma ogni percorso è pieno di ostacoli e non solo quello dello studente. A mio avviso, se il percorso universitario interessa davvero non bisogna lasciarsi fermare dalle difficoltà, ma occorre invece trovare la motivazione e cercare una soluzione: tutto è possibile.

Ecco il mio punto di vista sul lavoro dello studente: spero di aver chiarito dei dubbi, svelato dettagli utili per aiutare qualcuno a decidere per il suo futuro, oppure semplicemente di aver aiutato chi era interessato a capire qualcosa in più della vita universitaria. Ovviamente ogni esperienza è diversa, non vedo l’ora di leggere le vostre!

 

Valentina R.

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©

Cosa si prova ad essere un carabiniere

Pagina 1 su 2

Vi presento, all’inizio, solo un attimo di ciò che potrebbe accadere in un normale giorno di lavoro, anzi facciamo di notte, perché questo lavoro ti impegna sempre e anche nelle ore notturne, come per esempio quella di Natale che vorresti passare con la tua famiglia. Ti ritrovi a correre in mezzo alla strada, dove i tuoi passi si alternano dal buio della notte alla luce dei lampioni, corri dietro ad una persona che non conosci, non sai chi è, ma sai solo che qualche istante prima ha commesso qualcosa contrario alle leggi imposte dalla società e quindi dall’uomo stesso, oppure, nei casi peggiori, aver appena causato un torto ad una persona che non conosci. Si, non conosci chi insegui, non conosci neppure chi stai difendendo, non hai alcun legale familiare, affettivo o di amicizia con loro, non conosci neppure i loro nomi, ma intanto corri dietro ad uno per tutelare la vita o il patrimonio dell’altro. Perché lo fai? Perché ti hanno insegnato che tutelare la vita delle persone è più importante della tua stessa vita, quindi corri dietro a lui ma per un attimo molte domande ti annebbiamo la mente, soprattutto se hai una famiglia, una moglie e dei figli che ti aspettano a casa, casomai sei già in ritardo per festeggiare il primo compleanno del tuo piccolino. Ti chiedi perché lo fai, ti chiedi perché devi rischiare la tua vita per altre persone che non conosci, rischiare che tuo figlio cresca solo con una tua foto sullo sfondo del proprio cellulare oppure costretto a incontrarti solo dietro a delle sbarre per una giustizia che difendi che però non ha saputo difenderti. Ma in quel momento pensi solo al dovere, dovere verso le persone di ogni nazione, sesso, etnia, colore della pelle, movimento politico, credo religioso e gusti sessuali. Così diventi l’angelo per alcuni e il diavolo per altri. Potresti fermarti col fiatone che ti strappa fuori l’anima e raccontare che il fuggitivo è riuscito a scappare facendo perdere le proprie tracce, ma sarebbe come mentire a se stessi.

E’ un lavoro che nessuno ti insegna se non la strada, dove anche se sei pieno di problemi sei obbligato ad ascoltare le lamentele degli altri, spesso anche futili e senza senso, dove a queste persone non interessa se anche tu sei un umano e perciò hai anche tu dei problemi, ma spesso riesci a trovare la soluzione anche utilizzando il proprio buonsenso insegnato dai propri genitori.

Sei colui che deve consolare il pianto di una madre che ha appena perso un figlio a causa di un’overdose di droga, colui che deve chiamare i genitori di una ragazza appena deceduta in un incidente stradale.

Ti improvvisi medico senza alcuna laurea per effettuare immediatamente un massaggio cardiaco ad una persona colta da malore in mezzo alla strada, sei lo psicologo che deve saper gestire il pazzo che si vuole suicidare lanciandosi dal palazzo anche se hai conseguito a malapena un diploma da tecnico, diventi il miglior lottatore del mondo per bloccare il marito ubriaco che vuole picchiare la moglie anche se sei fuori forma rischiando il collasso, diventi un nuotatore olimpionico mentre raggiungi nel torrente in piena un individuo che sta per annegare anche se conosci solo la base dello stile libero che utilizzi quando fai i tuffi a mare, diventi il miglior equilibrista del mondo quando scavalchi un balcone del quarto piano e butti giù a calci una portafinestra per salvare un’anziana da un incendio anche se il giorno dopo ti ritroverai intossicato con il gesso al piede, diventi il miglior giudice della corte quando riesci a mettere d’accordo due persone che prima litigano animatamente, diventi il prete a cui ogni persona confesserebbe i propri problemi e paure anche se poi sei il primo peccatore tra i peccatori.

Pagina 2 su 2

Sono il bersaglio nelle manifestazioni, le barzellette lette sui social, ma sono anche il primo che ti soccorre se sei finito sotto le macerie di un terremoto, il primo che tenta di bloccare un terrorista che vuole farsi saltare in aria nel locale in cui stai mangiando tranquillo con la tua fidanzata.

La differenza tra me e te è che io, senza sapere che lavoro fai, chi sei, cosa vorresti nella vita e soprattutto cosa pensi di me, sono sempre lì per proteggerti e correre alla tua prima richiesta di aiuto, anche se il giorno prima mi hai sputato addosso nello stadio solo perché ero lì a salvaguardare la tua incolumità. Ti piace essere libero di manifestare per ciò che si crede e si ama, ma ignori che questa libertà di manifestare ti viene concessa grazie alla nostra presenza durante la tua manifestazione.

Ma fortunatamente si diventa anche il Superman per bimbi che amano quelle lucine blu alternate sull’auto che ai loro occhi diventa un’astronave, il ricordo del vecchietto che ti ferma iniziando il discorso con “Anche io ai miei tempi….” tenendoti bloccato per un’ora in mezzo alla strada, sei l’esempio per quella madre che al proprio figlio gli sussurra “spero che un giorno diventerai come loro”, diventi infine il ricordo eterno nella foto dei turisti che incontri nei luoghi di vacanza.

Ma adesso basta pensare a tutto ciò, perché stai ancora correndo dietro a quella persona. L’unica cosa che speri in questo momento è poter di nuovo rivedere l’alba dopo questa lunga nottata.

 

Saluti.

Janpy

 

Questo documento è di proprietà di https://significato.online/. Tutti i diritti sono riservati, è vietata qualsiasi utilizzazione non autorizzata, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta da parte di Significato.Online. Ogni violazione verrà perseguita per vie legali. ©